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Sfatiamo il mito di Giordano Bruno, non era più neppure un domenicano...

Ultimo Aggiornamento: 13/03/2016 13:38
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13/07/2013 12:36
 
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ODIATO DAI CATTOLICI? NON PROPRIO. LE MINACCE DI MORTE ARRIVARONO DAL PROTESTANTESIMO

Certamente aveva una mente fervida. Ma il suo carattere e le sue tante contraddizioni lo resero inviso a molti di quelli con cui entrava in contatto.

Terminata dunque la fase istruttoria, Giordano comprende la situazione, lascia di sua spontanea volontà il convento di Napoli e inizia il suo pellegrinare. Non avendo voluto ritrattare le sue eresie sulla Santissima Trinità, viene allora scomunicato e non farà più rientro nella Chiesa.

Questo suo pellegrinare, che lo porterà in giro per l’Italia e poi anche in Svizzera, in Francia ed Inghilterra, gli farà gettare l’ancora presso i calvinisti. Solo che non ricevette il trattamento dei Domenicani o della Chiesa stessa che nonostante la prima condanna lo lasciò girovagare liberamente senza più curarsi di lui. Sì, Giordano Bruno divenne anche protestante e per un periodo stette con loro. Tuttavia anche qui si dimostrò insofferente e inappagato.

Dunque a Ginevra diventa calvinista, era il 1579, ma non dura molto: scrive un libello contro un professore della locale università, Antoine de la Faye, e a quel tempo i calvinisti non erano certo delle damine crocerossine, così lo arrestano e lo mettono sotto processo.

Minacciato di “venire torturato e condannato a morte”, Giordano Bruno abiura e ritratta le accuse. Viene allora riammesso alla “cena protestante” (la santa cena) ma stranamente non viene revocata la scomunica del tribunale calvinista con la minaccia della condanna a morte.

Nel 1991 lo storico inglese John Bossy pubblica un testo chiave “G.Bruno e il mistero dell’ambasciata”, dove il libero pensatore viene identificato in un “agente segreto” che passava agli inglesi le informazioni utili a sventare complotti spagnoli contro il trono di Sua Maestà, col nome in codice “Fagot”.

Il famoso film agiografico, in puzzo di massoneria, dove la parte del Bruno è recitata dall’indimenticabile Gian Maria Volontè

Ma non è finita. Giunto in Germania, Bruno si avvicina anche ai luterani, fino a scrivere un elogio per Lutero, anche se, per quella cifra di contraddizione che sempre lo contraddistinguerà, in un’altra sua opera definisce il Protestantesimo come “una forza pericolosa ed anti illuminista”. Tuttavia i luterani non sono sprovveduti – in fondo il personaggio era già conosciuto – e così il Bruno riceve l’ennesima delusione: anche i luterani, dopo i calvinisti, lo scomunicano a Helmstdt nel 1589, minacciandolo di morte se non pronuncia l’abiura. Così Bruno, dopo aver abiurato, va via anche da loro.

Insomma, in pochi anni Giordano Bruno è scomunicato dalla Chiesa Cattolica, dai calvinisti, dai luterani ed è probabile che a creargli così tante avversioni non erano solo questioni dottrinali, ma anche un temperamento “complesso e mancanza d’equilibrio” come si percepisce dai testi che ci ha lasciato e che poi vennero presentati come il frutto della “genialità del libero pensiero”.

Non staremo qui a narrare le sue frequentazioni esoteriche e dei circoli di maghi: come abbiamo detto, non abbiamo l’intento di giudicare il suo pensiero, ma solo di focalizzare come arrivò a Campo dè Fiori e perché, di conseguenza, si verificò la strumentalizzazione della massoneria nell’eleggerlo un martire contro la Chiesa Cattolica.

BRUNO AL ROGO: PERCHÉ E SOPRATTUTTO… A CAUSA DI CHI?

Lapide del monumento a Bruno che ricorda il rogo.

Senza dubbio Giordano Bruno sfidò la sorte, provocandosi un verdetto rovinoso.

Abbiamo già detto che, dopo la prima condanna di eresia da parte della prima istanza curata dai Domenicani, Giordano Bruno, pur fuggendo da Napoli, rimase libero di continuare a fare ciò che voleva e di come nel suo girovagare riuscì a farsi condannare anche dai calvinisti e dai luterani e da questi, invece, dovette scappare per non incorrere nella pena di morte pronunciando comunque l’abiura.

Le tappe verso la morte sono due. Giordano giunge a Venezia ospite presso un patrizio disposto a spendere molti soldi per ottenere da lui (oramai famoso) “l’arte magica della memoria artificiale”, ma il suo mecenate rimane deluso. Inoltre Giordano si è stufato e vuole andare via: in più, il suo ardire eretico e sacrilego contro la dottrina e la Messa “disgustano” il patrizio al punto tale che finisce per denunciarlo all’Inquisizione. L’Inquisizione conosceva perfettamente la presenza dell’eretico in città, ma non agisce fino a quando non scatta la denuncia. L’anno prima, 1591, Bruno è infatti a Padova ad insegnare pubblicamente sperando di ottenere, invano, la cattedra in matematica.

A quel punto Bruno, vedendo il tradimento del patrizio, chiederà lui stesso di essere giudicato dal tribunale di Roma e Venezia acconsente. Come davanti al tribunale calvinista, anche a Venezia Bruno nella prima istanza fa abiura:  in un primo momento, si getta in ginocchio e si dichiara pronto a rinnegare ogni eresia. Ma cosa fa? Invece di pentirsi veramente chiede che l’abiura non sia “ufficialmente pubblica, né pubblicata”, pretende che resti segreta, ricattando in un certo senso gli inquisitori per il fatto di essere pur sempre un domenicano e per il bene dell’Ordine era meglio se il tutto rimanesse appunto coperto (mancava dall’Ordine oramai da anni senza indossare l’abito da cui aveva ricavato delle calze ). Proprio per la delicatezza del caso, giunge così a Roma come da lui stesso chiesto.

In verità, Giordano Bruno voleva andare a Roma perché aveva in mente di influenzare con le sue “arti magiche” – o se preferite l’arte oratoria e dei giri di parole – il Pontefice, cosa che ovviamente non gli riuscirà. Per altro Giordano si occupava di pratiche di “magia nera”, attraverso la quale tentava di esercitare proprio una sorta di coercezione della mente, un controllo sulla psiche, una sorta di illusionismo sorretto da una certa forma di ipnosi, ma non ce ne occuperemo noi.

Dai lavori del primo vero processo dell’Inquisizione questi furono gli atti di accusa che Giordano Bruno confermerà come fatti reali:

1) avversione alla fede cristiana; 2) negazione della SS.ma Trinità; 3) negazione della divinità del Cristo; 4) negazione dell’Eucarestia (dileggerà con una risata anche la santa cena calvinista); 5) negazione della verginità di Maria e della Messa in quanto “sacra”… 6) sosteneva la trasmigrazione delle anime; 7) si occupava di magia.

Non si era più solo nell’eresia di un tema o di un articolo di fede, ma in una gravissima apostasia, con l’aggravante dell’esoterismo e della magia.

Qui inizia la storia occultata creata a tavolino dalla massoneria e dalla storiografia dell’800.

I lavori dell’Inquisizione romana cominciano il 27 febbraio del 1593.

Una curiosa immagine

Giordano Bruno viene trattato con i “guanti bianchi”, non subisce torture se non dopo il settimo anno di processo (dicono che ne subì una sola, ma probabilmente nessuna) (3), e tanto durò il suo caso perché il Papa, ad un certo punto, fa riaprire il processo dopo un finale quasi raggiunto chiedendo che venissero raccolte tutte le sue opere e “passate al vaglio dai teologi per valutarne il contenuto”. In verità, al papa piaceva lo spirito di Giordano Bruno e cercò in tutti modi di trovare nelle sue opere qualche spunto di sana ortodossia riguardanti la Scrittura e la Tradizione, vista la sua stessa passione per i Padri della Chiesa.

Il papa stesso presiedette quasi a tutte le udienze e spesso intervenendo cercando di comprendere la complessità del soggetto. E’ una grave disonestà intellettuale tacere che il papa cercò fino alla fine di salvare Giordano Bruno. Lo stesso cardinale (santo, dottore della Chiesa e gesuita) Roberto Bellarmino, lo trattò con grande riguardo, cercando di valutare con attenzione eventuali appigli per salvarlo.

Dai documenti finali del processo definitivo, durato sette anni, saltò fuori dunque che Bruno affermava:

1) che Gesù era un peccatore come tutti gli uomini e che non era Dio Incarnato; 2) che l’inferno era una invenzione romana; 3) che Caino non peccò uccidendo Abele; 4) che Mosè era un mago e che inventò le tavole della Legge.

Bruno comunque decide anche qui, in un primo momento, di abiurare, ma quando sta per farlo, inizia a tentennare e ritorna sulle sue decisioni. Riceve due volte il termine di 40 giorni entro i quali prendere una decisione, ma tutto è inutile. Interviene il Maestro dei Domenicani dopo gli 80 giorni concessi: Bruno gli dice di essere stato frainteso, si riportano allora tutti gli atti del processo ma con un atteggiamento di sfida li riconferma uno per uno.  Comincia ad apparire evidente la presa in giro del soggetto. Bruno vuole solo guadagnare tempo. Il papa decide allora di cambiare strategia: l’8 febbraio gli vengono letti pubblicamente gli atti del processo con la decisione della condanna quale “eretico formale”, cioè, eretico “consapevole e convinto delle sue posizioni” e quindi a rischio.

Nonostante la condanna, il cardinale Bellarmino, su suggerimento del Papa, ci riprova, lo va a trovare in cella per convincerlo a ricredersi, lo fa incontrare con due santi predicatori domenicani, ci prova anche un predicatore francescano, ma non c’è nulla da fare.

Il 17 Febbraio del 1600, Giordano Bruno viene consegnato al braccio secolare per essere giustiziato (4)

Il “MONUMENTO MALINCONICO” DI GIORDANO BRUNO?

Il contestato monumento a Bruno in Campo de’ Fiori.

Giordano Bruno aveva idee non solo eretiche, ma sovversive e di natura politica. Sia gli inglesi che i calvinisti a Ginevra lo giudicano essi stessi un “pericoloso che mette a rischio l’ordine costituito”: tanto per capire il linguaggio dell’epoca è come se lo avessero additato come una sorta di “brigatista” degli anni ’70 o se preferite un mafioso.

Non dimentichiamo che il tribunale calvinista lo condanna per eresia minacciandolo di tortura e di morte se non fa abiura. Qui infatti Giordano fa l’abiura e si salva, ma deve andare via: non ci risulta ci sia mai stato un “Mea Culpa” dall’ala protestante.

Un altro grande personaggio (il cui nome forse è sconosciuto ai più) è Michele Serveto (1511-1553), umanista, teologo e medico spagnolo, scopritore della circolazione polmonare del sangue, uomo dal carattere impetuoso ed irruento. A causa delle sue posizioni antitrinitarie fu arso vivo a Ginevra il 27 ottobre 1553, dal riformatore Giovanni Calvino, il quale gli negò persino l’avvocato. Ma la risposta ancora non ci soddisfa.

La Chiesa all’epoca collaborava con il legittimo “Ordine costituito”, esercitato dal braccio secolare, che prevedeva la pena di morte, come lo è ancora oggi in alcuni Stati nel mondo e come lo era in Francia fino al 1953. Quindi la Chiesa aveva il diritto e il dovere di intervenire laddove era di sua competenza, per frenare il cadere dei valori del proprio tempo. Inoltre era un frate domenicano, seppur rinnegato, dunque rientrava nelle sue competenze, ed è invece indicativo che durante il processo non gli venne mai imputato l’essere diventato protestante.

Non dimentichiamo che nel 1535 venivano decapitati Tommaso Moro e il vescovo John Fischer per essersi opposti alla supremazia di Enrico VIII quale capo della nuova chiesa in Inghilterra. Non ci risulta che i loro monumenti siano stati usati contro l’Inghilterra, il re o la regina!

La lotta contro le eresie non può essere giudicata con la mentalità odierna, nè essere valutata con un becero moralismo in base a norme giuridiche democratiche che all’epoca semplicemente non esistevano e dove la pena di morte era applicata ovunque. Lo stesso “Mea Culpa” di Giovanni Paolo II parla senza dubbio di “dolore, rammarico” per i modi attraverso i quali la Chiesa stessa si adoperò per certe condanne, ma non condanna affatto i suoi Predecessori nelle sentenze riguardo alla fede ed ai costumi giustamente difesi.

Cerchiamo di rispondere ora alla domanda sul monumento.  Il 9 giungo 1889, giorno di Pentecoste, sotto il pontificato di Leone XIII, veniva inaugurato a Campo de’ Fiori, il monumento di Ettore Ferrari, lo scultore che nel 1904 sarà eletto gran maestro della massoneria. Alla base del monumento si legge un’ iscrizione del filosofo Giovanni Bovio, oratore ufficiale della cerimonia di inaugurazione: “A Bruno, il secolo da lui divinato qui dove il rogo arse“.

In verità a nessuno interessava il vero pensiero di Giordano Bruno: all’epoca dell’inaugurazione del monumento, egli era semplicemente l’icona di una nuova arma in mano alla massoneria contro la Chiesa, contro il Pontefice.

Francesco Crispi: diventato capo del governo, fu lui a iniziare i lavori per la statua di Bruno.

Poco si dice che, durante i lavori per la realizzazione del monumento, le cose non andarono in modo pacifico. Ogni giorno si dovette assistere a scontri anche gravi tra coloro che volevano il monumento e quanti non lo volevano perché appariva chiaro che questo era una provocazione e si ergeva contro il papato e contro la Chiesa intera. Crispi, diventato capo del governo, nel 1887 avvia i lavori per la statua senza chiedere alcun parere: anzi, ben sapendo della vile provocazione, vuole che questa sia propria una sfida alla Chiesa. Durante questo anno, il comune di Roma – nel quale vi erano affluiti cattolici-moderati, tipo un pidiessino moderno tanto per capirci – cerca di evitare il monumento tentando di aggrapparsi a risposte burocratiche e non è certo normale che una intera giunta comunale finisce per cadere e per essere rimossa a causa di un monumento! Il clima rimase arroventato per tutto l’anno, vedendo ogni giorno scontri soprattutto fra gli studenti pro e contro il monumento. Infine Crispi, strumentalizzando la gravità stessa degli scontri scatenati dall’inaugurazione della statua, ordina un divieto alla Chiesa di far manifestare i contrari e le impone il silenzio per tre giorni. In verità egli sapeva che non erano pochi i contrari al monumento e di conseguenza impone paradossalmente il silenzio al libero pensiero, mentre ne benedice l’icona. Ma non è finita. Alla fine del 1887, infatti, poco prima dell’inaugurazione, il re firma a sorpresa un decreto con il quale rimuove il sindaco di Roma: in apparenza non c’è spiegazione, ma di fatto Leopoldo Torlonia aveva commesso l’errore e l’imprudenza di far recapitare al papa Leone XIII un omaggio di solidarietà e filiale devozione. Tanto bastò perché i difensori del “libero pensiero”, al quale stavano per innalzare un monumento, rimuovessero dal suo incarico, paradossalmente e con palese contraddizione, un sindaco che aveva espresso altrettanto liberamente un omaggio filiale.

Non dimentichiamo che Leone XIII fu odiato dalla massoneria molto più di Pio IX. Papa Leone era stato il primo pontefice a condannare senza mezzi termini la massoneria, addirittura attraverso una enciclica che, come disse Ratzinger, è ancora attualissima e valida sia nei contenuti sia nelle condanne ad essa relative (5).

GIÀ DA TEMPO LA CHIESA PENSAVA AD UN GESTO RICONCILIATORE…

Pio XI: pensò di costruire una Cappella in segno di riconciliazione, senza dimenticare, però, che Bruno era un eretico.

Porta Pia era stata conquistata, il Risorgimento era all’apice della sua ubriacatura anticattolica: Giordano Bruno diventa così l’icona della non sottomissione a nessuno, la prima vera icona dell’uomo senza un Dio, l’ideale quale simbolo massonico e non a caso è definito il “monumento malinconico” alla cui inaugurazione parteciparono circa tremila massoni, raggruppati sotto i labari delle logge di appartenenza. Non è un caso che lo stesso filosofo liberale Benedetto Croce (1866-1952) attaccò affermando «l’idiota religione massonica», un’eredità che a suo parere era derivata dalla Rivoluzione francese.

Dopo i Patti lateranensi del 1929, si cercò con Pio XI di trovare una soluzione equa: erigere al posto della statua una Cappella in onore al Cuore divino di Gesù quale segno di riconciliazione e di espiazione (come vedete già prima del Giubileo del 2000 troviamo il desiderio del mea culpa), una sorta di riconciliazione sia per il Giordano che, pur pagando per le sue idee, era comunque sia un rinnegatore dell’Incarnazione di Cristo (e volle morire rifiutando i sacramenti), sia per la Chiesa stessa che stava maturando sulla crudeltà ma soprattutto sull’inefficacia di certi metodi che all’epoca erano “normali” e facevano parte dell’ordinamento civile.

Vogliamo concludere queste riflessioni riportando un passo della rivista Civiltà Cattolica del 1890 vol.7 pag.98 nella quale leggiamo testualmente:

“Il giorno 9 giugno ricorreva l’anniversario, d’ infausto ricordo, del monumento a Giordano Bruno in Campo dè Fiori. Chi l’avrebbe mai creduto che un anno dopo di quella sacrilega e sguaiata gazzarra, si sarebbe veduto lo spettacolo dell’indifferenza e dell’oblio verso un personaggio di cui la massoneria ha voluto fare un soggetto di perenne offesa a Dio, alla Chiesa e al buon senso del popolo romano? La verità è che la festa anniversaria è riuscita a un fiasco solenne e vergognoso; perocché, mancando quelle poche migliaia di persone calate, l’anno scorso, a Roma da ogni parte d’Italia, ubbidienti agli ordini della mala sétta e aiutati di uno scandaloso permesso del governo, che si potea aspettare in una città dove il popolo è addirittura renitente a piegarsi al giogo dell’iniquità? E’ stato detto e assicurato da persone degne di fede, che quelli che la domenica giorno 9 si recarono a deporre una corona sulla base del monumento, rimasero umiliati e confusi, non avendo trovato in Campo dè Fiori altro pubblico che quello del fruttivendolo e dei bagarini, né altri applausi riscossi che le risa e i motteggi di quella brava gente”. (6)

 

NOTE

1) Franco Cardini articolo su Avvenire del 2004:

2) Andrea Cammilleri (l’ideatore della fortunata serie: Montalbano sono), intervista febbraio 2009 per descrivere cosa è e come è visto l’italiano oggi.

3) «Bruno non fu mai torturato e la diversa convinzione o dubbi al riguardo dipendono da una scarsa conoscenza dello stile del Sant’Ufficio romano: il termine usato per Bruno, “stricte”, indicava un interrogatorio stringente, con contestazioni specifiche, mentre la tortura veniva formalizzata in termini diversi, con il voto previo dei consultori, durante una seduta della Congregazione». A. Del Col, L’inquisizione in Italia. Dal XII al XXI secolo, Arnoldo Mondadori Editore 2007.

4) Il processo a Giordano Bruno

5) Leone XIII condanna alla massoneria Humanum genus

6) Civiltà Cattolica del 1890 vol.7

Suggeriamo, infine, anche il libro di Rino Cammilleri e AA.VV. “Piccolo manuale di apologetica” ed. Piemme

Per le fonti prettamente cattoliche ho usato anche il testo originale, in mio possesso, de “Il Movimento Cattolico” Anni 1888-1889, documentazione ordinaria degli eventi ecclesiali e pontifici, dalla pag. 245 e seguenti è descritta la situazione inerente al caso dell’inaugurazione del monumento con i giornali dell’epoca.

 




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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