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ATTENZIONE NON E' VERO CHE IL PAPA APPROVA LA LITURGIA NEOCATECUMENALE

Ultimo Aggiornamento: 05/02/2014 16:10
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20/01/2012 15:04
 
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[SM=g1740733]Attenzione, si sta divulgando una falsa notizia distorcendo le parole del Papa...

Il Papa approva quelle celebrazioni del CN inserite nel loro Direttorio, si ma attenzione, rimarcando però: 
non sono strettamente liturgiche

e spiega il perchè [SM=g1740733]
qui stanno rigirando la frittata, invece il Papa spiega sul finale il perchè essi debbano vivere la Liturgia della Chiesa e comune alla Chiesa nella celebrazione in Parrocchia:
Ma anche durante il cammino è importante non separarsi dalla comunità parrocchiale, proprio nella celebrazione dell’Eucaristia che è il vero luogo dell’unità di tutti, dove il Signore ci abbraccia nei diversi stati della nostra maturità spirituale e ci unisce nell’unico pane che ci rende un unico corpo
[SM=g1740729] stanno forzando la mano al Papa....


Il Papa rimarca nel Discorso che il Maestro della Liturgia è il VESCOVO e la celebrazione della Liturgia è quella che si rifà fedelmente ai Libri Liturgici NELLA FORMA ORDINARIA...
Le sue parole saranno strumentalizzate ancora una volta perchè si vuole ignorare il linguaggio ecclesiale e pastorale del Papa che per altro dice al Cn:

E’ un altro elemento che vi mostra come la Chiesa vi accompagni con attenzione in un paziente discernimento, che comprende la vostra ricchezza, ma guarda anche alla comunione e all’armonia dell’intero Corpus Ecclesiae.

[SM=g1740733]  ma guarda anche alla comunione e all’armonia dell’intero Corpus
Ecclesiae

ergo nessuna liturgia neocat! per salvaguardare questa unità.... e questa armonia...


Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza i Membri del Cammino Neocatecumenale e ha rivolto loro il discorso che pubblichiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

anche quest’anno ho la gioia di potervi incontrare e condividere con voi questo momento di invio per la missione. Un saluto particolare a Kiko Argüello, a Carmen Hernández e a Don Mario Pezzi, e un affettuoso saluto a tutti voi: sacerdoti, seminaristi, famiglie, formatori e membri del Cammino Neocatecumenale. La vostra presenza oggi è una testimonianza visibile del vostro gioioso impegno di vivere la fede, in comunione con tutta la Chiesa e con il Successore di Pietro, e di essere coraggiosi annunciatori del Vangelo.

Nel brano di san Matteo che abbiamo ascoltato, gli Apostoli ricevono un preciso mandato di Gesù: "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli" (Mt 28, 19). Inizialmente avevano dubitato, nel loro cuore c’era ancora l’incertezza, lo stupore di fronte all’evento della risurrezione. Ed è Gesù stesso, il Risorto – sottolinea l’Evangelista – che si avvicina a loro, fa sentire la sua presenza, li invia ad insegnare tutto ciò che ha comunicato loro, donando una certezza che accompagna ogni annunciatore di Cristo: "Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 20). Sono parole che risuonano forti nel vostro cuore. Avete cantato Resurrexit, che esprime la fede nel Vivente, in Colui che, in un supremo atto di amore, ha vinto il peccato e la morte e dona all’uomo, a noi, il calore dell’amore di Dio, la speranza di essere salvati, un futuro di eternità.

In questi decenni di vita del Cammino un vostro fermo impegno è stato di proclamare il Cristo Risorto, rispondere alle sue parole con generosità, abbandonando spesso sicurezze personali e materiali, lasciando anche i propri Paesi, affrontando situazioni nuove e non sempre facili. Portare Cristo agli uomini e portare gli uomini a Cristo: questo è ciò che anima ogni opera evangelizzatrice. Voi lo realizzate in un cammino che aiuta a far riscoprire a chi ha già ricevuto il Battesimo la bellezza della vita di fede, la gioia di essere cristiani. Il "seguire Cristo" esige l’avventura personale della ricerca di Lui, dell’andare con Lui, ma comporta sempre anche uscire dalla chiusura dell’io, spezzare l’individualismo che spesso caratterizza la società del nostro tempo, per sostituire l’egoismo con la comunità dell’uomo nuovo in Gesù Cristo. E questo avviene in un profondo rapporto personale con Lui, nell’ascolto della sua parola, nel percorrere il cammino che ci ha indicato, ma avviene anche inseparabilmente nel credere con la sua Chiesa, con i santi, nei quali si fa sempre e nuovamente conoscere il vero volto della Sposa di Cristo.

È un impegno - lo sappiamo - non sempre facile. A volte siete presenti in luoghi in cui vi è bisogno di un primo annuncio del Vangelo, la missio ad gentes; spesso, invece, in aree, che, pur avendo conosciuto Cristo, sono diventate indifferenti alla fede: il secolarismo vi ha eclissato il senso di Dio e oscurato i valori cristiani. Qui il vostro impegno e la vostra testimonianza siano come il lievito che, con pazienza, rispettando i tempi, con sensus Ecclesiae, fa crescere tutta la massa. La Chiesa ha riconosciuto nel Cammino un particolare dono che lo Spirito Santo ha dato ai nostri tempi e l’approvazione degli Statuti e del "Direttorio Catechetico" ne sono un segno. Vi incoraggio ad offrire il vostro originale contributo alla causa del Vangelo. Nella vostra preziosa opera ricercate sempre una profonda comunione con la Sede Apostolica e con i Pastori delle Chiese particolari, nelle quali siete inseriti: l’unità e l’armonia del Corpo ecclesiale sono una importante testimonianza a Cristo e al suo Vangelo nel mondo in cui viviamo.

Care famiglie, la Chiesa vi ringrazia; ha bisogno di voi per la nuova evangelizzazione. La famiglia è una cellula importante per la comunità ecclesiale, dove ci si forma alla vita umana e cristiana. Con grande gioia vedo i vostri figli, tanti bambini che guardano a voi, cari genitori, al vostro esempio. Un centinaio di famiglie sono in partenza per 12 Missioni ad gentes. Vi invito a non avere timore: chi porta il Vangelo non è mai solo. Saluto con affetto i sacerdoti e i seminaristi: amate Cristo e la Chiesa, comunicate la gioia di averLo incontrato e la bellezza di avere donato a Lui tutto. Saluto anche gli itineranti, i responsabili e tutte le comunità del Cammino. Continuate ad essere generosi con il Signore: non vi farà mancare la sua consolazione!

[SM=g1740733] Poco fa vi è stato letto il Decreto con cui vengono approvate le celebrazioni presenti nel "Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale", che non sono strettamente liturgiche, ma fanno parte dell’itinerario di crescita nella fede. E’ un altro elemento che vi mostra come la Chiesa vi accompagni con attenzione in un paziente discernimento, che comprende la vostra ricchezza, ma guarda anche alla comunione e all’armonia dell’intero Corpus Ecclesiae.

Questo fatto mi offre l’occasione per un breve pensiero sul valore della Liturgia. Il Concilio Vaticano II la definisce come l’opera di Cristo sacerdote e del suo corpo che è la Chiesa (cfr Sacrosanctum Concilium, 7). A prima vista ciò potrebbe apparire strano, perché sembra che l’opera di Cristo designi le azioni redentrici storiche di Gesù, la sua Passione, Morte e Risurrezione. In che senso allora la Liturgia è opera di Cristo? La Passione, Morte e Risurrezione di Gesù non sono solo avvenimenti storici; raggiungono e penetrano la storia, ma la trascendono e rimangono sempre presenti nel cuore di Cristo. Nell’azione liturgica della Chiesa c’è la presenza attiva di Cristo Risorto che rende presente ed efficace per noi oggi lo stesso Mistero pasquale, per la nostra salvezza; ci attira in questo atto di dono di Sé che nel suo cuore è sempre presente e ci fa partecipare a questa presenza del Mistero pasquale. Questa opera del Signore Gesù, che è il vero contenuto della Liturgia, l’entrare nella presenza del Mistero pasquale, è anche opera della Chiesa, che, essendo suo corpo, è un unico soggetto con Cristo – Christus totus caput et corpus – dice sant’Agostino. Nella celebrazione dei Sacramenti Cristo ci immerge nel Mistero pasquale per farci passare dalla morte alla vita, dal peccato all’esistenza nuova in Cristo.

Ciò vale in modo specialissimo per la celebrazione dell’Eucaristia, che, essendo il culmine della vita cristiana, è anche il cardine della sua riscoperta, alla quale il neocatecumenato tende. Come recitano i vostri Statuti, "L’Eucaristia è essenziale al Neocatecumenato, in quanto catecumenato post-battesimale, vissuto in piccola comunità" (art. 13 §1).
Proprio al fine di favorire il riavvicinamento alla ricchezza della vita sacramentale da parte di persone che si sono allontanate dalla Chiesa, o non hanno ricevuto una formazione adeguata, i neocatecumenali possono celebrare l’Eucaristia domenicale nella piccola comunità, dopo i primi Vespri della domenica, secondo le disposizioni del Vescovo diocesano (cfr Statuti, art. 13 §2). Ma ogni celebrazione eucaristica è un’azione dell’unico Cristo insieme con la sua unica Chiesa e perciò essenzialmente aperta a tutti coloro che appartengono a questa sua Chiesa. [SM=g1740733]
Questo carattere pubblico della Santa Eucaristia si esprime nel fatto che ogni celebrazione della Santa Messa è ultimamente diretta dal Vescovo come membro del Collegio Episcopale, responsabile per una determinata Chiesa locale (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 26). La celebrazione nelle piccole comunità, regolata dai Libri liturgici, che vanno seguiti fedelmente, e con le particolarità approvate negli Statuti del Cammino, ha il compito di aiutare quanti percorrono l’itinerario neocatecumenale a percepire la grazia dell’essere inseriti nel mistero salvifico di Cristo, che rende possibile una testimonianza cristiana capace di assumere anche i tratti della radicalità.
Al tempo stesso, la progressiva maturazione nella fede del singolo e della piccola comunità deve favorire il loro inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale, che trova nella celebrazione liturgica della parrocchia, nella quale e per la quale si attua il Neocatecumenato (cfr Statuti, art. 6), la sua forma ordinaria.
Ma anche durante il cammino è importante non separarsi dalla comunità parrocchiale, proprio nella celebrazione dell’Eucaristia che è il vero luogo dell’unità di tutti, dove il Signore ci abbraccia nei diversi stati della nostra maturità spirituale e ci unisce nell’unico pane che ci rende un unico corpo (cfr 1 Cor 10, 16s).

Coraggio! Il Signore non manca di accompagnarvi e anch’io vi assicuro la mia preghiera e vi ringrazio per i tanti segni di vicinanza. Vi chiedo di ricordarvi anche di me nelle vostre preghiere. La Santa Vergine Maria vi assista con il suo sguardo materno e vi sostenga la mia Benedizione Apostolica, che estendo a tutti i membri del Cammino. Grazie!



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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Le monizioni nel Messale di Paolo VI
Benedetto XVI


Alcune considerazioni del card. Joseph Ratzinger
(a cura di Fabio Bertamini )

 

Un compito «prioritario » oggi, secondo J.Ratzinger, è quello di tornare ad un rito non condizionato dall’arbitrio e dall’inventiva del sacerdote o delle comunità locali. Una celebrazione connotata da elementi soggettivi, infatti, porta inevitabilmente a misconoscere quale sia il vero Soggetto nell’azione liturgica e la natura del culto che è essenzialmente adorazione della Maestà divina.

Il primo passo per superare questo stato di precarietà è quello di prendere coscienza che l’ordinamento della sacra liturgia spetta unicamente all’autorità della Chiesa come ricorda il dettato conciliare al n. 22 della Sacrosanctum Concilium.

Il secondo passo, è la necessaria revisione e rettifica di alcune formule presenti nello stesso Messale che tendono a legittimare una certa ambiguità: «sacerdos dicit sic vel simili modo - il sacerdote si rivolge ai fedeli con queste parole o in modo simile…».

«Queste formule del Messale ufficializzano in effetti la creatività; il sacerdote si sente quasi obbligato a cambiare un po’ le parole, a dimostrare che egli è creativo, che rende questa liturgia attuale per la sua comunità; e con questa falsa libertà che trasforma la liturgia in una catechesi per questa comunità, si distrugge l’unità liturgica e l’ecclesialità della liturgia».

(cf. J. RATZINGER, Opera omnia, XI, pp. 757-758).

Se infarcita di monizioni, la liturgia perde i suoi connotati e si risolve in una didattica sterile dove paradossalmente, il Mistero che si vuole celebrare, rischia di venire oscurato: «Purtroppo si deve dire che nella prassi post-conciliare il carattere di ammaestramento è diventato quasi dappertutto eccessivo, dando alla liturgia addirittura un’impronta scolastica». Ci si è dimenticati che «l’epifania del sacro che si manifesta in segni e parole, è già di per sé “istruzione”». Il Concilio aveva ammonito che i riti dovevano essere per sé chiari e tali di non aver bisogno di molte spiegazioni (cf. Sacrosanctum Concilium, 34).

Lo stesso Concilio «aveva però anche spiegato che si sarebbero potuto inserire nella liturgia delle “ammonizioni” come aiuto alla comprensione. Ma benché avesse raccomandato esplicitamente di essere brevi e di attenersi per lo più ai testi prescritti, ha aperto con ciò una diga dalla quale si sono riversati veri e propri fiumi di parole» (J. RATZINGER, Opera omnia, XI, pp. 779-780).

Ratzinger, inoltre, precisa che «l’accessibilità della liturgia non va confusa con la comprensibilità immediata di ciò che è banale». «E non la si può neppure produrre semplicemente con traduzioni migliori e gesti più comprensibili. La si acquista soltanto mediante un cammino interiore - essa richiede “eruditio”, apertura d’animo, grazie alla quale le dimensioni superiori della ragione si schiudono e si svolge un processo in cui si impara a vedere ed ad ascoltare in modo nuovo (....)».

«La liturgia non può essere trasformata in una lezione di religione e non la si può salvare con la banalizzazione. Ci vuole una formazione liturgica o piuttosto, in generale, una formazione spirituale (...). Gran parte dei cristiani di oggi si trova de facto nello stato catecumenale e noi dobbiamo prendere f inalmente questo dato sul serio nella prassi» (J. RATZINGER, Opera omnia, XI, p. 783).

 



[SM=g1740733] «Sento il dovere di fare un caldo appello perché (...) le norme liturgiche siano osservate con grande fedeltà. Esse sono un’espressione concreta dell’autentica ecclesialità dell’Eucaristia; questo è il loro senso più profondo. La liturgia non è mai proprietà privata di qualcuno, né del celebrante né della comunità nella quale si celebrano i misteri (...). Nei nostri tempi, l’obbedienza alle norme liturgiche dovrebbe essere riscoperta e valorizzata come riflesso e testimonianza della Chiesa una e universale, resa presente in ogni celebrazione dell’Eucaristia. Il sacerdote che celebra fedelmente la Messa secondo le norme liturgiche e la comunità che a queste si conforma dimostrano, in un modo silenzioso ma eloquente, il loro amore per la Chiesa» (Giovanni Paolo II, Enciclica Ecclesia de Eucharistia, del 17.4.2003, n. 64).


Spiega padre Riccardo Barile O.P. dalla sua Rubrica :

Ne segue che l’atteggiamento verso l’osservanza o l’inosservanza delle rubriche costruisce un tipo o un altro tipo di Chiesa (ammesso e non concesso che i due tipi stiano alla pari). Ne segue che l’inosservanza scollega non solo dall’amore alla Chiesa, ma anche dalla tradizione della preghiera consegnata da Cristo alla Chiesa. Ne segue che quando questa inosservanza è imposta con la frase bestiale «La comunità ha deciso!» (laddove la legge non indica opzionalità), si compie un sopruso e si pratica una dittatura togliendo la libertà che è assicurata dall’essere tutti sotto una comune legge. Dunque non si dica che l’importante è l’essenziale e l’importante della preghiera è il cuore, perché il vero cuore non è custodito dall’inosservanza delle rubriche, così come una scorza ruvida normalmente non custodisce un cuore d’oro.
 
Lo spirito cristiano, lo spirito liturgico, lo spirito della Parola
 
La liturgia «è la prima e per di più necessaria sorgente dalla quale i fedeli possano attingere uno spirito veramente cristiano / primus, isque necessarius fons, e quo spiritum vere christianum fideles hauriant /» (SC 14).
 
Che se poi il ministero della parola «e ogni tipo di istruzione cristiana, nella quale l’omelia liturgica deve avere un posto privilegiato» trova nella Scrittura «un sano nutrimento e un santo vigore / salubriter nutritur sancteque virescit /» (DV 24), resta vero che «l’ermeneutica della fede riguardo alla sacra Scrittura deve sempre avere come punto di riferimento la liturgia» (Verbum Domini 52).
 
Per un frate domenicano sono due considerazioni importanti: la sua “spiritualità particolare” passa attraverso un buon riferimento liturgico che la rende veramente cristiana e il ministero della parola passa attraverso una corretta pratica e intelligenza della liturgia. Nella misura in cui la liturgia fa difetto, fa difetto la spiritualità e il ministero della parola.


http://www.domenicani.it/priore%20provinciale/novembre-2011.html

[SM=g1740771]

[Modificato da Caterina63 21/01/2012 00:07]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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20/01/2012 22:57
 
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Neocatecumenali: nessuna nuova liturgia approvata! Basta ragionare sulle parole del Papa

Riportiamo un dotto e quanto mai rassicurante studio comparso su Cantuale Antonianum, che, partendo dalla lettura delle parole del Papa e procedendo con logici passaggi, arriva a spiegare ciò il Santo Padre ha detto (e fatto) magari con parole un po' criptiche.
Ma l'importante è il contenuto che ne risulta: nessuna liturgia neocatecumenale è stata approvata!


Per favore, non gridate pro o contro che: "il papa ha approvato le liturgie neocatecumenali"..


Visto che la cassetta delle email si sta riempiendo di messaggi più o meno dallo stesso tema, anche se di due umori e tenori diversi a seconda della provenienza.... diamo un'occhiata a ciò che il Papa ha detto e ha fatto oggi, nell'udienza al Cammino Neocatecumenale.

Andiamo al sodo. Così recita il decreto citato da Sua Santità:
"Il pontificio consiglio per i Laici, avuto il parere favorevole della congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, concede l'approvazione a quelle celebrazioni contenute nel direttorio catechetico del Cammino neocatecumenale che non risultano per loro natura già normate dai libri liturgici della Chiesa"

Domanda: secondo voi lettori, la Messa, o Celebrazione Eucaristica, è già normata dai libri liturgici della Chiesa? (risposta ovvia: SI').
Quindi non ci si riferisce a questo tipo di celebrazioni? (Risposta ovvia: Si sta parlando di altro tipo di celebrazioni).
I Vespri e le Lodi, forse? (No, anche quelle sono azioni liturgiche già normate)

Il Papa infatti nel suo discorso di oggi, ha detto con estrema chiarezza ai membri del Cammino: "Poco fa vi è stato letto il Decreto con cui vengono approvate le celebrazioni presenti nel "Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale", che non sono strettamente liturgiche, ma fanno parte dell’itinerario di crescita nella fede".
Risulta quindi falso o quantomeno errato, ciò che è stato affermato anche ieri da siti legati al Cammino Neocatecumenale (si veda questo comunicato stampa, dove si insiste: "In questa occasione verrà annunciato il decreto di approvazione della Liturgia in uso nel Cammino")

Sono state approvate, invece, delle celebrazioni "non strettamente liturgiche": quindi non delle liturgie, che sono - certo - strettamente liturgiche (lapalissiano). E infatti queste altre celebrazioni le ha approvate il Pontificio consiglio per i Laici, con il parere favorevole della Congregazione per il Culto divino, non le ha approvate la Congregazione stessa.

Ma allora, si chiede qualcuno, che cosa è stato approvato? Chi non conosce i "passaggi" del lungo itinerario del Cammino Neocatecumenale non può aver chiaro di che cosa si tratti. E il segreto sul Direttorio, che a questo punto è davvero paradossale non venga pubblicato nella sua interezza, non aiuta di certo.

Bisogna premettere che non tutti i riti sono liturgici anche se tutte le liturgie sono riti. Ci sono riti che "per loro natura" non sono liturgici. Ne abbiamo avuto un esempio recente nella revisione del rito per il Concistoro in cui vengono consegnati i cappelli e gli anelli ai nuovi Cardinali. E' un rito, ma non è una liturgia, tantomeno una celebrazione sacramentale.
Le confraternite, per es., hanno i loro riti di aggregazione dei nuovi membri, con imposizione di vesti particolari e medaglioni, gli Ordini Equestri hanno anche loro particolari investiture e momenti di passaggio.... La Chiesa è bella perchè è varia e fantasiosa. E la sua ritualità debordante!

Per il caso dei Neocatecumenali, è comprensibile e bello che siano state confermate le modalità della "celebrazione" dei passaggi del "Primo Scrutinio", "Secondo Scrutinio", per "l'iniziazione alla preghiera", probabilmente, e per la Traditio del Simbolo (il Credo) e per la Redditio, per la Consegna del Padre Nostro.
Quello che è stato approvato è, dunque, l'adattamento dei singoli momenti di passaggio del cammino Neocatecumenale, dopo che, a suo tempo, era stato approvato il Direttorio per la catechesi, che presenta queste "tappe" nei vari volumi.
Tutti i momenti sopra descritti sono desunti dall'Iniziazione Cristiana degli Adulti (che non è l'iniziazione dei Cristiani Adulti...), adattata però a coloro che battezzati lo sono già, ma desiderano ripercorrere le tappe dell'iniziazione cristiana, che non ebbero modo di percorrere, "come se non fossero battezzati", al fine di "riscoprire il proprio battesimo". E' proprio per questo che il Cammino si chiama "neocatecumenale", ovvero catecumenato fatto dopo il battesimo.

C'è chi dice che tutto questo non ha molto senso (opinioni personali; ma la Chiesa pare non essere d'accordo con tali affermazioni).
Secondo me avrebbe più senso fare ciò che i Padri hanno sempre fatto, ovvero il "cammino mistagogico" dei battezzati, accompagnandoli nel processo di entrata piena nei Misteri già ricevuti (cammino che potrebbe non finire mai, a differenza di quello neocatecumenale), lasciando invece ai non-battezzati il cammnino propriamente catecumenale e a coloro che vivono in situazioni pubbliche oggettivamente in contrasto con il vangelo offrire uno status e un "cammino penitenziale" (completamente obliato oppure visto come politicamente scorretto per es. verso i divorziati risposati, i conviventi, chi sostiene l'aborto e/o lo ha praticato pubblicamente - medici, politici -; coloro che avevano pubblicamente lasciato la fede e vi vogliono tornare, ecc.).

RICAPITOLANDO:

Per quello che riguarda la liturgia propriamente detta, nelle Comunità Neocatecumenali, si sta a ciò che è definito e stabilito negli Statuti solo per quelle particolarità già concesse, per il resto ci si conforma pienamente, come tutti i cattolici latini, ai libri liturgici della Chiesa.


Testo preso da: Cantuale Antonianum http://www.cantualeantonianum.com/#ixzz1k2OhOX58

http://www.cantualeantonianum.com

[Modificato da Caterina63 21/01/2012 23:46]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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21/01/2012 12:40
 
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PASSIO CHRISTI, ECCLESIAE PASSIO


In questo momento "oscuro" della storia della Chiesa, ci possono soccorrere solo le parole che attingono alla Sorgente di una Tradizione viva e fedelmente custodita. E' per questo che oggi vi propongo, come diagnosi della situazione e nutrimento spirituale le parole di un Maestro Fedele, che stralcio da un intervento recente di Mons. Gherardini, che parte da un esame dei testi di Romano Amerio, un'altra vigile sentinella:

[SM=g1740717] Passio Christi, Ecclesiae passio: [SM=g1740720]

[...]
2 - Le “Stazioni” - Amerio, a quanto pare, non parla di “passione”. L'idea che prende in esame è quella della “crisi”, da lui analizzata nella sua natura, nei suoi contesti e nelle sue conseguenze. Io pure -che non chiudo gli occhi davanti alla persecuzione cruenta - son dell'avviso che la passio Ecclesiae sia oggi la perdurante continuità d'una crisi iniziata in modo speciale dall'Illuminismo e ingigantita dalla “desistenza” secolare di chi avrebbe dovuto combatterla. Una crisi polimorfa, che Amerio descrive specialmente nei due primi capitoli, tenendola però presente in tutto il complesso degli altri. Una crisi che non ha nulla in comune con il meschino tentativo di chi, per nasconderne pericolosità e virulenza, la qualificò come “crisi di crescenza”, quasi a sottrarre da sicura e doverosa condanna sia l'accennata “desistenza”, sia il conseguente «disorbitare della Chiesa dal suo fine primario». La crisi fu scatenata e poi fin al presente mantenuta ora sotto la cenere, ora a livelli d'incandescenza, quando forze latenti, ma aggressive, polemiche, centrifughe e soprattutto potenti, apriron le porte del santuario allo spirito del secolo, sostituendo l'uomo a Dio, “l'ubi consistam” spazio-temporale all'escatologia cristiana, il pirronismo [lo scetticismo, i dubbio sistematico, non quello sano che spinge a chiarire e approfondire -ndR] alla certezza, il pluralismo all'Una Sancta, il disfacimento del costume alla virtù.

Fin dagli anni del Vaticano II ma soprattutto durante il cinquantennio del postconcilio si soppresse l'antagonismo Chiesa-mondo; si inneggiò ad un cristiano maturo non più in stretta collisione con i pericoli del secolo, ma a braccetto con essi; si chiuse l'era paradossalmente angusta della cristianità cattolica, per aprir quella indiscriminata e vaga del “popolo di Dio”; si ribaltò di sana pianta la base giustificativa del Sillabo e della Pascendi, aprendo ingenuamente a quel liberalismo ed indifferentismo e relativismo e modernismo che quei documenti fronteggiavano; si stravolse l'in-sé della Chiesa e della vita cristiana, affossando il soprannaturale nel magma del naturalistico, del razionalistico, dello storicistico, dell'immediato ed immediatamente disponibile [e sciaguratamente sperimentabile], tutto risolvendo in una Weltanschauung che, alle classiche virtù teologali, cardinali e morali, sostituiva i valori della spontaneità della libertà, del sentimento, dell'aperturismo a buon mercato. Nasceva, e in breve furoreggiò, un Cristianesimo umanitario, quello del buonismo acritico e superficiale, del dialogo, della condivisione, dell'aperturismo in ogni direzione, senza preoccupazioni dogmatiche etiche disciplinari, all'insegna anzi di quel “circiterismo” [pressappochismo] che Amerio riprende da Giordano Bruno per indicare ogni disinvolto embrasson-nous, perfino nel caso non raro di un amplesso letale. A ciò s'aggiunga l'allentamento della disciplina penitenziale, la crisi dell'obbedienza, la deformazione dialogica dell'apostolato kerigmatico, la degradazione del sacro nel secolare e della communio in una sequela senza fine di sfide. Sì, la crisi non poteva esser meno eversiva né meno pervasiva di com'è stata.

A mio giudizio resta difficile capire perché, pur avendo della crisi una conoscenza diretta ed obiettiva, non si sia corsi ai ripari. Paolo VI, il 7 settembre 1968, rilevò «l'ora inquieta d'autocritica, si direbbe d'autodemolizione» e «di rivolgimento assoluto» che la Chiesa stava vivendo. Celebre è rimasto il suo accenno del 30 giugno 1972 al «fumo di Satana» insinuatosi «nel tempio di Dio». Ed il 18 luglio 1975, inutilmente gridò il suo «basta con il dissenso alla Chiesa. Basta con una disgregatrice interpretazione del pluralismo... Basta con la disobbedienza qualificata come libertà». Tanto inutilmente, che il suo successore, il 7 febbraio del 1981, si disse costretto ad ammettere «realisticamente e con profonda e sofferta sensibilità» lo sbandamento dei fedeli conseguente a «vere e proprie eresie in campo dogmatico e morale», alla manomissione della Liturgia, al relativismo, al permissivismo, al sociologismo e ad un illuminismo che spiana la via all'invadenza dell'ateismo.
Non meno incisiva né meno drammatica è la denuncia della crisi ecclesiale, con cui Papa Benedetto XVI tenta di scuoter le addormentate coscienze. Era ancora cardinale quando firmò la Via Crucis del 2005, che pose all'attenzione del mondo la «sporcizia... la superbia, l'autosufficienza e la mancanza di fede» fra gli uomini di Chiesa, nonché la Chiesa stessa nella condizione d'una «barca che fa acqua da tutte le parti». Pochi mesi dopo, da Papa, riprese con forza maggiore un suo vecchio discorso su «la dittatura del relativismo», causa prima della secolarizzazione montante, e sul relativismo insiste ancor oggi. Ma “le stelle stanno a guardare”.

3 - Per una conclusione - Lungi da me il segnar a dito le “stelle” che “stanno a guardare”: non ho la vocazione a far il cane da guardia. Ma nemmeno ho gli occhi così bendati da non vedere e non capire.

Vedo e capisco sia il dramma d'una Chiesa nella morsa d'una contraddizione storica, contro la quale occorre, e subito, impegnarsi a fondo; sia la ragione, quasi metafisica, che almeno in parte sottrae quel dramma al nostro intervento.

Quanto di quel dramma -e non è una misura da poco- è dovuto
  • ad incuria,
  • o ad un abbassamento della guardia;
  • o ad una compiacente strizzatina d'occhi all'“inimicus homo” (Mt 13, 25.39),
  • o ad una desistenza dal dovere della fedeltà e della testimonianza;
  • o ad un colpevole rimescolamento delle carte fra il e il no, per fare scomparire del tutto la discriminante tra il bene e il male;
  • o al “circiterismo” pasticcione e confuso di gran parte della teologia contemporanea, la cui sola unità di misura sembra l'abbandono della Tradizione e quindi della linfa che alimenta la vita ecclesiale;
  • o ad una burbanzosa autosufficienza che inalbera la coscienza del singolo o di gruppi particolari a giudice supremo della legge di Dio, sia naturale che rivelata e della Chiesa interpretata e proposta;
quanto -insomma- è dovuto a tutto questo e ad altro ancora, non ha diritto di cittadinanza nella “città di Dio”, essendo antitetico alla costituzione e alla vita di essa. Di tutte queste storture e devianze e ribellioni s'intesse, sì, la passio Ecclesiae, ma è una passione che non s'identifica mistericamente con quella di Cristo, non arricchisce e non dilata la Chiesa come il sangue dei martiri. La mortifica, anzi la strozza, le rifila l'aria che dovrebbe respirare, la riduce al rantolo. Contro questa passio, pertanto, occorre prender posizione, essa va neutralizzata, e l'unica maniera per farlo è quella d'una fedeltà a tutta prova: la fedeltà dei santi.

Ho peraltro accennato, poco sopra, ad una causa quasi metafisica della passio Ecclesiae ed irriducibile per questo ad uno qualunque dei comportamenti umani. Essa nasce dalla sacramentale identità del Cristo fisico e del Cristo mistico e prolunga l'epopea del Golgota nel tempo del già e non ancora: la Chiesa è per questo il Christus patiens. Gli aggettivi “sacramentale” e “misterico”, cui faccio ricorso per qualificare l'identificarsi della Chiesa in Cristo e di Cristo nella Chiesa, portan il discorso sul piano dell'analogia, ancorché ontologicamente fondata. Non si tratta, infatti, di una identità assoluta, ma d'una continuità che il linguaggio dei Padri e della liturgia definisce in mysterio, e quindi di una repraesentatio della Chiesa come continua Christi incarnatio. In particolare d'un rapporto che riproduce nella Chiesa una cristoconformità tale da conferirle quella medesima “immagine del Dio invisibile” che Col 1,15 predica del Verbo incarnato ed in base alla quale la Chiesa ha, del Verbo incarnato, la forma storica d'un amore che si dona fino al sacrificio supremo di sé. La detta repraesentatio non è, dunque, una rappresentazione, se mai è una “ri-presentazione”, o meglio un'assimilazione di due soggetti fin al loro sacramentale ed unificante incontro. Sta qui la ragione per la quale la Chiesa è il Christus patiens, non il Christus passus: rivive nell'attimo che fugge la realtà stessa del Redentore, del Mediatore unico tra Dio e gli uomini, del Rivelatore fedele e qui si radica l'espressione “fuori della Chiesa non c'è salvezza”, oggi superficialmente contestata.

Commossi, pertanto, fin alle lacrime, ci mettiamo nelle braccia di questa chiesa, per aver accesso, attraverso la sua stessa passio, alla passio salvifica di Cristo.

[SM=g1740771]


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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22/01/2012 00:30
 
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IL CAMMINO NEOCATECUMENALE E LA RIFORMA DELLA RIFORMA DELLA RIFORMA DELLA...

Cristo Re - Kiko Arguello - 1960
Si usa uno specchio di vetro per guardare il viso;
e si usano le opere d’arte per guardare la propria anima. (G. Bernard Shaw)


di Francesco Colafemmina

La notizia di oggi ha lasciato molti cattolici senza parole. A dire il vero il processo di definitiva approvazione ed integrazione del Cammino Neocatecumenale all'interno della Chiesa era già in atto da un po' d'anni. Il movimento Neocatecumenale nonostante l'aggressività e il settarismo dei suoi aderenti è considerato da numerosi uomini di Chiesa uno strumento per la "nuova evangelizzazione", una vera risorsa per la Chiesa del futuro. Mi permetto di dubitare in merito, specie perché il Cammino ha una sua estetica personale - la nuova estetica (roba che nemmeno nell'orwelliano 1984) in palese contrasto con l'estetica cattolica, ma lo so: il mio parere non conta nulla. Veniamo piuttosto alla questione "liturgia" neocatecumenale approvata. Qualcuno dice "non è stata approvata la liturgia neocatecumenale, ma solo alcune cerimonie non strettamente liturgiche". E' vero, ma andrebbero chiariti alcuni punti.

Chiesa Neocatecumenale
Prima di tutto non esiste una liturgia neocatecumenale. Esiste un apparato liturgico neocatecumenale fatto di particolari prassi liturgiche e apparecchi scenografici, ma questo apparato, queste suppellettili, questi canti e danze che esitano in veri e propri abusi liturgici, insistono sui libri liturgici della Chiesa Cattolica. Ripeto: non esiste una liturgia propria, ma un modo singolare di vivere la liturgia.

Questo "modo singolare" si inserisce all'interno del cosiddetto "cammino di iniziazione cristiana" e si esplica - da statuto - attraverso tre celebrazioni essenziali: la celebrazione penitenziale, quella della parola e quella eucaristica. A tali "celebrazioni" se ne aggiungono altre che segnano il percorso iniziatico del neocatecumeno. Ora, sono queste "celebrazioni" ad aver ottenuto l'approvazione dalla Congregazione per il Culto Divino. La responsabilità è dunque tutta del Cardinal Canizares che alterna periodicamente attacchi francesi a ritirate spagnole, timide aperture alla riforma della riforma che costantemente abortiscono o restano sui giornali o nelle illusioni di qualche fedele.

Aggiungo che negli Statuti c'è scritto (art.14, comma 3) "Nella celebrazione dell’Eucaristia nelle piccole comunità si seguono i libri liturgici approvati del Rito Romano, fatta eccezione per le concessioni esplicite della Santa Sede. Per quanto concerne la distribuzione della Santa Comunione sotto le due specie, i neocatecumeni la ricevono in piedi, restando al proprio posto."

Il punto è che nonostante le buone intenzioni il rito non avviene in questi termini. Anche dopo l'impegno dello Statuto i Neocatecumenali fanno di testa loro. Vengono infatti costantemente violate le prescrizioni dello Statuto e posso confermarlo per esperienza diretta. Pertanto il Papa - che nonostante il controllo della sua Curia invadente ed anarchica ha le idee ancora chiare - ha ritenuto opportuno aggiungere oggi alcune note a piè di pagina sul senso della liturgia come momento di comunione non settaria ma universale della Chiesa intesa quale Corpo Mistico. Parole che entrano dall'orecchio di Kiko ed escono da quello di Carmen...

Due notazioni personali.

Primo: come può il Cardinal Canizares consentire che ancora oggi si demoliscano gli altari antichi, si discetti su dove mettere un ambone o come eliminare delle balaustre, e poi lasciare la possibilità ad un gruppo carismatico di celebrare la Messa a suo piacimento? Come si può non dico ignorare l'esempio del Santo Padre che ha riportato al centro dell'altare il Crocifisso ma arrivare ad approvare le "celebrazioni" di chi al posto del Crocifisso al centro dell'altare pone la sacra Menorah? Canizares un tempo lo chiamavano "il piccolo Ratzinger". Credo che oggi lo si possa continuare a chiamare solo "il piccolo"...

Altare Cattolico
Altare Neocatecumenale
Secondo: da semplice cattolico mi indigna sapere che il rito millenario della Chiesa, quella che semplicisticamente è definita Messa in latino, sia ancora un tabù per molti Vescovi, mentre oggi si autorizzano pseudo-celebrazioni fondate su un direttorio catechetico approvato un anno fa e composto da ben 12 Volumi, ma segreto! Come è possibile che la Chiesa mantenga ancora segrete le catechesi di un movimento carismatico che si dice "cattolico" ossia universale? Mi preoccupa dunque una Chiesa che approva movimenti esoterici. Personalmente preferisco una Chiesa essoterica, aperta a tutti ma uguale per tutti!

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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23/01/2012 11:18
 
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Diario Vaticano / Ai neocatecumenali il diploma. Ma non quello che si aspettavano

La Santa Sede ha approvato i riti che scandiscono le tappe del loro catechismo. Ma le particolarità con cui essi celebrano le messe restano sempre sotto osservazione. Alcune sono consentite. Altre no

di ***




CITTÀ DEL VATICANO, 23 gennaio 2012 – Prima dell’udienza con Benedetto XVI di tre giorni fa, dentro il Cammino neocatecumenale correva voce che in quell'occasione sarebbero state definitivamente approvate le “liturgie” del movimento ecclesiale fondato da Francisco "Kiko" Argüello e Carmen Hernández:

> "Placet" o "Non placet"? La scommessa di Carmen e Kiko


Tali voci davano addirittura per pronto il documento di convalida.

In realtà questo provvedimento non era assolutamente all’ordine del giorno in Vaticano, come si è potuto verificare nel corso dell’udienza col papa del 20 gennaio.

All'inizio dell'udienza, infatti, è stato letto un decreto del pontificio consiglio per i laici nel quale, con "il parere favorevole della congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti", semplicemente si "concede l’approvazione a quelle celebrazioni contenute nel Direttorio catechetico del Cammino neocatecumenale che non risultano per loro natura già normate dai libri liturgici della Chiesa".

Più chiaramente il papa nel suo discorso ha ribadito che con il suddetto decreto soltanto "vengono approvate le celebrazioni" presenti nel Direttorio catechetico, che "non sono strettamente liturgiche". [SM=g1740733]

Ciò vuol dire che i rituali approvati in questa occasione non riguardano in alcun modo la liturgia della messa o l’amministrazione dei sacramenti, ma solo le celebrazioni interne al Cammino che scandiscono le principali tappe del lungo catecumenato di ogni suo membro.

Benedetto XVI ha inoltre approfittato dell'udienza per rivolgere ai capi e ai membri del Cammino un "breve pensiero sul valore della liturgia". È si è trattato di un "pensiero" che aveva tutto il sapore di una lezione, densa e impegnativa nonostante la brevità.

In essa il papa ha ricordato che "il vero contenuto della liturgia" è si "opera del Signore Gesù", ma "è anche opera della Chiesa, che, essendo suo corpo, è un unico soggetto con Cristo". E con ciò ha messo in guardia dalla tentazione – presente nelle teorie liturgiche neocatecumenali ma non solo – di un "archeologismo" che pretenderebbe di riprodurre artificiosamente l'ultima cena di Gesù e le "frazioni del pane" dei primissimi tempi cristiani senza tener conto degli sviluppi liturgici che sono maturati legittimamente nella Chiesa nel corso dei secoli. [SM=g1740721]

Nel suo discorso, inoltre, Benedetto XVI ha sottolineato il "carattere pubblico della Santa Eucaristia". Ha ricordato che in base agli statuti del Cammino approvati nel 2008 "i neocatecumenali possono celebrare l’Eucarestia domenicale nella piccola comunità dopo i primi vespri della domenica, secondo le disposizioni del vescovo diocesano". Ma ha subito aggiunto che "ogni celebrazione" deve essere "essenzialmente aperta a tutti coloro che appartengono" all’unica Chiesa di Cristo.

Le celebrazioni nelle piccole comunità – ha proseguito il papa – devono cioè produrre una "progressiva maturazione" che favorisca "il loro inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale", ossia in concreto "nella celebrazione liturgica della parrocchia". [SM=g1740721]

Il papa ha infine ribadito che "la celebrazione nelle piccole comunità" deve essere "regolata dai libri liturgici, che vanno seguiti fedelmente", sia pure "con le particolarità approvate negli statuti del Cammino".

Negli statuti del 2008 le particolarità consentite sono due.

La prima riguarda "la distribuzione della Santa Comunione sotto le due specie" e "sempre con pane azzimo", che i neocatecumenali devono ricevere "in piedi, restando al proprio posto".

La seconda è lo spostamento “ad experimentum” del "rito della pace dopo la Preghiera universale", cioè prima dell'offertorio, come del resto avviene da sempre nel rito ambrosiano, in uso nell'arcidiocesi di Milano.

Negli statuti si prevede inoltre che gli animatori delle comunità neocatecumenali preparino "brevi monizioni alle letture". Ma questo è già consentito dalle istruzioni generali del messale romano, per qualsiasi messa.

Non si fa cenno alcuno, invece, nei paragrafi degli statuti riguardanti la messa, alle cosiddette "risonanze", cioè ai commenti spontanei alle letture e al Vangelo fatti da chi partecipa alle messe delle comunità neocatecumenali, in aggiunta all'omelia del sacerdote.

Non solo questa delle "risonanze", quindi, ma ogni altra particolarità liturgica in uso nel Cammino che non è approvata esplicitamente dalla Santa Sede era abusiva prima dell’udienza dello scorso 20 gennaio e tale rimane anche dopo. [SM=g1740733]

Ecco qui di seguito la "lezione" di liturgia impartita da Benedetto XVI ai neocatecumenali e, più sotto, un sommario dei loro rituali extraliturgici che hanno avuto l'approvazione delle autorità vaticane.

__________



"... CELEBRAZIONE REGOLATA DAI LIBRI LITURGICI, CHE VANNO SEGUITI FEDELMENTE..."

Benedetto XVI al Cammino neocatecumenale, 20 gennaio 2012



Cari fratelli e sorelle, [...] poco fa vi è stato letto il decreto con cui vengono approvate le celebrazioni presenti nel "Direttorio catechetico del Cammino neocatecumenale", che non sono strettamente liturgiche, ma fanno parte dell’itinerario di crescita nella fede. È un altro elemento che vi mostra come la Chiesa vi accompagni con attenzione in un paziente discernimento, che comprende la vostra ricchezza, ma guarda anche alla comunione e all’armonia dell’intero "Corpus Ecclesiae".

Questo fatto mi offre l’occasione per un breve pensiero sul valore della liturgia. Il Concilio Vaticano II la definisce come l’opera di Cristo sacerdote e del suo corpo che è la Chiesa (cfr. "Sacrosanctum Concilium", 7). A prima vista ciò potrebbe apparire strano, perché sembra che l’opera di Cristo designi le azioni redentrici storiche di Gesù, la sua passione, morte e risurrezione. In che senso allora la liturgia è opera di Cristo? La passione, morte e risurrezione di Gesù non sono solo avvenimenti storici; raggiungono e penetrano la storia, ma la trascendono e rimangono sempre presenti nel cuore di Cristo. Nell’azione liturgica della Chiesa c’è la presenza attiva di Cristo risorto che rende presente ed efficace per noi oggi lo stesso mistero pasquale, per la nostra salvezza; ci attira in questo atto di dono di sé che nel suo cuore è sempre presente e ci fa partecipare a questa presenza del mistero pasquale. Questa opera del Signore Gesù, che è il vero contenuto della liturgia, l’entrare nella presenza del mistero pasquale, è anche opera della Chiesa, che, essendo suo corpo, è un unico soggetto con Cristo: "Christus totus caput et corpus", dice sant’Agostino. Nella celebrazione dei sacramenti Cristo ci immerge nel mistero pasquale per farci passare dalla morte alla vita, dal peccato all’esistenza nuova in Cristo.

Ciò vale in modo specialissimo per la celebrazione dell’eucaristia, che, essendo il culmine della vita cristiana, è anche il cardine della sua riscoperta, alla quale il neocatecumenato tende. Come recitano i vostri statuti, "L’eucaristia è essenziale al neocatecumenato, in quanto catecumenato post-battesimale, vissuto in piccola comunità" (art. 13 §1). Proprio al fine di favorire il riavvicinamento alla ricchezza della vita sacramentale da parte di persone che si sono allontanate dalla Chiesa, o non hanno ricevuto una formazione adeguata, i neocatecumenali possono celebrare l’eucaristia domenicale nella piccola comunità, dopo i primi vespri della domenica, secondo le disposizioni del vescovo diocesano (cfr. Statuti, art. 13 §2). Ma ogni celebrazione eucaristica è un’azione dell’unico Cristo insieme con la sua unica Chiesa e perciò essenzialmente aperta a tutti coloro che appartengono a questa sua Chiesa. Questo carattere pubblico della santa eucaristia si esprime nel fatto che ogni celebrazione della santa messa è ultimamente diretta dal vescovo come membro del collegio episcopale, responsabile per una determinata Chiesa locale (cfr. "Lumen gentium", 26).

La celebrazione nelle piccole comunità, regolata dai libri liturgici, che vanno seguiti fedelmente, e con le particolarità approvate negli statuti del Cammino, ha il compito di aiutare quanti percorrono l’itinerario neocatecumenale a percepire la grazia dell?'essere inseriti nel mistero salvifico di Cristo, che rende possibile una testimonianza cristiana capace di assumere anche i tratti della radicalità. Al tempo stesso, la progressiva maturazione nella fede del singolo e della piccola comunità deve favorire il loro inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale, che trova nella celebrazione liturgica della parrocchia, nella quale e per la quale si attua il neocatecumenato (cfr. Statuti, art. 6), la sua forma ordinaria. Ma anche durante il Cammino è importante non separarsi dalla comunità parrocchiale, proprio nella celebrazione dell’eucaristia che è il vero luogo dell’unità di tutti, dove il Signore ci abbraccia nei diversi stati della nostra maturità spirituale e ci unisce nell’unico pane che ci rende un unico corpo (cfr. 1 Cor 10, 16s). [...]

__________


Il testo integrale del discorso del papa è in apertura thread


__________



DODICI RITI, PER ALTRETTANTE TAPPE



Il percorso di catechesi che ogni membro del Cammino compie dura almeno dieci anni e passa attraverso cinque fasi.

Ogni fase ha delle tappe contrassegnate da specifici rituali, in totale dodici.

Sono questi i rituali extraliturgici in uso nelle comunità neocatecumenali ora approvati dalle autorità vaticane.

PRIME CATECHESI

1. Rito della conversione. Accompagna la decima delle sedici catechesi introduttive. Il rito, molto dettagliato, precede e segue in forma comunitaria la confessione sacramentale individuale di ciascuno dei presenti. Per chi prosegue nel Cammino, tale rito sarà reiterato a cadenza mensile.

2. Consegna della Bibbia. Accompagna la quindicesima catechesi.

3. Rito del lucernario. Apre la "convivenza" di tre giorni che conclude le sedici catechesi introduttive. Altre celebrazioni della Parola ritmano questi stessi giorni e ritmeranno, settimanalmente, il prosieguo del Cammino.

PRECATECUMENATO

4. Primo scrutinio. Segna il termine di questa seconda fase, la cui durata è di almeno due anni.

PASSAGGIO AL CATECUMENATO

5. "Shemà". In ebraico: ascolta. È il rito che celebra l'accoglienza della Parola di Dio.

6. Secondo scrutinio.
Conclude il biennio di questa terza fase. Chi lo compie rinuncia a ricchezze personali anche cospicue, rimesse alla comunità.

CATECUMENATO

7. Consegna del Salterio. Cioè del libro dei salmi.

8. Traditio Symboli. Cioè la consegna del "Credo".

9. Redditio Symboli.
Cioè la confessione pubblica della propria fede, appresa col "Credo".

10. Consegna del Padre Nostro.
È il rito che introduce il terzo anno di questa quarta fase.

ELEZIONE

11. Libro della vita. Scrivendo il proprio nome in questo libro, il neocatecumenale apre i due anni di questa quinta e ultima fase del Cammino.

12. Rinnovo delle promesse battesimali. È l'approdo del Cammino. Il rito è compiuto durante la Veglia pasquale, che si prolunga fino all'alba e si conclude con un banchetto.

__________


Un indice di tutti i precedenti articoli di www.chiesa sul Cammino:

> Focus su MOVIMENTI CATTOLICI

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Gli ultimi tre precedenti servizi di www.chiesa:

19.1.2012
> Benedetto XVI, il Riformatore
È la "riforma", dice, la chiave di interpretazione del Concilio Vaticano II e dell'evoluzione del magistero, "nella continuità del soggetto Chiesa". È ciò che Lefebvre e i tradizionalisti non hanno mai voluto accettare. Gilles Routhier ricostruisce il passato e il presente della controversia

13.1.2012
> "Placet" o "Non placet"? La scommessa di Carmen e Kiko
I fondatori del Cammino neocatecumenale puntano a ottenere l'approvazione vaticana definitiva del loro modo "conviviale" di celebrare le messe. Il documento è pronto. Ma potrebbe essere modificato o bloccato in extremis. Il 20 gennaio il verdetto

11.1.2012
> Diario Vaticano / Troppi cardinali italiani e di curia? Papa Giovanni ne fece persino di più
E chi ne fece di meno fu Pio XII. Le statistiche sui cardinali creati dagli ultimi sei papi ridimensionano le critiche a Benedetto XVI, riaccese dall'annuncio del prossimo concistoro. Anche per l'Africa, nessuna marcia indietro

__________


Per altre notizie e commenti vedi il blog che Sandro Magister cura per i lettori di lingua italiana:

> SETTIMO CIELO

Ultimi tre titoli:

Crisi economica. Il Vaticano guarda oltre Atlantico

Monte Athos, Riduzioni, Cina, Catechismo, Neocatecumenali. Cinque postille

Neocatecumenali. Le illusioni degli "indignados"




[SM=g1740722] così, anche la penna di Sandro Magister ci conferma quanto abbiamo voluto approfondire a riguardo del Cnc e nelle parole del Papa:
NON ESISTE ALCUNA MESSA NEOCATECUMENALE.... esiste la Liturgia della Chiesa, la Messa che è come la celebra il Papa, detta Forma Ordinaria, e la Messa antica detta Forma Straordinaria, non esistono altre "forme".. Kiko si metta l'anima in pace e la smetta di ingannare i membri del Cammino....

Cari Sacerdoti-Parroci, attenetevi alle richieste del Santo Padre, la Parrocchia non è di un Cammino, non è di Kiko, non è "vostra", ma NOSTRA, DI TUTTI e la Messa che tutti ci unisce e ci rende una sola cosa è quella testimoniata dal Santo Padre...
Prodigatevi nel riportare il Crocefisso sull'Altare CONSACRATO E CON LE RELIQUIE.... togliete quelle tavole imposte da Kiko.... e riportate un inginocchiatoio per quei fedeli che volessero prendere la Comunione in ginocchio, ne hanno il diritto!

[SM=g1740722]


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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23/01/2012 13:54
 
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[SM=g1740733]e arriva la prima conferma ufficiale di Vescovi americani, speriamo che anche i Vescovi italiani si decidano a mettere un freno alle disobbedienze di Kiko che dice ai suoi membri che il Papa ha approvato la "loro messa"....

Fonti Vaticane citate da CNA confermano: sono state approvate solo le preghiere dei momenti di catechesi neocatecumenale

In relazione a quanto detto nei giorni scorsi, anche su questo blog, a proposito delle "celebrazioni" del Cammino Neocatecumenale.
La Catholic News Agency degli Stati Uniti riporta questa notizia, con dichiarazioni di un officiale del Vaticano. Traduco solo qualche passo che può interessare e chiarire, il resto lo potete leggere al sito originale.

Città del Vaticano, 21 gennaio 2012 / 05:15 pm (CNA).-
L'approvazione vaticana delle forme di "celebrazione" del Cammino Neo-catecumenale, concerne le preghiere non liturgiche all'interno delle loro catechesi e non la Messa o altre liturgie della Chiesa...

L'invito diffuso dal Movimento ai vescovi per l'evento di ieri (intende l'incontro del 20 gennaio col Papa) affermava che "lo scopo di questo incontro è che Sua Santità firmerà un Decreto della Congregazione del Culto Divino che riconosce piena approvazione alle liturgie del Cammino Neo-catecumenale"“the purpose of this meeting is that His Holiness will sign a Decree from the Congregation of Divine Worship recognizing the full approval of the liturgies of the Neo-Catechumenal Way.”

Comunque, l'approvazione per le pratiche non liturgiche di questo gruppo, è venuta attraverso un'altra autorità. E' stato il Pontificio Consiglio per i Laici che ha emesso il decreto di approvazione - dopo aver consultato la Congregazione per il Culto divino - per quelle "celebrazioni" presenti nel loro Direttorio Catechistico.

In questo procedimento: "Il Cammino Neocatecumenale non ha ottenuto nessun nuovo permesso di alcun tipo", ha affermato l'officiale, che è esperto del processo di approvazione di preghiere e liturgie.

"Essenzialmente, il Pontificio Consiglio sta solo approvando le cose che si trovano nel Direttorio Catechistico del Cammino Neocatecumenale, e in nessun modo tocca le realtà contenute nei libri liturgici".

Ha affermato che il decreto serve semplicemente come assicurazione che "non c'è nulla di erroneo nelle preghiere che essi usano nel contesto dei loro incontri di catechesi".

"La liturgia della Chiesa è definita in maniera stretta come: culto pubblico della Chiesa, e tale è la Messa e la Liturgia delle Ore, ha spiegato l'officiale a CNA. Le norme della Chiesa per la liturgia, ha affermato, "si trovano nei libri liturgici approvati e il Cammino Neocatecumenale è tenuto a osservarli non differentemente da ogni altro gruppo all'interno della Chiesa Cattolica".

Ciò che il decreto ha approvato sono "quelle cose nel Direttorio non incluse nei libri liturgici", il che è "equivalente ad approvare le preghiere, per es., che si fanno negli incontri dei Cavalieri di Colombo [associazione americana cattolica] o di una confraternita o le preghiere che un gruppo quale le Missionarie della Carità recitano dopo la Messa". [SM=g1740721]
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Testo preso da: Fonti Vaticane citate da CNA confermano: sono state approvate solo le preghiere dei momenti di catechesi neocatecumenale http://www.cantualeantonianum.com/2012/01/fonti-vaticane-citate-da-cna-confermano.html#ixzz1kHkx4GZ1
http://www.cantualeantonianum.com


[SM=g1740722]

"Ma c'è sempre quel qualcosa che non va"...

Cari amici, lo abbiamo citato nel thread precedente ormai affollatissimo di interventi e quindi è bene riprendere una nuova discussione. Ritengo giusto evidenziare ed esaminare per esteso il testo di Korazym di cui ho riportato il titolo, che non è certo da annoverare tra i critici, ma è sempre stato tra i sostenitori del Cnc.
Nel coro di peana dei vari Cañizares, Radio Vaticana, Zenit et alii, è il caso di riprenderlo perché conferma le nostre considerazioni e le nostre perplessità, sia pure senza la nostra 'aura' di "gravità" motivata dalla consapevolezza di quanto, nella realtà, l'accaduto del 20 settembre rappresenti per il Cnc l'ennesimo grimaldello per continuare ad inquinare la Chiesa e la Fede cattolica. Le approvazioni non sono un dogma di fede e sono criticabili col dovuto rispetto e con le puntuali argomentazioni che non manchiamo di fornire.
Abbiamo evidenziato alcuni passaggi che riteniamo molto importanti.

Cammino Neocatecumenale, un'altra approvazione.
Ma c'è sempre quel qualcosa che non va

Nuovo via libera della Santa Sede ai neocatecumenali: dopo gli Statuti e il Direttorio Catechetico, i cui decreti di approvazione erano arrivati rispettivamente nel 2008 e nel 2011, ora è arrivata l'approvazione delle celebrazioni in uso nel Cammino che non sono già normate dai libri liturgici. Fra di esse non c’è – ovviamente - la Messa che i neocatecumenali celebrano il sabato sera, ma il modo poco preciso col quale il decreto è stato presentato dai responsabili del Cammino ha (e non è la prima volta) ingenerato confusione, con il risultato che il messaggio che è passato ai più è proprio quello. Completamente fuorviante. E in questo mare di imprecisione, rischiano di passare in secondo piano anche le parole del papa, che – per chi non vuol far finta di nulla – sono chiare e puntuali.

Il decreto con il quale vengono approvate le celebrazioni in uso nel Cammino che non sono già normate dai libri liturgici è un via libera importante, in qualche modo ovvia e naturale conseguenza dell'approvazione, dodici mesi fa, dei tredici volumi (il “Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale”) che illustrano l'intero percorso di riscoperta del Battesimo e che contengono quelle catechesi degli iniziatori Kiko Arguello e Carmen Hernandez che vengono riproposte dai catechisti in ogni singola comunità del Cammino. Un segno rilevante, questo nuovo via libera, della fiducia che la Santa Sede ripone nel Cammino Neocatecumenale, che a poco più di 40 anni dalla sua “invenzione” si vede ormai pienamente riconosciuto e approvato dal Vaticano. Un traguardo non facile e tutt'altro che scontato. Ad oggi, il Cammino neocatecumenale è riconosciuto come un percorso di formazione valido, che viene definito nei suoi tratti essenziali dagli Statuti (approvati in forma definitiva nel 2008 dopo sei anni di formula ad experimentum) e tratteggiato nel dettaglio, dal punto di vista dottrinale e catechetico, dal “Direttorio” approvato dodici mesi fa, ivi comprese – la novità di questo 2012 - le celebrazioni che in esso vi sono contenute. Di per sé, il percorso di approvazione da parte della Santa Sede può ritenersi sostanzialmente concluso, fermo restando che nulla è dato una volta per tutte e che tutto quanto deciso in questi anni è in ogni momento passibile di riconsiderazione da parte della Santa Sede.

Eppure, anche stavolta, come già in passato, non tutto è andato liscio e verosimilmente non tutto continuerà ad andare liscio nella vita quotidiana di questo cammino di formazione. Da un lato c'è la ormai consueta e immancabile confusione sul contenuto preciso dei decreti emessi dalla Santa Sede, confusione generata anzitutto proprio dai responsabili del Cammino neocatecumenale e da quel loro modo (quantomeno così poco puntuale, se non apertamente scorretto) di raccontare gli eventi; dall'altro lato c'è il punto, non ancora chiarito, della pubblicazione del “Direttorio catechetico”, che sarà pure stato approvato nella sua nuova versione rivista e abbondantemente corretta dalla Congregazione per la dottrina della fede, ma che nella pratica continua a rimanere un testo riservato, in uso solamente ai catechisti del Cammino. Il tutto, in un contesto in cui i principali appunti che vengono mossi all'intero movimento (uno su tutti: la scarsa attenzione all'unità con il resto della comunità parrocchiale, con tutti coloro che non appartengono alle comunità del Cammino) vengono dai vertici del Cammino Neocatecumenale apertamente negati e nel concreto sostanzialmente ignorati, come se si trattasse di accuse infondate o di problemi inesistenti. Quando inesistenti, in realtà, davvero non sono. Anche perché, ad ogni udienza papale, vengono evocate e sottolineate – per chi le vuol sentire - dal Pontefice in persona. E’ successo anche stavolta.

IL DECRETO: COSA C’E’ – Il decreto del Pontificio Consiglio per i Laici, testualmente, “concede l’approvazione a quelle celebrazioni contenute nel Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale che non risultano per loro natura già normate dai libri liturgici della Chiesa”. Si tratta di quei riti che accompagnano tutto il percorso di formazione del singolo nelle sue varie tappe di formazione: nel dettaglio, i riti che accompagnano il “primo scrutinio”, lo “Shemà” e il “secondo scrutinio” (passaggi con i quali si passa prima dalle catechesi iniziali al pre-catecumenato e poi da quest’ultimo al catecumenato vero e proprio) e ancora i riti legati all'iniziazione alla preghiera, alla consegna del Salterio, alla consegna del Credo (la Traditio Symboli), alla confessione pubblica della propria fede (la Redditio Symboli), alla consegna del Padre Nostro, e via continuando fino al rito del Rinnovo delle promesse battesimali, che di fatto è il culmine ultimo del Cammino neocatecumenale. Approvate anche le parti delle celebrazioni della Parola di Dio (sono settimanali, ne parlano anche gli Statuti) e delle celebrazioni penitenziali (hanno cadenza mensile) che già non siano regolate altrove.

E COSA NON C’E’ (ANCHE SE VOGLIONO FARLO CREDERE) – Non si fa alcuna menzione, nel decreto, delle celebrazioni che sono già normate dai Libri liturgici: non c’è la Liturgia delle Ore e ovviamente e naturalmente non c’è la Celebrazione Eucaristica, non c’è la Santa Messa. Ma purtroppo il messaggio che rischia di passare – e sta passando – è proprio questo: è stata approvata la celebrazione del sabato sera nelle comunità, è stata approvata la “messa dei neocatecumenali”. Un’interpretazione che si va diffondendo sui mezzi di comunicazione – e anche fra non pochi appartenenti al Cammino – a causa soprattutto della nota ufficiale emessa dai responsabili del Cammino neocatecumenale (diffusa alla stampa di tutto il mondo e riportata sul sito web ufficiale). Una nota che semplifica oltremodo quanto accaduto e che, sintetizzando troppo, di fatto induce in errore generando una grandissima confusione sui termini reali di quanto approvato. In tutto questo, non ha certo aiutato il fatto che la Santa Sede, rendendo noto il decreto, non gli abbia affiancato alcun commento o alcuna nota esplicativa: forse stavolta era necessaria.

LA MESSA, ECCO LA SITUAZIONE - In verità, non esiste (o non dovrebbe esistere) alcuna “messa dei neocatecumenali”: la Messa è una sola, quella regolata dai libri liturgici, alla quale nelle comunità del Cammino si applicano alcune eccezioni, che sono ben circoscritte, definite nel dettaglio dagli Statuti o nei documenti ufficiali della Santa Sede. Il decreto del 2012 non tocca affatto questo aspetto e le regole in vigore sono quelle disegnate dopo l’approvazione degli Statuti, nel giugno 2008. In breve, le comunità del Cammino possono celebrare la Messa il sabato sera, dopo i primi Vespri della domenica, in piccole comunità: sempre devono essere seguiti i Libri liturgici, con due concessioni. La prima è quella che la Comunione viene distribuita sotto le due Specie del pane azzimo e del vino, e che i neocatecumeni la ricevono in piedi restando al proprio posto. La seconda è lo spostamento del rito dello scambio della pace, che viene anticipata a prima dell’offertorio. Stop. Queste sono le uniche eccezioni consentite. Tutto il resto o è già previsto dal Messale romano (è il caso delle monizioni prima delle letture, purché siano “brevi”) o dovrebbe essere modificato perché non previsto, e dunque non concesso (è il caso delle risonanze prima dell’omelia). Nel Cammino molto è cambiato negli ultimi anni, ma le risonanze sono sempre al loro posto. Peraltro, nel corso dell’udienza, il papa ha sottolineato lungamente il senso della concessione della Messa al sabato sera in piccole comunità (fini esclusivamente pastorali) e ha ribadito che l’obiettivo è quello di “inserire il singolo nella vita della grande comunità ecclesiale”, a partire dalla celebrazione domenicale della parrocchia. Un obiettivo che vale sempre: durante i lunghi anni del cammino, dice il papa, è “importante non separarsi dalla comunità parrocchiale”. Insomma, la messa del sabato sera è fatta per unire, non per dividere; per inglobare, non per separare le comunità neocatecumenali dal resto della comunità parrocchiale. Concetti, questi, su cui il Cammino ancora una volta è chiamato a riflettere.

NEGARE, ANCHE L’EVIDENZA – Ed è chiamato a rifletterci su perché, nonostante tutto, la parola d’ordine dei responsabili sembra essere quella di negare, negare, fortissimamente negare che ci sia qualcosa che non vada, che nel Cammino si siano generate delle criticità che quanto meno sarebbe onesto vedere, per poterci lavorare sopra. Per salvaguardare meglio l’unità delle parrocchie e della Chiesa. Per evitare che un percorso che è un “dono dello Spirito Santo” e che tanto bene sta facendo nella Chiesa possa talvolta portare divisione. Purtroppo, in tutti questi anni e ancora oggi, a giudicare dalla nota sul decreto, i vertici del Cammino (gli iniziatori Kiko Arguello e Carmen Hernandez, con don Mario Pezzi) preferiscono semplificare: “Tutto va bene, la Santa Sede ha approvato tutto, il papa è con noi”. Col risultato che, alla lunga, perdono anche di credibilità: in questi giorni, se ci si rivolge a quelle migliaia e migliaia di persone neocatecumenali, soprattutto giovani, che formano le singole comunità (e che, in linea di massima, con coerenza e senza alcun genere di integralismo, vivono il loro percorso di fede come uno dei tanti percorsi di fede presenti nella Chiesa) e si afferma che la Santa Sede ha dato l’approvazione alle celebrazioni del Cammino, la risposta più frequente che si ottiene è: “Ma perché, non avevano già approvato tutto?”. E in molti pensano, sbagliando, che il decreto abbia approvato proprio la Messa del sabato sera, che invece non c’entra nulla. No, in tutto questo c’è qualcosa che non va.

UNITA’ E LITURGIA: E SE LO DICE IL PAPA, FORSE… – Non va anche e soprattutto perché dovrebbe essere inconcepibile negare che vi siano alcuni problemi sul versante dell’unione ecclesiale e sul versante della liturgia quando – guarda caso – ogni volta che incontra le comunità del Cammino il papa si concentra proprio su questi due aspetti: unità con il vescovo diocesano, rispetto dei libri liturgici, comunione ecclesiale. Così è stato anche nell’udienza del 20 gennaio 2012, dove il papa, riconoscendo l’opera preziosa del Cammino, ha invitato a dare attenzione “all’unità e all’armonia dell’intero corpo ecclesiale” e ha impartito una vera e propria lezione su cosa sia la liturgia e sul senso delle eccezioni riconosciute al Cammino. Non è un caso che il pontefice si concentri sempre su questi aspetti. Riconoscere, da parte del Cammino, che al riguardo c’è del lavoro da fare, e una volta per tutte anche farlo, sarebbe la cosa più sensata e sana che i suoi responsabili potrebbero e dovrebbero fare. Del resto, se lo dice il papa, forse si potrebbe anche dargli retta.


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[Modificato da Caterina63 25/01/2012 23:53]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Riflessioni critiche sui riti neocatecumenali e all'obbligo di "fedeltà alle norme liturgiche della Chiesa"

Ai Neocatecumenali: riflessioni de iure liturgico
di Guglielmo di Occam, dal blog Scuola Ecclesia Mater del 1° marzo 2012


«Osservanza fedele alle norme della Chiesa»: un inciso non irrilevante è quello che Benedetto XVI include non raramente nei discorsi che rivolge alla numerose Comunità del Cammino Neocatecumenale presenti alle udienze pontificie.
L'invito più recente a prestare un'adesione piena al Diritto della Chiesa risale allo scorso 20 gennaio e riguarda l’ambito liturgico. Il Santo Padre, in occasione dell'approvazione delle celebrazioni - "non strettamente liturgiche" - di questo itinerario di iniziazione cristiana, ribadiva ai membri del Cammino che nella Celebrazione eucaristica i Libri liturgici «vanno seguiti fedelmente, con le particolarità approvate negli Statuti del Cammino». La stessa precisazione è contenuta all'interno del medesimo Statuto all'art. 13 §3.

Senza nulla togliere alla preziosità del carisma e ai cospicui frutti spirituali che sta suscitando in tutto il mondo, desideriamo qui rilevare alcune incongruenze liturgiche che, con costante regolarità, si verificano diffusamente all'interno delle Sante Messe celebrate nelle piccole comunità del Cammino.

Partiamo dalle più rilevanti: le cosiddette "risonanze", ovvero quegli interventi di fedeli laici che, prima dell'omelia del ministro ordinato, condividono pubblicamente quanto le letture ascoltate nella Liturgia della Parola hanno detto alla loro vita. I membri del Cammino continuano ad essere indebitamente persuasi che gli Statuti le ammettano nella Santa Messa. Anche un occhio miope non avrà difficoltà a scorgere che gli Statuti non le contemplano affatto all'interno della Celebrazione Eucaristica (ma solo nella celebrazione settimanale della Parola [cfr. artt. 11 §2, 13]). E inoltre, nessun Libro liturgico fa un benché minimo accenno a tali pronunciamenti. Anzi! Sono espressamente vietati dal Magistero. Per una immediata e inconfutabile conferma si possono leggere alcuni documenti come la Ecclesiae de Mysterio (art. 3, §§ 2 e 3) e laRedemptionis Sacramentum(n. 74).

Un'altra questione decisamente non secondaria riguarda la genuflessione all'interno della Celebrazione eucaristica. Essa è prevista dai Libri liturgici al momento della consacrazione, se lo permettano lo stato di salute del fedele, le condizioni di spazio fisico, o altri ragionevoli motivi (cfr. OGMR, n. 43). Ebbene, nelle Messe con il Cammino vi è una consuetudine, una sorta di regola non scritta, secondo la quale si debba necessariamente rimanere in piedi, conservando una "posizione da risorti". Anche qui non è difficile reperire quanto autorevolmente insegna la Chiesa.

Non sembra fuori luogo nemmeno un riferimento alla concessione esplicita che la Santa Sede ha fatto al Cammino circa la distribuzione della Santa Comunione. Da quanto si evince dallo Statuto, i membri del Cammino La ricevono sotto le due specie, in piedi, restando al proprio posto (cfr. art 13 §3). Poiché non vi sono ulteriori precisazioni in merito, bisogna ricorrere a quanto previsto dai Libri liturgici per una corretta distribuzione della Comunione. Innanzitutto, è a discrezione del presbitero celebrante decidere come distribuire la Santa Comunione sotto le due specie. Le modalità previste sono due: a) il fedele riceve prima il Corpo di Cristo (in bocca o sul palmo della mano sinistra) e poi il ministro gli porge il calice dal quale beve; b) il fedele riceve dal ministro il Corpo di Cristo intinto nel Sangue. Non è contemplato che i fedeli ricevano prima in mano il Pane Eucaristico e, custodendoLo fino a che la distribuzione sia terminata, tutti insieme poi se ne cibino. Non si tratta di esigenze da galateo! Non è ammesso che alcuno trattenga, pur per qualche istante, l’Eucaristia nelle proprie mani, ma bisona consumarLa immediatamente.
C’è anche da chiarire un ulteriore “dettaglio”. I fedeli che intendono comunicarsi, al momento della Comunione, non possono accomodarsi e attendere seduti che il ministro li raggiunga con le Specie eucaristiche per poi alzarsi e riceverle. Coloro che devono ricevere la Santa Comunione, La aspettano in piedi e, una volta ricevutaLa, si inginocchiano o si sedono per il ringraziamento.
Ancora in merito al Sacramento dell’Eucaristia c’è un particolare non trascurabile su cui soffermarsi. Il presbitero che celebra la S. Messa per le piccole comunità del Cammino Neocatecumenale non si ciba del Corpo di Cristo insieme agli altri fedeli, ma prima di essi, come prescrive l’Ordinamento Generale del Messale Romano (cfr. n. 86).

Raramente poi l’Eucaristia è celebrata dalla piccola comunità in chiesa o in una cappella annessa ad essa. Anche se la chiesa è libera, si predilige celebrarLa piuttosto in locali parrocchiali alternativi alla chiesa stessa. Quando ciò avviene regolarmente, e non ad actum, deve essere esplicitamente concesso dal Vescovo diocesano. Bisogna quindi verificare che Egli abbia permesso che l'Eucaristia venga ordinariamente celebrata in una stanza o in un luogo opportuno che non sia la chiesa.
Nelle poche occasioni in cui la piccola comunità celebra l’Eucaristia in chiesa o in una cappella parrocchiale, all’altare fisso, quello benedetto dal Vescovo, è preferito un banco che - immancabilmente - viene posto nel centro dello spazio liturgico. Non viene così riconosciuta la dignità dell'altare, pietra sacrificale in cui Cristo si immola per noi.

Può risultare interessante anche riflettere su alcuni abusi, di minore entità rispetto a quelli precedentemente analizzati, ma pur sempre inopportuni.
Nell’Eucaristia celebrata nelle piccole comunità si dà non poco rilievo alle monizioni. Secondo quanto insegna la Chiesa esse sono brevi didascalie, opportune ma non necessarie, che un ministro ordinato o un laico può rivolgere all’assemblea per predisporre e introdurre i fedeli a meglio comprendere le letture che la Liturgia propone. I Libri liturgici vietano di farle dall'ambone perché la dignità di esso esige che ad esso acceda solo il ministro della Parola (cfr. OGMR 309). Nelle Eucaristie del CN le monizioni sono spesso lunghe, ridotte contenutisticamente a testimonianze su ciò che quella Parola ha suscitato nel cuore di colui che la comunica. L’identità liturgica della monizione viene così snaturata e l'ambone diventa piuttosto uno "speakers' corner".

Come sottolineavamo all’inizio quelle riportate sono solo alcune infedeltà celebrative che si registrano nelle Celebrazioni eucaristiche del Cammino. Siamo ben consapevoli che non sono esclusive dei seguaci di Kiko. A malincuore le pratiche abusive nel Culto liturgico sono sempre più diffuse. Questi errori dipendono soprattutto da una incuria celebrativa per nulla esemplare di non pochi prelati, pur autorevoli. Le riflessioni qui proposte scaturiscono da quanto autorevolmente afferma il Concilio Vaticano II: «a nessun altro assolutamente, nemmeno se sacerdote, sia lecito aggiungere o togliere o mutare qualcosa in materia liturgica» (Cost. dogmatica Sacrosanctum Concilium n. 22). Ciò è ribadito anche in Redemptionis Sacramentume in altri documenti magisteriali.

Nella Santa Messa, allora, i fedeli tutti rispettino debitamente quanto previsto dalle norme dei Libri liturgici. Le rubriche, infatti, non costituiscono indicazioni facoltative per i ministri e gli altri membri dell’assemblea liturgica, bensì prescrizioni obbligatorie che devono accuratamente essere osservate. Non si tratta di essere “schiavi della legge”! Gli stili celebrativi che introducano innovazioni liturgiche arbitrarie non solo generano confusione dividendo i fedeli, ma ledono l’autorità della Chiesa nel venerando patrimonio della sua secolare Tradizione liturgica, nonché l’intima unità della comunione ecclesiale.


Grazie al lettore che ci ha segnalato questo articolo.





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"Il papa vuole tutti in ginocchio" - Omelia di Benedetto XVI per il Giovedì Santo

Una nostra cara ed affezionata lettrice richiama giustamente l'attenzione della Redazione sull'omelia del Papa nella Messa "in Coena Domini" del Giovedì Santo:ed in particolare su questo passaggio che non è sfuggito a Sandro Magister che intitola il suo articolo: "Il Papa insiste, vuole tutti in ginocchio".
[SM=g1740733]
"Prima di riflettere sul contenuto della richiesta di Gesù, dobbiamo ancora rivolgere la nostra attenzione su ciò che gli Evangelisti ci riferiscono riguardo all’atteggiamento di Gesù durante la sua preghiera. Matteo e Marco ci dicono che Egli “cadde faccia a terra” (Mt 26,39; cfr Mc 14,35), assunse quindi l’atteggiamento di totale sottomissione, quale è stato conservato nella liturgia romana del Venerdì Santo. Luca, invece, ci dice che Gesù pregava in ginocchio. Negli Atti degli Apostoli, egli parla della preghiera in ginocchio da parte dei santi: Stefano durante la sua lapidazione, Pietro nel contesto della risurrezione di un morto, Paolo sulla via verso il martirio. Così Luca ha tracciato una piccola storia della preghiera in ginocchio nella Chiesa nascente. I cristiani, con il loro inginocchiarsi, entrano nella preghiera di Gesù sul Monte degli Ulivi. Nella minaccia da parte del potere del male, essi, in quanto inginocchiati, sono dritti di fronte al mondo, ma, in quanto figli, sono in ginocchio davanti al Padre. Davanti alla gloria di Dio, noi cristiani ci inginocchiamo e riconosciamo la sua divinità, ma esprimiamo in questo gesto anche la nostra fiducia che Egli vinca."



Magister ricorda quando nel libro intervista “Luce del mondo” Benedetto XVI si è detto consapevole di dare con ciò un “segno forte”:
Facendo sì che la comunione si riceva in ginocchio e la si amministri in bocca, ho voluto dare un segno di profondo rispetto e mettere un punto esclamativo circa la Presenza reale… Deve essere chiaro questo: È qualcosa di particolare! Qui c’è Lui, è di fronte a Lui che cadiamo in ginocchio”. [SM=g1740733]
Aggiunge Magister: "Ebbene, nell’omelia del Giovedì Santo Benedetto XVI è andato alla radice del mettersi in ginocchio, che lungi dall’essere una devozione spuria, è un gesto caratterizzante la preghiera di Gesù e della Chiesa nascente."

 

  [SM=g1740771]

 

 

le interpretazioni (errate) di Kiko sulle parole del Papa

 


Salve mi chiamo ...... , ho 24 anni e sono di .... Studio Scienze Religiose presso la Pontificia Università della Santa Croce. Vengo da una famiglia che è stata per più di trent'anni nel cammino neocatecumenale ed anche inviata come "Famiglia in Missione" per l'evangelizzazione, io stesso ne ho fatto parte per circa 15 anni. Già da diversi anni però io e tutta la mia famiglia, genitori, fratelli e sorelle abbiamo lasciato questo movimento inter-ecclesiale, ognuno in tempi diversi, ed ognuno per motivazioni differenti e personali, ma di fondo tutti mossi da un profondo senso di disagio nel constatare lo scollamento tra la vita di fede vissuta "nelle piccole comunità" e la vita della Chiesa vissuta nella parrocchia e con la parrocchia.
Per questo motivo, ho scritto un articolo in cui ho messo a confronto le parole che il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto ai membri del Cammino Neocatecumenale il 20 gennaio, con quelle dei fondatori Kiko Arguello, Carmen Hernandez e Don Mario Pezzi, che hanno invece rivolto alle comunità in occasione del tradizionale annuncio di inizio Quaresima. Documentando le affermazioni che ho preso direttamente dalle catechesi scritte per tale occasione.
Vi invio questo articolo, con la speranza che possa essere pubblicato ad Maiorem Dei Gloriam et ad Salutem Animarum!
Una cortesia che vi chiedo è che, nel caso voi decidiate di pubblicarlo sul vostro blog, di non inserirvi il mio nome e cognome, perchè ho ancora diversi membri della famiglia che sono neocatecumeni, e preferirei evitare dissapori o contrasti maggiori e più gravi. Se siete d'accordo (come già altri due siti mi hanno concesso) l'ho firmato con lo pseudonimo tolkieniano "Mandimartello".
Vi invio l'articolo in allegato, aspettando una vostra risposta.
Che Dio vi benedica per il prezioso servizio di informazione e apologetica che fate alla Chiesa!

La Versione di Kiko Arguello

Il discorso del Santo Padre al Cammino Neocatecumenale del 20 gennaio scorso, dal momento che è stato pronunciato è stato subito oggetto di proteste, contese e fraintendimenti da non poche parti del popolo cristiano.
Alcuni hanno gridato “al disastro” e all’apostasìa della Chiesa Cattolica, annunciando imminenti scenari apocalittici, ritenendo erroneamente, che con questo documento il Papa avesse approvato una “nuova” liturgia eucaristica, o meglio una liturgia “alternativa” propria ed esclusiva del cammino neocatecumenale.
Altri invece (in primis i destinatari del discorso, cioè i fondatori del Cammino) hanno ringraziato il Santo Padre per la sua paternità e per questa grande grazia che ha concesso al Cammino Neocatecumenale.
Ma cosa è stato effettivamente detto e “concesso” con questo discorso del Santo Padre che ha provocato un diffuso e disordinato effetto a catena che ricorda il telefono senza fili?

Partiamo allora dalle parole stesse del Santo Padre pronunciate nel discorso in oggetto con le quali afferma:
"vengono approvate le celebrazioni presenti nel “Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale, che non sono strettamente liturgiche”. Per chi non mastica molto termini di carattere ecclesiastico ciò che non è liturgico è evidentemente fuori dalla regolamentazione dei libri liturgici (Messale Romano, Benedizionale, Sacramentario, Cerimoniale ecc…), per ciò questa frase non si riferisce alla celebrazione eucaristica della Santa Messa. Ergo, non è stato approvata alcuna “liturgia neocatecumenale”, che per il significato stesso del termine liturgia, non può esistere, poiché la Liturgia è l’atto pubblico di culto per eccellenza della Chiesa Universale, dal greco leitos = “del popolo” (aggettivo di laos = “popolo”), quindi “pubblico”. Non può esistere quindi una liturgia diciamo così “privata” o personalizzata, ed è fuori discussione quindi la temuta convalida di un culto all’interno della Chiesa Cattolica che non sia appunto “Cattolico” cioè di Tutti! Ad attestarlo è sempre il Papa quando parlando della celebrazione nelle piccole comunità, afferma che essa è :”regolata dai Libri liturgici, che vanno seguiti fedelmente, e con le particolarità approvate negli Statuti del Cammino” che contemplano come due sole eccezioni ammesse dalla Congregazione per il Culto Divino, lo scambio della pace anticipato al momento dell'offertorio prima della consacrazione, e il ricevere la comunione “in piedi restando al proprio posto” (art.13 co.3 degli Statuti).

A questo punto è bene confrontare il discorso del Papa con le dichiarazioni fatte dai fondatori del cammino neocatecumenale a distanza di due mesi dal suo pronunciamento, in occasione dell’Annuncio di Quaresima che ogni anno i fondatori consegnano alle comunità più anziane del cammino : “Quest’anno, con grande sorpresa, - è Kiko Arguello che parla - dopo l’approvazione del Direttorio Catechetico, sono state approvate anche le celebrazioni. Vedremo ora quello che dice il Papa. E’ un grande evento, un momento storico del cammino. A partire da adesso la Chiesa ci ha dato un’armatura .” Qui egli parla espressamente di “celebrazioni”, e giustamente poiché in questo modo si è espresso il papa tenendo però a specificare che si tratta di quelle “che non sono strettamente liturgiche”.
Fin qui nulla da eccepire se non che poche righe sopra Kiko aveva introdotto il discorso ricordando il lungo processo di approvazione che ha attraversato sia la catechetica del cammino sia le celebrazioni che in esso vengono proposte con queste parole “Volevo dire che quando aspettavamo che si rendesse pubblico, risulta che non si può pubblicare perché prima si doveva approvare la liturgia. E quando l’approvano questo? Ah, stanno studiando! E non arrivava mai quest’approvazione di tutte le celebrazioni del processo neocatecumenale, non so perché fosse cosi difficile per metterci tanti anni. Bene, il Papa, l’anno scorso, ha detto: bene, anche se non e stato completato lo studio della liturgia, intanto approviamo le catechesi..” Qui si afferma apertamente che l’oggetto in questione è proprio la “liturgia” e che la Chiesa anzi il Papa, aveva affermato che la commissione stava studiando appunto la liturgia “del cammino”.
Come abbiamo però già evidenziato, questa affermazione è strutturalmente errata e infondata, non può esistere una Liturgia del Cammino e qui sorge quindi il dubbio sull’autenticità di una tale illazione attribuita al Papa. Inoltre nel paragrafo successivo, paragona l’approvazione appena concessagli dal Santo Padre, con la riforma liturgica dei Santi Cirillo e Metodio :”Hanno fatto – si riferisce ai due santi - la liturgia della Chiesa Cattolica in lingua cirillica, cosa che era proibita in tutta la Chiesa, solamente il latino. Il Concilio ha accettato ora la liturgia nella nostra lingua. Ma Cirillo lo aveva fatto diversi secoli prima e guardate, loro sono venuti a Roma ed il Papa ha approvato la loro liturgia. Non solo l’ha approvato a ma la fa lui in Vaticano, il Papa con immenso zelo apostolico.”
Ora sorge spontanea la domanda: qual è la relazione tra la liturgia in lingua slava concessa in via eccezionale ai due santi fratelli missionari e l’approvazione delle “celebrazioni non strettamente liturgiche” del cammino neocatecumenale?
Ma proseguiamo con le parole di Kiko :”C’e una frase impressionante del Papa, che ci ha fatto notare Mons. Rylko, quando parla delle celebrazioni delle piccole comunità, regolate dai libri liturgici che vanno seguiti fedelmente, con le particolarità approvate negli Statuti del Cammino, le particolarità del Cammino, come l’eco della Parola, la pace ecc. Alla fine dice questa cosa della parrocchia, ma è normale che lo dica.”




Quest’ultima frase sembra quasi intendere bonariamente che il papa non diceva sul serio quando affermava nel discorso del 20 gennaio che la :“piccola comunità deve favorire il loro inserimento (il singolo e la piccola comunità) nella vita della grande comunità ecclesiale (la parrocchia)” aggiungendo subito dopo che :”anche durante il cammino è importante non separarsi dalla comunità parrocchiale, proprio nella celebrazione dell’Eucaristia”.
Il sacerdote dell’equipè dei fondatori, don Mario Pezzi interviene poi, a scanso di equivoci, per corroborare l’intervento di Kiko affermando “che alcuni Vescovi hanno interpretato le parole finali del Santo Padre che mette in luce l’unità della parrocchia che si da soprattutto nella celebrazione dell’Eucarestia, noi abbiamo interpellato il Card. Rylko del Pontificio Consiglio per i Laici, e il Card. Canizares che hanno detto: “No, guardate che il Papa ha parlato esplicitamente degli Statuti e gli Statuti per noi sono il punto di riferimento e la chiave di interpretazione anche della parola del Papa.”
In questo caso viene inserita nel discorso del papa una chiave interpretativa non necessaria per la verità data la chiarezza del documento, che chiama in giudizio il cardinal Stanisław Ryłko presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, e il cardinal Antonio Cañizares Llovera, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. I quali, secondo don Mario, avrebbero “rettificato” le parole del papa, quasi a voler rassicurare i fondatori e continua “Quindi anche queste frasi che il Papa ha detto alla fine del suo discorso, e che alcuni hanno interpretato in modo limitativo, si è visto che alla luce degli Statuti si possono capire e potete spiegarlo ai parroci.
Il Card. Canizares ha detto: “Se qualche parroco o qualche Vescovo ha delle difficolta, che mi interpelli e noi risponderemo”.
In entrambe queste affermazioni sono stati compiuti due gravi errori:
1) Il Papa non ha posto il suo discorso, e neanche lo potrebbe, sullo stesso piano o addirittura al di sotto degli Statuti, che secondo don Mario, dovrebbero illuminare le sue parole.
2) Forse egli ignora il fatto che le parole del Papa non si interpretano con nient'altro che con le parole del Papa, e che non c'è comparabilità giuridica tra uno statuto approvato da un pontificio consiglio, che oltretutto non può in alcun modo legiferare in materia liturgica o di governo interno alle chiese particolari, ma al massimo in questioni di disciplina interna al movimento di cui si occupa, ed un discorso del Papa in un'udienza ufficiale, in cui tra l'altro egli intende dare proprio un'espressa indicazione su come comprendere e applicare lo statuto del movimento stesso.
Il Santo Padre non aveva inoltre tralasciato di evidenziare altri aspetti importanti che gli stanno a cuore, come l’Unità della Chiesa che è il mistico Corpo di Cristo “Nella vostra preziosa opera ricercate sempre una profonda comunione con la Sede Apostolica e con i Pastori delle Chiese particolari, nelle quali siete inseriti: l’unità e l’armonia del Corpo ecclesiale sono una importante testimonianza a Cristo e al suo Vangelo nel mondo in cui viviamo.”
Ma ancora una volta ci sembra di cogliere una dissonanza tra il contenuto inequivocabile del discorso del Santo Padre che cerca l’unità e l’armonia dell’intero Corpus Ecclesiae e le parole di Kiko in riferimento al suo desiderio di evangelizzazione della Cina e dell’India :”Mancano i sacerdoti. Dovrei parlare con i vescovi e dire: se non ci date i sacerdoti..., beh forse dovremo fare una congregazione di preti per conto nostro per evangelizzare l’Asia, se volete solo tenerli nelle parrocchie.” In un altro passo afferma anche che :”se tutti rimangono nelle diocesi come viceparroci allora tutta questa evangelizzazione... il Cammino è nato non per le parrocchie fondamentalmente, ma è nato per la nuova evangelizzazione, cosi ha detto il Papa.” In realtà se prendiamo il testo pronunciato dal Santo Padre tout court vi leggiamo sine glossa che la “vita della grande comunità ecclesiale, trova nella celebrazione liturgica della parrocchia, nella quale e per la quale si attua il Neocatecumenato (cfr Statuti, art. 6) la sua forma ordinaria”.
L’intenzione del Sommo Pontefice e la sua visione del Cammino Neocatecumenale inserito nella Chiesa e ad essa sottomesso in filiale obbedienza ed armonizzato agli altri membri del corpo si esprime in queste parole chiare e inequivocabili, che di alcuna interpretazione hanno bisogno, ma di una semplice docilità e messa in atto. Resta soltanto da chiarire la posizione degli iniziatori di questo movimento inter ecclesiale, che solo se resterà unito come il tralcio alla vite darà frutto, consapevole che se da essa si stacca, anche se non giuridicamente, ma solo intenzionalmente, inevitabilmente andrà in contro al suo inaridimento .





firmato "Mandimartello"
 

 

[SM=g1740771]si legga anche qui: chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350217

 ED ANCHE QUI per seguire ulteriori contributi e commenti

 

[SM=g1740733]

 

 

[Modificato da Caterina63 11/04/2012 22:18]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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 L’UDIENZA GENERALE,  03.10.2012

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nel discorso in lingua italiana il Papa ha incentrato la sua meditazione sulla natura ecclesiale della preghiera liturgica. Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti. Quindi ha rivolto un appello alla preghiera per l’Anno della fede e per il Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione, alla vigilia del Suo pellegrinaggio al Santuario di Loreto.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

[SM=g1740733]  La natura ecclesiale della preghiera liturgica

Cari fratelli e sorelle,



nella scorsa catechesi ho iniziato a parlare di una delle fonti privilegiate della preghiera cristiana: la sacra liturgia, che - come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica - è «partecipazione alla preghiera di Cristo, rivolta al Padre nello Spirito Santo. Nella liturgia ogni preghiera cristiana trova la sua sorgente e il suo termine» (n. 1073).

Oggi vorrei che ci chiedessimo: nella mia vita, riservo uno spazio sufficiente alla preghiera e, soprattutto, che posto ha nel mio rapporto con Dio la preghiera liturgica, specie la Santa Messa, come partecipazione alla preghiera comune del Corpo di Cristo che è la Chiesa?

Nel rispondere a questa domanda dobbiamo ricordare anzitutto che la preghiera è la relazione vivente dei figli di Dio con il loro Padre infinitamente buono, con il Figlio suo Gesù Cristo e con lo Spirito Santo (cfr ibid., 2565). Quindi la vita di preghiera consiste nell’essere abitualmente alla presenza di Dio e averne coscienza, nel vivere in relazione con Dio come si vivono i rapporti abituali della nostra vita, quelli con i familiari più cari, con i veri amici; anzi quella con il Signore è la relazione che dona luce a tutte le altre nostre relazioni.
Questa comunione di vita con Dio, Uno e Trino, è possibile perché per mezzo del Battesimo siamo stati inseriti in Cristo, abbiamo iniziato ad essere una sola cosa con Lui (cfr Rm 6,5).

In effetti, solo in Cristo possiamo dialogare con Dio Padre come figli, altrimenti non è possibile, ma in comunione col Figlio possiamo anche dire noi come ha detto Lui: «Abbà». In comunione con Cristo possiamo conoscere Dio come Padre vero (cfr Mt 11,27). Per questo la preghiera cristiana consiste nel guardare costantemente e in maniera sempre nuova a Cristo, parlare con Lui, stare in silenzio con Lui, ascoltarlo, agire e soffrire con Lui. Il cristiano riscopre la sua vera identità in Cristo, «primogenito di ogni creatura», nel quale sussistono tutte le cose (cfr Col 1,15ss). Nell’identificarmi con Lui, nell’essere una cosa sola con Lui, riscopro la mia identità personale, quella di vero figlio che guarda a Dio come a un Padre pieno di amore.

Ma non dimentichiamo: Cristo lo scopriamo, lo conosciamo come Persona vivente, nella Chiesa. Essa è il «suo Corpo».
Tale corporeità può essere compresa a partire dalle parole bibliche sull’uomo e sulla donna: i due saranno una carne sola (cfr Gn 2,24; Ef 5,30ss.; 1 Cor 6,16s). Il legame inscindibile tra Cristo e la Chiesa, attraverso la forza unificante dell’amore, non annulla il «tu» e l’«io», bensì li innalza alla loro unità più profonda. Trovare la propria identità in Cristo significa giungere a una comunione con Lui, che non mi annulla, ma mi eleva alla dignità più alta, quella di figlio di Dio in Cristo: «la storia d’amore tra Dio e l’uomo consiste appunto nel fatto che questa comunione di volontà cresce in comunione di pensiero e di sentimento e, così, il nostro volere e la volontà di Dio coincidono sempre di più» (Enc. Deus caritas est, 17). Pregare significa elevarsi all’altezza di Dio, mediante una necessaria graduale trasformazione del nostro essere.


Così, partecipando alla liturgia, facciamo nostra la lingua della madre Chiesa, apprendiamo a parlare in essa e per essa. Naturalmente, come ho già detto, questo avviene in modo graduale, poco a poco. Devo immergermi progressivamente nelle parole della Chiesa, con la mia preghiera, con la mia vita, con la mia sofferenza, con la mia gioia, con il mio pensiero. E’ un cammino che ci trasforma.

Penso allora che queste riflessioni ci permettano di rispondere alla domanda che ci siamo fatti all’inizio: come imparo a pregare, come cresco nella mia preghiera? Guardando al modello che ci ha insegnato Gesù, il Padre nostro, noi vediamo che la prima parola è «Padre» e la seconda è «nostro».

La risposta, quindi, è chiara: apprendo a pregare, alimento la mia preghiera, rivolgendomi a Dio come Padre e pregando-con-altri, pregando con la Chiesa, accettando il dono delle sue parole, che mi diventano poco a poco familiari e ricche di senso. Il dialogo che Dio stabilisce con ciascuno di noi, e noi con Lui, nella preghiera include sempre un «con»; non si può pregare Dio in modo individualista. Nella preghiera liturgica, soprattutto l’Eucaristia, e - formati dalla liturgia - in ogni preghiera, non parliamo solo come singole persone, bensì entriamo nel «noi» della Chiesa che prega. E dobbiamo trasformare il nostro «io» entrando in questo «noi».

Vorrei richiamare un altro aspetto importante. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica leggiamo: «Nella liturgia della Nuova Alleanza, ogni azione liturgica, specialmente la celebrazione dell’Eucaristia e dei sacramenti, è un incontro tra Cristo e la Chiesa» (n. 1097); quindi è il «Cristo totale», tutta la Comunità, il Corpo di Cristo unito al suo Capo che celebra.

[SM=g1740733] La liturgia allora non è una specie di «auto-manifestazione» di una comunità, ma è invece l’uscire dal semplice «essere-se-stessi», essere chiusi in se stessi, e l’accedere al grande banchetto, l’entrare nella grande comunità vivente, nella quale Dio stesso ci nutre. La liturgia implica universalità e questo carattere universale deve entrare sempre di nuovo nella consapevolezza di tutti. La liturgia cristiana è il culto del tempio universale che è Cristo Risorto, le cui braccia sono distese sulla croce per attirare tutti nell’abbraccio dell’amore eterno di Dio. E’ il culto del cielo aperto.

[SM=g1740733] Non è mai solamente l’evento di una comunità singola, con una sua collocazione nel tempo e nello spazio. E’ importante che ogni cristiano si senta e sia realmente inserito in questo «noi» universale, che fornisce il fondamento e il rifugio all’«io», nel Corpo di Cristo che è la Chiesa.
In questo dobbiamo tenere presente e accettare la logica dell’incarnazione di Dio: Egli si è fatto vicino, presente, entrando nella storia e nella natura umana, facendosi uno di noi. E questa presenza continua nella Chiesa, suo Corpo.
La liturgia allora non è il ricordo di eventi passati, ma è la presenza viva del Mistero Pasquale di Cristo che trascende e unisce i tempi e gli spazi. Se nella celebrazione non emerge la centralità di Cristo non avremo liturgia cristiana, totalmente dipendente dal Signore e sostenuta dalla sua presenza creatrice. Dio agisce per mezzo di Cristo e noi non possiamo agire che per mezzo suo e in Lui. Ogni giorno deve crescere in noi la convinzione che la liturgia non è un nostro, un mio «fare», ma è azione di Dio in noi e con noi.

[SM=g1740733] Quindi, non è il singolo - sacerdote o fedele - o il gruppo che celebra la liturgia, ma essa è primariamente azione di Dio attraverso la Chiesa, che ha la sua storia, la sua ricca tradizione e la sua creatività. Questa universalità ed apertura fondamentale, che è propria di tutta la liturgia, è una delle ragioni per cui essa non può essere ideata o modificata dalla singola comunità o dagli esperti, ma deve essere fedele alle forme della Chiesa universale.


Anche nella liturgia della più piccola comunità è sempre presente la Chiesa intera. Per questo non esistono «stranieri» nella comunità liturgica. In ogni celebrazione liturgica partecipa assieme tutta la Chiesa, cielo e terra, Dio e gli uomini. La liturgia cristiana, anche se si celebra in un luogo e uno spazio concreto ed esprime il «sì» di una determinata comunità, è per sua natura cattolica, proviene dal tutto e conduce al tutto, in unità con il Papa, con i Vescovi, con i credenti di tutte le epoche e di tutti i luoghi.
Quanto più una celebrazione è animata da questa coscienza, tanto più fruttuosamente in essa si realizza il senso autentico della liturgia.


Cari amici, la Chiesa si rende visibile in molti modi: nell’azione caritativa, nei progetti di missione, nell’apostolato personale che ogni cristiano deve realizzare nel proprio ambiente. Però il luogo in cui la si sperimenta pienamente come Chiesa è nella liturgia: essa è l’atto nel quale crediamo che Dio entra nella nostra realtà e noi lo possiamo incontrare, lo possiamo toccare. È l’atto nel quale entriamo in contatto con Dio: Egli viene a noi, e noi siamo illuminati da Lui.

[SM=g1740733] Per questo, quando nelle riflessioni sulla liturgia noi centriamo la nostra attenzione soltanto su come renderla attraente, interessante bella, rischiamo di dimenticare l’essenziale: la liturgia si celebra per Dio e non per noi stessi; è opera sua; è Lui il soggetto; e noi dobbiamo aprirci a Lui e lasciarci guidare da Lui e dal suo Corpo che è la Chiesa.


Chiediamo al Signore di imparare ogni giorno a vivere la sacra liturgia, specialmente la Celebrazione eucaristica, pregando nel «noi» della Chiesa, che dirige il suo sguardo non a se stessa, ma a Dio, e sentendoci parte della Chiesa vivente di tutti i luoghi e di tutti i tempi. Grazie.


APPELLO DEL SANTO PADRE  



Cari fratelli e sorelle, domani mi recherò in visita al Santuario di Loreto, nel 50° anniversario del celebre pellegrinaggio del Beato Papa Giovanni XXIII in quella località mariana, avvenuto una settimana prima dell’apertura del Concilio Vaticano II.

Vi chiedo di unirvi alla mia preghiera nel raccomandare alla Madre di Dio i principali eventi ecclesiali che ci apprestiamo a vivere: l’Anno della fede e il Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione. Possa la Vergine Santa accompagnare la Chiesa nella sua missione di annunciare il Vangelo agli uomini e alle donne del nostro tempo.

***************************

SOTTOLINEAMO che il Papa per ben 4 volte ha detto che la Liturgia non è di un singolo, di una sola comunità, di un sacerdote..... non è l'automanifestazione di una comunità.....

a buon intenditor..... [SM=g1740733]

ad un anno di distanza, il Successore di Benedetto XVI, Papa Francesco, all'Udienza generale del 25 settembre, ribadisce e chiede, e afferma:
chiesa
[SM=g1740733]


[Modificato da Caterina63 25/09/2013 13:06]
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01/02/2014 14:36
 
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     il titolo di Radio vatiana si ferma al giusto ringraziamento del Papa. Le raccomandazioni, però, rappresentano il cuore dell'intervento, e sono tre. E non si discostano per nulla da quelle di Benedetto XVI, sebbene siano espresse con tono più colloquiale.

Papa Francesco al Cammino Neocatecumenale: grazie per quello che fate nella Chiesa e nel mondo



Grande festa nell’Aula Paolo VI in Vaticano, per l’incontro di circa 8mila membri del Cammino Neocatecumenale con Papa Francesco. Il Santo Padre ha inviato nuove famiglie missionarie a evangelizzare in tutto il mondo, soprattutto in Asia: si tratta di 414 famiglie in missione, delle quali 174 faranno parte delle 40 nuove “missio ad gentes” che verranno aggiunte alle 52 già esistenti. All’udienza sono presenti gli iniziatori e responsabili del Cammino Neocatecumenale, Kiko Argüello, Carmen Hernández e Padre Mario Pezzi.

“Cari fratelli e sorelle – ha esordito il Papa nel suo discorso - ringrazio il Signore per la gioia della vostra fede e per l’ardore della vostra testimonianza cristiana. Grazie a Dio! Vi saluto tutti cordialmente, ad iniziare dall’Équipe responsabile internazionale del Cammino Neocatecumenale, insieme ai sacerdoti, ai seminaristi e ai catechisti. Un saluto pieno di affetto rivolgo ai bambini, presenti qui in gran numero ... Il mio pensiero va in modo speciale alle famiglie, che si recheranno in diverse parti del mondo per annunciare e testimoniare il Vangelo. La Chiesa vi è grata per la vostra generosità! Vi ringrazio per tutto quello che fate nella Chiesa e nel mondo”.

E proprio a nome della Chiesa, nostra Madre, la nostra Santa Madre Chiesa gerarchica, come amava dire Sant'Ignazio di Loyola – ha proseguito - vorrei proporvi alcune semplici raccomandazioni.

La prima è quella di avere la massima cura per costruire e conservare la comunione all’interno delle Chiese particolari nelle quali andrete ad operare. Il Cammino ha un proprio carisma, una propria dinamica, un dono che come tutti i doni dello Spirito ha una profonda dimensione ecclesiale; questo significa mettersi in ascolto della vita delle Chiese nelle quali i vostri responsabili vi inviano, a valorizzarne le ricchezze, a soffrire per le debolezze se necessario, e a camminare insieme, come unico gregge, sotto la guida dei Pastori delle Chiese locali. La comunione è essenziale: a volte - succede - può essere meglio rinunciare a vivere in tutti i dettagli ciò che il vostro itinerario esigerebbe, pur di garantire l’unità tra i fratelli che formano l’unica comunità ecclesiale, della quale dovete sempre sentirvi parte”.  

Il Papa ha poi offerto un’altra indicazione: “Dovunque andiate, vi farà bene pensare che lo Spirito di Dio arriva sempre prima di noi. Questo è importante. Il Signore sempre ci precede! Ma pensate a Filippo, quando il Signore lo invia su quella strada e sulla carrozza c’era quel ministro dell’economia: lo Spirito è arrivato prima. Lui leggeva il Profeta Isaia, non capiva, ma il cuore ardeva. E così, quando Filippo si avvicina è preparato per la catechesi e per il battesimo. Lo Spirito sempre ci precede. Dio arriva prima sempre di noi. Anche nei posti più lontani, anche nelle culture più diverse, Dio sparge dovunque i semi del suo Verbo.
Da qui scaturisce la necessità di una speciale attenzione al contesto culturale nel quale voi famiglie andrete ad operare: si tratta di un ambiente spesso molto differente da quello da cui provenite. Molti di voi faranno la fatica di imparare la lingua, a volte difficile, e questo sforzo è apprezzabile. Tanto più importante sarà il vostro impegno ad 'imparare' – lo ha detto Kiko – le culture che incontrerete, sapendo riconoscere il bisogno di Vangelo che è presente ovunque, ma anche quell’azione che lo Spirito Santo ha compiuto nella vita e nella storia di ogni popolo". 

Infine, la terza raccomandazione del Papa: “Vi esorto ad avere cura con amore gli uni degli altri, in particolar modo dei più deboli. Il Cammino Neocatecumenale, in quanto itinerario di scoperta del proprio Battesimo, è una strada esigente, lungo la quale un fratello o una sorella possono trovare delle difficoltà impreviste. In questi casi l’esercizio della pazienza e della misericordia da parte della comunità è segno di maturità nella fede. La libertà di ciascuno non deve essere forzata, e si deve rispettare anche la eventuale scelta di chi decidesse di cercare, fuori dal Cammino, altre forme di vita cristiana che lo aiutino a crescere nella risposta alla chiamata del Signore”.

Il Papa ha così concluso: “Care famiglie, cari fratelli e sorelle, vi incoraggio a portare dovunque, anche negli ambienti più scristianizzati, specialmente nelle periferie esistenziali, il Vangelo di Gesù Cristo. Evangelizzate con amore, portate a tutti l’amore di Dio. Dite a quanti incontrerete sulle strade della vostra missione che Dio ama l’uomo così com’è, anche con i suoi limiti, con i suoi sbagli, anche con i suoi peccati. Ed è per questo che ha inviato il Suo Figlio: perché Lui prendesse i nostri peccati su di sé. Siate messaggeri e testimoni dell’infinita bontà e dell’inesauribile misericordia del Padre. Vi affido alla nostra Madre, Maria, affinché ispiri e sostenga sempre il vostro apostolato. Alla scuola di questa tenera Madre siate missionari zelanti e gioiosi. Non perdete la gioia! Avanti!".

Nota

La “missio ad gentes” o “missione ai gentili” fa riferimento all’evangelizzazione nei luoghi nei quali non è presente il Vangelo e nelle quali è fondamentale realizzare la “prima evangelizzazione”. La maggior parte delle famiglie inviate da Papa Francesco sono famiglie europee – soprattutto famiglie spagnole e italiane. Ogni “missio” è composta da quattro famiglie, un sacerdote, un “socio” che lo accompagna (un laico o un seminarista), una sorella anziana in aiuto e tre giovani sorelle le quali, senza prendere i voti, collaborano alla missione. Le “missio ad gentes”, su imitazione del modello apostolico della Chiesa primitiva, si sviluppano nelle case, tra i non battezzati. Insieme, creano una comunità cristiana che mostra, tra i pagani, i segni della fede: l’amore (“Come io vi ho amato”) e la perfetta unità (“Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato”). Il Cammino è presente in 124 nazioni dei cinque continenti, in 1.479 diocesi con 20.432 comunità presenti in 6.272 parrocchie. Dopo l’udienza con Papa Francesco, il Cammino disporrà di: 100 Seminari diocesani missionari Redemptoris Mater; 2.300 seminaristi diocesani che fanno parte di questa iniziazione cristiana e che si preparano al presbiterato; 1.880 presbiteri diocesani ordinati in questi seminari. Più di 1.000 famiglie in missione distribuite in 93 paesi; 92 “missio ad gentes”.




Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2014/02/01/papa_francesco_al_cammino_neocatecumenale:_grazie_per_quello_che_fate/it1-769298 
del sito Radio Vaticana 



http://d1.yimg.com/sr/img/1/1c635630-627b-37bb-a833-2db67665e08f
(l'espressione del Papa è eloquente ed anche abbastanza annoiata)
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   Tre tirate d’orecchie del papa a Kiko e Carmen

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Il commento di Sandro Magister

L’aula delle udienze era piena come un uovo, la mattina di sabato 1 febbraio, al primo incontro del Cammino neocatecumenale con papa Francesco.

Stando alla meticolosa contabilità di questo movimento fondato da Kiko Argüello e Carmen Hernández, erano presenti all’udienza 414 famiglie pronte a partire in missione, delle quali 174 fanno parte delle 40 nuove “missio ad gentes” che vanno ad aggiungersi alle 52 già esistenti. Senza contare i novecento bambini e le circa cento famiglie da tempo in missione in diversi parti del mondo.

Nel suo discorso, papa Jorge Mario Bergoglio ha confermato ai neocatecumenali un condono. Ma non ha risparmiato tre robuste tirate d’orecchie.

Il condono (che è tolleranza e non approvazione) riguarda i loro abusi liturgici. Da poco eletto al soglio di Pietro, Bergoglio bloccò l’esame di tali abusi intrapreso sul finire del pontificato di Benedetto XVI dalla congregazione per la dottrina della fede. Nel suo discorso, il papa non ha fatto alcun cenno alla liturgia. Quindi i neocatecumenali andranno avanti indisturbati a celebrare le loro messe bizzarramente rimodellate dai fondatori.

Ma su tre altri punti papa Francesco gliele ha cantate.

Il primo punto riguarda il rapporto con i vescovi del luogo, che è spesso duramente conflittuale. Il papa ha chiesto ai neocatecumenali di non piantar grane e obbedire, anche a costo di “rinunciare a vivere tutti i dettagli” del loro programma.

Il secondo richiamo riguarda il rispetto delle culture locali, verso cui in effetti i neocatecumenali mostrano scarso o nullo interesse, preferendo trapiantare identico, in qualsiasi angolo remoto del mondo, il sistema catechistico, liturgico, comunitario modellato da Kiko fin nei minimi particolari.

E la terza tirata d’orecchie riguarda il loro trattamento degli adepti. “La libertà di ciascuno – ha detto il papa – non deve essere forzata, e si deve rispettare anche la eventuale scelta di chi decidesse di cercare, fuori dal Cammino, altre forme di vita cristiana”.








[Modificato da Caterina63 05/02/2014 16:10]
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