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I criteri di una autentica DEMOCRAZIA secondo Pio XII

Ultimo Aggiornamento: 29/12/2012 00:25
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RADIOMESSAGGIO DI SUA SANTITÀ PIO XII AI POPOLI DEL MONDO INTERO*

Domenica, 24 dicembre l944

 

Il sesto Natale di guerra

Benignitas et humanitas apparuit Salvatoris nostri Dei (Tit. 3, 4). Già per la sesta volta, dopo l'inizio della orribile guerra, la santa liturgia natalizia saluta con queste parole, spiranti pace serena, la venuta fra noi del Dio Salvatore. L'umile e squallida culla di Betlemme fa convergere verso di sé con indicibile attrattiva il pensiero di tutti i credenti.

Nel fondo dei cuori ottenebrati, afflitti, abbattuti, scende, e tutti li invade, un gran torrente di luce e di gioia. Le fronti abbassate si rialzano serene, perché il Natale è la festa della dignità umana, la festa dell'« ammirabile scambio, per il quale il Creatore del genere umano, prendendo un corpo vivente, si è degnato di nascere dalla Vergine, e con la sua venuta ci ha largito la sua divinità » (Ant. I in I Vesp. in Circumc. Dom.).

Ma il nostro sguardo si porta spontaneamente dal luminoso Bambino del presepio sul mondo che ci circonda, e il doloroso sospiro dell'Evangelista Giovanni sale sulle nostre labbra: « Lux in tenebris lucet et tenebrae eam non comprehenderunt » (Io. I, 5): La luce splende fra le tenebre e le tenebre non l'hanno accolta.

Poiché pur troppo anche questa sesta volta l'alba del Natale si leva su campi di battaglia sempre più estesi, su cimiteri ove sempre più numerose si accumulano le spoglie delle vittime, su terre deserte, ove rare torri vacillanti indicano nella loro silenziosa tristezza le rovine di città dianzi fiorenti e prospere, e ove campane cadute o rapite non risvegliano più gli abitanti col loro giulivo canto di Natale. Sono altrettanti muti testimoni che denunziano questa macchia nella storia della umanità, la quale volontariamente cieca dinanzi alla chiarezza di Colui che è splendore e lume del Padre, volontariamente allontanatasi da Cristo, discesa e caduta nella rovina e nell'abdicazione della propria dignità. Anche la piccola lampada si é estinta in molti templi maestosi, in molte modeste cappelle, ove presso il tabernacolo aveva partecipato alle veglie dell'Ospite divino sul mondo addormentato. Quale desolazione! quale contrasto! Non vi sarebbe più dunque speranza per I'umanità?

Aurora di speranza

Sia benedetto il Signore! Dai lugubri gemiti del dolore, dal seno stesso della straziante angoscia degli individui e dei paesi oppressi, si leva un'aurora di speranza. In una schiera sempre crescente di nobili spiriti sorge un pensiero, una volontà sempre più chiara e ferma: fare di questa guerra mondiale, di questo universale sconvolgimento, il punto da cui prenda le mosse un'era novella per il rinnovamento profondo, la riordinazione totale del mondo. In tal guisa, mentre gli eserciti continuano ad affaticarsi in lotte micidiali, con sempre più crudeli mezzi di combattimento, gli uomini di governo, rappresentanti responsabili delle nazioni, si riuniscono in colloqui, in conferenze, allo scopo di determinare i diritti e i doveri fondamentali, sui quali dovrebbe essere ricostituita una comunanza degli Stati, di tracciare il cammino verso un avvenire migliore, più sicuro, più degno della umanità.

Antitesi strana, questa coincidenza di una guerra, la cui asprezza tende a giungere fino al parossismo, e del notevole progresso delle aspirazioni e dei propositi verso un'intesa per una pace solida e durevole! Senza dubbio si può ben discutere il valore, l'applicabilità, l'efficacia di questa o di quella proposta; il giudizio su di esse può ben rimanere in sospeso; ma sempre vero che il movimento è in corso.

Il problema della democrazia

Inoltre — e questo è forse il punto più importante —, sotto il sinistro bagliore della guerra che li avvolge, nel cocente ardore della fornace in cui sono imprigionati, i popoli si sono come risvegliati da un lungo torpore. Essi hanno preso di fronte allo Stato, di fronte ai governanti, un contegno nuovo, interrogativo, critico, diffidente. Edotti da un'amara esperienza, si oppongono con maggior impeto ai monopoli di un potere dittatoriale, insindacabile e intangibile, e richieggono un sistema di governo, che sia più compatibile con la dignità e la libertà dei cittadini.

Queste moltitudini, irrequiete, travolte dalla guerra fin negli strati più profondi, sono oggi invase dalla persuasione — dapprima, forse, vaga e confusa, ma ormai incoercibile — che, se non fosse mancata la possibilità di sindacare e di correggere l'attività dei poteri pubblici, il mondo non sarebbe stato trascinato nel turbine disastroso della guerra e che affine di evitare per l'avvenire il ripetersi di una simile catastrofe, occorre creare nel popolo stesso efficaci garanzie.

In tale disposizione degli animi, vi è forse da meravigliarsi se la tendenza democratica investe i popoli e ottiene largamente il suffragio e il consenso di coloro che aspirano a collaborare più efficacemente ai destini degli individui e della società?

È appena necessario di ricordare che, secondo gl'insegnamenti della Chiesa, «non è vietato di preferire governi temperati di forma popolare, salva però la dottrina cattolica circa l'origine e l'uso del potere pubblico », e che « la Chiesa non riprova nessuna delle varie forme di governo, purché adatte per sé a procurare il bene dei cittadini » (Leon. XIII Encycl. «Libertas », 20 giugno 1888, in fin.).

Se dunque in questa solennità, che commemora ad un tempo la benignità del Verbo incarnato e la dignità dell'uomo (dignità intesa non solo sotto il rispetto personale, ma anche nella vita sociale), Noi indirizziamo la Nostra attenzione al problema della democrazia, per esaminare secondo quali norme deve essere regolata, per potersi dire una vera e sana democrazia, confacente alle circostanze dell'ora presente; ciò indica chiaramente che la cura e la sollecitudine della Chiesa rivolta non tanto alla sua struttura e organizzazione esteriore, — le quali dipendono dalle aspirazioni proprie di ciascun popolo, — quanto all'uomo, come tale, che, lungi dall'essere l'oggetto e un elemento passivo della vita sociale, ne invece, e deve esserne e rimanerne, il soggetto, il fondamento e il fine.

Premesso che la democrazia, intesa in senso largo, ammette varie forme e può attuarsi così nelle monarchie come nelle repubbliche, due questioni si presentano al Nostro esame:

l° Quali caratteri debbono contraddistinguere gli uomini, che vivono nella democrazia e sotto il regime democratico? 2° Quali caratteri debbono contraddistinguere gli uomini, che nella democrazia tengono il pubblico potere?

 

[SM=g1740771] continua....


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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