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San Giovanni XXIII era devotissimo del beato Pio IX e di san Pio X

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2015 18:22
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25/08/2012 19:56
 
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Quanto a Giovanni XXIII, piace citare una nota della sua agenda 1960, con l’elenco delle persone ricevute mercoledì 23 novembre: «…padre [Ferdinando] Antonelli, procuratore (sic!) della Fede ai Riti. Lo interessai vivamente per il processo di beatificazione del S[anto] P[adre] Pio IX».

All’udienza generale del 6 settembre 1961, rivolgendosi ai millecinquecento pellegrini di Senigallia, il Papa ricordò subito la figura del suo antecessore marchigiano: «I pellegrini di Senigallia vantano una gloria specialissima: Pio IX.
E il vecchio Pio IX deve tornare a farsi vedere. Il pensiero va spesso a questo insigne servo di Dio e non è disgiunto dal desiderio per una sua glorificazione, riconosciuta anche sulla terra. Ci sarà il Concilio Vaticano II, il quale non può, in qualche modo, non riallacciarsi al Concilio Vaticano I, voluto e aperto da Pio IX. Chissà che in tale circostanza non ci sia pure l’auspicabile gaudio di vedere Pio IX oggetto di particolare venerazione. Sarà, comunque, quel che Iddio disporrà per la sua maggior gloria. Il Signore è mirabilis in sanctis tuis, tanto in quelli decorati con l’aureola della venerazione ufficiale decretata dal capo visibile della Chiesa, quanto in tutti gli altri che popolano il paradiso.


Noi dobbiamo attendere, quaggiù, alla nostra santificazione, il che equivale a imitare i moltissimi che hanno bene compiuto, con la fede e le opere, il pellegrinaggio terreno» (L’Osservatore Romano, 8 settembre 1961; cfr. La Civiltà Cattolica, 7 ottobre 1961, q. 2671, pp. 73-74; Voce misena, Senigallia, 16 settembre 1961).
Poco dopo, avendo letto l’indirizzo preparato e non potuto proclamare in aula dal vescovo Umberto Ravetta, dispose che il cardinale Cicognani, segretario di Stato, gli scrivesse in questi termini: «Il Santo Padre, che ben ricorda il folto gruppo guidato da Vostra Eccellenza, e le fervide testimonianze di fede, con cui esso ha sottolineato le espressioni del suo paterno discorso, riferentesi al servo di Dio Pio IX, gloria imperitura di cotesta diocesi, ha avuto così una nuova conferma della sincerità e intensità di quei sentimenti, e un motivo di più intima consolazione» (11 settembre 1961).

Pio IX davanti alla chiesa romana di San Carlo al Corso

Pio IX davanti alla chiesa romana di San Carlo al Corso

2. Giovanni XXIII fu buon conoscitore della storia della Chiesa, con particolare riferimento al periodo che corre dal Concilio di Trento al Vaticano I.
Docente di storia nel seminario della sua Bergamo (1906-1920), egli si era impegnato a coltivare, del maestro di questa scienza, le doti che in una sua dissertazione del 1907, aveva attribuite al Baronio: «Carattere inflessibile, così da non volere che la verità ad ogni costo, per quanto l’esporla nettamente gli costasse talora sacrifici molto gravi ed amarezze estreme, sostenute sempre dal principio che Dio non ha bisogno delle nostre bugie o dei nostri ripieghi, e che, mi sia permesso il ripeterlo, la migliore apologia della Chiesa è la storia schietta della sua vita; prerogativa questa molto apprezzata nel Baronio dagli stessi avversari, i quali come il Casaubono [Isaac Casaubon] ed il Sarpi proibirono che si attaccasse il nostro storico di mala fede o di menzogna; lavoratore instancabile, e prodigioso, mentre lo stesso Ruggero Bonghi scriveva nella Nuova Antologia, che l’opera di lui fu, quanto a copia e ricerca di documenti, per i tempi in cui si compì, mirabilissima, e quanto a ricchezza di erudizione e instancabilità di lavoro mirabile in tutti i tempi; santo, infine, mantenendo sempre indirizzate e subordinate le sue fatiche ai tre grandi ideali della sua vita: Dio, la Chiesa, le anime» (Angelo Roncalli, Il cardinale Cesare Baronio, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 21961, p. 41).

Avendo buon fiuto Giovanni XXIII riusciva con facilità ad individuare le fonti, ad affrontare un fatto, a collocarvi gli attori, a confrontare tra loro gli avvenimenti; a scoprire i rapporti tra gli avvenimenti religiosi e politici. Nell’accingersi alla lettura di un volume, sapeva cogliere ed apprezzare di primo acchito tutto l’apparato scientifico: presentazione, note marginali, appendici, indici.

Si fosse imbattuto in evidenti scogli, non era proclive né a condanne aprioristiche né ad assoluzioni pietistiche. Nemmeno subiva il fascino dell’esaltazione trionfalistica, incline com’era ad usare la vena dell’humour che disincanta e disintossica; d’altro canto, insofferente per sé e per gli altri del culto della personalità o del lasciarsi infettare – come diceva egli – dal morbus biographicus, non era facile agli incantesimi di carismi eccezionali, sempre bisognosi di venire adeguatamente studiati e autenticati.
Le motivazioni apologetiche, non infrequenti agli inizi di questo secolo, allorquando il Roncalli conchiudeva i suoi studi a Roma (di questa apologetica taluno potrebbe, in vero, trovare traccia nel Giornale dell’anima) e si avviava sui sentieri del suo iter pastorale, non spegnevano la sua vigilanza critica. Basterà aggiungere che egli ebbe sempre in uggia il romanzo storico, e mai trovò gusto al romanzo tout court, fatta eccezione per I promessi sposi del Manzoni.

Si ebbe più volte la riprova di questa sua equità dinanzi a possibili scandali, ove si fosse divulgata questa o quella notizia, essendogli familiare il rigido criterio biblico enunciato nel libro di Giobbe: «Vorresti forse in difesa di Dio dire il falso e in suo favore parlare con inganno?» (13, 7).

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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