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ATTILA..... il flagello di Dio che san Leone Magno, senza spade, rese mansueto

Ultimo Aggiornamento: 11/11/2011 13:48
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11/11/2011 13:48
 
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Attila da allora si compiaceva perciò di farsi chiamare "flagello di Dio" e, la leggenda che dove egli passava non crescesse neppur un filo d'erba, lusingava la sua feroce vanità, tale era il sovrano e tale anche il suo popolo che lo osannava.

Po la marcia dei Barbari riprese ancor più spaventosa, senza più trovar ostacoli, nè freno: Altino, Concordia, Padova, una dietro l'altra vennero ridotte in macerie; Vicenza, Verona, Bergamo, semi distrutte e saccheggiate sia nell'onore delle loro giovani fanciulle, sia negli onori prestigiosi, per Attila e le sue schiere oro o fanciulla, non faceva per lui differenza.

 

In qui giorni di grande e profonda angoscia, i cittadini che riuscivano a salvarsi, sfuggivi ai vari massacri, si rifugiarono nelle isole deserte della Laguna, quando ancora non vi era nulla tanto che neppure Attila ebbe interesse a recarvisi, e vivendo di pesca e del poco che potevano coltivare, bevendo acqua piovana, costituirono quella comunità che sarebbe poi diventata la grande e potente repubblica di Venezia.

 

Attila intanto si dirigeva a Milano e da li la sua meta era Roma!

Flavio Ezio aveva saputo dell'invasione, e si trovava in Gallia, ma invano egli aveva cerato ulteriori aiuti, i Visigoti, salvate le loro terre e perduto il proprio re, si ritirarono, e le legioni imperiali, dimezzate, non erano ancora in grado di affrontare nuovamente Attila. Ezio dovette accontentarsi di recar disturbo, limitandosi a piccole azioni di disturbo per rallentare la marcia verso Roma e dare il tempo di avvisare dell'immane tragedia, Valentiniano dal canto suo non fece altro che fuggire da Ravenna e correre verso Roma, credendola Città inespugnabile.

Il potere civile e militare, per quanto avesse fatto grande l'Impero in passato, mostrava ora la sua fine, il popolo a ragione era terrorizzato e chiedeva a Dio quell'aiuto che nessun imperatore, nessuna legione, nessuna alleanza avrebbe potuto dargli, e quand'anche Ezio avesse trovato ulteriori aiuti, quanti sarebbero stati massacrati da entrambi le parti e fra i civili? E chi avrebbe vinto?

 

Ed ecco all'opera il Sommo Pontefice, Papa Leone

 

In quei giorni accadde un fatto nuovo che mostrò agli italiani e a tutto il mondo che esiste un altro Potere, che non ha sede in questo mondo, ed è sicuro non tanto di sé quanto di Colui che lo detiene; un Potere che richiede adesioni, ma non si tratta di mercenari, ma di discepoli! Ma narriamo come si svolsero i fatti.

Roma, presa dalla disperazione, stabilì di mandare ad Attila un'ambasceria; furono scelti Avieno, senatore molto ricco, e Trigezio, che era stato Prefetto del Pretorio.

Ma con gran sorpresa il popolo reclamò che un altro personaggio andasse con loro, Leone, il loro Vescovo, che per energica intelligenza, ardore di carità, fede incrollabile, dava maggior affidamento per il buon esito della spedizione.

Così partirono i tre inermi, senz'armi, rappresentanti di Roma: l'esponente della politica di Roma, l'esponente delle forze armate, e l'esponente del Potere Divino, il Sommo Pontefice, essi erano tutti insieme e tutti uniti per fronteggiare un unico nemico, e com'erano lontani i tempi quando Roma non chiedeva, ma faceva grazia ai Barbari, mentre ora si muoveva per chieder essa  la grazia ad un re Barbaro.

E così dal colle Vaticano attraverso la Tuscia, l'Etruria, l'esiguo drappello va lungo le vie consolari che riportano ancora il ricordo delle grandi vittorie del passato; le popolazioni vedono il drappello, e si stringono al petto un commosso saluto, pregano per il Sommo Pontefice, i saluti ed ogni incoraggiamento sono per il Vescovo di Roma, l'unico che potrebbe davvero fermare quell'Unno, ma temono anche per lui: che cosa li aspetta? Di certo l'umiliazione, ed anche la morte, ma in quale modo? Cosa riservare al Vescovo di Roma e di tutta la cristianità?

 

La gente viene invasa da una certa preoccupazione, ma riesce anche a scorgere un prodigioso evento già solo al passaggio dello strano ed inusuale drappello, non è una scena che si può vedere ogni giorno, nè fu mai narrata, che della disperata spedizione finisca per trovarsi a capo Colui che non rappresenta un caduco e debole potere terreno, Colui che non fida in una spada oramai arrugginita, né in una legge civile che in questa situazione non serve a nulla, ma è niente meno che l'erede di san Pietro, che parla e agisce in nome di Cristo +, che con gli occhi fissa un'altra vita in cui il sopruso, la violenza, il delitto, non sono possibili.

Leone potrà osare di tutto davanti a quel flagello, perché sa che non potrà perdere nulla di ciò che veramente conta; questo comprende la gente al passaggio dello strano drappello e a Lui, al Successore di Pietro, la gente si stringe perché avverte nel cuore che nel momento del bisogno e della minaccia più incombente, Egli ha una via privilegiata, persino i criticoni o i senz'Iddio devono tacere al Suo passaggio e chinare la testa, e ben sperare nel Suo successo, se non per fede almeno per convenienza.

 

Così, nell'estate 452, l'ambasceria varca il Po, risale il Mincio, attraversa la dolce pianura che Virgilio aveva cantato con cuore di figlio innamorato nei giorni lontani, in cui Roma era grande.

Finalmente là, dove le acque del Garda riprendono corso e figura di fiume, là trovarono l'accampamento degli Unni, e nell'accampamento Attila li attendeva.

Questo spietato sovrano, che in altre occasioni si era compiaciuto della sua rozzezza e violenza, di aver umiliato sudditi e principi, e che altre volte si era compiaciuto di aver umiliato l'Impero, di fronte ai tre legati di Roma, rimase alquanto perplesso e, stranamente, cortese e perfino rispettoso.

Purtroppo non esistono testimonianze scritte del diretto colloquio che i 4 ebbero, Avieno e Trigezio - si riportano dalle narrazioni -  fecero offerte ad Attila e proposero patti, ma, proprio secondo di come andarono poi i fatti, non vi è da pensare che Attila avrebbe mai potuto accettare le proposte dei due romani, allorchè egli stesso si era sempre divertito ad umiliare simili proposte per imporre ancor con più ferocia il suo potere e dominio.

Si dice invece che Attila fu colpito dall'aspetto venerando dell'anziano Pontefice, ricoperto delle sue vesti liturgiche e che si esprimeva con ardente zelo cristiano; per la prima volta Attila non si trovava davanti i soliti legati politici, ma il Rappresentante di un Potere al quale non interessavano i palazzi e le città, ma chiedeva di risparmiare le persone, non scendeva a patti per salvare la Città, ma chiedeva in nome di Cristo la pace, gli chiedeva semmai di convertirsi ad un Potere più grande, anche quello sulla sua di anima.

Attila non era un "ateo", a quel tempo per quanto turbolento e violento, la fede nelle divinità era comunque sia un argomento che interessava anche i più barbari tra i barbari, è molto probabile perciò che la visione di un uomo che rivestiva un incarico così soprannaturale, abbia giocato un ruolo molto importante in tutta la vicenda, perchè subito Leone fece chiaro che il suo potere non gli veniva dalla spada che non brandiva, ma dalla Fede in quel Cristo che essendo già stato ucciso e poi Risorto, non sarebbe più morto, e così sarebbe avvenuto per tutti i suoi discepoli.

Attila, che non era uno sprovveduto, già conosceva la storia di questi chiamati "Cristiani" ed era già a conoscenza non delle loro imprese di dominio e di conquiste, ma dei tanti loro martiri, di quanto vennero già perseguitati e del perdono che essi donavano in punto di morte; trovarsi davanti il Capo di questi Cristiani, senza dubbio, deve aver lasciato in Attila una forte impressione benevola, egli si era creduto fino ad allora protetto dal potere soprannaturale delle sue divinità che non avevano fatto altro che seminare morte e distruzione, facendolo diventare anche superstizioso, la parola di chi veniva, senz'armi, in nome di un Altro che aveva Potere soprannaturale, non poteva non mettere nel cuore pure del più crudele conquistatore, un messaggio di sgomento.

 

L'episodio così si concluse in modo inaspettato, Attila venne ai patti, protestò che voleva solo la principessa Onoria come sposa e con la sua dote, ma rinunciò a continuare la sua avanzata, e diede l'ordine di smontare le tende e di iniziare la ritirata!

Attila se ne andava!

La notizia si sparse con la rapidità di un tuono in tutta l'Italia, Attila ritornava nella sua Pannonia sterminata. Qualche mese dopo i fatti narrano che dopo aver compiuto un'orgia nella sua tenda, Attila moriva soffocato dal suo stesso sangue. Chi tanto sangue innocente aveva fatto spargere, nel sangue era morto, e con lui tramontò il suo popolo perchè non ci si fa beffe di Dio, non si possono corrompere ed uccidere gli animi per bramosia di possesso, di gloria, di superiorità.

La conquista di Roma non è una impresa facile, pare davvero che la mano di Dio segni in qualche modo coloro che osano possederla!

 

Occorre dire che poi qui si inserì la voce della leggenda sul colloquio di Leone Magno con Attila e narra che, nel momento in cui il Papa si avvicinava al Barbaro, questi aveva veduto librate in aria, ai lati del Pontefice, due figure luminose: san Pietro e san Paolo, che con la spada in mano, parevano avventarsi minacciose contro di lui, Barbaro pagano.

Sembra che lo stesso Pontefice, a chi gli facesse presente la leggenda, senza smentirla o approvarla, spiegasse che: se anche le due figure dei Santi Pietro e Paolo, non fossero apparse davanti ad Attila, la maestà della Chiesa, iniziata dai due Santi, sfolgorava ugualmente nell'aspetto e nella Parola di Verità che egli pronunciava davanti al Re Unno, e che per la potenza di tale Verità, perfino il pagano sanguinario fu costretto da Dio a piegare la sua anima e a cedere.

Il ritorno a Roma di Papa Leone fu un trionfo universale e partecipato da tutta la Città che si mise a lodare Dio con canti, inni e processioni.

Queste feste durarono molto tempo e si rinnovarono, ogni anno, ed è ciò testimoniato da una predica del Santo e Magno Pontefice, che si lamenta del fatto che il popolo romano invece di recarsi a pregare sulla Tomba di san Pietro, vada piuttosto a veder spettacoli al Circo.

I Romani, ignari ed incoscienti, avevano presto dimenticato il pericolo di "ieri", e non volevano vedere il pericolo di "domani" ed andavano ad applaudire i loro campioni prediletti alla corsa delle bighe.

 

Attila  san   Leone Magno





Fonte: Leone Magno e Gregorio Magno, i Papi grandi per

Dottrina - 1940 - con imprimatur A.Traglia, Archiep. Caesarien.

e liberamente trascritto da LDCaterina63

per leggere altro su e di san Leone Magno, cliccate QUI

[SM=g1740771] 



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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