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La FSSPX è vicino all'accordo? preghiamo insieme!

Ultimo Aggiornamento: 04/05/2019 15:20
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E' arrivata la risposta della F.S.S.P.X alla Santa Sede: è positiva!

 


Breaking News: il vescovo Bernard Fellay, superiore della Fraternità San Pio X, fondata da monsignor Marcel Lefebvre, ha sottoscritto il preambolo dottrinale proposto dalla Santa Sede, anche se con qualche lieve modifica. Andrea Tornielli in Vatican Insider.

Mons. Fellay ha firmato il preambolo dottrinale, se pur con qualche modifica. Deo Gratias!

Bella, magnifica, sperata e attesa notizia! Sia lode a Dio!
Sarà felice il Santo Padre, che attendeva con il cuore palpitante questo momento!
Ora speriamo che, contrariamente alle voci più o meno ufficiali, per la F.S.S.P.X venga scelto l'inquadramento canonico dell'Amministrazione Apostolica (o di un Ordinariato o, al massimo, di una prelatura personale con deroga al can § 297 C.I.C.) in modo che sia garantita l'immunità della Fraternità dalla giurisdizione dei Vescovi, e che le conservi piena e assoluta facoltà d'azione (sulle differenze di questi tre diversi inquadramenti canonici possibili, si vedano nostri precedenti post qui, qui, qui, qui e qui
Ma intanto questo è un lieto giorno! E comunque sia, la Fraternità saprà essere sale e lievito alla Chiesa e al Mondo!

Mi viene in mente una citazione che ben si può ripetere per tale felice e fausta circostanza: "
Gaudet Mater Ecclesia".
Tutto si compie. Speriamo che così come è iniziato, così possa ricomporsi,
ad laudem et gloriam nominis sui, ad utilitatem quoque nostram, totiusque Ecclesiae Suae sanctae.



Roberto



 

 

 

 

Lefebvriani: la risposta positiva è arrivata! "
di A. Tornielli, da Vatican Insider, del 17.04.2012

 

 



La risposta della Fraternità San Pio X è arrivata in Vaticano ed è positiva: secondo le indiscrezioni raccolte da Vatican Insider il superiore dei lefebvriani, il vescovo Bernard Fellay, avrebbe firmato il preambolo dottrinale che la Santa Sede aveva proposto lo scorso settembre, come condizione per arrivare alla piena comunione e all’inquadramento canonico.

Una conferma ufficiale dell’avvenuta risposta dovrebbe avvenire nelle prossime ore.
Da quanto si apprende, il testo del preambolo inviato da Fellay propone alcune modifiche non sostanziali rispetto alla versione consegnata dalle autorità vaticane: come si ricorderà, la stessa Commissione Ecclesia Dei non aveva voluto rendere pubblico il documento (due pagine piuttosto dense), proprio perché c’era la possibilità di introdurre eventuali piccole modifiche che però non ne stravolgessero il senso.
In sostanza, il preambolo contiene la «professio fidei», la professione di fede richiesta da chi assume un ufficio ecclesiastico. E dunque stabilisce che va dato un «religioso ossequio della volontà e dell’intelletto» agli insegnamenti che il Papa e il collegio dei vescovi «propongono quando esercitano il loro magistero autentico», anche se non sono proclamati e definiti in modo dogmatico, come nel caso della maggior parte dei documenti del magistero. La Santa Sede ha più volte ripetuto ai suoi interlocutori della Fraternità San Pio X che sottoscrivere il preambolo dottrinale non avrebbe significato porre fine «alla legittima discussione, lo studio e la spiegazione teologica di singole espressioni o formulazioni presenti nei documenti del Concilio Vaticano II».

Ora il testo del preambolo con le modifiche proposte da Fellay, e da lui sottoscritto in quanto superiore della Fraternità San Pio X, sarà sottoposto a Benedetto XVI, che il giorno dopo l’ottantacinquesimo compleanno e alla vigilia del settimo anniversario dell’elezione, riceve una risposta positiva dai lefebvriani. Risposta da lui lungamente attesa e auspicata, che nelle prossime settimane metterà fine alla ferita apertasi nel 1988 con le ordinazioni episcopali illegittime celebrate dall’arcivescovo Marcel Lefebvre.
Non è escluso che la risposta di Fellay venga esaminata dai cardinali della Congregazione per la dottrina della fede, nella prossima riunione della «Feria quarta», che dovrebbe tenersi nella prima metà di maggio. Mentre qualche settimana in più sarà necessaria perché avvenga la sistemazione canonica: la proposta più probabile è quella di istituire una «prelatura personale», figura giuridica introdotta nel Codice di diritto canonico nel 1983 e finora utilizzata solo per l’Opus Dei. Il prelato dipende direttamente dalla Santa Sede. La Fraternità San Pio X continuerà a celebrare la messa secondo il messale antico, e a formare i suoi preti nei suoi seminari.

 

[SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740721] [SM=g1740721] [SM=g1740738]

 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Comunicato di conferma della S. Sede della ricezione della risposta di Mons. Fellay

COMUNICATO DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE ECCLESIA DEI - 18.04.2012




In data 17 aprile 2012 è pervenuto, come richiesto nell’incontro del 16 marzo 2012, svoltosi presso la sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il testo della risposta di S.E. Mons. Bernard Fellay, Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Il suddetto testo sarà esaminato dal Dicastero e successivamente sottoposto al giudizio del Santo Padre.

 

***

 

Le texte de la réponse de Son Excellence Monseigneur Bernard Fellay, Supérieur général de la Fraternité sacerdotale saint Pie X, requise au cours de la rencontre du 16 mars 2012 au siège de la Congrégation pour la Doctrine de la Foi, est parvenu le 17 avril 2012. Ce texte sera examiné par le Dicastère et soumis ensuite au jugement du Saint-Père.

fonte: vatican.va

 

 

 

[SM=g1740733]

 

P. Lombardi a RadioVaticana in merito alla risposta invata da Mons. Fellay "Incoraggiante: sono stati fatti dei passi avanti. Ma dev'essere esaminata"



18.04.2012

« La nouvelle d'aujourd'hui, c'est qu'hier la réponse de Mgr Fellay qui avait été requise par le cardinal Levada dans la dernière rencontre est parvenue à la Congrégation, à la Commission Ecclesia Dei, la Congrégation pour la doctrine de la foi. Alors cette réponse, c'est une réponse qui, selon le témoignage de qui a pu la voir, c'est une réponse très différente de la précédente et ça c'est encourageant, on a fait des pas en avant. Mais naturellement, on a aussi dans la réponse la proposition de quelques précisions ou intégrations au texte du préambule doctrinal qui avait été proposé par la Congrégation pour un accord doctrinal et cette réponse va être discutée, va être examinée avant tout par la Congrégation pour la doctrine de la foi, dans une des réunions des prochaines semaines et après, elle va être aussi examinée naturellement par le Pape.
On peut dire qu'on a fait des pas en avant, c'est-à-dire, la réponse, la nouvelle réponse est plutôt encourageante, mais il y a encore des approfondissements à faire et à voir et des décisions à prendre dans les prochaines semaines. Je pense qu'il n'y a pas beaucoup à attendre car on a le désir d'arriver à des conclussions dans ces colloques, dans ces contacts. »

p. Federico Lombardi, in onda su Radio Vaticana il 18.04.2012

fonte: Radio Vaticana


Qui di seguito una nostra Traduzione:


"La novità di oggi, è che ieri la risposta di Mons. Fellay che era stata richiesta dal Card. Levada durante l'ultimo incontro è giunta alla Commissione Ecclesia Dei e alla Congregazione per la Dottrina per la Fede.
Dunque, questa risposta è una risposta che, secondo le testimonianze di chi ha potuto leggerla, è una risposta molto differente rispetto alla precedente, e questo è incoraggiante: si sono fatti dei passi avanti.
Ma naturalmente nella risposta c'è anche la proposta di alcune precisazioni o integrazioni al testo del preambolo dottrinale che era stato proposto dalla Congregazione per un accordo dottrinale, e questa risposta sarà discussa, sarà esaminata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede durante una delle riunioni delle prossime settimane, e dopo sarà anche esaminata, naturalmente, dal Papa.
Si può dire che si sono fatti dei passi avanti, vale a dire che la risposta, questa nuova risposta è piuttosto incoraggiante ma ci sono ancora degli degli approfondimenti da fare e da vedere e delle decisioni da prendere durante le prossime settimane.
Io penso che non si dovrà aspettare molto poichè c'è il desiderio di arrivare a delle conclusioni durante questi colloqui e in questi contatti."
p. Federico Lombardi, in onda su Radio Vaticana, il 18.04.2012
 
[SM=g1740733]
 
 
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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18/04/2012 17:23
 
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La F.S.S.P.X precisa sulla risposta di Mons. Fellay: "E' solo una tappa. Seguiranno valutazioni della Congregazione e del Papa"


La presse annonce que Mgr Bernard Fellay a adressé une « réponse positive » à la Congrégation pour la Doctrine de la Foi, et qu’en conséquence la question doctrinale est désormais résolue entre le Saint-Siège et la Fraternité Saint-Pie X.
La réalité est autre.
Dans un courrier du 17 avril 2012, le Supérieur général de la Fraternité Saint-Pie X a répondu à la demande d’éclaircissement que lui avait faite, le 16 mars, le cardinal William Levada, au sujet du Préambule doctrinal remis le 14 septembre 2011. Comme l’indique le communiqué de presse de la Commission pontificale Ecclesia Dei, daté de ce jour, le texte de cette réponse « sera examiné par le Dicastère (Congrégation pour la Doctrine de la Foi) et soumis ensuite au jugement du Saint-Père ».
Il s’agit donc d’une étape et non d’une conclusion.

Menzingen, le 18 avril 2012



qui in tedesco, qui in inglese, e qui in spagnolo

fonte: D.I.C.I., sito ufficiale della Fraternità S. P. X

QUI DI SEGUITO UNA NOSTRA TRADUZIONE Roberto MIL

"La stampa annuncia che Mons. B. Fellay ha inviato una risposta positiva alla Congregazione per la Dottrina della FEde che che in conseguenza la questione è ormai risolta tra la S. Sede e la Fraternità S. Pio X.
Ma la realtà è un'altra.
Con una lettera del 17.04.2012 il Superiore Generale della Fraternità San Pio X ha risposto alla domanda di chiarimenti che gli era stata rivolta, il 16.03.2012, dal Card. W. Levada, circa il Preambolo dottrcinale proposto il 14.09.2011.
Come indica il comunicato ufficiale della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, con data di oggi 18.04.2012, il testo di questa risposta "sarà emaniato dal Dicastero - Congregazione per la Dottrina della Fede - e sottoposto in seuito al giudizio del Papa."
Si tratta quindi di una tappa e non di una conclusione."

 

 

............

 

[SM=g1740733] riflessione

 

Embarassed pensare che si trattasse di una conclusione, è ovvio che ciò sarebbe davvero un errore....  
 
è la tappa di un nuovo percorso.... mi piace vederlo come un CONCEPIMENTO Wink  
da un SI' che cambiò la nostra storia, seguono i nostri "sì" o i nostri "no"...  se è un "sì" avviene il concepimento, una incarnazione... dopo segue la gestazione... dopo il parto.... Laughing  
ma da un "no" si chiude ogni concepimento, questa era la nostra angosciosa attesa...  
ora che il Sì è stato pronunciato, lasciamo compiersi anche la gestazione.... Wink attendiamo fiduciosi il buon esito di questa gravidanza augurandoci che non ci siano aborti o malformazioni.... il "sì" era opera della volontà dell'Uomo, ora il resto è anche nelle mani di Dio....  
Suggerisco anche di non rincorrere, da questo momento in poi, ogni singola parola da varie fonti, ogni singolo intervento che tenti di spelucchiare dentro le singole parole dei vari comunicati.... potrebbe nuocere alle aspettative.... fermiamoci tutti alle fonti esclusivamente ufficiali e preghiamo molto!  
 
Perdonate la partigianeria e se ne approfitto, ma vorrei fare con voi gli Auguri al Papa per la sua elezione...  
Un grande abbraccio al Santo Padre Benedetto XVI.  
E una grande Lode alla Divina Provvidenza per averlo donato alla Chiesa e al mondo intero!  
guardate il filmato, se volete... ci sono immagini inedite del Papa che porta doni ai bambini... commovente l'abbraccio di un bambino al Papa... è il nostro abbraccio a lui!!  
http://www.gloria.tv/?media=280411  
 
Viva il Papa Smile 

 

[SM=g1740738]

 

Don Bux: Il CVII si può discutere, non è un superdogma. La F.S.S.P.X potrebbe fare il bene della Chiesa. Chi si oppone alla FSSPX si oppone al Papa"

Chi si oppone alla riconciliazione della Fraterntià San Pio X con Roma si oppone al Papa
di Alessandro Gnocchi – Mario Palmaro



Teologo, liturgista, consultore dell'Ufficio delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice e delle Congregazioni per la Dottrina della Fedee per le Cause dei Santi, monsignor Nicola Bux, classe 1947, è conosciuto dagliaddetti ai lavori soprattutto come “molto vicino a papa Benedetto XVI”.
E proprio lui, poco più di un mese fa, ha messo a rumore l’ambiente ecclesiale con una lettera aperta al superiore generale e ai sacerdoti della Fraternità Sacerdotale San Pio X fondata ma monsignor Lefebvre invitandoli a stringere lamano che Benedetto XVI sta tendendo loro.

Gli osservatori ne hanno tratto tutti la conclusione più logica: il Papa vuole fortemente la riconciliazione.
Vedete” spiega monsignor Bux al Foglio “questa conclusione è al tempo stesso esatta e imprecisa. E’ esatta perché Benedetto XVI vuole questa riconciliazione e pensa che non possa esserci altra soluzione pensabile per la vicenda della Fraternità fondata da monsignor Lefebvre. E’ imprecisa se le si attribuisce un carattere politico. Non c’è nulla di più lontano dalla mente di questo Papa. Ratzinger è persona che non pensa e non agisce in funzione della politica ecclesiale. Per questo viene spesso frainteso. E tanto più questo vale per la vicenda della Fraternità San Pio X: per lui si tratto solo del definitivo e pieno ritorno a casa di tanti suoi figli che potranno fare il bene della Chiesa”.
Dunque, letture da destra o da sinistra sarebbero monche, ma non sarà facile disinnescarle all’interno della Chiesa stessa.

Come dovrebbe porsi un cattolico davanti a un fatto come la riconciliazione tra Santa Sede e Fraternità San Pio X?
Bisogna rileggere con attenzione quello che Benedetto XVI scriveva il 10 marzo 2009 nella ‘Lettera ai vescovi’ per spiegare le ragioni della remissione della scomunica ai quattro vescovi ordinati da monsignor Lefebvre: ‘Può lasciarci totalmente indifferenti una comunità nella quale si trovano 491 sacerdoti, 215 seminaristi, 6 seminari, 88 scuole, 2 Istituti universitari, 117 frati, 164 suore e migliaia di fedeli? Dobbiamo davvero tranquillamente lasciarli andare alla deriva lontani dalla Chiesa? (…) Che ne sarà poi?’.
Qui c’è il cuore di Benedetto XVI. Ecco, penso che se anche tanti uomini di Chiesa agissero secondo questo cuore non potrebbero che gioire per la conclusione positiva di questa vicenda
”.


Forse l’opposizione al volere di Benedetto XVI nasce dal fatto che molti compiono l’equivalenza riconciliazione con i lefebvriani uguale sconfessione del Vaticano II.
Guardate, il primo ‘accordo’, se così vogliamo chiamarlo, avvenne nelConcilio di Gerusalemme tra San Pietro e San Paolo. Dunque, il dibattito, purché fatto per il bene della Chiesa, non è così scandaloso.
Un’altra constatazione: quanti hanno isolato dalla storia della Chiesa il ConcilioVaticano II e lo hanno sopravvalutato rispetto ai suoi stessi intendimenti non si peritano di criticare, per esempio il Concilio Vaticano I o il Concilio di Trento. C’è chi sostiene che la Costituzione dogmatica ‘
Dei Filius’ delVaticano I sia stata soppiantata dalla ‘Dei Verbum’ del Vaticano II: questa è fantateologia.
Mi sembra invece buona teologia quella che si pone il problema del valore dei documenti, del loro insegnamento, del loro significato. Nel Concilio Vaticano II esistono documenti dal valore diverso e, dunque, di una forza vincolante diversa che ammettono diversi gradi di discussione. Il Papa, quando era ancora il cardinale Ratzinger, nel 1988, parlò del rischio di trasformare il Vaticano II in un ‘superdogma’, ora, con ‘l’ermeneutica della riforma nella continuità’ ha fornito un criterio per affrontare la questione e non per chiuderla. Non bisogna essere più papisti del Papa. I Concili, tutti i Concili e non solo il Vaticano II, vanno accolti con obbedienza, ma si puòv alutare in maniera intelligente ciò che appartiene alla dottrina e ciò che va criticato. Non a caso, Benedetto XVI ha indetto ‘l’anno della fede’ perché è la fede il criterio per comprendere la vita della Chiesa
”.


Da cattolici, se lasciamo battere docilmente il nostro cuore con quello di Benedetto XVI, che cosa ci dobbiamo aspettare dalla definitiva riconciliazione tra Roma e Fraternità San Pio X?
Non certo la rivalsa di una fazione sull’altra, ma un progresso nella fede e nell’unità che sono la sola testimonianza perché il mondo creda. La retorica del dialogo con l’ateo,con l’agnostico, con il cosiddetto ‘diversamente credente’ che senso ha se non si gioisce per la riconciliazione con i fratelli nella fede? Ce l’ha insegnato Nostro Signore: non è il dialogo con il mondo che convertirà il mondo, ma lan ostra capacità di essere uniti. In questo periodo torno spesso a una preghiera composta dal cardinale Newman: ‘Signore Gesù Cristo, che quando stavi persoffrire, hai pregato per i tuoi discepoli perché fino alla fine fossero una cosa sola, come sei Tu con il Padre, e il Padre con Te, abbatti le barriere di separazione che dividono tra loro i cristiani di diverse denominazioni. Insegna a tutti che la sede di Pietro, la Santa Chiesa di Roma, è il fondamento, il centro e lo strumento di questa unità. Apri i loro cuori alla Verità, da lungo tempo dimenticata, che il nostro Santo Padre,il Papa, è il Tuo Vicario e Rappresentante. E, come in cielo esiste una sola compagnia santa, così su questa terra vi sia una sola comunione che professa e glorifica il Tuo Santo Nome’”.


Il Foglio, 26 aprile 2012

[Modificato da Caterina63 29/04/2012 10:40]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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10/05/2012 22:42
 
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Lettera di Mons. Fellay agli altri vescovi della Fraternità San Pio X. Traduzione

 
Carissimi, grazie all'aiuto di Luisa, sono felice di poter tempestivamente condividere con voi la profonda e toccante lettera di Mons. Fellay agli altri tre Vescovi della Fraternità. È un momento drammatico, ma anche una svolta storica determinante e significativa.
Sono rammaricata di questa coralità mediatica, alla quale ormai siamo dentro e dalla quale non è bene sottrarsi anche per parlarne, qui, in termini cattolici e dal cuore, senza i grossi fraintendimenti e falsità che purtroppo incontriamo in altre Agorà.
Spero che questa visibilità un po' esasperata non debba compromettere nulla, anche perché in fondo sta servendo a far venir alla luce nodi che comunque non potevano essere ignorati.
È una grande istanza di chiarezza che riguarda e riguarderà anche Roma, dove non mancherà chi godrà della divisione nella Fraternità e del fatto che questa ne possa uscire indebolita; tuttavia, il persistere del cosiddetto statu quo, preferito dai tre vescovi, nel tempo non avrebbe fatto altro che radicalizzare i problemi ed aumentare la divaricazione già impegnativa da sanare. E nessuno ha fatto i conti con la Provvidenza... Staremo a vedere. Continueremo a pregare e a fare del nostro meglio, in partecipe attesa.


Eccellenze,

la vostra lettera collettiva indirizzata ai membri del Consiglio generale ha coinvolto tutta la nostra attenzione. Vi ringraziamo per la vostra sollecitudine e la vostra carità.
Permettetemi a mia volta nello stesso intento di carità e giustizia di farvi le osservazioni seguenti.
Innanzitutto la lettera menziona la gravità della crisi che scuote la Chiesa e analizza con precisione gli errori  che pullulano nell'ambiente. Ma la descrizione contiene due difetti rispetto alla realtà della Chiesa: manca di soprannaturale e nel contempo manca di realismo.
Manca di soprannaturale. Leggendovi, ci si domanda seriamente se voi credete ancora che la Chiesa visibile la cui sede è a Roma è la Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, una Chiesa certo sfigurata in modo orribile a planta pedis usque ad verticem capitis, ma una Chiesa che ha comunque ancora come capo Nostro Signore Gesù Cristo. Si ha l'impressione che siete talmente scandalizzati che non accettate più che ciò può ancora essere vero. Per voi Benedetto XVI è ancora papa legittimo? Se lo è, Gesù Cristo può ancora parlare attraverso la sua bocca? Se il Papa esprime un volontà legittima nei nostri confronti, che è buona, che non dà un ordine contro i comandamenti di Dio, abbiamo il diritto di trascurare, di rimandare indietro questa volontà? E altrimenti su quale principio vi basate per agire in quel modo? Non credete che se il Nostro Signore ci comanda, darà anche i mezzi di continuare la nostra opera? Ebbene il Papa ci ha fatto sapere che la preoccupazione di regolare la nostra situazione per il bene della Chiesa era al cuore stesso del suo pontificato, e anche che sapeva che sarebbe più facile per lui e per noi di lasciare la situazione così come è adesso. Dunque è una volontà decisa e giusta quella che esprime.
Con l'atteggiamento che preconizzate, non c'è più posto né per i Gedeoni né per i David, né per tutti coloro che contano sul soccorso del Signore. Ci rimproverate di essere ingenui e di aver paura, ma è la vostra visione della Chiesa che  è troppo umana e anche fatalista; vi vedete i pericoli, i complotti, le difficoltà, non vedete più l'assistenza della grazia e dello Spirito Santo.
Se si vuole accettare che la divina Provvidenza conduce gli affari degli uomini, lasciando loro la libertà, bisogna allora accettare che i gesti di questi ultimi anni in nostro favore sono sotto la sua guida. Ora indicano una linea, non completamente diritta, ma chiaramente in favore della Tradizione. Perché improvvisamente questa linea cesserebbe, mentre facciamo tutto per conservare la nostra fedeltà e accompagniamo i nostri sforzi con una preghiera non comune? Il buon Dio ci abbandonerebbe nel momento più cruciale? Ciò non ha molto senso. Soprattutto non cerchiamo di imporgli una nostra qualsiasi volontà propria, ma  cerchiamo di scrutare attraverso gli eventi ciò che Dio Vuole, essendo disposti a tutto, come Lui vorrà. 
 
Nel contempo manca di realismo sia per quel che riguarda l'intensità degli errori che la loro ampiezza.
 
Intensità: nella Fraternità si sta facendo degli errori del Concilio delle super-eresie, diventa come il male assoluto, peggio di tutto, allo stesso modo in cui i liberali hanno dogmatizzato questo concilio pastorale. I mali sono già abbastanza drammatici senza che li si esageri ancor di più (cf. Roberto de Mattei, Una storia mai scritta, pag.22; Mons, Gherardini, Un discorso da fare, p.53, ecc). Non c'è più nessuna distinzione. Mentre Mons. Lefebvre ha fatto più volte le distinzioni necessarie a proposito del liberale.(1) Questa assenza di distinzione conduce uno o l'altro di voi a un indurimento "assoluto". Ciò è grave perché questo ingigantimento degli errori non è più nella realtà e sfocerà logicamente nel futuro in un vero scisma. E probabilmente questo è uno degli argomenti che mi spinge a non più tardare a rispondere alle istanze romane. 
 
Ampiezza: da una parte si attribuiscono alle autorità presenti tutti gli errori e tutti i mali che si trovano nella Chiesa trascurando il fatto che esse cercano almeno in parte di liberarsi dei più gravi (la condanna della "ermeneutica della rottura" denuncia degli errori ben reali). D'altra parte si pretende che TUTTI siano radicati in questa pertinacia (« tutti modernisti», …. «tutti marci»). Ora ciò è manifestamente falso. Una grande maggioranza è trascinata nel movimento, ma non tutti.

Al punto cruciale tra tutti della questione, quello della possibilità di sopravvivere nelle condizioni di un riconoscimento della Fraternità da parte di Roma, noi non arriviamo alla stessa vostra conclusione.

Che si noti di passaggio che NOI NON ABBIAMO CERCATO un accordo pratico. Ciò è falso. Non abbiamo rifiutato a priori, come voi chiedevate, di considerare l'offerta del Papa, Per il bene comune della Fraternità, noi preferivamo di gran lunga la soluzione attuale di statu quo intermedio, ma chiaramente, Roma non lo tollera più.

In sé, la soluzione proposta della Prelatura personale non è una trappola. Ciò che emerge innanzitutto da ciò che la situazione presenta nell'aprile del 2012 è ben diverso da quella del 1988. Pretendere che nulla sia cambiato è un errore storico. Gli stessi mali fanno soffrire la Chiesa, le conseguenze sono ancora più gravi e manifeste di allora; ma nello stesso tempo si può constatare un cambiamento di atteggiamento nella Chiesa, aiutato dai gesti ed atti di Benedetto XVI nei confronti della Tradizione. Questo nuovo movimento, nato almeno una decina d'anni fa, va rafforzandosi. Esso tocca un buon numero (ancora una minoranza) di preti giovani, di seminaristi e anche già un piccolo numero di vescovi giovani che si distinguono nettamente dai loro predecessori, che si esprimono le loro simpatie e il loro sostegno, ma che sono ancora piuttosto messi a tacere dalla linea dominante della gerarchia a favore del Vaticano II. Questa gerarchia sta perdendo slancio. Ciò è obiettivo e mostra che non è più illusorio considerare un combattimento «intra muros», della durata e della difficoltà del quale siamo consapevoli. Ho potuto constatare a Roma come il discorso sulle glorie del Vaticano II che ci si va ripetendo continuamente, se è ancora sulla bocca di molti, tuttavia non è più in tutte le teste. Sono sempre meno coloro che ci credono.

Questa situazione concreta, con la soluzione canonica proposta, è ben diversa da quella del 1988. E quando paragoniamo gli argomenti che Mons. Lefebvre portava avanti all'epoca, concludiamo che egli non avrebbe esitato ad accettare ciò che ci è proposto. Non perdiamo il senso della Chiesa, che era così forte nel nostro venerato fondatore.

La storia della Chiesa mostra che la guarigione dei mali che la colpiscono abitualmente avviene gradualmente, lentamente. E quando un problema è finito, ce n'è un altro che comincia.... oportet haereses esse. Pretendere di attendere che tutto sia risolto per arrivare a ciò che chiamate un accordo pratico non è realista. E' molto probabile vedendo come si sviluppano le cose che la fine di questa crisi richiederà ancora decine d'anni. Ma rifiutare di lavorare sul campo perché ancora ci si trova dell'erba cattiva, che rischia di soffocare, di mettere a tacere l'erba buona trova curiosamente una lezione biblica: è Nostro Signore stesso che ci fa comprendere con la sua parabola dell'operaio che avrà sempre, sotto una forma o l'altra dell'erba cattiva da strappare e da combattere nella sua Chiesa...

Non potete immaginare quanto in questi ultimi mesi il vostro atteggiamento - ben diverso per ciascuno di voi - è stato duro per me. Esso ha impedito al superiore generale di comunicarvi e rendervi partecipi di queste grandi preoccupazioni, alle quali egli vi avrebbe associato così volentieri, se non si fosse trovato di fronte ad una incomprensione così forte e passionale. Quanto avrebbe desiderato poter contare su di voi, sui vostri consigli per sostenere questo passaggio così delicato della nostra storia.  È  una prova grande, forse la più grande di tutta la sua funzione. Il nostro venerato Fondatore ha dato ai vescovi della Fraternità una carica e dei doveri precisi. Egli ha mostrato che il principio che nella nostra società fa unità è il superiore generale. Ma già da un certo tempo, voi tentate, ciascuno in maniera diversa, di imporgli il vostro punto di vista persino sotto forma di minacce e perfino pubblicamente. Questa dialettica tra verità/fede e autorità è contraria allo spirito sacerdotale. Almeno egli avrebbe sperato che cercaste di comprendere gli argomenti che lo spingono ad aire come ha agito in questi ultimi anni, secondo la volontà della divina provvidenza.
 
Noi preghiamo per ciascuno di voi, perché in questo combattimento ben lungi dall'essere terminato ci ritroviamo tutti insieme, per la più grande gloria di Dio e per l'amore della nostra cara Fraternità. Si degni il Nostro Signore risorto e la Nostra Signora di proteggervi e benedirvi. 
 
Bernard Fellay 
Niklaus Pfluger 
Alain-Marc Nély
_______________________________
1. «Non è perché un Papa è liberale che non esiste, (…). Dobbiamo restare su una linea salda e non smarrirci nel corso delle difficoltà che viviamo. Si sarebbe tentati appunto, di soluzioni estreme, e di dire: "No, no, il papa non è solamente liberale, il Papa è eretico! Il Papa è forse probabilmente più che eretico, dunque non c`è un Papa!" Ciò non è esatto. Non è perché qualcuno è liberale , che è necessariamente eretico e che per conseguenza è fuori dalla Chiesa. Bisogna saper fare le distinzioni necessarie.Questo è molto importante per restare in una via sicura, per restare nella Chiesa. Se no, dove andremmo? Non c'è più un Papa, non ci sono più cardinali, perché se il Papa non fosse Papa, quando ha nominato i cardinali, questi cardinali non possono più nominare un Papa perché non sono cardinali. E allora? È un Angelo del cielo che ci porterà un Papa? È assurdo! E non è solamente assurdo, è pericoloso! Perché allora saremo condotti, forse, a delle soluzioni che sono veramente scismatiche» (Conferenza a Angers 1980). vedere anche Fideliter n°57, p.17 sui limiti da conservare.






[SM=g1740738]


Reverendo Mons. Fellay,
carissima FSSPX,
probabilmente non avrete mai modo di leggere queste mie righe, ma le affido ad un Postino speciale, l'Angelo Custode perchè almeno si tramutino in preghiere e suppliche e possano giungere a voi sotto forma di Grazie!
Io non sono nessuno, sono nulla, e non lo dico per scimmiottare la grande santa Caterina da Siena, ma perchè ci credo davvero e mi rivolgo a Voi come Figlia!
Sappiamo da tempo l'amarezza e il dissidio che sta avvenendo all'interno della FSSPX, e per questo dico solo una cosa: preghiamo per tutti voi, per tutta la Fraternità, per tutti i suoi 4 Vescovi. Ecco, non c'è altro da aggiungere: quando un membro soffre, tutta la Chiesa soffre, e quando un membro gioisce, tutta la Chiesa gioisce.

Reverendo Mons. Fellay,
grazie per le sue parole. Lo so, è una Lettera privata che tale avrebbe dovuto rimanere, ma tutto sommato veda un lato positivo nella sua pubblicazione: molti pregano per lei e per voi, ed ora ancor di più.
E ben sapete che molti Sacerdoti incardinati nella Chiesa sono anche con Voi, e soffrono, hanno bisogno del Vostro sostegno.
Diceva san Padre Pio che Satana sa fare bene il suo mestiere, ma che se noi sapessimo fare bene il nostro, avrebbe già perso da parecchio!
Le sue parole mi fanno intravedere il Golgota e la Croce, tutti siamo diretti lì, per i tre Vescovi che le stanno ponendo delle difficoltà vogliamo pregare ancora di più; non siete soli!
Ecco, non voglio dirle altro perchè nessuno, se davvero cattolico e davvero sacerdote, può scappare dal Calvario, siamo lì, insieme a Maria Santissima!
Aiutiamo Pietro in quella Fede che solo lui può confermarci, aiutiamoci gli uni gli altri.

Mi benedica,
per Lei e la FSSPX le mie umili preghiere!

LDCaterina

**************************

[SM=g1740733] Comunicato dalla Casa Generalizia della Fraternità San Pio X (11 maggio 2012)

Uno scambio di lettere private tra il Superiore generale della Fraternità San Pio X e gli altri tre Vescovi è stato diffuso su internet, il 9 maggio 2012. Un tale modo di procedere è condannabile.
Colui che ha infranto la confidenzialità di questa corrispondenza interna ha peccato gravemente.
Tale pubblicazione incoraggerà i fautori della divisione, ai quali la Fraternità San Pio X invita a non rispondere se non con una insistente preghiera, affinché si faccia unicamente la volontà di Dio, per il bene della Chiesa e la salvezza delle anime.

Menzingen, 11 maggio 2012


[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740750] [SM=g1740752]


[Modificato da Caterina63 12/05/2012 11:03]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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12/05/2012 15:37
 
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Comunicato della F. S. S. P. X sulla diffusione delle lettere tra i 4 vescovi

Uno scambio di lettere private tra il Superiore generale della Fraternità San Pio X e gli altri tre Vescovi è stato diffuso su internet, il 9 maggio 2012. Un tale modo di procedere è condannabile. Colui che ha infranto la confidenzialità di questa corrispondenza interna ha peccato gravemente.

Tale pubblicazione incoraggerà i fautori della divisione, ai quali la Fraternità San Pio X invita a non rispondere se non con una insistente preghiera, affinché si faccia unicamente la volontà di Dio, per il bene della Chiesa e la salvezza delle anime

Menzingen, 11 maggio 2012

Fonte DICI




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Colui che ha infranto la confidenzialità di questa corrispondenza interna ha peccato gravemente.

 

************

 

ottimo, condivido!!! chi ha reso pubblico il carteggio ha seminato l'ennesima zizzania, è zizzania!!!

ma ora che è stato reso pubblico, a maggior ragione dobbiamo TUTTI evitare  a che tale pubblicazione incoraggi la divisione... al contrario, sia questa zizzania seminata e resa pubblica, trasformarsi in un BENE MAGGIORE... e PREGANDO insieme.... raggiungere l'unità pastorale.

 [SM=g1740720]



****************


[SM=g1740733] Poichè sto lavorando, come da sempre, sulle Catechesi del Mercoledì del Papa... stamani, terminato il mio compito, non ho potuto fare altro che notare una strana e benedetta coincidenza con la Lettera di mons. Fellay e le parole del Papa Benedetto XVI proprio questo ultimo mercoledì....  
il Papa, spiegando ed insegnando sul caso particolare della leberazione di Pietro dalla carcerazione, a seguito della PREGHIERA DELLA CHIESA... sottolinea un altro aspetto interessante e dimportante e che reputo davvero una benedetta indicazione della Provvidenza Wink  
dice il Papa:  
 
Qui mi pare utile richiamare un’altra situazione non facile che ha vissuto la comunità cristiana delle origini. Ce ne parla san Giacomo nella sua Lettera. E’ una comunità in crisi, in difficoltà, non tanto per le persecuzioni, ma perché al suo interno sono presenti gelosie e contese (cfr Gc 3,14-16). E l’Apostolo si chiede il perché di questa situazione. Egli trova due motivi principali: il primo è il lasciarsi dominare dalle passioni, dalla dittatura delle proprie voglie, dall’egoismo (cfr Gc 4,1-2a); il secondo è la mancanza di preghiera – «non chiedete» (Gc 4,2b) – o la presenza di una preghiera che non si può definire come tale – «chiedete e non ottenete, perché chiedete male, per soddisfare le vostre passioni» (Gc 4,3).  
Questa situazione cambierebbe, secondo san Giacomo, se la comunità parlasse tutta insieme con Dio, pregasse realmente in modo assiduo e unanime. Anche il discorso su Dio, infatti, rischia di perdere la sua forza interiore e la testimonianza inaridisce se non sono animati, sorretti e accompagnati dalla preghiera, dalla continuità di un dialogo vivente con il Signore. Un richiamo importante anche per noi e le nostre comunità, sia quelle piccole come la famiglia, sia quelle più vaste come la parrocchia, la diocesi, la Chiesa intera. E mi fa pensare che hanno pregato in questa comunità di san Giacomo, ma hanno pregato male, solo per le proprie passioni. Dobbiamo sempre di nuovo imparare a pregare bene, pregare realmente, orientarsi verso Dio e non verso il bene proprio.  
La comunità, invece, che accompagna la prigionia di Pietro è una comunità che prega veramente, per tutta la notte, unita.
 
 
***  
naturalmente queste parole ci coinvolgono TUTTI!!! NESSUNO è ESCLUSO... ma è davvero un richiamo provvidenziale...  
Coraggio mons. Fellay!! Avanti tutta!  
Diceva santa Caterina: chi non ha battaglia, non ha vittoria, ed io voglio mettere le ossa, il sangue nella santa Chiesa!!  
la battaglia non è contro il Papa o la Chiesa "di Roma".... e solo INSIEME possiamo affrontare quelle tenebre che rendono opaca la santa Chiesa!


[SM=g1740733]
[Modificato da Caterina63 12/05/2012 15:43]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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13/05/2012 12:06
 
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L'intervista di Mons. Fellay al Catholic News Service. Equilibrio, serenità, nessuna traccia di cedimenti.

Mons. Fellay a Menzingen
Poiché la recentissima intervista di Mons. Bernard Fellay al Catholic News Service - alla quale avevamo accennato di striscio unicamente nelle discussioni - è ora riportata da contesti in cui trovano spazio interventi intrisi di malevolenza subdola e strumentale, che fanno degenerare ogni riflessione facendo il gioco dei denigratori e degli avversari, la riprendiamo anche noi, per prendere atto della situazione ed esaminare anche questi ulteriori spunti con equilibrio e speranza e con l'intento di porci come antidoto ai veleni, che purtroppo continuano ad essere alimentati sulla vicenda, così importante nella storia della Chiesa e della Fraternità.
 
Nell'intervista vediamo sottolineate le difficoltà, che abbiamo avuto occasione di constatare direttamente a causa delle recenti deplorevoli fughe di corrispondenze riservate, ma che comunque erano intuibili conoscendo la storia e le vicende della FSSPX e la mentalità che ne è maturata in molti suoi membri. Non ci stupisce quindi che Mons. Fellay, nel riconoscere le divergenze in seno alla Fraternità possa dichiarare : « Non posso escludere che ci possa essere una scissione ». Per quanto realisticamente possa essere prevedibile che in alcuni possa prevalere la sfiducia e quindi il rifiuto dell'accordo con Roma, ci auguriamo che il fenomeno, purtroppo dolorosamente fisiologico, possa esser contenuto al massimo, con l'aiuto dello Spirito Santo e della Santa Vergine anche grazie alla costante preghiera di molti cuori credenti.
 
Nell'occasione Mons. Fellay ha espresso deduzioni frutto della sua esperienza: «Penso che la mossa del Santo Padre – perché proviene davvero da lui – sia autentica. Non sembra esserci alcuna trappola. Per cui dobbiamo esaminarla con attenzione e se possibile andare avanti ». Tuttavia, nell'affermare che devono ancora essere verificate garanzie da parte del Vaticano tuttora pendenti, dichiara :« La questione non è ancora definita. Abbiamo bisogno di qualche ragionevole chiarimento che la struttura e le condizioni proposte siano praticabili. Non stiamo andando a suicidarci lì, ciò sia molto chiaro ».

Mons Fellay, nel ribadire quanto la cosa stia a cuore al Papa, aggiunge: «Personalmente, avrei voluto aspettare ancora per qualche tempo per vedere le cose più chiaramente, ma ancora una volta sembra davvero che il Santo Padre voglia che accada ora ». Mons. Fellay ha espresso apprezzamento per gli sforzi di Benedetto XVI nel correggere derive "progressiste" dalla dottrina cattolica e dalla tradizione a partire dal Vaticano II : « Molto, molto delicatamente – il Papa cerca di non rompere le cose - ma cerca anche di mettere in atto alcune importanti correzioni ».

Alla domanda se il Vaticano II stesso appartiene alla tradizione cattolica, risponde diplomaticamente: « Vorrei sperarlo ». E poi: « Il Papa dice che... il Concilio deve essere considerato all'interno della grande Tradizione della Chiesa, deve essere compreso in conformità con essa. Queste sono affermazioni su cui siamo pienamente d'accordo, totalmente, assolutamente. Il problema potrebbe essere nell'applicazione, cioè: ciò che accade realmente è in coerenza o in armonia con la Tradizione? » [Dichiarare questo non significa necessariamente che la crisi sia stata determinata dalla cattiva applicazione di un concilio buono: i buchi le ambiguità le rotture restano. Fellay ha giustamente messo in discussione che ciò che viene applicato sia in coerenza e in armonia con la tradizione, dopo aver realisticamente ammesso che il Concilio fa parte della storia della Chiesa e che quindi non può essere ignorato. Il ripareggiamento della verità farà parte della storia futura e sarà favorito da un ruolo riconosciuto all'interno della Chiesa. È quello che speriamo.]

Mons. Fellay aggiunge ancora, sull'atteggiamento della Fraternità : « noi non vogliamo essere aggressivi, non vogliamo essere provocatori ». [del resto se si vuol collaborare nel ripareggiare la verità, è bene che cessi l'accusa: ma certamente non termina la giusta critica e la corrispondente azione pastorale che diventa propositività]. Egli riconosce che la FSSPX è servita come un "segno di contraddizione" durante un periodo di crescente influenza progressista nella Chiesa. E vede la possibilità che la Fraternità continui a svolgere questo ruolo anche dopo la riconciliazione con Roma, aggiungendo la fotografia della situazione circa le reazioni prevedibili: « Alcuni ci danno il benvenuto ora, altri lo faranno in seguito, ed altri mai ». E poi: « Se vediamo alcune divergenze all'interno della Fraternità, sicuramente ce ne sono anche nella Chiesa cattolica ».

«Ma non siamo soli » a impegnarci per « difendere la Fede", ha detto il vescovo.« È il Papa stesso che lo fa. È il suo compito. E se noi siamo chiamati ad aiutare il Santo Padre in questo, così sia.»

[Modificato da Caterina63 15/05/2012 17:51]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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16/05/2012 15:20
 
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Comunicato della Santa Sede ( VISnews)

COMUNICATO FRATERNITÀ SAN PIO X 

 Città del Vaticano, 16 maggio 2012 (VIS).

Nel primo pomeriggio di oggi la Sala Stampa della Santa Sede ha reso pubblico il Comunicato che segue, relativo alla Fraternità "San Pio X".
"Come anticipato da agenzie di stampa, oggi, 16 maggio 2012, si è riunita la Sessione Ordinaria della Congregazione per la Dottrina della Fede ed è stata discussa anche la questione della Fraternità San Pio X".

"In particolare è stato esaminato il testo della risposta di S.E. Mons. Bernard Fellay, pervenuta il 17 aprile 2012, e sono state formulate alcune osservazioni che saranno tenute presenti nelle ulteriori discussioni tra la Santa Sede e la Fraternità San Pio X".

"In considerazione delle posizioni prese dagli altri tre Vescovi della Fraternità San Pio X, la loro situazione dovrà essere trattata separatamente e singolarmente".

VISnews120516

[SM=g1740733] intanto....


Card. Ranjith: affiderei volentieri il mio seminario alla FSSPX



Il Cardinale Ranjith Patabedinge ha dichiarato tempo fa che, dopo la regolarizzazione canonica della Fraternità San Pio X, affiderebbe volentieri l'istruzione e la preparazione dei suoi seminaristi a mentori lefebvriani, per meglio formare i futuri sacerdoti.
 
E' quanto riferisce, nel corso di un'omelia predicata domenica scorsa (v. al minuto 12.30), il Superiore del Distretto del Benelux della Fraternità, l'abbé Waillez, rilevando come le ragioni della Tradizioni inizino ad essere condivise anche nell'ambito della Chiesa 'ufficiale'.
Enrico (MIL)


************************************************

[SM=g1740733]  AGGIORNAMENTO IMPORTANTE - UFFICIALE

VISITA VESCOVO FELLAY CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA FEDE

Città del Vaticano, 14 giugno 2012 (VIS). Nel pomeriggio di mercoledì 13 giugno 2012 si sono incontrati il Cardinale William J. Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e Presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, ed il Vescovo Bernard Fellay, Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X, insieme ad un suo Assistente. Erano presenti anche l'Arcivescovo Luis Ladaria, Segretario della medesima Congregazione e Monsignor Guido Pozzo, Segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei.

"L’oggetto dell’incontro era quello di presentare la valutazione della Santa Sede circa il testo consegnato dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X nel mese di aprile, in risposta al Preambolo dottrinale, sottoposto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 14 settembre 2011 a detta Fraternità. Nella discussione successiva si è avuta anche la possibilità di offrire le opportune spiegazioni e precisazioni. S.E. Mons. Fellay da parte sua ha illustrato la situazione attuale della Fraternità Sacerdotale San Pio X e ha promesso di far conoscere la sua risposta in tempi ragionevoli".

"Durante il medesimo incontro si è anche consegnata una bozza di documento con il quale viene proposta una Prelatura Personale come strumento più adatto ad un eventuale riconoscimento canonico della Fraternità".

"Come già detto nel comunicato stampa del 16 maggio 2012, si conferma che la situazione degli altri tre Vescovi della Fraternità Sacerdotale San Pio X sarà trattata separatamente e singolarmente".

"A conclusione della riunione si è auspicato che anche attraverso questo momento ulteriore di riflessione si possa giungere alla piena comunione della Fraternità Sacerdotale San Pio X con la Sede Apostolica" .


Il possibile accordo con i Lefebvriani nell'intervista-video del card. Burke  
 
Clicca qui per vedere la registrazione  
 
Cardinal Burke: "with the leadership of Pope Benedict XVI and Bp. Fellay this reconciliation can take place" Speaking to the Catholic News Service of the United States Conference of Catholic Bishops (CNS) in an interview recorded a few hours ago, Cardinal Burke has remarkable words on the ongoing process...


Santa Sede - FSSPX. Recentissima intervista del car. Burke ottimista sull'accordo

[SM=g1740722] Traduzione completa più decente e più leggibile, su un testo pubblicato da Riposte catholique:

« Non ho parole per esprimere l'ammirazione che mi ispira il Papa a questo riguardo.
È chiaro che nel suo cuore tiene molto alla riconciliazione dei vescovi preti e dei fedeli della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Io credo che, con l'aiuto della Grazia di Dio, questa riconciliazione si farà.
Nel frattempo, dobbiamo dedicarci a consolidarla e ad aiutarla a progredire.
Ci saranno ostacoli sul cammino, e anche dopo, ma credo che sotto la guida di Papa Benedetto XVI, e soprattutto con la grazia di Dio, sotto la direzione del Santo Padre e con Mons. Fellay, che questa riconciliazione può realizzarsi ed essere un dono per tutta la Chiesa.
Costoro hanno la fede, essi hanno la fede cattolica e l'amore per il sacro, e anche di conseguenza, si constata nella Chiesa un nuovo apprezzamento per la Messa Tradizionale.
Credo che dovrà esserci un cambiamento nel loro modo di pensare e di agire, per mezzo del quale l'obbedienza la Santo Padre diventerà molto più concreta perché saranno posti direttamente sotto la sua direzione, cosa che non si è data per decenni. Questo cambiamento in materia d'obbedienza vale per tutta la Chiesa e ci sono coloro che hanno altre idee o approcci: il Santo Padre chiama anch'essi all'obbedienza. Credo che abbiamo da imparare da tutto questo e che con la fede cattolica e con la pratica dei sacramenti questa obbedienza può crescere, perché essa è al cuore della nostra vita nella Chiesa ».


[SM=g1740738] [SM=g1740721] [SM=g1740722] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

[Modificato da Caterina63 18/06/2012 15:28]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Lettera Aperta di don de Tanoüarn a Mons. Tissier de Mallerais  (da meditare attentamente)

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NOTA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

Città del Vaticano, 26 giugno 2012 (VIS). Di seguito riportiamo la Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede relativa alla nomina dell'Arcivescovo Augustine Di Noia, O.P., a Vice-Presidente della Pontificia Commissione "Ecclesia Dei":

"Papa Benedetto XVI ha nominato l’Arcivescovo Augustine Di Noia, O.P., Vice Presidente della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”. La nomina di un Presule di alto rango a tale incarico è segno della sollecitudine pastorale del Santo Padre per i cattolici tradizionalisti in comunione con la Santa Sede e del suo grande desiderio di riconciliazione con le comunità tradizionaliste non in unione con la Sede di Pietro.
Presidente della Commissione è il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Cardinale William J. Levada".

"La Pontificia Commissione “Ecclesai Dei” è stata istituita nel 1988 dal Beato Papa Giovanni Paolo II per facilitare la 'piena comunione ecclesiale di sacerdoti, seminaristi, comunità religiose o singoli finora legati in vari modi alla Fraternità fondata dall’Arcivescovo Lefebvre', e per promuovere la cura pastorale dei fedeli che seguono l’antica tradizione liturgica latina della Chiesa cattolica. Nel 2009, la Pontificia Commissione era strutturalmente connessa alla Congregazione per la Dottrina della Fede per esaminare le questioni dottrinali del corrente dialogo fra la Santa Sede e la Fraternità sacerdotale di San Pio X".

"In qualità di eminente teologo domenicano, l’Arcivescovo Di Noia ha dedicato molta attenzione a queste questioni dottrinali e alla priorità dell’ermeneutica di continuità e di riforma nella giusta interpretazione del Concilio Vaticano II – una area di cruciale importanza nel dialogo fra la Santa Sede e la Fraternità sacerdotale. Sotto la guida del Cardinale Levada, con l’assistenza di Monsignor Guido Pozzo, Segretario della Pontificia Commissione, negli ultimi tre anni il dialogo è andato avanti".

"In precedenza, l’Arcivescovo Di Noia è stato Segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti dove, insieme con il Prefetto, Cardinale Antonio Canizares, ha curato la riorganizzazione del Dicastero e la preparazione di un nuovo Regolamento seguendo le direttive del “motu proprio” di Benedetto XVI (30 agosto 2011) “Quaerit Semper”. L’esperienza dell’Arcivescovo Di Noia e la continua associazione con la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti faciliterà lo sviluppo di alcune condizioni liturgiche nella celebrazione del “Missale Romanum” del 1962".

"Inoltre, il grande rispetto che l’Arcivescovo Di Noia gode nella Comunità ebraica sarà di aiuto nell’affrontare alcune questioni sorte nelle relazioni Cattolico-Ebraiche, mentre ha fatto progressi il cammino verso la riconciliazione delle comunità tradizionaliste".




[SM=g1740738] [SM=g1740721] [SM=g1740722]

Cari Amici della Fraternita san Pio X, il Papa ce la sta mettendo tutta..... coraggio, tocca a voi ora.... vi aspettiamo!

[SM=g1740722]



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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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18/07/2012 17:27
 
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DICI : Come si è svolto il Capitolo generale ? In quale atmosfera ?

Mons. Fellay : In un'atmosfera molto calda, perché il mese di luglio è particolarmente torrido, nel Vallese ! Ma in un'atmosfera molto impegnata, in fondo, perché i membri del Capitolo hanno potuto avere scambi in tutta libertà, come conviene in una riunione di lavoro del genere.
 
DICI : Le relazioni con Roma sono state trattate ? Non c'erano questioni vietate ? I dissensi che si sono manifestati in seno alla FSSPX, in questi ultimi tempi, sono stati appianati ?
Mons. Fellay : Sono molte questioni ! Riguardo a Roma, siamo davvero andati in fondo alle cose, e tutti i partecipanti al Capitolo hanno potuto prendere conoscenza del dossier completo. Nulla è stato tralasciato, tra noi non ci sono tabu. Avevo il compito di esporre con precisione l'insieme dei documenti scambiati col Vaticano, cosa resa difficile dal clima deleterio degli ultimi mesi. L'esposizione ha permesso una franca discussione che ha chiarito i dubbi e dissipato le incomprensioni. Ciò ha favorito la pace e l'unità dei cuori, ed è fonte di molta gioia.
 
DICI : Come vede le relazioni con Roma dopo questo Capitolo ?
9 luglio, giuramento di osservare
il segreto d'ufficio: unità e responsabilità
Mons. Fellay : Ogni ambiguità tra noi è stata rimossa. Molto prossimamente faremo pervenire a Roma la posizione del Capitolo che ci ha dato l'occasione di precisare le tappe da seguire insistendo sulla conservazione della nostra identità, solo mezzo efficace per aiutare la Chiesa a restaurare la Cristianità. Infatti, come ho detto recentemente, « se vogliamo far fruttificare il tesoro della tradizione per il bene delle anime, dobbiamo parlare ed agire » (vedi intervista 8 giugno 2012). Non possiamo rimanere in silenzio davanti alla generalizzata perdita della fede, né davanti alla vertiginosa caduta delle vocazioni e delle pratica religiosa. Non possiamo tacere davanti all' « apostasia silenziosa » e le sue cause. Infatti il mutismo dottrinale non è una risposta a questa « apostasia silenziosa » che lo stesso Giovanni Paolo II constatava, nel 2003.
In questo percorso, intendiamo ispirarci non solo alla fermezza dottrinale di Mons. Lefebvre, ma anche alla sua carità pastorale. La Chiesa ha sempre considerato che la miglior testimonianza in favore della verità era data dall'unione dei primi cristiani nella preghiera e nella carità. Essi non costuituivano « che un cuor solo e un'anima sola », ci dicono gli Atti degli Apostoli (4, 32). Il bollettino di collegamento interno della Fraternità San Pio X s’intitola Cor unum, è un ideale comune, una parola d'ordine per tutti. Noi stessi ci separiamo con vigore da tutti coloro che hanno voluto approfittare della situazione per seminare la zizzania, opponendo gli uni agli altri i membri della Fraternità. Questo spirito non viene da Dio.

DICI : Cosa vi dice la nomina di Mons. Ludwig Müller a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede ?
Il precedente vescovo di Ratisbona, dove si trova il nostro seminario di Zaitzkofen, non ci apprezza, non è un segreto per nessuno. Dopo l'atto coraggioso di Benedetto XVI in nostro favore nel 2009, non aveva voluto affatto collaborare nello stesso senso, e ci trattava come dei parias ! È lui che allora dichiarava che il nostro seminario avrebbe dovuto esser chiuso e che i nostri studenti sarebbero dovuti andare nei seminari della loro regione di origine, prima di affermare apertamente : « I quattro vescovi della Fraternità San Pio X devono dimettersi » ! (vedere intervista in Zeit Online dell' 8 maggio 2009).
Ma più importante e più inquietante per noi è il ruolo che deve assumere a capo della Congregazione della Fede che deve difendere la Fede, la cui missione specifica è combattere gli errori dottrinali e le eresie. Infatti molti testi di Mons. Müller sulla vera transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo, sul dogma della verginità di Maria, sulla necessità di conversione alla Chiesa cattolica per i non-cattolici... sono più che discutibili ! Senz'alcun dubbio, una volta sarebbero stati oggetto di intervento da parte del Sant'Uffizio dal quale deriva la Congregazione della Fede che egli oggi presiede.

DICI : Come si presenta il futuro della Fraternità San Pio X ? Nella sua lotta per la Tradizione della Chiesa, essa è sempre su uno spartiacque ?
Mons. Fellay : Più che mai noi dobbiamo custodire questo spartiacque fissato dal nostro venerato fondatore. È una linea difficile da tenere, ma assolutamente vitale per la Chiesa ed il tesoro della sua Tradizione. Noi siamo cattolici, riconosciamo il papa e i vescovi, ma dobbiamo innanzitutto conservare inalterata la fede, sorgente della Grazia di Dio. Conseguentemente bisogna evitare tutto ciò che potrebbe metterla in pericolo, senza però sostituirci alla Chiesa cattolica, apostolica e romana. Lungi da noi l'idea di costituire una chiesa parallela esercitante un magistero parallelo !
Mons. Lefebvre lo ha ben spiegato, più di trent'anni fa: egli non ha voluto trasmettere che ciò che aveva ricevuto dalla Chiesa bimillenaria. Ed è tutto ciò che noi vogliamo al suo seguito perché non è che così che potremo aiutare efficacemente a « restaurare ogni cosa in Cristo ». Non saremo noi a rompere con Roma, la Roma eterna, maestra di saggezza e di verità. Tuttavia sarebbe irrealistico negare l'influenza modernista e liberale che si esercita nella Chiesa dal concilio Vaticano II e le riforme che ne sono scaturite. In una parola, noi conserviamo la fede nel primato del Pontefice romano e nella Chiesa fondata su Pietro, ma rifiutiamo tutto ciò che contribuisce all’« autodistruzione della Chiesa », riconosciuta dallo stesso Paolo VI, dal 1968.
Degnati, Nostra-Signora Madre della Chiesa, di affrettare il giorno della sua autentica restaurazione !
_____________________________
(Fonte : DICI n°258) - Traduzione mia
[Modificato da Caterina63 18/07/2012 17:29]
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Dichiarazione del Capitolo generale della F.S.S.P.X e primo comunicato della S. Sede

Dichiarazione del Capitolo generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X
inviata alla S. Sede
del 14 luglio 2012, pubblicata oggi 19 luglio 2012
su D.I.C.I. , via Inter Multiplices Una Vox

***

Presentazione di D.I.C.I.


Come annunciato dal comunicato della Casa generalizia della Fraternità San Pio X, del 14luglio 2012, i membri del Capitolo generale hanno inviato a Roma unadichiarazione comune. Essa è resa pubblica oggi.
Al momento dell'intervista apparsa su D.I.C.I. il 16 luglio 2012 (qui il nostro post con il testo tradotto), Mons. Bernard Fellay indicava chequesto documento era «l’occasionedi precisare la nostra tabella di marcia insistendo sulla conservazionedella nostra identità, solo mezzo efficace per aiutare la Chiesaa restaurare la Cristianità», e aggiungeva «Poiché il mutismo dottrinale nonè la risposta a questa «apostasia silenziosa» cheperfino Giovanni Paolo II constatava nel 2003».


Testo della Dichiarazione


Alla fine del Capitolo generale della Fraternità Sacerdotale San PioX, riuniti accanto alla tomba del suo venerato fondatore Mons. MarcelLefebvre, e uniti al suo Superiore generale, noi partecipanti, Vescovi,superiori e anziani di questa Fraternità, teniamo a far salireal cielo le nostre più vive azioni di grazia per i quarantadueanni di protezione divina così meravigliosa sulla nostra opera,in mezzo ad una Chiesa in piena crisi e ad un mondo che si allontana digiorno in giorno da Dio e dalla sua legge.

Noi esprimiamo la nostra profonda gratitudine a tutti i membri diquesta Fraternità, sacerdoti, frati, suore, terziari, allecomunità religiose amiche, come ai cari fedeli, per la lorodedizione quotidiana e le loro ferventi preghiere in occasione diquesto Capitolo, che ha conosciuto un franco confronto e svolto unlavoro molto fruttuoso. Tutti i sacrifici, tutte le pene accettate congenerosità hanno certamente contribuito a superare ledifficoltà che la Fraternità ha incontrato in questiultimi tempi. Noi abbiamo ritrovato la nostra profonda unione nella suamissione essenziale: conservare e difendere la fede cattolica, formaredei buoni sacerdoti e lavorare per la restaurazione dellaCristianità.

Abbiamo definito ed approvato le necessarie condizioni per unaeventuale regolarizzazione canonica. Si è stabilito che, inquesto caso, sarà convocato prima un Capitolo straordinariodeliberativo. Ma non dimentichiamo che la santificazione delle animecomincia sempre in noi stessi. Essa è opera di una fedevivificata ed operante attraverso la carità, secondo le paroledi San Paolo: « Non abbiamoinfatti alcun potere contro la verità, ma per la verità»(II Cor. XIII, 8), e anche:«Cristo ha amato la Chiesa e hadato se stesso per lei, al fine… di renderla santa e immacolata»(Cfr. Ef. V, 25 ss.).

Il Capitolo ritiene che il primo dovere della Fraternità nelservizio che intende rendere alla Chiesa, sia quello di continuare a professare, con l’aiuto diDio, la fede cattolica in tutta la sua purezza e integrità, conuna determinazione proporzionata agli attacchi che questa stessa fedeoggi non cessa di subire.

È per questo che ci sembra opportuno riaffermare la nostra fedenella Chiesa cattolica romana, la sola Chiesa fondata da Nostro SignoreGesù Cristo, al di fuori dellaquale non c’è salvezza né possibilità di trovare imezzi che conducono ad essa; nellasua costituzione monarchica, voluta da Nostro Signore, che fasì che il potere supremo di governo su tutta la Chiesaappartenga solo al Papa, Vicario di Cristo sulla terra; nella regalità universale di NostroSignore Gesù Cristo, creatore dell’ordine naturale esoprannaturale, alla quale ogni uomo eogni società devono sottomettersi.

Per tutte le novità del Concilio Vaticano II che restano viziateda errori, e per le riforme che ne sono derivate, la Fraternità può solocontinuare ad attenersi alle affermazioni e agli insegnamenti delMagistero costante della Chiesa; essa trova la sua guida inquesto Magistero ininterrotto che, con la sua azione di insegnamento,trasmette il deposito rivelato in perfetta armonia con tutto ciòche la Chiesa intera ha sempre creduto, in ogni luogo.

Parimenti, la Fraternità trova la sua guida nella Tradizionecostante della Chiesa, che trasmette e trasmetterà fino allafine dei tempi l’insieme degli insegnamenti necessari al mantenimentodella fede e alla salvezza, in attesache sia reso possibile un dibattito aperto e serio mirante ad unritorno delle autorità ecclesiastiche alla Tradizione.

Noi ci uniamo ai altri cristiani perseguitati nei diversi paesi delmondo, che soffrono per la fede cattolica, spesso fino al martirio. Illoro sangue versato in unione con la Vittima dei nostri altari èla prova del rinnovamento della Chiesa in capite et membris, secondo ilvecchio adagio «sanguismartyrum semen christianorum».

«Infine, ci rivolgiamo allaVergine Maria, anch’ella gelosa dei privilegi del suo Figlio divino,gelosa della sua gloria, del suo Regno sulla terra come in Cielo.Quante volte ella è intervenuta in difesa, anche armata, dellaCristianità, contro i nemici del Regno di Nostro Signore! Noi lasupplichiamo di intervenire oggi per scacciare i nemici interni chetentano di distruggere la Chiesa più radicalmente dei nemiciesterni. Che ella si degni di conservare nell’integrità dellafede, nell’amore per la Chiesa, nella devozione al successore diPietro, tutti i membri della Fraternità San Pio X e tuttii sacerdoti e i fedeli che operano con le stesse intenzioni,affinché ella ci difenda e ci preservi tanto dallo scisma quantodall’eresia.
«Che San Michele Arcangelo citrasmetta il suo zelo per la gloria di Dio e la sua forza percombattere il demonio.
«Che San Pio X ci facciapartecipi della sua saggezza, della sua scienza e della suasantità per discernere, in questi tempi di confusione e dimenzogna, il vero dal falso e il bene dal male.» (Mons.Marcel Lefebvre, Albano, 19 ottobre 1983).

Ecône, 14 luglio 2012

***

 

LA PRIMA RISPOSTA DELLA SANTA SEDE

Città del Vaticano, 19 luglio 2012 (VIS).
N
el primo pomeriggio di oggi la Sala Stampa della Santa Sede ha emesso il Comunicato di seguito riportato, a proposito della Dichiarazione del Capitolo Generale della Fraternità San Pio X.
"Il Capitolo Generale della Fraternità sacerdotale San Pio X, concluso nei giorni scorsi, ha pubblicato una Dichiarazione a proposito della possibile normalizzazione canonica della relazione fra la Fraternità e la Santa Sede.
Pur essendo stata resa pubblica, tale Dichiarazione rimane anzitutto un documento interno, per lo studio e la discussione fra i membri della Fraternità".
"La Santa Sede ha preso atto di questa Dichiarazione, ma resta in attesa della annunciata Comunicazione ufficiale da parte della Fraternità Sacerdotale, per la continuazione del dialogo fra la Fraternità e la Commissione “Ecclesia Dei”.

[SM=g1740733]


Sulla Dichiarazione della FSSPX. Marco Bongi : Un commento a caldo, finalmente è possibile!

 Abbiamo ricevuto e pubblichiamo :
"Ed ora, finalmente, per quanto possano esserlo le vicende umane, un punto fermo è stato posto. 
La logorante e difficilissima vicenda della possibile regolarizzazione della FSSPX è giunta ad una situazione di apparente stallo. 
Abbiamo taciuto e pregato fino ad oggi ma forse adesso è possibile formulare qualche semplice considerazione, senza temere di turbare equilibri delicatissimi.
 Chi ha vinto? 
Chi ha perso?
Non sono questi evidentemente i punti che possono interessare il semplice fedele cattolico. 
Abbiamo tuttavia assistito ad una serie di avvenimenti, prolungatisi per circa un anno. 
Impossibile non osservare, impossibile non farsi, con tutti i limiti dovuti al fatto che molti elementi del "puzle" rimangono ignoti, una opinione. 
E' legittimo, credo, pensare visto che il dono della ragione ci è stato dato dal Creatore.
 Ebbene... 
Chi esce meglio da questa interminabile vicenda quasi surreale?
Secondo me non ci sono dubbi: il Superiore Generale della FSSPX mons Bernard Fellay.
So che molti lettori non concorderanno con questa mia valutazione. 
Per questo cercherò di motivarla. 
Nessuno potrà infatti accusare mons. Fellay di scarso senso della "romanità".
Egli ha mostrato un amore verso il Papa e la Chiesa davvero commovente. 
Ha messo addirittura a rischio l'unità della Fraternità e, da un punto di vista cattolico, ciò è giusto. 
Conta ben di più la Chiesa universale che una piccola congregazione religiosa. 
Fino a quando non gli è stato chiesto esplicitamente di sacrificare qualche contenuto di Fede, egli giustamente ha creduto, ha sperato, è andato avanti. 
Ripeto infatti quanto avevo già scritto in un mio articolo precedente: se il Papa, anche se non siamo sicuri della Sua Fede personale, lo può essere del resto solo Dio, mi chiede aiuto ed obbedienza, senza pretendere nulla di falso o cattivo, io ho il dovere morale di obbedire. 
Dicendo ciò non intendo assolutamente affermare che il Papa abbia sempre ragione e non mi voglio, in alcun modo, mescolare a quei "conservatori" conciliaristi o papolatri.
Esistono criteri oggettivi e possibilità reali per distinguere cosa sia e dove stia l'autentica Tradizione Cattolica. 

Se comunque le autorità romane non avessero chiesto alcun sacrificio su punti di Fede, rimango convinto che la regolarizzazione andava doverosamente accettata.
Ma così non è evidentemente andata... 
Il Diavolo fa le pentole ma non i coperchi!
Il voltafaccia del 13 giugno probabilmente deve aver fatto riflettere molto anche mons. Fellay.
 Un segno della Provvidenza! 
Cosa è veramente successo? 
Ovviamente non lo sappiamo nei dettagli e probabilmente non lo sapremo mai. 
La lettura più convincente, almeno per ora, ci fa pensare ad un Benedetto XVI fortemente condizionato, qualcuno si spinge addirittura ad usare il termine "ricattato". 
Certo le possibilità rimangono sostanzialmente due ed entrambe assai preoccupanti: o il Papa la pensa come i suoi collaboratori della SC della Dotrina della Fede, ed allora effettivamente tutta la vicenda si riduce ad una tentata trappola, oppure, non mi sembra un peccato affermarlo, il Papa si è mostrato debole. 
Ce ne sono stati tanti di Pontefici deboli nella storia della Chiesa. ci sono stati e ce ne saranno..., a cominciare da quel Clemente XIV che cedette alle pressioni politiche e sciolse la Compagnia di Gesù. 
Ne escono male dunque il Papa e il Vaticano ma, per amore della Verità, bisogna anche ammettere che non hanno fatto una gran bella figura i cosiddetti "dissidenti" interni della FSSPX. 
Essi certamente appaiono, insieme ai progressisti ed ai conservatori, i vincitori della guerra. 
Ma le loro argomentazioni avanzate, fin dall'inizio, sono apparse pretestuose e basate su pregiudizi che non sono mai stati pienamente motivati, se non con argomentazioni prettamente umane. 
La metafora di mons. Williamson, ad esempio, dell'innesto di un ramo sano su un albero malato, avrà forse un valore in botanica, ma non appare molto evangelica: il Vangelo infatti preferisce parlare di "lievito" che fa crescere la pasta e di sale che da sapore ai cibi ovvero... di piccole quantità di bene che possono cambiare il senso della storia. 

Anche Galileo Galilei del resto, aveva avuto una buona intuizione sull'eliocentrismo, peccato che le sue argomentazioni, basate sul fenomeno delle maree, erano completamente errate.
 I dissidenti dunque sono partiti immediatamente con un rifiuto aprioristico che non dimostra spirito autenticamente cattolico. 
C'è infatti chi dice sempre "si si, si si" e chi, come questi ultimi "no no, no no". 
Ma il Vangelo ci chiede invece di saper discernere e dire "SI SI, NO NO". 
Così, almeno mi sembra, abbia fatto mons. Fellay e di ciò bisogna sinceramente rendergli merito". 
Marco BONGI

[SM=g1740758]

SANT’AGOSTINO STA CON LA FRATERNITA’

 

 
Quando ad Aprile si parlò per la FSSPX di ultimatum e sembrava già evidente che le cose fossero andate in questa maniera scrissi a Don Pierpaolo facendo appello ad uno dei miei insegnanti (Agostino) non che dottore della Chiesa Cattolica.

Molti di quelli di quelli che auspicano l’accordo, magari anche in buona fede, mancando di sano realismo, inconsapevoli che il virus del relativismo e dell’idealismo hegeliano è penetrato nel loro organismo, soprattutto se hanno fatto i miei stessi studi ed hanno la mia età, non riescono ad intravedere l’assoluta nocività di un contatto con questa gerarchia modernista.

L’analogia, che è il giusto metodo di conoscenza delle cose, anche nella fede, ci insegna che mai si sia visto un soggetto sano che abbia “attaccato la sanità” ad uno influenzato, piuttosto accade il contrario.

Questa analogia, da una parte presenta una similitudine, dall’altra anche una certa dissimilitudine, similitudine relativa, quanto al contagio, ma essenzialmente diversa quanto alla natura.

Certamente essa ci può aiutare a comprendere quanto sia più facile che la FSSPX si ammali di modernismo piuttosto che, in effetti, la gerarchia romana modernista si converta e così guarisca.

Il grande dottore della Chiesa, Agostino, così diceva:

“Spesso la divina Provvidenza permette anche che, a causa di alcune rivolte troppo turbolente dei carnali, gli uomini buoni siano espulsi dalla comunità cristiana. Ora essi, se sopporteranno pazientemente l'ingiusto affronto per la pace della Chiesa, senza cercare di dar vita a qualche nuovo scisma o eresia, con ciò insegneranno a tutti con quanta autentica disponibilità e con quanta sincera carità si deve servire Dio. È loro intenzione infatti ritornare, una volta cessata la tempesta; oppure - se ciò non è loro concesso sia per il perdurare della tempesta sia per il timore che, con il loro ritorno, ne sorga una simile o più furiosa - non abbandonano la volontà di aiutare coloro che, con i loro fermenti e disordini, ne provocarono l'allontanamento, difendendo fino alla morte, senza ricorrere a segrete conventicole e mediante la loro testimonianza, quella fede che sanno proclamata dalla Chiesa cattolica. Il Padre, che vede nel segreto, nel segreto li premia. Questo caso sembra raro; gli esempi però non mancano, anzi sono più numerosi di quanto si possa credere. Così la divina Provvidenza si serve di ogni genere di uomini e di esempi per guarire le anime e formare spiritualmente il popolo.”(Sant'Agostino- De Vera Rel. 6.11)

E’ straordinario come Agostino dipinga questa situazione, egli infatti dice “cessata la Tempesta” e non “fatta cessare la tempesta”,infatti come spesso la Divina Provvidenza permette la tempesta, alla stessa maniera la Divina Provvidenza la farà cessare: in che modo?

Soltanto Dio lo sa, sebbene alcuni indizi li abbiamo.

Qui il Santo Dottore insegna come la cura ed il Medico sia soltanto di Dio e non dei buoni ,suoi strumenti.

Gli uomini buonidevono continuare ad aiutare e testimoniare senza però, è evidente, mischiarsi con i carnali, infatti sono espulsi, non scismatici come specifica il santo1, cosa che la FSSPX continua a fare e deve continuare a fare per testimoniare quella fede che sanno proclamata dalla Chiesa cattolica.

Certo Agostino per nulla avrebbe immaginato che i carnali si sarebbero trovati all’interno della gerarchia (2), sebbene il passo non lo escluda del tutto, ma certamente vi sono tante persone, in realtà tantissime, che vogliono allontanare i buoni, i quali non si accordano e non pensano “carnalmente” come loro.

Incredibile come il Santo d’Ippona dica: “per la pace della Chiesa”

Una pace, però, se si parla di turbolenti (la turbolenza dice infatti disordine), apparente, come quella che regna oggi nella Chiesa divisa tra sette ecclesiastiche che appartengono al corpo visibile solo perché il capo non li espelle con la condanna dei loro errori, infatti se la FSSPX “rientrasse” provocherebbe ulteriori disordini e tumulti da parte dei carnalissimi cultori del conciliabolo secondo e soprattutto dei super carnalissimi “cugini nella fede”, timorosi, forse, di riveder un giorno nuovamente loro affibbiato il titolo, meritato, di deicidi.3

Con l’augurio di Sant’Agostino prego la Divina Provvidenza, chesi serve di ogni genere di uomini (anche i carnali), affinchè l’esempio sia preservato e le anime dei turbolenti possano guarire, si possa formare spiritualmente il popolo ed illuminare tutti quelli che vogliono erroneamente che la FSSPX giunga a compromessi con la roma modernista contrariamente a quanto scritto da Sant’Agostino che, è evidente, sta con la Fraternità.

 

 

NOTE

1 Infatti dice “senza creare” dopo l’espulsione che non è un atto volontario ma subito.
2 Forse anche nella stessa FSSPX, staremo a vedere.
3 Chiaramente si intende come la Chiesa ha sempre insegnato in quanto causa efficiente e morale della morta di Cristo secondo la Dottrina di San Tommaso (ST p. III q 47)

 

 

[Modificato da Caterina63 21/07/2012 23:22]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Brian M. McCall (Remnant) : Un punto di vista sulla Dichiarazione del Capitolo generale della FSSPX

 
Riprendo da La Porte Latine un articolo pubblicato dalla rivista americana The Remnant del 27 agosto 2012. Si tratta di un commento di Brian M. McCall, professore di Diritto, sulla Dichiarazione del Capitolo generale della Fraternità San Pio X.  [Ne abbiamo parlato qui]

La Dichiarazione finale del Capitolo generale indica chiaramente che la Fraternità San Pio X riconosce l'autorità del Papa, ciò che la colloca all'opposto di quasi tutti gli attuali membri della Chiesa che hanno la tendenza a negare questo principio ed a favorire, al contrario, la collegialità democratica.
Nella mia lettera aperta ai vescovi della Fraternità San Pio X, del 15 maggio 2012, (pubblicata da The Remnant nell'edizione del 15 giugno 2012), avevo sottolineato di essermi fino ad allora astenuto da ogni commento sulle discussioni in corso tra il Vaticano e la Fraternità San Pio X. Per la ragione che, nei nove mesi trascorsi, i dettagli delle discussioni erano mantenuti nella riservatezza. Al fine di tentar di minimizzare le pressioni esterne, le due parti avevano preferito mantenere riservati di vari elementi dei documenti scambiati. Gli ultimi mesi, che hanno visto una serie di fughe di informazioni riservate, hanno evidenziato la prudenza di una tale iniziativa.
 
Tuttavia, in seguito al Capitolo generale della Fraternità San Pio X, disponiamo ormai di informazioni precise sulla posizione della Fraternità San Pio X (ma non su quella del Vaticano) sulle principali questioni. La Dichiarazione finale è un modello di linguaggio chiaro e preciso. Una lettura attenta ci permette di avere una buona comprensione della posizione della Fraternità San Pio X, che si rivela essere la stessa del suo fondatore, Mons. Lefebvre. Penso che un giorno questa disposizione finale sarà considerata della stessa importanza della Dichiarazione del 1974. Essa in ogni caso dissipa molte illazioni e miti che si sono sparsi su internet come la peste, nel corso di settimane.

Dalla Dichiarazione del Capitolo generale si ricavano i seguenti punti :

La Fraternità San Pio X è unificata sulla sua missione

Negli ultimi tempi il diavolo sembra aver concentrato i suoi sforzi per bersagliare la Fraternità San Pio X dall'interno e dall'esterno. I suoi nemici hanno così tentato di seminare la divisione e la discordia. Alcuni, forse inconsciamente mossi da una buona volontà apparente, Pensando perfino di tentar di aiutare la Fraternità San Pio X, hanno creato un clima di paura e d'instabilità. È in risposta a questa scalata emozionale che ho scritto ai quattro vescovi dopo Roma nel maggio scorso. La mia richiesta era la seguente : che avesse luogo pubblicamente una riunione dei Dirigenti della Fraternità San Pio X per assicurare i preti e i fedeli dimostrando anche che, pur mantenendo la necessità di un dibattito franco e aperto, essi convergevano tutti sul fondamento dei principi cattolici che hanno dato vita alla Fraternità San Pio X.

Il Capitolo generale ha risposto a questo bisogno e ormai dovrebbe rassicurare preti e fedeli sul profondo sentimento di unità tra i suoi dirigenti. Il Superiore generale si è anche intrattenuto con i vescovi, i Superiori di Distretto ed i membri più anziani della Fraternità San Pio X ed ha concluso che dopo « una franca discussione », i dubbi e le incomprensioni sono stati « sciolti » (vedi l'intervista con Mons. Bernard Fellay). Così, come informa la Dichiarazione del Capitolo generale, « noi abbiamo trovato la nostra unione profonda nella sua missione essenziale : custodire e difendere la fede cattolica, formare dei buoni preti e operare per la restaurazione della cristianità » (DICI n°259 del 10/08/12).
 
In mezzo a tutti i comunicati diplomatici e manovre del Vaticano, il Capitolo ha umilmente riconosciuto che è facile perdersi (come molti di noi han compreso nel corso dei nove mesi trascorsi). Questo riconoscimento permette di dissipare la coltre di confusione che ha fatto sorgere tutte le recenti difficoltà.
 
Il sistema migliore per superare la confusione è quello cattolico : tornare ai principi di base ed agli obiettivi. La  Fraternità San Pio X  ha così ristabilito il legame profondo della sua unità fondata sulla triplice missione del suo fondatore, Mons. Lefebvre : la difesa della fede, la formazione dei sacerdoti e il combattimento per Cristo-Re. Malgrado l'importanza della regolarizzazione canonica della Fraternità San Pio X che le permetterebbe di ritrovare, in tutta giustizia, la sua legalità, la Dichiarazione precisa che questo obiettivo non è la sua ragion d'essere. Che questo torto un giorno sia riparato non è altro che legittimo, ma è solamente accidentale rispetto alla missione prioritaria della Fraternità San Pio X, che non è altro che offrire questi tre doni alla Chiesa, per il bene della Chiesa. Una adesione così chiara ai suoi fondamenti dovrebbe indurre tutti gli osservatori, all'interno ed all'esterno, a constatare che le nuvole degli ultimi nove mesi sono disciolte.

La Fraternità San Pio X professa la sua intera adesione alla Chiesa Cattolica
e alla Roma eterna, madre e maestra di verità

Mentre gli attuali responsabili delle diocesi, delle università e degli istituti religiosi promanano errori ed eresie quasi ogni giorno e in tutto il mondo, è solo dalla Fraternità San Pio X che si esige una professione pubblica delle fede cattolica. Ora, la semplice asserzione « Credo tutte le verità che ci avete rivelato e che ci insegnate attraverso la vostra Santa Chiesa » sembra esser divenuta l'oggetto di un importante guazzabuglio di manovre diplomatiche da parte del Vaticano, che ha inviato segnali contraddittori sull'interpretazione di ciò che occorre farne. Sembra che la Santa Sede abbia cercato di piacere a tutti, tanto a chi critica il Vaticano II che ai progressisti profondamente attaccati ad esso.... La  Fraternità San Pio X ha purificato questa atmosfera diplomatica pubblicando una professione di fede semplice, usando un vocabolario ed uno stile del tutto tradizionali :

(Noi riaffermiamo) la nostra fede nella Chiesa cattolica romana, la sola Chiesa fondata da Nostro Signore Gesù Cristo, al di fuori della quale non c’è salvezza né possibilità di trovare i mezzi che conducono ad essa; nella sua costituzione monarchica, voluta da Nostro Signore, che fa sì che il potere supremo di governo su tutta la Chiesa appartenga solo al Papa, Vicario di Cristo sulla terra; nella regalità universale di Nostro Signore Gesù Cristo, creatore dell’ordine naturale e soprannaturale, alla quale ogni uomo e ogni società devono sottomettersi. (DICI n°259 del 10/08/2012).

Questo passaggio esprime veramente tutto con estrema chiarezza ed ha la funzione di una professione di fede particolarmente adatta al nostro tempo. Riafferma in particolare i tre dogmi più attaccati in questa nostra epoca : « Extra Ecclesiam nulla salus, fuori della Chiesa, niente salvezza » ; la natura monarchica – e non collegiale – della Chiesa ; la Regalità sociale di Cristo alla quale tutti gli uomini e le nazioni devono sottomettersi e senza la quale nemmeno la virtù naturale e la pace sono possibili. Questi tre dogmi sono effettivamente rifiutati dalla libertà (possibilità di salvezza o di elementi di salvezza fuori dalla Chiesa), l'uguaglianza (diniego della regola gerarchica data da Cristo) e la fraternità (governo collegiale della Chiesa) promosse dai partigiani del Vaticano II o la « Rivoluzione francese nella Chiesa », per parafrasare il cardinale Suenens.

Invece di premere su Mons. Fellay perché firmi un preambolo dottrinale, il Vaticano dovrebbe esigere da ogni superiore, presidente di università e vescovo che firmi la Dichiarazione citata qui sopra se desidera conservare la sua funzione. Penso che in conseguenza ci sarebbero diversi posti vacanti!  

Questa potente riaffermazione della fede, come si rapporta alla questione che ci preoccupa, e al problema che è alla radici della crisi attuale – « in mezzo ad una Chiesa in piena crisi e un mondo che si alontanan di giorno in giorno da Dio e dalla sua legge » ? La Dichiarazione finale indica chiaramente che la causa di questa situazione è da cercare sia nelle novità del Concilio Vaticano II che nei cambiamenti pratici che ne sono seguiti.
 
Per tutte le novità del Concilio Vaticano II che restano viziate da errori, e per le riforme che ne sono derivate, la Fraternità può solo continuare ad attenersi alle affermazioni e agli insegnamenti del Magistero costante della Chiesa; essa trova la sua guida in questo Magistero ininterrotto che, con la sua azione di insegnamento, trasmette il deposito rivelato in perfetta armonia con tutto ciò che la Chiesa intera ha sempre creduto, in ogni luogo. (DICI n°259 du 10/08/2012).

Questo passaggio è stato redatto con molta cura e deve essere compreso tal quale. Innanzitutto, non è detto che la Chiesa ha ufficialmente promulgato degli errori, dire questo verrebbe a negare l'infallibilità della Chiesa. Non si rigetta l'insieme del Concilio come erroneo, o come foriero di eresie. Si afferma che la sola maniera di valutare le novità del concillio Vaticano deve farsi alla luce delle « affermazioni e insegnamenti del Magistero costante della Chiesa ». Sottolineiamo che è chiaramente stabilito in questa dichiarazione, che gli errori non si trovano nel Magistero della Chiesa, ma che solo le novità ne sono « intaccate ». La soluzione proposta non è altro che quella di San Vincenzo da Lerino che resiste alla prova del tempo da 1500 anni :

Nella Chiesa cattolica stessa, bisogna vigilare con attenzione, ad attenersi a ciò che è stato creduto ovunque, e sempre, e da tutti; perché è questo che è propriamente cattolico, come mostrano la forza e l'etimologia della parola stessa che contiene l'universalità delle cose. E infine così accadrà se seguiamo l'universalità, l'antichità, il consenso generale. Noi seguiremo l'universalità, se confessiamo come unica vera la fede che confessa la chiesa intera diffusa in tutto l'universo; l'antichità, se non ci allontaniamo in nessun punto dai sentimenti palesemente condivisi dai nostri santi antenati e dai nostri padri; il consenso, infine, se in quest'attività stessa, noi adottiamo le definizioni e le dottrine di tutti, o almeno di quasi tutti i vescovi e dottori. (Capitolo 4 del Commonitorium A.D. 434)

Più tardi, nella stessa opera, San Vincenzo spiega ciò che questa regola significa per la Chiesa :

La Chiesa di Cristo, lei, custode attenta e prudente dei dogmi che le sono stati dati in deposito non vi cambia mai nulla, non aggiunge nulla, non toglie nulla; essa non sottrae ciò che è necessario né aggiunge del superfluo; non lascia perdere ciò che le appartiene né usurpa ciò che appartiene ad altri. (capitolo 25 del Commonitorium).

Per ammissione stessa del Papa, il  Vaticano II contiene elementi nuovi. E mentre il Santo Padre vorrebbe che il cerchio fosse quadrato, tentando di trovare delle novità in continuità con il loro contrario, la Fraternità di San Pio X non fa che ripetere ciò che diceva San Vincenzo rispondendo alla domanda di sapere come considerare le novità: attenersi a ciò che è stato creduto sempre e ovunque. In altre parole : « affermazioni e insegnamenti del Magistero costante della Chiesa ». È tutto ciò che possiamo fare di fronte alla novità che sono state diffuse.

La Fraternità San Pio X non è scismatica

Già 42 anni fa, praticamente all'inizio della sua storia, i nemici della Fraternità San Pio X le hanno appiccicato l'etichetta di « scismatica » al fine di screditarla. Normalmente, coloro che utilizzano questo termine fanno fatica a definirlo. Lo scisma è un atto della volontà. Essere scismatico significa negare l'autorità del Papa e dei vescovi uniti a lui, e dunque scegliere di separarsi dalla Chiesa. Contrariamente allo stato d'eresia che può prodursi senza averne l'intenzione, non si può divenire scismatici involontariamente.

Bisogna staccarsi dalla Chiesa, consapevolmente e volontariamente. La Dichiarazione indica chiaramente che la Fraternità riconosce l'autorità del Papa (contrariamente, di fatto, a quasi tutto il resto della Chiesa che la nega in favore della collegialità democratica).  La professione di fede citata sopra dichiara espressamente che  « il potere supremo del governo di tutta la Chiesa appartiene solo al Papa vicario di Cristo sulla Terra ». Sfido chiunque a trovare un esempio storico di uno scismatico riconosciuto che ha pubblicamente espresso tali propositi. Non ci sarà mai nessuno, questa affermazione essendo tutto il contrario dell'intenzione dello scisma. Si ritrova questa ferma volontà di evitare lo scisma nella preghiera alla nostra Signora (alla fine della Dichiarazione) :

« Che ella si degni di conservare nell’integrità della fede, nell’amore per la Chiesa, nella devozione al successore di Pietro, tutti i membri della Fraternità San Pio X e tutti i sacerdoti e i fedeli che operano con le stesse intenzioni, affinché ella ci difenda e ci preservi tanto dallo scisma quanto dall’eresia. »

Ecco parole difficilmente scismatiche !

Speriamo dunque che la calunnia contro la Fraternità San Pio X infine cessi.

Cosa succederà ora ?

Come riceverà il Vaticano questa Dichiarazione, dopo aver correttamente preso atto della sua pubblicazione ? È oggi ancora difficile speculare su questa domanda. La Dichiarazione non rifiuta altre riunioni o discussioni con il Vaticano. Non rifiuta ogni regolarizzazione canonica, ma dichiara semplicemente che ogni proposta necessiterà di un voto deliberativo del Capitolo generale. Esigenza che mostra che l'unità della Fraternità San Pio X deve essere conservata nel processo il che è semplicemente una partecipazione al carattere di unità della Chiesa.

Se il Vaticano dovesse reagire con un ritorno della persecuzione, lanciando ad esempio nuove scomuniche, la chiarezza di questa Dichiarazione renderebbe assurdo l'atteggiamento del Vaticano. Per quale delitto la Fraternità San Pio X sarebbe scmunicata? Per restare fedele alle « affermazioni e insegnamento del Magistero costante della Chiesa » ? Per riaffermare il dogma definito Extra Ecclesiam nulla salus ? Per la sua difesa della Regalità sociale di Nostro Signore e il suo desiderio di veder la ricostruzione dlella cristianità ? I suoi preti saranno dichiarati scismatici per aver pregato al fine di essere preservati dallo scisma ? Una tale farsa sarebbe simile all'assurdità che è stata riferita da  The Remnant più di dieci anni fa, quando un sacerdote ha tentato di far arrestare don Michael McMahon (FSSPX) e i suoi studenti per aver recitato il Rosario in una Chiesa cattolica del Michigan. Come i lettori senza dubbio ricorderanno, la polizia non poteva capire come un prete cattolico dovesse essere arrestato per aver recitato una preghiera cattolica in una chiesa cattolica. Alla fine è stato il prete progressista ad essere ridicolizzato.

La Dichiarazione prevede comunque questa possibilità di nuove persecuzioni. Il Capitolo generale ha espresso il desiderio di unirsi « agli altri cristiani perseguitati in altri paesi del mondo che soffrono per la fede cattolica, molto spesso fino al martirio ». Questa frase esprime il presentimento di nuove persecuzioni a venire e l'accettazione di subirle, se tale è la volontà di Dio, al fine di raccoglierne i più grandi frutti per la fede.

Tuttavia speriamo che Dio proibisca una tale reazione disastrosa da parte del Vaticano, che porta già la responsabilità di tante ferite a causa di decenni di gestione imprudente. Quale sarà la reazione del clero e dei fedeli se il Vaticano, che permette il disprezzo puro e semplice della fede in ogni luogo, minacciasse nuovamente di scomunicare un piccolo gruppo di preti per le sue intenzioni di vivere e di credere seguendo ciò che i cattolici hanno fatto da sempre?

Se Benedetto XVI vuole veramente favorire la restaurazione della Chiesa dopo la crisi post-conciliare dovrebbe semplicemente riconoscere la bellezza di questa posizione di fede cella Fraternità San Pio X e dichiararla unilateralmente in comunione con la Chiesa. Ciò può sembrare impossibile ma ricordiamo che la Fraternità Sam Pio X ha appena offerto una crociata di 12 milioni di rosari per la Chiesa. Niente è impossibile a Dio ed Egli non può rifiutare nessuna richiesta fatta dalla sua Santa Madre.
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[Traduzione in tandem di Maria e di Luisa]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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21/09/2012 18:46
 
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Intervista di Paolo Facciotto a
Don Pierpaolo Maria Petrucci

Superiore del Distretto italiano della
Fraternità San Pio X


dal sito della Fraternità in italia



 


- Può darmi qualche numero del distretto italiano della FSSPX nell’ultimo anno (quanti nuovi seminaristi e/o nuovi sacerdoti, ecc.)

Due sacerdoti italiani (e riminesi) hanno partecipato all’ultimo Capitolo generale della Fraternità San Pio X. Don Davide Pagliarani, Superiore del Seminario de La Reja, in Argentina, ed io stesso, in qualità di Superiore del Distretto d’Italia.
Quest’anno un nuovo giovane sacerdote ha raggiunto il nostro Priorato di Albano: don Massimo Sbicego che, dopo aver lasciato la diocesi di Vicenza, ha trascorso un anno nel nostro seminario di Ecône, in Svizzera. Per il momento cinque seminaristi italiani sono in formazioni di cui due dovrebbero essere ordinati sacerdoti il prossimo anno.

- Il Capitolo si è concluso riconfermando l'unità interna alla Fraternità, quindi anche con coloro che non vedevano di buon occhio gli sviluppi dei colloqui con la Santa Sede. D'altra parte mons. Fellay ha ribadito “non siamo noi che rompiamo con Roma”, “lungi da noi l'idea di costituire una Chiesa parallela”, “noi riconosciamo il Papa e i Vescovi”. È un’apertura a un ulteriore dialogo?

Il dialogo non sarà certo interrotto da parte nostra poiché non pretendiamo difendere opinioni personali. Per circa un anno e mezzo tre sacerdoti della Fraternità, guidati da un nostro vescovo, Mons. de Galarreta, hanno spiegato ai rappresentanti della Congregazione per la Dottrina della Fede che il nostro rigetto delle nuove dottrine del Concilio Vaticano II è motivato dalla loro opposizione al Magistero perenne della Chiesa. Ogni qual volta saremo chiamati dalle autorità romane a questo confronto risponderemo all’appello.


- Intendo rispettare il vincolo di segretezza cui è legato sui documenti intercorsi tra Fraternità e Santa Sede. Posso chiederle però di spiegarmi in parole semplici almeno un punto di controversia sui testi del Concilio Vaticano II?

Un punto di controversia è, per esempio, l’erronea affermazione che esistano verità salvifiche, nelle religioni non cristiane, anche se in contraddizione con quanto la Chiesa “crede e propone”. (Nostra Aetate n° 2). Tale dottrina è fondata sul non identificare più la Chiesa di Cristo con la Chiesa Cattolica (Lumen gentium n° 8). Tutte le religioni, in particolare quelle cristiane, divengono allora “strumenti di salvezza”, (Unitatis redintegratio n° 3).
Questa dottrina si oppone all’insegnamento tradizionale del Magistero ed è all’origine di tutta una pastorale che mina lo spirito missionario del Corpo Mistico.

- Mons. Fellay ha fatto riferimento alla vostra Fraternità come “un cuore solo e un’anima sola”. Immagino che per voi sia ciò a cui tendere a riguardo di tutta la Chiesa. Lei si dichiara ottimista circa il fatto che un domani la Fraternità ritrovi una piena comunione con la Chiesa?

La comunione nella Chiesa è fondata essenzialmente sulla fede. Poiché, come Gesù lo ha promesso, “le porte dell’inferno non prevarranno”, un giorno la Chiesa rigetterà gli errori che sono penetrati nel suo seno e il problema della Fraternità San Pio X non avrà più ragione d’essere. Ma fino a quando essa sarà minacciata da dottrine eterodosse, professate anche dalle più alte autorità, sarà per noi un dovere di coscienza continuare a denunciarle. Il fatto che sia stato nominato come Prefetto della Congregazione per dottrina della fede un vescovo che ha posizioni, per lo meno ambigue su punti capitali della fede cattolica, come il mistero della presenza reale di Gesù Cristo nell’Eucarestia, mostra che questa crisi nella Chiesa non è ancora finita.



settembre 2012

AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI

[SM=g1740758]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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10/11/2012 11:28
 
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[SM=g1740738] una commovente Omelia di mons. Fellay che ritengo, nel suo insieme, corretta, profonda, vera.... molto sofferta ma sincera e che vogliamo affidare alla Misericordia di Dio affinchè ci aiuti a risolvere al più presto questa divisione, o meglio, a risolvere le contraddizioni in cui la Chiesa naviga da troppi anni....


Mons. Fellay, 1 novembre. Non possiamo negare la realtà in nome della Fede

 
Il 1° novembre 2012, Nella festa di Ognissanti, Mons. Bernard Fellay ha celebrato la Messa nel seminario di Ecône. Nel corso del sermone, dopo aver ricordato il senso spirituale di questa festa, ha esposto lo stato delle relazioni della Fraternità San Pio X con Roma. – Titolo e sottotitoli sono della redazione di DICI.

(…) Perché c'è una Fraternità di San Pio X? Perché diventiamo sacerdoti? Non è solo per il piacere di celebrare l'antica messa è per andare in Paradiso, è, per salvare le anime! Certo, pur custodendo i tesori della Chiesa, ma con lo scopo di salvare le anime, di santificarle strappandole al peccato, portandole al cielo, portandole a Nostro Signore.

A che punto siamo con Roma? Permettetemi di spiegare due punti. In primo luogo, uno sguardo a ciò che è accaduto. Poi, uno sguardo sul presente e forse sul futuro.

Primo: quanto è successo. Una prova, forse la più grande che abbiamo mai avuto, è dovuta a una combinazione di diversi fattori che si sono verificati nello stesso tempo e ha creato uno stato di confusione, di dubbio molto profondo che lascia ferite e  anche una delle più gradi ferite, quella che ci provoca dolore enorme: la perdita di uno dei nostri vescovi. Questo non è nulla! Questo non è dovuto solo alla crisi attuale. Questa è una storia lunga, ma che trova la sua conclusione qui.

Due messaggi contrari da parte di Roma

Dunque, cos'è successo? Credo che il primo fattore è un problema che si incontra da diversi anni e che ho citato, almeno dal 2009. Ho detto che ci troviamo ad affrontare la contraddizione di Roma. E c'è stata una manifestazione di questa contraddizione nelle nostre relazioni con la Santa Sede da circa un anno, da settembre, nel fatto che ho ricevuto attraverso i canali ufficiali alcuni documenti che esprimevano chiaramente la volontà da parte di Roma di riconoscere la Fraternità, ma era necessario firmare un documento che non potevamo firmare. E nello stesso tempo c'era un'altra linea di informazioni che mi giungeva, e mi era impossibile dubitare della sua autenticità. Questa linea di informazioni diceva realmente qualcosa di diverso.
 
Ciò è iniziato a metà agosto, mentre non ho ricevuto il documento ufficiale che il 14 settembre 2011. Da metà agosto, una persona del Vaticano ci dice: « Il Papa sta per riconoscere la Fraternità e ciò sarà come al momento delle scomuniche, cioè senza contropartite ». Ed è in questo stato d'animo che mi disponevo alla riunione del 14 settembre preparando gli argomenti, dicendo: « Ma hai attentamente riflettuto su quello che stai facendo? Cosa stai cercando di fare? Non funzionerà ». E infatti, il documento che ci è stato presentato era completamente diverso da quello che ci era annunciato.
 
Ma non ho avuto una sola fonte, ho avuto diverse comunicazioni che dicevano la stessa cosa. Un cardinale ha dichiarato: «Sì, è vero, ci sono divergenze, ma è il Papa che lo vuole ». Questa stessa persona che ci aveva dato questa informazione ci ha detto, dopo che abbiamo ricevuto il documento ufficiale: «Questo non è ciò che vuole il papa » Contraddizione!
 
Cosa bisognava fare? Vista la serietà delle informazioni che ci indicavano che il papa voleva fare qualcosa, ma fino a che punto? Ero costretto a verificarlo. Ma era impossibile comunicarlo ai fedeli. Ciò avveniva attraverso i canali informali, ma molto vicini al papa. Vi cito alcune delle frasi che mi giungevano. In primo luogo questo: « So bene che sarebbe più facile per me e per la Fraternità rimanere al punto in cui si è » . Ciò che mostra chiaramente che egli è consapevole che avrà lui stesso problemi, e noi anche. Ma fino a che punto vuole andare?
 
Altre affermazioni del Papa : « La Fraternità sa che la soluzione del problema è al cuore delle priorità del mio Pontificato ». O ancora: « Ci sono uomini in Vaticano che stanno facendo tutto il possibile per buttare a monte i progetti del Papa ». E quest'altra : « Non temete, poi potrete continuare a confutare, quanto volete, proprio come adesso ». E quest'altra affermazione: « Il Papa è al di sopra della Congregazione per la Dottrina della fede, anche se la Congregazione per la Dottrina della Fede prende una decisione negativa nei vostri confronti, il Papa la oltrepasserà ».

Questo è il tipo di informazioni che mi arrivavano. Ovviamente ciò non è chiaro, quando da un lato vi sono documenti ufficiali, a cui si deve dire di no, perché ci chiedono di accettare il Concilio e ciò non è possibile, e quando invece dall'altro lato vi sono comunicate tali informazioni. Ciò nonostante ho fatto una prima risposta in cui dicevo no. Qualcuno mi ha telefonato per dirmi: « Non potresti essere un po' più preciso? » Ho scritto una seconda volta. Non erano più contenti rispetto alla prima volta. E così arriviamo al 16 marzo, quando mi si presenta una lettera, dicendo: « Questa lettera viene dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, ma è approvata dal Papa ». Se non avessi in mano che questa lettera, le nostre relazioni con Roma sarebbero chiuse, perché questa lettera diceva che non si ha il diritto di opporre il Magistero del passato a quello di oggi. Quindi nessuno ha il diritto di dire che oggi le autorità romane sono in contraddizione rispetto a ieri. Diceva anche che rifiutare il testo del 14 settembre, documento esplicitamente approvato dal Papa, equivaleva di fatto a rifiutare l'autorità del papa. C'era anche un riferimento ai canoni che parlano di scisma e sulla scomunica per scisma. La lettera continuava: « Il Papa, nella sua bontà, vi lascia un altro mese per riflettere, se volete tornare sulla vostra decisione, informatene la Congregazione per la Dottrina della Fede ». Dunque è chiaro! Non c'è più niente da fare. Questa lettera che mi arriva dal canale ufficiale chiude il dibattito. È finita. Ma al tempo stesso, ricevo un parere informale che mi dice: « Sì, riceverà una lettera dura, ma mantenga la calma », o addirittura: « Niente panico ».

La lettera al Papa e la sua risposta

È perché ci sono stati interventi di questo tipo, che mi sono permesso di bypassare la Congregazione per la Dottrina della Fede e di scrivere direttamente al Papa. E anche perché mi sono reso conto che il punto più delicato delle nostre relazioni era il seguente: le autorità romane erano persuase che in teoria dicevamo di riconoscere il Papa, ma in pratica respingevamo tutto. Esse sono convinte che per noi, dal 1962, non rimane altro: più nessun Papa, più nessun Magistero. Ho ritenevo che avrei dovuto correggere ciò, perché non è vero. Respingiamo molte cose, non siamo d'accordo con molte cose, ma quando si dice che lo riconosciamo come papa, che è la verità, crediamo onestamente che lo si riconosce come papa. Riconosciamo che è perfettamente in grado di compiere atti papali.
 
E così mi sono permesso di scrivere. Si trattava ovviamente di una questione delicata, perché era necessario dire al tempo stesso che siamo d'accordo e che non siamo d'accordo. Questa lettera estremamente delicata sembra essere stata approvata dal papa e persino in seguito dai cardinali. Ma nel testo che è stato presentato a me nel mese di giugno, tutto quello che avevo rimosso perché non poteva essere accettato era stato reinserito.

Quando mi è stato consegnato questo documento, ho detto: « No, non firmo questo, la Fraternità non ha intenzione di firmare ». Ho scritto al Papa: « Non possiamo firmare ciò », spiegando: « Fino ad ora, dal momento che non siamo d'accordo sul concilio e poiché lei desidera, a quanto pare, di riconoscerci, avevo pensato che fosse disposto a mettere da parte il Concilio ».  Ho dato un esempio storico, quello dell'unione con i Greci in occasione del Concilio di Firenze, in cui non si è raggiunto un accordo sulla questione dell'annullamento del matrimonio a causa di infedeltà. Gli ortodossi pensano che questo è un motivo che può annullare un matrimonio, la Chiesa cattolica no. Essi non hanno raggiunto un accordo. Che cosa hanno fatto? Hanno messo da parte il problema. Si vede molto chiaramente la differenza tra il decreto per gli Armeni, dove si parla della questione del matrimonio, e il caso dei greci, dove essa è omessa. Ho fatto questo riferimento dicendo: « Forse si può fare la stessa cosa, forse pensa che sia più importante riconoscerci come cattolici piuttosto che insistere sul Concilio. Ma ora con il testo che ci si consegna, penso che mi sono sbagliato. Allora diteci cosa volete davvero. Perché queste domande seminano confusione tra noi ».
 
Il Papa mi ha risposto con una lettera del 30 giugno in cui pone tre condizioni:
  • La prima è che dobbiamo riconoscere che il Magistero è il giudice autentico della Tradizione apostolica, questo significa che è il Magistero che ci dice ciò che appartiene alla Tradizione. Questo è vero. Ma, ovviamente, le autorità romane desiderano utilizzarlo per dire: riconoscete ciò, e dunque ora noi decidiamo che il Concilio è tradizionale, e dovete accettarlo. Il che, per inciso, è la seconda condizione.
  • È necessario per noi accettare il fatto che il Concilio è parte integrante della Tradizione, della Tradizione apostolica. Ma qui si dice che l'osservazione di tutti i giorni ci dimostra il contrario. Come si potrebbe dire tutto in una volta che questo Concilio è tradizionale? Per essere in grado di dire una cosa del genere, hanno cambiato completamente il significato del termine «Tradizione ». E infatti ci rendiamo conto chiaramente che hanno cambiato il significato della parola « Tradizione », perché non è senza significato che il Concilio Vaticano II ha respinto la definizione di San Vincenzo di Lérins, che è quella del tutto tradizionale: « Ciò che è creduto da tutti, ovunque, e sempre ».
    « Ciò che è stato creduto » è un oggetto. Ora, per loro, la Tradizione è qualcosa di vivo, non è più un oggetto, è quello che chiamano la « Chiesa soggetto », è la Chiesa che cresce. Questo è tradizione, che di epoca in epoca fa cose nuove e  accumula, e questo accumulo è una tradizione che si sviluppa, che ingrandisce. Questo senso è anche vero, ma è secondario.
  • In terzo luogo, è necessario accettare la validità e la liceità della Messa Nuova
Avevo mandato a Roma i documenti del Capitolo Generale, la nostra dichiarazione finale che è chiara, e le nostre condizioni per l'eventuale, quando sarà il momento, accordo in merito a un possibile riconoscimento canonico. Queste sono le condizioni senza le quali è impossibile per la Fraternità vivere; ciò sarebbe semplicemente auto-distruzione. Perché accettare tutto ciò che è accaduto oggi nella Chiesa sarebbe distruggere noi stessi. Sarebbe abbandonare tutti i tesori della tradizione.
 
Perché ci sono queste contraddizioni a Roma?

La riconciliazione proposta, infatti, ci costerebbe riconciliarci con il Vaticano II. Non con la Chiesa, non con la Chiesa di tutti i tempi. Inoltre, non c'è bisogno di riconciliarsi con la Chiesa di tutti i tempi, noi ci siamo. E Roma ha detto: « Non abbiamo ancora ricevuto la risposta ufficiale ». Ma per tre volte ho risposto che non si poteva, che eravamo su questa strada.
 
Non molto tempo fa, abbiamo avuto una presa di posizione del presidente della  Ecclesia Dei, che è allo stesso tempo il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che affermava che le discussioni con la Fraternità sarebbero chiuse. E sabato scorso, una nuova dichiarazione della  Ecclesia Dei, dice: « No, bisogna concedere loro un po' di tempo; è comprensibile che dopo trenta anni di dibattito abbiano bisogno di una certa quantità di tempo, si vede che hanno un ardente desiderio di riconciliarsi ». Ho l'impressione che ce l' hanno più di noi. E ci chiediamo: cosa sta succedendo?
 
Ovviamente questo ancora una volta semina confusione, ma non dobbiamo permettere di lasciarci turbare. Noi continuiamo per la nostra strada. Semplicemente. Avete qui, ancora una volta, una manifestazione della contraddizione che si trova a Roma. Perché c'è contraddizione? Naturalmente, perché ci sono persone che vogliono continuare lungo la strada moderna, lungo il cammino di distruzione, di demolizione, e poi ci sono altri che stanno cominciando a rendersi conto che non funziona e che ci vogliono bene. Ma possiamo mettere la nostra fiducia in loro? Dipende dalle circostanze, non è sufficiente volerci bene.
 
In tutte queste discussioni, sono arrivato alla conclusione - e credo che questo spiega ciò che sta accadendo -, che il papa davvero, molto sul serio vorrebbe riconoscere la Fraternità. Tuttavia le condizioni che egli pone sono impossibili per noi. Le condizioni che si trovano nella sua lettera sono per noi semplicemente impossibili.
 
Dire che il Concilio è tradizionale! Considerando tutto ciò che ci dice il contrario! Cinquant'anni di storia della Chiesa dice il contrario! Dire che la nuova Messa è buona! Anche in questo caso si devono solo aprire gli occhi per vedere il disastro. L'esperienza che abbiamo avuto in questi ultimi anni con i sacerdoti che vengono a  trovarci è istruttiva. Ho di nuovo avuto uno di questi incontri, poco tempo fa. Ero in Argentina, dove ho conosciuto un prete relativamente giovane che non sapeva assolutamente nulla di Tradizione, che stava scoprendo la Messa. Questa è stata la prima volta che ha visto una Messa tradizionale: fino a poco tempo fa non sapeva nemmeno della sua esistenza. Qual è stata la sua reazione? Ha detto che era terribilmente frustrato, arrabbiato con coloro che gli avevano nascosto questo tesoro! Ecco la sua reazione: «Questa è la Messa? E non ce lo hanno mai detto! ».
 
La tradizione è un tesoro, non un arcaismo

La strada che conduce fuori da questa crisi è molto semplice. Se vogliamo parlare di una nuova evangelizzazione, i termini che usiamo non sono importanti, l'unico modo per uscire dalla crisi è quello di tornare a ciò che la Chiesa ha sempre fatto. Che è molto semplice, che non è complicato. E non è essere anacronistici o arcaici. So bene che viviamo nel mondo di oggi. Non stiamo vivendo ieri o l'altro ieri, ci sono -è vero- nuovi problemi, ma le soluzioni del buon Dio ci sono! Queste soluzioni sono eterne. Sappiamo che in nessun momento vi è una situazione nella nostra vita in cui saremmo privi di grazia. Ogni volta che vi è una scelta, ogni volta che c'è una tentazione, il Buon Dio ci dà la grazia proporzionata alla situazione in modo da superarla. I comandamenti di Dio sono validi oggi come ieri. Dio rimane Dio, vediamo!
 
Quindi, quando ci dicono che è necessario adattarsi al mondo, di adattarci al suo linguaggio ... o qualsiasi altra cosa, è necessario cercare di spiegare le cose. Sì, è vero, ma non abbiamo bisogno di cambiare la Verità. La strada verso il cielo rimane sempre un cammino di rinuncia al peccato, a Satana e al mondo. Questa è la prima condizione che troviamo nelle promesse battesimali: « Rinunci a Satana? Rinunci alle sue opere ? » Questo è ancora il modo, Non ce n'è nessun altro. Le persone fanno discorsi oggi circa i divorziati risposati. L'anno scorso i vescovi tedeschi hanno detto che uno dei loro obiettivi era quello di arrivare alla comunione per i divorziati risposati. Bene! La Chiesa, e non solo la Chiesa, ma il buon Dio ci dice: no, non è necessario regolare immediatamente questa situazione. Il buon Dio dà la grazia a coloro che sono in una situazione difficile. Nessuno dice che è facile! Quando un matrimonio è rotto, si tratta di una tragedia, ma il buon Dio dà la grazia. Coloro che sono in questo stato devono essere forti, e la Croce di Nostro Signore li aiuta, ma non si va a ratificare [i secondi matrimoni] o fare come fanno qui nella diocesi di Sion, dove hanno un rito per benedire queste unioni. Non lo si dirà mai troppo forte, ma è una realtà. Ora, si tratta di benedire il peccato; e ciò non può venire dal buon Dio! I sacerdoti o i vescovi che  fanno ciò conducono le anime all'inferno. Stanno facendo esattamente il contrario di ciò che essi sono stati chiamati a fare quando sono diventati sacerdoti o vescovi.

Questa è la realtà della Chiesa che ci troviamo di fronte! E come si può dire di sì a tutto questo? Questa è la tragedia della Chiesa che stiamo affrontando.
 
Ora, per parlare del futuro, quello che cercheremo di fare con le autorità romane è dire loro che non serve far finta, per il bene della fede, che la Chiesa non può sbagliare. Perché, a livello di fede, noi siamo completamente d'accordo circa l'assistenza dello Spirito Santo, ma è necessario aprire gli occhi su ciò che sta accadendo nella Chiesa! È necessario smettere di dire: la Chiesa non può fare nulla di male, quindi la nuova Messa è buona. È necessario smettere di dire: la Chiesa non può errare, e quindi non vi è alcun errore in seno al Concilio. Ma guardate la realtà, dunque! Non ci può essere contraddizione tra la realtà che apprendiamo e la fede. È lo stesso Dio buono che ha fatto le due. Pertanto, se vi è una contraddizione apparente, vi è certamente una soluzione. Forse non ce l'ho ancora, ma non abbiamo intenzione di negare la realtà in nome della fede! Ora, questa è veramente l'impressione che si ha riguardo a ciò che Roma sta cercando di imporci oggi. E qui noi rispondiamo: non possiamo. Questo è tutto.
 
E quindi continuiamo, accada quel che accada! Sappiamo bene che un giorno questo cimento, un cimento che riguarda tutta la Chiesa, finirà, ma non sappiamo come. Cerchiamo di fare tutto ciò che possiamo. Non bisogna aver paura. Il buon Dio è  al di sopra di tutto ciò, Egli è ancora il capo. Questa è la cosa straordinaria. E la Chiesa, anche in questo stato, è ancora santa, è ancora in grado di santificare. Se oggi, fratelli miei carissimi, riceviamo i sacramenti, la grazia, la fede, è attraverso questa Chiesa Cattolica Romana, non attraverso i suoi difetti, ma di certo in questa vera e propria, Chiesa concreta. Non è un'immagine, non è un'idea, è una realtà, l'aspetto più bello di cui oggi celebriamo: è il Cielo. Bene! Il cielo è preparato quaggiù. Questa è la bellezza della Chiesa, questo combattimento terrificante, straordinario con le forze del male nel quale la Chiesa si trova, e anche in questo stato di sofferenza terribile in cui si trova oggi, è ancora in grado di trasmettere la fede, di trasmettere la grazia, i sacramenti. E se diamo loro, questi sacramenti e questa fede, è attraverso questa Chiesa, è in nome di questa Chiesa, è come strumenti e membri della Chiesa cattolica, che lo facciamo.
 
Che i santi del cielo, gli angeli possano venire in nostro aiuto e ci sostengano! Ovviamente non è facile, ovviamente, abbiamo paura. Questo è ciò che Graduale di oggi dice. È necessario aver timore di Dio. Per quelli che lo temono, il buon Dio dà tutto. Non dobbiamo avere paura di avere timore del Signore. Il timore del Signore è l'inizio della saggezza. Che ci condurrà attraverso i labirinti della vita di quaggiù verso il cielo, dove la Beata Vergine Maria, Regina di tutti i Santi, Regina degli Angeli, è in realtà la nostra protettrice, veramente la nostra Madre. Se diciamo di Nostro Signore che Egli vuole essere tutto in tutti, dobbiamo dire quasi la stessa cosa della Beata Vergine. Abbiamo una madre in cielo che ha ricevuto da Dio un potere straordinario, il potere di schiacciare la testa di Satana, per schiacciare tutte le eresie. Quindi possiamo anche dire che lei è la madre della fede, la madre di grazia. Cerchiamo di andare da lei. Cerchiamo di consacrare a lei le nostre vite, le nostre famiglie, le nostre gioie, le nostre sofferenze, i nostri progetti, i nostri desideri. Sia Lei a condurci a quel paradiso eterno in modo che si possa sempre godere della felicità eterna con tutti i Santi, questa visione di Dio che è la visione beatifica. Così sia. Amen.
Mons. Bernard Fellay
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[Fonte: DICI - Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]


[SM=g1740738]
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L’arcivescovo Di Noia, vicepresidente di Ecclesia Dei, ha scritto a Fellay e ai preti della Fraternità San Pio X. Per riprendere il dialogo

andrea tornielli
roma - 19.1.2013

 

Nuova mossa della Santa Sede verso la Fraternità San Pio X: il vicepresidente di Ecclesia Dei Augustin Di Noia, nelle cui mani da pochi mesi Benedetto XVI ha affidato lo scottante dossier lefebvriano, ha scritto al vescovo Bernard Fellay. E attraverso di lui si è rivolto a tutti i sacerdoti della Fraternità, indicando un percorso per riannodare i fili di un dialogo interrotto dallo scorso giugno.

 

Come si ricorderà, dopo anni di discussioni dottrinali, nel giugno 2012 la Congregazione per la dottrina della fede aveva consegnato al superiore lefebvriano un preambolo dottrinale approvato da Ratzinger la cui sottoscrizione era premessa per l’accordo e la sistemazione canonica che avrebbe riportato la Fraternità alla piena comunione con Roma. La Santa Sede attendeva una risposta nel giro di alcune settimane. Ma la risposta non è mai arrivata. 
Il cammino intrapreso è sembrato però interrotto, e le dichiarazioni dalle due parti non sono apparse concilianti: il nuovo Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede Gehrard Müller ha criticato in modo aspro le posizioni lefebvriane, mentre stanno facendo ancora discutere le controverse dichiarazioni di Fellay sui «nemici della Chiesa» che si sarebbero opposti all’accordo con Roma, tra i quali il vescovo lefebvriano ha inserito anche gli «ebrei».

 

La mossa di Di Noia rappresenta una novità. L’arcivescovo statunitense, domenicano, è un teologo preparato e realista. Nella lettera che ha inviato a Fellay prima di Natale, chiedendo al superiore della San Pio X di farla arrivare a tutti i preti della Fraternità, Di Noia propone un metodo per riprendere il dialogo, compiendo così un ultimo tentativo di fronte allo stallo e a difficoltà che sembrano oggettivamente difficili da superare. Secondo l’autorevole vaticanista francese Jean Marie Guenois, l’ispiratore della missiva sarebbe lo stesso Benedetto XVI, che l’avrebbe riletta e autorizzata. Nella missiva, informa Guenois, si parla del forte desiderio di «superare le tensioni» esistenti. Nel documento, di otto pagine, vengono toccati tre punti essenziali: lo stato attuale dei rapporti, lo spirito di questi rapporti e il metodo per riprendere il dialogo interrotto. A proposito dell’interpretazione del Concilio Ecumenico Vaticano II, uno dei punti più controversi del dialogo, Di Noia ritiene che le relazioni siano ancora «aperte» e «piene di speranza», nonostante certe recenti dichiarazioni di parte lefebvriana. Il vicepresidente di Ecclesia Dei sancisce forse per la prima volta così autorevolmente l’esistenza, nei rapporti con la San Pio X, di un «impasse» di fondo e l’assenza di passi in avanti sull’interpretazione del Concilio.

 

Nella seconda parte del documento si sottolinea l’importanza dell’unità della Chiesa e dunque la necessità di evitare «l’orgoglio, la collera, l’impazienza». Il «disaccordo su dei punti fondamentali» non deve escludere di dibattere delle questioni controverse con uno «spirito di apertura». Infine, la terza parte della lettera, propone due vie d’uscita per uscire dallo stallo attuale. La prima è il riconoscimento del carisma di monsignor Lefebvre, e dell’opera da lui fondata, che era quello della «formazione di preti» e non quello della «retorica controproducente», né quello di «giudicare e correggere la teologia» o ancora di «correggere pubblicamente gli altri nella Chiesa». La seconda – presente nel documento Donum Veritatis pubblicato nel 1990 a proposito della dissidenza dei teologi progressisti – consiste nel considerare legittime, nella Chiesa cattolica le «divergenze» teologiche, ricordando però che le obiezioni devono essere espresse internamente, non pubblicamente, per «stimolare il magistero» a formulare meglio i suoi insegnamenti. E non devono dunque mai prendere la forma di un «magistero parallelo».

 

A Roma ora di attende una risposta. Sperando che questa volta sia positiva.



[SM=g1740733]

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Testo integrale della Lettera di Avvento di Mons. Augustine Di Noia, Vice-Presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei alla FSSPX

 
Avvento 2012
Eccellenza, cari fratelli sacerdoti della Fraternità Sacerdotale san Pio X,

È con gioia che ho appreso la soddisfazione che vi ha dato [questa frase non esiste sul testo inglese] la nostra ultima dichiarazione (28 ottobre 2012) che ha affermato in maniera pubblica e autorizzata che le relazioni della Santa Sede con la Fraternità sacerdotale S. Pio X restavano aperte e piene di speranza. Finora, a parte le sue decisione ufficiali, la Santa Sede si è, per differenti ragioni, astenuta dal rettificare certe affermazioni inesatte a proposito della sua condotta della sua competenza in queste relazioni. Comunque sia, viene il momento in cui, nell'interesse della verità, la Santa Sede sarà obbligata ad affermare alcune di queste indelicatezze. Particolarmente dolorose sono state le prese di posizione che attaccano la persona e la missione del Santo Padre : ciò, ormai, richiede una risposta.
Recenti prese di posizione di membri della Fraternità che occupano importanti posti di autorità non possono che far dubitare della possibilità effettiva d'una riconciliazione. si pensa, in particolare, a interviste rilasciate dal Superiore del Distretto di Germania, già Superiore generale della Fraternità (18 settembre 2012) e dal primo Assistente generale della Fraternità (16 ottobre 2012), come pure ad un recente sermone del Superiore generale (1 novembre 2012). Il tono e il contenuto di queste dichiarazioni hanno suscitato una certa perplessità sull'affidabilità nonché sulla effettiva possibilità d'un proseguimento delle nostre relazioni. Mentre la Santa Sede attende pazientemente una risposta ufficiale della Fraternità, alcuni suoi superiori tengono, nelle comunicazioni non ufficiali, un linguaggio che, agli occhi di tutti, appare come un rifiuto delle disposizioni richieste per la riconciliazione e la regolarizzazione canonica della Fraternità nella Chiesa cattolica.
Inoltre, ripercorrendo la storia delle nostre relazioni dopo gli anni 1970, si è indotti alla constatazione obiettiva che i termini del nostro disaccordo in ordine al Concilio Vaticano II restano, di fatto, immutati. Con la sua autorità magistrale, la Santa Sede ha sempre affermato che occorre interpretare i testi del Concilio alla luce della Tradizione e del Magistero, e non l'inverso, mentre la Fraternità ha insistito nel dire che certi insegnamenti del Concilio sono erronei e dunque non suscettibili di ricevere una interpretazione in armonia con la Tradizione e il Magistero. Col passare degli anni, questo punto morto è rimasto più o meno tale e quale. Pur permettendo un fruttuoso scambio di vedute su alcuni temi precisi, i tre anni di colloqui dottrinali appena conclusi fondamentalmente non hanno portato cambiamenti alla situazione.
In queste circostanze, mentre rimane la speranza, è chiaro che nei nostri scambi dovrebbe essere introdotto un elemento nuovo, se non vogliamo apparire alla Chiesa, al grande pubblico e, in definitiva a noi stessi, come impegnati in uno scambio cortese, ma senza uscita né frutto. Occorre sviluppare considerazioni nuove, di natura più spirituale e teologica, che trascendano i disaccordi importanti e apparentemente insormontabili sull'autorità e l'interpretazione del Concilio Vaticano II, oggetto della nostra attuale divisione; queste considerazioni saranno centrate sul nostro dovere di preservare e di amare l'unità e la pace della Chiesa, che sono volute da Dio.
Mi sembra opportuno introdurre queste nuove considerazioni sotto forma di una lettera personale per l'Avvento, indirizzata personalmente a lei così come ai membri della Fraternità sacerdotale. La sua posta in gioco non è altro che l'unità della Chiesa.

La salvaguardia dell'unità della Chiesa

In questo contesto, tornano in mente le parole di San Paolo : « Vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti. » (Ef 4, 1-6).
Con queste parole, l’apostolo Paolo ci invita a custodire l'unità della Chiesa, l'unità che è data dallo Spirito e ci unisce all'unico Dio « che regna al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti » (Ef 4, 6). La vera unità è un dono dello Spirito, e non il risultato della nostra azione.
Tuttavia, le nostre decisioni e le nostre azioni ci rendono capaci di cooperare nell'unità dello Spirito o di agire contro le mozioni dello Spirito. Conseguentemente, san Paolo ci esorta a vivere «in maniera degna della vocazione che abbiamo ricevuto » (Ef 4, 1), a vivere custodendo il dono prezioso dell'unità.
Al fine di perseverare nell'unità della Chiesa, san Tommaso d’Aquino sottolinea che, secondo San Paolo, « bisogna coltivare quattro virtù e bandire i quattro vizi che vi sono contrapposti » (Commentario alla Lettera agli Efesini, § 191). Cosa bisogna evitare sulla via dell'unità ? L’orgoglio, l'ira, l’impazienza e lo zelo disordinato. Secondo l’Aquinate, « il primo vizio rifiutato da [san Paolo] è l'orgoglio. Quando una persona arrogante decide di dirigere gli altri, mentre questi altri, nella loro fierezza, rifiutano di sottomettersi, sorgono discordie nella società, e scompare la pace … La collera è il secondo vizio. Poiché un collerico è portato all'ingiustizia, verbale o fisica, ciò che produce confusione. …Il terzo è l'impazienza. Talvolta, un uomo umile e dolce, che si vieta di provocare scompiglio, non sopporta con pazienza gli attacchi effettivi o supposti che sono portati contro di lui. … Il quarto vizio è lo zelo disordinato. Lo zelo disordinato può portare su qualunque cosa; a causa di esso, gli uomini giudicano tutto ciò che vedono, senza attendere momento e luogo opportuni, ed è una catastrofe per la società » (ibid.).
Come possiamo agire contro questi vizi ? San Paolo ci dice : « abbiate molta umiltà, dolcezza e pazienza, sopportatevi gli uni gli altri con amore » (Ef 4, 2).
Secondo l’Aquinate, facendoci vedere la bontà presente negli altri e riconoscere le nostre forze e le nostre debolezze, l'umiltà ci aiuta ad evitare lo spirito di rivalità nei nostri rapporti con gli altri. La dolcezza « appiana le difficoltà e conserva la pace » (Commentario alla Lettera agli Efesini, § 191). Essa ci aiuta ad evitare le manifestazioni disordinate di collera donandoci la serenità di fare il nostro dovere con uniformità d'umore e in uno spirito di pace. La pazienza ci rende capaci di sopportare la sofferenza per ottenere il bene ricercato, soprattutto se è difficile da raggiungere o se circostanze esteriori si schierano contro la realizzazione dell'obbiettivo. La carità fa evitare lo zelo disordinato donandoci di sostenerci gli uni gli altri, « assumendoci i difetti degli altri con carità » (ibid.). San Tommaso dà questo consiglio : « Quando qualcuno cade, non bisognerebbe immediatamente correggerlo, a meno che non ci sia un tempo e un luogo per questo. Bisognerebbe attendere con compassione, poiché la carità tutto sopporta (1 Co 13, 7). Non si tratta di tollerare per negligenza o complicità, per familiarità o amicizia carnale, ma per carità. … Noi che siamo forti, dobbiamo portare le infermità dei deboli (Rm 15, 1)» (ibid.).
Il prudente consiglio di San Tommaso può esserci utile, se accettiamo di essere formati dalla sua saggezza. Nel corso degli ultimi quarant'anni, le nostre relazioni non sono state talvolta carenti di umiltà, di dolcezza di pazienza e di carità ?
Ricordiamoci di ciò che ha scritto Papa Benedetto XVI ai suoi fratelli nell'episcopato per spiegare la promulgazione del motu proprio Summorum Pontificum : «Guardando al passato, alle divisioni che nel corso dei secoli hanno lacerato il Corpo di Cristo, si ha continuamente l’impressione che, in momenti critici in cui la divisione stava nascendo, non è stato fatto il sufficiente da parte dei responsabili della Chiesa per conservare o conquistare la riconciliazione e l’unità; si ha l’impressione che le omissioni nella Chiesa abbiano avuto una loro parte di colpa nel fatto che queste divisioni si siano potute consolidare. Questo sguardo al passato oggi ci impone un obbligo: fare tutti gli sforzi, affinché a tutti quelli che hanno veramente il desiderio dell’unità, sia reso possibile di restare in quest’unità o di ritrovarla nuovamente. » (Lettera del 7 luglio 2007).
Come le virtù d'umiltà, di dolcezza di pazienza e di carità possono modellare i nostri pensieri e le nostre azioni.
Innanzitutto se cerchiamo umilmente di riconoscere la bontà che esiste in coloro con cui possiamo essere in disaccordo anche su punti apparentemente fondamentali, siamo capaci di esaminare le questioni disputate in uno spirito di apertura e in tutta buona fede. In secondo luogo, se abbiamo una vera dolcezza, possiamo conservare uno spirito di serenità evitando di parlare con un tono che divide o di sviluppare considerazioni imprudenti che offenderanno invece di favorire la pace e la reciproca comprensione. In terzo luogo, se conserviamo una vera pazienza, riconosceremo che, nella ricerca del bene prezioso che perseguiamo, dobbiamo volere, se necessario, accettare la sofferenza dell'attesa. Infine, se ancora sentiamo il bisogno di correggere i nostri fratelli, ciò deve avvenire con carità, nel momento e nel luogo adatti.
Nella vita della Chiesa, tutte queste virtù tendono a preservare « l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace » (Ef 4, 3). Se i nostri rapporti sono segnati dall'orgoglio, dalla collera, dall'impazienza o dallo zelo disordinato, la nostra ricerca inquieta del bene della Chiesa non ci condurrà che all'amarezza. Se, d’altra parte, la grazia di Dio ci fa crescere in verità nell'umiltà, dolcezza, pazienza e carità, la nostra unità nello spirito sarà mantenuta e noi cresceremo più profondamente nell'amore di Dio e del prossimo, portando a compimento tutta la legge che Dio ci ha donata.
Se insistiamo tanto sull'unità della Chiesa, è perché essa riflette la comunione della santa Trinità ed è da essa operata. Come leggiamo in un sermone di Sant'Agostino : « Il Padre e il Figlio ci hanno augurato di essere in comunione con essi e tra noi ; attraverso questo dono, che entrambi possiedono come se non fossero che uno, hanno desiderato unirci a loro e unirci fra di noi attraverso lo Spirito Santo che è Dio e dono di Dio » (Sermone 71, 18).
L’unità della Chiesa non è una cosa che non otterremmo da noi stessi attraverso il nostro proprio potere ma è un dono della grazia divina. E' riconoscendo ciò che Agostino può dire : « Un nemico dell'unità non partecipa dell'amore di Dio. Conseguentemente coloro che sono fuori della Chiesa non hanno lo Spirito Santo » (Lettera 185, § 50). Ecco parole che raggelano : un nemico dell'unità diviene nemico di Dio, perché rifiuta il dono che Dio ci ha fatto. « Come provare che amiamo il nostro prossimo ? » chiede sant'Agostino. « Non frantumando la sua unità, perché osserviamo la carità » (Omelie sulla prima Lettera di Giovanni 2, 3). Ascoltiamo cosa dice sant'Agostino a coloro che dividono la Chiesa : « Voi non avete la carità, perché, in nome del vostro onore, provocate divisioni nell'unità. Comprendete dunque attraverso questo che lo Spirito viene da Dio. … Voi vi separate voi stessi dall'unità del mondo, voi dividete la Chiesa con scismi, voi lacerate il corpo di Cristo. Egli è venuto nella carne per riunirlo ; voi, gridate per lacerarlo » (ibid. 6, 13). Come possiamo evitare di divenire nemici di Dio ? « Che ciascuno interroghi il suo cuore. Se qualcuno ama suo fratello, lo Spirito di Dio abita in lui. Che egli guardi, che egli metta alla prova se stesso sotto lo sguardo di Dio ! Che egli veda se esiste in lui un amore della pace e dell'unità, un'amore della Chiesa sparsa su tutta la terra ! » (ibid. 6, 10).
Come dunque comportarci con coloro con cui è difficile essere amici ? Ascoltiamo sant'Agostino : « Amate i vostri nemici in modo da desiderare di averli per amici ; amate i vostri nemici in modo da farne dei compagni » (ibid. 1, 9). Per Agostino, la forma autentica dell'amore non può essere che un dono di Dio : « Chiedete a Dio di potervi amare gli uni gli altri. Voi dovreste amare tutti gli uomini, anche i vostri nemici, non perché sono vostri fratelli, ma perché possono diventarlo, in modo da poter essere sempre infuocati dell'amore fraterno, sia per colui che è divenuto vostro fratello, che per il vostro nemico, in modo che amandolo, egli possa divenire vostro fratello » (ibid. 10, 7).
L’exemple de l’amour qui transforme nos ennemis en amis nous vient, en dernière analyse, du Christ lui-même : « Aimons-nous, car il nous a aimés le premier (4, 19). Comment aimerions-nous, s’il ne nous avait aimés le premier ? Par son amour, nous sommes devenus ses amis, mais il nous a aimés comme ennemis, de manière à faire de nous suoi amis. Il nous a aimés le premier et nous a accordé les moyens de l’aimer » (ibid. 9, 9).
Per sant'Agostino, l'unità della Chiesa viene dunque dalla comunione della Beata Trinità e dv'essere mantenuta, se vogliamo restare in comunione con Dio stesso. Attraverso la grazia di Dio, dobbiamo preservare questa unità con una grande determinazione, anche se ciò implica sofferenze e una paziente resistenza : « Sopportiamo il mondo, sopportiamo le tribolazioni, sopportiamo lo scandalo dei processi. Non torniamo sui nostri passi. Restiamo saldi nell'unità della Chiesa resistiamo in Cristo nell'unità della Chiesa, resistiamo in Cristo, resistiamo nell'amore. Non abbandoniamo le membra della sua sposa, non abbandoniamo la fede, in modo da poter essere glorificati nella sua presenza, e noi saremo sicuri in lui, da subito per la fede e più tardi attraverso la visione di cui lo Spirito Santo ci ha dato il pegno » (ibid. 9, 11).

Il posto della Fraternità sacerdotale nella Chiesa

Cosa vi è dunque chiesto nella presente situazione ? Certamente di non perdere lo zelo del vostro fondatore, Monsignor Lefebvre. Lungi da ciò ! Al contrario, vi si chiede di ravvivare la fiamma del suo zelo ardente per la formazione degli uomini al sacerdozio di Gesù Cristo. È sicuramente venuto il momento di abbandonare la retorica aspra e contro produttiva che è sorta nel corso degli anni passati.
Ritornare al carisma un tempo affidato a Monsignor Lefebvre, il carisma della formazione dei preti nella pienezza della Tradizione cattolica per esercitare presso i fedeli un apostolato che scaturisca da questa formazione sacerdotale. Ecco il carisma sul quale la Chiesa fece discernimento quando la Fraternità Sacerdotale San Pio X fu approvata nel 1970. Non abbiamo dimenticato il giudizio elogiativo formulato dal Cardinal Gagnon sul seminario di Écône nel 1987.
Il carisma autentico della fraternità consiste nel formare preti per il servizio al popolo di Dio, non a darsi la missione di giudicare e correggere la teologia o la disciplina d'altri nella Chiesa. Dovrete centrarvi sulla trasmissione di una formazione filosofica, teologica, pastorale, spirituale e umana dei vostri candidati, perché essi possano predicare la parola di Cristo e agire come strumenti della grazia di Dio nel mondo, in particolare attraverso la celebrazione solenne del santo Sacrificio della Messa.
Occorrerà certamente prestare attenzione ai passaggi del Magistero che vi sembrano difficili da conciliare con l'insegnamento magisteriale, ma queste questioni teologiche non dovrebbero costituire il centro della vostra predicazione o della vostra formazione.
Sulla questione di sapere chi è competente per correggere un abuso, possiamo considerare il caso di san Pio X e dei suoi interventi nel campo della musica sacra. Nel 1903, san Pio X promulgò il celebre motu proprio Tra le sollecitudini, che promuoveva in tutta la Chiesa una riforma della musica sacra. Questo documento segnava lo sbocco di due iniziative antecedenti di Giuseppe Sarto : un votum sulla musica sacra scritto su richiesta della Sacra Congregazione dei Riti nel 1893, ed una lettera pastorale sulla riforma della musica sacra nella Chiesa di Venezia pubblicata nel 1895.
Questi tre documenti avevano sostanzialmente lo stesso contenuto. Eppure, il primo era una lista di suggerimenti per la Chiesa romana, il secondo una istruzione per i credenti situati sotto la giurisdizione del Patriarcato di Venezia, e il terzo una serie di disposizioni valide per la Chiesa universale. In quanto Papa, san Pio X aveva l'autorità necessaria per segnalare gli abusi in materia di musica sacra nel mondo intero, mentre, come vescovo, non poteva intervenire che nella sua diocesi. Con le sue prescrizioni disciplinari e dottrinali, San Pio X poteva trattare i problemi nella Chiesa su un piano universale, precisamente a causa della sua autorità universale.
Anche se siamo convinti che il nostro punto di vista su una questione particolare disputata è giusto, non dobbiamo usurpare la missione del Sovrano Pontefice arrogandoci il diritto di correggere pubblicamente gli altri nella Chiesa. Noi possiamo proporre e cercare d'influire, ma non mancare di rispetto nei confronti delle legittime autorità locali o agire contro di esse. Dobbiamo rispettare il genere proprio di diverse sorta di istanze : è la fede che bisognerebbe predicare nei nostri pulpiti e non l'ultima interpretazione di ciò che crediamo problematico in un documento magisteriale.
Fu un errore fare di ogni punto difficile dell'interpretazione teologica del Vaticano II materia di una controversia pubblica cercando di spingere coloro che non sono competenti in teologia ad adottare il nostro punto di vista su punti teologici delicati.
L’Istruzione Donum Veritatis sulla vocazione ecclesiale del teologo (Congregazione per la Dottrina della Fede, 1990) afferma che un teologo può « degli interrogativi concernenti, a secondo dei casi, l’opportunità, la forma o anche il contenuto di un intervento del magistero », sebbene « La volontà di ossequio leale a questo insegnamento del Magistero in materia per sé non irreformabile deve essere la regola » (§ 24).
Tuttavia, un teologo « non presenterà le sue opinioni e le sue ipotesi divergenti come se si trattasse di conclusioni indiscutibili. Questa discrezione è dettata dal rispetto della verità e dal rispetto del popolo di Dio (cf. Rm 14, 1-15 ; 1 Co 8 ; 10, 23-33). Per le stesse ragioni il teologo rinuncerà alla loro espressione pubblica e intempestiva » (§ 27).
Se, dopo una intensa, paziente e leale riflessione da parte sua, rimangono difficoltà «è dovere del teologo far conoscere alle autorità magisteriali i problemi suscitati dall’insegnamento in se stesso, nelle giustificazioni che ne sono proposte o ancora nella maniera con cui è presentato. Egli lo farà in uno spirito evangelico, con il profondo desiderio di risolvere le difficoltà. Le sue obiezioni potranno allora contribuire ad un reale progresso, stimolando il Magistero a proporre l’insegnamento della Chiesa in modo più approfondito e meglio argomentato. In questi casi il teologo eviterà di ricorrere ai «mass-media» invece di rivolgersi all’autorità responsabile, perché non è esercitando in tal modo una pressione sull’opinione pubblica che si può contribuire alla chiarificazione dei problemi dottrinali e servire la verità ». (§ 30).
Questa parte del compito del teologo condotta in uno spirito leale e animato dall'amore per la Chiesa può talvolta essere difficile « Può essere un invito a soffrire nel silenzio e nella preghiera, con la certezza che se la verità è veramente in causa, essa finirà necessariamente per imporsi. » (§ 31).
Tuttavia un esame critico degli atti del magistero non deve mai divenire una sorta di « magistero parallelo » dei teologi (cf. § 34), perché esso deve essere sottoposto al giudizio del Sovrano Pontefice che ha « il compito preservare l'unità della Chiesa, con la sollecitudine di offrire a tutti l'assistenza per rispondere con i mezzi opportuni a questa vocazione e grazia divina » (Lettera apostolica Ecclesiae unitatem § 1).
Noi vediamo dunque che, per coloro che, nella Chiesa hanno il dovere o la missione canonica di insegnare c'è posto per un impegno veramente teologico e non polemico con il Magistero. Intellettualmente parlando in ogni caso non possiamo concentrarci unicamente sulla controversia. I problemi teologici difficili non possono essere adeguatamente trattati se non attraverso l'analogia della fede, cioè la sintesi di tutto ciò che il Signore ci ha rivelato. Vedremo ogni dottrina e articolo di fede come sostenendo gli altri e imparare a capire i legami interni che esistono fra ognuno degli elementi della nostra fede.
Per intraprendere studi di teologia, dobbiamo avere un'adeguata un'esperienza culturale, biblica e filosofica. Penso, ad esempio, a un passaggio del Codice di Diritto canonico del 1917 riprodotto nell'introduzione di Benziger all'edizione inglese della Summa Teologica : « I religiosi che hanno già fatto gli studi classici dovranno studiare la filosofia per almeno due anni e la teologia per quattro anni, seguendo l'insegnamento di San Tommaso e in accordo con le istruzioni della Sede apostolica » (CIC 1917, can. 589). Consideriamo la saggezza di questa direttiva: la teologia deve essere intrapresa da coloro che sono stati ben formati sia nelle scienze umanistiche che in filosofia. La Congregrazione per l'Educazione cattolica ha recentemente richiesto che lo studio della filosofia duri tre anni durante la formazione al sacerdozio. Senza questa apertura, la nostra ricerca teologica non avrà il ricco humus culturale sul quale la fede si radica e che è indispensabile per una piena comprensione dei concetti e dei termini filosofici che sottendono le formulazioni dottrinali della Chiesa.
Se ci focalizziamo soltanto sulle questioni più difficili e controverse, - che devono, certamente, essere oggetto di grande attenzione - possiamo finire col perdere il senso dell'analogia della fede e metterci a vedere la teologia soprattutto come una sorta di dialettica intellettuale sui soggetti conflittuali più che come un impegno di saggezza con il Dio vivente che si è rivelato a noi in Gesù Cristo e che, attraverso lo Spirito Santo, ispira il nostro lavoro, la nostra predicazione e la nostra azione pastorale.

Conclusione

Con la sua maniera magnanima di esercitare il munus Petrinum, papa Benedetto XVI è estremamente desideroso di superare le tensioni che sono esistite tra la Chiesa e la vostra Fraternità. Una riconciliazione ecclesiale immediata e totale metterà fine ai sospetti e alla diffidenza sorte da una parte e dall'altra ? Senza dubbio non così facilmente.
Ma ciò che noi cerchiamo non è un'opera umana : noi cerchiamo la riconciliazione e la guarigione per mezzo della grazia di Dio, sotto la guida amorosa dello Spirito Santo. Ricordiamoci gli effetti della grazia enunciati da San Tommaso : guarire l'anima, desiderare il bene, realizzare il bene che ci si è proposto, perseverare nel bene e, per concludere, ottenere la gloria (cf. Somma Teologica Ia IIae, 111, 3).
Le nostre anime hanno innanzitutto bisogno di essere guarite, purificate dall'amarezza e dal risentimento nati da trentanni di sospetti e di tormenti da una parte e dall'altra. Dobbiamo pregare il Signore di guarirci da tutte le imperfezioni dovute alle difficoltà, soprattutto dal desiderio di autonomia che è, infatti, estraneo alle forme tradizionali di governo nella Chiesa. Il Signore ci dona la grazia di desiderare alcuni beni : in questo caso, il bene d'una unità e d'una comunione ecclesiale totali. È un desiderio che molti di noi condividono, umanamente parlando, ma ciò che abbiamo bisogno di ricevere dal Signore è la comunicazione di questo desiderio alle nostre anime, in modo da farci desiderare l'ut unum sint con lo stesso desiderio di Cristo.
Soltanto allora la grazia di Dio ci permetterà di realizzare il bene che ci proponiamo. È Lui che ci spinge a cercare una riconciliazione e la porta a compimento.
Ecco giunto il momento di una grazia straordinaria : cogliamola con tutto il cuore e con tutto lo spirito. Preparandoci alla venuta del Salvatore del mondo nel corso di quest'Avvento dell'Anno della Fede, preghiamo e speriamo con fiducia : non possiamo vedere la riconciliazione, da molto tempo attesa, della Fraternità sacerdotale San Pio X e la Sede di Pietro ?
Il solo futuro immaginabile per la Fraternità San Pio X si trova sul cammino di una piena comunione con la Santa Sede, nell'accettazione di una professione di fede incondizionata nella sua pienezza, e dunque con una vita sacramentale, ecclesiale e pastorale convenientemente ordinata.
Avendo ricevuto da Pietro l'incarico di essere strumento di riconciliazione della Fraternità sacerdotale, oso far mie le parole dell'apostolo Paolo che ci esorta a « vivere fedelmente la vocazione ricevuta, con ogni umiltà, dolcezza e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace ».

Sinceramente vostro in Cristo,

+ J. Augustine Di Noia, O.P.
____________________________
[Fonte: Blog francese Summorum Pontificum]
Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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09/06/2014 20:51
 
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   Papa Francesco ai lefevbriani: "c'è chi pensa che li scomunicherò, ma si sbaglia", e "non li condannerò, né impedirò ad alcuno di andare da loro".


 



Una notizia passata in sordina, ma che già circolava da un po' e che io sapevo da qualche mese. S. E. Mons. Fellay ha deciso di rivelare, l'11 maggio scorso uno scambio di confidenze tra il superiore dell'Argentina della Fraternità San Pio X, don Christian Bouchacourt e Papa Francesco. Ovviamente sono state rivelate solo le parti più salienti di queste confidenze.

I vari siti tradizionalisti, o super tradizionalisti, o meglio sedevacantisti-anonimi (ma non troppo), ovviamente o non l'hanno proprio data o hanno dato la notizia secca senza commento, oppure altri si sono prodigati a istituire un vero e proprio processo alle intenzioni di Papa Francesco mettendo a paragone ovviamente sempre e inevitabilmente il commissariamento dei Francescani dell'Immacolata.

 

Io personalmente non posso che gioire di questo interessamento di Papa Francesco verso questi nostri amici e confratelli, uomini e donne validi buoni e pieni di zelo per le cose del Signore, non posso che essere fiero di questo nostro Papa che mostra una premura, con tutti i limiti che ben conosciamo e che spesso molto spesso ci fanno soffrire, verso questa realtà ecclesiale: questo umile vaso di coccio certo pieno di crepe e asprezze, ma che ha saputo custodire la "romanità" autentica della nostra fede Cattolica.

 

Don Christian Bouchacourt, sarà dal 15 agosto prossimo il nuovo Superiore del distretto di Francia, certamente non passa inosservata questa nomina, come non passa inosservato che un amico di Papa Bergoglio dirigerà il Distretto Lefebvriano più attivo e numeroso di tutto il mondo. Una scelta strategica importante che vuole esprimere certamente il desiderio profondo di S.E. Mons. Fellay di voler una soluzione a questa ferita nella Chiesa Cattolica che va avanti da troppo tempo!

 

 

http://radiospada.org/2014/05/fellay-franc-ha-letto-due-volte-la-biografia-di-lefebvre-gli-e-piaciuta/

 

Mons. Fellay, in occasione di una visita alla città francese di Fabregues l'11 maggio, si è espresso su alcuni tratti della personalità di Francesco:



E' un uomo pratico, guarda alle persone. Che cosa poi le persone pensino, che cosa credano, gli è alla fine dei conti indifferente. Gli importa che uno sia simpatetico con le sue visioni, che gli appaia corretto.


Ha letto due volte il libro di Mons. Tissier de Mallerais su Mons. Lefebvre, e gli è piaciuto; è chiaramente contro tutto quello che noi rappresentiamo, ma come biografia, gli è piaciuta. Quando, da Cardinale, si trovava in Argentina, il Superiore di Distretto [Christian Bouchacourt] andò da lui per chiedere un favore di tipo amministrativo, slegato da questioni ecclesiali; una questione di documenti di residenza. Il governo argentino, molto sinistrorso, fa un uso strumentale del Concordato per darci contro, e ci dice: "dite di essere cattolici, pertanto dovete avere la firma del Vescovo per risiedere qui". C'era una soluzione semplice: dichiararci una chiesa indipendente per l'ordinamento civile, ma non volevamo farlo, perché siamo cattolici. E il Cardinale ci disse: "no no, siete Cattolici voi, è evidente; vi aiuterò", e ha scritto al governo una lettera in nostro favore. Non bastò, perché il governo argentino trovò un documento opposto, firmato dal nunzio.


Ora che è il Papa, il nostro avvocato si è recato da lui per riferire che la questione è tuttora aperta, e chiedergli di nominare un Vescovo argentino capace di risolverla. Il Papa gli ha risposto "Sì, e quel Vescovo sono io. Vi ho promesso di aiutarvi, e lo farò".
Ha anche detto "quelle persone, c'è chi pensa che li scomunicherò, ma si sbaglia", e "non li condannerò, né impedirò ad alcuno di andare da loro".


Fonte:  Rorate-caeli.blogspot.com 




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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25/10/2014 15:23
 
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Intervista con Mons. Guido Pozzo

20 ottobre 2014





Intervista rilasciata a Jean-Marie Dumont, per conto del giornale francese Famille Chrétienne 

da noi ripresa dal sito francese ufficiale della Fraternità San Pio X: La Porte Latine

Abbiamo aggiunto in calce il testo della “Professione di Fede” di cui si parla nell'intervista, e il testo del “Giuramento di fedeltà” e i relativi richiami al Codice di Diritto Canonico.
Intervista
Professione di Fede
Giuramento di fedeltà

Presentazione de La Porte Latine

Le discussioni fra Roma  e la Fraternità San Pio X proseguono in vista di una piena riconciliazione. Il punto con il Segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, incaricato del dossier, in un’intervista condotta da Jean-Marie Dumont di Famille Chrétienne.fr


INTERVISTA


Qual è lo stato delle relazioni fra Roma e la Fraternità Sacerdotale San Pio X?

Allo scopo di favorire il superamento di ogni frattura e divisione nella Chiesa, e di guarire una ferita percepita in maniera dolorosa nella vita ecclesiale, Benedetto XVI, nel 2009, decise di togliere la scomunica ai vescovi che erano stati ordinati in maniera illecita da Mons. Lefebvre nel 1988. Con questa decisione, il Papa intendeva ritirare una sanzione che rendeva difficile l’apertura di un dialogo costruttivo.
La remissione della scomunica è stata una misura disciplinare adottata per liberare le persone dalla censura ecclesiastica più grave. Ma le questioni dottrinali permanevano e dovevano essere chiarite. Fino a quanto non lo saranno, la Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX) non ha uno status canonico nella Chiesa e i suoi ministri non esercitano in maniera legittima il loro ministero, come indicato nella lettera di Benedetto XVI ai vescovi della Chiesa cattolica, del 10 marzo 2009 (1).
È precisamente per superare le difficoltà di natura dottrinale ancora esistenti che la Santa Sede intrattiene dei rapporti e dei colloqui con la FSSPX, tramite la Pontificia Commissione Ecclesia Dei. Questa è strettamente legata alla Congregazione per la Dottrina della Fede, poiché il Presidente della Commissione è lo stesso Prefetto della Congregazione.
Queste relazioni e questi scambii sono proseguiti anche dopo l’elezione di Papa Francesco. Essi aiutano a chiarire le rispettive posizioni sugli argomenti controversi, per evitare le incomprensioni e i malintesi, mantenendo viva la speranza che le difficoltà che ancora impediscono di giungere alla piena riconciliazione e alla piena comunione con la Sede Apostolica, possano essere superate.

Quali sono gli argomenti di disaccordo che persistono?

Gli aspetti controversi riguardano, da un lato la valutazione della situazione ecclesiale nel periodo successivo al concilio Vaticano II e delle cause che hanno prodotto certi scompensi teologici e pastorali  nel periodo del post-concilio e, più generalmente nel contesto della modernità. Dall’altro, essi riguardano alcuni punti specifici relativi all’ecumenismo, al dialogo con le religioni del mondo e alla questione della libertà religiosa.
Quali sono le soluzioni canoniche che potrebbero essere adottate per la FSSPX in caso di accordo?

Nel caso di una completa riconciliazione, lo status canonico proposto dalla Santa Sede è quello di una prelatura personale (2). Su questo punto, io credo che non vi siano problemi da parte della FSSPX. 

I colloqui fra Roma e la Fraternità sono realmente ripresi o non sono mai stati interrotti?

In realtà, essi non sono mai stati interrotti. L’interruzione provvisoria degli incontri è stata dovuta semplicemente alla nomina del nuovo Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e all’elezione del nuovo Sommo Pontefice nell’aprile 2013. Il cammino del dialogo è dunque ripreso nell’autunno del 2013, con una serie di incontri informali, fino all’incontro del 23 settembre scorso fra il cardinale Gerhard Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e il Superiore della FSSPX, Mons. Bernard Fellay, incontro di cui ha reso conto un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede.

È possibile considerare di separare l’accordo canonico dai colloqui dottrinali? Attuare una prelatura personale e intanto proseguire, sul lungo termine, i colloqui sui punti teologicamente controversi?

In coerenza col Muto Proprio Ecclesiam Unitatem di Benedetto XVI (ndr di La Porte Latine: 2 luglio 2009), la Congregazione per la Dottrina della Fede ha sempre ritenuto che il superamento dei problemi di natura dottrinale fosse la condizione indispensabile e necessaria per poter procedere al riconoscimento canonico della Fraternità. Tuttavia, io mi permetto di precisare che il superamento delle difficoltà di ordine dottrinale non significa che le riserve o le posizioni della FSSPX su certi aspetti che non sono legati al dominio della fede, ma riguardano temi pastorali o di insegnamento prudenziale del Magistero, debbano essere necessariamente ritirate o annullate dalla Fraternità. 
Il desiderio di proseguire i colloqui e l’approfondimento di tali argomenti che comportano della difficoltà per la FSSPX, in vista di precisazioni e di chiarificazioni ulteriori, non solo è sempre possibile, ma – almeno a mio avviso – auspicabile e da incoraggiare. Non le si chiede, quindi, di rinunciare all’esigenza che essa manifesta nei confronti di un certo numero di temi.
Qual è allora il punto «non negoziabile»?

Ciò che è essenziale, e a cui non si può rinunciare, è l’adesione alla Professio fidei (3) e al principio secondo il quale è solo al magistero della Chiesa che il Signore ha affidato la facoltà di interpretare autenticamente, cioè con l’autorità di Cristo, la parola di Dio scritta e trasmessa. Questa è la dottrina cattolica, ricordata dal concilio Vaticano II (Dei Verbum, 10), ma già espressamente insegnata da Pio XII nell’enciclica Humanigeneris. Questo significa che il Magistero, se non è certo al di sopra della Scrittura e della Tradizione, è nondimeno l’istanza autentica che giudica delle interpretazioni sulla Scrittura e sulla Tradizione, da qualunque parte esse vengano. 
Di conseguenza, seppure esistono differenti gradi di autorità e di adesione dei fedeli ai suoi insegnamenti – come dichiara la costituzione dogmatica Lumen gentium (25) del concilio Vaticano II – nessuno può porsi al di sopra del Magistero. Io penso e spero vivamente che in questo quadro dottrinale che ho appena delineato, noi potremo trovare il punto di convergenza e d’intesa comune, poiché questo preciso elemento è un punto di dottrina appartenente alla fede cattolica, e non ad una legittima discussione teologica o a dei criteri pastorali.

Un punto capitale, ma al tempo stesso chiaramente delimitato…

Non è esatto dire che la Santa Sede intende imporre una capitolazione alla FSSPX. Al contrario, la invita a ritrovarsi al suo fianco in uno stesso quadro di principii dottrinali necessarii per garantire la medesima adesione alla fede e alla dottrina cattolica sul Magistero e la Tradizione, lasciando nel contempo allo studio e all’approfondimento le riserve che essa solleva su certi aspetti e formulazioni dei documenti del concilio Vaticano II e su certe riforme che ne sono seguite, ma che non riguardano materie dogmatiche o dottrinalmente indiscutibili.
Non v’è alcun dubbio sul fatto che gli insegnamenti del Vaticano II hanno un grado di autorità e un carattere obbligante estremamente varabile in funzione dei testi. Così, per esempio, le costituzioni Lumen gentium sulla Chiesa e Dei Verbum sulla Rivelazione divina, hanno il carattere di una dichiarazione dottrinale, anche se non contengono delle definizioni dogmatiche. Mentre da parte loro, le dichiarazioni sulla libertà religiosa e sulle religioni non cristiane, e il decreto sull’ecumenismo, hanno un grado di autorità e un carattere obbligante diversi e inferiori.

Pensa che ormai i colloqui possano concludersi rapidamente?

Non penso che si possa indicare attualmente un termine preciso per la conclusione del cammino intrapreso. L’impegno da parte nostra, e suppongo da parte del Superiore della FSSPX, consiste nel procedere per tappe, senza scorciatoie improvvisate, ma anche con l’obiettivo chiaramente prefissato di promuovere l’unità nella carità della Chiesa universale guidata dal successore di Pietro. «Caritas urget nos!», come diceva San Paolo.

NOTE

1- In questa lettera, Benedetto XVI spiegava il significato del suo gesto e si stupiva per la levata di scudi che esso aveva suscitato: «A volte si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi ? in questo caso il Papa ? perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo».

2 -  Quale statuto per la Fraternità? In caso d’accordo con Roma, la FSSPX potrebbe ottenere lo statuto di prelatura personale. Nel diritto della Chiesa si tratta di una creazione molto recente. La sola che esista attualmente, molto nota, è l’Opus Dei. Prevista dal Codice di Diritto Canonico (cann. 294-297) essa permette il raggruppamento di preti e di diaconi sotto la direzione di un prelato. La sua principale caratteristica è l’assenza di vincolo con un territorio, contrariamente alla gran parte delle diocesi: i preti della prelatura  possono essere distribuiti nel mondo intero. Gli obiettivi fissati dal Diritto Canonico per la creazione di queste strutture sono sufficientemente vasti da poter essere applicati a delle iniziative di varia natura: «promuovere un’adeguata distribuzione dei presbiteri», «attuare speciali opere pastorali o missionarie per le diverse regioni o per le diverse categorie sociali»… Il prelato ha il diritto di erigere un seminario, d’incardinare dei seminaristi e di promuoverli agli ordini. Le relazioni con i vescovi (messa a disposizione dei preti al servizio delle diocesi, assunzione di certe attività in seno ad una diocesi), devono essere precisate negli statuti e nel quadro di accordi bilaterali [ndt: Can. 297 - Parimenti gli statuti definiscano i rapporti della prelatura personale con gli Ordinari del luogo nelle cui Chiese particolari la prelatura stessa esercita o intende esercitare, previo consenso del Vescovo diocesano, le sue opere pastorali o missionarie.] Tali che un prete appartenente ad una prelatura può esercitare il suo ministero in un luogo di culto appositamente designato per la prelatura o vedersi affidata, in funzione delle decisioni del prelato e degli accordi con i vescovi, una chiesa parrocchiale.

3 – Si tratta di un testo di una trentina di righe che dev’essere pronunciato dai nuovi cardinali o vescovi, dai parroci e dai professori dei seminarii al momento della loro entrata in funzione.



Il testo della «Professione di Fede e del Giuramento di fedeltà nell'assumere un ufficio da esercitare a nome della Chiesa », pubblicata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, il 9 gennaio 1989 (AAS 81 [1989] 104-106).

PROFESSIO FIDEI
(Formula da usarsi nei casi in cui è prescritta la professione di fede)

Io N.N. credo e professo con ferma fede tutte e singole le verità che sono contenute nel Simbolo della fede, e cioè:
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. 

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine.

Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti.

Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

Credo pure con ferma fede tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio scritta o trasmessa e che la Chiesa, sia con giudizio solenne sia con magistero ordinario e universale, propone a credere come divinamente rivelato.

Fermamente accolgo e ritengo anche tutte e singole le verità circa la dottrina che riguarda la fede o i costumi proposte dalla Chiesa in modo definitivo.

Aderisco inoltre con religioso ossequio della volontà e dell’intelletto agli insegnamenti che il Romano Pontefice o il Collegio dei Vescovi propongono quando esercitano il loro magistero autentico, sebbene non intendano proclamarli con atto definitivo.


GIURAMENTO DI FEDELTÀ 
NELL’ASSUMERE UN UFFICIO 
DA ESERCITARE A NOME DELLA CHIESA
(Formula da usarsi da tutti i fedeli indicati nel can. 833 nn. 5-8)
[5) alla presenza del Vescovo diocesano o di un suo delegato, i Vicari generali e i Vicari episcopali come pure i Vicario giudiziali;
6) alla presenza dell'Ordinario del luogo o di un suo delegato, i parroci, il rettore e gli insegnanti di teologia e filosofia nei seminari, all'inizio dell'assunzione dell'incarico; quelli che devono essere promossi all'ordine del diaconato;
7) alla presenza del Gran Cancelliere o, in sua assenza, alla presenza dell'Ordinario del luogo o dei loro delegati, il rettore dell'università ecclesiastica o cattolica, all'inizio dell'assunzione dell'incarico; alla presenza del rettore, se sacerdote, o alla presenza dell'Ordinario del luogo o dei loro delegati, i docenti che insegnano in qualsiasi università discipline pertinenti alla fede e ai costumi, all'inizio dell'assunzione dell'incarico;
8) i Superiori negli istituti religiosi e nelle società di vita apostolica clericali, a norma delle costituzioni.]

Io N.N. nell’assumere l’ufficio di... prometto di conservare sempre la comunione con la Chiesa cattolica, sia nelle mie parole che nel mio modo di agire.

Adempirò con grande diligenza e fedeltà i doveri ai quali sono tenuto verso la Chiesa, sia universale che particolare, nella quale, secondo le norme del diritto, sono stato chiamato a esercitare il mio servizio.


Nell’esercitare l’ufficio, che mi è stato affidato a nome della Chiesa, conserverò integro e trasmetterò e illustrerò fedelmente il deposito della fede, respingendo quindi qualsiasi dottrina ad esso contraria.

Seguirò e sosterrò la disciplina comune a tutta la Chiesa e curerò l’osservanza di tutte le leggi ecclesiastiche, in particolare di quelle contenute nel Codice di Diritto Canonico.


Osserverò con cristiana obbedienza ciò che i sacri Pastori dichiarano come autentici dottori e maestri della fede o stabiliscono come capi della Chiesa, e presterò fedelmente aiuto ai Vescovi diocesani, perché l’azione apostolica, da esercitare in nome e per mandato della Chiesa, sia com­piuta in comunione con la Chiesa stessa.
Così Dio mi aiuti e questi santi Vangeli che tocco con le mie mani.

(Variazioni del paragrafo quarto e quinto della formula di giuramento
da usarsi dai fedeli indicati nel can. 833 n. 8)

Sosterrò la disciplina comune a tutta la Chiesa e promuoverò l’osservanza di tutte le leggi ecclesiastiche, in particolare di quelle contenute nel Codice di Diritto Canonico.
Osserverò con cristiana obbedienza ciò che i sacri Pastori dichiarano come autentici dottori e maestri della fede o stabiliscono come capi della Chiesa, e in unione con i Vescovi diocesani, fatti salvi l’indole e il fine del mio Istituto, presterò volentieri la mia opera perché l’azione apostolica, da esercitare in nome e per mandato della Chiesa, sia compiuta in comunione con la Chiesa stessa.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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21/12/2014 09:22
 
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  Fraternità Sacerdotale San Pio X

Comunicato della Casa Generalizia del
19 dicembre 2014
sull'incontro con il cardinale Brandmüller 


pubblicato su DICI


 
Germania: incontro informale col cardinale Brandmüller

Il 5 dicembre 2014, il cardinale Walter Brandmüller, Presidente emerito del Pontificio Consiglio delle Scienze Storiche, ha incontrato Mons. Bernad Fellay, Superiore generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X, incieme con diversi sacerdoti.
La riunione si è tenuta nel seminario Cuore di Gesù di Zaitzkofen, in Baviera.
Questo incontro ha fatto seguito alla riunione del 23 settembre 2014 a Roma, dove di comune accordo si è deciso di proseguire i colloqui dottrinali «in un quadro allargato e meno formale rispetto a quello dei precedenti colloqui.»
Il tema è stato il Concilio e la sua autorità magisteriale.
Lo scopo di questi scambi è di far conoscere meglio la Fraternità e le opere della Tradizione alle autorità della Chiesa, esponendo loro nel contempo le gravi obiezioni e i punti di divergenza che restano circa il concilio Vaticano II e le sue riforme.
In questa prospettiva, nei prossimi mesi sono previste altre due riunioni, una al seminario Santo Curato d’Ars di Flavigny, Francia, e l’altra al seminario San Tommaso d’Aquino di Winona, USA.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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  Importante intervista a Mons. Fellay


 





4 marzo 2016, Menzingen (Svizzera)

A che punto sono i rapporti della Fraternità San Pio X con Roma?
Da qualche settimana, diverse voci circolano sulla stampa a proposito di un eventuale riconoscimento canonico della Fraternità San Pio X da parte di Roma. Piuttosto che aggiungere commenti a queste voci, DICI ha preferito interpellare il Superiore generale della Fraternità, Mons. Bernard Fellay, per chiedergli di fare il punto sulle seguenti questioni:
  •  I rapporti della Fraternità San Pio X con Roma
  • Le nuove proposte romane
  • “Essere accettati così come siamo”
  • Il Papa e la Fraternità San Pio X
  • La giurisdizione accordata ai sacerdoti della Fraternità San Pio X
  • Le visite dei prelati inviati da Roma
  • Lo stato attuale della Chiesa
  • Cosa chiedere alla Santa Vergine?

1 - I rapporti della Fraternità San Pio X con Roma dall'anno 2000

I rapporti con Roma - in effetti - sono costanti, ma il termine non è proprio quello giusto…nel senso che non sono mai stati interrotti, soprattutto non sono mai stati rotti, anche se con frequenza variabile, un'intensità anche variabile… Si può dire che, dall'anno 2000, ci sono dei contatti con Roma. È Roma che ha chiesto questi contatti, con l'intenzione di arrivare a regolarizzare la situazione della Fraternità. Ci sono stati degli alti e dei bassi, come ho detto, ma a partire dal cardinal Castrillon Hoyos, nell'anno 2000, questi contatti - per un certo tempo - sono stati abbastanza sostenuti. Dopo che si sono bene stabiliti i nostri famosi preliminari, c'è stato un tempo… non voglio dire sospeso, ma quasi. Nel 2005 c'è stato un contatto. E dopo il 2009, cioè al momento del ritiro (quello che noi chiamiamo il ritiro delle scomuniche, diciamo: la correzione di questo decreto di scomunica), ci sono state delle relazioni più continue, soprattutto con le discussioni dottrinali, che erano richieste da entrambe le parti, e che sono durate circa due anni. In seguito c'è stata di nuovo, si potrebbe dire, una nuova fase, questa volta riguardo ad una proposta di soluzione che era duplice: c'era una dichiarazione dottrinale e c'era una soluzione canonica. Questo è durato più o meno un anno e non è stato portato a termine.
In seguito, durante due anni, queste relazioni sono state più distanziate, per ricominciare - penso che lo si possa dire - con il ritorno di Mons. Pozzo all’Ecclesia Dei. Sotto Mons. Di Noia ci sono stati dei contatti, è vero, ma sotto Mons. Pozzo c'è stata una nuova fase, anche questa volta duplice. Da una parte, delle discussioni che sono riprese, discussioni dottrinali, in una forma più morbida, dunque per nulla ufficiale, ma più che ufficiosa, visto che sono dei vescovi che sono stati mandati da Roma. Queste discussioni continuano. Penso che questo ne valga la pena. Nello stesso tempo, ad un altro livello, un po' in parallelo, c'è stata, dallo scorso luglio, una nuova proposta, un invito a riflettere per vedere come avremmo potuto arrivare ad una regolarizzazione canonica. E anche là, queste discussioni, queste riflessioni fanno la loro strada. Non c'è precipitazione, questo è certo. Si va veramente avanti? Penso di sì. Penso di sì, ma certamente molto lentamente.

2 - Le nuove proposte romane studiate dai superiori maggiori della Fraternità San Pio X

Abbiamo voluto coinvolgere un gran numero di confratelli, tra cui per primi, i superiori, nella riflessione sulle nuove proposte romane. Penso che sia importante. Abbiamo imparato alcune lezioni dall'anno 2012 che aveva causato delle frizioni all'interno della Fraternità. Penso che una delle ragioni sia stata una mancanza di comunicazione. Era un periodo un po' difficile. Dunque questa volta abbiamo scelto un altro cammino per abbordare queste questioni che richiedono molta riflessione.
Quando si guarda la situazione di Roma, della Chiesa, chiaramente non ci si sente spinti a fare qualcosa. L'invito di Roma arriva in modo comprensibile dal momento che noi costituiamo un problema per la Chiesa. Quando si vedono tutti gli sforzi in favore dell'ecumenismo - Dio solo sa per quale unità! - e quando si vede come siamo trattati all'interno della Chiesa, è evidente che noi costituiamo un problema. Siamo una grossa spina in tutto il sistema ecumenico attuale. Già solo questo potrebbe spiegare (il tentativo romano). Penso che non ci sia solo questo, ma, in ogni caso - senza considerare direttamente quali siano i motivi - esiste una mossa di Roma che cerca di risolvere questo problema.
D'altra parte, constatiamo la situazione drammatica della Chiesa, nella quale non c'è veramente granché che ci inviti ad andare avanti. Dunque è necessaria una riflessione approfondita e questo non si fa da soli. C'è bisogno di molti occhi per osservare bene, riflettere su tutti i dettagli di queste questioni. Per questo abbiamo voluto chiedere a tutti i superiori le loro riflessioni su tale materia.

3 - “Essere accettati così come siamo” senza ambiguità né compromessi

Bisogna assolutamente evitare ogni compromesso, ‘compromesso’ in due sensi. Nel senso del compromesso, dove ciascuno cede qualcosa per garantirsi un'altra cosa. È quello che, dall'inizio, avevo detto a Roma: ‘non voglio ambiguità. Se volete arrivare al consenso su un testo che ciascuna parte comprenda in modo diverso, vuol dire che sarà un caos dopo poco tempo’. Quindi ciò è assolutamente da evitare. È quasi ovvio, in partenza che, nella situazione attuale, viste le divergenze, il testo avrà questa tendenza all'ambiguità. E noi non lo vogliamo.
Evidentemente ciò ci rende rigidi, se si può dire. In ogni caso abbastanza rigidi e ciò rende la cosa più difficile, ma per noi non c'è soluzione facile. Si può dire: ‘sì, in teoria ce la soluzione della verità, ma è necessario che la verità sia piena e intera’.
È stato il primo approccio che ho voluto avere con Roma. Già dal primo testo dissi: ‘è ambiguo, non funzionerà, non lo vogliamo!’ Era il primo testo, nel 2011. Questa volta, mi sembra che sia molto meglio. C'è veramente un grande progresso da quel lato nei confronti dell'ambiguità precedente. Ciò non significa che tutta l'ambiguità sia stata tolta…
A parte la questione della chiarezza del testo, c'è un'altra questione molto più profonda, molto più importante, ed è questa: quale ampiezza, quale libertà ci sarebbe data o ci sarà data in caso di una regolarizzazione? A questo proposito, sono partito da una frase e dall'esigenza pratica di Mons. Lefèbvre che la considerava come una conditio sine qua non per una regolarizzazione, cioè sapere precisamente che noi siamo accettati tali quali siamo.
Per questo ho tenuto a dir loro (a Roma): ‘se ci volete, noi siamo così, bisogna che ci conosciate, perché non ci diciate in seguito che vi abbiamo nascosto qualcosa. Siamo così ed è così che noi resteremo’. Resteremo come siamo, perché? Non è una volontà propria, e non è che pensiamo di essere i migliori: è la Chiesa che ha insegnato queste cose, che ha preteso queste cose; non c'è solamente la fede, c'è anche tutta una disciplina che è in perfetto accordo con la fede ed è questo che ha fatto il tesoro della Chiesa, che ha fatto i santi in passato, e tutto ciò noi non lo rinnegheremo mai. Ho insistito molto con Roma per dire, dando anche degli esempi concreti: ‘ecco ciò che siamo, ecco ciò che pensiamo’ e se Roma pensa che queste idee, che questo atteggiamento debbano essere rettificate, debbano essere cambiate, allora bisogna che ce lo dicano subito. Precisando che, in tal caso, noi non andremo più avanti.

4 - Il Papa e la Fraternità San Pio X: una benevolenza paradossale

Bisogna qui utilizzare il termine "paradossale", il paradosso di una volontà di andare avanti verso un qualche "Vaticano III”, nel senso peggiore che si potrebbe dare a questa espressione, e, dall'altra parte, la volontà di dire alla Fraternità: ‘siete i benvenuti’. È veramente un paradosso, quasi una volontà di unire gli opposti. Io non credo che sia per ecumenismo. Alcuni potrebbero pensarlo. Perché non penso che sia per ecumenismo? Perché basta guardare l'attitudine generale dei vescovi su questa materia dell’ecumenismo, hanno le braccia spalancate per tutti, tranne che per noi! Molto spesso ci è stato spiegato perché siamo ostracizzati, dicendo: ‘non vi si tratta come gli altri perché voi pretendete di essere cattolici. Ora, con ciò create una confusione tra noi, quindi non ne vogliamo sapere’. Abbiamo sentito diverse volte questa spiegazione che esclude l’ecumenismo. Allora, se questa disposizione che consiste nel dire: ‘accettiamo tutti in casa’ non vale per noi, chi rimane? Penso che rimanga il Papa.
Se già Benedetto XVI e ora Papa Francesco non avessero uno sguardo particolare sulla Fraternità, diverso da questa prospettiva ecumenica di cui ho parlato, penso che non ci sarebbe niente. Anzi, penso piuttosto che saremmo già di nuovo sotto i colpi delle pene, delle censure, della scomunica, della dichiarazione di scisma, che manifesterebbero chiaramente la volontà di eliminare un gruppo che dà fastidio. Allora perché Benedetto XVI, perché adesso Papa Francesco sono così benevoli verso la Fraternità? Penso che l'uno e l'altro non abbiano necessariamente la stessa prospettiva. Per quanto riguarda Benedetto XVI, credo che ciò derivasse dal suo lato conservatore, il suo amore per la liturgia antica, il suo rispetto per la disciplina anteriore nella Chiesa. Ho potuto constatare che molti, dico molti sacerdoti, e anche gruppi che avevano problemi con i modernisti nella Chiesa, e che avevano fatto ricorso a lui quando era ancora cardinale, hanno trovato in lui - dapprima come cardinale, in seguito come Papa - uno sguardo benevolo, una volontà di protezione, di aiutarli almeno quanto potesse.
Con Papa Francesco non si vede questo attaccamento né alla liturgia, né alla disciplina antica, si potrebbe anche dire che è proprio il contrario, manifestato tramite molte affermazioni contrarie, ed è questo che rende ancora più difficile, più complicata la comprensione di tale benevolenza. Penso che ci siano almeno diverse spiegazioni possibili, ma confesso di non avere l'ultima parola in questione. Una delle spiegazioni è lo sguardo di Papa Francesco su tutto ciò che è messo ai margini, ciò che chiama le "periferie esistenziali”. Non mi stupirebbe che ci considerasse come una di queste periferie alle quali dona palesemente la sua preferenza. E in quella prospettiva, usa l'espressione “compiere un percorso" con la gente in periferia, sperando che si arriverà a migliorare le cose. Dunque non è una volontà ferma di risolvere subito: un percorso va dove va… ma, alla fine, è abbastanza calmo, tranquillo, senza troppo sapere ciò che potrà risultare. Probabilmente, è questa una delle ragioni più profonde.
Un'altra spioegazione potrebbe provenire dal fatto che Papa Francesco pronuncia un'accusa abbastanza costante contro la Chiesa costituita, la parola inglese è establishment - si dice a volte anche da noi - Un rimprovero fatto alla Chiesa di essere autocompiaciuta, compiaciuta di se stessa, una Chiesa che non cerca più la pecora smarrita, quella che è nelle difficoltà, a tutti livelli, che sia per la povertà, o anche per un dolore fisico… Si vede con Papa Francesco che questa preoccupazione non è solamente, malgrado le apparenze, una preoccupazione materiale… Si vede bene che per lui, quando dice ‘povertà’, include anche la povertà spirituale, la povertà delle anime che sono nel peccato, dal quale bisognerà che escano, che bisognerà ricondurre a Dio. Anche se ciò non è sempre espresso in maniera chiara, si trovano un certo numero di espressioni che lo indicano. E in quella prospettiva egli vede nella Fraternità una società molto attiva - soprattutto quando la si paragona alla situazione dell’establishment -, molto attiva vuol dire che cerca, che va a cercare le anime, che ha questa preoccupazione del bene spirituale delle anime e che è pronta a rimboccarsi le maniche per questo compito.
Egli conosce Mons. Lefèbvre, ha letto due volte la biografia scritta da Mons Tissier de Mallerais, e questo mostra, senza alcun dubbio un interesse; penso che gli sia piaciuta. La stessa cosa si può dire riguardo ai contatti che ha potuto avere in Argentina con i nostri confratelli, nei quali ha visto spontaneità e anche franchezza, perché non gli è stato assolutamente nascosto niente. Certo, si cercava di ottenere qualche cosa per l'Argentina dove eravamo in difficoltà con lo Stato per quanto riguarda i permessi di soggiorno, ma non si è nascosto niente, non si è cercato di tergiversare, e penso che ciò gli piaccia. Può darsi che sia questo lato umano della Fraternità che lo attira, si vede che il Papa è molto umano, dà molto peso a queste cose, e questo potrebbe spiegare una certa benevolenza nei nostri confronti. Ancora una volta non ho l'ultima parola su questa questione e certamente dietro a tutto ciò c'è la Divina Provvidenza. La Divina Provvidenza che opera per mettere dei buoni pensieri in un Papa che, su molti punti, ci spaventa enormemente, e non solamente noi; si può dire che tutti quelli che sono più o meno conservatori nella chiesa sono sbigottiti da ciò che succede, da ciò che dice e, malgrado ciò, la Divina Provvidenza si adopera per farci passare attraverso questi scogli in un modo molto sorprendente. Molto sorprendente, perché è chiaro che Papa Francesco vuole lasciarci vivere e sopravvivere. Ha perfino detto, a chi lo vuole sentire, che non farebbe mai del male alla Fraternità. Ha anche detto che noi siamo cattolici. Ha rifiutato di condannarci per scisma, dicendo: ‘non sono scismatici, sono cattolici’, anche se dopo ha usato un termine un po' enigmatico, cioè che noi siamo in cammino verso la piena comunione. Questo termine ‘piena comunione’... sarebbe proprio bello una volta avere una definizione chiara, perché si vede che non corrisponde a niente di preciso. È un sentimento… è un non si sa troppo bene cosa. Anche molto recentemente, in un'intervista a Mons. Pozzo a nostro riguardo, egli riprende una citazione che attribuisce al Papa stesso - si può dunque prenderla come una posizione ufficiale - che ha confermato all’Ecclesia Dei che noi siamo cattolici in cammino verso la piena comunione. Mons. Pozzo precisa come questa piena comunione si può realizzare: con l'accettazione della forma canonica, che è una cosa abbastanza sconvolgente, una forma canonica risolverebbe tutti i problemi di comunione!
Un po' più avanti, nella stessa intervista, dirà che questa piena comunione consiste nell'accettare i grandi principi cattolici, cioè i tre livelli di unità nella Chiesa, che sono la fede, i sacramenti e il governo. E parlando della fede, egli parla qui piuttosto del magistero. Ma noi non abbiamo mai messo in discussione alcuno di questi tre elementi. E dunque non abbiamo mai messo in discussione la nostra piena comunione, ma l'aggettivo "piena” lo spazziamo via, dicendo semplicemente: "siamo in comunione secondo il termine classico utilizzato nella Chiesa; siamo cattolici; se siamo cattolici siamo in comunione, perché la rottura della comunione e precisamente lo scisma".

5 - La giurisdizione accordata ai sacerdoti della Fraternità San Pio X: conseguenze canoniche

Se si guarda il diritto della Chiesa, non ci può essere un soggetto di un potere ordinario di giurisdizione nella Chiesa se non chi è perfettamente in regola, quindi che non è colpito da alcuna censura. Roma ha sempre detto e ritenuto che i nostri sacerdoti sono sotto la censura della sospensione, perché non sono incardinati. Noi affermiamo che i nostri sacerdoti sono incardinati nella Fraternità che è stata ingiustamente o invalidamente soppressa all'epoca dal non rispetto delle leggi della Chiesa, ma comunque Roma ha considerato e considera ancora oggi che ci sarebbe una sospensione per i nostri sacerdoti. La sospensione cosa vuol dire? È precisamente la proibizione per il sacerdote di esercitare il suo ministero, sia che si tratti della Messa, sia che si tratti degli altri sacramenti, tra cui la confessione. E dunque accordare una giurisdizione ordinaria per confessare, non in modo eccezionale, come sarebbe per esempio il caso di un pericolo di morte. La Chiesa, in effetti, prevede questo caso: se qualcuno è in pericolo di morte, se sta morendo sulla strada, qualunque prete, poco importa il suo stato, anche scomunicato, anche un ortodosso che non è nemmeno cattolico, ma che è validamente prete, può in quel momento non solo validamente, ma lecitamente, ascoltare questa confessione e dare l’assoluzione. Questi sono dei casi eccezionali. Non è un potere ordinario. Qui noi parliamo di un potere ordinario. Per poter beneficiare ed esercitare un potere ordinario di giurisdizione bisogna, ancora una volta, essere liberi da ogni censura. Dal momento che il Papa dichiara che ci dà un potere ordinario, implica di per sé la cancellazione, la soppressione della censura. È il solo modo di comprendere secondo il diritto - non solamente secondo la lettera di tale o tal altro canone, ma secondo lo spirito del diritto della Chiesa - questa disposizione.

6 - Le visite dei prelati inviati da Roma: delle questioni dottrinali aperte?

Queste visite sono state molto interessanti. Chiaramente da un certo numero dei nsotri sono state percepite con una certa diffidenza: ‘che vengono a fare da noi questi vescovi?’ Questo non era il mio punto di vista. L'invito è venuto da Roma, forse a seguito di un'idea che avevo dato loro, e che era questa: ‘voi non ci conoscete; noi discutiamo qui in ufficio a Roma, venite a vedere sul posto; non ci conoscerete veramente se non ci vedrete’. Non è una dichiarazione - che faccia o no rumore su Internet - né un comunicato che ci possono far conoscere così come siamo; perché, la maggior parte delle volte, in questi comunicati siamo obbligati a prendere posizioni e perfino, eventualmente, di condannare l'una o l'altra frase o tale atto accaduto nella Chiesa di oggi, ma la nostra vita di cattolici non si esaurisce lì. E si potrebbe anche dire che l'essenziale e altrove. L'essenziale è nella volontà di vivere il nostro cattolicesimo seguendo i comandamenti di Dio, lavorando per santificarci, evitando il peccato, per vivere secondo tutta la disciplina della Chiesa. Le nostre scuole, i nostri seminari, i nostri sacerdoti, la nostra vita sacerdotale, tutto questo forma un insieme che è la realtà, la vera realtà della nostra Fraternità.
Dunque ho molto insistito, ho detto più volte: ‘venite dunque a trovarci’. Non hanno mai voluto. Poi, tutto d'un tratto, c'è stata questa proposta di inviare dei vescovi per incontrarci. Quale che fosse l'intenzione originaria che ha avuto Roma, da parte mia l'ho considerata una buona idea. Perché? Perché così, effettivamente, ci vedranno così come siamo. È stata proprio la parola d'ordine che ho dato ovunque venissero: ‘noi non cambieremo niente, noi non cercheremo di abbellire le cose, noi siamo come siamo e che ci vedano così!’ E, di fatto, un cardinale, un arcivescovo e due vescovi sono venuti a vederci, a visitarci, in circostanze differenti, nei seminari, anche in un priorato. Le prime impressioni, i commenti fatti durante queste discussioni, durante questi incontri e dopo, sono molto interessante e penso che confermino che ho avuto ragione di sostenere questo invito romano.
La prima cosa che ci hanno detto, tutti (era una parola d'ordine o un loro sentimento particolare? Non lo so, ma è un fatto), tutti hanno detto: "queste discussioni si svolgono tra cattolici; questo non ha niente a che vedere con delle discussioni ecumeniche; siamo tra cattolici". Quindi, dall'inizio, si spazzano via tutte queste idee come: "non siete completamente dentro la Chiesa, siete a metà, siete fuori - Dio sa dove! - scismatici…” No! Noi discutiamo tra cattolici. È il primo punto che è molto interessante, molto importante. Malgrado quello che, in certe istanze, si dice ancora a Roma oggi.
Il secondo punto, - penso ancora più importante -, è che le questioni affrontate in queste discussioni sono le questioni classiche sulle quali si inciampa. Che si tratti della libertà religiosa, della collegialità, dell’ecumenismo, della nuova messa, o anche dei nuovi riti dei sacramenti… Beh! Tutti ci hanno detto che queste discussioni avevano per oggetto delle questioni aperte. Penso che sia una riflessione fondamentale. Fino a qui hanno sempre insistito per dire: dovete accettare il concilio. È difficile rendere esattamente la portata reale di questa espressione "accettare il concilio". Cosa vuol dire? Perché è un fatto che i documenti del concilio sono totalmente diseguali, e che la loro accettazione si fa secondo un criterio graduale, secondo una scala di obblighi. Se un testo è un testo di fede c'è un obbligo puro e semplice. Ma quelli che, in un modo completamente sbagliato, pretendono che questo concilio è infallibile, costoro obbligano a una sottomissione totale a tutto il concilio. Allora se "accettare il concilio" vuol dire questo, diciamo che non accettiamo il concilio. Perché, precisamente, noi neghiamo il suo valore infallibile. Se ci sono certi passaggi del concilio che ripetono quello che la Chiesa ha detto altre volte, e in un modo infallibile, è evidente che questi passaggi sono e restano infallibili. E noi li accettiamo, non c'è nessun problema. È per questo che quando si dice "accettare il concilio" bisogna ben distinguere cosa si intende. Nonostante questo, anche con questa distinzione, fino ad ora si è sentita da parte di Roma un'insistenza: ‘dovete accettare questi punti, fanno parte dell'insegnamento della Chiesa e dunque dovete accettarli’. E si è sentito fino ad oggi - non soltanto da Roma, ma anche dalla grande maggioranza dei vescovi - questa ammonizione, questo grande rimprovero che ci fanno: ‘non accettate il concilio’.
Ed ecco che, tutto d'un tratto, su questi punti che sono i punti di inciampo, gli inviati di Roma ci dicono che si tratta di questioni aperte. Una questione aperta è una questione su cui si può discutere. E quest'obbligo di adesione è fortemente attenuato e anche, forse, del tutto eliminato. Penso che sia un punto fondamentale. Bisognerà poi vedere in seguito se ciò si confermerà, se veramente si potrà discutere liberamente, diciamo onestamente, con tutto il rispetto che bisogna avere verso l'autorità, per non aggravare ancora di più la situazione attuale della Chiesa che è talmente confusa, precisamente sulla fede, su quello che bisogna credere, e là noi chiediamo questa chiarezza, questa chiarificazione, alle autorità. Noi la chiediamo da molto tempo. Diciamo: ‘ci sono dei punti ambigui in questo concilio e non sta a noi chiarirli. Noi possiamo esporre il problema, ma chi ha l'autorità per chiarirli è proprio Roma’. Non di meno, ancora una volta, il fatto che questi vescovi ci dicono che sono delle questioni aperte è per me fondamentale.
Le discussioni propriamente dette si sono svolte, secondo la personalità dei nostri interlocutori, con più o meno facilità, perché ci sono stati anche degli interessanti confronti dove non eravamo necessariamente d'accordo… Comunque l'apprezzamento, credo, è unanime, dalla parte di ciascuno di questi interlocutori: essi sono rimasti soddisfatti delle discussioni. Soddisfatti anche delle loro visite. Ci hanno fatto i complimenti per la qualità dei nostri seminari, dicendo: ‘sono normali (meno male! Bisogna cominciare da là…), non è della gente striminzita, ottusa, ma che vive bene, aperta, gioiosa, normale, semplicemente’. Questo è stato un commento espresso da tutti. È il lato umano, è innegabile, ma non bisogna mai dimenticarlo.
Per me, questo discussioni, o più esattamente questo aspetto più facile delle discussioni, è importante. Perché uno dei problemi e la sfiducia. Questa sfiducia, è certo che noi l'abbiamo. E penso che si possa anche dire per certo che Roma ce l'ha nei nostri confronti. Fintanto che regna questa sfiducia, la tendenza naturale è di interpretare male o di considerare la peggiore delle soluzioni possibili su quello che si dice. Fintanto che siamo in questo contesto di sfiducia, non andremo molto avanti. Bisogna arrivare a una fiducia minima, a un clima di serenità, per eliminare queste accuse a priori. Penso che sia ancora il contesto nel quale noi ci troviamo, nel quale si trova Roma. E ciò prende del tempo. Bisogna che le due parti arrivino ad apprezzare correttamente le persone, le loro intenzioni, per arrivare a dissipare tutto ciò. Penso che ci vorrà del tempo.
Ciò richiede anche degli atti dove si manifesti una buona volontà che non sia quella di distruggerci. Ora c'è sempre un po' quell'idea tra noi, che si è sparsa in maniera abbastanza rapida: ‘se ci vogliono, è per soffocarci, ed eventualmente distruggerci, assorbirci completamente, disintegrarci’. Questa non è un'integrazione, è una disintegrazione! Evidentemente, fintanto che c'è questa idea, non ci si può aspettare niente.

7 - Lo stato presente della Chiesa: inquietudini e speranze

Faccio molto fatica a vedere una linea di condotta in quello che ora sta succedendo. Quello che vedo è una confusione crescente, una confusione che viene precisamente da elementi contraddittori, da diluizione della dottrina, della morale, della disciplina. Si arriva a un regime di "ciascuno per sé". I vescovi dicono quello che vogliono, in contraddizione gli uni con gli altri. Non ci sono richiami all'ordine ufficiali, chiari, neanche dei richiami a una linea, qualunque sia, da una parte o dall'altra. Ancora qualche anno fa, c'era una linea. Era la linea modernista. Era questo famoso spirito del Vaticano II. Oggi si vede un profondo disaccordo tra i vescovi e perfino a Roma su queste questioni. Quale linea vincerà, quale linea si imporrà? Per il momento, non ne vedo nessuna.
Si può, evidentemente, appoggiarsi su alcune riflessioni, su alcuni indizi, dicendo che è evidente che, più si va avanti, più i modernisti si indeboliscono o sono indeboliti. Non hanno fedeli, non hanno vocazioni, è una Chiesa che deperisce. Ed è vero. Dall'altro lato, si vede tra i giovani un certo numero - difficile dare una valutazione corretta, ma è sufficientemente consistente perché possa essere notato -, di giovai che vogliono una chiesa molto più seria, e a tutti i livelli, in particolare a livello della dottrina. Dei giovani, dei seminaristi che vogliono san Tommaso, che vogliono un ritorno a una filosofia sana, a una teologia chiara, sana, la scolastica, quella di san Tommaso. Si vede tra questi giovani inoltre il desiderio di una liturgia… non la chiamerei ‘rinnovata’, ma un ritorno alla liturgia tradizionale. E questo numero sembra essere impressionante. Per noi è difficile da stimare, ma quando si sentono le voci dei sacerdoti che si occupano di questi giovani nei seminari moderni, certi arrivano fino a dirci che il 50% in Francia, in Inghilterra, dei nuovi seminaristi aspirano alla Messa tradizionale. Mi sembra molto, e spero che sia vero.
Comunque si vede molto bene questa linea tratteggiarsi, è una linea che cresce, e si vede, lungo gli anni, che questa tendenza aumenta. Solo un esempio: dall'anno scorso, con il problema del sinodo sul matrimonio, sulla famiglia cattolica, si è vista un'opposizione più decisa di prima tra i due campi. Penso che ciò venga da un rafforzamento dei conservatori, di cui, se non il numero, in ogni caso l'intensità è cresciuta, senza alcun dubbio. E dall'altra parte la maggioranza, che è ancora chiaramente dominante, ma che perde forza, che non arriva più a imporsi, perlomeno a imporsi completamente come prima.
Così, dunque, queste due linee esistono. Qual è il nostro futuro in questa situazione? Per prima cosa, tenere duro. C'è una grande confusione. Chi vincerà? Non si sa. E questo rende le nostre relazioni con Roma estremamente difficili, perché parliamo con un interlocutore senza sapere mai se, l'indomani, il testo sul quale siamo arrivati - dopo molte discussioni - a metterci d'accordo, sarà effettivamente il testo definitivo. Abbiamo potuto constatare, nel 2012, come un testo è stato corretto, modificato da una interferenza…da parte di una delle autorità più alte, ma che non era quella del Papa. Anche lì: chi governa la Chiesa? direi che è una domanda molto interessante che resta senza risposta. Sono delle forze… indeterminate.

8 - Cosa chiedere alla Santa Vergine?

Ah! Tante cose. Prima di tutto la salvezza. La salvezza per noi, per ciascuna delle anime che si avvicinano alla Fraternità, che vogliono affidarsi a lei, ai suoi sacerdoti, in seguito chiediamo la fedeltà per la Fraternità. Fedeltà alla Chiesa. Fedeltà a tutto questo tesoro della Chiesa che - Dio sa perché, Dio sa come - si ritrova nelle nostre mani, il patrimonio straordinario che è il tesoro della Chiesa, che non ci appartiene e per il quale non abbiamo che un solo desiderio, che ritrovi il suo posto, il suo posto vero nella Chiesa.
Chiediamo il trionfo della Santa Vergine. Ella stessa l'ha annunciato. Direi che si fa attendere, siamo perfino, può darsi, un po' impazienti, soprattutto vedendo tutto quello che succede, che sembra in contraddizione, ma non è una contraddizione, è semplicemente uno sviluppo che Dio permette; un gioco spaventoso, terribile: la mancanza di corrispondenza della libertà umana, perfino tra i cristiani, a quello che chiede il Cielo, questa volontà, a Fatima, del Cielo - cioè di Dio - di introdurre la devozione al Cuore Immacolato di Maria nei cuori dei cristiani, e che fa così fatica a imporsi. Non è così difficile, è così bello, così consolante! Si vede questo grande combattimento tra il demonio e Dio, il campo di battaglia sono le anime, le anime che Dio ha voluto libere, e che Egli vuole vincere, ma non con la forza. Avrebbe potuto imporre la sua maestà in una maniera tale che gli uomini sarebbero prostrati a terra, ed è quello che succederà alla fine del mondo, ma sarà troppo tardi allora; è adesso che bisogna combattere questa battaglia.
Dunque chiedete a Dio di concedere delle grazie di conversione per anime che collaborino a questo progetto. Gli si chiedono in questo modo molte cose; gli si chiede che la Chiesa ritrovi tutto quel patrimonio che costituisce la sua missione: salvare le anime. La prima cosa, la sola che conta per la Chiesa è di salvare le anime!
Per conservare il carattere proprio di questa intervista, è stato mantenuto lo stile parlato.
(Intervista video realizzata da DICI il 04/03/2016 - Trascrizione DICI del 21/03/16)




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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06/04/2016 10:58
 
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di Lorenzo Bertocchi
 Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità San Pio X
 

Li accoglierebbe nella Chiesa così come sono, senza chiedere praticamente niente».
Secondo alcune indiscrezioni è questa la “condizione” di Papa Francesco per la Prelatura personale internazionale proposta alla Fraternità S. Pio X per “rientrare” nella Chiesa cattolica.
Una non-condizione rispetto a quanto, invece, era stato proposto durante il pontificato di Benedetto XVI, quando tutto si arenò per questioni dottrinali.
 


Questo è quanto apprende la Nuova Bussola quotidiana da fonti che hanno buona conoscenza del cammino di dialogo tra il Vaticano e la comunità sacerdotale fondata da monsignor Marcel Lefevbre.

Come anticipato dal quotidiano Il Foglio, venerdì scorso per circa quaranta minuti papa Francesco ha incontrato il vescovo Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità.

Un colloquio “positivo” e cordiale.  Nel comunicato diramato dalla stessa Fraternità si legge che nell’incontro non si è «direttamente parlato dello statuto canonico della Fraternità» e che «papa Francesco e monsignor Fellay considerano che bisogna continuare con questi scambi senza decisioni precipitose». Tuttavia, appare evidente che proprio papa Francesco ha una esplicita volontà di portare a casa la riconciliazione cui né Giovanni Paolo II, né Benedetto XVI erano riusciti. Sabato mons. Fellay ha visto anche monsignor Guido Pozzo, segretario della Pontificia commissione Ecclesia dei, organismo costituito da Giovanni Paolo II dopo la scomunica al vescovo Lefevbre del 1988. 

I rapporti tra la Fraternità e l'Ecclesia dei avevano dato luogo, tra l'altro, alle discussioni dottrinali del periodo 2009-2011 e recentemente (2015-2016) alle visite presso la Fraternità di alcuni prelati, fra cui il cardinale Walter Brandmuller e il vescovo Athanasius Schneider. Secondo le indiscrezioni gli umori all'interno della Commissione pontificia però sarebbero decisamente più freddi rispetto alla chiara volontà del Pontefice di arrivare a chiudere la questione. Il Papa, infatti, si orienta a partire dal buon rapporto personale con i sacerdoti della S. Pio X, costruito quando era arcivescovo di Buenos Aires confrontandosi sul campo con alcune opere della stessa Fraternità. Papa Bergoglio, come sappiamo, è molto sensibile ai rapporti umani e ama costruire proprio a partire da questo tipo di relazioni. Un esempio in tal senso viene anche dal suo agire in campo ecumenico, basti ricordare l'incontro privato avvenuto nel giugno 2014 con il pastore pentecostale di Caserta Giovanni Traettino, suo amico personale, oppure i suoi rapporti con i luterani.

Si vocifera che l'avvicinamento alla Fraternità da parte del Papa sarebbe l'ennesima manifestazione della scarsa priorità che Francesco darebbe alla dottrina; inoltre, si dice che il Pontefice riterrebbe la comunità sacerdotale fondata da monsignor Lefevbre sostanzialmente ininfluente rispetto al panorama ecclesiale, nonostante numeri di tutto rispetto. Ininfluente nel senso anche di non pericolosa in merito ai timori che alcuni ambienti manifestano rispetto alla controversa accettazione del Vaticano II. Quella della Fraternità sarebbe semplicemente una posizione superata e fuori dalla storia, quindi comunque irrilevante.

Da parte della Fraternità, accanto ad una linea possibilista disegnata da mons. Fellay, vi è una realtà interna complessa e variegata, magmatica, che non necessariamente accetterebbe un facile accordo. Ad esempio, il vescovo Williamson, uno dei quattro nominati da Lefevbre, pur essendo già stato allontanato anche dalla Fraternità stessa, ha recentemente ordinato un vescovo e rappresenta una sirena suadente all’interno di un mondo tutt’altro che monolitico. Ma al netto di queste posizioni estreme, bisogna rilevare il ruolo delle questioni dottrinali all’interno della Fraternità. Se l’accordo proposto da Bendetto XVI fallì fu proprio per un Preambolo dottrinale di fatto ritenuto irricevibile. 

Oggi il giudizio sul pontificato di Francesco non è certo morbido: «Abbiamo davanti a noi un vero modernista», disse Fellay nell’ottobre 2013, con un espressione che in qualche modo le compendia tutte. Per questo c’è chi dice che anche l’ormai prossima esortazione post-sinodale Amoris laetitia possa in qualche modo incrociare i destini di questo accordo con il Vaticano. Diverse fonti parlano di possibili lacerazioni interne alla Fraternità nel caso di un accordo, soprattutto se questo dovesse avvenire con una Chiesa ritenuta sempre più ambigua.

«É chiaro che papa Francesco vuole lasciarci vivere e sopravvivere», ha detto recentemente Fellay,«ha perfino detto, a chi lo vuole sentire, che non farebbe mai del male alla Fraternità. Ha anche detto che noi siamo cattolici. Ha rifiutato di condannarci per scisma, dicendo: “non sono scismatici, sono cattolici”, anche se dopo ha usato un termine un po' enigmatico, cioè che noi siamo in cammino verso la piena comunione. Questo termine “piena comunione” sarebbe proprio bello una volta avere una definizione chiara, perché si vede che non corrisponde a niente di preciso. É un sentimento, è un non si sa troppo bene cosa». 

La partita qualcuno la vorrebbe già conclusa, con l’accordo tra Santa Sede e Fraternità di fatto già ratificato, ma sembra ancora tutta da giocare. Anche, o forse soprattutto, nella metà campo in cui è schierata la Fraternità San Pio X.

 

 



Secondo il Vaticano alcuni testi conciliari possono costituire oggetto di « discussione » con la FSSPX.

 
Leggo su La Croix di oggi 7 aprile.
Notevoli le dichiarazioni di Mons. Pozzo ai fini del riconoscimento dei punti controversi anche da noi indicati nei documenti conciliari e, soprattutto, l'abbandono dell'affermazione del concilio come evento da accettare in blocco senza distinzione del diverso livello di adesione richiesto dai suoi documenti. Purtroppo una esternazione mediatica non ha il dovuto grado di autorevolezza; ma sembra vi si possano trovare riscontri in alcune dichiarazioni di Mons Fellay. [Sui diversi livelli del Vaticano II e corrispondenti gradi di adesione, vedi tesi di Mons. Gherardini qui]

Pochi giorni dopo l'incontro tra Papa Francesco e il superiore della Fraternità San Pio X (FSSPX), mons. Guido Pozzo, Segretario della Commissione Ecclesia Dei, ha affermato che «i documenti del Vaticano II (dovrebbero) essere accolti a seconda del grado di adesione richiesto». L'accettazione dei testi sulle relazioni con le altre religioni non è un prerequisito per il riconoscimento giuridico della Fraternità e alcune domande possono rimanere « oggetto di discussione e di chiarimento » ha precisato a La Croix.
L'incontro del 1° aprile, tra il Papa e il vescovo Bernard Fellay, Superiore dei lefebvriani, si inserisce «nel contesto del percorso della Fraternità San Pio X verso la piena riconciliazione che avverrà con il riconoscimento canonico dell'Istituto», ha dichiarato a La Croix Mons Guido Pozzo, Segretario della Commissione Ecclesia dei, che cura i rapporti con la Tradizione all'interno della Congregazione per la dottrina della fede.
 
«Ciò ch'è soprattutto importante in questo momento, è contribuire a creare un clima di fiducia (...) per superare diffidenza a e irrigidimento, comprensibili dopo tanti anni di distanza e di frattura», continua mons. Pozzo, assicurando la volontà di « dissiparli » al fine di ritrovare « le ragioni dell'unità e promuovere l'integrità della fede cattolica e la tradizione della Chiesa».

Richiesti diversi livelli di adesione

Per il responsabile sulle discussioni con la Fraternità San Pio X, vale la pena ricordare i tre punti fondamentali che fanno di una persona un cattolico: «l'adesione alla professione di fede, il vincolo dei sacramenti e la comunione gerarchica con il Papa». Questo è ciò che conterrà la Dichiarazione dottrinale «da sottoporre ai membri della Fraternità San Pio X al momento opportuno».
 
«Per quanto riguarda il Concilio Vaticano II, il percorso effettuato attraverso gli incontri degli ultimi anni ha portato ad una chiarificazione importante: «il Concilio Vaticano II non può essere adeguatamente compreso che nel contesto di tutta la tradizione della Chiesa e del suo costante magistero», precisa Pozzo.
 
«Le affermazioni delle verità della fede e la certezza dei contenuti dottrinali nei documenti del Vaticano II devono essere accolti a seconda del grado di adesione richiesto», prosegue il vescovo italiano, che ha ribadito la distinzione tra il dogma e alcuni decreti o dichiarazioni contenenti «linee guida per l'azione pastorale, indicazioni e suggerimenti o esortazioni di carattere pratico-pastorale», come soprattutto nel caso di Nostra Aetate, che apre il dialogo con le religioni non cristiane.

Non è un ostacolo al riconoscimento canonico

Queste «costituiranno, anche dopo il riconoscimento canonico, argomento di discussione e approfondimento per una maggiore precisione al fine di evitare fraintendimenti o ambiguità che, sappiamo, attualmente sono diffusi nell'intero mondo ecclesiale».
 
«Le difficoltà sollevate dalla Fraternità San Pio X sui rapporti Chiesa-Stato e la libertà religiosa, l'ecumenismo e il dialogo con le religioni non cristiane, alcuni aspetti della riforma liturgica e la sua concreta attuazione, formeranno oggetto di discussione e chiarimenti, ha aggiunto Pozzo, ma non costituiscono un ostacolo al riconoscimento canonico e giuridico della Fraternità San Pio X».
 
È richiesto alla Fraternità San Pio X di «accettare che il Magistero della Chiesa è l'unico cui è affidato il deposito della fede da preservare, proteggere e interpretare. Credo che questo chiarimento possa costituire un punto fermo per la Fraternità San Pio X».
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]


 
Mons. Fellay, vescovo della FSSPX:
A poco a poco Roma ci sta dando tutto quello di cui abbiamo bisogno per la Riconciliazione

di Edward Pentin

Articolo sull’intervista concessa, il 13 maggio 2016, da Mons. Bernard Fellay al giornale National Catholic Register, e da questo pubblicata il 18 maggio 2016. Si può ascoltare l’intera intervista a questo indirizzo.



Menzingen, Svizzera - La riconciliazione tra la Fraternità San Pio X e Roma sembra essere imminente, dal momento che un ostacolo principale – l’opposizione a certi aspetti del Concilio Vaticano II - non può più essere un motivo per mantenere la separazione dalla Chiesa.

Mons. Bernard Fellay, Superiore generale della Fraternità San Pio X, ha detto a Register, il 13 maggio 2016, che è “convinto, almeno in parte, da un approccio diverso”, in cui, secondo lui, Papa Francesco sta ponendo meno l’accento sul Concilio e maggiore enfasi sulla “salvezza delle anime e la ricerca di un modo per farlo“.

Questo messaggio è stato ribadito questa settimana, quando lo stesso Papa Francesco, parlando il 16 maggio col quotidiano francese La Croix, ha accennato alla riconciliazione, dicendo che potrebbe essere vicina e che quelli della Fraternità San Pio X sono “cattolici sulla via verso la piena comunione” e che “sono in corso un buon dialogo e buon lavoro”.

Secondo Mons. Fellay, il Vaticano sta dicendo alla Fraternità, con parole sfumate, che ora è possibile mettere in discussione gli insegnamenti del Concilio sulla libertà religiosa, l’ecumenismo e la riforma liturgica, “e rimanere cattolici”.
“Questo significa, anche, che i criteri che ci verrebbero imposti perché noi si dimostri che siamo cattolici non conterrebbero più questi punti”, ha detto. ”Questo, per noi, sarebbe molto importante”.

Nel 1970, Mons. Marcel Lefebvre, un Padre francese della Congregazione dello Spirito Santo, fondò la Fraternità internazionale per formare e sostenere dei sacerdoti che diffondessero la fede cattolica in tutto il mondo.
Ma la sua opposizione ad alcuni insegnamenti del Concilio Vaticano II riguardanti l’ecumenismo, la libertà religiosa e degli aspetti della riforma liturgica condussero nel 1988 alla consacrazione di quattro vescovi contro l’esplicita volontà di Papa Giovanni Paolo II. Tutti e cinque incorsero nella scomunica automatica, e da allora la Fraternità si trova in una situazione canonicamente irregolare.
Mons. Lefebvre morì nel 1991, e il Vaticano e la Fraternità hanno seriamente lavorato per la riconciliazione a partire dal 2000.

Benedetto XVI cercò di migliorare le relazioni, prima nel 2007, confermando che i sacerdoti possono celebrare la Messa in latino secondo il Messale Romano del 1962 (ufficialmente chiamato forma straordinaria della liturgia) e sottolineando che essa non era mai stata abrogata; e poi, nel 2009, rimettendo le scomuniche ai quattro vescovi superstiti della FSSPX.
Iniziò anche dei formali colloqui di riconciliazione con la Fraternità San Pio X nel 2011, ma questi successivamente vennero vanificati, perché il Vaticano, apparentemente in contrasto con la volontà di Benedetto, alzò la posta in gioco sulla questione centrale: la Fraternità doveva accettare la validità di tutti gli insegnamenti del Concilio, inclusi i testi sulla libertà religiosa e i diritti umani, che la Fraternità San Pio X rifiuta come “errori” teologici.

L’ultima innovativa e sorprendente concessione su questo tema ha quindi portato la FSSPX ai limiti della regolarizzazione che, dicono le fonti, potrebbe avvenire nel giro di settimane o mesi.

Papa Francesco ha ricevuto Mons. Fellay per la prima volta in udienza privata il mese scorso (vedi articolo - vedi comunicato), dimostrando il chiaro intento di volere la regolarizzazione della Fraternità. “Mons. Fellay è un uomo con cui si può dialogare”, ha detto a La Croix.
Il Papa ha anche annunciato che le confessioni della FSSPX saranno valide e lecite durante e dopo l’Anno Giubilare della Misericordia. Fino ad ora, Roma le aveva  considerate non valide per la mancanza della necessaria giurisdizione.
La FSSPX ha ormai capito che il Vaticano ha già pronta una bozza di accordo da firmare per formalizzare la regolarizzazione, ma vuole assicurarsi di avere sicure garanzie. “La palla è nel loro campo”, ha detto il 12 maggio una fonte del Vaticano a  Register. “Vogliamo che vadano avanti con questa”.
 
Il messaggio da Menzingen

Mons. Fellay si è seduto per una lunga intervista con Register, un umido e ventoso venerdì di maggio, festa della Madonna di Fatima, nella casa madre della FSSPX a Menzingen, nei pressi di Zurigo, Svizzera.
Il modesto edificio, un ex albergo svizzero, circondato da colline alpine e terreni agricoli, sta subendo alcuni lavori di ristrutturazione. Ci vivono circa 25 sacerdoti e suore; e data l’espansione della FSSPX per le numerose vocazioni, si sta valutando di trovare al più presto una sede più grande. Su un tavolo è posto un unico boccale di peltro insieme a diverse tazzine, ognuna con inciso con un momento chiave nella vita di Mons. Lefebvre.
Nonostante un gravoso programma con lunghi viaggi, Mons. Fellay è arrivato di buon umore e ha parlato liberamente e apertamente in inglese. Egli è ben consapevole di quanto sorprendente e strano appaia il fatto che la riconciliazione sembri così prossima, sotto un papa considerato come molto più interessato ad altre questioni.
“[La situazione] è davvero paradossale, perché noi non siamo mutati in nulla e  continueremo a denunciare ciò che sta accadendo“, ha detto. “Tuttavia, si vede questo movimento a nostro favore, in seno a Roma”. Egli dice di aver notato che più a lungo i colloqui continuano, “più Roma diventa indulgente”.
Ma dice anche di aver notato due diversi approcci a Roma sulla questione della FSSPX. “Dobbiamo distinguere la posizione del Papa, che è una cosa, dalla posizione del CDF”, ha spiegato, facendo riferimento al dicastero dottrinale del Vaticano, la Congregazione per la Dottrina della Fede, guidata dal cardinale Gerhard Müller, che sta offrendo maggiori concessioni per la regolarizzazione. “Essi non hanno lo stesso approccio, ma giungono alla stessa conclusione, che è: mettiamo fine al problema dando il riconoscimento alla Fraternità.”

Secondo il capo della FSSPX, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha una “nuova prospettiva” per la Fraternità, e, contrariamente ai commenti fatti dal cardinale Müller nel 2014, non la considera più un gruppo scismatico.
“Questo significa che i punti che difendiamo non sono più punti che separano la Fraternità dalla Chiesa, sia a livello di scisma o, peggio, a livello di eresia, contro la fede”, ha detto Mons. Fellay. “Loro [nella CDF] ritengono che ancora qualcosa dovrebbe essere chiarita sulla questione della percezione di ciò che è il magistero. Ma noi sosteniamo che qui fanno confusione.”
In un’intervista rilasciata a Zenit nel mese di febbraio, Mons. Guido Pozzo (vedi intervista -vedi commento della Fraternità) , Segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei,che ha il compito di gestire la regolarizzare della FSSPX, ha detto che la Santa Sede vuole “chiarimenti” sulle critiche della Fraternità al Concilio, ma che questi possono venire “anche dopo la piena riconciliazione”. Egli ha detto che la FSSPX deve anche abbandonare il “confronto polemico e antagonista.” Una fonte del Vaticano ha detto che la Fraternità ha già “attenuato alcune delle sue dichiarazioni, interviste e pubblicazioni”.

Confermando quanto certe fonti di Roma hanno detto a Register, Mons. Fellay implicitamente ha chiarito che è il Vaticano che ha raggiunto la FSSPX, piuttosto che il contrario, ed anche che la Fraternità vede la riconciliazione come un suo diritto che sarebbe un’“ingiustizia non concederci”. Secondo il capo della Fraternità, Mons. Lefebvre non ha mai voluto una rottura con Roma, e la Fraternità ha sempre insistito che non mai stata scismatica.
Mons. Fellay ha detto che certuni in Vaticano guardano alla FSSPX come chi può venire in “soccorso” alla Chiesa ed altri come chi può venire in "aiuto” alla Chiesa, e ha rivelato che questo è menzionato nel documento di conciliazione che è stato proposto per la firma. Una fonte informata ha detto che Roma sta dando alla Fraternità “tutto” quello di cui ha bisogno per la piena riconciliazione.

Ma alcuni componenti della FSSPX - tra cui Mons. Richard Williamson, che è stato espulso dalla Fraternità nel 2012, perché è stato detto seminava dissenso all’interno della  FSSPX e parlava contro la riconciliazione con il Vaticano – ritengono che Mons. Fellay sia alla ricerca di una riconciliazione a tutti i costi e che la Fraternità rischi di cadere sotto l’influenza di quelli che Mons. Williamson ha chiamato “cuculi modernisti”, che occupano il Vaticano.
Mons. Fellay rifiuta tale posizione come “totalmente sbagliata“, e insiste: “Non stiamo andando al compromesso, a danneggiare la fede, la disciplina della Chiesa”. Invece, ha detto, “stiamo chiedendo a Roma le garanzie che noi si possa continuare col nostro modo di fare”.
“Roma, a poco a poco, sta concedendo ciò che noi riteniamo sia una necessità e che loro incominciano a vedere come una necessità, data la situazione della Chiesa”, ha detto.
Una prelatura personale simile a quella dell’Opus Dei è la struttura canonica più probabile, e per quanto riguarda la delicata questione delle nomine episcopali, la Fraternità ha già accettato che il Papa scelga un candidato da una lista di tre proposti dalla Fraternità.

Mons. Fellay trova che Papa Francesco lasci perplessi, ma ha detto che lui è una persona che in ultima analisi può decidere a livello personale. “Il modo normale di giudicare qualcuno è di guardare alle sue azioni e in conclusione egli si comporta in un certo modo perché pensa in quel modo”, ha spiegato. “Con l’attuale Papa, si rimane del tutto perplessi, perché un giorno fa una cosa e il giorno seguente fa, o dice, quasi il contrario.”
 
Dialogo con Papa Francesco

Ma il capo franco-svizzero della FSSPX ha imparato come comunicare con questo Papa, riconoscendo che Francesco sembra spesso considerare la dottrina come un ostacolo per condurre le persone a Gesù. Per il Papa, ha detto Mons. Fellay, “ciò che è importante è la vita, è la persona, e così cerca di guardare alla persona, e in questo modo si può dire che è molto umano”.
Per quanto riguarda le motivazioni del Papa, Mons. Fellay crede che Francesco sia una persona che vuole vedere tutti salvati, “come un soccorritore, egli slega la corda che lo tiene in sicurezza e mette se stesso in una situazione di rischio per cercare di raggiungere altre persone”, e “probabilmente è quello che sta facendo con noi.”

Alla domanda se pensava che le frequenti condanne del Papa dei “dottori della legge” e dei “fondamentalisti” siano in parte dirette verso di lui e la Fraternità, si è messo a ridere, dicendo che alcuni a Roma gli hanno detto di non sapere a cui si riferisca il Papa. “La risposta che ho ricevuto di più è stata “ai conservatori americani!”, ride, “Quindi, francamente, non lo so.”
Circa a come il Papa veda in generale la FSSPX, Mons. Fellay ha detto che la di lui familiarità con la FSSPX a Buenos Aires, aiuta. In effetti, nella sua intervista a La Croix, Francesco ha detto che “parlava spesso” con i membri della FSSPX a Buenos Aires. “Mi hanno rispettato, mi hanno chiesto in ginocchio una benedizione”, ha detto.
Il Papa vede che “ci preoccupiamo per le persone”, ha detto Mons. Fellay.
“Certamente non è d’accordo con noi su quei punti del Concilio a cui noi teniamo. Decisamente non lo è. Ma per lui la dottrina non è così importante – l’uomo, la gente, sono importanti - e noi gli abbiamo dato prove sufficienti che siamo cattolici”.
“Egli vede che siamo genuini”, ha detto Mons. Fellay. “Vede certamente le cose che lo trovano in disaccordo con in noi, cose che gli piacerebbe che noi cambiassimo, ma per lui questa non è la cosa importante. Quello che è importante è amare Gesù, e questo è tutto”.
 
Le preoccupazioni interne

Mons. Fellay ha parlato altre volte della sua preoccupazione che la Fraternità, se regolarizzata, potrebbe “disintegrarsi”, piuttosto che essere “integrata”. Significa quindi che teme che il Papa possa premere di nuovo per una “piena comunione” per neutralizzarli?
“Questo non è il suo punto di vista“, ha detto. “Direi piuttosto il contrario. Egli è uno  che vedrebbe un vantaggio nel fatto che ci siano delle polemiche. ... Quindi lo vedo come uno che ci vorrebbe polemici per provocare e per creare una nuova situazione, che forse, in maniera hegeliana, potrebbero portare ad una situazione migliore. Naturalmente, siamo contro un tale approccio dialettico, ma potrebbe essere così.”

Ancora, la FSSPX sta cercando di inserire garanzie per la sua identità in qualsiasi accordo con Roma. E si sente sicura di poter continuare a criticare la Chiesa post-conciliare e il Concilio, se necessario, in gran parte perché molte altre voci ora stanno facendo lo stesso. “Manterremo l’urgenza di fare correzioni, e direi che, in parte, essi [Roma] stanno iniziando a riconoscere questa urgenza“, ha detto Mons. Fellay.
E se queste “correzioni“ non arrivano? “Beh, saremo pazienti”, ha detto, prima di aprirsi ad un largo sorriso. “Arriveranno.”

Ma date le preoccupazioni espresse circa gli aspetti della odierna Chiesa post-conciliare, evidenziati dalla recente controversia sulll’esortazione apostolica Amoris Laetitia, può la Fraternità essere sicura del sostegno dei suoi fedeli per la riconciliazione?
Questa sembra essere una delle incognite e delle preoccupazioni più significative per la Fraternità. “Sarà un bel lavoro, e ci vorrà del tempo per condurre i fedeli a comprendere questo nuovo corso della storia della Chiesa, questa nuova realtà”, ha ammesso Mons. Fellay. Ma, ha aggiunto, il non andare avanti “perché le cose vanno male, non è quello che in alcun modo Dio, Nostro Signore, chiede ai suoi apostoli”.
 
‘Lo vedo come un passo’

Mons. Fellay è più che sicuro sulla situazione nella Chiesa, che vede inevitabilmente in peggioramento.
“La situazione della Chiesa, se la guardiamo in questo momento, si evolverà in qualcosa di veramente disordinata”, ha detto, e ha aggiunto che “ogni cattolico” deve fare la sua parte per rafforzare la Chiesa. La regolarizzazione canonica della Fraternità non sarà una soluzione, ha detto, perché il problema “è nella Chiesa“ e quello che sta accadendo adesso “è la confusione a tutti i livelli, morale e dottrinale”.

Così egli vede l’azione del Vaticano come una rivendicazione di ciò che la Fraternità San Pio X ha rappresentato nel corso degli ultimi decenni?
“Lo vedo come un passo”, ha detto Mons. Fellay, “che dimostra come noi abbiamo avuto ragione, e che non è ancora il punto d’arrivo.”



[Modificato da Caterina63 20/05/2016 22:20]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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mercoledì 29 giugno 2016




Comunicato del Superiore della Fraternità San Pio X
 


Ovviamente la versione della Pravda vaticana è che "i lefebriani non vogliono l'accordo": ma il comunicato che segue rende pienamente ragione della difficile e certamente sofferta decisione.
E in cauda venenum, visto  che l'articolo citato conclude affermando: «Negli ultimi mesi si era infatti parlato semplicemente di un riconoscimento canonico per la Fraternità, che avrebbe acquisito lo status di «prelatura personale» alle dirette dipendenze della Santa Sede.

Le parole di Fellay nel comunicato del 29 giugno lasciano intendere di non essere molto attratti neanche da questa possibilità
».
Ma si ignorano le recenti dichiarazioni di Bergoglio a La Croix, che avevano cambiato totalmente l'approccio inclusivista senza condizioni, rispondendo ad una domanda dell'intervistatore: --i lefebvriani sono «cattolici sulla strada della piena comunione», ricordando che il Concilio Vaticano II ha il suo valore e che bisogna procedere nel dialogo con questi tradizionalisti «lentamente e con pazienza»--.

Su un altro punto dell'intervista la La Croix vedi, nel blog.


A conclusione della riunione dei superiori maggiori della Fraternità San Pio X, tenutasi in Svizzera, dal 25 al 28 giugno 2016, il Superiore generale ha trasmesso il seguente comunicato:

Scopo della Fraternità San Pio X è principalmente la formazione dei sacerdoti, condizione essenziale per il rinnovamento della Chiesa e per la restaurazione della società.
  1. Nella grande e dolorosa confusione che regna attualmente nella Chiesa, la proclamazione della dottrina cattolica richiede la denuncia degli errori che si sono fatti strada in essa e sono, purtroppo, incoraggiati da un gran numero di pastori, tra cui lo stesso Papa.
  2. La Fraternità San Pio X, allo stato attuale di grave necessità che le conferisce il diritto e il dovere di amministrare aiuto spirituale alle anime che si rivolgono ad essa, non cerca in primo luogo un riconoscimento canonico, a cui ha diritto come opera cattolica. Ha un solo desiderio: portare con fedeltà la luce della Tradizione bimillenaria che mostra l'unica via da seguire in questa epoca di buio in cui il culto dell'uomo sostituisce il culto di Dio, sia nella società che nella Chiesa.
  3. La "restaurazione di tutte le cose in Cristo" perorata da San Pio X, alla sequela di san Paolo (cfr. Ef 1,10), non può avvenire senza il supporto di un Papa che favorisca concretamente il ritorno alla Sacra Tradizione. In attesa di quel giorno benedetto, la Fraternità San Pio X si propone di raddoppiare gli sforzi per stabilire e per diffondere, con i mezzi che la Divina Provvidenza le conferisce, il regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo.
  4. La Fraternità San Pio X prega e fa penitenza per il Papa, perché egli possa avere la forza di annunciare la fede e la morale cattolica nella loro interezza. In questo modo egli accelererà il trionfo del Cuore Immacolato di Maria che noi desideriamo ardentemente mentre ci avviciniamo al centenario delle apparizioni di Fatima.
Vescovo Bernard Fellay, Superiore Generale della Fraternità San Pio X
Ecône, 29 giugno 2016
Festa dei Santi Pietro e Paolo

(Fonte: FSSPX / MG - DICI in data 29 Giugno 2016) 

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
 



Dichiarazione del Superiore generale a tutti membri della Fraternità San Pio X alla fine della riunione dei Superiori maggiori, tenutasi ad Anzère (Vallese) il 28 giugno 2016

28 giugno 2016


Pubblicato da DICI

Alla fine della riunione dei Superiori della Fraternità San Pio X, oltre al comunicato letto il 29 giugno 2016 in occasione delle ordinazioni sacerdotali a Ecône, il giorno prima Mons. Bernard Fellay ha rivolto ai sacerdoti una dichiarazione che DICI pubblica in esclusiva.

Riunione dei Superiori maggiori della Fraternità San Pio X 
25-28 giugno 2016

Per la gloria di Dio, per l’onore di Nostro Signore Gesù Cristo e della Sua santissima Madre, per la nostra salvezza.

Nello stato presente di grave necessità della Chiesa, che le dà il diritto di elargire gli aiuti spirituali alle anime che ad essa ricorrono, la Fraternità Sacerdotale San Pio X non ricerca prima di tutto un riconoscimento canonico a cui essa ha diritto perché è cattolica. La soluzione non è semplicemente giuridica. Essa riguarda una posizione dottrinale che è imperativo esprimere.

Quando San Pio X condannò il modernismo, condusse tutta l’argomentazione dell’enciclica Pascendi su un principio iniziale: l’indipendenza. Oggi che ormai il mondo intero impiega tutti i suoi sforzi per mutare l’asse intorno al quale deve girare, è evidente per i cattolici, come per coloro che non lo sono, che la Croce non è più tale asse. Paolo VI l’ha detto chiaramente: è l’uomo (Discorso di chiusura del concilio Vaticano II, 7 dicembre 1965).
Oggi il mondo gira intorno a tale asse, secondo lui fissato definitivamente: la dignità dell’uomo, la sua coscienza e la sua libertà. L’uomo moderno esiste per se stesso. L’uomo è il re dell’universo. Egli ha detronizzato Cristo. Egli esalta la sua coscienza autonoma e indipendente fino a dissolvere perfino le fondamenta della famiglia e del matrimonio.

La Fraternità San Pio X si oppone da sempre a questa impresa di destrutturazione dell’universo – tanto della società politica quanto della Chiesa.
Per rimediare a questo disordine universale, il Buon Dio suscitò un uomo, un cristiano, un sacerdote, un vescovo. Cosa fece? Egli fondò una società – una società gerarchica – il cui principio e il cui fine sono precisamente l’antidoto al disordine universale: il sacramento dell’Ordine. Lo scopo della Fraternità San Pio X continua ad essere non solo il rimedio attuale alla crisi, ma anche, per ciò stesso, la salvezza di tutti coloro che vi cooperano. Essa vuole assolutamente conservare la rettitudine dottrinale, teologale e sociale fondate sulla Croce di Gesù Cristo, sulla Sua Regalità, sul Suo Sacrificio, sul Suo sacerdozio, principio di ogni ordine e di tutte le grazie.
Mons. Marcel Lefebvre combattè tutta la vita per far trionfare queste verità fondamentali. Nell’ora presente spetta a noi raddoppiare gli sforzi intensificando la stessa battaglia sugli stessi princípi.
Noi non siamo né dei conciliari: questi negano che la Croce di Cristo sia l’asse del mondo, né dei faziosi, questi rigettano la natura sociale della Chiesa. Noi siamo una società di sacerdoti di Gesù Cristo, della Chiesa cattolica.

È veramente il momento della restaurazione generale della Chiesa? La Divina Provvidenza non abbandona la sua Chiesa il cui capo è il Papa, Vicario di Gesù Cristo.  Per questo, un segno incontestabile di questa restaurazione sarà la volontà manifesta del Sommo Pontefice di fornire i mezzi per ristabilire l’ordine del sacerdozio, della Fede, della Tradizione – segno che sarà, per di più, il garante della necessaria unità della famiglia della Tradizione.

Christus regnat,
 Christus imperat, 
Deo gratias, 
Amen.

+ Bernard Fellay, 
Anzère, 28 giugno 2016, nella vigilia dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

[Modificato da Caterina63 23/07/2016 01:25]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Fraternità Sacerdotale San Pio X

Comunicato della Casa Generalizia del
14 ottobre 2016
sull'incontro con il cardinale Müller
del 13 ottobre 2016 


pubblicato su DICI


 

Palazzo del Sant’Uffizio

Giovedì 13 ottobre 2016, Mons. Bernard Fellay, Superiore generale della Fraternità San Pio X, ha incontrato il cardinale Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. 
Egli era accompagnato da Don Alain-Marc Nély, 2° assistente generale della Fraternità, mentre Don Niklaus Pfluger, 1° assistente generale, era impedito.

Il cardinale Müller era accompagnato da Mons. Luis Ladaria Ferrer s.j., segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, e da Mons. Guido Pozzo, segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei.

Poco prima di quest’incontro, il Superiore generale ha salutato brevemente Papa Francesco alla Casa Santa Marta.

Prevista da lunga data, questa riunione col Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede – che è la seconda dopo quella del 23 settembre 2014 – si iscrive nel quadro delle relazioni che la Fraternità San Pio X ha sempre intrattenuto con le autorità romane, in particolare in questi ultimi anni con le discussioni dottrinali che hanno avuto luogo nei diversi seminari della Fraternità, e che proseguiranno nei mesi a venire.




RIENTRO IN VISTA?
 

Manca solo il timbro per l'accordo tra Vaticano e Fraternità S. Pio X.
L'ha annunciato il superiore della Fraternità fondata da Lefebvre, Fellay. L'accordo si limiterebbe al Credo e al riconoscimento della validità del novus ordo missae, lasciando il tema della libertà religiosa al futuro. I pro e i contro di un cammino che Fellay sembra disposto a voler correre. 

di Lorenzo Bertocchi
Bernard Fellay

 L'ha annunciato monsignor Bernard Fellay, Superiore generale della Fraternità fondata da monsignor Marcel Lefebvre (1905-1991), durante un'intervista televisiva alla trasmissione “Terres de Mission” mandata in onda il 29 gennaio dalla TV Libértes.

In effetti sembra davvero la volta buona, anche se la storia dell'accordo tra Santa Sede e Fraternità insegna che occorre sempre una certa dose di prudenza. Fonti vaticane confidano alla Nuova BQ che le carte sono (quasi) pronte e davvero manca solo il timbro finale, che è nelle mani di Papa Francesco.

L'accelerazione impressa da Bergoglio ai contatti e alle discussioni che presero avvio nel 2000 per volontà di Giovanni Paolo II, è basata su di una proposta light rispetto a quella offerta sotto il pontificato di Benedetto XVI. Allora le questioni dottrinali furono pietra d'inciampo invalicabile, ora sembrano passate in secondo piano per volontà di Francesco, che tende a privilegiare l'azione e gli aspetti pastorali.

Le condizioni per l'accordo si ridurrebbero all'accettazione da parte della Fraternità della professio fidei, il Credo, e della validità dei sacramenti celebrati con la cosiddetta “nuova messa”, il Novus ordo frutto della riforma conciliare che ha seguito il Vaticano II. Sulle questioni più scottanti, quelle su cui lo stesso Lefebvre pose gran parte della sua battaglia, rimarrebbe una sostanziale e vaga apertura alla discussione. Si tratta della libertà religiosa e del rapporto tra Chiesa e Stato, più in generale tra Chiesa e “mondo”, ambiti su cui la Fraternità ha sempre fatto molte critiche a Roma. 

Secondo monsignor Fellay l'apertura di Francesco alla Fraternità S. Pio X sarebbe da inquadrare nell'attenzione che il Papa ha verso le cosiddette “periferie”. «E noi», ha aggiunto durante l'intervista televisiva, «per le grandi correnti della Chiesa siamo una periferia».

Dopo la rimozione da parte di Bendetto XVI della scomunica ai 4 vescovi ordinati da monsignor Lefebvre nel 1988 (oltre a Fellay, i vescovi Bernard Tissier de Mallerais, Alfonso de Galarreta e il controverso Richard Williamson), durante il Giubileo della Msiericordia Francesco ha concesso ai sacerdoti della Fraternità di confessare lecitamente e non solo validamente. Una concessione che è stata confermata senza alcun limite temporale con la lettera di chiusura del giubileo, Misericordia et misera.

L'inquadramento canonico offerto nell'accordo, come si dice da tempo, sarebbe quello di una Prelatura personale, un istituto giuridico ad oggi riservato solo all'Opus dei fondata da san Josemaría Escrivá de Balaguer. Si tratta di un istituto che garantirebbe ampia libertà ai seguaci di monsignor Lefevbre, in quanto non sarebbero legati a un territorio particolare, inoltre al suo capo sono riservate prerogative proprie di chi è a capo di una giurisdizione ecclesiatica.

Per monsignor Fellay «questo accordo è possibile senza attendere che la situazione sia divenuta totalmente soddisfacente nella Chiesa». Si tratta di una puntualizzazione che segna il travaglio e le lacerazioni che già abitano la Fraternità di fronte a questo accordo. Infatti, molti all'interno della comunità sacerdotale, anche laici che la frequentano, ritengono pieno di rischi e insidie l'accordo con la “chiesa di Francesco” ritenuta “ultra-conciliare”. L'esortazione Amoris laetitia e il recente incontro a Lund (Svezia), per la commemorazione congiunta dei 500 anni della riforma di Lutero, sono stati apertamente criticati (anche dallo stesso Fellay). 

 

Chi propende per accettare l'accordo pensa che proprio in questo tempo l'opera della Fraternità sarebbe provvidenziale per la Chiesa. Tuttavia è ragionevole attendersi che l'apposizione del famoso timbro aprirà una stagione difficile per monsignor Fellay, perché gli sarà impossibile fermare una emorragia interna di sacerdoti e fedeli verso altri lidi più o meno sedevacantisti. Ma è un rischio che Fellay sembra disposto a voler correre.

Trascrizione dell'intervista rilasciata domenica 28 gennaio 2017 all'emittente francese TVLibertés

 
Trascrizione dell'intervista rilasciata domenica 28 gennaio 2017 all'emittente francese TVLibertés (TVL), da mons. Bernard Fellay, Superiore generale della Fraternità San Pio X, che fa il punto sulla situazione attuale della Chiesa e sui rapporti tra la FSSPX e la Santa Sede. Proponiamo qui di seguito ai nostri lettori la traduzione italiana dell’intervista in versione integrale. 
 
TVLLei è, dal 1994, Superiore generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X, fondata nel 1970 da mons. Lefebvre a Friburgo, in Svizzera, paese del quale Lei è originario. La Fraternità conta oggi 613 sacerdoti, 117 frati, 80 oblate, 215 seminaristi. Nella Chiesa, come è noto, ogni società religiosa ha una sua propria vocazione, legata ai carismi della sua fondazione (ad esempio la povertà per i francescani, lo zelo missionario per i domenicani, ecc.). Qual è, secondo Lei, la spiritualità propria della Fraternità San Pio X? 
 
Mons. Fellay: La spiritualità propria della Fraternità San Pio X… è di non averne una sua particolare! Bisogna precisare in che senso, ovviamente. Ne abbiamo una, è chiaro, ma non è a noi propria, bensì la Fraternità ha fatto propria la spiritualità della Chiesa. Dunque è molto più universale. E in che cosa consiste? Nella salvezza che ci viene dalla croce di Nostro Signore Gesù Cristo, e dunque: nel sacerdozio, perché Nostro Signore ci salva attraverso il suo sacerdozio, e nell’atto sacerdotale, che è la croce, vale a dire la Messa. In questo consiste la spiritualità della Fraternità: ci occupiamo insomma dei sacerdoti, di formare sacerdoti, di santificarli, sperando che poi compiano il loro dovere, per tutta la Chiesa. 

TVLUna spiritualità fondata, dunque, sul sacerdozio e sulla santa Messa.

Mons. Fellay: Esatto.

TVLIl 21 novembre scorso, con la lettera apostolica Misercordia et misera, papa Francesco ha rinnovato, per i sacerdoti della Fraternità San Pio X, la facoltà di dare validamente e lecitamente le assoluzioni sacramentali. Al tempo stesso, la dichiarazione postsinodale Amoris lætitia, che concede ai divorziati risposati, a certe condizioni, la possibilità di accedere alla comunione, non è certo un testo che vi soddisfa. Come interpreta questi due atti in via di principio così contraddittori? 
 
Mons. Fellay: Potrei sbagliarmi, ma penso che scaturiscano da uno stesso impulso, e questo impulso è l’interesse del Santo Padre per i “reietti” di ogni tendenza. 

TVLPer le “periferie”?

Mons. Fellay: Esatto, per le periferie. Certo, noi non siamo una periferia nel senso stretto del termine (non siamo dei carcerati, per esempio), ma siamo comunque dei reietti, diciamo, dell’apparato ecclesiastico. E, in questo senso, siamo degli emarginati. Perciò credo – ripeto, mi posso sbagliare – che questa ne sia l’origine: la volontà di occuparsi di questo tipo di persone che, mi sembra, il Papa rimprovera, se si può dire così, alla Chiesa nel suo complesso di aver dimenticato o messo da parte. 
 
TVLA proposito del testo Amoris lætitia: un gruppo di cardinali (Burke, Brandmüller, Caffarra, Meisner) ha inviato al Papa quelli che secondo la terminologia tecnica si definiscono dei dubia, cioè hanno posto delle domande, richiedendo dei chiarimenti su questo testo. Era da parecchio tempo che una cosa del genere non si verificava nella Chiesa (cioè il fatto che dei vescovi interpellino pubblicamente il Papa relativamente ad un atto del suo magistero). Nel 1969 anche la riforma liturgica segnò una rottura con la tradizione precedente, e all’epoca due cardinali (Ottaviani e Bacci) hanno levato la loro voce, ma poi, dopo aver reso note al Pontefice le loro perplessità, si sono «rimessi in riga». Non sembra che ci sia stata, da cinquant’anni a questa parte, una resistenza organizzata di cardinali e vescovi contro le derive dottrinali (come ad esempio quella dei nuovi catechismi). Secondo Lei i tempi sono cambiati? 

Mons. Fellay: C’è qualcosa che sta cambiando, è vero. Credo che ciò dipenda dal fatto che la situazione si è aggravata. Non tanto sul piano dei princìpi; però questi princìpi portano adesso i loro frutti, se ne vedono le conseguenze. Non penso che siamo giunti già alle conseguenze ultime, ma la situazione diventa davvero grave, molto grave… Talmente grave che un certo numero di vescovi e di cardinali ritiene, in coscienza, di dover dire: «Adesso basta». Non sono molto numerosi quelli che si manifestano in pubblico, mentre quelli che lo fanno privatamente sono molti di più. Questo movimento crescerà? È ancora troppo presto per dirlo. Penso che si debba sperare, anzi io spero e mi arrischio a credere che continuerà in questa direzione, perché le cose vanno davvero male. E il fatto che si cominci finalmente a dirlo sarà l’occasione per iniziare a riflettere, una buona volta, sulle cause di tutto questo e dunque sui veri rimedi. 
 
TVLNella sua conferenza in occasione delle Journées de la Tradition dell’8 ottobre scorso a Port-Marly, Lei ha accennato ad un afflusso continuo di contatti tra la Fraternità San Pio X e un certo numero di sacerdoti e di vescovi. Nonostante questo non si può dire, perlomeno per quanto riguarda la Francia, che i vescovi si mostrino molto aperti alle richieste di celebrazioni secondo la forma straordinaria del rito romano in applicazione del motu proprio Summorum Pontificum. Secondo Lei, che attraverso i suoi viaggi ha potuto esperire la situazione del mondo cattolico nel suo insieme, è questa una situazione propria solo alla Francia? 
 
Mons. Fellay: Sinceramente no. C’è qualcosa di vero, senz’altro: i francesi restano francesi, sono un po’, come dire… inclini al diverbio, ma penso che per quel che riguarda la crisi nella Chiesa sia un fenomeno piuttosto generale. E anche guardando le reazioni, onestamente, bisogna dire che questo movimento è ancora, nel contesto generale della Chiesa, minoritario. Ma esiste ed è generalizzato. Certo non sono moltissimi i vescovi che ci hanno contattato o che ci hanno detto: «Siamo con voi», ma la cosa prende piede. Un po’ alla volta prende piede. 

TVLNel contesto di queste riflessioni sulle vostre relazioni con la Santa Sede papa Francesco vi ha fatto la proposta di una prelatura personale per la Fraternità San Pio X. Questa situazione canonica vi garantirebbe un’indipendenza totale dai vescovi. Mons. Athanasius Schneider, che abbiamo intervistato qualche mese fa e che ha effettuato delle visite ai vostri seminari per conto della Santa Sede, vi esorta ad accettare questa proposta nonostante, anzi appunto perché è consapevole che la situazione della Chiesa non è ancora soddisfacente al 100%. Non c’è, a lungo termine, il rischio di creare una Chiesa sostanzialmente autonoma, autocefala, nel caso in cui dovesse perdurare questa situazione di, diciamo così, separazione continua da Roma, dal Papa, dalla curia romana, dai vescovi? Per firmare una proposta da parte di Roma aspettate forse l’elezione al soglio di Pietro di un “Pio XIII” – cosa che senz’altro ci auguriamo, ma che resta pur sempre solo un’ipotesi di scuola? 
 
Mons. Fellay: Non credo che sia necessario aspettare che sia tutto a posto, che tutti i problemi siano risolti nella Chiesa. Ci sono tuttavia un certo numero di condizioni che sono necessarie e, per noi, la condizione essenziale è quella di poter sopravvivere. Perciò ho reso noto alla Santa Sede, senza nessuna ambiguità, che – proprio come aveva detto a suo tempo mons. Lefebvre – c’è una condizione sine qua non, cioè una condizione che, se non è accettata, noi non faremo questo passo: questa condizione è che restiamo così come siamo, il che significa che vogliamo conservare tutti i princìpi che ci hanno tenuto in vita finora, che ci hanno fatto restare cattolici. 
 
Noi abbiamo, in effetti, delle gravi rimostranze e muoviamo delle obiezioni riguardo a ciò che è avvenuto nella Chiesa a partire dall’ultimo Concilio. Si tratta del famoso problema del modo in cui si è praticato l’ecumenismo, ad esempio, e di quello della cosiddetta libertà religiosa, espressione un po’ complessa con cui ci si riferisce, da un lato, alla dottrina che regolamenta i rapporti tra la Chiesa e lo Stato, e dall’altro se e a che titolo si debba concedere a ciascuno il diritto di esercitare la propria religione. Un tempo, in effetti, la Chiesa insegnava che in certi casi questo va tollerato, e si può anche dire che oggi, vista la situazione attuale e la grande mescolanza di religioni, questa tolleranza deve essere molto ampia. Ma resta pur sempre una tolleranza, e quando si tollera, si tollera un male, non si può dire che sia un bene ciò che viene tollerato… E oggi vediamo bene cosa succede, quando certe religioni pullulano (penso di non aver neppure bisogno di specificare quale in particolare): diventano motivo di terrore. C’è qualcosa che non va. Bisogna restare molto lucidi su questo. E penso che, da questo punto di vista, si stiano facendo dei progressi. Penso che si stia avanzando nella buona direzione, nel senso che Roma sta mettendo un freno a questo corso. È un fenomeno abbastanza recente: è da circa due anni che ci viene detto che ci sono delle questioni, anzi delle proposizioni che sono state enunciate dal Concilio che non sono dei «criteri di cattolicità». Il che significa che si ha il diritto non di non essere d’accordo e, al tempo stesso, di essere considerati cattolici. E queste proposizioni sono appunto le questioni sulle quali noi disputiamo. 

Per rispondere, invece, alla seconda parte della sua domanda: c’è un rischio di scisma, dello stabilirsi di una Chiesa parallela? Noi lottiamo contro questo pericolo. Ho discusso di questo problema con il Papa stesso e siamo entrambi d’accordo sul fatto che ci sono già attualmente un certo numero di disposizioni pratiche che rendono lo scisma praticamente impossibile. Cioè nella pratica, negli atti di tutti i giorni, noi esprimiamo e mostriamo a Roma la nostra sottomissione, il fatto che riconosciamo queste autorità, e ciò non soltanto alla Messa, non soltanto nominando il Papa e il Vescovo locale nel canone della Messa, bensì anche in altre cose. C’è l’esempio del Papa stesso che ci ha dato il potere di confessare. Ci sono anche degli atti giuridici: è un po’ complicato da spiegare, ma può succedere che un sacerdote commetta dei delitti canonici, e in questi casi noi facciamo riferimento a Roma, che ci accorda la facoltà e a volte anzi ci richiede di emettere un giudizio su tali casi. Si tratta, quindi, veramente di relazioni normali. Non si tratta soltanto della giurisdizione per le confessioni, c’è tutto un insieme di cose. Quest’estate è stato confermato che il Superiore generale può davvero ordinare liberamente i sacerdoti della Fraternità senza dover domandare il permesso al Vescovo locale. È un testo che viene da Roma; certo non viene proclamato sopra i tetti, ma dice realmente che le ordinazioni della Fraternità sono lecite (dice, infatti, che il Superiore può ordinare «liberamente»). Ecco, dunque, qualche esempio di atti giuridici, e dunque canonici, che sono già instaurati e che, a mio avviso, escludono la possibilità di uno scisma. Anche se, naturalmente, bisogna comunque fare sempre attenzione a questo pericolo, su questo non c’è dubbio. 
 
TVLAllora oggi, concretamente, che cosa manca? 
 
Mons. Fellay: Manca il timbro! E, appunto, l’affermazione (stavolta chiara e senza equivoci) che queste garanzie saranno rispettate. 
 
TVLE questo timbro e questa garanzia può darli solo il Papa. 
 
Mons. Fellay: Sì, è il Papa che deve farlo. 
 
TVLPer concludere quest’intervista e per dare un segno di speranza: celebreremo quest’anno il centenario delle apparizioni di Fatima. Qual è, secondo Lei, l’attualità di questi avvenimenti per la Chiesa e per la Fraternità San Pio X? 
 
Mons. Fellay: Più che per la Fraternità… per la Fraternità, direi, è solo in via consequenziale. Di Fatima si sa che c’è un segreto, un messaggio che annuncia delle cose difficili, forse terribili (una parte di esso è conosciuta, un’altra non è molto conosciuta), ma, in ogni caso, «alla fine», dice la Vergine Maria, «il mio cuore Immacolato trionferà». Vi è dunque l’annuncio di una vittoria del cielo, del Cuore Immacolato di Maria, che andrà di pari passo con una consacrazione della Russia, vedrà la Russia convertirsi (che quindi tornerà cattolica, sarà reintegrata nella Chiesa cattolica), ci sarà un tempo di pace che sarà concesso alla Chiesa. Se ne può dunque trarre la conclusione che lo stato di crisi nel quale ci troviamo oggi sarà finito; certo i dettagli non li conosciamo, ma, evidentemente, se noi diciamo – e non siamo i soli a dirlo – che c’è una crisi nella Chiesa, speriamo anche che in questo momento di trionfo questa fase della Chiesa sia superata. Fino a che a che punto si arriverà in questa crisi, questo non lo so. Ma abbiamo questa sicurezza che alla fine ci sarà un trionfo. E noi lo aspettiamo, anzi lo affrettiamo con le nostre preghiere. Certo, sappiamo che questo in ultima analisi dipende dal Signore… 

TVLLei ha lanciato, in particolare, una «crociata del rosario» in quest’occasione. 
 
Mons. Fellay: Sì, esatto, domandando ai fedeli di pregare usando la preghiera che la Vergine Maria ci ha raccomandato, per domandarle che per l’appunto ciò che Lei ha domandato si compia, cioè che arrivi questo trionfo, che sia fatta questa consacrazione (ma come Lei lo ha domandato, in quanto ce n’è già stata qualcuna e ha anche già sortito qualche effetto). Ciò che soprattutto si può notare è che gli avvenimenti storici – dunque non solo quelli della Chiesa, ma anche quelli del mondo, come ad esempio i grandi avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale – sono legati a dalle date della Vergine Maria. E Maria stessa ha detto che la pace delle nazioni è stata messa dal Signore «nelle sue mani». C’è un intervento del governo di Dio sugli uomini che è reale. Perciò domandare al Signore che nella sua bontà lo eserciti in modo tale che gli uomini la smettano di demolire tutto e si sottomettano al suo giogo, può essere solo una cosa buona.
 

[Modificato da Caterina63 01/02/2017 12:26]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Intervista di Mons. Guido Pozzo
Segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei

al settimanale spagnolo Vida Nueva
 
del 2 febbraio 2017
 pubblicata il 3 febbraio 2017


http://www.vidanueva.es/2017/02/03/guido-pozzo-un-buen-catolico-no-puede-rechazar-el-concilio/

Intervista condotta da Darío Menor


I neretti nel testo delle risposte sono nostre



“Un buon cattolico non può rifiutare il Concilio”








L’arcivescovo Guido Pozzo è il Segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, incaricata di negoziare il ritorno alla comunione della Fraternità San Pio X. Un dialogo che egli vede come una opportunità per tutti i cattolici: “Può aiutare a precisare e a chiarire la corretta interpretazione, per evitare equivoci, errori o ambiguità su alcuni insegnamenti conciliari”.
 

Giornalista: La FSSPX ha aperto un nuovo seminario in Virginia e dimostra una grande vitalità. Roma vede questo come qualcosa di positivo?

Mons. Pozzo: L’incremento delle vocazioni al sacerdozio in questo e negli altri seminari della FSSPX è un segno di una vitalità consolidata. Anche negli Istituti Ecclesia Dei, che seguono le tradizioni disciplinari e liturgiche antiche, si registra ogni anno un costante aumento delle vocazioni. E’ una benedizione per tutta la Chiesa, quantunque, nel caso della FSSPX, il non aver raggiunto la piena comunione è una ferita che aspetta di essere sanata. Il riconoscimento canonico di un istituto clericale non è un atto notarile, né puramente formale, ma un elemento costitutivo intrinseco della sua ecclesialità.

Giornalista: Fellay dice che l’accordo per una prelatura personale è “quasi pronto”

Mons. Pozzo: E’ in atto un profondo esame di alcuni aspetti del testo della figura giuridica della prelatura personale. Una volta ultimato, si presenterà al Santo Padre una bozza delle costituzioni. Ciò nonostante, la condizione necessaria per il riconoscimento canonico è l’adesione ai contenuti della Dichiarazione Dottrinale che la Santa Sede ha presentato alla FSSPX.

Giornalista: Che si può dire sull’interpretazione del Concilio?

Mons. Pozzo: Gli incontri di questi anni hanno portato ad un chiarimento decisivo: il Vaticano II dev’essere compreso e letto nel contesto della tradizione della Chiesa e del suo costante magistero. Non si tratta di un “meta-concilio” né di un “superdogma”, ma di un momento nella storia della fede. L’autorità magisteriale della Chiesa non può fermarsi al 1962. Né il magistero sta al di sopra della Parola, scritta o trasmessa, né il progresso, nella migliore comprensione dei misteri della fede, deve avvenire sempre “nella stessa dottrina, nello stesso senso e nella stessa interpretazione” degli insegnamenti della Chiesa trasmessi dalla tradizione perenne, secondo quanto definito dal Vaticano I e ripreso nella Dei Verbum del Vaticano II.
Accettato dalla FSSPX, questo è il punto centrale della discussione. Gli insegnamenti del Concilio hanno un diverso grado di autorità, a cui corrisponde un diverso grado di adesione. Dopo la piena riconciliazione, potranno essere oggetto di esame le riserve sulle questioni che non sono proprie della materia di fede, ma attengono ai temi che si riferiscono all’applicazione pastorale degli orientamenti e degli insegnamenti conciliari, come la relazione fra la Chiesa e lo Stato, l’ecumenismo, il dialogo interreligioso o alcuni aspetti della riforma liturgica e della sua applicazione. 
A reggere il tutto dev’essere il criterio espresso da Benedetto XVI nel suo discorso alla Curia del 2005, secondo il quale bisogna distinguere le principali dottrine insegnate dal magistero costante della Chiesa (permanenti e irrevocabili) dalle loro applicazioni storiche, che dipendono in gran parte dalle contingenze dei tempi.
Una discussione più approfondita di questi temi potrà essere utile per una maggiore precisione e chiarezza, per evitare malintesi o ambiguità che, disgraziatamente, sono abbastanza diffuse.
Faccio notare quanto detto da Bernard Fellay: “Per la FSSPX, in certi documenti conciliari ci sono alcuni punti ambigui. Possiamo esporre i problemi, ma non siamo quelli che devono chiarirli. E’ Roma che ha l’autorità”. E’ importante, da un lato evitare di essere rigidi e mantenere posizioni di massima, e dall’altro conservare l’apertura e la disponibilità alla discussione.

Giornalista: L’accettazione del Concilio è una condizione essenziale?

Mons. Pozzo: E’ un falso problema chiedersi se un cattolico possa accettare o no il Concilio. Un buon cattolico non può rifiutarlo, trattandosi di un’assemblea universale dei vescovi riuniti intorno al Papa. Il vero problema è l’interpretazione dei documenti conciliari. Come ha detto Benedetto XVI, vi sono due ermeneutiche del Vaticano II, una nella linea del rinnovamento nella continuità con la tradizione e un’altra nella linea della rottura con la tradizione. L’interpretazione corretta è la prima, ma esiste un problema nell’interpretazione di certe formulazioni. Un dialogo con la FSSPX può aiutare a precisare una volta meglio la corretta interpretazione, per evitare equivoci, errori o ambiguità che sono presenti in un certo modo di comprendere e di interpretare alcuni insegnamenti conciliari. Questo, Benedetto XVI lo definì come il “concilio virtuale”, creato dal potere mediatico e dalla teologia neo-modernista. La distinzione tra “Concilio reale” e “Concilio virtuale” è fondamentale.

Magistero costante

Giornalista: Che requisiti sono, in definitiva, i fondamentali?


Mons. Pozzo: Come per qualunque altro cattolico, l’adesione alla professione di fede, il vincolo dei sacramenti e la comunione gerarchica col Papa. Un punto specifico si dovrebbe vedere, come dico, nella corretta relazione tra la tradizione e il magistero della Chiesa e il fatto che il Concilio debba essere letto alla luce della tradizione perenne e del magistero costante della Chiesa.

Giornalista: Esiste una tabella di marcia?

Mons. Pozzo: Non ci sono scadenze. Come in un percorso ciclistico, vi sono tappe prima della meta. Anche qui vi sono tappe e non si devono anticipare le ultime. Abbiamo già compiuto passi notevoli, contribuendo a creare un clima favorevole nelle relazioni umane ed ecclesiali. Stiamo procedendo con pazienza e gradualità nella buona direzione.

Giornalista: Che influenza ha avuto l’incontro tra Fellay e il Papa in aprile?


Mons. Pozzo: E’ stato utile per creare un clima più familiare e superare atteggiamenti di sfiducia che talvolta hanno prevalso nel passato, senza nascondere le differenti posizioni rispetto a certe questioni. L’accoglienza dell’altro ha la sua influenza nel momento di affrontare con serenità problemi di ordine dottrinale.

Giornalista: E’ d’aiuto la decisione del Papa che i fedeli possono confessarsi con i loro sacerdoti?

Mons. Pozzo: E’ così. La decisione di prolungare questa facoltà più in là del giubileo e un gesto di benevolenza, uno stimolo perché la FSSPX riconosca che solo nella piena comunione potrà trovare la sua collocazione ecclesiale.

Giornalista: Come sono questi incontri?

Mons. Pozzo: Molto sereni e cordiali. Adesso sono anche in un tono meno formale. Nella prima parte dei dialoghi, tra il 2009 e il 2011, i colloqui si svolgevano nella Congregazione per la Dottrina della Fede e risultavano più formali. Vi era un ordine del giorno preciso su temi di carattere dottrinale. Ora si è inteso ampliare la discussione e comunicare reciprocamente le impressioni che ognuno ha sulla vita della Chiesa.

Giornalista: E’ ottimista?

Mons. Pozzo: Ho fiducia. Non sono ottimista, né pessimista, ma realista. Per come procediamo ho fiducia, stiamo andando nella direzione giusta. Sono sempre stato un tomista, e credo nella capacità della ragione illuminata dalla fede di giungere alla verità oggettiva delle cose. Non sono un soggettivista. Per me la cosa più importante è l’oggettività.
Giornalista: Crea difficoltà al dialogo con la FSSPX la posizione di Francesco sull’ecumenismo e il dialogo interreligioso?

Mons. Pozzo: Quanto maggiore è la chiarezza tra i veri ecumenismo e dialogo interreligioso, separati dai confusi e ambigui ecumenismo e dialogo interreligioso, tanto minori saranno le riserve della FSSPX.


febbraio 2017

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Polonia: Mons. Fellay fa delle precisazioni
sulle relazioni della Fraternità San Pio X con Roma

Resoconto dell'omelia pronunciata il 3 marzo 2017


pubblicato il 17 marzo su DICI, agenzia di informazione della Fraternità


Durante l'omelia della Messa celebrata in Polonia il 3 marzo 2017, Mons. Bernard Fellay, Superiore generale della Fraternità San Pio X, è ritornato sulle voci circa un’acquisizione immobiliare a Roma. E le ha smentite, prima di fare delle precisazioni sul progetto di prelatura personale proposto alla Fraternità San Pio X nell’estate del 2015. Come aveva già detto nel corso dell’intervista a Radio Courtoisie del 26 gennaio 2017, tale struttura canonica corrisponde ai bisogni e all’apostolato della Fraternità nel mondo.

Mons. Fellay ha dichiarato che la proposta scritta inviata da Roma alla Fraternità prevede che il prelato a capo di questa nuova struttura canonica dovrà essere un vescovo. Come verrà designato? Il Papa sceglierebbe fra tre nomi (la terna) presentati dalla Fraternità. E’ anche previsto che vengano accordati alla Fraternità altri vescovi ausiliari.

E il Superiore generale ha aggiunto: «Tutto ciò che esiste adesso sarà riconosciuto in tutto il mondo. Anche i fedeli. Essi faranno parte di questa prelatura col diritto di ricevere i sacramenti e gli insegnamenti dai sacerdoti della Fraternità. Sarà anche possibile accogliere delle congregazioni religiose, come in una diocesi: cappuccini, benedettini, carmelitani e altri… Questa prelatura è una struttura che non sarà sotto l’autorità dei vescovi locali. Sarà autonoma.»

Tuttavia, secondo Mons. Fellay, vi è uno sviluppo ancora più importante e interessante di questo progetto di struttura canonica: un cambiamento che si è prodotto all’interno della Congregazione per la Dottrina della Fede. La Fraternità San Pio X potrà mantenere le sue obiezioni contro la libertà religiosa, l’ecumenismo e la nuova Messa. Queste funeste conseguenze del Concilio non sono più considerate come vincolanti o come condizioni necessarie per essere riconosciuti interamente cattolici.

Mons. Fellay allude qui alle dichiarazioni di Mons. Guido Pozzo sull’accettazione del concilio Vaticano II, cosa che secondo lui non è più un criterio di cattolicità. Questo stesso punto di vista è stato ribadito dai vescovi che hanno visitato i seminari della Fraternità San Pio X nel 2015, in base a quanto era stato convenuto nella riunione del 2014 con il cardinale Müller.
Nella sua omelia, il Superiore generale ha affermato sull’argomento: «nelle discussioni che abbiamo avuto con i vescovi inviati da Roma, essi ci hanno detto che queste questioni sono delle questioni aperte.»

Perché Roma è cambiata su questo punto? Mons. Fellay ritiene che la cosa sia dovuta alla gravità della situazione nella Chiesa e al vero caos che vi regna. Egli ha chiarito le sue affermazioni riferendo le parole del cardinale Gerhard Ludwig Müller, che ha chiesto alla Fraternità San Pio X di unirsi a lui nella lotta contro i modernisti. Ma al tempo stesso, la Congregazione per i religiosi ritiene che la Fraternità sia sempre scismatica, mentre invece Papa Francesco dice che essa è cattolica. Ed ha aggiunto: «Vi sono molte contraddizioni, vi è una lotta tra vescovi, tra cardinali, una situazione nuova… Roma non è più unita, ma divisa. A tal punto che certuni ritengono che le cose sono andate troppo oltre. E ci dicono: “voi dovete fare qualcosa, dovete resistere”.»

Mons. Fellay ha parlato anche del sostegno e delle lettere che ha ricevuto da parte di vescovi, come aveva già fatto nella sua intervista a Radio Courtoisie. A proposito di altri vescovi, ha detto: «Ve ne sono che parlano, che resistono, noi non siamo soli.». Secondo lui: «è iniziata nella Chiesa tutta un’opera di rinnovamento».

Al tempo stesso, Mons. Fellay non è cieco: «Questo non significa che noi dobbiamo precipitarci, noi dobbiamo procedere con una grande prudenza e assicurare il nostro avvenire mettendoci in condizione di impedire ogni possibilità di trabocchetto. Di conseguenza, in una tale situazione, noi non ci precipitiamo.»

Mons. Fellay ha parlato anche dell’interesse paradossale che Papa Francesco ha per la Fraternità San Pio X: «Un papa che non si cura della dottrina, che guarda alle persone e che ci conosce dall’Argentina. Egli ha apprezzato il lavoro che abbiamo fatto là. E per questo ha delle buone disposizioni nei nostri confronti, mentre al tempo stesso è contro il conservatorismo. E’ come una contraddizione. Ma io ho potuto constatare a più riprese che egli è capace di fare veramente delle cose per noi.»

Per concludere, Il Superiore generale ha affermato che egli non sa se ci sarà un riconoscimento canonico: «Andiamo o no verso un riconoscimento? Io non lo so, non penso, ma il Papa può sorprenderci. Questo sembra impossibile, ma egli l’ha già fatto più volte… Allora, noi dobbiamo continuare a pregare molto, a chiedere alla nostra Protettrice, la Santa Vergine Maria, di continuare a guidarci.»






marzo 2017

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[Modificato da Caterina63 23/03/2017 00:09]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Mons. Lefebvre NON è stato scomunicato!
Intervista di Roger Mac Caffrey


Il Rev. Padre Gérald Murray, appartenente alla diocesi di New York, nei primi del 1995 ha conseguito il dottorato in Diritto Canonico presso l'Università Gregoriana di Roma, discutendo una tesi dal titolo: "Lo status canonico dei fedeli del defunto Arcivescovo Marcel Lefèbvre e della Fraternità San Pio X: sono scomunicati in quanto scismatici?"  La tesi è stata licenziata summa cum laude e bacio accademico. Nell'agosto dello stesso anno egli ha concesso un'intervista a Roger Mac Caffrey della rivista The Latin Mass, pubblicata nel suo fascicolo dell'ottobre 1995, pp. 50-61. Riportiamo i passi salienti di tale intervista.




[Roger Mac Caffrey:]
       
Può riassumere con parole povere le conclusioni della sua tesi sulla Messa in latino?

   

[Rev. Murray:]
       
Ho cercato di esaminare se le persone che assistono alla Messa o ricevono i Sacramenti nelle cappelle della Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX) sono o meno scomunicati o scismatici. La mia tesi si basa sul fatto che i vescovi della FSSPX ordinati da Mons. Lefèbvre, e lui stesso, furono dichiarati scomunicati dal Papa al momento della loro consacrazione.

   
[Roger Mac Caffrey:]
       Tramite il cardinale Gandin.
 

 

[Rev. Murray:]
       Esattamente. In séguito il Papa si riferì a questa scomunica nel suo Motu Proprio Ecclesia Dei.
 

 

[Roger Mac Caffrey:]
       Che ha firmato personalmente.
 

 

[Rev. Murray:]
       Esatto, che ha emanato lui stesso. Sorge la seguente questione: in che misura questa scomunica, così come è stata emanata dalla Santa Sede, tocca anche gli altri?.
 

 

[Roger Mac Caffrey:]
       Volete dire: in che misura tocca anche i preti e i fedeli?
 

 

[Rev. Murray:]
       Certo. E la mia conclusione è la seguente: per quello che posso capire essi non sono scomunicati in quanto scismatici, poiché il Vaticano non ha mai detto che lo fossero. I soli chiaramente identificati come scismatici furono sei: Mons. Lefèbvre, Mons. De Castro Mayer (quest'ultimo "in via presuntiva") e i quattro vescovi ordinati. Resta quindi da capire in che modo coloro che abbiano un legame con le cappelle della FSSPX siano toccati dalla scomunica. È per questo che ho fatto delle ricerche e scritto la mia tesi.
 

 

[Roger Mac Caffrey:]
       Ma per giungere alla sua conclusione, e cioè che i fedeli e i preti, in base al nuovo Codice, non sono scomunicati in quanto scismatici, lei ha dovuto porsi la domanda: Mons. Lefèbvre e gli altri cinque vescovi sono stati scomunicati o no? Non è così?!?
 

 

[Rev. Murray:]
       È esatto.
 

 

[Roger Mac Caffrey:]
       Perché ha dovuto affrontare prima questa questione? E qual è la conclusione a cui è giunto?
 

 

[Rev. Murray:]
       Se si va alla radice del problema, il suo sviluppo diventa più chiaro. Se Mons. Lefèbvre è stato scomunicato come scismatico, gli altri rischiano di esserlo anche loro. Se invece Mons. Lefèbvre ha provocato uno scisma e altri lo hanno seguito, allora forse anche questi sono parte integrante dello scisma. A questo punto vi sono due modi diversi di affrontare la questione. Uno che considera che solo Mons. Lefèbvre e i suoi vescovi sono stati scomunicati, e in questo caso gli altri non sono toccati da questa specifica disposizione della legge o del legislatore (il Papa e i suoi collaboratori). L'altro che si sforza di dimostrare che in effetti Mons. Lefèbvre non è stato scomunicato, e quindi, a maggior ragione, nessun altro è scomunicato. In quest'ultima ipotesi, io arrivo alla conclusione che, canonicamente parlando, Mons. Lefèbvre non è colpevole di un atto scismatico punibile a norma di Diritto Canonico. Egli è colpevole di un atto di disobbedienza nei confronti del Papa, ma ha agito in maniera tale che per il suo atto poteva avvalersi di una disposizione di legge che gli evitava di essere scomunicato automaticamente ("latae sententiae"). Certo, anche in questo caso egli avrebbe potuto essere scomunicato "ferendae sententiae", per deliberata decisione del Papa, cosa che non è avvenuta.
 

 

[Roger Mac Caffrey:]
       Quindi, le ragioni che vi fanno ritenere che i preti e i fedeli laici della Fraternità non sono scomunicati, sono due? E sono di ordine canonico?
 

 

[Rev. Murray:]
       Grosso modo direi di sì. I soli ad essere colpiti di scomunica furono i vescovi. Ora, in Diritto Canonico, la scomunica non dipende esclusivamente da una dichiarazione esplicita fatta dall'autorità della Santa Sede. Il Diritto Canonico contiene le sanzioni dette latae sententiae, le quali prevedono che se si commette un certo atto illegale, a norma dello stesso Diritto, si incorre automaticamente nella sanzione prevista per quest'atto specifico. Ora, per chi diventa scismatico, è prevista una sanzione automatica, di tipo latae sententiae. Ma nel caso dei laici o dei preti della FSSPX, il Vaticano non ha mai dichiarato che un prete o un laico sia diventato scismatico. Il Vaticano ha avvisato i fedeli di non appog-giare uno scisma o di non parteciparvi, ma non ha mai specificato il significato di questo avvertimento. Quindi ci troviamo di fronte ad un dubbio legislativo o ad una incertezza di fatto circa la possibilità di sapere se qualcuno è scismatico o no . Prendiamo il caso del sig. Rossi che va in una cappella amministrata da un prete della FSSPX. Questo prete è scismatico perché è un prete della Fraternità? Questo non è mai stato specificato dal Vaticano. Può sorgere quindi il dubbio. Come si sa, la FSSPX sostiene che non si trova in una posizione scismatica. Il prete potrebbe agire dunque in buona fede affermando: "Non sono scismatico e non aderisco ad uno scisma". Anche un laico potrebbe avere in buona fede la stessa convinzione, e quindi non lo si potrebbe accusare dicendo: "Lei rientra nelle condizioni previste dal Diritto e quindi incorre nella sanzione automatica prevista per cosciente violazione della legge".
 

 

[Roger Mac Caffrey:]
       Il Vaticano ha risolto un caso in maniera chiara. Due anni fa un gruppo di laici, nelle Hawai, venne scomunicato dal suo vescovo, Mons. Ferrario, colpevole di avere assistito a delle Messe celebrate da un vescovo di Mons. Lefébvre. Il Cardinale Ratzinger ANNULLÓla decisione di Mons. Ferrario. Nella sua tesi ha citato questo caso?
 

 

[Rev. Murray:]
       No. Per questo caso non sono sicuro della motivazione legale presentata dal gruppo in questione per appellarsi al Card. Ratzinger. Ma, secondo il Card. Ratzinger, il vescovo che pronunciò la scomunica non poteva difenderla né di diritto né di fatto.
 

 

[Roger Mac Caffrey:]
       Nel suo decreto di scomunica il vescovo dichiara: "Scomunico queste persone perché frequentano uno scismatico, e le dichiaro scismatiche". Il Cardinale Ratzinger ha annullato la scomunica e ha dichiarato che queste persone non erano scismatiche. Questo dà forza alla sua argomentazione.
 

 

[Rev. Murray:]
       Penso di sì. È la stessa conclusione a cui sono giunto per quanto riguarda i preti e i laici della FSSPX. Io credo che il Cardinale Ratzinger abbia ragione, poiché il fatto di assistere ad un ufficio amministrato da un prete ordinato da Mons. Lefébvre o da uno dei suoi collaboratori non si traduce nella deliberata volontà di rompere la comunione con il Papa o i suoi subordinati, deliberata volontà nella quale consiste lo scisma.
 

 

[Roger Mac Caffrey:]
       Lei non incoraggia i fedeli ad assistere a questi uffici, ma dice semplicemente -come peraltro il Cardinale Ratzinger ha lasciato intendere in una delle sue interviste- che per il solo fatto di assistervi non significa che si sia scismatici. Il cardinale Ratzinger ha dichiarato che conosce dei fedeli che assistono agli uffici della FSSPX "con la convinzione di essere ancora in piena comunione con il Papa". E ha sollecitato un "atteggiamento di generosità nei confronti di questi fedeli di cui molti sono angosciati". In tal modo lei, per un verso, non incoraggia questi fedeli ad assistere a questi uffici, e per l'altro dice che non si tratta necessariamente di un atto scismatico.
 

 

[Rev. Murray:]
       Per quanto ne so, la Santa Sede non ha mai dichiarato che il semplice fatto di assistere ad un ufficio celebrato da un prete della FSSPX costituisca un atto scismatico. Ne consegue che ci si possa chiedere: "Siamo di fronte ad una conclusione sensata, derivante dalla semplice interpretazione del Diritto e passibile di essere proposta ai fedeli?" Io non penso che si tratti di questo, visti gli elementi che girano intorno all'insieme della controversia. Quali sono questi elementi? Mons. Lefèbvre o i suoi collaboratori hanno costantemente sostenuto che non hanno operato uno scisma. Coloro che hanno seguito Mons. Lefèbvre, a quanto ne dice lo scrittore francese Jean Madiran, lo hanno fatto perché, davanti a una reli-gione che sembrava cambiare, egli ha offerto loro l'idea e i mezzi per aggrapparsi a una roccia: fare ciò che la Chiesa ha sempre fatto. A chi lo seguiva, gli dava una garanzia, un'assicurazione, quasi una sorta di contratto, dicendo: - Non ho una dottrina personale. Mi sono tenuto sempre a ciò che mi è stato insegnato sui banchi del seminario francese di Roma. Non ho inventato niente di nuovo.
       A torto o a ragione, loro, cioè Mons. Lefèbvre e collaboratori, hanno fatto condividere tali concetti ai loro associati e ai loro fedeli, e hanno cercato di fondare le loro argomentazioni su un ragionamento canonico. Penso dunque che qualcuno, assistendo ad un ufficio della FSSPX, possa agire in buona fede e possa sinceramente ritenere che non vi sia alcun ostacolo di ordine scismatico. In generale, se si hanno le prove che in una parrocchia vengono celebrate delle Messe invalide, la Gerarchia assume le misure atte a rimediare alla situazione. Nondimeno sappiamo che effettivamente vengono celebrate delle messe invalide. Lo stesso Cardinale Ratzinger, al momento del suo insediamento, ha dovuto emanare una istruzione per i vescovi circa il conforme svolgimento del Sacramento dell'Eucarestia. È ha ordinato di non permettere più delle celebrazioni con del pane non valido, raccomandando che fossero officiate delle Messe per tutte le intenzioni con le quali erano state officiate le messe invalide. Credo che un certo numero di persone che leggono la vostra rivista probabilmente abbiano ricevuto, qualche volta, la Comunione e, trattandosi di "pane scelto a fantasia", abbiano dubitato della sua validità. Guardiamo adesso ad un altro caso. Immaginiamo che un fedele sappia che il prete della sua parrocchia propone degli insegnamenti contrari alla morale o alla dottrina cattolica. Per esempio, che nega l'esistenza dell'Inferno, o insegna che i divorziati risposati possano ricevere la Comunione; e che sappia con sicurezza che il suo comportamento è tollerato dal vescovo. Può costui recarsi in una cappella della FSSPX per ricevere la buona dottrina? Secondo me questa è cosa migliore che ascoltare dei sermoni eretici. Forse mi sbaglio, ma credo che un tale fedele sia più in diritto di essere in pace con la sua Fede piuttosto che essere costretto ad ascoltare delle eresie.
 

 

[Roger Mac Caffrey:]
       Il Cardinale Ratzinger , dal 1988 in poi, si è espresso più volte sulla questione di Mons. Lefèbvre. E non ha mai mancato di esprimere la sua comprensione e talvolta anche al sua simpatia nei confronti dei fedeli che vanno a Messa nelle cappelle della FSSPX. Perché lei ed io non potremmo esprimere la stessa simpatia? Perché dobbiamo essere accusati di mancanza di lealtà ogni volta che esprimiamo simpatia nei confronti dei fedeli della FSSPX? In definitiva, alla lettura di questa intervista, lei sarà accusato di essere filoscismatico. Ne è cosciente?
 

 

[Rev. Murray:]
       Io spero di no. Io sono uno studente in Diritto Canonico. Ho ottenuto una licenza in questa disciplina avendo scelto per la mia tesi la scomunica di Mons. Lefèbvre. Vi è ancora un vasto spazio da esplorare relativo agli aspetti tecnici, prescindendo dall'aspetto emozionale e polemico delle critiche di Mons. Lefèbvre nei con-fronti del Papa, critiche più volte ripetute. Sappiamo che Mons. Lefèbvre ha fatto molte dichiarazioni di fuoco che non sono tutte sostenute da delle prove. Una cosa è certa: che all'interno della Chiesa è in atto una crisi. In una certa misura, Mons. Lefèbvre l'aveva capito, e alcune delle sue considerazioni sono state ri-prese da altri vescovi e Cardinali.
 

 

[Roger Mac Caffrey:]
       In privato.
 

 

[Rev. Murray:]
       In privato, e talvolta anche in pubblico. Io penso che per quanto attiene a ciò che sta accadendo nella Chiesa, il rapporto Ratzinger avesse molto in comune con le analisi di Mons. Lefèbvre. Ma per quanto riguarda le questioni di ordine canonico, bisogna ammettere che il diritto si comprende meglio quando è espresso in termini giuridici, ed esso dev'essere studiato prescindendo dalle passioni. È questo che mi sono sforzato di fare. Coloro che pensano che io incoraggi lo scisma, hanno torto. Mi piacerebbe vedere una riconciliazione con la FSSPX e i suoi fedeli. Credo che il loro punto di vista, quando sostengono di non aver perseguito alcuno scisma, meriti un esame attento. Si guadagnerebbe in chiarezza se il Papa promulgasse un decreto in cui fosse stabilito grosso modo che: "Entro X giorni, chiunque continui ad assistere ad una Messa celebrata da preti legati alla FSSPX sarà scomunicato automaticamente e sarà considerato come scismatico". Credo che la chiarezza di una tale definizione stimolerebbe i fedeli a prendere una decisione, in un senso o nell'altro.
 

 

[Roger Mac Caffrey:]
       Ma il fatto che il Papa non prenda un provvedimento del genere indica che egli si accontenta della situazione ambigua che deriva dall'interpretazione del Diritto Canonico e dalla definizione di scisma. Se ne fosse contristato, non crede che agirebbe come lei ha suggerito?
 

 

[Rev. Murray:]
       Sono convinto che oggi vi sia un'assenza di rigore giuridico -cioè che siano stati emanati degli avvertimenti imprecisi senza che siano seguiti da ulteriori chiarimenti- e che prevalga il convincimento che meno sanzioni si impiegano più sarà facile la riunificazione e la soluzione amichevole del conflitto. Si può discutere della fondatezza di questo ragionamento, ma credo che lo si faccia in questa ottica. Lo stesso Papa, mi sembra, si è dispiaciuto a dover trattare la questione. Per quello che posso giudicare, a meno che non vi siano altri negoziati, questo movimento continuerà ad allontanarsi dalla Chiesa, proprio per giustificare la sua esistenza.
 

 

[Roger Mac Caffrey:]
       Ben presto diventerà scismatico, se non lo è già.
 

 

[Rev. Murray:]
       Certo, e si ritorna alla distinzione che ho fatto prima. Può anche trattarsi di un movimento scismatico, ma esso non è stato colpito da sanzioni canoniche contro lo scisma, molto semplicemente perché la nuova legge esige che si esamini l'atto soggettivo di Mons. Lefèbvre al momento delle consacrazioni.
 

 

[Roger Mac Caffrey:]
       È questo che stabilisce il nuovo codice?
 

 

[Rev. Murray:]
       Esattamente.
 

 

[Roger Mac Caffrey:]
       Se il nuovo codice stabilisce così, tutto sta in una decisione del Papa. È qui che risiede il dilemma.
 

 

[Rev. Murray:]
       È così. Il Papa agisce nei limiti del Diritto Canonico, al pari di chiunque, ma con una enorme differenza, che lui stesso è il legislatore ed ha facoltà di cambiare il diritto. Se non lo cambia e se non promulga quello che potremmo chiamare un "precetto particolare", che è una particolare applicazione del diritto o un aiuto al diritto come è sancito, allora il Papa rimane sottomesso a questo diritto. Egli ha la facoltà di cambiarlo, ma in questo caso preciso non lo ha fatto. E la legge stabilisce che se qualcuno ha ritenuto di avere un grave motivo, una necessità imperiosa, nel compiere un atto illegale, costui non può essere sottoposto alle sanzioni latae sententiae. Io direi che il Papa stesso non è un legislatore del Diritto canonico: si sono pubblicati dei consigli che gli sono stati dati -l'Osservatore Romano presenta un comunicato in cui si dice che lo stato di necessità al quale fa appello il canone 1323 non era applicabile. Io ritengo che i suoi consiglieri abbiano sostenuto che Mons. Lefèbvre non avesse il diritto di avvalersi dei canoni 1323 e 1324; è per questo che il Papa non ne parla nella sua dichiarazione. Io sono convinto che i suoi consiglieri avessero torto, poiché, a mio avviso, il caso di Mons. Lefèbvre è proprio un esempio di quanto il nuovo diritto sia tanto meno rigoroso per quanto il precedente fosse del tutto chiaro. Secondo il precedente Diritto Canonico, se qualcuno compiva un atto illegale, veniva considerato colpevole fino a prova contraria. Il nuovo codice, invece, prevede che se qualcuno commette un atto illegale che ritiene soggettivamente necessario, non necessariamente incorre in una sanzione. Certo, il Papa potrebbe imporre una sanzione sulla base della sua autorità ed enunciarla come tale, ma è su questo punto che ci troviamo di fronte ad un dilemma. Mons. Lefèbvre ha fatto valere che egli doveva agire per il bene della Chiesa; noi potremmo replicare che egli ha agito per il suo bene, per il suo interesse; se ne può discutere. Ed è su questo punto che io penso ci si potrebbe rivolgere al Papa, in rispetto della sua funzione pontificale e della sua autorità, dicendo: "Santità, io penso che il canone 1324 si possa applicare a questo caso". Quindi Mons. Lefèbvre non può essere stato scomunicato, e a maggior ragione ritengo che nessuno dei suoi fedeli lo sia stato o lo sia. In questo caso si vede bene che tutto è partito dalla dichiarazione pubblica del Cardinale Gandin, secondo il quale i due canoni relativi allo scisma e alla consacrazione illegale sarebbero stati violati intenzionalmente. Infatti, la dichiarazione pubblica diceva che: "È accertato pubblicamente che costoro non solo hanno violato la legge, ma lo hanno fatto in maniera tale da incorrere nella relativa sanzione". Ora, il fatto di dichiarare questo non determina l'applicazione della sanzione, ma solo che quest'ultima esisteva già. È per questo che si può affermare il proprio disaccordo, dicendo: "Rispettosamente, io credo che la vostra applicazione della legge sia scorretta." Meglio ancora, Mons. Lefèbvre poteva dire: "Che il Cardinale Gandin sia o MENO dello stesso parere, io reputo di poter invocare il canone 1324", poiché il giudizio soggettivo delle circostanze è lasciato all'apprezzamento del singolo. Se colui che viola la legge afferma con sincerità: "Nel mio animo e nella mia coscienza non ho avuto l'intenzione di fare alcunché di male, poiché reputavo che era necessario che io agissi contro la lettera della legge", non gli occorre altro per invocare il canone 1324 ed evitare le sanzioni latae sententiae. Ora, il Papa potrebbe dire, come diceva lei: "Dimentichiamo questi canoni: io dichiaro che a partire da oggi, in virtù della mia autorità, queste persone sono scomunicate"; ma il Sovrano Pontefice non ha agito così. Egli si è lasciato guidare da i suoi consiglieri e dal codice in vigore. E io penso che si tratti di una lacuna del nuovo codice. Dal momento che si permette alle conclusioni soggettive di prevalere sulle sanzioni, si determina una incertezza giuridica e, in ogni caso, una mancanza di certezza generale. Naturalmente la maggior parte delle persone che violano una legge, ritiene che ciò sia stato un suo dovere, a meno che non si tratti di depravati o della volontà di farlo per contraddire l'autorità. Francamente, io non credo che Mons. Lefèbvre l'abbia fatto con queste intenzioni.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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CRONACA ORIGINALE DELL'EPOCA
OGGI I FUNERALI DI LEFEBVRE IL VESCOVO CHE HA SFIDATO ROMA

ECONE 2 aprile 1991

Oggi si seppellisce Lefebvre. Nella cappella si spegneranno i ceri e il coperchio calerà a nascondere le spoglie fragili del vescovo che in nome della tradizione ha sfidato tre papi ed è morto scomunicato. La bara sarà portata a spalle giù per le scale e attraverso il cortile fino al prato scosceso dove i suoi seguaci hanno eretto un immenso tendone per la messa, un riparo come quello che il 30 giugno 1988 servì a Lefebvre per compiere il suo estremo atto di disobbedienza al papa: la consacrazione di quattro vescovi. C' era una grande tensione tre anni fa, alla vigilia della cerimonia che per Roma segnava la volontà scismatica di Marcel Lefebvre. I volti dei seminaristi, dei preti e dei fedeli che davano una mano a decorare la cattedrale di tela erano tesi, chiusi. Ieri invece abbiamo visto volti sorridenti, abbiamo udito voci allegre di saluto in molte lingue quando dalle auto scendevano sacerdoti arrivati in questo angolo del Vallese da altri cantoni svizzeri, dalla Francia, dall' Inghilterra.

C' era ordine per tutti di non parlare con la stampa ma un insegnante del seminario ci ha detto sorridendo: La morte non rappresenta una frattura per i cristiani. Accettiamo la volontà di Dio. Marcel Lefebvre è morto prima dell' alba il 25 marzo e solo oggi viene seppellito. Per nove giorni la sua salma imbalsamata è stata esposta: il volto pareva bagnato dal verderame con cui si irroravano le vigne, le scarne mani erano inguantate di rosso, il corpo invisibile sotto i paramenti. Il tempo frapposto tra la morte e i funerali richiama quello che si rispetta prima di seppellire i papi. Chi ama le tinte forti ha ipotizzato che i seguaci di monsignor Lefebvre vogliano cogliere l' occasione dei suoi funerali per farne un antipapa e per segnare con più chiarezza la loro separazione da Roma. Nulla è più lontano dal vero.

Oggi i tradizionalisti seppelliscono un vescovo, il fondatore di un' opera religiosa che a loro avviso resta parte integrante della Chiesa cattolica. L' ufficio stampa della Fraternità San Pio X fondata da Lefebvre nel 1970 ha distribuito ieri del materiale che lascia intravedere l' atteggiamento mentale di questi cristiani. Apre il plico una cronologia della vita di Lefebvre che ignora tutte le tappe del suo dissidio con Roma e non cita gli scritti polemici, la sospensione a divinis, lo scisma, la scomunica. Seguono due scritti del vescovo ribelle, uno del ' 74, l' altro del ' 90, in cui la polemica con Roma è strettamente legata alle dichiarazioni di fedeltà alla Chiesa.

In chiusura c' è un breve scritto non firmato ma attribuibile a padre Franz Schmidberger che dal 1982 è il superiore della Fraternità. Esordisce così: Precisiamo che non esiste nessuna Chiesa tradizionalista. Esiste unicamente la Chiesa Cattolica Romana. Tradizionalista significa solo cattolico in senso proprio. Dunque noi ci consideriamo membri della Chiesa di Roma a tutti gli effetti. L' estensore della nota non si dilunga sulla scomunica la cui invalidità scrive è stata più volte dimostrata. I seguaci di Lefebvre continueranno dunque nell' atteggiamento del loro capo: di fedeltà alla Chiesa nonostante le sanzioni disciplinari poiché essi non le riconoscono. A chi chiede cosa sarà dei tradizionalisti divisi da Roma, ora che Lefebvre è morto, l' anonimo portavoce chiede polemicamente: Che unità c' è tra le diverse conferenze episcopali, i teologi della liberazione, la commissione Ecclesia Dei se non una comune ostilità alla tradizione autentica e all' opera di monsignor Lefebvre?.


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Fraternamente CaterinaLD

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