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San Giovanni della Croce, Salita del Monte Carmelo

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2012 18:54
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07/09/2012 17:56
 
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CAPITOLO 27

Ove si parla della seconda specie di rivelazioni, cioè delle manifestazioni di segreti e misteri nascosti. Si mostra come esse possano servire all’unione con Dio o impedirla e come il demonio possa ingannare facilmente su questo punto.

1. Dicevo che la seconda specie di rivelazioni consiste nella manifestazione di segreti e misteri nascosti, e ciò secondo due tipi. Il primo ha per oggetto Dio in sé e include la rivelazione del mistero della santissima Trinità e Unità di Dio. Il secondo riguarda ciò che Dio è nelle sue opere; comprende gli altri articoli della nostra fede cattolica e le verità che ne possono derivare esplicitamente. Le proposizioni comprendono e racchiudono un gran numero di rivelazioni dei profeti, di promesse e di minacce di Dio, nonché avvenimenti riguardanti la fede che dovevano o devono accadere. In questo secondo tipo possiamo altresì includere molte altre cose particolari che Dio ordinariamente rivela, sia sull’universo in generale, sia in particolare su una nazione, una provincia, uno stato, una famiglia o alcune persone determinate. Di questa duplice rivelazione abbiamo numerosi esempi negli scritti sacri, soprattutto nei profeti, nei quali si trovano rivelazioni di ogni genere. La cosa è talmente chiara e semplice, che non voglio perdere tempo nel riportarli. Mi limito a dire che queste rivelazioni non avvengono solo tramite le parole; Dio può esprimerle in diversi modi e mezzi: a volte si serve solo di parole; altre volte ricorre a segni, figure, immagini o similitudini; altre volte, infine, si serve sia delle parole che dei simboli, come ad esempio nel caso dei profeti e specialmente nel libro dell’Apocalisse. Ivi troviamo non solo tutti i generi di rivelazioni, di cui ho parlato sopra, ma anche le diverse specie e i vari tipi di cui sto trattando.

2. Anche ai nostri giorni Dio accorda rivelazioni che appartengono al secondo tipo. Infatti, di solito manifesta ad alcune persone il tempo che hanno da vivere, le fatiche che dovranno affrontare, cosa accadrà a tale o tal altra persona, a questa o a quella nazione, ecc. Rivela, inoltre, le verità riguardanti i misteri della nostra fede e concede allo spirito di comprenderle; tuttavia non è questo che si chiama propriamente rivelazione, in quanto verità già rivelata, ma piuttosto essa è una manifestazione o una spiegazione di quanto è già stato rivelato.

3. Il demonio può intromettersi in questo genere di rivelazioni con molta facilità. Poiché esse ordinariamente avvengono attraverso parole, figure e somiglianze, ecc., il demonio può benissimo fingere qualcosa di simile, molto più di quando esse avvengano solamente nello spirito. Ebbene, sia che si tratti del primo o del secondo tipo di rivelazione, sia che ci venga rivelato qualcosa di nuovo o diverso circa la nostra fede, non dobbiamo in nessun modo acconsentirvi, anche se avessimo la certezza che è un angelo del cielo a manifestarci tutto questo. A tale riguardo san Paolo afferma: Licet nos, aut angelus de caelo evangelizet vobis praeterquam quod evangelizavimus vobis, anathema sit: Se anche noi stessi o un angelo disceso dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema! (Gal 1,8).

4. Poiché non vi sono più articoli da rivelare circa la sostanza della nostra fede, al di fuori di quelli già rivelati alla Chiesa, non solo non dobbiamo accettare una novità che venisse rivelata all’anima, ma, anzi, è prudente respingere le novità contenute in tale rivelazione. Per conservare la purezza è opportuno che l’anima resti nella fede. Se le venissero manifestate nuovamente verità già rivelate, non deve crederle perché le sono rivelate un’altra volta, ma perché sono già state sufficientemente manifestate alla Chiesa. Occorre che chiuda loro gli occhi dell’intelletto, si attacchi con semplicità alla dottrina della Chiesa e alla sua fede, che, come dice san Paolo, entra attraverso l’udito (Rm 10,17). E non presti credito né attenzione a queste verità di fede rivelate nuovamente, anche se le sembrano più conformi alla ragione e più vere, se non vuole essere ingannata. Il demonio, infatti, per poter ingannare e insinuare menzogne, prima adesca con verità e con certe cose molto verosimili per dare sicurezza, ma subito dopo inganna. Si comporta come colui che cuce il cuoio con la setola: prima infila la setola rigida poi quella morbida, che senza quella non potrebbe penetrare.

5. Si faccia molta attenzione su questo punto. Anche se fosse vero che non v’è alcun pericolo di cadere in tale inganno, è opportuno che l’anima non cerchi di comprendere chiaramente le verità della fede, per mantenere puro e intatto il suo merito e anche per introdursi, attraverso la notte dell’intelletto, alla luce divina dell’unione. È di somma importanza attenersi ciecamente alle profezie del passato, ogni volta che si presenti qualche nuova rivelazione. Così l’apostolo Pietro, pur avendo in qualche modo visto la gloria del Figlio di Dio rivelata sul monte Tabor, tuttavia nella sua seconda lettera scrive: Et habemus firmiorem propheticum sermonem; cui bene facitis attendentis, ecc.: sebbene sia certa la visione che abbiamo avuto di Cristo sul monte, abbiamo però una parola ancor più sicura, quella dei profeti, alla quale fate bene a prestare attenzione (2Pt 1,19).

6. Se è vero che, per i motivi suddetti, è opportuno chiudere gli occhi alle rivelazione che riguardano proposizioni di fede, quanto più sarà necessario non accettare né prestare credito alle altre rivelazioni che riguardano cose differenti! In esse il demonio usa intromettersi così bene, che ritengo impossibile che non venga ingannato chi non cerca di respingerle, vista la loro apparenza di verità e la persuasione che il maligno suggerisce con esse. Egli, infatti, mette insieme verosimiglianze e convenienze perché vengano credute e le imprime così profondamente nei sensi e nell’immaginazione che si è convinti che tali rivelazioni si avvereranno proprio in quel modo. L’anima vi aderisce e vi si attacca in maniera tale che, se non ha umiltà, molto difficilmente si riuscirà a distaccarla e a farle credere il contrario. Per questo motivo l’anima pura, prudente, semplice e umile, con tutte le sue forze e il suo impegno deve ricusare e respingere le rivelazioni e le visioni come tentazioni molto pericolose, perché per tendere all’unione d’amore non è necessario desiderarle, anzi bisogna rifiutarle. A questo allude Salomone quando afferma: Che bisogno ha l’uomo di volere e cercare cose che sono al di sopra della sua capacità naturale? (Qo 7,1), come a dire: per essere perfetto l’uomo non ha alcun bisogno di volere cose soprannaturali per via soprannaturale, cioè al di sopra delle sue capacità.

7. Alle obiezioni che si possono muovere contro questa dottrina si è già risposto nei capitoli 21 e 22; rimando quindi a quei capitoli e mi limito a dire che l’anima si guardi da tutte queste manifestazioni per camminare pura e senza errori nella notte della fede verso l’unione divina.

 

CAPITOLO 28

Ove si parla delle locuzioni interiori che vengono comunicate allo spirito per via soprannaturale. Si dice di quante specie siano.

1. Il lettore diligente deve ricordare sempre l’intento e il fine che mi sono prefisso in questo libro: introdurre l’anima nella sublime unione con Dio attraverso tutte le sue conoscenze, naturali e soprannaturali, tenendola lontana da inganni o difficoltà nella purezza della fede. Egli comprenderà allora che, anche se non mi sono dilungato molto sulle conoscenze dell’anima e sulla dottrina che sto esponendo, anche se non sono sceso in tutti i particolari e le divisioni forse utili per comprendere l’argomento, tuttavia dico quanto è necessario secondo lo scopo prefisso. Difatti mi sembra che riguardo a tale materia siano stati dati avvisi, chiarimenti e insegnamenti sufficienti perché l’anima sappia come comportarsi prudentemente in tutte le situazioni, interne ed esterne, per andare avanti. Questo è il motivo per cui ho trattato così brevemente delle conoscenze di profezie, così come ho fatto per le altre verità, pur avendo da dire molto di più su ciascuna di esse. Se dovessi parlare delle loro differenze, dei modi e delle forme in cui si possono presentare, non finirei di elencarle tutte. Mi contento di aver dato, a parer mio, la sostanza, la dottrina, e indicato le precauzioni che bisogna seguire di fronti a tali conoscenze e ad altre simili che possono presentarsi all’anima.

2. Ora farò lo stesso trattando del terzo genere di conoscenze, che ho chiamato locuzioni soprannaturali, che sogliono prodursi nello spirito delle persone spirituali senza il concorso dei sensi corporali. Sebbene siano molte e varie, credo che si possano ridurre tutte a queste tre specie: parole successive, formali e sostanziali. Chiamo successive alcune parole e ragionamenti che lo spirito, quando è raccolto in se stesso, è solito formare e su cui discorre tra sé e sé. Sono formali certe parole distinte ed esplicite che lo spirito produce non da sé, ma riceve da un’altra persona, in stato di raccoglimento o meno. Sono sostanziali, infine, altre parole che si producono in modo preciso nello spirito, sia esso in stato di raccoglimento oppure no; esse producono e causano nella sostanza dell’anima quella sostanza e virtù che significano. Tratterò con ordine di ciascuna di queste parole.

 

CAPITOLO 29

Ove si parla della prima specie di parole che a volte lo spirito forma in sé, quando è raccolto. Vengono esposti la causa, i vantaggi e i danni che possono nascondersi in esse.

1. Le parole successive si presentano sempre quando lo spirito è raccolto e profondamente assorto in qualche considerazione. Discorre sulla materia che lo attrae, passa da un pensiero all’altro, forma parole e ragionamenti molto appropriati con tale facilità e precisione da scoprire su quell’argomento cose che gli erano sconosciute; gli sembra di non essere lui l’autore di tutto questo, ma un’altra persona che formula ragionamenti nel suo intimo, che risponde e insegna. In realtà, ha davvero ragione di pensare in tal modo, perché egli ragiona e risponde a se stesso come se fosse in conversazione con un’altra persona. E in qualche modo è proprio così, perché, anche se lo spirito funge da strumento, molte volte è lo Spirito Santo che lo aiuta a produrre e a formare quei pensieri, quelle parole e quei ragionamenti pieni di verità. La persona, dunque, dice a se stessa queste cose come se si trovasse con un’altra persona. Infatti l’intelletto è unito alla verità che prende in considerazione ed è profondamente raccolto. Anche lo Spirito divino è unito a esso attraverso questa verità, come del resto è unito a ogni verità. Ne segue che l’intelletto, comunicando in tal modo con lo Spirito divino mediante quella verità, insieme con lui e successivamente forma nel suo intimo le altre verità relative a quella che stava considerando. Ma è lo Spirito Santo, che appunto insegna, ad aprirgli la porta e a comunicargli la sua luce. Questo è uno dei modi di cui si serve lo Spirito Santo per insegnare.

2. In questo modo l’intelletto, illuminato e istruito da tale Maestro, comprende quelle verità e contemporaneamente forma da sé quelle parole su verità che gli vengono comunicate da un’altra parte. Si può, quindi, dire che la voce è di Giacobbe, ma le mani sono di Esaù (Gn 27,22). Colui che fa tale esperienza, non potrà mai credere che quelle espressioni e parole non gli vengano da una terza persona, perché non sa con quale facilità l’intelletto può formare da sé parole su pensieri e verità che gli possono venir comunicati anche da una terza persona.

3. Anche se è vero che tali comunicazioni e illuminazioni fatte all’intelletto di per sé non contengono inganno alcuno, tuttavia può esserci e molte volte c’è inganno nelle parole formali e nei ragionamenti che l’intelletto vi costruisce sopra. La luce che gli viene comunicata, talvolta è molto sottile e spirituale, ragion per cui l’intelletto non riesce a farsene un’idea esatta, ed è lui, come dicevo, che forma da sé i suoi ragionamenti. Ne segue che molte volte ne forma di falsi, altre volte, invece, tali ragionamenti saranno verosimili o difettosi. Proprio perché all’inizio l’intelletto comincia ad afferrare il filo della verità, ma poi vi aggiunge la sua abilità o la grossolanità dei suoi bassi modi d’intendere, esso può facilmente variare a seconda della sua capacità, e tutto come se gli stesse parlando un altro.

4. Ho conosciuto una persona che aveva queste locuzioni successive. Alcune riguardanti il santissimo sacramento dell’eucaristia erano perfettamente vere e sostanziali; altre, invece, erano autentiche eresie. Mi spaventa molto ciò che accade ai nostri giorni, in cui una qualsiasi anima pervenuta a un certo livello di meditazione appena sente qualche locuzione di questo genere durante il raccoglimento, subito dichiara che si tratta di parole provenienti da Dio. È convinta che sia così e va ripetendo: “Dio mi ha detto”, “Dio mi ha risposto”. Ma non è nulla di tutto questo. Come ho dichiarato, sono queste anime che il più delle volte parlano così a se stesse.

5. Oltre a questo, il desiderio e l’attaccamento che queste anime nutrono nel loro spirito per tali cose fanno sì che si rispondano da sole e pensino che sia Dio a farlo e a parlare loro. Così cadono in gravi spropositi, se non sanno frenarsi e se il direttore spirituale non impone loro la rinuncia a tale genere di discorsi. Esse ne ricaveranno più loquacità e impurità d’anima che umiltà e mortificazione spirituale. Immagineranno che sia stato un grande favore e che Dio abbia parlato; invece è stato poco più di niente, oppure niente o meno di niente. Difatti ciò che non genera umiltà, carità, mortificazione, santa semplicità e silenzio, ecc., che cosa può essere? Affermo, dunque, che queste locuzioni possono ostacolare molto l’anima nel suo cammino verso l’unione divina, perché, se vi dà importanza, l’allontanano molto dalla profondità della fede, ove l’intelletto deve rimanere nell’oscurità per avanzare nel segno dell’amore nella notte della fede, non a forza di ragionamenti.

6. Mi dirai: perché l’intelletto deve privarsi di queste verità se con esse lo Spirito di Dio illumina l’intelletto? E, allora, che male c’è a occuparsene? Ti rispondo che lo Spirito Santo illumina l’intelletto raccolto e lo illumina in virtù di questo suo raccoglimento. Ora, poiché questa facoltà non può conseguire maggiore raccoglimento che nella fede, lo Spirito Santo non la illuminerà di più se non nella fede. Quanto più un’anima è pura e impegnata a vivere nella fede, tanta più carità infusa da Dio riceverà; e quanta più carità possiede, tanto più lo Spirito Santo la illumina e le comunica i suoi doni, perché la carità è la causa di tali doni e il mezzo attraverso cui egli li comunica. Sebbene sia vero che Dio nell’illuminazione di quelle verità comunichi all’anima un po’ di luce, tuttavia la luce della fede è assai diversa per qualità, pur essendo molto oscura; qualitativamente essa è come l’oro purissimo rispetto al metallo più vile; quantitativamente è superiore quanto è il mare rispetto a una goccia d’acqua. Nella prima comunicazione, infatti, le viene offerta la conoscenza di una, due o tre verità, ecc. In quella della fede, invece, le viene comunicata tutta la sapienza di Dio in generale, cioè il Figlio di Dio che le si comunica attraverso la fede.

7. Se mi dici che tutte queste conoscenze sono buone e che l’una non ostacola l’altra, ti rispondo che tutte nuocciono all’anima, se dà loro importanza. Difatti ciò equivarrebbe a occuparsi di verità chiare e di scarsa rilevanza, ma che sono sufficienti a impedire le comunicazioni che avvengono nella profondità della fede. Ivi Dio istruisce l’anima in maniera soprannaturale e segreta, l’arricchisce di virtù e di doni, senza che essa possa comprendere. Il profitto che si vuol ricavare da quelle comunicazioni successive, non proviene dall’applicazione dell’intelletto a esse, perché in tal caso le allontanerebbe da sé, come afferma la Sapienza nel Cantico: Distogli da me i tuoi occhi, perché mi fanno volare (Ct 6,4 Volg.), cioè mi fanno volare lontano da te e mi collocano più in alto. L’anima, invece, senza forzare l’intelletto a considerare ciò che le viene comunicato soprannaturalmente, applichi la volontà ad amare Dio con semplicità e purezza, perché quei beni le vengono concessi per mezzo dell’amore, e persino in misura maggiore che in passato. Se l’anima, quando riceve passivamente questi favori soprannaturali, fa intervenire attivamente l’abilità naturale del suo intelletto o di altre facoltà, non potrà mai raggiungere il livello di tali realtà soprannaturali attraverso questi canali troppo grossolani. Vorrà, quindi, per forza, ridurre al suo modo di vedere queste conoscenze e di conseguenza cambiarne la natura. L’anima necessariamente cadrà in errore e formerà da sé i ragionamenti, in modo tale che quanto essa sente non sarà qualcosa di soprannaturale né gli somiglierà. Al contrario, sarà molto naturale, erroneo e vile.

8. Vi sono, tuttavia, persone dall’intelletto molto vivo e sottile che, quando sono raccolte in qualche meditazione discorsiva, con grande naturalezza e facilità formano concetti e ragionamenti molto chiari su queste locuzioni e pensano, né più né meno, che vengano da Dio. Invece sono frutto soltanto del loro intelletto che, libero dall’attività dei sensi e senza alcun aiuto soprannaturale, può produrre questi e più grandi risultati. Vi sono molti casi di questo genere e molte persone si sbagliano credendo che si tratti di orazione profonda e di comunicazione di Dio. Lo scrivono anche e lo fanno scrivere. Accade poi che tutto si riduce a nulla, e in tutto questo non vi è la minima traccia di virtù e serve solo ad alimentare la vanità.

9. Imparino, dunque, queste anime a non badare alle parole successive, ma a fondare la volontà nella forza dell’amore umile, nella pratica di opere veramente buone, a soffrire imitando la vita e le mortificazioni del Figlio di Dio. Questo è il cammino che conduce ai beni spirituali, non i molti discorsi interiori.

10. Va, inoltre, detto che il demonio s’insinua spesso in questo genere di parole interiori successive, soprattutto quando le anime presentano qualche inclinazione o attaccamento a esse. Nel momento in cui cominciano a raccogliersi, il demonio è solito offrire loro bastante materia di digressioni e per mezzo delle sue suggestioni indurre l’intelletto a formare concetti e parole. In questo modo le fa cadere in rovina e le inganna subdolamente con proposte verosimili. Questo è uno dei modi attraverso cui egli si comunica a coloro che hanno fatto con lui un qualche patto, tacito o esplicito. In questo modo egli si comunica, altresì, ad alcuni eretici, soprattutto ad alcuni eresiarchi, riempiendo il loro intelletto di concetti e ragionamenti molto sottili, falsi ed erronei.

11. Da quanto detto risulta che queste locuzioni successive possono essere originate nell’intelletto da tre cause, cioè dallo Spirito divino, che muove e illumina l’intelletto, dal lume naturale dell’intelletto stesso e dal demonio, che può parlargli per via di suggestione. È molto difficile enumerare tutti i segni e gli indizi che possono mostrare quando queste parole derivino dall’una o dall’altra causa, ma è possibile fornire i seguenti indizi generali. Quando l’anima, insieme con le parole e i concetti, sente un amore pieno di umiltà e di riverenza per il Signore, è segno che lo Spirito Santo è presente, perché egli non accorda mai simili favori senza rivestirli di queste virtù. Quando queste parole procedono dall’attività e dal lume dell’intelletto, è tale facoltà che compie questo lavoro, ma senza le virtù, sebbene la volontà possa amare naturalmente Dio quando è istruita e illuminata sulle verità. Tuttavia, terminata la meditazione, la volontà resta nell’aridità, senza essere per questo portata alla vanità o al male, a meno che il demonio non intervenga per tentarla di nuovo su questo punto. Ciò non accade quando queste parole provengono dallo Spirito Santo. Difatti, in tal caso, la volontà rimane abitualmente affezionata a Dio e incline al bene. Nondimeno può accadere che a volte la volontà rimanga nell’aridità, anche se la comunicazione veniva dallo Spirito Santo. Dio permette ciò per un bene più grande dell’anima. Altre volte, ancora, l’anima avvertirà molto debolmente queste operazioni o movimenti verso le virtù suddette, nonostante sia buono quanto ha provato. Per tutti questi motivi, dico che a volte è difficile conoscere le rispettive differenze tra queste parole, per i diversi effetti che di volta in volta producono. Tuttavia gli effetti che ho descritto sono i più comuni, sebbene si manifestino con più o meno intensità. A volte non è facile comprendere e riconoscere neanche le locuzioni che vengono dal demonio. Difatti, anche se è vero che queste ordinariamente lasciano la volontà nell’aridità nei riguardi dell’amore di Dio e inclinano lo spirito alla vanità, alla stima e alla compiacenza di sé, tuttavia a volte generano una falsa umiltà e un’ardente affezione della volontà, basata sull’amor proprio, uno stato di cose, insomma, difficilmente riconoscibile dalla persona, a meno che questa non sia molto spirituale. Il demonio si comporta in questo modo per mascherarsi meglio; egli, del resto, a volte riesce benissimo a far versare lacrime sui sentimenti che provoca, per istillare nell’anima le affezioni che vuole. Non tralascia nulla per spingere continuamente la volontà a stimare queste comunicazioni interiori, ad annettervi molta importanza, perché vi si dedichi e occupi l’anima non in ciò che è virtù, ma occasione di perdere anche quella che si potrebbe avere.

12. È necessario, quindi, attenersi alla seguente cautela, per non essere ingannati né irretiti da simili locuzioni: non dare ad esse alcuna importanza. Piuttosto si cerchi soltanto di orientare con forza la volontà verso Dio, praticando alla perfezione la sua legge e i suoi santi consigli. Questa è la sapienza dei santi. Contentiamoci di conoscere i misteri e le verità con la semplicità e la limpidezza con cui ce li propone la Chiesa. Questo basterà a infiammare molto la volontà, senza dedicarsi a ricerche profonde e curiose, nelle quali solo per caso non s’incontrano pericoli. Anche san Paolo a tale riguardo dice così: Non occorre sapere più di quanto è necessario (Rm 12,3). Ciò basta per quanto concerne la spiegazione delle parole successive.

 

CAPITOLO 30

Ove si parla delle parole interiori che formalmente si presentano allo spirito per via soprannaturale. Si espongono i danni che possono provocare e la necessaria cautela per non lasciarsi ingannare.

1. La seconda specie di parole interiori comprende le parole formali che a volte risuonano nello spirito, raccolto o meno, per via soprannaturale, senza il tramite di alcun senso. Le chiamo formali perché formalmente comunicate allo spirito da una terza persona, senza che esso vi contribuisca in qualche modo. Sono molto diverse da quelle di cui si è parlato finora. Ora, tale differenza è dovuta non solo al fatto che esse si producono indipendentemente da qualsiasi attività dello spirito, come nel caso delle altre, ma, ripeto, anche perché a volte si verificano senza che lo spirito sia raccolto, anzi molto lontano da quanto gli viene comunicato. Tutto questo non accade per le parole successive, che riguardano sempre l’argomento che si sta meditando.

2. Queste parole a volte sono molto ben formulate, altre volte no; sono come pensieri che comunicano qualcosa allo spirito, sotto forma di risposta o in un altro modo, come se gli si parlasse. In alcuni casi si tratta di una parola, in altri di due o più parole. Talvolta sono parole successive, come le precedenti, perché di solito durano a lungo, istruiscono l’anima o discutono con essa, senza che lo spirito vi prenda parte. Tutto ciò accade come se una persona parlasse con un’altra. Ciò è quanto accadde a Daniele (9,22). Nel libro di questo profeta si legge che l’angelo parlava con lui. Era questo un linguaggio formale e successivo sotto forma di ragionamento rivolto allo spirito di Daniele al fine di istruirlo, secondo quanto lo stesso angelo gli aveva detto.

3. Queste parole, quando sono soltanto formali, producono poco effetto nell’anima. Abitualmente, infatti, non hanno altro scopo che quello d’insegnare o di far luce su qualcosa. Per raggiungere questo risultato, non è quindi necessario che abbiano un effetto più efficace del fine a cui tendono. Ora questo fine, quando le parole vengono da Dio, è sempre raggiunto dall’anima, perché la dispongono e illuminano su ciò che le viene comandato o insegnato. Anzi, a volte tali parole non liberano l’anima dalla ripugnanza e dalle difficoltà, ma gliele aggravano, cosa questa che Dio permette per istruire l’anima, farla crescere in umiltà, insomma per il suo bene. Egli permette questa ripugnanza soprattutto quando impone all’anima cariche o uffici che possono procurarle onore. Nelle cose umili o basse, invece, le ispira più prontezza e facilità. Leggiamo, per esempio, nel libro dell’Esodo che quando Mosè ebbe da Dio l’ordine di andare dal faraone per liberare il popolo provò grande ripugnanza. Dio dovette ripetergli tre volte il comando e mostrargli dei segni. Ma tutto questo non bastò fino a quando Dio non gli assegnò Aronne per compagno che condividesse con lui l’onore dell’impresa.

4. Accade il contrario quando le parole e le comunicazioni vengono dal demonio. Questi ispira facilità e prontezza nelle cose importanti e ripugnanza in quelle umili. Senza dubbio, Dio detesta le anime che cercano le dignità; anche quando comanda loro di accettarle o gliele impone, non vuole che si dimostrino pronte a obbedire e desiderose di comandare. A motivo di questa prontezza che Dio comunemente ispira all’anima, queste parole formali differiscono da quelle successive: queste non muovono lo spirito né gli comunicano tanta prontezza quanta le altre, perché sono più formali e l’intelletto vi mette meno di suo. Ciò non toglie che alcune parole successive producano talvolta un effetto maggiore, a causa dell’abbondanza di comunicazione tra lo Spirito divino e quello umano; ma questo modo di comunicare è molto diverso dall’altro. Quando l’anima sente queste parole formali non deve porsi il dubbio se sia lei a pronunciarle, perché vede chiaramente che non è così, soprattutto quando non pensa affatto a ciò che le viene detto. E quand’anche avesse un pensiero di questo genere, riconosce con molta chiarezza e distinzione che tali parole vengono da un’altra fonte.

5. L’anima non deve attribuire importanza a queste parole formali, similmente alle altre, perché occupano lo spirito con cose che non sono il mezzo legittimo e prossimo per l’unione con Dio, cioè la fede. Essa, inoltre, potrebbe molto facilmente esporsi agli inganni del demonio. Difatti, a volte, capita che a stento si riesca a scoprire quali siano le parole che vengono dallo spirito buono e quali dallo spirito cattivo. Poiché queste parole non producono un effetto molto grande, difficilmente si possono distinguere in base agli effetti prodotti, perché a volte quelle del demonio sono nelle persone imperfette molto più efficaci di quanto non lo siano nelle persone spirituali quelle provenienti da spirito buono. Non bisogna eseguire ciò che esse dicono né tenerne conto, indipendentemente da chi vengano. Occorre, invece, riferirle a un confessore esperto o a una persona discreta e saggia, perché diano istruzioni in proposito, vedano ciò che conviene al caso e offrano il loro consiglio; l’anima, poi, eserciti abnegazione e rinuncia nei confronti di tali parole. Se non si trovasse una persona esperta, è meglio non tener conto di tali parole, non parlarne con nessuno, perché l’anima potrebbe incontrare facilmente persone le quali, anziché edificarla, vogliono il suo male. Infatti non tutti sono capaci di dirigere le anime; e in situazioni così importanti sbagliare o far bene può avere conseguenze molto gravi.

6. Si faccia molta attenzione perché l’anima non prenda da sola nessuna iniziativa, né ammetta alcunché di ciò che quelle parole le comunicano, senza il parere e il ponderato consiglio di altri. Poiché in questa materia si è esposti a sottili e strani inganni, a mio avviso, se l’anima non è nemica di tali manifestazioni, non mancherà di cadere in errori più o meno gravi.

7. Poiché nei capitoli 16-20 di questo libro ho già parlato degli inganni, dei pericoli e delle precauzioni da prendere per evitarli, rimando là e non mi dilungo oltre. Dico soltanto che il principio fondamentale a tale riguardo e il più sicuro in questi casi è quello di non tenere in alcun conto suddette locuzioni, anche se sembrano importanti, ma di lasciarsi guidare in tutto dalla ragione e da quanto la Chiesa ci ha insegnato e ci insegna ogni giorno.

 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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