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Sinodo dei Vescovi INSTRUMENTUM LABORIS evangelizzazione e trasmissione della fede

Ultimo Aggiornamento: 28/10/2012 17:04
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INSTRUMENTUM LABORIS DEL SINODO SU NUOVA EVANGELIZZAZIONE

Città del Vaticano, 19 giugno 2012 (VIS). Alle 11:30 di questa mattina, nella Sala Stampa della Santa Sede, si è tenuta la Conferenza Stampa di presentazione dell'"Instrumentum laboris" della XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, sul tema: "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana" (7-28 ottobre 2012). Alla Conferenza Stampa Sono intervenuti l'Arcivescovo Nikola Eterovic, Segretario Generale ed il Vescovo Fortunato Frezza, Sotto-Segretario del Sinodo dei Vescovi.

"I Padri Sinodali - ha spiegato l'Arcivescovo Eterovic - rifletteranno sulla trasmissione della fede cristiana. Si tratta di una delle grandi sfide della Chiesa che sarà approfondita nel contesto della nuova evangelizzazione". La riflessione sinodale sarà arricchita con lo svolgersi dell'Anno della Fede che avrà inizio l'11 ottobre.

L'Instrumentum laboris', ha segnalato il Presule, è composto da quattro capitoli, preceduti da una Introduzione e chiusi da una breve Conclusione. Nell'Introduzione che raccoglie le risposte delle Conferenze Episcopali "si sente la necessità di nuovi strumenti e di nuove espressioni per rendere comprensibile la parola di Dio negli ambienti di vita dell'uomo contemporaneo. L'evento sinodale dovrebbe rappresentare un'occasione di confronto e condivisione sia nell'analisi sia di esempi di azione da condividere allo scopo di fornire incoraggiamento ai Pastori e alle Chiese particolari".

Nel primo dei quattro capitoli, intitolato "Gesù Cristo, Vangelo di Dio per l'uomo" si "ribadisce il nucleo centrale delle fede cristiana, che non pochi cristiani ignorano. Al contempo, con tale attitudine si intende proporre il Vangelo di Gesù Cristo come Buona notizia anche per l'uomo contemporaneo. (...) La nuova evangelizzazione è l'espressione della dinamica interna del cristianesimo, che desidera far conoscere agli uomini di buona volontà la 'profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza' del mistero di Dio rivelatosi in Gesù Cristo, e non tanto un'affannosa risposta di fronte alla crisi della fede e alle nuove sfide poste alla Chiesa dal mondo attuale".

Il secondo capitolo del documento "Tempo di nuova evangelizzazione" "è dedicato prevalentemente alla segnalazione delle sfide attuali all'evangelizzazione come pure alla descrizione della nuova evangelizzazione. (...) Si tratta di nuove sfide all'evangelizzazione nel mondo contemporaneo, descritte con vari scenari. La Chiesa è chiamata a fare discernimento di tali scenari 'per trasformarli in luoghi di annuncio del Vangelo e di esperienza ecclesiale. (...) Nell'opera di nuova evangelizzazione si desidera un rinnovamento della pastorale ordinaria nelle Chiese particolari. Al contempo, si auspica una nuova sensibilità, che richiede una certa creatività ed audacia evangelica, verso le persone allontanatesi dalla Chiesa". L'Arcivescovo ha precisato che "quasi tutte le risposte hanno segnalato la mancanza di vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, che richiede, tra l'altro, una forte pastorale vocazionale".

Riferendosi al terzo capitolo intitolato "Trasmettere la fede", l'Arcivescovo ha sottolineato che "la finalità della nuova evangelizzazione è la trasmissione della Fede. La Chiesa trasmette la fede che essa stessa vive. Tutti i cristiani sono chiamati a dare il loro contributo. (...) Gli ostacoli alla fede possono essere interni alla Chiesa (una fede vissuta in modo passivo e privato, rifiuto di un'educazione della propria fede, una separazione fra fede e vita), o al di fuori della vita cristiana (la secolarizzazione, il nichilismo, il consumismo, l'edonismo. (...) L'Anno della Fede rappresenta un pressante appello alla conversione perché ogni cristiano e ogni comunità, trasformati dalla grazia, portino abbondanti frutti. Tra i frutti della fede sono menzionati: l'impegno ecumenico, la ricerca della verità, il dialogo interreligioso, il coraggio di denunciare le infedeltà e gli scandali nella comunità cristiana".

L'ultimo capitolo "Ravvivare l'azione pastorale" tratta della "trasmissione delle fede nel contesto della nuova evangelizzazione e ripropone gli strumenti maturati durante la sua Tradizione e, in particolare, il primo annuncio, l'iniziazione cristiana e l'educazione, cercando di adattarle alle attuali condizioni culturali e sociali. (...) Bisognerebbe comprendere meglio, dal punto di vista teologico, la sequenza dei sacramenti dell'iniziazione cristiana che culmina nell'Eucaristia, e riflettere su modelli per tradurre nella prassi l'approfondimento auspicato".

Nella Conclusione si riafferma che: "Nuova evangelizzazione vuol dire 'rendere ragione della nostra fede, comunicando il 'Logos della speranza al mondo che aspira alla salvezza".

[SM=g1740758]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELL’INSTRUMENTUM LABORIS DELLA XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI (7-28 OTTOBRE 2012)
  • INTERVENTO DI S.E. MONS. NIKOLA ETEROVI

     

  • INTERVENTO DI MONS. FORTUNATO FREZZA

    Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si tiene la conferenza stampa di presentazione dell’Instrumentum laboris della XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema: "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana" (7 - 28 ottobre 2012).
    Intervengono: S.E. Mons. Nikola Eteroviƒ, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi e Mons. Fortunato Frezza, Sotto-Segretario del Sinodo dei Vescovi.
    Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:

  • INTERVENTO DI S.E. MONS. NIKOLA ETEROVI

    I) Introduzione

    Dal 7 al 28 ottobre 2012 si terrà in Vaticano la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Sotto la guida del Santo Padre Benedetto XVI, Presidente del Sinodo dei Vescovi, rappresentanti dell’episcopato del mondo intero, in un ambiente di preghiera, di dialogo e di fraterna comunione, rifletteranno sulla trasmissione della fede cristiana. Si tratta di una delle grandi sfide della Chiesa che sarà approfondita nel contesto della nuova evangelizzazione. Pertanto i due aspetti dell’argomento sinodale sono intimamente uniti e si completano a vicenda. Lo scopo della nuova evangelizzazione è la trasmissione della fede cristiana. L’urgente compito di trasmettere alle nuove generazioni il Vangelo di Gesù – senza interruzione del processo di trasmissione della fede – si svolge nell’ambito della nuova evangelizzazione.

    La riflessione sinodale sarà alquanto arricchita dal legame con l’Anno della fede che, secondo la decisione del Sommo Pontefice, espressa nella Lettera Apostolica in forma di motu proprio Porta fidei, incomincerà l’11 ottobre, nel corso dell’Assise sinodale, in commemorazione del 50° dell’inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II e del 20° della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica.

    L’Instrumentum laboris, ordine del giorno dell’Assise sinodale, rappresenta una tappa importante nella preparazione dei lavori sinodali. Esso è il risultato delle risposte ai Lineamenta, documento di riflessione sul tema dell’Assemblea sinodale che, pubblicato il 2 febbraio 2011, festa della Presentazione del Signore, è stato inviato ai 13 Sinodi dei Vescovi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, alle 114 Conferenze Episcopali, ai 26 Dicasteri della Curia Romana e all’Unione dei Superiori Generali. Tutti questi organismi con i quali il Sinodo dei Vescovi mantiene rapporti ufficiali hanno fatto pervenire i loro contributi alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi. La Segreteria Generale ha ricevuto pure altri contributi di istituzioni e di singoli fedeli. Con l’aiuto del Consiglio Ordinario, la Segreteria Generale, valendosi del contributo di alcuni esperti, ha curato il presente documento che oggi viene presentato. In modo particolare, occorre segnalare il contributo del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, il cui Ecc.mo Presidente è stato associato al Consiglio Ordinario che ha partecipato alla stesura del Documento.

    II) Schema dell’Instrumentum laboris

    Oltre alla Prefazione, a firma dell’Ecc.mo Segretario Generale, l’Instrumentum laboris è composto da quattro capitoli, preceduti da una Introduzione e chiusi da una breve Conclusione. I capitoli sono dedicati ai seguenti temi: 1) Gesù Cristo, Vangelo di Dio per l’uomo;2) Tempo di nuova evangelizzazione; 3) Trasmettere la fede; 4) Ravvivare l’azione pastorale.

    Nell’Introduzione si presenta la struttura dell’Instrumentum laboris, si indicano il significato del tema sinodale, i punti di riferimento e le attese da parte delle Chiese particolari, secondo le risposte ai Lineamenta. Con l’indizione dell’Anno della fede, il Santo Padre Benedetto XVI ha sottolineato l’importanza del Concilio Ecumenico Vaticano II per la vita della Chiesa e anche per i lavori sinodali. Nell’Introduzione si mette in risalto l’importanza dei documenti conciliari che sono stati punti di riferimento per i Vescovi di Roma nell’applicarne le indicazioni nei decenni successivi e che sono poi confluiti, per esempio, nel Catechismo della Chiesa Cattolica. Nell’Instrumentum laboris spesso si menzionano l’Esortazione Apostolica di Paolo VI Evangelii nuntiandi,vari pronunciamenti del beato Giovanni Paolo II e, in particolare, l’Enciclica Redemptoris missio e la Lettera Apostolica Novo millennio inneunte. Quanto al Santo Padre Benedetto XVI, si citano vari pronunciamenti, soprattutto la Porta fidei, e si insiste sull’ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità, con il quale occorre leggere e recepire il Concilio perché diventi "una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa" (N. 14).

    Con riferimento alle risposte degli episcopati, dall’Assise sinodale si attende che infonda energie nuove alle comunità cristiane e che fornisca risposte concrete alle domande circa l’evangelizzazione nel mondo attuale. Si sente la necessità di nuovi strumenti e di nuove espressioni per rendere comprensibile la parola di Dio negli ambienti di vita dell’uomo contemporaneo. L’evento sinodale dovrebbe rappresentare un’occasione di confronto e condivisione sia dell’analisi sia di esempi di azione da condividere allo scopo di fornire incoraggiamento ai Pastori e alle Chiese particolari. Si auspica che la nuova evangelizzazione "porti a riscoprire la gioia di credere, e aiuti a ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede" (N. 9).

    III) Primo capitolo: Gesù Cristo, Vangelo di Dio per l’uomo

    Accogliendo suggerimenti di varie risposte, l’Instrumentum laboris ribadisce il nucleo centrale della fede cristiana, che non pochi cristiani ignorano. Al contempo, con tale attitudine si intende proporre il Vangelo di Gesù Cristo come Buona notizia anche per l’uomo contemporaneo.

    L’Instrumentum laboris ribadisce la vocazione fondamentale della Chiesa di annunciare agli uomini la Buona Notizia che ha ricevuto e che vive. La fede cristiana è soprattutto l’incontro con la persona di Gesù Cristo a livello personale e comunitario, opera dello Spirito Santo, che trasfigura la vita dei fedeli, facendoli partecipi della vita divina. "Per Gesù l’evangelizzazione assume lo scopo di attrarre gli uomini dentro il suo intimo legame con il Padre e lo Spirito" (N. 22). L’evangelizzazione conduce naturalmente l’uomo ad un’esperienza di conversione, tappa indispensabile nel cammino alla santità. "La Chiesa che annuncia e trasmette la fede imita l’agire di Dio stesso che si comunica all’umanità donando il Figlio, che effonde lo Spirito Santo sugli uomini per rigenerarli come figli di Dio" (N. 36).

    Gesù Cristo, "Vangelo di Dio, è stato assolutamente il primo e il più grande evangelizzatore" (Evangelii nuntiandi 7 in N. 21). Il Suo Vangelo è la ripresa e il compimento dell’annuncio delle Scritture dell’Antico Testamento. "Proprio in forza di questa continuità, la novità di Gesù appare al tempo stesso evidente e comprensibile" (N 22). Fedele alla volontà del suo Signore, "evangelizzatrice, la Chiesa vive questa sua missione ricominciando ogni volta con l’evangelizzare se stessa" (N. 37), tramite una conversione e un rinnovamento costanti nell’ascolto della Parola di Dio, nella celebrazione dei sacramenti e nell’opera della carità. L’evangelizzazione non è una scelta della Chiesa bensì un dovere: essa esiste per evangelizzare. D’altra parte, "ogni persona ha il diritto di udire il Vangelo di Dio per l’uomo, che è Gesù Cristo" (N. 33). L’evangelizzazione è il grande dono di Dio a tutti gli uomini. La nuova evangelizzazione è l’espressione della dinamica interna del cristianesimo, che desidera far conoscere agli uomini di buona volontà la "profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza" (Rm 11,33) del mistero di Dio rivelatosi in Gesù Cristo, e non tanto un’affannosa risposta di fronte alla crisi della fede e alle nuove sfide poste alla Chiesa dal mondo attuale.

    IV) Secondo capitolo: Tempo di nuova evangelizzazione

    Il secondo capitolo del Documento è dedicato prevalentemente alla segnalazione delle sfide attuali all’evangelizzazione come pure alla descrizione della nuova evangelizzazione. L’Annuncio del Vangelo di Gesù Cristo, sempre uguale, si confronta oggi con alcune situazioni sociali nuove che interpellano la Chiesa ed esigono da essa risposte adeguate per rendere ragione alla speranza che essa porta (cfr 1Pt 3,15). Si tratta di nuove sfide all’evangelizzazione nel mondo contemporaneo, descritte con vari scenari. La Chiesa è chiamata a fare discernimento di tali scenari "per trasformarli in luoghi di annuncio del Vangelo e di esperienza ecclesiale" (N. 51). Essi erano già indicati nei Lineamenta, ma le risposte degli episcopati hanno contribuito ad una loro maggiore elaborazione. Si tratta di diversi scenari: culturale (caratterizzato dalla secolarizzazione), migratorio, economico, politico, della ricerca scientifica e tecnologica. Per l’incidenza nella vita delle Chiese particolari, sono stati ulteriormente sviluppati gli scenari comunicativo e religioso. Molte risposte hanno messo in risalto l’importanza dei mezzi di comunicazione, in particolare, della cultura mediatica e digitale per la diffusione della Buona Notizia. Quanto allo scenario religioso, si approfondiscono distintamente il dialogo ecumenico e quello interreligioso. Si ringrazia la divina Provvidenza per molti e significativi progressi nel dialogo della Chiesa Cattolica con le altre Chiese e comunità ecclesiali, anche se non si ignorano ostacoli, anche recenti, in tale cammino tracciato dal Signore Gesù nella sua preghiera che "tutti siano una cosa sola" (Gv 17,21). Quanto al dialogo interreligioso, si sottolinea l’attualità del dialogo con l’Islam e con altre grandi religioni del mondo, indicandone aspetti positivi, ma senza dimenticare le difficoltà, soprattutto in Paesi ove i cristiani sono in minoranza.

    La nota espressione del beato Giovanni Paolo II sulla nuova evangelizzazione "nuova nel suo ardore, nei suoi metodi, nelle sue espressioni", pronunciata a Port au Prince, Haïti (9 marzo 1983), è stata applicata innumerevoli volte in svariati contesti, tanto da diventare una delle idee guida del Pontificato. L’Instrumentum laboris non fornisce una definizione propria, ma riporta vari significati. Per esempio, segnala che la nuova evangelizzazione "è stata considerata anzitutto come una esigenza, poi come un’operazione di discernimento e come uno stimolo alla Chiesa di oggi" (N. 44). Inoltre, indica che la nuova evangelizzazione è il nome dato al rilancio spirituale, ad "avvio di un movimento di conversione che la Chiesa chiede a se stessa, a tutte le sue comunità, a tutti i suoi battezzati", per "essere il luogo in cui già ora si fa esperienza di Dio, dove sotto la guida dello Spirito del Risorto ci lasciamo trasfigurare dal dono della fede" (N. 88).

    Tuttavia, già nell’Enciclica Redemptoris missio 33 si è cercato di indicare la specificità della nuova evangelizzazione. Al riguardo, nell’Enciclica si distingue l’evangelizzazione in generale, opera costante della Chiesa che anche nei nostri tempi deve essere rinnovata e resa più dinamica; si sottolinea, poi, l’importanza dell’attività missionaria (ad gentes), il dovere di annunciare il Vangelo di Gesù Cristo a coloro che tuttora non lo conoscono; e ci si sofferma infine sulla nuova evangelizzazione, indirizzata soprattutto a coloro che sono stati battezzati ma non sufficientemente evangelizzati e a coloro che si sono allontanati dalla Chiesa e dalla pratica della vita religiosa. Tale impostazione è stata ripresa e applicata nell’Esortazione Apostolica Postsinodale Africae munus. Essa è pure segnalata nella Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione della Congregazione per la Dottrina della Fede (3 dicembre 2007). Anche l’Instrumentum laboris riporta tale visione di una triplice stratificazione dell’unico processo di evangelizzazione: tre aspetti che mutualmente si intrecciano e completano (cfr Prefazione, NN. 85-89).

    Nell’opera di nuova evangelizzazione si desidera un rinnovamento della pastorale ordinaria nelle Chiese particolari. Al contempo, si auspica una nuova sensibilità, che richiede una certa creatività ed audacia evangelica, verso le persone allontanatesi dalla Chiesa. In tale processo, un posto particolare spetta alle parrocchie, "viste come la più capillare porta d’ingresso alla fede cristiana e all’esperienza ecclesiale" (N. 81). La parrocchia dovrebbe diventare centro di irradiazione missionaria e di testimonianza dell’esperienza cristiana, in grado di accogliere persone con necessità spirituali e materiali. Affinché ciò si realizzi, tutti i membri del Popolo di Dio sono responsabili e, soprattutto, lo sono i sacerdoti. Al riguardo, quasi tutte le risposte hanno segnalato la mancanza di vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, che richiede, tra l’altro, una forte pastorale vocazionale.

    V) Terzo capitolo: Trasmettere la fede

    La finalità della nuova evangelizzazione è la trasmissione della fede. La Chiesa trasmette la fede che essa stessa vive. Tutti i cristiani sono chiamati a dare il loro contributo.

    La fede, dono di Dio che suscita l’abbandono di sé al Signore Gesù, introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso del fedele nella Chiesa. Con l’indizione dell’Anno della Fede, il Santo Padre Benedetto XVI ha ribadito il primato della fede, nel senso che "i contenuti essenziali che da secoli costituiscono il patrimonio di tutti i credenti hanno bisogno di essere confermati e approfonditi in maniera sempre nuova, al fine di darne testimonianza coerente in condizioni storiche diverse dal passato" (N. 94). Gli ostacoli alla fede possono essere interni alla Chiesa (una fede vissuta in modo passivo e privato, rifiuto di un’educazione della propria fede, una separazione fra fede e vita) o al di fuori della vita cristiana (la secolarizzazione, il nichilismo, il consumismo, l’edonismo). Tanti segnali di sensibilizzazione e di testimonianze di formazione nelle Chiese particolari, nella vita consacrata e nelle comunità ecclesiali permettono di sperare in un futuro migliore, in una rinascita della fede.

    La Chiesa trasmette la fede che essa stessa vive, soprattutto nella liturgia che dovrebbe essere insieme culto divino, annuncio del Vangelo e carità in azione. "Esiste un rapporto intrinseco tra fede e liturgia: ‘lex orandi lex credendi’" (N. 97). A partire dalle Scritture, la Tradizione della Chiesa ha creato una pedagogia della trasmissione della fede professata (Simbolo), celebrata (Sacramenti), vissuta (Decalogo) e pregata (Padre nostro). È la struttura anche del Catechismo della Chiesa Cattolica che non mancherà di fornire ai Padri sinodali degli strumenti per operare un discernimento degli sforzi svolti negli ultimi decenni nel rinnovamento della catechesi.

    Il soggetto della trasmissione della fede è la Chiesa nel suo insieme, che si manifesta nelle Chiese particolari, presiedute da un Vescovo. Intorno a lui sono coinvolti presbiteri, diaconi, persone consacrate, genitori, catechisti, uomini e donne. Un posto particolare è riservato alla parrocchia, "comunità di comunità" (N. 107), come pure alla famiglia, "luogo esemplare di evangelizzazione" (N. 110). All’opera di evangelizzazione è chiamato ogni cristiano, che deve risvegliare la propria identità battesimale, e, in particolare, i membri di vita consacrata e contemplativa, dei gruppi e movimenti. Tutti devono essere pronti a rendere ragione della propria fede a chiunque lo chieda. Il ricco contributo dei ‘nuovi evangelizzatori’ alla diffusione della Buona Notizia richiede un ulteriore approfondimento della relazione tra doni carismatici e doni gerarchici per il bene delle Chiese particolari e della Chiesa universale.

    L’Anno della Fede rappresenta un pressante appello alla conversione perché ogni cristiano e ogni comunità, trasformati dalla grazia, portino abbondanti frutti. Tra i frutti della fede sono menzionati l’impegno ecumenico, la ricerca della verità, il dialogo interreligioso, il coraggio di denunciare le infedeltà e gli scandali nella comunità cristiana. Esiste un rapporto intrinseco tra fede e carità. La fede si manifesta nella carità e la carità senza la fede sarebbe filantropia. "La carità è il linguaggio che nella nuova evangelizzazione più che a parole si esprime nelle opere di fraternità, di vicinanza e di aiuto alle persone in necessità spirituali e materiali" (N. 124).

     VI)Quarto capitolo: Ravvivare l’azione pastorale

    La trasmissione della fede nel contesto della nuova evangelizzazione ripropone gli strumenti maturati durante la sua Tradizione e, in particolare, il primo annuncio, l’iniziazione cristiana e l’educazione, cercando di adattarli alle attuali condizioni culturali e sociali.

    Nel mettere in pratica il comandamento del Signore di fare discepoli tutti i popoli, la Chiesa ha sviluppato delle pratiche pastorali per annunciare il Vangelo agli uomini radicati nelle differenti culture. Di fronte a notevoli cambiamenti della società attuale, gli uomini di Chiesa hanno riflettuto e revisionato i modi di introdurre alla fede, all’educazione e all’annuncio del messaggio cristiano. Al riguardo, rimangono alcune certezze ampiamente condivise: il battesimo dei bambini, come pure quello richiesto da parte di adulti e di adolescenti. Si è d’accordo nell’applicare la struttura di catecumenato al percorso di ingresso alla fede dei più piccoli, dandone un carattere più testimoniale ed ecclesiale. Mentre permane un sostanziale accordo circa l’amministrazione del battesimo e dell’eucaristia, vi è diversità per quanto riguarda il tempo della celebrazione della cresima. Ad ogni modo, bisognerebbe "comprendere meglio, dal punto di vista teologico, la sequenza dei sacramenti dell’iniziazione cristiana che culmina nell’Eucaristia, e riflettere su modelli per tradurre nella prassi l’approfondimento auspicato" (N. 137).

    Dall’Assise sinodale si aspetta un aiuto alle comunità cristiane, cominciando dalle parrocchie, ad adottare uno stile più missionario della propria attività pastorale. È assai importante in merito il primo annuncio da dirigere soprattutto a coloro che tuttora non conoscono Gesù Cristo. Mentre a livello della Chiesa universale o nazionale non mancano forme generali di primo annuncio (Giornate Mondiali della Gioventù, Viaggi Apostolici, beatificazioni o canonizzazioni), bisognerebbe potenziarle nella vita quotidiana a livello locale e parrocchiale (omelie, missioni popolari, sacramenti della riconciliazione e del matrimonio, pietà popolare, devozione rivolta a Maria e ai santi, in particolare nei santuari, attenzione al momento della sofferenza e della malattia).

    L’evangelizzazione esige un legame tra l’iniziazione alla fede e l’educazione dell’uomo. La Chiesa possiede "una tradizione di risorse pedagogiche, riflessione e ricerca, istituzioni, persone […] in grado di offrire una presenza significativa nel mondo della scuola e dell’educazione" (N. 147). Nel mondo contemporaneo il processo di educazione diventa sempre più difficile, tanto da indurre il Santo Padre Benedetto XVI a parlare di "emergenza educativa". In tale contesto, l’impegno della Chiesa assume particolare importanza, soprattutto "per mettere in evidenza la radice antropologica e metafisica dell’attuale sfida intorno alla educazione" (N. 151), contrastando un’antropologia segnata dall’individualismo e dal relativismo.

    Esiste un legame tra fede e conoscenza, espresso tramite il concetto di "ecologia della persona umana", intesa in senso "di un modo di impostare la comprensione del mondo e lo sviluppo della scienza che tenga conto di tutte le esigenze dell’uomo, compresa l’apertura alla verità e l’originaria relazione con Dio" (N. 153). Spetta soprattutto agli scienziati cristiani mostrare, in particolare con la loro vita, l’armonia arricchente tra la fede e la ragione per il bene dell’umanità.

    Per evangelizzare, la Chiesa non ha tanto bisogno di rinnovare le sue strategie, quanto di aumentare la qualità della testimonianza degli uomini di Chiesa. Rimane sempre valida l’affermazione di Paolo VI: "L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni" (Evangelii nuntiandi 41 in N. 158).

    Ci si attende che l’Assemblea sinodale sottolinei la centralità per la Chiesa della questione della vocazione. Dio chiama personalmente ciascuno, rivelando così che la vita stessa è vocazione in rapporto con Dio. L’affievolimento dell’esperienza cristiana porta all’indebolimento vocazionale che si rispecchia nella diminuzione delle vocazioni sacerdotali e alla vita consacrata, ma anche nella fragilità alla fedeltà nelle grandi decisioni esistenziali, come ad esempio all’indissolubilità del matrimonio.

    Dio chiama alla santità tramite le scelte definitive della vita, assumendo ministeri e compiti nella Chiesa e nella società. Il segreto della nuova evangelizzazione, come pure segno della sua efficacia, è la risposta alla chiamata alla santità di ogni cristiano e, dunque, "la riscoperta della vita come vocazione ed il sorgere di vocazioni alla sequela radicale di Cristo" (N. 161).

    VII) Conclusione

    La nuova evangelizzazione dovrebbe favorire un nuovo slancio apostolico, frutto di una nuova Pentecoste, rendendo più dinamica l’attività di ordinaria evangelizzazione della Chiesa, in grado di attrarre anche persone che se ne sono allontanate, e dando nuovo impulso all’annuncio del Vangelo ad gentes.

    Nella Conclusione si ribadisce l’importanza dello Spirito Santo per la nuova evangelizzazione. La prima evangelizzazione ha avuto inizio nel giorno di Pentecoste. Gli apostoli ricevettero lo Spirito mentre erano riuniti in preghiera nel Cenacolo con la Beata Vergine Maria, Madre di Gesù Cristo. Da quel momento, Maria, "piena di grazia" (Lc 1, 28), si trova su tutte le vie dell’evangelizzazione, inclusa l’attuale in cui la Chiesa invoca una nuova Pentecoste. Per questo la Madre di Dio con ragione viene invocata "Stella della nuova evangelizzazione".

    La nuova evangelizzazione non significa un ‘nuovo Vangelo’ "perché Gesù Cristo è lo stesso ieri oggi e sempre (Eb 13, 8)" (N. 164). Secondo le parole del beato Giovanni Paolo II, la nuova evangelizzazione significa "riaccendere in noi lo slancio delle origini, lasciandoci pervadere dall’ardore della predicazione apostolica seguita alla Pentecoste" (Novo millennio ineunte 40 in N. 165). Nuova evangelizzazione vuol dire "rendere ragione della nostra fede, comunicando il Logos della speranza al mondo che aspira alla salvezza" (N. 167). In tale cammino occorre ricominciare da Gesù Cristo che offre la speranza e dona la gioia agli evangelizzatori affinché con rinnovato entusiasmo e senza paura annuncino al mondo intero "Gesù Cristo, Vangelo di Dio, per la fede degli uomini" (N. 169).


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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INTERVENTO DI MONS. FORTUNATO FREZZA

Il giorno 11 ottobre dello scorso anno 2011 il Santo Padre Benedetto XVI ha emanato la Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio che ha per titolo Porta fidei per l’indizione dell’Anno della fede con inizio, dopo un anno esatto, l’11 ottobre 2012, durante lo svolgimento della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana.

Per la concomitanza con la celebrazione sinodale il testo pontificio assume un carattere di riferimento diretto con chi voglia percepire lo spirito che anima il Motu proprio con i suoi connotati biblici, teologici, spirituali, pastorali nella commemorazione anniversaria di speciali eventi ecclesiali, quali il 50° dell’apertura del Concilio Vaticano II e il 20° della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica.

Il dato che accomuna l’argomento sinodale e quello del Motu proprio si trova negli stessi titoli e consiste nella fede, che li unisce in una relazione talmente solida da far ritenere il documento pontificio come una chiara lezione sull’argomento sinodale.

"Porta della fede" è una formula cha ha un doppio significato dipendente dal modo di considerare la fede come mezzo o come termine. Così la fede come mezzo è una porta che conduce a Dio; la fede come termine suppone anteriormente la porta che conduce alla fede stessa. E le prime parole del Motu proprio illustrano esattamente questa doppia valenza: «La porta della fede che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi. È possibile oltrepassare quella soglia quando la Parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma» (Porta fidei, 1). La comunione con Dio e la Parola di Dio sono gli indicatori di questa doppia accezione: la fede immette nella comunione con Dio, la Parola di Dio immette nella fede.

E questo punto di connessione tra il Sinodo e il Motu proprio determina poi altre correlazioni come sono i due eventi anniversari del Concilio Vaticano II e del Catechismo della Chiesa Cattolica, come atti della vita della Chiesa che hanno dato alla fede un determinato e determinante punto di luce e di forza.

Se la fede è la porta su Dio, la Parola di Dio è la porta sulla fede. L’annuncio del Vangelo non è solo il puntuale ingresso alla fede, ma è anche il permanente canale della trasmissione attraverso i tempi nella comunità dei figli dell’uomo, che è la famiglia o la civitas, e nella comunità dei figli di Dio, che è la Chiesa.

«La fede proviene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo» (Rm 10,17). Sono queste le parole di Paolo, che stanno all’origine del tema sinodale e anche degli atti preparatori del lavoro dell’assemblea, dei quali l’Instrumentum laboris oggi presentato pubblicamente rappresenta il culmine.

La fede, che è il termine dell’attività evangelizzatrice, non sarà solo l’oggetto della riflessione sinodale limitata al tempo di tre settimane, perché l’Anno della fede impegnerà la Chiesa universale, sul lungo periodo, in un suo più intenso coinvolgimento nella meditazione sulla fede e nel suo evolversi nella prassi pastorale, proiettata sull’odierno campo di un mondo connesso, ma anche globalizzato, vale a dire diffuso su una superficie che rischia di diventare anonima, piatta o liquida, come la chiamano, quanto a significato di vita per il singolo come persona cosciente e per le comunità umane, nella loro insopprimibile aspirazione alla connessione con il trascendente.

A questa fede si accede tramite il Vangelo e se il mondo oggi dispiega in ampiezza e in intensità una quantità immensa di messaggi e di comportamenti, che per di più si susseguono con una rapidità tale che frequentemente uno rischia di travolgere l’altro, sembra che la cultura della novità sia il codice interpretativo dell’habitat globalizzato. Pertanto per sottrarre la fede al rischio della decadenza giornaliera causata dal vortice autodistruttivo della novitas, non resta che confermare al Vangelo l’attestato di permanenza quotidiana e al suo annuncio una sorta di capacità di contrasto nella ricerca di una sua propria novità di linguaggio, di forme, di adattamento, che rinnovi la coscienza della stabilità e della grazia del Vangelo stesso.

La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana è il programma della vita della Chiesa nell’interpretare la missione nativa dei discepoli del Signore, inviati precisamente a questa forma di continuità con la Parola del Maestro, che non deve mancare in nessun tempo, nella contemporaneità della Chiesa con le diverse epoche. Nel nostro tempo la novità della evangelizzazione potrebbe consistere, tra l’altro, nella ricerca di suggerire all’uomo di oggi, con il suo linguaggio, il riscontro vitale del culto delle cose non effimere, che coprano una lunga durata, di cui anche gli storici laici parlano. La stessa crisi odierna dell’economia globale sembra non escludere questo fondo di ricerca di stabilità, di onestà, cioè di verità dal volto perenne.

Durante il Grande Giubileo dell’anno 2000 il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede scriveva: «La nuova evangelizzazione deve sottomettersi al mistero del grano di senape e non pretendere di produrre subito il grande albero. […] Certo, dobbiamo usare in modo ragionevole i metodi moderni di farci ascoltare - o meglio, di rendere accessibile e comprensibile la voce del Signore….Non cerchiamo ascolto per noi - non vogliamo aumentare il potere e l’estensione delle nostre istituzioni, ma vogliamo servire al bene delle persone e dell’umanità dando spazio a Colui che è la Vita. Questa espropriazione del proprio io offrendolo a Cristo è la condizione fondamentale del vero impegno per il Vangelo» (J. Ratzinger, La nuova evangelizzazione, OR 11-12 dicembre 2000, p. 11).

Il segreto della nuova evangelizzazione sta proprio nel suo oggetto, cioè l’annuncio di Gesù Cristo che «è lo stesso ieri oggi e nei secoli» (Ebr 13,8). C’è una cristologia dell’evangelizzazione che dell’annuncio è l’anima e ne sorregge il dinamismo in ogni tempo, stimolando anche il discepolo di oggi a farsi tutto a tutti in tutto (cfr. 1Cor 9,22), nel sapersi spendere (cfr. 2Cor 12,15), nell’interpretare le novità, nell’adottare metodi nuovi, con nuovo ardore e entusiasmo. Una volta Pietro disse a Gesù: «Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,69). Alcune traduzioni inseriscono un avverbio: "Tu solo hai parole di vita eterna", finendo paradossalmente per indebolire l’espressione della fede nella unicità di Cristo, che si afferma proprio nel contrasto tra il "Da chi", cioè tutti gli altri, e il "Tu", che si accredita con le Parole di vita eterna che possiede. Gesù di Nazaret è l’evangelizzatore (cfr. Mc 1,14), anzi è il Vangelo stesso di Dio per l’umanità (cfr. Gv 1,14), che ripeteva di se stesso: Io sono il pane, io sono la luce, io sono la porta, io sono il pastore (cfr. Gv 6,35; 8,12; 10,7.9,11), e chiese ai discepoli perentoriamente: «Voi chi dite che io sia?» (Mc 8,29), insegnando così che la risposta della fede è quella derivante dall’annuncio dell’"Io sono". Dire questo all’uomo di oggi suppone il riferimento costante alla persona del Cristo di Dio (cfr. Mt 16,16), con la successiva ricerca del modo migliore per conoscere l’uomo odierno nella sua identità e nelle sue attese, nel suo linguaggio e nei suoi strumenti di conoscenza.

Lo strumento che oggi la Chiesa ha nelle sue mani, perché attraverso di essa il Vangelo diventi effettivamente la porta della fede nel modo odierno, è la dottrina del Concilio Vaticano II e del Catechismo della Chiesa Cattolica, che sembra essere il più autorevole trattato di teologia cattolica apparso dopo il medesimo Concilio. La felice coincidenza dei due anniversari annunciati da Benedetto XVI nel Motu proprio permette di cogliere la reale portata di questi due corpi dottrinali.

Nel documento Porta fidei il Santo Padre adotta solo due volte il termine "nuova evangelizzazione", mentre insiste diffusamente sulla fede come compito e grazia: «E proprio l’Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi è stata da me convocata, nel mese di ottobre del 2012, sul tema de La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Sarà quella un’occasione propizia per introdurre l’intera compagine ecclesiale ad un tempo di particolare riflessione e riscoperta della fede» (n. 4). «Con il suo amore, Gesù Cristo attira a sé gli uomini di ogni generazione: in ogni tempo Egli convoca la Chiesa affidandole l’annuncio del Vangelo, con un mandato che è sempre nuovo. Per questo anche oggi è necessario un più convinto impegno ecclesiale a favore di una nuova evangelizzazione per riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede» (n. 7).

Verrebbe da pensare che i due libri per l’oggi della fede, il Concilio Vaticano II e il Catechismo della Chiesa Cattolica, debbano considerarsi come le due tavole per l’annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo, mentre l’impostazione e lo spirito del documento Porta fidei presentano una efficace metodologia alla vigilia dei lavori sinodali, dai quali si attende un ulteriore passo nella trasmissione della fede all’uomo di oggi.

[SM=g1740758] ATTENZIONE, SCARICATE QUI IL DOCUMENTO INTEGRALE:

Instrumentum Laboris - «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana» (19 giugno 2012)
[Francese, Inglese, Italiano, Latino, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]



[SM=g1740771]

[Modificato da Caterina63 19/06/2012 14:30]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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01/10/2012 22:53
 
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L'unione con Dio, criterio di evangelizzazione


Intervista con il cardinale canadese Marc Ouellet, che ha partecipato all'assemblea del CCEE a San Gallo


di Anita Bourdin, inviata speciale

SAN GALLO, lunedì, 1 ottobre 2012 (ZENIT.org) – «La qualità dell’evangelizzatore dipende della qualità della sua unione con Dio», ricorda il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, che ha partecipato all’assemblea generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (CCEE), conclusasi ieri a San Gallo, in Svizzera.

Il porporato canadese ha anche evocato l’urgenza dell’educazione e di continuare a proporre al mondo l’antropologia biblica. È qui che Ouellet vede il ruolo dell’Europa al servizio del bene comune universale. ZENIT lo ha incontrato ed intervistato.

In questo senso, la Nuova Evangelizzazione può essere una risposta della Chiesa alla crisi europea ?

Card. Ouellet: Certamente. Il Santo Padre, nel suo messaggio, ha sottolineato la prossimità di questa assemblea con il sinodo sulla nuova evangelizzazione: bisogna radicare le discussioni etiche nel fondamento, vale a dire Cristo.

E quando si parla di nuova evangelizzazione, si parla innanzitutto di un incontro, dell’incontro di Cristo, dell’esperienza personale di Cristo. Se questa esperienza non è più vivente, allora tutte le questioni diventano complicate, perché è veramente il fondamento, sul quale – credo – il sinodo porrà un accento: l’annuncio del kerygma apostolico, un fondamento dato troppo spesso per scontato e, invece, da riprendere come parola attuale per ridire e riattualizzare per vederne la coerenza anche con l’antropologia e le questioni etiche.

Credo che il Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione ci porterà alla sorgente dell’incontro personale e anche, direi, non solo alla preoccupazione per la fede di coloro che hanno preso le distanze, ma alla preoccupazione per la nostra propria fede, perché essa può anche essere più o meno vivente.

La qualità dell’evangelizzatore dipende della qualità della sua unione con Dio. Spero che il prossimo Sinodo sia un momento molto forte di Pentecoste, vale a dire un’effusione dello Spirito Santo che solo può ravvivare in noi l’audacia, la purezza, la profondità della fede e l’audacia dell’annuncio.

Eminenza, nella sua omelia, Lei ha parlato di una Europa colpita da una crisi della speranza. Quale ruolo può avere l’Europa per riportare i «valori» in un discorso non solo europeo ma mondiale?

Card. Ouellet: L’Europa è portatrice della civilizzazione cristiana: ha sempre la responsabilità di continuare a testimoniare le radici della sua identità, come continente configurato dal dono di Cristo e della Chiesa.

E dunque, in questo senso, lo sforzo della Chiesa, in questo momento, è aiutare i paesi europei a non perdere la consapevolezza della missione universale dell’Europa come portatrice di questo messaggio del Vangelo e della saggezza che il Vangelo ha portato riguarda la dignità dell’uomo, i diritti dell’uomo.

Mi pare che ci sia una missione e una consapevolezza che deve essere mantenuta. È per questo motivo che la Chiesa cerca di aiutare anche i politici e coloro che prendono le decisioni riguardo al futuro economico, dalla sua prospettiva della fede, a sostenere lo sforzo per il bene comune e per la missione universale dell’Europa.

Come prefetto della Congregazione dei vescovi, quale è la sua prima preoccupazione per l’Europa?

Card. Ouellet: È urgente educare. Quando si perde il senso della famiglia, quando ci sono questi dibattiti etici sulla natura del matrimonio, uno si chiede come possano i genitori e la scuola trasmettere l’eredità cristiana alle nuove generazioni: è una preoccupazione profonda. Perché sotto la crisi economica e finanziaria, c’è una crisi della visione dell’uomo, come ha sottolineato quest’assemblea. La Chiesa cerca di attirare l’attenzione su quel che è in gioco.

Se l’immagine dell’uomo stesso, creato a immagine di Dio, che è la base dell’educazione cristiana, si perde, allora non abbiamo più modelli, e questo implica o suppone delle conseguenze gravi per i giovani: mancanza di ideali, di riferimenti, di modelli di persone.

È una grande preoccupazione, e perciò la mia Congregazione, che si occupa di aiutare la Chiesa a scegliere uomini di fede che abbiano una visione chiara dell’antropologia biblica, che la Chiesa deve annunciare e proporre al mondo di oggi.

Il messaggio è recepito o meno a seconda delle latitudini, ma in questo momento l’Europa è un luogo di grande lotta per quanto riguarda l’uomo, l’antropologia. Ed è da sperare che l’antropologia cristiana, che si è sviluppata nel contesto europeo, sarà anche mantenuta in questa lotta soprattutto sulle questioni etiche. E in questo modo, gli altri continenti potranno continuare a ricevere dall’Europa quel che hanno sempre ricevuto da lei.

[Traduzione dal francese a cura di Paul De Maeyer]


[SM=g1740771]

Rinnovamento nello Spirito: al via la prima Scuola per Genitori

 

Martinez: "Chi genera figli, genera futuro, ma serve una visione adeguata della vita"

 

ROMA, domenica, 30 settembre 2012 (ZENIT.org).- Inaugurata venerdì 28 settembre 2012, la Scuola per genitori, un’iniziativa organizzata dal Rinnovamento nello Spirito Santo con il contributo della Regione Marche (Assessorato sostegno alla famiglia e servizi sociali), in collaborazione con l’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Famiglia della CEI e il Forum delle Associazioni Familiari.

La Scuola per genitori ha l’obiettivo di costruire uno spazio d’incontro, di confronto, di condivisione delle proprie esperienze a vantaggio di chi ha una funzione genitoriale e di chi svolge, a qualsiasi titolo, una funzione educativa. La Scuola intende porre l’attenzione su tematiche cruciali inerenti il processo di costruzione della genitorialità, con particolare attenzione a quei passaggi critici della vita dei figli che possono rendere difficoltoso per i genitori l’esercizio della propria funzione.

In programma presso la Casa “Famiglia di Nazareth” di Loreto (AN), il progetto prevede un percorso formativo articolato in otto incontri: il primo, in programma dal 28 al 30 settembre si propone di approfondire il tema “La Famiglia nella Costituzione, Diritti e Doveri”. Intervengono Luca Marconi, assessore Regione Marche con delega per il Sostegno alla Famiglia e i servizi; Dario Sacchini, membro del Consiglio Nazionale del RnS con delega per la Famiglia e ricercatore in Bioetica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore; Marina Casini, ricercatrice in Bioetica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore; Andrea Sabbadini, Responsabile Ufficio Giuridico del Forum delle Associazioni Familiari.

Gli altri sette incontri si articoleranno nei mesi prossimi, da ottobre 2012 a giugno 2013, e riguarderanno aspetti imprescindibili di vita familiare e genitoriale: le fasi evolutive dei figli, in particolar modo l’adolescenza e le incomprensioni ad essa legate; la dinamica di confronto-scontro tra genitori e figli; la comunicazione nella famiglia; l’educazione agli stili di vita nel ciclo vitale della persona e della famiglia; il rapporto tra la famiglia e la società.

Il presidente nazionale, Salvatore Martinez, ha ricordato l’importanza di tali iniziative: “In piena emergenza educativa, la Scuola per genitori promossa dal RnS, con preziose collaborazioni di istituzioni ed esperti, vuole riaffermare il primato sociale ed ecclesiale dell’istituto familiare. Non si può costruire una comunità umana più giusta e una società contemporanea più solidale senza adeguati modelli di vita sponsale, genitoriale e familiare. L’umano, la vita buona, il bene comune si formano e si riformano nella vita domestica: non esiste altro luogo più idoneo ed efficace di questo! Bisogna, allora, con umiltà, rimettere mano all’aratro e tornare a coltivare un campo di relazioni intergenerazionali trascurate o alterate da stili di vita disumanizzanti, talvolta affidati alla buona volontà di giovani coppie abbandonate a se stesse, impreparate dinanzi alla complessità del tempo. Chi genera figli, genera futuro; ma occorre una visione adeguata della vita, perché la speranza non muoia e la famiglia non imploda tra contraddizioni e fughe dalla realtà. La Scuola per genitori è una risposta concreta, un gesto di amicizia offerto a tutti, una pedagogia fatta di esperienze e conoscenze che il RnS pone all’attenzione del Paese, in sintonia con gli Orientamenti pastorali dei Vescovi per il Decennio in corso. L’auspicio è che il format che si proporrà a Loreto possa essere replicato in altre Regioni d’Italia”.

* Ufficio Stampa RnS

E-mail: ufficiostampa@rns-italia.it
Sito: www.rns-italia.it


 

[Modificato da Caterina63 01/10/2012 23:26]
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[SM=g1740758] PRESENTAZIONE SINODO SU NUOVA EVANGELIZZAZIONE

Città del Vaticano, 5 ottobre 2012 (VIS). Questa mattina, presso la Sala Stampa della Santa Sede, l'Arcivescovo Nikola Eterovic, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi ha presentato la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, in programma in Vaticano dal 7 al 28 ottobre, sul tema: "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana".

Prima di soffermarsi sui particolari concreti dell'Assemblea, l'Arcivescovo ha sottolineato l'importanza di "tenere uniti i due aspetti dell’argomento sinodale. Esso, infatti, indica che lo scopo della nuova evangelizzazione è la trasmissione della fede. D’altra parte, il processo della trasmissione della fede, che oggi in molti casi trova ostacoli di varia indole, si svolge nell’ambito della nuova evangelizzazione".

Successivamente l'Arcivescovo Eterovic ha illustrato la preparazione e lo svolgimento di un'Assemblea sinodale "processo complesso ed esigente" nel quale si potrebbero distinguere tre aspetti che si intrecciano mutualmente: dimensione spirituale, riflessione teologica pastorale e preparazione tecnica-organizzativa".

1.- Dimensione spirituale

La preghiera accompagna ed anima ogni attività sinodale. (...) La preghiera che ha accompagnato i lavori di preparazione (...) sarà preminente durante i lavori sinodali. In particolare, il Santo Padre presiederà quattro celebrazioni liturgiche". Il 7 ottobre, la celebrazione eucaristica dell'inaugurazione del Sinodo durante la quale il Papa dichiarerà dottori due Santi della Chiesa: San Juan de Avila e Santa Ildegarda di Bingen; l'11 ottobre la Santa Messa durante la quale il Santo Padre darà inizio all'Anno della Fede; il 21 ottobre la Santa Messa di canonizzazione dei Beati: Jacques Berthieu; Pedro Calungsod; Giovanni Battista Piamarta; Carmen Sallés y Barangueras; Marianne Cope; Caterina Tekakwitha e Anna Schäffer. Infine il 28 ottobre la Santa Messa di chiusura del Sinodo.

2. - Riflessioni teologico-pastorali

Dopo che il Santo Padre Benedetto XVI ha scelto il tema dell’Assise sinodale, la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi ha redatto i Lineamenta, documento di riflessione sull’argomento prescelto, reso pubblico il 4 marzo 2011. Il Questionario che accompagna i Lineamenta è stato sottoposto all'attenzione degli organismi ecclesiali, con i quali la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi ha rapporti istituzionali pregando di rispondere prima del 1° novembre 2011. Dall’alto numero di risposte che ha raggiunto il 90,5 % si può constatare il grande interesse delle Chiese particolari e di altri organismi sull’argomento della riflessione sinodale. Il Consiglio Ordinario della Segreteria Generale ha analizzato tali risposte che sono state sintetizzate nell’Instrumentum laboris. Tale documento è stato reso noto il 19 giugno 2012.

Altri documenti hanno avuto un ruolo importante nella preparazione dell’Assise sinodale. Si tratta, in primo luogo, delle riflessioni del Santo Padre Benedetto XVI in vari suoi pronunciamenti. Oltre alle catechesi sulla preghiera, le due Lettere Apostoliche in forma di Motu proprio: "Ubicumque et semper" del 21 settembre 2010, con la quale il Sommo Pontefice erige il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. e "Porta fidei", dell’11 ottobre 2011, con la quale indice l’Anno della fede.

3.- Preparazione tecnica organizzativa

Secondo le norme dell’Ordo Synodi Episcoporum, all’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi partecipano ex officio i Capi delle Chiese Orientali cattoliche sui iuris e dei Dicasteri della Curia Romana. Oltre i Padri sinodali di nomina Pontificia, gli altri Padri sinodali vengono eletti dalle rispettive Conferenze Episcopali, dalle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, se oltrepassano il numero di 25 Vescovi, come pure dall’Unione dei Superiori Generali che hanno diritto di eleggere 10 membri.

4.- Partecipanti all’Assemblea sinodale

Alla XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi parteciperanno 262 Padri sinodali, il numero più elevato nella storia dei Sinodi. Dall’Europa provengono 103, dall’America 63, dall’Africa 50, dall’Asia 39 e dall’Oceania 7. La maggioranza dei Padri sinodali, precisamente 182, è stata eletta, 172 dalle Conferenze Episcopali e 10 dall’Unione dei Superiori Generali; 3 sono stati designati dalle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris; 37 partecipano ex officio, 40 sono stati nominati dal Santo Padre.

Benedetto XVI ha nominato il Cardinale Donald William Wuerl, Arcivescovo di Washington (Stati Uniti d'America), Relatore Generale e l'Arcivescovo Pierre-Marie Carré, di Montpellier (Francia), Segretario Speciale. Il Papa ha inoltre nominato tre Presidenti Delegati: il Cardinale John Tong Hon, Vescovo di Hong Kong (Cina); il Cardinale Francisco Robles Ortega, Arcivescovo di Guadalajara (Messico), ed il Cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, Arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo). All’Assemblea sinodale prenderanno parte anche 45 Esperti e 49 Uditori; i Delegati fraterni rappresentanti di 15 chiese e comunità ecclesiali che non sono ancora in piena comunione con la Chiesa Cattolica ed infine 3 Invitati speciali: fratello Alois, Priore di Taizé (Francia); il Reverendo Lamar Vest, Presidente dell’American Bible Society (Stati Uniti d'America) e il Signor Werner Arber, Professore di Microbiologia nel Biozentrum dell’Università di Basilea (Svizzera) e Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze.

V) Eventi di rilievo

Sono previste 23 Congregazioni Generali e 8 Sessioni dei Circoli minori. L'8 ottobre il Segretario Generale ed il Relatore Generale leggeranno la loro relazione. Nella sessione pomeridiana sono previsti brevi interventi dei rappresentanti dell'episcopato dei cinque continenti sul tema dell'Assemblea sinodale. Essi devono indicare in sintesi come è stato percepito il tema sinodale nella realtà della Chiese particolari dei singoli continenti.

Il 9 ottobre, nella Congregazione generale pomeridiana il Cardinale Marc Ouellet, P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi, riferirà sulla recezione dell’Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini, risultato della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi che ha avuto luogo nel mese di ottobre del 2008.

Nel pomeriggio del 10 ottobre, Sua Grazia dottor Rowan Douglas Williams, Arcivescovo di Canterbury e Primate di tutta l’Inghilterra e della Comunione Anglicana, nella Congregazione generale del pomeriggio, si rivolgerà all’Assemblea per illustrare dal punto di vista anglicano la sfida della nuova evangelizzazione e della trasmissione della fede cristiana.

Il 12 ottobre il Signor Werner Arber, Professore di Microbiologia nel Biozentrum dell’Università di Basilea (Svizzera) e Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, fornirà alcune riflessioni sul rapporto tra scienza e fede.

Nel corso della celebrazione eucaristica dell’11 ottobre, il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I° rivolgerà un indirizzo al Vescovo di Roma Benedetto XVI e a tutti i partecipanti alla Santa Messa con la quale inizierà l’Anno della fede.

All’inizio dei lavori, i Padri sinodali sceglieranno i membri della Commissione del Messaggio, composta da 12 membri, di cui il Presidente Arcivescovo Claudio Maria Celli, Presidente del Pontificio Consiglio per i mezzi di comunicazione sociale, e il Vice-Presidente Arcivescovo Luis Antonio G. Tagle, di Manila (Filippine) sono stati chiamati dal Santo Padre. Il Papa nominerà altri due membri, mentre i restanti 8 saranno scelti dai Padri sinodali.

6.- Conclusione

La metodologia sinodale, modificata dal Santo Padre Benedetto XVI nell’anno 2005, rimarrà sostanzialmente invariata. Pertanto, ogni Padre sinodale avrà a disposizione 5 minuti per fare il suo intervento nel corso delle Congregazioni generali. Durante la discussione libera, prevista in ogni Congregazione generale pomeridiana dalle ore 18 alle 19, ogni intervento dei Padri sinodali non durerà più di 3 minuti per favorire una maggiore partecipazione alla discussione quale espressione della comunione e del senso collegiale.

Gli interventi dei Delegati fraterni, degli Uditori e delle Uditrici non dovrebbero superare 4 minuti.

ATTENZIONE, SCARICATE QUI IL DOCUMENTO INTEGRALE:

Instrumentum Laboris - «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana» (19 giugno 2012)
[Francese, Inglese, Italiano, Latino, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]



OMELIA DEL SANTO PADRE
apertura Sinodo dei Vescovi Annus Fidei 7.10.2012

Venerati Fratelli,
 cari fratelli e sorelle!
 
Con questa solenne concelebrazione inauguriamo la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che ha per tema: La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana.

Questa tematica risponde ad un orientamento programmatico per la vita della Chiesa, di tutti i suoi membri, delle famiglie, delle comunità, delle sue istituzioni. E tale prospettiva viene rafforzata dalla coincidenza con l’inizio dell’Anno della fede, che avverrà giovedì prossimo 11 ottobre, nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Rivolgo il mio cordiale e riconoscente benvenuto a voi, che siete venuti a formare questa Assemblea sinodale, in particolare al Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi e ai suoi collaboratori. Estendo il mio saluto ai Delegati fraterni delle altre Chiese e Comunità Ecclesiali e a tutti i presenti, invitandoli ad accompagnare nella preghiera quotidiana i lavori che svolgeremo nelle prossime tre settimane.
 Le Letture bibliche che formano la Liturgia della Parola di questa domenica ci offrono due principali spunti di riflessione: il primo sul matrimonio, che vorrei toccare più avanti; il secondo su Gesù Cristo, che riprendo subito. Non abbiamo il tempo per commentare questo passo della Lettera agli Ebrei, ma dobbiamo, all’inizio di questa Assemblea sinodale, accogliere l’invito a fissare lo sguardo sul Signore Gesù, «coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto» (Eb 2,9). La Parola di Dio ci pone dinanzi al Crocifisso glorioso, così che tutta la nostra vita, e in particolare l’impegno di questa Assise sinodale, si svolgano al cospetto di Lui e nella luce del suo mistero. L’evangelizzazione, in ogni tempo e luogo, ha sempre come punto centrale e terminale Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio (cfr Mc 1,1); e il Crocifisso è per eccellenza il segno distintivo di chi annuncia il Vangelo: segno di amore e di pace, appello alla conversione e alla riconciliazione. Noi per primi, venerati Fratelli, teniamo rivolto a Lui lo sguardo del cuore e lasciamoci purificare dalla sua grazia.

 Ora vorrei brevemente riflettere sulla «nuova evangelizzazione», rapportandola con l’evangelizzazione ordinaria e con la missione ad gentes.
La Chiesa esiste per evangelizzare.

Fedeli al comando del Signore Gesù Cristo, i suoi discepoli sono andati nel mondo intero per annunciare la Buona Notizia, fondando dappertutto le comunità cristiane. Col tempo, esse sono diventate Chiese ben organizzate con numerosi fedeli. In determinati periodi storici, la divina Provvidenza ha suscitato un rinnovato dinamismo dell’attività evangelizzatrice della Chiesa. Basti pensare all’evangelizzazione dei popoli anglosassoni e di quelli slavi, o alla trasmissione del Vangelo nel continente americano, e poi alle stagioni missionarie verso i popoli dell’Africa, dell’Asia e dell’Oceania. Su questo sfondo dinamico mi piace anche guardare alle due luminose figure che poc’anzi ho proclamato Dottori della Chiesa: San Giovanni d’Avila e Santa Ildegarda di Bingen. Anche nei nostri tempi lo Spirito Santo ha suscitato nella Chiesa un nuovo slancio per annunciare la Buona Notizia, un dinamismo spirituale e pastorale che ha trovato la sua espressione più universale e il suo impulso più autorevole nel Concilio Ecumenico Vaticano II. Tale rinnovato dinamismo dell’evangelizzazione produce un benefico influsso sui due «rami» specifici che da essa si sviluppano, vale a dire, da una parte, la missio ad gentes, cioè l’annuncio del Vangelo a coloro che ancora non conoscono Gesù Cristo e il suo messaggio di salvezza; e, dall’altra parte, la nuova evangelizzazione, orientata principalmente alle persone che, pur essendo battezzate, si sono allontanate dalla Chiesa, e vivono senza fare riferimento alla prassi cristiana.

L’Assemblea sinodale che oggi si apre è dedicata a questa nuova evangelizzazione, per favorire in queste persone un nuovo incontro con il Signore, che solo riempie di significato profondo e di pace l’esistenza; per favorire la riscoperta della fede, sorgente di Grazia che porta gioia e speranza nella vita personale, familiare e sociale. Ovviamente, tale orientamento particolare non deve diminuire né lo slancio missionario in senso proprio, né l’attività ordinaria di evangelizzazione nelle nostre comunità cristiane. In effetti, i tre aspetti dell’unica realtà di evangelizzazione si completano e fecondano a vicenda.

 Il tema del matrimonio, propostoci dal Vangelo e dalla prima Lettura, merita a questo proposito un’attenzione speciale. Il messaggio della Parola di Dio si può riassumere nell’espressione contenuta nel Libro della Genesi e ripresa da Gesù stesso: «Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne» (Gen 2,24; Mc 10,7-8). Che cosa dice oggi a noi questa Parola? Mi sembra che ci inviti a renderci più consapevoli di una realtà già nota ma forse non pienamente valorizzata: che cioè il matrimonio, costituisce in se stesso un Vangelo, una Buona Notizia per il mondo di oggi, in particolare per il mondo scristianizzato. L’unione dell’uomo e della donna, il loro diventare «un’unica carne» nella carità, nell’amore fecondo e indissolubile, è segno che parla di Dio con forza, con una eloquenza che ai nostri giorni è diventata maggiore, perché purtroppo, per diverse cause, il matrimonio, proprio nelle regioni di antica evangelizzazione, sta attraversando una crisi profonda. E non è un caso. Il matrimonio è legato alla fede, non in senso generico. Il matrimonio, come unione d’amore fedele e indissolubile, si fonda sulla grazia che viene dal Dio Uno e Trino, che in Cristo ci ha amati d’amore fedele fino alla Croce. Oggi siamo in grado di cogliere tutta la verità di questa affermazione, per contrasto con la dolorosa realtà di tanti matrimoni che purtroppo finiscono male. C’è un’evidente corrispondenza tra la crisi della fede e la crisi del matrimonio. E, come la Chiesa afferma e testimonia da tempo, il matrimonio è chiamato ad essere non solo oggetto, ma soggetto della nuova evangelizzazione. Questo si verifica già in molte esperienze, legate a comunità e movimenti, ma si sta realizzando sempre più anche nel tessuto delle diocesi e delle parrocchie, come ha dimostrato il recente Incontro Mondiale delle Famiglie.

 Una delle idee portanti del rinnovato impulso che il Concilio Vaticano II ha dato all’evangelizzazione è quella della chiamata universale alla santità, che in quanto tale riguarda tutti i cristiani (cfr Cost. Lumen gentium, 39-42). I santi sono i veri protagonisti dell’evangelizzazione in tutte le sue espressioni. Essi sono, in particolare, anche i pionieri e i trascinatori della nuova evangelizzazione: con la loro intercessione e con l’esempio della loro vita, attenta alla fantasia dello Spirito Santo, essi mostrano alle persone indifferenti o addirittura ostili la bellezza del Vangelo e della comunione in Cristo, e invitano i credenti, per così dire, tiepidi, a vivere con gioia di fede, speranza e carità, a riscoprire il «gusto» della Parola di Dio e dei Sacramenti, in particolare del Pane di vita, l’Eucaristia. Santi e sante fioriscono tra i generosi missionari che annunciano la Buona Notizia ai non cristiani, tradizionalmente nei paesi di missione e attualmente in tutti i luoghi dove vivono persone non cristiane. La santità non conosce barriere culturali, sociali, politiche, religiose. Il suo linguaggio – quello dell’amore e della verità – è comprensibile per tutti gli uomini di buona volontà e li avvicina a Gesù Cristo, fonte inesauribile di vita nuova.

 A questo punto, soffermiamoci un momento ad ammirare i due Santi che oggi sono stati aggregati alla eletta schiera dei Dottori della Chiesa. San Giovanni di Avila visse nel secolo XVI. Profondo conoscitore delle Sacre Scritture, era dotato di ardente spirito missionario. Seppe penetrare con singolare profondità i misteri della Redenzione operata da Cristo per l’umanità. Uomo di Dio, univa la preghiera costante all’azione apostolica. Si dedicò alla predicazione e all’incremento della pratica dei Sacramenti, concentrando il suo impegno nel migliorare la formazione dei candidati al sacerdozio, dei religiosi e dei laici, in vista di una feconda riforma della Chiesa.

 Santa Ildegarda di Bingen, importante figura femminile del secolo XII, ha offerto il suo prezioso contributo per la crescita della Chiesa del suo tempo, valorizzando i doni ricevuti da Dio e mostrandosi donna di vivace intelligenza, profonda sensibilità e riconosciuta autorità spirituale. Il Signore la dotò di spirito profetico e di fervida capacità di discernere i segni dei tempi. Ildegarda nutrì uno spiccato amore per il creato, coltivò la medicina, la poesia e la musica. Soprattutto conservò sempre un grande e fedele amore per Cristo e per la Chiesa.
 Lo sguardo sull’ideale della vita cristiana, espresso nella chiamata alla santità, ci spinge a guardare con umiltà la fragilità di tanti cristiani, anzi il loro peccato, personale e comunitario, che rappresenta un grande ostacolo all’evangelizzazione, e a riconoscere la forza di Dio che, nella fede, incontra la debolezza umana. Pertanto, non si può parlare della nuova evangelizzazione senza una disposizione sincera di conversione.
Lasciarsi riconciliare con Dio e con il prossimo (cfr 2 Cor 5,20) è la via maestra della nuova evangelizzazione. Solamente purificati, i cristiani possono ritrovare il legittimo orgoglio della loro dignità di figli di Dio, creati a sua immagine e redenti con il sangue prezioso di Gesù Cristo, e possono sperimentare la sua gioia per condividerla con tutti, con i vicini e con i lontani.

 Cari fratelli e sorelle, affidiamo a Dio i lavori dell’Assise sinodale nel sentimento vivo della comunione dei Santi, invocando in particolare l’intercessione dei grandi evangelizzatori, tra i quali vogliamo con grande affetto annoverare il Beato Papa Giovanni Paolo II, il cui lungo pontificato è stato anche esempio di nuova evangelizzazione. Ci poniamo sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Stella della nuova evangelizzazione. Con lei invochiamo una speciale effusione dello Spirito Santo, che illumini dall’alto l’Assemblea sinodale e la renda fruttuosa per il cammino della Chiesa oggi nel nostro tempo .
Amen.




PAROLE DEL SANTO PADRE ALLA RECITA DELL'ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

ci rivolgiamo ora in preghiera a Maria Santissima, che oggi veneriamo quale Regina del Santo Rosario. In questo momento, nel Santuario di Pompei, viene elevata la tradizionale «Supplica», a cui si uniscono innumerevoli persone nel mondo intero.
Mentre anche noi ci associamo spiritualmente a tale corale invocazione, vorrei proporre a tutti di valorizzare la preghiera del Rosario nel prossimo Anno della fede.

Con il Rosario, infatti, ci lasciamo guidare da Maria, modello di fede, nella meditazione dei misteri di Cristo, e giorno dopo giorno siamo aiutati ad assimilare il Vangelo, così che dia forma a tutta la nostra vita. Pertanto, nella scia dei miei Predecessori, in particolare del Beato Giovanni Paolo II che dieci anni fa ci diede la Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, invito a pregare il Rosario personalmente, in famiglia e in comunità, ponendoci alla scuola di Maria, che ci conduce a Cristo, centro vivo della nostra fede.



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[Modificato da Caterina63 07/10/2012 13:39]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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08/10/2012 14:27
 
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TRASMETTERE AL MONDO L A PASSIONE PER CRISTO

Città del Vaticano, 8 ottobre 2012 (VIS). La passione di comunicare Cristo al mondo e la consapevolezza che Dio agisce nella Chiesa sono stati i punti chiave del breve discorso che Benedetto XVI ha rivolto questa mattina ai Padri Sinodali in apertura del Sinodo dedicato alla nuova evangelizzazione e alla trasmissione della fede.

Le domande se Dio sia un'ipotesi, una realtà o no - ha detto il Papa - sono oggi così attuali come erano in quel tempo. Con il Vangelo Dio ha rotto il silenzio, ci ha parlato ed è entrato nella storia. Gesù è la sua Parola, il Dio che ci mostra, che ci ama e che soffre con noi fino alla morte e risorge.

Questa, ha proseguito il Pontefice, è la risposta della Chiesa a questo grande interrogativo. La questione però è anche come si può far arrivare questa realtà all'umanità del nostro tempo, affinché diventi salvezza. Noi non possiamo fare la Chiesa, possiamo solo far conoscere quanto ha fatto Lui. La Chiesa, ha affermato il Santo Padre, non comincia con il nostro fare; può soltanto far conoscere ciò che Dio ha fatto.

Nel ricordare che gli Apostoli ricevettero lo Spirito Santo, riuniti in preghiera nel cenacolo a Pentecoste, Benedetto XVI ha spiegato che non è una mera formalità il fatto che ogni assise sinodale inizi con una preghiera, ma una dimostrazione di consapevolezza del fatto che l'iniziativa è sempre di Dio, che noi possiamo implorarlo e che con Dio la Chiesa può solo cooperare.

Dopo aver acquisito tale consapevolezza, il secondo passo è quello della "confessio", la confessione pubblica della propria fede. Questa testimonianza in momenti difficili è, precisamente, una garanzia della sua credibilità ed implica la disponibilità a dare la vita per quello in cui si crede.

La confessione ha però bisogno di un abito che la renda visibile. Il terzo passo è la "caritas", la più grande forza che deve bruciare nel cuore di un cristiano. La fede, ha concluso il Papa, deve divenire in noi una fiamma dell'amore: fiamma che realmente accende il nostro essere e così accende il prossimo. Questa è l'essenza dell'evangelizzazione.

“Il cristiano non deve essere tiepido”, perché “la tiepidezza discredita il cristianesimo”.
Al contrario, “la fede deve divenire in noi fiamma dell’amore, fiamma che realmente accende il mio essere; diventa grande passione del mio essere e così accende il prossimo. Questo è il modo dell’evangelizzazione”. Sono le parole pronunciate dal Papa, che è intervenuto oggi a braccio, con una meditazione durante l’ora media, nella prima sessione di lavori del Sinodo dei vescovi.

“L’Apocalisse - ha spiegato Benedetto XVI - ci dice che questo è il più grande pericolo del cristiano: no, che dica no; ma che dica un sì molto tiepido”.
In una prospettiva cristiana, ha aggiunto, “la verità diventa in me carità e la carità accende come fuoco anche l’altro. Solo in questo accendere dell’altro per la fiamma della nostra carità, cresce realmente l’evangelizzazione, la presenza del Vangelo, che non è più solo parola, ma realtà vissuta”.

“La cultura umana - ha fatto notare il Santo Padre - comincia nel momento nel quale l’uomo ha il potere di creare fuoco: con il fuoco posso distruggere, ma con il fuoco posso trasformare, rinnovare. Il fuoco di Dio è fuoco trasformante, fuoco di passione - certamente - che distrugge anche tanto in noi, che porta a Dio, ma fuoco soprattutto che trasforma, rinnova e crea una novità dell’uomo, che diventa luce in Dio”.

Di qui l’auspicio che la “confessio” della fede “sia in noi fondata profondamente e che diventi fuoco che accende gli altri: così il fuoco della sua presenza, la novità del suo essere con noi, diventa realmente visibile e forza del presente e del futuro”. Nella prima parte del suo discorso a braccio, il Papa si è soffermato sul significato della parola “evangelium”: “Vangelo - ha detto - vuol dire che Dio ha rotto il suo silenzio, Dio ha parlato, Dio c’è. Questo fatto come tale è salvezza: Dio ci conosce, Dio ci ama, è entrato nella storia”.

“Come possiamo far arrivare questa realtà all’uomo di oggi, affinché diventi salvezza?”, si è chiesto il Papa. “Noi non possiamo fare la Chiesa, possiamo solo far conoscere quanto ha fatto Lui. La Chiesa non comincia con il fare nostro, ma con il fare e il parlare di Dio. La prima parola, l’iniziativa vera viene da Dio e solo inserendoci in questa iniziativa divina possiamo anche noi divenire evangelizzatori”.

Dio solo, dunque, “può creare la Chiesa”, e “quando noi facciamo nuova evangelizzazione è sempre cooperazione con Dio”, ha spiegato Benedetto XVI, ricordando che per i cristiani “la ‘confessio’ non è’ una parola; è più che il dolore, è più che la morte. Chi fa questa ‘confessio’ dimostra così che realmente quanto confessa è più che viva, è la vita stessa, è il tesoro, è la perla preziosa e infinita”.

[SM=g1740758] ecco il testo integrale....

RIFLESSIONE  A BRACCIO DEL SANTO PADRE NEL CORSO DELLA PRIMA CONGREGAZIONE GENERALE DELLA XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI, 09.10.2012
 
Pubblichiamo di seguito il testo della meditazione che il Santo Padre Benedetto XVI ha tenuto ieri mattina alle ore 9, nell’Aula del Sinodo, nel corso della prima Congregazione Generale della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, dopo la lectio brevis dell’Ora Terza:
 
MEDITAZIONE DEL SANTO PADRE
 


Cari Fratelli,
 
la mia meditazione si riferisce alla parola «evangelium» «euangelisasthai» (cfr Lc 4,18).
In questo Sinodo vogliamo conoscere di più che cosa il Signore ci dice e che cosa possiamo o dobbiamo fare noi. E’ divisa in due parti: una prima riflessione sul significato di queste parole, e poi vorrei tentare di interpretare l’Inno dell’Ora Terza «Nunc, Sancte, nobis Spìritus», a pagina 5 del Libro delle Preghiere.
La parola «evangelium» «euangelisasthai» ha una lunga storia.

 Appare in Omero: è annuncio di una vittoria, e quindi annuncio di bene, di gioia, di felicità. Appare, poi, nel Secondo Isaia (cfr Is 40,9), come voce che annuncia gioia da Dio, come voce che fa capire che Dio non ha dimenticato il suo popolo, che Dio, il Quale si era apparentemente quasi ritirato dalla storia, c’è, è presente. E Dio ha potere, Dio dà gioia, apre le porte dell’esilio; dopo la lunga notte dell’esilio, la sua luce appare e dà la possibilità del ritorno al suo popolo, rinnova la storia del bene, la storia del suo amore. In questo contesto dell’evangelizzazione, appaiono soprattutto tre parole: dikaiosyne, eirene, soteria - giustizia, pace, salvezza. Gesù stesso ha ripreso le parole di Isaia a Nazaret, parlando di questo «Evangelo» che porta adesso proprio agli esclusi, ai carcerati, ai sofferenti e ai poveri.
 Ma per il significato della parola «evangelium» nel Nuovo Testamento, oltre a questo – il Deutero Isaia, che apre la porta -, è importante anche l’uso della parola fatto dall’Impero Romano, cominciando dall’imperatore Augusto.

Qui il termine «evangelium» indica una parola, un messaggio che viene dall’Imperatore. Il messaggio, quindi, dell’Imperatore - come tale - porta bene: è rinnovamento del mondo, è salvezza. Messaggio imperiale e come tale un messaggio di potenza e di potere; è un messaggio di salvezza, di rinnovamento e di salute. Il Nuovo Testamento accetta questa situazione. San Luca confronta esplicitamente l’Imperatore Augusto con il Bambino nato a Betlemme: «evangelium» - dice - sì, è una parola dell’Imperatore, del vero Imperatore del mondo. Il vero Imperatore del mondo si è fatto sentire, parla con noi. E questo fatto, come tale, è redenzione, perché la grande sofferenza dell’uomo - in quel tempo, come oggi - è proprio questa: dietro il silenzio dell’universo, dietro le nuvole della storia c’è un Dio o non c’è? E, se c’è questo Dio, ci conosce, ha a che fare con noi? Questo Dio è buono, e la realtà del bene ha potere nel mondo o no? Questa domanda oggi è così attuale come lo era in quel tempo.

Tanta gente si domanda: Dio è una ipotesi o no? E’ una realtà o no? Perché non si fa sentire? «Vangelo» vuol dire: Dio ha rotto il suo silenzio, Dio ha parlato, Dio c’è. Questo fatto come tale è salvezza: Dio ci conosce, Dio ci ama, è entrato nella storia. Gesù è la sua Parola, il Dio con noi, il Dio che ci mostra che ci ama, che soffre con noi fino alla morte e risorge. Questo è il Vangelo stesso. Dio ha parlato, non è più il grande sconosciuto, ma ha mostrato se stesso e questa è la salvezza.
 La questione per noi è: Dio ha parlato, ha veramente rotto il grande silenzio, si è mostrato, ma come possiamo far arrivare questa realtà all’uomo di oggi, affinché diventi salvezza? Di per sé il fatto che abbia parlato è la salvezza, è la redenzione.

 Ma come può saperlo l’uomo? Questo punto mi sembra che sia un interrogativo, ma anche una domanda, un mandato per noi: possiamo trovare risposta meditando l’Inno dell’Ora Terza «Nunc, Sancte, nobis Spìritus». La prima strofa dice: «Dignàre promptus ingeri nostro refusus, péctori», e cioè preghiamo affinché venga lo Spirito Santo, sia in noi e con noi.

 Con altre parole: noi non possiamo fare la Chiesa, possiamo solo far conoscere quanto ha fatto Lui. La Chiesa non comincia con il «fare» nostro, ma con il «fare» e il «parlare» di Dio. Così gli Apostoli non hanno detto, dopo alcune assemblee: adesso vogliamo creare una Chiesa, e con la forma di una costituente avrebbero elaborato una costituzione. No, hanno pregato e in preghiera hanno aspettato, perché sapevano che solo Dio stesso può creare la sua Chiesa, che Dio è il primo agente: se Dio non agisce, le nostre cose sono solo le nostre e sono insufficienti; solo Dio può testimoniare che è Lui che parla e ha parlato.
 Pentecoste è la condizione della nascita della Chiesa: solo perché Dio prima ha agito, gli Apostoli possono agire con Lui e con la sua presenza e far presente quanto fa Lui. Dio ha parlato e questo «ha parlato» è il perfetto della fede, ma è sempre anche un presente: il perfetto di Dio non è solo un passato, perché è un passato vero che porta sempre in sé il presente e il futuro.

Dio ha parlato vuol dire: «parla». E come in quel tempo solo con l’iniziativa di Dio poteva nascere la Chiesa, poteva essere conosciuto il Vangelo, il fatto che Dio ha parlato e parla, così anche oggi solo Dio può cominciare, noi possiamo solo cooperare, ma l’inizio deve venire da Dio. Perciò non è una mera formalità se cominciano ogni giorno la nostra Assise con la preghiera: questo risponde alla realtà stessa. Solo il precedere di Dio rende possibile il camminare nostro, il cooperare nostro, che è sempre un cooperare, non una nostra pura decisione. Perciò è importante sempre sapere che la prima parola, l’iniziativa vera, l’attività vera viene da Dio e solo inserendoci in questa iniziativa divina, solo implorando questa iniziativa divina, possiamo anche noi divenire - con Lui e in Lui - evangelizzatori.
 Dio è l’inizio sempre, e sempre solo Lui può fare Pentecoste, può creare la Chiesa, può mostrare la realtà del suo essere con noi. Ma dall’altra parte, però, questo Dio, che è sempre l’inizio, vuole anche il coinvolgimento nostro, vuole coinvolgere la nostra attività, così che le attività sono teandriche, per così dire, fatte da Dio, ma con il coinvolgimento nostro e implicando il nostro essere, tutta la nostra attività.
 Quindi quando facciamo noi la nuova evangelizzazione è sempre cooperazione con Dio, sta nell’insieme con Dio, è fondata sulla preghiera e sulla sua presenza reale.

 Ora, questo nostro agire, che segue dall’iniziativa di Dio, lo troviamo descritto nella seconda strofa di questo Inno: «Os, lingua, mens, sensus, vigor, confessionem personent, flammescat igne caritas, accendat ardor proximos». Qui abbiamo, in due righe, due sostantivi determinanti: «confessio» nelle prime righe, e «caritas» nelle seconde due righe. «Confessio» e «caritas», come i due modi in cui Dio ci coinvolge, ci fa agire con Lui, in Lui e per l’umanità, per la sua creatura: «confessio» e «caritas». E sono aggiunti i verbi: nel primo caso «personent» e nel secondo «caritas» interpretato con la parola fuoco, ardore, accendere, fiammeggiare. Vediamo il primo: «confessionem personent». La fede ha un contenuto: Dio si comunica, ma questo Io di Dio si mostra realmente nella figura di Gesù ed è interpretato nella «confessione» che ci parla della sua concezione verginale della Nascita, della Passione, della Croce, della Risurrezione. Questo mostrarsi di Dio è tutto una Persona: Gesù come il Verbo, con un contenuto molto concreto che si esprime nella «confessio». Quindi, il primo punto è che noi dobbiamo entrare in questa «confessione», farci penetrare, così che «personent» - come dice l’Inno - in noi e tramite noi.

 Qui è importante osservare anche una piccola realtà filologica: «confessio» nel latino precristiano si direbbe non «confessio» ma «professio» (profiteri): questo è il presentare positivamente una realtà. Invece la parola «confessio» si riferisce alla situazione in un tribunale, in un processo dove uno apre la sua mente e confessa. In altre parole, questa parola «confessione», che nel cristiano latino ha sostituito la parola «professio», porta in sé l’elemento martirologico, l’elemento di testimoniare davanti a istanze nemiche alla fede, testimoniare anche in situazioni di passione e di pericolo di morte.
 Alla confessione cristiana appartiene essenzialmente la disponibilità a soffrire: questo mi sembra molto importante. Sempre nell’essenza della «confessio» del nostro Credo, è implicata anche la disponibilità alla passione, alla sofferenza, anzi, al dono della vita. E proprio questo garantisce la credibilità: la «confessio» non è qualunque cosa che si possa anche lasciar cadere; la «confessio» implica la disponibilità di dare la mia vita, di accettare la passione.

Questo è proprio anche la verifica della «confessio». Si vede che per noi la «confessio» non è una parola, è più che il dolore, è più che la morte. Per la «confessio» realmente vale la pena di soffrire, vale la pena di soffrire fino alla morte. Chi fa questa «confessio» dimostra così che veramente quanto confessa è più che vita: è la vita stessa, il tesoro, la perla preziosa e infinita. Proprio nella dimensione martirologica della parola «confessio» appare la verità: si verifica solo per una realtà per cui vale la pena di soffrire, che è più forte anche della morte, e dimostra che è verità che tengo in mano, che sono più sicuro, che «porto» la mia vita perché trovo la vita in questa confessione.

 Adesso vediamo dove dovrebbe penetrare questa «confessione»: «Os, lingua, mens, sensus, vigor». Da San Paolo, Lettera ai Romani 10, sappiamo che la collocazione della «confessione» è nel cuore e nella bocca: deve stare nel profondo del cuore, ma deve essere anche pubblica; deve essere annunciata la fede portata nel cuore: non è mai solo una realtà nel cuore, ma tende ad essere comunicata, ad essere confessata realmente davanti agli occhi del mondo. Così dobbiamo imparare, da una parte, ad essere realmente – diciamo - penetrati nel cuore dalla «confessione», così il nostro cuore è formato, e dal cuore trovare anche, insieme con la grande storia della Chiesa, la parola e il coraggio della parola, e la parola che indica il nostro presente, questa «confessione» che è sempre tuttavia una. «Mens»: la «confessione» non è solo cosa del cuore e della bocca, ma anche dell’intelligenza; deve essere pensata e così, come pensata e intelligentemente concepita, tocca l’altro e suppone sempre che il mio pensiero sia realmente collocato nella «confessione». «Sensus»: non è una cosa puramente astratta e intellettuale, la «confessio» deve penetrare anche i sensi della nostra vita.

San Bernardo di Chiaravalle ci ha detto che Dio, nella sua rivelazione, nella storia di salvezza, ha dato ai nostri sensi la possibilità di vedere, di toccare, di gustare la rivelazione. Dio non è più una cosa solo spirituale: è entrato nel mondo dei sensi e i nostri sensi devono essere pieni di questo gusto, di questa bellezza della Parola di Dio, che è realtà. «Vigor»: è la forza vitale del nostro essere e anche il vigore giuridico di una realtà. Con tutta la nostra vitalità e forza, dobbiamo essere penetrati dalla «confessio», che deve realmente «personare»; la melodia di Dio deve intonare il nostro essere nella sua totalità.
 «Confessio» è la prima colonna - per così dire - dell’evangelizzazione e la seconda è «caritas».
 La «confessio» non è una cosa astratta, è «caritas», è amore. Solo così è realmente il riflesso della verità divina, che come verità è inseparabilmente anche amore. Il testo descrive, con parole molto forti, questo amore: è ardore, è fiamma, accende gli altri. C’è una passione nostra che deve crescere dalla fede, che deve trasformarsi in fuoco della carità. Gesù ci ha detto: Sono venuto per gettare fuoco alla terra e come desidererei che fosse già acceso. Origene ci ha trasmesso una parola del Signore: «Chi è vicino a me è vicino al fuoco».

 Il cristiano non deve essere tiepido. L’Apocalisse ci dice che questo è il più grande pericolo del cristiano: che non dica di no, ma un sì molto tiepido. Questa tiepidezza proprio discredita il cristianesimo. La fede deve divenire in noi fiamma dell’amore, fiamma che realmente accende il mio essere, diventa grande passione del mio essere, e così accende il prossimo. Questo è il modo dell’evangelizzazione: «Accéndat ardor proximos», che la verità diventi in me carità e la carità accenda come fuoco anche l’altro. Solo in questo accendere l’altro attraverso la fiamma della nostra carità, cresce realmente l’evangelizzazione, la presenza del Vangelo, che non è più solo parola, ma realtà vissuta.

 San Luca ci racconta che nella Pentecoste, in questa fondazione della Chiesa da Dio, lo Spirito Santo era fuoco che ha trasformato il mondo, ma fuoco in forma di lingua, cioè fuoco che è tuttavia anche ragionevole, che è spirito, che è anche comprensione; fuoco che è unito al pensiero, alla «mens». E proprio questo fuoco intelligente, questa «sobria ebrietas», è caratteristico per il cristianesimo. Sappiamo che il fuoco è all’inizio della cultura umana; il fuoco è luce, è calore, è forza di trasformazione.
 La cultura umana comincia nel momento in cui l’uomo ha il potere di creare fuoco: con il fuoco può distruggere, ma con il fuoco può trasformare, rinnovare. Il fuoco di Dio è fuoco trasformante, fuoco di passione - certamente - che distrugge anche tanto in noi, che porta a Dio, ma fuoco soprattutto che trasforma, rinnova e crea una novità dell’uomo, che diventa luce in Dio.

 Così, alla fine, possiamo solo pregare il Signore che la «confessio» sia in noi fondata profondamente e che diventi fuoco che accende gli altri; così il fuoco della sua presenza, la novità del suo essere con noi, diventa realmente visibile e forza del presente e del futuro.
 
[SM=g1740722]




[Modificato da Caterina63 09/10/2012 15:10]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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14/10/2012 20:58
 
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Sul Concilio e le sue commemorazioni che si incrociano, Le Figaro parla di bilancio della Chiesa senza concessioni

 
Il testo che segue è tradotto da Le Figaro di ieri e contiene molte interessanti annotazioni e sottolineature su quanto di nuovo sembrerebbe delinearsi dalle prime battute del sinodo sulla «nuova evangelizzazione» appena apertosi con gli inevitabili riferimenti al concilio Vaticano II, del cui cinquantennale oggi iniziano le celebrazioni.
 
Ebbene, di nuovo io noto solo il fatto che «una diga di silenzio sembra aver ceduto»; ma per il resto il Papa lancia un messaggio forte e chiaro sul «fare la Chiesa», per poi tornare alla imprescindibile bussola costituita dal concilio e invita con vigore a riprenderne i documenti, sfrondati della successiva «massa di pubblicazioni» che li hanno oscurati.


Vaticano II: il bilancio della Chiesa senza concessioni

Nel corso del sinodo, i vescovi si lanciano in una critica senza precedenti dell'evengelizzazione dopo cinquant'anni.
A Roma, l'anniversario del concilio Vaticano II non è stato contrassegnato dall'euforia. Le cerimonie romane, in questo 11 ottobre, si susseguiranno ma, a cinquantanni dall'apertura di questo concilio, non c'è alcun entusiasmo.
Il bilancio è abbastanza buio: l'“aggiornamento” della Chiesa cattolica voluto da Giovanni XXIII pone oggi più problemi di quanti non se ne siano potuti risolvere. Finora relativamente tabu, o confiscato dai tradizionalisti, il discorso critico sui frutti del concilio ormai è fatto proprio pubblicamente dai vescovi moderati. Una diga di silenzio sembra aver ceduto secondo quanto dimostrano i primi tre giorni di dibattito nell'ambito del sinodo sulla « nuova evangelizzazione » in corso a Roma fino alla fine di ottobre.
 
Nella sala del sinodo, che riunisce 250 vescovi scelti e un centinaio di esperti e uditori giunti da ogni parte del pianeta, il Vaticano II certamente non è sulle labbra di tutti. Ma se Benedetto XVI li ha convocati per promuovere la «nuova evangelizzazione» - già lanciata da Giovanni Paolo II nel 1983 - è perché la Chiesa cattolica soffre di «tepidezza» come egli stesso ha denunciato lunedì aprendo i lavori: «Il cristiano non deve essere tiepido, ha insistito il Papa. È il danno più grande per un cristiano.»
 
«Fare la Chiesa»
Egli ha anche fustigato una grande idea, falsa ai suoi occhi, ma scaturita dallo spirito conciliare, secondo la quale i cristiani ormai potevano «fare la Chiesa », cioè inventare una nuova Chiesa cattolica. Nessuno può «fare la Chiesa», ha ribattuto improvvisando davanti ai membri del sinodo. Ognuno deve soltanto  «far conoscere ciò che Cristo ha fatto». «La Chiesa, ha aggiunto, non comincia con quel che noi facciamo, ma con ciò che noi diciamo di Dio.» E Benedetto XVI conclude: «Gli apostoli non hanno creato la Chiesa con una costituzione, ma hanno pregato e atteso, perché sapevano che solo Dio stesso può creare la sua Chiesa»
 
Una idea sulla quale il Papa torna ancora una volta nel testo inedito pubblicato mercoledì (che potete leggere postato sopra). Egli racconta i suoi personali ricordi del concilio Vaticano II che rimane une «bussola» per i cristiani. Mercoledì mattina egli ha ancora insistito, durante l'udienza generale «Bisogna tornare ai testi del concilio liberandoli da una massa di pubblicazioni che, spesso, invece di farli conoscere, li hanno nascosti»
 
Riscoprire dunque il vero concilio ma, nel frattempo, il quadro delineato dai relatori dei vari continenti sulla situazione della Chiesa cattolica è inquietante. Il cardinal Peter Erdö, arcivescovo di Budapest in Ungheria e presidente del Consiglio delle conferenze Episcopali d'Europa, l'ha crudamente constatato: «Nella maggior parte del continente, aumenta l'ignoranza sulla fede cristiana», con  «una perdita della memoria e dell'eredità cristiane».
 
Di fatto, sono «i vescovi europei» che appaiono «i più depressi e demoralizzati», riferiscono gli osservatori del Vaticano incaricati di riferire alla stampa sui dibattiti. Da qui la necessità di trovare un nuovo vigore, ciò che ha spinto Benedetto XVI a lanciare in questo 11 ottobre un «anno della fede» perché gli sembra capitale che mezzo secolo dopo il concilio, i cattolici possano riscoprire la loro fede che essi conoscono male.
 
Egli ne ha affidato l'animazione a Mons. Rino Fisichella, un brillante prelato italiano che martedì ne riassumo lo spirito: «Si è troppo burocratizzata la vita sacramentale», egli afferma. Conseguentemente: «noi appariamo stanchi, ripetiamo formule obsolete che non comunicano la gioia dell'incontro con Cristo e siamo incerti sul cammino da prendere. Ci siamo chiusi su noi stessi, mostrando un'autosufficienza che impedisce agli altri di avvicinarci come una comunità viva e feconda, generante vocazioni». E precisa: «abbiamo perduto la credibilità. Oppressi dal controllo del nostro linguaggio, siamo timorosi quando prendiamo la parola». Ha richiamato dunque il sinodo a non guardare «il passato con nostalgia», né il futuro con «utopia» ma a condurre una «analisi lucida».
Jean-Marie Guénois
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[Fonte: Le Figaro, 10 ottobre 2012]



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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24/10/2012 23:25
 
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[SM=g1740733] Il 13 ottobre 2012 il card. Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizie e Pace ha fatto proiettare all'assemblea dei Padri riuniti in Sinodo un video dal titolo "Muslism demographics" che mostra l'espansione dell'Islam in Occidente.

L'iniziativa ha suscitato il consenso di molti Padri ma anche la protesta di altri.

Ai Padri sinodali che si sono sentiti offesi dal video, vorrei, come Cattolica e poi sposa, madre, domenicana laica e catechista.... quanto disse questo santo sacerdote:

«La mia vita deve essere scandalo. Non devo avere paura di urtare e di offendere. Senza rispetto umano. Il mio linguaggio deve essere, come ha detto Gesù, sì sì no no.
Nel trattare ordinario, un più deciso e franco linguaggio e modo di agire. Devo sentire più profondamente che tutti gli avvenimenti sono un nulla in comparazione di questa cecità spaventosa e indifferenza per l’eterna salvezza; la rovina più dolorosa è proprio questa eterna rovina in cui precipita il mondo delle anime.
E io sono responsabile se non apro gli occhi anche degli altri alla vampa inesorabile di quelle fiamme.
La vita cristiana è scandalo, e anche la dottrina cristiana: non deve essere annacquata e diluita, ma essere presentata nella sua integrità anche se è scomoda, se è urtante, anche se sembra ridicola: la sua forza sta precisamente nella sua fermezza».
(Don Divo Barsotti, "Una Comunità e il suo Fondatore", pag. 73).


Vi presentiamo il video con il commento del prof. Roberto de Mattei.

Un grazie al Prof. De Mattei per come ha spiegato benissimo il video, la situazione, e il vero posto di chi vuole dirsi Cattolico!!

le nostre armi sono LA FEDE, LA CORONA DEL ROSARIO, I SACRAMENTI, L'EUCARISTIA, UNA VITA COERENTE.... [SM=g1740722]
questa è la vera Crociata!

www.gloria.tv/?media=350956




[SM=g1740771]



[Modificato da Caterina63 24/10/2012 23:46]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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26/10/2012 20:55
 
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MESSAGGIO FINALE DEL SINODO PER NUOVA EVANGELIZZAZIONE

Città del Vaticano, 26 ottobre 2012 (VIS). Questa mattina presso la Sala Stampa della Santa Sede ha avuto luogo la presentazione del Messaggio della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (7-28 ottobre 2012) sul tema: "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana".

Alla Conferenza Stampa sono intervenuti: il Cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze (Italia), Presidente della Commissione per il Messaggio; l'Arcivescovo Pierre-Marie Carré, di Montpellier (Francia), Segretario Speciale; l'Arcivescovo Luis Antonio G. Tagle, di Manila (Filippine), Vice-Presidente della Commissione per il Messaggio.

Di seguito riportiamo una sintesi del messaggio:

"In apertura del documento, i vescovi richiamano il passo evangelico di Giovanni che narra l'incontro di Gesù con la samaritana al pozzo: è immagine dell'uomo contemporaneo con un'anfora vuota, che ha sete e nostalgia di Dio, e al quale la Chiesa deve andare incontro per rendergli presente il Signore. E come la samaritana, che incontra Gesù non può fare a meno di diventare testimone dell'annuncio di salvezza e speranza del Vangelo".

"Guardando nello specifico al contesto della nuova evangelizzazione, il Sinodo richiama quindi la necessità di ravvivare una fede che rischia di oscurarsi nei contesti culturali attuali, anche di fronte all'indebolimento della fede in molti battezzati. L'incontro con il Signore, che rivela Dio come amore, può avvenire solo nella Chiesa, come forma di comunità accogliente ed esperienza di comunione; da qui, poi, i cristiani ne diventano testimoni anche in altri luoghi. Tuttavia, la Chiesa ribadisce che per evangelizzare bisogna essere innanzitutto evangelizzati e lancia un appello - a cominciare da se stessa - alla conversione perché le debolezze dei discepoli di Gesù pesano sulla credibilità della missione. Consapevoli del fatto che il Signore è la guida della storia e quindi che il male non avrà l'ultima parola, i vescovi invitano poi i cristiani a vincere la paura con la fede ed a guardare al mondo con sereno coraggio perché, sebbene pieno di contraddizioni e di sfide, esso resta pur sempre il mondo che Dio ama. Niente pessimismo, dunque: globalizzazione, secolarizzazione e nuovi scenari della società, migrazioni, pur con la difficoltà e le sofferenze che comportano, devono essere opportunità di evangelizzazione: perché non si tratta di trovare nuove strategie come se il Vangelo fosse da diffondere come un prodotto di mercato, ma di riscoprire i modi con cui le persone si accostano a Gesù".

"Il messaggio guarda alla famiglia come luogo naturale dell'evangelizzazione e ribadisce che essa va sostenuta dalla Chiesa, dalla politica e dalla società. All'interno della famiglia, si sottolinea il ruolo speciale delle donne e si ricorda la situazione dolorosa dei divorziati e risposati: pur nella riconfermata disciplina circa l'accesso ai sacramenti, si ribadisce che essi non sono abbandonati dal Signore e che la Chiesa è casa accogliente per tutti. [SM=g1740733] Il messaggio cita anche la vita consacrata, testimone del senso ultraterreno dell'esistenza umana, e le parrocchie come centri di evangelizzazione; ricorda l'importanza della formazione permanente per i sacerdoti e i religiosi ed invita i laici (movimenti e nuove realtà ecclesiali) ad evangelizzare restando in comunione con la Chiesa. La nuova evangelizzazione trova un'auspicabile cooperazione con le altre Chiese e comunità ecclesiali, anch'esse mosse dallo stesso spirito di annuncio del Vangelo. Particolare attenzione viene rivolta ai giovani in una prospettiva di ascolto e dialogo per riscattare, e non mortificare, il loro entusiasmo.

"Poi, il messaggio guarda al dialogo declinato in vari modi: con la cultura, che ha bisogno di una nuova alleanza tra fede e ragione; con l'educazione; con la scienza che, quando non chiude l'uomo nel materialismo diventa un'alleata nell'umanizzazione della vita; con l'arte, con il mondo dell'economia e del lavoro; con i malati e i sofferenti, con la politica, alla quale si chiede un impegno disinteressato e trasparente del bene comune, con le altre religioni. In particolare, il Sinodo ribadisce che il dialogo interreligioso contribuisce alla pace, rifiuta il fondamentalismo e denuncia la violenza contro i credenti. Il messaggio ricorda le possibilità offerte dall'Anno della Fede, dalla memoria del Concilio Vaticano II e dal Catechismo della Chiesa cattolica. Infine indica due espressioni della vita di fede, particolarmente significative per la nuova evangelizzazione: la contemplazione, dove il silenzio permette di accogliere al meglio la Parola di Dio, e il servizio ai poveri, nell'ottica di riconoscere Cristo nei loro volti".

"Nell'ultima parte, il messaggio guarda alle Chiese delle diverse regioni del mondo e ad ognuna di esse rivolge parole di incoraggiamento per l'annuncio del Vangelo; alle Chiese d'Oriente auspica di poter praticare la fede in condizioni di pace e di libertà religiosa; alla Chiesa d'Africa chiede di sviluppare l'evangelizzazione nell'incontro con le antiche e nuove culture, appellandosi poi ai governi perché cessino i conflitti e le violenze. I cristiani dell'America del Nord, che vivono in una cultura con molte espressioni lontane dal Vangelo, devono guardare alla conversione ed essere aperti all'accoglienza di immigrati e rifugiati. L'America Latina è invitata a vivere la missione permanente per affrontare le sfide del presente come la povertà, la violenza, anche nelle nuove condizioni di pluralismo religioso. La Chiesa in Asia, anche se è una piccola minoranza, spesso posta ai margini della società e perseguitata, viene incoraggiata ed esortata alla saldezza della fede. L'Europa, segnata da una secolarizzazione anche aggressiva e ferita dai passati regimi, ha però creato una cultura umanistica capace di dare un volto alla dignità della persona e alla costruzione del bene comune; le difficoltà del presente non devono quindi abbattere i cristiani europei, ma devono essere percepite come una sfida. All'Oceania, infine, si chiede di avvertire ancora l'impegno di predicare il Vangelo.
Il messaggio si chiude con l'affidamento a Maria, Stella della nuova evangelizzazione".



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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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28/10/2012 17:04
 
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Il Papa chiude il Sinodo: La globalizzazione ha causato un notevole spostamento di popolazioni; pertanto, il primo annuncio si impone anche nei Paesi di antica evangelizzazione. Tutti gli uomini hanno il diritto di conoscere Gesù Cristo e il suo Vangelo; e a ciò corrisponde il dovere dei cristiani, di tutti i cristiani – sacerdoti, religiosi e laici – di annunciare la Buona Notizia

 
SINODO DEI VESCOVI SULLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE PER LA TRASMISSIONE DELLA FEDE CRISTIANA (7-28 OTTOBRE 2012): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI, OMELIE E MESSAGGI DEL SANTO PADRE IN OCCASIONE DEL SINODO SULLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE


SANTA MESSA: VIDEO INTEGRALE


OMELIA DEL SANTO PADRE: AUDIO RADIO VATICANA


CAPPELLA PAPALE PER LA CONCLUSIONE DELLA XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI, 28.10.2012

Alle ore 9.30 di oggi, XXX Domenica del Tempo Ordinario, il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la Celebrazione Eucaristica con i Padri Sinodali, in occasione della conclusione della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema: "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana".
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa pronuncia dopo la proclamazione del Santo Vangelo:
 
OMELIA DEL SANTO PADRE

Venerati Fratelli,
illustri Signori e Signore,
cari fratelli e sorelle!

Il miracolo della guarigione del cieco Bartimeo ha una posizione rilevante nella struttura del Vangelo di Marco. E’ collocato infatti alla fine della sezione che viene chiamata «viaggio a Gerusalemme», cioè l’ultimo pellegrinaggio di Gesù alla Città santa, per la Pasqua in cui Egli sa che lo attendono la passione, la morte e la risurrezione. Per salire a Gerusalemme dalla valle del Giordano, Gesù passa da Gerico, e l’incontro con Bartimeo avviene all’uscita dalla città, «mentre – annota l’evangelista – Gesù partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla» (10,46), quella folla che, di lì a poco, acclamerà Gesù come Messia nel suo ingresso in Gerusalemme.

Proprio lungo la strada stava seduto a mendicare Bartimeo, il cui nome significa «figlio di Timeo», come dice lo stesso evangelista. Tutto il Vangelo di Marco è un itinerario di fede, che si sviluppa gradualmente alla scuola di Gesù. I discepoli sono i primi attori di questo percorso di scoperta, ma vi sono anche altri personaggi che occupano un ruolo importante, e Bartimeo è uno di questi. La sua è l’ultima guarigione prodigiosa che Gesù compie prima della sua passione, e non a caso è quella di un cieco, una persona cioè i cui occhi hanno perso la luce. Sappiamo anche da altri testi che la condizione di cecità ha un significato pregnante nei Vangeli. Rappresenta l’uomo che ha bisogno della luce di Dio, la luce della fede, per conoscere veramente la realtà e camminare nella via della vita. Essenziale è riconoscersi ciechi, bisognosi di questa luce, altrimenti si rimane ciechi per sempre (cfr Gv 9,39-41).

Bartimeo, dunque, in quel punto strategico del racconto di Marco, è presentato come modello. Egli non è cieco dalla nascita, ma ha perso la vista: è l’uomo che ha perso la luce e ne è consapevole, ma non ha perso la speranza, sa cogliere la possibilità di incontro con Gesù e si affida a Lui per essere guarito. Infatti, quando sente che il Maestro passa sulla sua strada, grida: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!» (Mc 10,47), e lo ripete con forza (v. 48). E quando Gesù lo chiama e gli chiede che cosa vuole da Lui, risponde: «Rabbunì, che io veda di nuovo!» (v. 51). Bartimeo rappresenta l’uomo che riconosce il proprio male e grida al Signore, fiducioso di essere sanato. La sua invocazione, semplice e sincera, è esemplare, e infatti – come quella del pubblicano al tempio: «O Dio, abbi pietà di me peccatore» (Lc 18,13) – è entrata nella tradizione della preghiera cristiana. Nell’incontro con Cristo, vissuto con fede, Bartimeo riacquista la luce che aveva perduto, e con essa la pienezza della propria dignità: si rialza in piedi e riprende il cammino, che da quel momento ha una guida, Gesù, e una strada, la stessa che Gesù percorre. L’evangelista non ci dirà più nulla di Bartimeo, ma in lui ci presenta chi è il discepolo: colui che, con la luce della fede, segue Gesù «lungo la strada» (v. 52).

Sant’Agostino, in uno dei suoi scritti, fa sulla figura di Bartimeo un’osservazione molto particolare, che può essere interessante e significativa anche oggi per noi.

Il Santo Vescovo di Ippona riflette sul fatto che, in questo caso, Marco riporti il nome non solo della persona che viene guarita, ma anche del padre, e giunge alla conclusione che «Bartimeo, figlio di Timeo, era un personaggio decaduto da prosperità molto grande, e la sua condizione di miseria doveva essere universalmente nota e di pubblico dominio in quanto non era soltanto cieco ma un mendicante che sedeva lungo la strada. Per questo motivo Marco volle ricordare lui solo, perché l’avere egli ricuperato la vista conferì al miracolo tanta risonanza quanto era grande la fama della sventura capitata al cieco» (Il consenso degli evangelisti, 2, 65, 125: PL 34, 1138). Così Sant’Agostino.

Questa interpretazione, che Bartimeo sia una persona decaduta da una condizione di «grande prosperità», ci fa pensare; ci invita a riflettere sul fatto che ci sono ricchezze preziose per la nostra vita che possiamo perdere, e che non sono materiali. In questa prospettiva, Bartimeo potrebbe rappresentare quanti vivono in regioni di antica evangelizzazione, dove la luce della fede si è affievolita, e si sono allontanati da Dio, non lo ritengono più rilevante per la vita: persone che perciò hanno perso una grande ricchezza, sono «decadute» da un’alta dignità - non quella economica o di potere terreno, ma quella cristiana -, hanno perso l’orientamento sicuro e solido della vita e sono diventati, spesso inconsciamente, mendicanti del senso dell’esistenza.

Sono le tante persone che hanno bisogno di una nuova evangelizzazione, cioè di un nuovo incontro con Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio (cfr Mc 1,1), che può aprire nuovamente i loro occhi e insegnare loro la strada. E’ significativo che, mentre concludiamo l’Assemblea sinodale sulla Nuova Evangelizzazione, la Liturgia ci proponga il Vangelo di Bartimeo. Questa Parola di Dio ha qualcosa da dire in modo particolare a noi, che in questi giorni ci siamo confrontati sull’urgenza di annunciare nuovamente Cristo là dove la luce della fede si è indebolita, là dove il fuoco di Dio è come un fuoco di brace, che chiede di essere ravvivato, perché sia fiamma viva che dà luce e calore a tutta la casa.

La nuova evangelizzazione riguarda tutta la vita della Chiesa. Essa si riferisce, in primo luogo, alla pastorale ordinaria che deve essere maggiormente animata dal fuoco dello Spirito, per incendiare i cuori dei fedeli che regolarmente frequentano la Comunità e che si radunano nel giorno del Signore per nutrirsi della sua Parola e del Pane di vita eterna. Vorrei qui sottolineare tre linee pastorali emerse dal Sinodo.
La prima riguarda i Sacramenti dell’iniziazione cristiana. E’ stata riaffermata l’esigenza di accompagnare con un’appropriata catechesi la preparazione al Battesimo, alla Cresima e all’Eucaristia. È stata pure ribadita l’importanza della Penitenza, sacramento della misericordia di Dio. Attraverso questo itinerario sacramentale passa la chiamata del Signore alla santità, rivolta a tutti i cristiani.
Infatti, è stato più volte ripetuto che i veri protagonisti della nuova evangelizzazione sono i santi: essi parlano un linguaggio a tutti comprensibile con l’esempio della vita e con le opere della carità.

In secondo luogo, la nuova evangelizzazione è essenzialmente connessa con la missione ad gentes. La Chiesa ha il compito di evangelizzare, di annunciare il Messaggio di salvezza agli uomini che tuttora non conoscono Gesù Cristo. Anche nel corso delle riflessioni sinodali è stato sottolineato che esistono tanti ambienti in Africa, in Asia e in Oceania i cui abitanti aspettano con viva attesa, talvolta senza esserne pienamente coscienti, il primo annuncio del Vangelo. Pertanto occorre pregare lo Spirito Santo affinché susciti nella Chiesa un rinnovato dinamismo missionario i cui protagonisti siano, in modo speciale, gli operatori pastorali e i fedeli laici.

La globalizzazione ha causato un notevole spostamento di popolazioni; pertanto, il primo annuncio si impone anche nei Paesi di antica evangelizzazione. Tutti gli uomini hanno il diritto di conoscere Gesù Cristo e il suo Vangelo; e a ciò corrisponde il dovere dei cristiani, di tutti i cristiani – sacerdoti, religiosi e laici – di annunciare la Buona Notizia.

Un terzo aspetto riguarda le persone battezzate che però non vivono le esigenze del Battesimo. Nel corso dei lavori sinodali è stato messo in luce che queste persone si trovano in tutti i continenti, specialmente nei Paesi più secolarizzati. La Chiesa ha un’attenzione particolare verso di loro, affinché incontrino nuovamente Gesù Cristo, riscoprano la gioia della fede e ritornino alla pratica religiosa nella comunità dei fedeli. Oltre ai metodi pastorali tradizionali, sempre validi, la Chiesa cerca di adoperare anche metodi nuovi, curando pure nuovi linguaggi, appropriati alle differenti culture del mondo, proponendo la verità di Cristo con un atteggiamento di dialogo e di amicizia che ha fondamento in Dio che è Amore.
In varie parti del mondo, la Chiesa ha già intrapreso tale cammino di creatività pastorale, per avvicinare le persone allontanate o in ricerca del senso della vita, della felicità e, in definitiva, di Dio. Ricordiamo alcune importanti missioni cittadine, il «Cortile dei gentili», la missione continentale, e così via. Non c’è dubbio che il Signore, Buon Pastore, benedirà abbondantemente tali sforzi che provengono dallo zelo per la sua Persona e per il suo Vangelo.

Cari fratelli e sorelle, Bartimeo, avuta di nuovo la vista da Gesù, si aggiunse alla schiera dei discepoli, tra i quali sicuramente ve n’erano altri che, come lui, erano stati guariti dal Maestro. Così sono i nuovi evangelizzatori: persone che hanno fatto l’esperienza di essere risanati da Dio, mediante Gesù Cristo.

E la loro caratteristica è una gioia del cuore, che dice con il Salmista: «Grandi cose ha fatto il Signore per noi: eravamo pieni di gioia» (Sal 125,3). Anche noi, oggi, ci rivolgiamo al Signore Gesù, Redemptor hominis e Lumen gentium, con gioiosa riconoscenza, facendo nostra una preghiera di San Clemente di Alessandria: «Fino ad ora ho errato nella speranza di trovare Dio, ma poiché tu mi illumini, o Signore, trovo Dio per mezzo di te, e ricevo il Padre da te, divengo tuo coerede, poiché non ti sei vergognato di avermi per fratello. Cancelliamo, dunque, cancelliamo l’oblio della verità, l’ignoranza: e rimuovendo le tenebre che ci impediscono la vista come nebbia per gli occhi, contempliamo il vero Dio …; giacché una luce dal cielo brillò su di noi sepolti nelle tenebre e prigionieri dell’ombra di morte, [una luce] più pura del sole, più dolce della vita di quaggiù» (Protrettico, 113,2 – 114,1).
Amen.












PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Con la Santa Messa celebrata stamani nella Basilica di San Pietro, si è conclusa la XIII Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Per tre settimane ci siamo confrontati sulla realtà della nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana: tutta la Chiesa era rappresentata e, dunque, coinvolta in questo impegno, che non mancherà di dare i suoi frutti, con la grazia del Signore.
Prima di tutto però il Sinodo è sempre un momento di forte comunione ecclesiale, e per questo desidero insieme con tutti voi ringraziare Dio, che ancora una volta ci ha fatto sperimentare la bellezza di essere Chiesa, e di esserlo proprio oggi, in questo mondo così com’è, in mezzo a questa umanità con le sue fatiche e le sue speranze.

Molto significativa è stata la coincidenza di questa Assemblea sinodale con il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, e quindi con l’inizio dell’Anno della fede. Ripensare al Beato Giovanni XXIII, al Servo di Dio Paolo VI, alla stagione conciliare, è stato quanto mai favorevole, perché ci ha aiutato a riconoscere che la nuova evangelizzazione non è una nostra invenzione, ma è un dinamismo che si è sviluppato nella Chiesa in modo particolare dagli anni ‘50 del secolo scorso, quando apparve evidente che anche i Paesi di antica tradizione cristiana erano diventati, come si suol dire, «terra di missione».
Così è emersa l’esigenza di un annuncio rinnovato del Vangelo nelle società secolarizzate, nella duplice certezza che, da una parte, è solo Lui, Gesù Cristo, la vera novità che risponde alle attese dell’uomo di ogni epoca, e dall’altra, che il suo messaggio chiede di essere trasmesso in modo adeguato nei mutati contesti sociali e culturali.

Che cosa possiamo dire al termine di queste intense giornate di lavoro?

Da parte mia, ho ascoltato e raccolto molti spunti di riflessione e molte proposte, che, con l’aiuto della Segreteria del Sinodo e dei miei Collaboratori, cercherò di ordinare ed elaborare, per offrire a tutta la Chiesa una sintesi organica e indicazioni coerenti. [SM=g1740722]
Fin da ora possiamo dire che da questo Sinodo esce rafforzato l’impegno per il rinnovamento spirituale della Chiesa stessa, per poter rinnovare spiritualmente il mondo secolarizzato; e questo rinnovamento verrà dalla riscoperta di Gesù Cristo, della sua verità e della sua grazia, del suo «volto», così umano e insieme così divino, sul quale risplende il mistero trascendente di Dio.
Affidiamo alla Vergine Maria i frutti del lavoro dell’Assise sinodale appena conclusa. Lei, Stella della nuova evangelizzazione, ci insegni e ci aiuti a portare a tutti Cristo, con coraggio e con gioia.


[SM=g1740771]

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