A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Magistero Cattolico in pillole, a piccole dosi ma indispensabile... (2)

Ultimo Aggiornamento: 06/02/2019 08:34
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22/09/2012 14:35
 
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[SM=g1740733] Amici, visto il grande successo della rubrica: MAGISTERO CATTOLICO IN PILLOLE, A PICCOLE DOSI MA INDESPENSABILI....
vi offriamo una nuova pagina per una lettura immediata dell'altro e di questo, in una sola pagina....
Buona riflessione e condivisione.....

***

- Ogni giorno il re di Francia, San Luigi IX, ascoltava la Santa Messa in ginocchio, sul nudo pavimento. Un valletto una volta gli offrì un inginocchiatoio, ma il re gli disse: ‘Nella Messa Iddio si immola, e quando Dio si Immola anche i re si inginocchiano sul pavimento’.

[SM=g1740717] [SM=g1740720]


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[Modificato da Caterina63 22/09/2012 14:42]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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24/09/2012 12:30
 
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don Bosco e il sogno delle due Colonne



IL SOGNO DELLE DUE COLONNE di San Giovanni Bosco

Le due Colonne: Eucaristia e Maria

Tra i sogni di Don Bosco, uno dei più noti è quello conosciuto con il titolo di "Sogno delle due colonne". Lui lo raccontò la sera del 30 maggio 1862.

Sappiamo che intorno al 1860, spinto dal suo intuito del cambiamento sociale e culturale, e dal suo vivo senso di Chiesa, don Bosco intensificò la sua devozione a Maria in quanto "Ausiliatrice": "È la stessa Chiesa cattolica che è assalita - scriveva -. È assalita nelle sue funzioni, nelle sue sacre istituzioni, nel suo capo, nella sua dottrina, nella sua disciplina; è assalita come Chiesa Cattolica, come centro della verità, come maestra di tutti i fedeli".

In questa lotta don Bosco vede la Madonna quale Madre della Chiesa preoccupata, in particolare, di soccorrere e proteggere l'indispensabile ministero del Papa e dei Vescovi. La storia ne documenta gli innumerevoli interventi.

Il Venerdì Santo e la Pasqua esistono sempre insieme

Se il papa beato Giovanni Paolo II ha guidato la barca della Chiesa ancorandola alle due Colonne, in particolare con l'Anno del Rosario e l'Anno dell'Eucaristia durante il quale ha chiuso la sua missione terrena, il papa Benedetto XVI, chiamato al soglio Pontificio proprio durante l'anno dedicato al Culto eucaristico, ammonisce e guida con mitezza e dottrina della verità la barca della Chiesa in questi tempi di prova e di gravi persecuzione. E ci sta donando oggi un Anno della Fede di universale importanza.

Alla vigilia della sua elezione affermava: "Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo all'altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all'individualismo radicale; dall'ateismo ad un vago misticismo religioso; dall'agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull'inganno degli uomini, sull'astuzia che tende a trarre nell'errore (cf Ef 4,14).

Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare "qua e là da qualsiasi vento di dottrina", appare come l'unico atteggiamento all'altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie"

(Card. Ratzinger, Missa pro romano pontifice eligendo, 18 aprile 2005).

 

Consapevole delle prove interne ed esterne che accompagnano la navigazione della chiesa tra i flutti del mondo ci ricorda anche che: "per la Chiesa il Venerdì Santo e la Pasqua esistono sempre insieme. La Chiesa - ed in essa Cristo - soffre anche oggi. In essa Cristo viene sempre di nuovo schernito e colpito; sempre di nuovo si cerca di spingerlo fuori del mondo. Sempre di nuovo la piccola barca della Chiesa è squassata dal vento delle ideologie, che con le loro acque penetrano in essa e sembrano condannarla all'affondamento. E tuttavia, proprio nella Chiesa sofferente Cristo è vittorioso. Nonostante tutto, la fede in Lui riprende forza sempre di nuovo"

(omelia del 29 giugno 2006).

 

Gesù e Maria sono vivi e presenti nella storia

La nave è - fin dagli inizi del cristianesimo - immagine della Chiesa. Ebbene, non c'è dubbio: per don Bosco, l'Eucaristia e Maria Ausiliatrice sono le due grandi devozioni che sostengono la Chiesa nella sua missione e la difendono dai pericoli.

Il sogno ha una valenza ecclesiale di perenne attualità.

La Chiesa procede sicura quando è saldamente ancorata alle "due Colonne" dell'Eucaristia e di Maria. Insieme rappresentano un'unità d'amore concreta: insieme realizzano la totalità di Cristo, che non esiste senza la sua Chiesa.

Ecco la descrizione originale tratta dal racconto di san Giovanni Bosco:

«Figuratevi -disse- di essere con me sulla spiaggia del mare, o meglio sopra uno scoglio isolato, e di non vedere attorno a voi altro che mare. In tutta quella vasta superficie di acque si vede una moltitudine innumerevole di navi ordinate a battaglia, con le prore terminate a rostro di ferro acuto a mo' di strale. Queste navi sono armate di cannoni e cariche di fucili, di armi di ogni genere, di materie incendiarie e anche di libri. Esse si avanzano contro una nave molto più grande e alta di tutte, tentando di urtarla con il rostro, di incendiarla e di farle ogni guasto possibile.

A quella maestosa nave, arredata di tutto punto, fanno scorta molte navicelle che da lei ricevono ordini ed eseguiscono evoluzioni per difendersi dalla flotta avversaria. Ma il vento e' loro contrario e il mare agitato sembra favorire i nemici.

In mezzo all'immensa distesa del mare si elevano dalle onde due robuste colonne, altissime, poco distanti l'una dall'altra. Sopra di una vi e' la statua della Vergine Immacolata, ai cui piedi pende un largo cartello con questa iscrizione: "Auxilium Christianorum " (Aiuto dei Cristiani); sull'altra, che e' molto più alta e grossa, sta un'Ostia di grandezza proporzionata alla colonna, e sotto un altro cartello con le parole: "Salus Credentium" (Salvezza dei Credenti).

Il comandante supremo della grande nave, che e' il Romano Pontefice, vedendo il furore dei nemici e il mal partito nel quale si trovano i suoi fedeli, convoca intorno a sé i piloti delle navi secondarie per tenere consiglio e decidere sul da farsi. Tutti i piloti salgono e si adunano intorno al Papa. Tengono consesso, ma infuriando sempre più la tempesta, sono rimandati a governare le proprie navi. Fattasi un po' di bonaccia, il Papa raduna intorno a sé i piloti per la seconda volta, mentre la nave capitana segue il suo corso. Ma la burrasca ritorna spaventosa.

Il Papa sta al timone e tutti i suoi sforzi sono diretti a portare la nave in mezzo a quelle due colonne, dalla sommità delle quali tutto intorno pendono molte ancore e grossi ganci attaccati a catene.

Le navi nemiche tentano di assalirla e farla sommergere: le une con gli scritti, con i libri, con materie incendiarie, che cercano di gettare a bordo; le altre con i cannoni, con i fucili, con i rostri. Il combattimento si fa sempre piu' accanito; ma inutili riescono i loro sforzi: la grande nave procede sicura e franca nel suo cammino. Avviene talvolta che, percossa da formidabili colpi, riporta nei suoi fianchi larga e profonda fessura, ma subito spira un soffio dalle due colonne e le falle si richiudono e i fori si otturano.

Frattanto i cannoni degli assalitori scoppiano, i fucili e ogni altra arma si spezzano, molte navi si sconquassano e si sprofondano nel mare. Allora i nemici, furibondi, prendono a combattere ad armi corte: con le mani, con i pugni e con le bestemmie.

A un tratto il Papa, colpito gravemente, cade. Subito e' soccorso, ma cade una seconda volta e muore. Un grido di vittoria e di gioia risuona tra i nemici; sulle loro navi si scorge un indicibile tripudio. Se non che, appena morto il Papa, un altro Papa sottentra al suo posto. I piloti radunati lo hanno eletto così rapidamente che la notizia della morte del Papa giunge con la notizia della elezione del suo successore. Gli avversari cominciano a perdersi di coraggio.

Il nuovo Papa, superando ogni ostacolo, guida la nave in mezzo alle due colonne, quindi con una catenella che pende dalla prora la lega a un' ancora della colonna su cui sta l'Ostia, e con un'altra catenella che pende a poppa la lega dalla parte opposta a un'altra ancora che pende dalla colonna su cui e' collocata la Vergine Immacolata. Allora succede un gran rivolgimento: tutte le navi nemiche fuggono, si disperdono, si urtano, si fracassano a vicenda. Le une si affondano e cercano di affondare le altre, mentre le navi che hanno combattuto valorosamente con il Papa, vengono anch'esse a legarsi alle due colonne. Nel mare ora regna una grande calma».

 

A questo punto Don Bosco interroga Don Rua:

-Che cosa pensi di questo sogno?

Don Rua risponde:

-Mi pare che la nave del Papa sia la Chiesa, le navi gli uomini, il mare il mondo. Quelli che difendono la grande nave sono i buoni, affezionati alla Chiesa; gli altri, i suoi nemici che la combattono con ogni sorta di armi. Le due colonne di salvezza mi sembra che siano la devozione a Maria SS. e al SS. Sacramento dell'Eucaristia.

-Hai detto bene -commenta Don Bosco-; bisogna soltanto correggere una espressione. Le navi dei nemici sono le persecuzioni. Si preparano gravissimi travagli per la Chiesa. Quello che finora fu, e' quasi nulla rispetto a quello che deve accadere.

Due soli mezzi restano per salvarsi fra tanto scompiglio: Devozione a Maria SS., frequente Comunione (M.B. VII,169).

 

Tratto da Pietro Zerbino (a.c. di), I sogni di Don Bosco, Leumann: LDC, 1995/2a ristampa, pp 53-55.

 

***

Invitiamo tutte le persone di buona volontà a stringersi attorno al santo Padre in questo Anno della Fede e con lui professarla anche con le buone opere, a cominciare dall'opera più controversa:

amare fedelmente la Dolce Sposa di Cristo, la santa Madre Chiesa, una, santa, cattolica ed apostolica...
E' fondamentale ed indispensabile che amare significa condividere ciò che questa unica Chiesa ci trasmette, e non pretendere di cambiarla secondo le nostre opinioni; significa mettere in pratica quanto il santo Padre, Vicario di Cristo in terra, ci insegna e ci chiede di fare e non interpretare il suo Magistero a seconda delle nostre opinioni...

significa conformarci alla Chiesa, l'unica capace di santificarci, perché in Essa vive, opera ed agisce la Santissima Trinità, e non possiamo pretendere di modellare la Chiesa a nostra immagine secondo le nostre interpretazioni avvelenate dalle mode del momento....


 
"Siamo fieri di essere Cattolici Romani !"

"Siamo letteralmente invasi dai travisamenti e dalle menzogne: i cattolici in larga parte non se ne avvedono, quando addirittura non rifiutano di avvedersene. Se io vengo percosso sulla guancia destra, la perfezione evangelica mi propone di offrire la sinistra. Ma se si attenta alla verità, la stessa perfezione evangelica mi fa obbligo di adoperarmi a ristabilirla: perché, dove si estingue il rispetto della verità, comincia a precludersi per l'uomo ogni via di salvezza"

(Card. G. Biffi).

 

Giovanni Paolo II scrisse una: Lettera Apostolica data Motu Proprio Ad tuendam fidem, con la quale vengono inserite alcune norme nel Codice di Diritto Canonico

dove leggiamo:

PER DIFENDERE LA FEDE della Chiesa Cattolica contro gli errori che insorgono da parte di alcuni fedeli, soprattutto di quelli che si dedicano di proposito alle discipline della sacra teologia, è sembrato assolutamente necessario a Noi, il cui compito precipuo è confermare i fratelli nella fede (cf Lc 22, 32), che nei testi vigenti del Codice di Diritto Canonico e del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali vengano aggiunte norme con le quali espressamente sia imposto il dovere di osservare le verità proposte in modo definitivo dal Magistero della Chiesa, facendo anche menzione delle sanzioni canoniche riguardanti la stessa materia.

Can. 750 - § 1. Per fede divina e cattolica sono da credere tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio scritta o tramandata, vale a dire nell'unico deposito della fede affidato alla Chiesa, e che insieme sono proposte come divinamente rivelate, sia dal magistero solenne della Chiesa, sia dal suo magistero ordinario e universale, ossia quello che è manifestato dalla comune adesione dei fedeli sotto la guida del sacro magistero; di conseguenza tutti sono tenuti a evitare qualsiasi dottrina ad esse contraria.

§ 2. Si devono pure fermamente accogliere e ritenere anche tutte e singole le cose che vengono proposte definitivamente dal magistero della Chiesa circa la fede e i costumi, quelle cioè che sono richieste per custodire santamente ed esporre fedelmente lo stesso deposito della fede; si oppone dunque alla dottrina della Chiesa cattolica chi rifiuta le medesime proposizioni da tenersi definitivamente.

 

***

Infine:

«Questa è la fede cattolica; chi non la crede fedelmente e fermamente non potrà essere salvo»; o si professa intero, o non si professa assolutamente. Non vi è dunque necessità di aggiungere epiteti alla professione del cattolicesimo; a ciascuno basti dire così: «Cristiano è il mio nome, e cattolico il mio cognome»; soltanto, si studi di essere veramente tale, quale si denomina.

(Ad beatissimi Apostolorum di Papa Benedetto XV  - 1.11.1914 )

 

"LA PRIMA MISERICORDIA DI CUI ABBIAMO BISOGNO E' LA LUCE IMPIETOSA DELLA VERITA'"

(card. G. Biffi in Pecore e Pastori)



[SM=g1740738]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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26/09/2012 09:39
 
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[SM=g1740733]  "Niente è più freddo del cristiano che non si cura della salvezza degli altri.
Chiunque può essere utile al prossimo, se vuole compiere la sua parte… Non offendere Dio.
Se dici che il sole non può splendere, gli fai torto; se dici che il cristiano non può far del bene, offendi Dio e lo rendi bugiardo.
E’ più facile infatti che il sole non scaldi e non brilli, che un cristiano non risplenda; è più facile che la luce sia tenebra, che accada questo…
Non può la luce di un cristiano restare nascosta, non può restare nascosta una fiaccola così splendente".
(San Giovanni Crisostomo Omelia 20 su Gli Atti degli apostoli)


*****
la fede

 "La mia immortalità è indispensabile, perché Dio non vorrà commettere un’iniquità e spegnere del tutto il fuoco di amore dopo che questo si è acceso per lui nel mio cuore… Io ho cominciato ad amarlo e mi sono rallegrato del suo amore, è possibile che Lui spenga me, e la mia gioia e ci converta a zero? Se c’è Dio, anch’io sono immortale".
Fëdor Dostoevskij (I demoni)

"C'è ancora qualcuno che parla di materialismo e scienza? Ma lo scienziato, vedete bene, preferisce unirsi al Salmista di millenni fa, quando proclamava: I cieli dichiarano la gloria di Dio" (Millikan - Premio Nobel 1945).

"E' proprio la scienza che ci costringe ad ammettere una Forza che abbia creato e  governi l'universo intero. Nessuna molecola agisce per conto proprio, ciò che sono le esplosioni e a noi sembra caos, in verità è tutto ordinato a compiti ben precisi, diversamente noi non esisteremmo affatto" (Lord Kelvin).

"Sono un uomo che riconosce e ammira gli ingegneri dell'Universo, e che ha profonda ammirazione per il più grande di tutti, che è Dio" (Edison).

"L'uomo che non ammette Dio, è un pazzo, perchè non potrebbe mai spiegare l'origine dell'universo e l'esistenza dell'uomo stesso dal quale proveniamo" (Newton).

"Il Dio eterno, immenso, sapientissimo, onnipotente è passato innanzi a me. E' vero, non l'ho veduto in volto.... ma ho studiato le tracce del Suo passaggio nell'universo e nelle sue creature" (Linneo).

"Dio non lo credo, perchè dicendo di credere bisognerebbe anche ammettere il non credere, piuttosto lo vedo e questa è una prova inconfutabile" (Fabre).

"Le leggi della natura e dell'universo, così apparentemente caoitiche soprattutto nella loro formazione, testimoniano piuttosto la volontà ordinata di Dio racchiusa in un sublime progetto che non avrà mai fine" (Lamarck).

"Più studio e più acquisto la fede del contadino....." (Pasteur)

"La nozione e il  rispetto di Dio giungono al mio spirito attraverso vie così sicure come quelle che ci conducono alle verità nell'ordine fisico. Nessuna verità nell'ordine fisico, infatti, potrebbe mai mettersi contro l'esistenza di Dio senza rinnegare se stessa..." (Faraday)

"Non sento il bisogno di perdere tempo a confutare la pretesa di cert'uni che le convinzioni religiose di un Newton, un Faraday, un Maxwell, e di tanti altri, siano incompatibili con gli atteggiamenti di uno spirito scientifico, o con le sue ricerche. Un matematico che volesse sostenere l'inesistenza di Dio, infatti, non dimostrerebbe altro che la propria incapacità di andare oltre i numeri, così è per lo scienziato e per chi studia l'universo intero: se non si è capaci di andare oltre quel che si vede, la scienza stessa non avrebbe mai fatto i passi che ha fatto. E' Dio che ci conduce ad un continuo progresso, negarlo è da stolti" (Rayley, Premio Nobel 1909).


Scriveva così l'allora vescovo di Perugia nel 1877, Gioacchino Pecci,
futuro Papa Leone XIII e grande innovatore della Dottrina Sociale della Chiesa  [SM=g1740733] :
"Nella Chiesa accanto allo zelo per la gloria di Dio si accende UN NUOVO AMORE non meno gagliardo: L'AMORE PER L'UOMO NELLE SUE EMIGRAZIONI, la brama vivissima che sia rivendicato in tutti i diritti E QUELLA DIGNITA' che gli conferì il suo Creatore.
Ora l'uomo ebbe da Dio per sua porzione nel tempo, questa terra nella quale vive e della quale fu stabilito amministratore.
La parola che risuonò al mattino della creazione - Sottoponetevi alla terra e dominatela - non venne mai revocata.
E s'io dico per avventura che trattasi di "nuovo campo", non intendosi con ciò una operosità di tal soirta e portata nella Chiesa sia nuova del tutto, o persino sconosciuta!
Invero, infatti, il problema della popolazione e quello particolare del nostro tempo della trasmigrazione, in rapporto al benessere economico e morale dell'intera società e delle singole nazioni cristiane, ebbe un pratico svolgimento nel Medio Evo, quando i sistemi economici, dai quali le Repubbliche d'Italia ebbero tanta floridezza, toglievano il loro pratico indirizzo dalla filosofia cristiana...."





[SM=g1740758]








[Modificato da Caterina63 29/09/2012 14:16]
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10/10/2012 21:56
 
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[SM=g1740733]  I documenti del Concilio Vaticano II, a cui bisogna ritornare liberandoli da una massa di pubblicazioni che spesso invece di farli conoscere li hanno nascosti, sono, anche per il nostro tempo, una bussola che permette alla nave della Chiesa di procedere in mare aperto, in mezzo a tempeste o ad onde calme e tranquille, per navigare sicura ed arrivare alla meta.
(Benedetto XVI Udienza del 10.10.2012)


**************

“Il cristianesimo non teme la cultura, ma la mezza cultura. Teme la superficialità, gli slogan, le critiche per sentito dire; ma, in generale, chi è in grado di fare la critica della critica lo può riscoprire o può restarvi fedele”. (Jean Guitton)


“Il Cristo non ci ha liberati dalla sofferenza. Ci ha liberati solo dalla sofferenza inutile”.



Noi pensiamo che Dio non ascolti le nostre domande, e non crediamo nella Sua esistenza in quanto Persona. In realtà, siamo noi che non ascoltiamo le sue risposte, e non crediamo alla sua Parola Incarnata”.



Dio ci visita spesso. Ma, ancor più spesso, noi non siamo in casa. Siamo noi che mettiamo fuori il cartello - non disturbare -


Bisogna dire rudemente e francamente male al male e biasimare le cose biasimevoli. Senza dubbio, biasimando bisogna cercare di risparmiare il più possibile le persone nelle quali l’errore vive. Eccetto, però, tutti i nemici dichiarati di Dio e della Chiesa: costoro bisogna smascherarli più che si può. E’ carità gridare - al lupo - quando entra tra il gregge”. (S.Francesco di Sales)


Mi dispiace per gli altri, ma Dio è cattolico”. (Jean Guitton)


“Il demonio ha paura della gente allegra” (San Giovanni Bosco)


"Guai a chi lavora aspettando le lodi del mondo: il mondo è un cattivo pagatore e paga sempre con l'ingratitudine." (San Giovanni Bosco)


"Non ascoltare i tuoi genitori se ti danno un ordine contro la patria.
Ma non ascoltare la patria se ti dà un ordine contro Dio!" [SM=g1740721]
Sant' Agostino (Sermoni, IX, 8)



[SM=g1740758]

[Modificato da Caterina63 17/11/2012 13:05]
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31/12/2012 15:15
 
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Circa lo zelo dei preti


 










Un prete o in paradiso o all'inferno non va mai solo: vanno sempre con lui un gran numero di anime, o salvate col suo santo ministero e col suo buon esempio, o perdute con la sua negligenza nell'adempimento dei propri doveri e col suo cattivo esempio.
 
(Pensiero di San Giovanni Bosco)








intervista





La meditazione trascendentale e lo yoga, in particolare lo yoga, hanno come substrato l'occultismo. Anzi, l'ultimo grado dello yoga, il più elevato, comporta - affermano gli stessi libri sacri di questa "filosofia" - un contatto con il mondo degli spiriti e la acquisizione di poteri magici. Ritiene che vi sia un legame di fondo, anche se poco apparente, tra la diffusione delle religioni orientali e l'attuale rigurgito di occultismo? 


Nel fondo è presente, senza dubbio. Diciamo che l'offerta di queste religioni orientali si muove su diversi livelli. C'è uno yoga ridotto ad una specie di ginnastica: si offre qualche elemento che può dare un aiuto per il rilassamento del corpo. Bene, se lo yoga è ridotto realmente ad una ginnastica si può anche accettare, nel caso di movimenti che hanno un senso esclusivamente fisico. Ma deve essere realmente ridotto, ripeto, a un puro esercizio di rilassamento fisico, liberato da ogni elemento ideologico. Su questo punto si deve essere molto attenti per non introdurre in una preparazione fisica una determinata visione dell'uomo, del mondo, della relazione tra uomo e Dio. Questa purificazione di un metodo in sé logico di idee incompatibili con la vita cristiana, potrebbe essere paragonata per esempio con la "demitizzazione" delle tradizioni pagane sulla creazione del mondo, realizzata nel primo capitolo della Genesi, dove il sole e la luna, le grandi divinità del mito sono ridotte a "lampade" create da Dio, lampade che riflettono la luce di Dio, e ci fanno immaginare la vera Luce, che è il Creatore della luce. E cosi, anche nel caso dello yoga e delle altre tecniche orientali, sarebbe necessaria una trasformazione e uno spostamento radicale che realmente tolgano di mezzo ogni pretesa ideologica. Nel momento in cui compaiono elementi che pretendono di guidare ad una "mistica", diventano già strumenti che conducono in una direzione sbagliata. 


Questa trasformazione, o chiarimento, c'è stato? 


Generalmente no. Può darsi comunque che alcune persone abbiano cercato di escludere gli elementi religiosi e ideologici, mantenendo queste pratiche su un piano di puro esercizio fisico. Questo non si può escludere.


Può esistere uno "yoga cristiano"? 


Nel momento in cui lo si chiama "yoga cristiano" è già ideologizzato e appare come una religione, e questo non mi piace tanto. Mentre sul piano puramente fisico, ripeto, alcuni elementi potrebbero anche sussistere. Occorre stare molto attenti riguardo al contesto ideologico, che lo rende parte di un potere quasi mistico. Il rischio è che lo yoga diventi un metodo autonomo di "redenzione", priva di un vero incontro tra Dio e la persona umana. E in quel caso, siamo già nel trascendente. E' vero che anche nella preghiera e nella meditazione cristiana la posizione del corpo ha la sua importanza, e sta a significare un atteggiamento interiore. che si esprime anche nella liturgia. Ma nello yoga i movimenti del corpo hanno una diversa implicazione di rapporto con Dio, che non è quella della liturgia cristiana. Occorre la massima prudenza perché dietro questi elementi corporali si nasconde una concezione dell'essere come tale, della relazione tra corpo e anima, tra uomo, mondo e Dio. 


Ritiene legittimo l'insegnamento della meditazione trascendentale e dello yoga nelle Chiese Cattoliche e nelle comunità religiose da parte di sacerdoti? 


Mi sembra molto pericoloso perché in questo contesto queste pratiche sono già offerte come un qualcosa, appunto, di religioso. 


E' possibile coniugare il mantra con la preghiera cristiana? 


Il mantra è una preghiera rivolta non a Dio, ma ad altre divinità che sono idoli. 


Perché questo deprezzamento di Cristo e della Chiesa? 


Questa è una questione profonda legata alla situazione attuale del mondo. Le radici di questo comportamento che oggi noi vediamo sono tante e si sono sviluppate nel corso di un'epoca, anche se solo oggi emergono in tutta la loro forza. Mi sembra che l'elemento ultimo sia quello, ancora una volta, del capitolo 3 della Genesi: la superbia dell'uomo che intende fare di sé stesso Dio e non accetta di sottomettersi a Lui. C'è dietro la volontà di prendere nelle proprie mani Dio e non di mettersi nelle sue mani. 


Urs Von Balthasar definisce la meditazione trascendentale un tradimento nei confronti della fede cristiana. E' d'accordo con questa affermazione? 


Si. Perché il Dio Trascendente, la persona che mi ha chiamato e mi ama, viene deformato in una dimensione trascendentale dell'essere. Credo che sia necessario distinguere bene tra il Dio Trascendente e la trascendentalità. Mentre il Trascendente è una Persona che mi ha creato, il trascendentale è una dimensione dell'essere e quindi implica una filosofia di identità. Il cammino della Meditazione Trascendentale, preso nelle sue intenzioni ultime, ha questa tendenza di guidare ad immergersi nella identità, e quindi è esattamente opposto alla visione cristiana, che conosce anche una unione di identità. Cristo si è identificato con noi e così ci inserisce nel suo Corpo, ma è una identificazione diversa, operata nell'amore, nella quale rimane sempre una identità personale distinta, mentre la Meditazione Trascendentale comporta l'immergersi, il lasciarsi "sciogliere" nella identità dell'essere supremo. 

Quale è, in termini spirituali, il prezzo di queste pratiche? 


La perdita della fede e la perversione della relazione uomo - Dio, e un disorientamento profondo dell'essere umano, cosicché alla fine l'uomo si sposa con la menzogna. 


Come deve realizzarsi concretamente il rispetto verso questi culti non cristiani, fermo restando anche il rispetto verso i valori imprescindibili della fede cristiano? 




Il rispetto è dovuto soprattutto alle persone. Come dice S. Agostino dobbiamo avere amore per il peccatore e non per il peccato. Dobbiamo sempre vedere nell'uomo che è caduto in questi errori una persona creata e chiamata da Dio e che ha cercato anche, in un certo senso, di arrivare alla realtà divina per trovare le risposte al suo desiderio di elevarsi. Dobbiamo inoltre rispettare gli elementi ai quali ho accennato, chiarendo molto bene, però, quelle realtà che sono distruttive e che sono opposte non solo alla fede cristiana ma anche alla verità dell'essere umano stesso.


- Come deve realizzarsi concretamente il rispetto verso questi culti non cristiani, fermo restando anche il rispetto verso i valori imprescindibili della fede cristiana?




- Il rispetto è dovuto soprattutto alle persone. Come dice S. Agostino dobbiamo avere amore per il peccatore e non per il peccato. Dobbiamo sempre vedere nell’uomo che è caduto in questi errori una persona creata e chiamata da Dio e che ha cercato anche, in un certo senso, di arrivare alla realtà divina per trovare le risposte al suo desiderio di elevarsi. Dobbiamo inoltre rispettare gli elementi ai quali ho accennato, chiarendo molto bene, però, quelle realtà che sono distruttive e che sono opposte non solo alla fede cristiana ma anche alla verità dell’essere umano stesso.


( Intervista a cura di Ignazio Artizzu tratta dalla rivista “Una voce grida...” n° 9 - marzo 1999. 30 domande a card. Ratzinger)


****************************

Letteratura: I classici/Diario di un curato di campagna
 

L'opera di George Bernanos, pubblicata 70 anni fa, è considerata uno dei capolavori letterari del XX secolo

di Andrea Monda


Pubblicato 70 anni fa, il capolavoro di George Bernanos è da subito entrato nel novero dei classici cristiani del XX secolo e ancora oggi non ha perso né smalto né vigore, né urticante forza scandalosa. È un classico: un libro, cioè, che non smette mai di dire quello che ha da dire. Ed è un classico cristiano, perché, ha detto bene padre Castelli, «Bernanos è una tempesta di fede cattolica. Tanto che, senza di essa la sua opera cessa di esistere, riducendosi a un nonsenso, a un futile gioco»; secondo l’illustre gesuita critico letterario «l’opera di Bernanos può dirsi una parafrasi del famoso pensiero pascaliano: “Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo; non bisogna dormire durante questo tempo”».

Non è quindi un caso che il protagonista di questo romanzo (immortalato con raffinata maestria da Robert Bresson nell’omonimo film del 1953), il “piccolo parroco” di Ambricourt, ad un certo punto affermi che: «La verità è che, da sempre, è nel giardino degli Ulivi ch’io mi ritrovo». È un’affermazione che avrebbero potuto fare i personaggi di tutti i romanzi di Bernanos, ma che in questo “Diario” trova il suo habitat più congeniale. «In pochi altri romanzi della letteratura moderna – ha infatti osservato acutamente lo scrittore romano Eraldo Affinati – possiamo cogliere il sentimento così distinto del male che grava come una cappa nera sull’uomo».

Sin dall’incipit si avverte tutto il peso del male, interno e esterno, fisico e metafisico, morale e spirituale, che finirà per schiantare il giovane estensore di questo testo ad un tempo struggente e sconvolgente: «La mia parrocchia è una parrocchia come tutte le altre. Si rassomigliano tutte. […] La mia parrocchia è divorata dalla noia, ecco la parola. Come tante altre parrocchie! La noia le divora sotto i nostri occhi e noi non possiamo farci nulla. Qualche giorno forse saremo vinti dal contagio, scopriremo in noi un simile cancro. Si può vivere molto a lungo con questo in corpo».

La mia parrocchia è una parrocchia come tutte le altre. Si rassomigliano tutte. Le parrocchie d'oggi, naturalmente. Lo dicevo ieri al curato di Norenfontes: "Il bene e il male debbono equilibrarsi; sennonché, il centro di gravità è collocato in basso, molto in basso. O, se lo preferite, si sovrappongono l'uno all'altro senza mescolarsi, come due liquidi di diversa densità". Il curato m'ha riso in faccia. È un buon prete, affabilissimo, molto paterno, che all'arcivescovado passa addirittura per un ingegno forte, un po' pericoloso. I suoi motti di spirito formano la gioia dei presbiteri, ed egli li sottolinea con uno sguardo che vorrebbe essere vivacissimo...


Alla fine del romanzo sarà lo stesso protagonista-narratore a scoprire il cancro dentro di sé e le ultime pagine sono dedicate alla sua agonia (termine che si attaglia perfettamente alla visione cristiana, una visione per l’appunto agonica del mondo, di Bernanos) e le sue ultime parole saranno: «Tutto è grazia». Bernanos è scrittore cattolico, cioè paradossale: attraverso quella «cappa nera» brilla luce della Grazia, anzi, come direbbe un altro autore cattolico, l’americana Flannery O’Connor, solo all’interno di quella cappa nera può brillare la luce. E la luce brilla davvero, al punto che Charles Moeller, nella sua monumentale opera su Letteratura moderna e cristianesimo, definisce Bernanos «il profeta della gioia» ed è un’intuizione forte quanto corretta. «Il contrario d’un popolo cristiano è un popolo triste, un popolo di vecchi» dichiara il curato di Torcy al più giovane e fragile parroco di Ambricourt (al quale aveva anche ricordato che Cristo ha inviato i cristiani nel mondo non per essere il miele, ma «il sale della terra»). Viene in mente un altro grande spirito cristiano del XX secolo, C. S. Lewis, che, dall’altra parte della Manica, scriveva: “Parlatemi della verità della religione e ascolterò con gioia. «Parlatemi del dovere della religione e ascolterò con umiltà. Ma non venite a parlarmi delle consolazioni della religione, o sospetterò che non capite».

È una gioia «virile» quella di Bernanos, una gioia «dura», che trafigge e getta scompiglio nell’esistenza dell’uomo, questo strano animale bipede che si trova a vivere una vita che non è solo quella naturale perché, osserva sempre padre Castelli: «Nella nostra vita il soprannaturale non è una realtà passeggera, ma il terreno su cui camminiamo, la norma. […] La vita spesso ci sembra assurda perché ci ostiniamo a escludere da essa Cristo e il suo Antagonista». Nella sua intensa vita e nella sua ricca opera letteraria, Bernanos ha intrapreso una lotta per Cristo contro le forze del male di cui conosce tutte le tentazioni, tutte le diramazioni, tutti gli effetti, infiniti e “capillari”. Ma del male conosce anche l’antidoto, la religione dell’amore fondata da Cristo: «L’inferno, signora, non è amare più»; è solo una belle tante memorabili battute di un memorabile romanzo, uno dei grandi romanzi della letteratura di ogni tempo.



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[Modificato da Caterina63 06/02/2019 08:34]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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[SM=g1740758] E Padre Pio confessò Lucifero in persona

Fotor030504529Tutti sappiamo che San Pio da Pietrelcina, a differenze della maggioranza dei sacerdoti odierni, fosse un confessore instancabile. Dopo l’altare, il confessionale fu il centro della sua vita sacerdotale. Ma non tutti sanno che, due volte, persino Lucifero in persona, il principe delle tenebre, il grande avversario – Satana -, si “confessò” da Padre Pio. Da entrambe le volte trasse preziosi insegnamenti, utilissimi per il “cattolico moderno”, il quale pensa di non aver bisogno di maestri, forse neppure di santi.

LA PRIMA VOLTA

Una mattina un uomo con i pantaloni a righe si presentò davanti al confessionale di Padre Pio. Disse subito di non potersi inginocchiare. Padre Pio pensò che non potesse farlo a causa di qualche impedimento fisico, dunque gli disse di cominciare l’accusa dei peccati. Il “penitente” ne elencò così tanti e tremendi, uno peggiore dell’altro, che il Padre strabuzzò gli occhi dallo spavento. Alla fine dell’accusa dei peccati, il santo confessore disse al penitente, se era pentito, di chinare il capo per ricevere l’assoluzione sacramentale. Ma costui rispose che non poteva neppure chinare il capo. Padre Pio perse la pazienza. «Ma quando, al mattino, ti metti i pantaloni – chiese – forse non pieghi la testa?». «Sono Lucifero – replicò il penitente con i pantaloni a righe – e nel mio regno nessuno si piega». Detto questo, scomparve sotto il pavimento. Un giovane sacerdote, figlio spirituale di San Pio, vide quello strano tipo di scomparsa. Dopo lo sconcerto iniziale, chiese spiegazioni al santo frate, il quale gli raccontò l’accaduto.

«All’inferno assolutamente nessuno si inchina davanti a Dio», questa è la morale che Padre Pio ne ricavò. «Pertanto, non è Dio che non vuole perdonare. Al Signore non manca mai la misericordia. Coloro che, invece, stanno all’inferno, sono incapaci di pentirsi».

Dunque l’inferno esiste, non è vuoto, non è neppure vero che contraddica il disegno misericordioso di Dio. È il nostro orgoglio ad opporsi alla Divina Misericordia.

LA SECONDA VOLTA

Un giorno si presentò al confessione di Padre Pio un signore, alto, snello, elegantemente vestito, ben educato, dai modi molto garbati e gentili. Dopo essersi inginocchiato, cominciò ad accusare ogni genere di peccato contro Dio, contro il prossimo, contro la morale. Per ogni corretto richiamo di Padre Pio – fatti alla luce della Parola di Dio e del Magistero della Chiesa -, questo sconosciuto “gentleman”, aveva l’ardire di controbattere il confessore, giustificando, con estrema facilità e con estremo garbo, tutti i peccati elencati. Anche citando la Sacra Scrittura, il “penitente” svuotava i peccati di qualsiasi malizia, cercando allo stesso tempo di rendere normali, naturali. In quel momento, Padre Pio ricevette un’ispirazione divina. Con tono imperioso disse al “damerino”: «Ripeti: “Viva Gesù” e “Viva Maria”». Appena terminata questa frase, Satana – era di nuovo lui – scomparve in un mare di fuoco, lasciando un insopportabile e irrespirabile fetore. Padre Pio raccontò l’accaduto al figlio spirituale padre Tarcisio da Cervinara.

Qual è la “morale” di questo fatto? Il mondo odierno è pieno delle cosiddette ”brave persone”: uomini e donne gentili, buone, generose, che fanno del bene; ma che, in realtà, sono capaci di fare – e di far fare agli altri – ogni genere di delitto e di peccato.

Sino alla seconda metà del XX secolo, il volto dell’Anticristo poteva essere intravisto nelle facce dei grandi dittatori, macellai di milioni di vite umane. Oggi invece si cela nella facce dei leaders politici occidentali e persino in quelle di alcuni membri della Chiesa. “Brave persone” che non parlano d’altro che di pace, giustizia, bontà, amore, tolleranza, fratellanza, etc… ma che, alla fine, si adoperano affinché abominevoli delitti come il divorzio, l’aborto, l’eutanasia, l’omosessualità, la pedofilia, l’incesto e altri, diventino “diritti” intoccabili dell’uomo.


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13/03/2013 09:28
 
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[SM=g1740758] R.P. Garrigou-Lagrange O.P. - Conseguenze Spirituali per il Celebrante


Lagrange





Da tutto ciò deriva che il celebrante deve aspirare ad una unione sempre più intima ed attuale con Cristo, che in modo attuale offre la messa in quanto la offre in modo perfettissimo con un atto teandrico di infinito valore, con la sua eccelsa contemplazione, con la sua carità ardentissima, e la sua perfettissima religione e pietà.

Il celebrante partecipa così più intimamente al supremo sacerdozio di Cristo... e inoltre vien portato a pensare che Cristo è non solo sacerdote, ma altresì vittima, che una volta soffrì ogni dolore, ed ora offre al Padre le sofferenze del suo corpo mistico, ossia le nostre, perchè abbiano maggior valore per la salvezza delle anime.

Certamente, se il celebrante è un poco distratto nel momento della consacrazione, per dei particolari del culto che possono talvolta venire a mancare, il Cristo non è distratto: la sua anima nel Verbo vede e vuole questa consacrazione, il suo valore, la sua efficacia, e la sua irradiazione fino al purgatorio. Tutto questo Egli vede intuitivamente e vuole in modo attuale.

Vedeva già tutto questo quando era sulla terra, come giudice dei vivi e dei morti, secondo l'esposizione che ne fa S. Tommaso[1], a più forte ragione perciò ora in cielo conosce e vuole tutte queste cose e le vede per la visione beatifica che non si misura con il tempo ma secondo l'eternità partecipata. Perciò l'anima santissima di Cristo in questo presente sempre fisso dell'eternità, vede e vuole ogni messa e la irradiazione di ciascuna sulla terra, nelle missioni, in purgatorio, ed anche in cielo, perchè la messa ci porta alla vita eterna e dà grande gloria a Dio.

Ed è necessario ripetere questo anche ai fedeli, in modo che facciano maggiore attenzione al sacerdote principale, di cui il celebrante è solo il ministro e non già il successore. Così conosceranno meglio il valore infinito della messa, non solo per la vittima che vi si offre, ma per colui che ne è il principale offerente.

E comprenderanno meglio che il sacrificio della messa e quello della Croce sono identici per la sostanza (cioè la vittima e l'offerente principale), sebbene differiscano per il modo della immolazione che una volta fu cruenta, dolorosa, meritoria, ed ora è incruenta, sacramentale, non più dolorosa nè meritoria, ma ci applica «ex opere operato» la soddisfazione e i meriti della Passione, e produce nelle nostre anime frutti ricchissimi, proporzionati alla disposizione nostra. Più volte i santi assistendo al sacrificio della messa non videro più il celebrante, ma lo stesso Cristo che offriva se stesso in modo attuale, per la gloria del Padre e la salvezza delle anime. Da tutto questo appare evidente che il sacerdozio di Cristo è tanto perfetto che non se ne può immaginare uno più grande.

[1] III, q. 10, a. 2.

Fonte: www.haerentanimo.org




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01/04/2013 11:43
 
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[SM=g1740758] Dai «Trattati su Giovanni» di sant'Agostino, vescovo
(CCL 36, 536-538)

Il Signore, o fratelli carissimi, ha definito la pienezza dell'amore con cui dobbiamo amarci gli uni gli altri con queste parole: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13). Ne consegue ciò che il medesimo evangelista Giovanni dice nella sua lettera: Cristo «ha dato la sua vita per noi, quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli», (1 Gv 3, 16) amandoci davvero gli uni gli altri, come egli ci ha amato, fino a dare la sua vita per noi.

Ora qual è la mensa del grande e del potente, se non quella in cui si riceve il corpo e il sangue di colui che ha dato la vita per noi? È quello che dice anche l'apostolo Pietro: «Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme» (1 Pt 2, 21). Questo significa fare le medesime cose. Così hanno fatto con ardente amore i santi martiri e, se non vogliamo celebrare inutilmente la loro memoria, se non vogliamo accostarci infruttuosamente alla mensa del Signore, a quel banchetto in cui anch'essi si sono saziati, bisogna che anche noi, come loro, siamo pronti a ricambiare il dono ricevuto.

Egli, morendo, uccise subito in sé la morte, mentre noi veniamo liberati dalla morte solo mediante la sua morte. Egli non ebbe bisogno di noi per salvarci, ma noi, senza di lui, non possiamo far nulla. Egli si è mostrato come vite a noi che siamo i tralci, a noi che, senza di lui, non possiamo avere la vita.

*******************

Dai «Discorsi» di sant'Andrea di Creta, vescovo
(PG 97, 990-994)

Venite, e saliamo insieme sul monte degli Ulivi, e andiamo incontro a Cristo che oggi ritorna da Betània e si avvicina spontaneamente alla venerabile e beata passione, per compiere il mistero della nostra salvezza.

Viene di sua spontanea volontà verso Gerusalemme. Corriamo anche noi insieme a colui che si affretta verso la passione, e imitiamo coloro che gli andarono incontro. Non però per stendere davanti a lui lungo il suo cammino rami d'olivo o di palme, tappeti o altre cose del genere, ma come per stendere in umile prostrazione e in profonda adorazione dinanzi ai suoi piedi le nostre persone. Accogliamo così il Verbo di Dio che si avanza e riceviamo in noi stessi quel Dio che nessun luogo può contenere. Egli, che è la mansuetudine stessa, gode di venire a noi mansueto. Sale, per così dire, sopra il crepuscolo del nostro orgoglio, o meglio entra nell'ombra della nostra infinita bassezza, si fa nostro intimo, diventa uno di noi per sollevarci e ricondurci a sé.

Stendiamo, dunque, umilmente innanzi a Cristo noi stessi, piuttosto che le tuniche o i rami inanimati e le verdi fronde che rallegrano gli occhi solo per poche ore e sono destinate a perdere, con la linfa, anche il loro verde. Stendiamo noi stessi rivestiti della sua grazia. Agitando i rami spirituali dell'anima, anche noi ogni giorno, assieme ai fanciulli, acclamiamo santamente: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele».

*****************

Dal «Trattato sull'incarnazione del Signore» di Teodoreto, vescovo di Ciro
(PG 75, 1466-1467)

Gesù corre spontaneamente incontro a quelle sofferenze che erano state predette a suo riguardo. Sopportò di essere percosso sul capo da un uomo doppiamente servile. Fu schiaffeggiato, sputacchiato, vituperato, torturato, flagellato, ed infine messo in croce. Accettò come compagni di supplizio dei ladroni dall'uno e dall'altro lato, e fu considerato alla pari degli omicidi e degli scellerati. Ricevette l'aceto e il fiele da una vite maligna, e venne coronato di spine invece che di tralci di vite e di grappoli d'uva. Rivestito con un drappo di porpora, divenne re da burla, e fu percosso con una canna. Il suo costato fu perforato dalla lancia. Infine fu messo nel sepolcro. Tutto questo volle patire per la nostra salvezza.

Dal costato aperto però non ebbe origine, come già da quello di Adamo, la donna che col suo peccato generò la morte, ma scaturì la fonte della vita che vivifica il mondo con due ruscelli. L'uno ci rinnova nel battistero e ci dà una vita immortale. L'altro serve a nutrirci dopo la nostra nascita, e proprio alla mensa divina, come fa il latte che sostenta e fa crescere i bambini.

*****************

[SM=g1740720] Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima 2007

Guardiamo a Cristo trafitto in Croce! E’ Lui la rivelazione più sconvolgente dell’amore di Dio, un amore in cui eros e agape, lungi dal contrapporsi, si illuminano a vicenda. Sulla Croce è Dio stesso che mendica l’amore della sua creatura: Egli ha sete dell’amore di ognuno di noi. L’apostolo Tommaso riconobbe Gesù come “Signore e Dio” quando mise la mano nella ferita del suo costato. Non sorprende che, tra i santi, molti abbiano trovato nel Cuore di Gesù l’espressione più commovente di questo mistero di amore. Si potrebbe addirittura dire che la rivelazione dell’eros di Dio verso l’uomo è, in realtà, l’espressione suprema della sua agape. In verità, solo l’amore in cui si uniscono il dono gratuito di sé e il desiderio appassionato di reciprocità infonde un’ebbrezza che rende leggeri i sacrifici più pesanti. Gesù ha detto: “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). La risposta che il Signore ardentemente desidera da noi è innanzitutto che noi accogliamo il suo amore e ci lasciamo attrarre da Lui. Accettare il suo amore, però, non basta. Occorre corrispondere a tale amore ed impegnarsi poi a comunicarlo agli altri: Cristo “mi attira a sé” per unirsi a me, perché impari ad amare i fratelli con il suo stesso amore.



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[Modificato da Caterina63 01/04/2013 11:46]
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[SM=g1740758] Dalle «Lettere» di san Massimo Confessore, abate

(PG 91, 454-455)

Tutti i predicatori della verità dicono che nulla è tanto caro a Dio e tanto conforme al suo amore quanto la conversione degli uomini mediante un sincero pentimento dei peccati.

E proprio per ricondurre a sé gli uomini Dio fece cose straordinarie: richiamò di nuovo alla vita noi che ne eravamo stati esclusi. Il Verbo divino non solo guarì le nostre malattie con la potenza dei miracoli, ma prese anche su di sé l'infermità delle nostre passioni, pagò il nostro debito mediante il supplizio della croce, come se fosse colpevole, lui innocente. Inoltre con molti esempi ci stimolò ad essere simili a lui nella comprensione, nella cortesia e nell'amore perfetto verso i fratelli.

Dio è quel padre affettuoso, che accoglie il figliol prodigo, si china su di lui, è sensibile al suo pentimento, lo abbraccia, lo riveste di nuovo con gli ornamenti della sua paterna gloria e non gli rimprovera nulla di quanto ha commesso. Richiama all'ovile la pecorella che si era allontanata dalle cento pecore di Dio. Dopo averla trovata che vagava sui colli e sui monti, non la riconduce all'ovile a forza di spintoni e urla minacciose, ma se la pone sulle spalle e la restituisce incolume al resto del gregge con tenerezza e amore.

*********

Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa
(PL 54,149-151)

Tra tutti gli uomini solo Pietro viene scelto per essere il primo a chiamare tutte le genti alla salvezza e per essere il capo di tutti gli apostoli e di tutti i Padri della Chiesa. Nel popolo di Dio sono molti i sacerdoti e i pastori, ma la vera guida di tutti è Pietro, sotto la scorta suprema di Cristo.
Egli dice: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente»; e Gesù gli risponde: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli» (Mt 16,16-17). Ciò significa: tu sei beato perché il Padre mio ti ha ammaestrato, e non ti sei lasciato ingannare da opinioni umane, ma sei stato istruito da un'ispirazione celeste. La mia identità non te l'ha rivelata la carne e il sangue, ma colui del quale io sono il Figlio unigenito. E così io ti manifesto la tua dignità. «Tu sei Pietro». Ciò significa che se io sono la pietra inviolabile, la pietra angolare che ha fatto dei due un popolo solo (cfr. Ef 2,14. 20), il fondamento che nessuno può sostituire, anche tu sei pietra, perché la mia forza ti rende saldo.
Le porte degli inferi non possono impedire questa professione di fede, che sfugge anche ai legami della morte. Essa infatti è parola di vita, che solleva al cielo chi la proferisce e sprofonda nell'inferno chi la nega. È per questo che a san Pietro viene detto: «A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che
scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,19)

**************

Dalla «Lettera ai Corinzi» di san Clemente I, papa
(OP 1, 71-73. 77-78, 87)

Teniamo fissi gli occhi sul sangue di Cristo, per comprendere quanto sia prezioso davanti a Dio suo Padre: fu versato per la nostra salvezza e portò al mondo intero la grazia della penitenza.
Passiamo in rassegna tutte le epoche del mondo e constateremo come in ogni generazione il Signore abbia concesso modo e tempo di pentirsi a tutti coloro che furono disposti a ritornare a lui.

Noè fu l'araldo della penitenza e coloro che lo ascoltarono furono salvi.
Giona predicò la rovina ai Niniviti e questi, espiando i loro peccati, placarono Dio con le preghiere e conseguirono la salvezza.

Prostriamoci davanti al Signore supplicandolo di essere misericordioso e benigno. Convertiamoci sinceramente al suo amore. Ripudiamo ogni opera di male, ogni specie di discordia e gelosia, causa di morte. Siamo dunque umili di spirito, o fratelli. Rigettiamo ogni sciocca vanteria, la superbia, il folle orgoglio e la collera. Ricordiamo soprattutto le parole del Signore Gesù quando esortava alla mitezza e alla pazienza: Siate misericordiosi per ottenere misericordia; perdonate, perché anche a voi sia perdonato.

*************

Dal «Libro ad Autolico» di san Teofilo di Antiochia, vescovo
(PG 6, 1026-1027. 1035)

Se dici: Fammi vedere il tuo Dio, io ti dirò: Fammi vedere l'uomo che è in te, e io ti mostrerò il mio Dio. Fammi vedere quindi se gli occhi della tua anima vedono e le orecchie del tuo cuore ascoltano.
Infatti quelli che vedono con gli occhi del corpo, percepiscono ciò che si svolge in questa vita terrena e distinguono le cose differenti tra di loro: la luce e le tenebre, il bianco e il nero, il brutto e il bello, l'armonioso e il caotico.

La stessa cosa si può dire di quanto è di pertinenza delle orecchie e cioè i suoni acuti, i gravi e i dolci. Allo stesso modo si comportano anche gli orecchi del cuore e gli occhi dell'anima in ordine alla vista di Dio.

Dio, infatti, viene visto da coloro che lo possono vedere cioè da quelli che hanno gli occhi. Tu hai gli occhi della tua anima annebbiati per i tuoi peccati e le tue cattive azioni. Come uno specchio risplendente, così deve essere pura l'anima dell'uomo. Quando invece lo specchio si deteriora, il viso dell'uomo non può più essere visto in esso. Allo stesso modo quando il peccato ha preso possesso dell'uomo, egli non può più vedere Dio.

Ma se vuoi, puoi essere guarito. Affidati al medico ed egli opererà gli occhi della tua anima e del tuo cuore. Chi è questo medico? È Dio! Se capisci queste cose, o uomo, e se vivi in purezza, santità e giustizia, puoi vedere Dio.

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Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa
(PL 54, 299-301)

Nel vangelo di Giovanni il Signore dice: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35). Carissimi, è vero che per esercitare il bene della carità ogni tempo è appropriato. Questi giorni tuttavia lo sono in modo speciale. Quanti desiderano arrivare alla Pasqua del Signore con la santità dell'anima e del corpo si sforzino al massimo di acquistare quella virtù con i sacrifici della misericordia. Ciò che la bontà divina ha elargito a noi, diamolo anche noi a coloro che ci hanno offeso.
La nostra generosità sia più larga verso i poveri e i sofferenti perché siano rese grazie a Dio dalle voci di molti. Il nutrimento di chi ha bisogno sia sostenuto dai nostri digiuni. Al Signore infatti nessun altra devozione dei fedeli piace più di quella rivolta ai suoi poveri, e dove trova una misericordia premurosa là riconosce il segno della sua bontà.
Non si abbia timore, in queste donazioni di diminuire i propri beni, perché la benevolenza stessa è già un gran bene, né può mancare lo spazio alla generosità, dove Cristo sfama ed è sfamato. In tutte queste opere interviene quella mano, che spezzando il pane lo fa crescere e distribuendolo agli altri lo moltiplica. Colui che fa l'elemosina la faccia con gioia.


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Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa
(PL 54, 299-301)

Nel vangelo di Giovanni il Signore dice: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35). Carissimi, è vero che per esercitare il bene della carità ogni tempo è appropriato. Questi giorni tuttavia lo sono in modo speciale. Quanti desiderano arrivare alla Pasqua del Signore con la santità dell'anima e del corpo si sforzino al massimo di acquistare quella virtù con i sacrifici della misericordia. Ciò che la bontà divina ha elargito a noi, diamolo anche noi a coloro che ci hanno offeso.

La nostra generosità sia più larga verso i poveri e i sofferenti perché siano rese grazie a Dio dalle voci di molti. Il nutrimento di chi ha bisogno sia sostenuto dai nostri digiuni. Al Signore infatti nessun altra devozione dei fedeli piace più di quella rivolta ai suoi poveri, e dove trova una misericordia premurosa là riconosce il segno della sua bontà.

Non si abbia timore, in queste donazioni di diminuire i propri beni, perché la benevolenza stessa è già un gran bene, né può mancare lo spazio alla generosità, dove Cristo sfama ed è sfamato. In tutte queste opere interviene quella mano, che spezzando il pane lo fa crescere e distribuendolo agli altri lo moltiplica. Colui che fa l'elemosina la faccia con gioia.


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[SM=g1740758] Benedetto XVI, Udienza Generale, Mercoledì 26 Marzo 2008

Cari fratelli e sorelle, dobbiamo costantemente rinnovare la nostra adesione al Cristo morto e risorto per noi: la sua Pasqua è anche la nostra Pasqua, perché nel Cristo risorto ci è data la certezza della nostra risurrezione. La notizia della sua risurrezione dai morti non invecchia e Gesù è sempre vivo; e vivo è il suo Vangelo. “La fede dei cristiani – osserva sant’Agostino – è la risurrezione di Cristo”.
Gli Atti degli Apostoli lo spiegano chiaramente: “Dio ha dato a tutti gli uomini una prova sicura su Gesù risuscitandolo da morte” (17,31). Non era infatti sufficiente la morte per dimostrare che Gesù è veramente il Figlio di Dio, l’atteso Messia. Nel corso della storia quanti hanno consacrato la loro vita a una causa ritenuta giusta e sono morti! E morti sono rimasti. La morte del Signore dimostra l’immenso amore con cui Egli ci ha amati sino a sacrificarsi per noi; ma solo la sua risurrezione è “prova sicura”, è certezza che quanto Egli afferma è verità che vale anche per noi, per tutti i tempi. Risuscitandolo, il Padre lo ha glorificato. San Paolo così scrive nella Lettera ai Romani: “Se confesserai con la bocca che Gesù è il Signore e crederai con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti sarai salvo” (10,9).
L’annuncio che in questi giorni riascoltiamo costantemente è proprio questo: Gesù è risorto, è il Vivente e noi lo possiamo incontrare.


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Giovanni Paolo II, Messaggio Urbi et Orbi, Pasqua 2003

"Surrexit Dominus de sepulcro qui pro nobis pependit in ligno". "E' risorto dal sepolcro il Signore, che per noi fu appeso alla croce". Alleluia! Risuona festoso l'annuncio pasquale: Cristo è risorto, è veramente risorto! Colui che "patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto", Gesù, Figlio di Dio nato dalla Vergine Maria, "è risorto il terzo giorno secondo le Scritture".
Questo annuncio è il fondamento della speranza dell'umanità. Se infatti Cristo non fosse risorto, non solo sarebbe vana la nostra fede (cfr 1 Cor 15,14), ma vana sarebbe anche la nostra speranza, perché il male e la morte ci terrebbero tutti in ostaggio.
Come agli Apostoli impauriti sul lago in tempesta, Cristo ripete agli uomini del nostro tempo: "Coraggio, sono io, non temete!" (Mc 6, 50). Se Egli è con noi, perché avere paura?
Per quanto buio possa apparire l'orizzonte dell'umanità, oggi celebriamo il trionfo sfolgorante della gioia pasquale. Se un vento contrario ostacola il cammino dei popoli, se si fa burrascoso il mare della storia, nessuno ceda allo sgomento e alla sfiducia! Cristo è risorto; Cristo è vivo tra noi, realmente presente nel sacramento dell'Eucaristia, Egli si offre quale Pane di salvezza, Pane dei poveri, Cibo dei pellegrini.

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Benedetto XVI, Udienza generale, mercoledì 15 aprile 2009

La risurrezione non è stata per Gesù un semplice ritorno alla vita precedente. In questo caso, infatti, sarebbe stata una cosa del passato: duemila anni fa uno è risorto, è ritornato alla sua vita precedente, come per esempio Lazzaro. La risurrezione si pone in un’altra dimensione: é il passaggio ad una dimensione di vita profondamente nuova, che interessa anche noi, che coinvolge tutta la famiglia umana, la storia e l’universo. Questo evento che ha introdotto una nuova dimensione di vita, un’apertura di questo nostro mondo verso la vita eterna, ha cambiato l’esistenza dei testimoni oculari come dimostrano i racconti evangelici e gli altri scritti neotestamentari; è un annuncio che intere generazioni di uomini e donne lungo i secoli hanno accolto con fede e hanno testimoniato non raramente a prezzo del loro sangue, sapendo che proprio così entravano in questa nuova dimensione della vita. Anche quest’anno, a Pasqua risuona immutata e sempre nuova, in ogni angolo della terra, questa buona notizia: Gesù morto in croce è risuscitato, vive glorioso perché ha sconfitto il potere della morte, ha portato l’essere umano in una nuova comunione di vita con Dio e in Dio. Questa è la vittoria della Pasqua, la nostra salvezza! E quindi possiamo con sant’Agostino cantare: “La risurrezione di Cristo è la nostra speranza”, perché ci introduce in un nuovo futuro.

Lasciamoci illuminare dallo splendore del Signore risorto. Accogliamolo con fede e aderiamo generosamente al suo Vangelo, come fecero i testimoni privilegiati della sua risurrezione; come fece, diversi anni dopo, san Paolo che incontrò il divino Maestro in modo straordinario sulla Via di Damasco. Non possiamo tenere solo per noi l’annuncio di questa Verità che cambia la vita di tutti. E con umile fiducia preghiamo: “Gesù, che risorgendo dai morti hai anticipato la nostra risurrezione, noi crediamo in Te!”. Mi piace concludere con una esclamazione che amava ripetere Silvano del Monte Athos: “Gioisci, anima mia. È sempre Pasqua, perché Cristo risorto è la nostra risurrezione!”.

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Giovanni Paolo II, Messaggio Urbi et Orbi, Pasqua 2004

"Resurrexit, alleluia - E' risorto, alleluia!". Cristo è risorto, Cristo è vivo tra noi! Il suo nome ormai è "il Vivente", la morte non ha più alcun potere su di lui (cfr Rm 6, 9).

Resurrexit! Oggi Tu, Redentore dell'uomo, dal sepolcro ti ergi vittorioso per offrire anche a noi, turbati da tante ombre che incombono, il tuo augurio di gioia e di pace. A Te, o Cristo, nostra vita e nostra guida, si volga chi è tentato dallo sconforto e dalla disperazione.
"Signore, da chi andremo?". Tu che hai vinto la morte, Tu solo "hai parole di vita eterna" (Gv 6, 68). A Te noi leviamo con fiducia la nostra preghiera, che diventa invocazione di conforto. Aiutaci a lavorare senza sosta all'avvento di quel mondo più giusto e solidale che, risorgendo, Tu hai inaugurato. Ci è accanto in questo impegno "Colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1, 45).
Beata Te, Maria, silenziosa testimone della Pasqua! Tu, Madre del Crocifisso risorto, che nell'ora del dolore e della morte hai tenuto accesa la fiamma della speranza, insegna anche a noi ad essere, tra le contraddizioni del tempo che passa, testimoni convinti e gioiosi del perenne messaggio di vita e di amore portato nel mondo dal Redentore risorto.

 


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Benedetto XVI, Udienza generale Mercoledì 11.4.2007

Quest’oggi, Mercoledì fra l’Ottava di Pasqua, la liturgia ci fa meditare su un altro singolare incontro del Risorto, quello con i due discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-35). Mentre sconsolati per la morte del loro Maestro ritornavano a casa, il Signore si fece loro compagno di cammino senza che essi lo riconoscessero. Le sue parole, a commento delle Scritture che lo riguardavano, resero ardenti i cuori dei due discepoli che, giunti a destinazione, gli chiesero di restare con loro. Quando, alla fine, Egli “prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro”(v. 30), i loro occhi si aprirono. Ma in quello stesso istante Gesù si sottrasse alla loro vista. Lo riconobbero dunque quando Egli scomparve.
Commentando questo episodio evangelico, sant’Agostino osserva: “Gesù spezza il pane, lo riconoscono. Allora noi non diciamo più che non conosciamo il Cristo! Se crediamo, lo conosciamo! Anzi, se crediamo, lo abbiamo!
Avevano il Cristo alla loro tavola, noi lo abbiamo nella nostra anima!”. E conclude: “Avere Cristo nel proprio cuore è molto di più che averlo nella propria dimora: Infatti il nostro cuore è più intimo a noi che la nostra casa” (Discorso232,VII,7). Cerchiamo realmente di portare Gesù nel cuore.

A Maria Maddalena il Signore aveva detto: “Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre” (Gv 20,17). Un’espressione che ci sorprende, soprattutto se confrontata con quanto invece avviene con l’incredulo Tommaso.
Lì, nel Cenacolo, fu il Risorto stesso a presentare le mani e il costato all’Apostolo perché li toccasse e da questo traesse la certezza che era proprio Lui (cfr Gv20,27).

In realtà, i due episodi non sono in contrasto; al contrario, l’uno aiuta a comprendere l’altro. Maria Maddalena vorrebbe riavere il suo Maestro come prima, ritenendo la croce un drammatico ricordo da dimenticare. Ormai però non c’è più posto per un rapporto con il Risorto che sia meramente umano. Per incontrarlo non bisogna tornare indietro, ma porsi in modo nuovo in relazione con Lui: bisogna andare avanti!

 

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Benedetto XVI, Messaggio Urbi et Orbi Pasqua 2012

«Surrexit Christus, spes mea» – «Cristo, mia speranza, è risorto».

"Ogni cristiano rivive l’esperienza di Maria di Magdala. E’ un incontro che cambia la vita: l’incontro con un Uomo unico, che ci fa sperimentare tutta la bontà e la verità di Dio, che ci libera dal male non in modo superficiale, momentaneo, ma ce ne libera radicalmente, ci guarisce del tutto e ci restituisce la nostra dignità. Ecco perché la Maddalena chiama Gesù “mia speranza”: perché è stato Lui a farla rinascere, a donarle un futuro nuovo, un’esistenza buona, libera dal male. “Cristo mia speranza” significa che ogni mio desiderio di bene trova in Lui una possibilità reale: con Lui posso sperare che la mia vita sia buona e sia piena, eterna, perché è Dio stesso che si è fatto vicino fino ad entrare nella nostra umanità.

Ma Maria di Magdala, come gli altri discepoli, ha dovuto vedere Gesù rifiutato dai capi del popolo, catturato, flagellato, condannato a morte e crocifisso. Deve essere stato insopportabile vedere la Bontà in persona sottoposta alla cattiveria umana, la Verità derisa dalla menzogna, la Misericordia ingiuriata dalla vendetta. Con la morte di Gesù, sembrava fallire la speranza di quanti confidavano in Lui. Ma quella fede non venne mai meno del tutto: soprattutto nel cuore della Vergine Maria, la madre di Gesù, la fiammella è rimasta accesa in modo vivo anche nel buio della notte. La speranza, in questo mondo, non può non fare i conti con la durezza del male. Non è soltanto il muro della morte a ostacolarla, ma più ancora sono le punte acuminate dell’invidia e dell’orgoglio, della menzogna e della violenza. Gesù è passato attraverso questo intreccio mortale, per aprirci il passaggio verso il Regno della vita. C’è stato un momento in cui Gesù appariva sconfitto: le tenebre avevano invaso la terra, il silenzio di Dio era totale, la speranza una parola che sembrava ormai vana.
Ed ecco, all’alba del giorno dopo il sabato, il sepolcro viene trovato vuoto.

Gesù è risorto, allora è avvenuto qualcosa di veramente nuovo, che cambia la condizione dell’uomo e del mondo. Allora Lui, Gesù, è qualcuno di cui ci possiamo fidare in modo assoluto, perché il Risorto non appartiene al passato, ma è presente oggi, vivo".


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PERCHE’ SONO ANCORA NELLA CHIESA
Perchè rimango nella Chiesa
Prof. Ratzinger (1970): Rimango nella Chiesa perché considero la fede, realizzabile solo in essa e comunque mai contro di essa, una necessità per l’uomo, anzi per il mondo, che vive di essa anche se non la condivide. Infatti dove non c’è più Dio - e un Dio che tace non è Dio – non c’è più nemmeno la verità che precede il mondo e l’uomo .....
In queste considerazioni è già data la risposta di principio alla domanda che ci siamo posti: sono nella Chiesa perché credo che, ora come prima e a prescindere da noi, dietro la “nostra Chiesa” vive la “ Sua Chiesa”, e che io non posso stare vicino a Lui se non rimanendo vicino e dentro la Sua Chiesa.
Sono nella Chiesa perché, nonostante tutto, credo che nel profondo essa non sia nostra, bensì proprio “Sua”.
In termini molto concreti: malgrado tutte le sue debolezze umane, è la Chiesa che ci dà Gesù Cristo e solo grazie a essa noi possiamo riceverlo come una realtà viva, potente, che mi sfida e mi arricchisce qui e ora....

http://paparatzinger6blograffaella.blogspot.it/2013/04/prof-ratzinger-1970-rimango-nella.html

[SM=g1740771]

dai ricordi di Benedetto XVI:

Il punto essenziale per la mia famiglia era la domenica. Benedetto XVI ricorda con gioia la sua infanzia in Baviera, che aveva come centro proprio il Giorno del Signore. Anzi, rammenta che a casa Ratzinger la domenica iniziava già il sabato quando il suo papà leggeva le letture della Domenica e così lui e il fratello Georg entravano già nella “liturgia, in un’atmosfera di gioia”:



3fcatechesib16.jpg

“Il giorno dopo andavamo a Messa. Io sono di casa vicino a Salisburgo, quindi abbiamo avuto molta musica – Mozart, Schubert, Haydn – e quando cominciava il Kyrie era come se si aprisse il cielo. E poi a casa era importante, naturalmente, il grande pranzo insieme”.


 
quando cominciava il Kyrie era come se si aprisse il cielo.







[Modificato da Caterina63 16/04/2013 11:04]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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17/04/2013 18:59
 
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[SM=g1740758]  Più che mai attuale è questo testo di padre Roger- Thomas Calmel, uno dei primi sacerdoti ad aver presentito e resistito alla crisi nella Chiesa che si diffondeva già rapidamente negli anni 60°.

In esso egli mostra le grandi linea del comportamento del cattolico che deve cercare forza nella vita interiore per non lasciarsi trasportare dalla corrente degli errori e contribuire alla restaurazione nella Chiesa, restaurazione che deve cominciare nella nostra anima.

http://www.chire.fr/I-Grande-11859-le-pere-roger-thomas-calmel.net.jpg

“In un periodo particolarmente difficile, dalla vita della Chiesa,in un tempo dove i soccorsi e i sostegni più necessari vengono a meno progressivamente, dobbiamo prender cura di restare raccolti in Dio, silenziosi, ferventi nella preghiera; prima di tutto per non dimenticare l’insegnamento dell’esperienza e cioè che l’essenziale non potrà mai mancarci; poi per aver la forza di impedire, secondo le nostre forza, l’estensione del caos e dell’anarchia che sconvolgono le anime e le perdono.

La liturgia è tradita, tradita da coloro che la celebrano. Il dogma è falsato, falsato da coloro che lo insegnano. La penitenza è soppressa, soppressa dai ministri del perdono. La legge naturale e soprannaturale sulla famiglia è svalorizzata e praticamente abolita da coloro che hanno la missione di insegnarla e conservarla.

I diritti di Cristo sulle società terrestri sono negati e disprezzati da coloro che hanno la missione di proclamarli. Hora et potestas tenebra rum… Ecco il mondo nel quale dobbiamo rimanere fedeli a Dio cioè assidui alla frequenza di sacramenti, fermi e inflessibili sulla dottrina; questo è il mondo nel quale dovete compiere per amor di Dio i vostri doveri di sposi, padri e cittadini. E’ ancora possibile? E’ possibile a condizione di attingere la nostra forza in Dio. Ma come trovare la nostra forza in Dio se l’orazione e il silenzio della fede e dell’amore non ci raccolgono in lui? Se non ci tengono stabili e sicuri nel suo amore?

Noi conosciamo i due pericoli che ci minacciano: o abbandonare la nostra anima alla tristezza, dissiparla nell’amarezza e in vane lamentele; oppure non lamentarci ma sdraiarci spiritualmente.

“E’ l’impero in decadenza che vedeva passare i grandi barbari bianchi”.

Se cediamo a una o l’altra di queste tentazioni, facciamo il gioco del diavolo. Nella prova attuale,che Dio permette per la sua Chiesa non gli porteremo il fiore di fedeltà e di amore, in un certo senso questo fiore del martirio, che aspettava da noi. Anche se resistiamo, lo faremo in un modo troppo imperfetto e non abbastanza alla somiglianza di Cristo. Non ci rendiamo abbastanza conto che non ci mancherà mai l’indispensabile. Adhuc sum tecum ait Dominus.

Sono ancora con te, dice il Signore; … le predicazioni eretiche non spegneranno la luce della mia Rivelazione, la perversione generale dei costumi non potrà abolire l’onore cristiano, la dignità e la purezza cristiana. Ma per saperlo in mezzo alla notte che cade e alle nappe di nebbia che si estendono sulla terra, per aver una certezza assoluta dovete rimanere in me. Manete in me et ego in vobis [1]. E noi risponderemo: Mane nobiscum Dominie quoniam advesperascit [2]”.

Che San Giuseppe, sposo della Madre di Dio, padre che ha cersciuto il Figlio di Dio, custode della Vergine e capo della Santa Famiglia, che San Giuseppe, modello dei contemplativi, ci ottenga la grazia del silenzio. – il silenzio dove Dio abita, dove l’anima non cessa di essere nutrita da Dio e consolata da lui, - il silenzio di colui che crede e che non si lascia attirare da una parte o dall’altra da dottrine di eresia, da consigli di capitolazione, da insinuazioni di vigliacche complicità, - il silenzio di colui che spera, che è assolutamente certo che Gesù ci farà partecipare alla vittoria e che governa tutto, compreso la crisi attuale, per il bene degli eletti; - e soprattutto il silenzio di colui che ama e che l’amore fa rimanere nella pace del Beneamato e nella sua gioia".

 

R.P. Calmel, o.p.

Agli amici d’Itineraires, 27 febbraio 1966



[1] “Rimanete in me ed io in voi”

[2] Restate con noi, Signore, poiché si fa tardi”

[SM=g1740771]





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28/04/2013 00:22
 
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[SM=g1740758]  Gli ANTIDOTI del grande Rino Cammilleri

EVOLUZIONE
Mia cognata mi ha portato un ritaglio del «Venerdì di Repubblica» del 16 novembre 2012. E’ la rubrica di Corrado Augias sui libri. Tocca a «La sacra causa di Darwin» di A. Desmond e J. Moore, prefazioni di Giulio Giorello e Telmo Pievani (e te pareva…). Così conclude Augias la sua recensione: «La teoria dell’evoluzione ha liberato gli esseri umani dalle catene del creazionismo rendendoli finalmente uguali tra di loro e affini a tutti gli altri esseri viventi. Se c’è una causa davvero “sacra” è questa».
Bum.
Come diceva Einstein, è più facile spaccare un atomo che un pregiudizio. Dove abbia letto, nella Bibbia (creazionista), che gli uomini sono stati creati disuguali e non affini a tutti gli altri esseri viventi lo sa solo Augias. E solo lui non sa che è proprio l’evoluzionismo darwiniano ad aver fondato “scientificamente” il razzismo (certi “rami” si sono evoluti, altri no o meno). Ma certuni ci tengono proprio tanto a discendere dalle scimmie. Gli fa schifo discendere da Dio. Come quel tizio che si evirò pur di fare un dispetto alla moglie…


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SUORE
Secondo un rapporto statistico elaborato dall’agenzia Fides e riportato il 2 gennaio 2013 da Zenit, i cattolici sono il 17,46%. della popolazione mondiale. Ad eccezione dell’Europa dove la percentuale di cattolici rispetto alla popolazione cala dello 0,01%, in tutti gli altri continenti è in crescita. Il numero totale dei sacerdoti nel mondo è aumentato. Mentre la solita Europa vede un regresso (- 905). In netta controtendenza è la rilevante la diminuzione complessiva delle religiose (–7.436) con un fenomeno di grande crescita in Africa (+1.395) e Asia (+3.047) ma un crollo in America (–3.178), Oceania (–239) e soprattutto in Europa (-8.461).
Uno studio di qualche anno fa ha messo in relazione la diminuzione delle suore con quello demografico, in quanto meno suore vuol dire meno asili e ciò contribuirebbe allo scoraggiamento degli aspiranti genitori. Un altro studio, più recente, ha evidenziato la “diserzione delle quarantenni”, cioè il crollo numerico (anche qui) delle credenti (donne), fenomeno assolutamente nuovo nella storia del cristianesimo. Le donne sognano di fare le manager o le veline? O la liberalizzazione sessuale attira più loro che i maschi? Boh. Sia come sia, la parola “vocazione” viene dal latino “vocare”, che significa “chiamare”. Più che una scelta, dunque, dovrebbe essere un richiamo (superno). Delle due, l’una: o Dio non chiama più o le donne si sono tappate le orecchie…


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LUTERO
Si legge con l’accento sulla «e», infatti è proprio lui, Martin Luther, il Martin Lutero di quella che, non si sa bene perché, continuano a chiamare Riforma, laddove fu in realtà uno scisma. «Riformati» si dissero da sé stessi, i suoi seguaci, mentre da tutti gli altri erano appellati «protestanti». Oggi si chiamano semplicemente luterani, perché di «chiese protestanti» ormai ce ne sono legioni. Per forza: lui disse che non c’era più bisogno di papi perché ognuno era papa di se stesso. Lo presero in parola e lui se ne adontò, forse perché, in cuor suo, il papa voleva farlo lui.
Finì, tanto per cambiare, in massacri, perché non è vero che la gente si ammazza per motivi economici: per motivi solo economici ci si mette d’accordo, è più conveniente. Come disse Paperon de’ Paperoni al suo rivale Rockerduck, meglio sedere in due su un mucchio di dollari che da soli su un mucchio di rovine. No, la gente si scanna, invece, per motivi religiosi, perché la vita eterna non è negoziabile. Ma se volete sapere tutto-ma-proprio-tutto sull’argomento leggetevi «Martin Lutero» di Angela Pellicciari (Cantagalli, pp. 174, €. 12,90), la quale per una volta ha lasciato il Risorgimento e ha deciso di raccontarci da par suo l’altro volto del Personaggio...


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CANTO
«Chi canta prega due volte». Pare che l’abbia detto sant’Agostino. Ma con ogni evidenza si riferiva al canto dei suoi tempi, quello che il suo padrino, sant’Ambrogio, stava sistematizzando (canto «ambrosiano», ben più solenne e austero del successivo «gregoriano»; e, soprattutto, privo di strumenti musicali). Mica poteva sapere che la sua frase sarebbe stata utilizzata dal clero del terzo millennio per ottenere la tanto sospirata «partecipazione» dei fedeli all’«assemblea liturgica» che il prete «presiede».
Così, quando l’intero uditorio si mette a cantare a squarciagola i pezzi numerati imposti dal complessino, finalmente la «celebrazione eucaristica» può dirsi pienamente «partecipata», con grande soddisfazione del «presidente» che non di rado ha interrotto a metà il rito per arringare l’uditorio che cantava poco o piano.


RI-CANTO
L’Antidoto (del mese scorso - QUI POSTATO SOPRA) sui canti in chiesa è stato qui molto dibattuto, segno che ogni tanto, inavvertitamente, schiaffo un dito in una piaga. Il che, come minimo, sta a indicare che la questione non è affatto pacifica e pacificata.
L’Antidoto, tuttavia, ha fatto emergere anche un altro punctum dolens: il cosiddetto servizio alla Chiesa.
E’ incredibile il numero di persone che, animate certo da ottime intenzioni, si sono messe in testa di «servire la Chiesa» in parole e opere, offrendo un servizio che, però, nessuno ha loro chiesto e tantomeno la Chiesa.
Infatti, se smettessero di offrirlo, la Chiesa non se ne accorgerebbe neanche.
Dunque, sorge il sospetto che sia la Chiesa a fare un servizio a loro, che sennò dovrebbero auto-occuparsi in altro hobby. Onde dissipare un eventuale equivoco, il sottoscritto, col suo blog e la sua attività di scrittore, non è affatto al servizio della Chiesa, per la semplice ragione che la Chiesa non gli mai chiesto niente. Non solo.
Se smettesse di scrivere, la Chiesa non se ne accorgerebbe nemmeno.
E, anzi, magari qualche suo esponente tirerebbe pure un respiro di sollievo.
Perciò –e mi rivolgo a voi, affezionati seguaci degli Antidoti- che non vi venga in mente di pensare che questo blog sia al servizio di qualcosa.
Io sono solo uno scrittore che, essendo cattolico convinto, mette nei suoi scritti la sua filosofia e su tutto riflette alla luce di quella. Nient’altro. Ripeto: niente-altro. Dico questo perché ho constatato che gli auto-occupati nel «servizio» di cui sopra sono di solito piuttosto permalosi e lentamente scivolano, quando non siano già scivolati, nella convinzione della preziosità del loro servizio. Così, guai a fargli notare che nessuno è indispensabile, neanche il papa.
Infatti, quando muore, subito ne fanno un altro.
Buon Anno.




[SM=g1740771]





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04/05/2013 13:37
 
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Il Papa ritorna a parlare del Demonio "principe" di questo mondo con il quale non si può e non si deve dialogare

2013-05-04 Radio Vaticana
Rimaniamo sempre miti e umili per sconfiggere le lusinghe e l'odio del mondo. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani nella Casa Santa Marta. Nell’omelia, il Papa ha ribadito che la strada dei cristiani è la strada di Gesù e per questo non dobbiamo avere paura di essere perseguitati. Alla Messa - concelebrata da mons. Lorenzo Baldisseri, segretario della Congregazione per i Vescovi – ha preso parte un gruppo di Guardie Svizzere Pontificie alle quali il Papa ha dedicato un saluto di affetto e gratitudine. “La Chiesa – ha detto – vi vuole tanto bene” e “anche io”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Sono l’umiltà e la mitezza le armi che abbiamo per difenderci dall'odio del mondo. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco che ha incentrato la sua omelia sulla lotta tra l’amore di Cristo e l’odio del principe del mondo.

Il Signore, ha ricordato, ci dice di non spaventarci perché il mondo ci odierà come ha odiato Lui:

“La strada dei cristiani è la strada di Gesù. Se noi vogliamo essere seguaci di Gesù, non c’è un’altra strada: quella che Lui ha segnato. E una delle conseguenze di questo è l’odio, è l’odio del mondo, e anche del principe di questo mondo. Il mondo amerebbe ciò che è suo. ‘Vi ho scelti io, dal mondo’: è stato Lui proprio che ci ha riscattato dal mondo, ci ha scelti: pura grazia! Con la sua morte, con la sua resurrezione, ci ha riscattati dal potere del mondo, dal potere del diavolo, dal potere del principe di questo mondo. E l’origine dell’odio è questa: siamo salvati. E quel principe che non vuole, che non vuole che noi siamo stati salvati, odia”.

Ecco allora che l’odio e la persecuzione dai primi tempi della Chiesa arrivano fino ad oggi. Ci sono “tante comunità cristiane perseguitate nel mondo – ha constatato con amarezza il Papa – in questo tempo più che nei primi tempi: oggi, adesso, in questo giorno e in questa ora”. Perché questo, si chiede ancora il Papa? Perché “lo spirito del mondo odia”.
E da questo deriva un ammonimento sempre attuale:

“Con il principe di questo mondo non si può dialogare: e questo sia chiaro! Oggi il dialogo è necessario fra noi, è necessario per la pace. Il dialogo è un’abitudine, è proprio un atteggiamento che noi dobbiamo avere tra noi per sentirci, capirci … ma quello deve mantenere sempre. Il dialogo nasce dalla carità, dall’amore.
Ma con
quel principe non si può dialogare: soltanto rispondere con la Parola di Dio che ci difende, perché il mondo ci odia. E come ha fatto con Gesù, farà con noi. ‘Ma, guarda, fai questo, una piccola truffa … non c’è niente, è piccola …’, e incomincia a portarci su una strada un po’ non giusta. Questa è una pia bugia: ‘Fallo, fallo, fallo: non c’è problema’, e incomincia da poco, sempre, no? E: ‘Ma … tu sei bravo, tu sei bravo: puoi farlo’. E’ lusinghiero, e con le lusinghe ci ammorbidisce. Fa così. E poi, noi cadiamo nella trappola”.


Il Signore, ha proseguito Papa Francesco, ci chiede di rimanere pecorelle, perché se uno lascia di essere pecorella, allora non si ha “un pastore che ti difenda e cadi nelle mani di questi lupi”:
“Voi potete fare la domanda: ‘Padre, qual è l’arma per difendersi da queste seduzioni, da questi fuochi d’artificio che fa il principe di questo mondo?, da queste lusinghe?’. L’arma è la stessa arma di Gesù: la Parola di Dio - non dialogare - ma sempre la Parola di Dio e poi l’umiltà e la mitezza.
Pensiamo a Gesù, quando gli danno quello schiaffo: che umiltà, che mitezza! Poteva insultarlo, no? Soltanto una domanda, mite e umile. Pensiamo a Gesù nella sua Passione. Il suo Profeta dice: ‘Come una pecora che va al mattatoio’. Non grida, niente: l’umiltà. Umiltà e mitezza. Queste sono le armi che il principe del mondo e lo spirito del mondo non tollera, perché le sue proposte sono proposte di potere mondano, proposte di vanità, proposte di ricchezze male acquisite, sono proposte così”.


Oggi, ha proseguito, “Gesù ci fa pensare a quest’odio che ha il mondo contro di noi, contro i seguaci di Gesù”. Ci odia, ha riaffermato, “perché Lui ci ha salvati, ci ha riscattati”. E pensiamo alle “armi per difenderci”, ha aggiunto: rimanere sempre pecorelle, “perché così abbiamo un pastore, ed essendo pecorelle siamo miti e umili”. Infine, l’invocazione alla Madonna affinché “ci aiuti a diventare umili e miti nella strada di Gesù”.







ci piace segnalarvi un passo dell'Enciclica MIRARI VOS di Papa Gregorio XVI del 15 agosto 1832 nella quale, oseremo dire profeticamente, egli metteva in guardia già all'epoca dai tentativi di minare questo Sacramento, leggiamo:

"Inoltre, l’onorando matrimonio dei Cristiani esige le Nostre comuni premure affinché in esso, chiamato da San Paolo "Sacramento grande in Cristo e nella Chiesa" (Eb 13,4), nulla s’introduca o si tenti introdurre di meno onesto che sia contrario alla sua santità o leda l’indissolubilità del suo vincolo. Vi aveva già raccomandato insistentemente questo nelle sue lettere il Nostro Predecessore Pio VIII di felice memoria: ma continuano a moltiplicarsi tuttavia contro di esso gli attentati dell’empietà.
È perciò necessario istruire accuratamente i popoli che il matrimonio, una volta legittimamente contratto, non può più sciogliersi, e che Dio ha ingiunto ai coniugati una perpetua unione di vita ed un tal legame che solo con la morte può rompersi. Rammentando che il matrimonio si annovera fra le cose sacre, e che per questo è soggetto alla Chiesa, essi abbiano di continuo presenti le leggi da questa stabilite in materia, e quelle adempiano santamente ed esattamente come prescrizioni, dalla cui osservanza fedele dipendono la forza, la validità e la giustizia del medesimo.
Si astenga ognuno dal commettere per qualsivoglia motivo atti che siano contrari alle canoniche disposizioni e ai decreti dei Concilii che lo riguardano, ben conoscendosi che esito infelicissimo sogliono avere quei matrimoni che o contro la disciplina della Chiesa o senza che sia stata implorata prima la benedizione del Cielo, o per solo bollore di cieca passione vengono celebrati senza che gli sposi si prendano alcun pensiero della santità del Sacramento e dei misteri che vi si nascondono".


veniamo ora ad invitarvi ad approfondire il perchè la Chiesa difende il Matrimonio con la sua indissolubilità, cliccate qui per l'approfondimento...


[SM=g1740758] J. Ratzinger: Non è vero che la Chiesa ha cessato di essere cattolica. Nulla di veramente cattolico, nulla di davvero conforme alla fede ha perso la cittadinanza nella Chiesa

Non è vero che la Chiesa ha cessato di essere cattolica.
Nulla di veramente cattolico, nulla di davvero conforme alla fede ha perso la cittadinanza nella Chiesa; e noi tutti dobbiamo darci insieme da fare perché ciò sia percepibile da chiunque aderisca, senza prevenzioni e senza pregiudiziale attaccamento a sé, alla comunione di vita della Chiesa.

Nulla, invece, si conserva con la divisione e nulla si può per essa acquisire davvero: poiché infatti, quando una stessa cosa, che in precedenza rappresentava un aspetto o un momento della totalità della Chiesa, le si rivolta contro, essa non è più la medesima.

Essa si è separata, ha preso le distanze: è ora espressione di amor proprio e perciò si è profondamente modificata.
Solo l'unità può essere feconda.
Agostino ha posto in rilievo con molta incisività questa problematica, facendo riferimento alle vicende sperimentate nella patria africana [...].
Egli ha gridato con forza ai donatisti: se pure avete tutto, lo stesso "amen", lo stesso "alleluja" (cioè lo stesso canone ed i medesimi inni, lo stesso "Credo"), però non avete una cosa: spezzando l'unità avete infranto il vincolo della carità e dell'amore.
Lo Spirito Santo, però, non abita che nella carità: e senza di lui non possedete nulla, soltanto forme niente più che vuote.

(Joseph Ratzinger, Monaco di Baviera, Bollettino Diocesano, 10 luglio 1977)



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santa Caterina da siena

[SM=g1740758] Pillola quotidiana

«Non si fa più difficoltà ad ammettere che da un secolo
tutto è cambiato non solo sulla terra, ma anche in cielo;
che sulla terra c’è un’umanità nuova e in cielo un Dio nuovo.
Il che è tipico dell’eresia: esplicitamente o implicitamente
ogni eresia ha pronunciato questa bestemmia».
(L. Veulliot: “L’illusione liberale”).

Louis Veuillot (Boynes, 11 ottobre 1813 – Parigi, 7 aprile 1883) è stato un giornalista e scrittore francese.
Cattolico, esordisce come giornalista nella redazione dell'Univers religieux, organo del cattolicesimo francese, divenendo un "ultramontanista", cioè in riferimento al Papa che si trova oltre i monti delle Alpi.
Redige nel 1848 una raccolta di suoi articoli nel "Les libres penseurs". Convinto sostenitore dell'infallibilità pontificia e del potere temporale del Papa fu oppositore di Charles de Montalembert. Difese l’insegnamento privato religioso in Francia.
Si recò per la prima volta a Roma il 15 marzo 1838.





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la fede spicciola benedetto xvi

[SM=g1740758] <<Dalla crisi di oggi nascerà domani una Chiesa che avrà perso molto. Essa sarà piccola e dovrà, per così dire, ripartire da zero. (…)
Il prete, nella sua funzione ministeriale, rimarrà insostituibile, ma, in mezzo a tutti questi cambiamenti che si possono prevedere, la Chiesa ritroverà risolutamente l’essenza di sé stessa. (…) Nella fede e nella preghiera ritroverà il centro di sé stessa. Sarà una Chiesa volta verso l’interiorità.(…) E quando essa avrà subito la prova di tutte queste tensioni, una grande forza scenderà su questa Chiesa, ricca della sua spoliazione e della sua vita interiore; perché gli uomini di questo mondo interamente pianificato saranno indicibilmente soli. E quando Dio li avrà lasciati misureranno tutta la loro povertà. Allora scopriranno la piccola comunità degli uomini di fede come qualcosa di interamente nuovo, come una speranza che li riguarda, come una risposta che nel segreto del loro cuore hanno sempre atteso>>.

PAROLA DI RATZINGER  a conclusione di un ciclo di lezioni tenute nel 1969
così il commentatore nel dopo intervista:

Ratzinger si diceva convinto che la Chiesa stesse vivendo un’epoca analoga a quella successiva all’Illuminismo e alla Rivoluzione francese. “Siamo a un enorme punto di svolta – spiegava – nell’evoluzione del genere umano e dove si tenderà a modificare l'antropologia dell'uomo. Un momento rispetto al quale il passaggio dal Medioevo ai tempi moderni sembra quasi insignificante”.
 Il professor Ratzinger paragonava l’era attuale con quella di Papa Pio VI, rapito dalle truppe della Repubblica francese e morto in prigionia nel 1799. La Chiesa si era trovata allora alle prese con una forza che intendeva estinguerla per sempre, aveva visto i propri beni confiscati e gli ordini religiosi dissolti, eppure anche allora riuscì a superare la crisi rinunciando, come poi si è visto, al potere temporale legato alla terra.
La Chiesa, spiegava, è per propria missione espanzionistica ma non come si credeva, in termini di terre, città, parrocchie, diocesi, ma delle anime, il suo potere benefico si esercita nei cuori, nella ragione perchè il nostro regno non è di questo mondo, la nostra vera Patria è il Cielo dove il nostro Signore è andato a prepararci un posto.
E per spiegare questo portava l'esempio del processo di Gesù davanti a Pilato e le sue risposte e diceva: "Cesare ha un potere che gli deriva da Dio e quindi deve organizzarsi per difenderlo e per proteggere le proprie società, ma nella Chiesa è Dio stesso che lo esercita e suscita sempre nuove forze e forti carismi atti a combattere i mali di un dato momento storico, per questo la Chiesa stessa per quanto si sia appoggiata agli eserciti umani, la sua forza è arrivata sempre dai suoi Santi, sono loro il vero esercito della Chiesa.."
Quello che Ratzinger delineava era “un processo lungo, ma quando tutto il travaglio sarà passato, emergerà un grande potere da una Chiesa più spirituale e semplificata”. A quel punto gli uomini scopriranno di abitare un mondo di “indescrivibile solitudine” e avendo perso di vista Dio, “avvertiranno l’orrore della loro povertà”.
Allora, e solo allora, concludeva Ratzinger, vedranno “quel piccolo gregge di credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto”.

( 24 dicembre 1969 - resoconto di una intervista al prof. Joseph Ratzinger a chiusura di un ciclo di lezioni radiofoniche presso la Hessian Rundfunk, ripubblicati nel volume “Faith and the Future” edito dalla Ignatius Press - )

[SM=g1740771]



[Modificato da Caterina63 10/07/2013 20:48]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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13/07/2013 21:30
 
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E Ildegarda fece vergognare il prete infedele…

Ritratto di Santa Ildegarda di Bingen. Solo nella Chiesa cattolica le donna hanno un ruolo fondamentale per l'umanità.

Ritratto di Santa Ildegarda di Bingen. Solo nella Chiesa cattolica le donna hanno un ruolo fondamentale per l’umanità.

Cara Strega, il mio parroco guida la parrocchia come si gestisce un negozio. Non sto a raccontarti i particolari, ma a volte mi sembra di stare in un “supermarket di sacramenti”. Noi laici dobbiamo sempre stare in silenzio e non dir nulla perché non si può mancare di rispetto ad un sacerdote? Cosa mi consigli? (email firmata)

La correzione fraterna è un dovere di ogni cristiano, chierico o laico. Naturalmente quando un laico deve riprendere un sacerdote deve essere molto delicato e molto attento, perché non bisogna mai mancare di rispetto all’immensa e sublime dignità sacerdotale, rispettata anche dagli angeli. Sarebbe opportuno chiedere un incontro col parroco ed esporgli i casi, senza accusarlo apertamente di negligenza, che generano scandalo o disagio nei fedeli. Se ne terrà conto e farà gli opportuni cambiamenti, benissimo, altrimenti è giusto rivolgersi al vescovo ordinario del luogo e informarlo di ciò che avviene in parrocchia, senza accusare in modo pesante il parroco. Noi laici non possiamo fare altro, se non pregare intensamente per i nostri pastori, come del resto la Madonna ci raccomanda in ogni sua apparizione. Dobbiamo anche ricordaci che il Signore non manca mai, in modi che Egli solo conosce, di richiamare i suoi ministri infedeli. Cosi dobbiamo essere pronti ad essere “strumenti” di questi richiami.

Secoli fa, in Svezia, nel borgo di Rudesheim, un sacerdote celebrò la Santa Messa, assistito da un giovane chierico il quale gli fece notare che erano comparse delle scritte sul corporale. Il sacerdote, molto sorpreso, vide che il giovane aveva ragione: vi erano cinque lettere in forma di croce. Orizzontalmente si leggeva: A.P.H., verticalmente: K.P.D. «Se vedremo (comprenderemo) le lettere che sono scritte sul corporale dell’altare, non moriremo», disse il chierico, senza rendersene conto, lasciando senza parole il parroco. Purtroppo però nessuno dei due riuscì a decifrarne il messaggio. Per ben sedici anni il sacerdote cercò, anche con l’aiuto di prelati e laici, di risolvere l’arcano, ma fu tutto inutile. Finché un giorno conobbe una donna sua compatriota considerata santa in tutta Europa: Ildegarda di Bingen, proclamata santa e Dottore della Chiesa nel 2012 da papa Benedetto XVI.
Il sacerdote mostrò il corporale a santa Idelgarda, la quale in pochi minuti svelò il contenuto del messaggio: K Kyrium (il Signore), P presbyter (il sacerdote), D derisit (derise), A ascendat (risalga), P poenitens (pentendosi), H homo (l’uomo). Ovvero, sul corporale stava scritto: “Il sacerdote derise il Signore, risalga pentendosi l’uomo”. Il parroco divenne rosso per la vergogna, ma comprese i suoi peccati e da allora visse in santità il suo sacerdozio, ascoltando anche i consigli di santa Idelgarda.

Il Signore non manca di correggerci.

BIBLIOGRAFIA
Ildegarda di Bingen, di Cristina Siccardi (Paoline Edizioni, 2012)




[SM=g1740733]

image


Consigli di san Josè M. de Escrivà

Che ansia di riformare hanno molti!
Non sarebbe meglio che ci riformassimo, tutti, singolarmente, per compiere fedelmente ciò che è comandato?
(Solco, 132)

Dobbiamo alimentare nelle nostre anime un vero orrore per il peccato. Signore ripetilo con cuore contrito , non voglio offenderti mai più!

Ma non ti meravigliare se noti il peso del tuo povero corpo e delle umane passioni: sarebbe sciocco e ingenuamente puerile che ti accorgessi solo ora che «questo» esiste. La tua miseria non è di ostacolo, bensì di sprone per unirti di più a Dio, per cercarlo con costanza, perché è Lui che ci purifica.
(Solco, 134)

Non dialogare con la tentazione. Lascia che te lo ripeta: abbi il coraggio di fuggire; e la forza di non soppesare la tua debolezza, pensando fino a che punto potresti arrivare. Taglia, senza fare concessioni!
(Solco, 137)

Non hai scuse. La colpa è solamente tua. Se sai ti conosci quanto basta che, per questa strada con queste letture, con questa compagnia... , puoi finire nel precipizio, perché ti ostini a pensare che forse questa è una scorciatoia che facilita la tua formazione o fa maturare la tua personalità?

Cambia radicalmente progetto, anche se ti comporta maggior sforzo, meno svaghi a portata di mano. Ormai è ora che ti comporti da persona responsabile. (Solco, 138)

[SM=g1740758]  vi ricordiamo il nuovo thread nel Monastero: LETTURE PER L'ANIMA.... testi ampi per letture quotidiane di grande edificazione....


[SM=g1740771]

"Voi che piangete, voi che soffrite, voi che avete fame e sete di qualcosa di diverso e di vero, rallegratevi perchè la buona notizia del Vangelo è che la felicità è alla vostra porta, è vostra se comprenderete che il dono  dell’amore di Dio, che  si manifesta attraverso la Croce e le croci di ognuno, è più grande del vostro dolore e che ogni apparente insoddisfazione nel portare la croce è piuttosto la soddisfazione di Dio stesso che usa ciò che al mondo appare stolto, pur di salvare quante più anime è possibile. Rallegratevi, dice il Signore Gesù, perchè se saprete offrirvi quali vittime con Lui, grande sarà la ricompensa nell'eternità.
Il Signore ha pagato per tutti, ma ci concede ora di diventare come Lui agnelli immolati affinchè la missione della Chiesa e la misericordia di Dio, sia manifestata al mondo intero.
Non avremmo altre opportunità, dopo questo tempo di grazia arriverà il giudizio di Dio e allora nessuno avrà più scampo, non ci sarà più l'Agnello a difenderci, Egli diventerà Giudice; e non ci saranno più le vittime, esse attendono che si compia per loro la giustizia di Dio, la sua giusta vendetta contro ogni ingiustizia subita (Apoc. 6,9-10) la pazienza di Dio, infatti, se è vero che si dice infinita nel tempo che viviamo, dove ci è concesso di vivere, finirà e il Signore Gesù sarà il Giudice di ogni cosa, tutto sarà sottomesso alla sua potestà, ogni agnello immolato per il suo nome sarà vendicato, ogni cosa troverà il suo posto, ogni ingiustizia riceverà il tributo.
Allora c'è chi piangerà, chi supplicherà, chi invocherà misericordia, ma allora non sarà più possibile per questo il Signore ci offre oggi, nel tempo della vita, le Beatitudini, qui ora siamo beati se ci offriremo vittime di espiazione per la conversione dei peccatori, ora in questa vita, dopo sarà troppo tardi: chi piange a causa delle ingiustizie, riderà e sarà felice; chi soffre in nome di Cristo, non soffrirà più, ma chi ride oggi disprezzando la grazia, tremendo sarà il giudizio di Dio: "quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete" (Lc.13,25), oppure dirà: "si certo che  vi conosco e so che non avete in voi l'amore di Dio" (Gv.5,42).

La severità del giudizio di Dio è riscontrabile ed accettabile solo davanti al mistero delle Beatitudini attraverso le quali il Signore attende il sacrificio di vittime innocenti per rimandare, il più a lungo possibile, con il suo ritorno, il giorno del Giudizio con il quale non ci saranno sconti, nè ripensamenti, ma solo la sua giustizia : "lo punirà con rigore e gli infliggerà la sorte che gli ipocriti si meritano: e là sarà pianto e stridore di denti" (Mt.24,51) e "mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti" (Mt.8,12).
Siate lieti, perciò di essere figli della luce, nella Beatitudine promessa dal Cristo".
(Giovanni Paolo II - brani tratti dalle Catechesi sulle Beatitudini 1988/89)

[SM=g1740771]



[Modificato da Caterina63 19/07/2013 16:03]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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29/07/2013 17:29
 
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[SM=g1740758] dai bellissimi antidoti di Rino Cammilleri:

 
I cattolici, oggi, vivono immersi nell’inquinamento. Come tutti, direte voi. Solo che I cattolici devono respirare un miasma in più. Quel “politically correct” contro il quale non esistono scafandri. Ma antidoti sì. Qui ne troverete qualcuno.


POVERI 2

Il mio Antidoto sui «poveri» ha suscitato un notevole dibattito, e anche qualche insulto da parte di cattolici di piatto ingegno che porgono l’altra guancia ai nemici di Cristo ma riservano tutta la loro indignazione per i correligionari. Nessuna meraviglia, certi esempi vengono dall’alto. Servili col mondo e spietati con chi conta poco o nulla.
Insomma, clericali. Vabbe’, dicevo dei «poveri». Diversi anni fa Antonio Frajese, compianto giornalista televisivo (prese a calci in diretta il noto disturbatore Paolini), si travestì da accattone e, nel reportage che ne seguì, rivelò quanto aveva guadagnato con quella trovata. Tanto. Addirittura uno dei racconti di Sherlock Holmes è dedicato allo stesso argomento: la sparizione di un impiegato che, l’investigatore scoprì poi, guadagnava molto di più come questuante. Sotto casa mia un vecchietto in stampelle mi strappava il cuore finché la mia portinaia non mi rivelò che la moglie era impiegata alle poste e lui, in quel modo, si era comprato diversi appartamenti.
A Milano, dove il metro quadro costicchia. Quando ero giovane e fresco di conversione, da buon neofita “adottai” una mendicante che mi impietosiva col suo vistosissimo gozzo. Convinsi un mio amico chirurgo a visitarla –e operarla- gratis.
Ma al momento convenuto lei non si presentò: avrebbe perso la possibilità di impietosire. Tempo dopo, alla stazione ferroviaria incontrai un giovane con la testa fasciata. Chiedeva l’elemosina e io divisi con lui tutto quel che avevo in tasca: duemila lire, mille per uno. Colpito dalla mia generosità, mi rivelò che quella fasciatura era fasulla. Lo rimproverai indignato. Lui allora mi prese una mano e mi fece toccare il suo cranio: sentii al tatto una profonda fessura. Disse che non era in grado di lavorare perché quel trauma ogni tanto lo faceva svenire.
Io, sconvolto, gli diedi anche le altre mille lire. Passò un anno e partii per il servizio militare. Mi assegnarono a un comando di stazione ferroviaria. Un giorno, mentre chiacchieravo col poliziotto dell’ufficio adiacente, vidi da lontano passare quel famoso giovane: aveva la testa fasciata ma anche il gesso a una gamba. Raccontai al poliziotto del mio incontro, l’anno prima, con lui. Il poliziotto, ridendo, mi disse che quello lì stava benissimo: ogni mattina passava dall’ospedale, si faceva dare i gessi o le fasciature avanzate, poi prendeva il treno e andava a impietosire la gente di un’altra città. E’ vero, non tutti i napoleonici erano ladri ma Bonaparte sì. Oggi il cibo e i vestiti si buttano, non siamo più ai tempi di san Martino.
E sia la Chiesa che lo Stato rendono del tutto superfluo l’accattonaggio di strada. I bisognosi veri li conosce solo il parroco, perciò le offerte dei cattolici vadano a lui e non siano disperse nei centesimi che zingari e postulanti vari pietiscono ogni giorno. Darglieli può farci sentire «buoni», ma alimenta il racket. Sono considerazioni, queste, di semplice buonsenso, quel buonsenso che una volta veniva predicato dal pulpito ma oggi non più per paura (sì, paura) dell’impopolarità. Io non ho alcuna popolarità da difendere e del giudizio dei bigotti me ne frego.
Ho scelto il cristianesimo perché è una religione virile, coraggiosa e controcorrente, che giudica il mondo e non se ne fa condizionare. E se c’è da rimetterci il collo come il Battista che rimproverava apertamente Erode, o come Cristo che alzava la voce contro gli ipocriti politicamente corretti, ebbene, era nei patti.



POVERI


Perché non c’è chiesa senza almeno uno zingaro davanti a chiedere soldi? Perché non c’è banca che abbia un mendicante davanti alla porta? Eppure, sarebbe più logico che gli accattoni ronzassero dove c’è tanto denaro.
Eh, questuanti sì, fessi no.
Dalla porta della banca li caccerebbero a pedate, mentre nelle chiese, con la menata quotidiana dei «poveri», i fedeli non hanno cuore di tirare dritto di fronte alla «povertà». Che gli zingari siano poveri, certo, è tutto da dimostrare. E’ vero che la crisi c’è, lo si vede specialmente a Milano, dove vivo, e che ha il più alto tasso italiano (e forse europeo) di microcriminalità. I negri, per esempio, da vuccumprà si sono trasformati in accattoni tout court e stazionano davanti alle panetterie e ai bar più frequentati. Davanti alle chiese non vanno, perché con gli zingari finirebbe a coltellate. Ma la petulanza congenita rimane inalterata (che sia una caratteristica etnica?).
Quelli di loro che tuttavia continuano a fare i vuccumprà si sono specializzati in libri di argomento africano, cioè la solita storia del «bovero negro» che colpevolizza l’Occidente ricco e obeso anziché quelle bestie tribali da cui si fa governare nel Continente Nero. Li trovate tutti, guarda un po’, davanti alla Libreria San Paolo, dietro al Duomo. Se entri o esci ti si avventano addosso come mosche cavalline e non ti mollano finché, rinunciando alla tua carità cristiana, non li mandi a quel paese in malo modo. Chissà perché, sono convinti che uno che ha appena comprato un libro «cattolico» ne debba comprare subito un altro perché il papa ha appena sognato una Chiesa povera per i poveri.
Io, che sono un cattivo cattolico e i cosiddetti «poveri» mi stanno sull’anima, li mando sempre a quel paese in malo modo, e ciò da anni. Ma, si sa, come per un bianco tutti i negri sono uguali, così è per loro e non hanno mai memorizzato la mia faccia, altrimenti non perderebbero più tempo con me. La Libreria San Paolo di Milano perciò ha visto rarefarsi le mie visite, ridotte ormai allo stretto necessario. Anch’io ho un sogno: una Chiesa che la smetta di tormentare i fedeli sui «poveri» e che proclami dai pulpiti di non dare un accidente agli accattoni, ma di dare solo alla Chiesa, ché ci pensa lei ai poveri. Ps.: chiamo zingari i nomadi e negri gli africani perché sono politicamente scorretto, non sono statunitense e nemmeno «liberal», sono italiano e ho imparato la mia lingua materna sul dizionario.
La mia canzone preferita degli anni Cinquanta è «Io sono il vento», cantata da Arturo Testa, che così cominciava: «Zingaro chi sei? Figlio di Boemia…». Negli anni Sessanta amavo «Siamo i watussi, gli altissimi negri…» di Edoardo Vianello (ancora eseguitissima).




[SM=g1740733]


Terremoto Casamicciola del 1883, il terremoto che ha aperto il dibattito tra esperti

Casamicciola 1883. Il sisma tra interpretazione scientifica e scelte politiche

Il terremoto di Casamicciola del 1883 ha fatto sicuramente discutere molto gli esperti. Il sisma fu devastante per l’area dell’isola di Ischia ed i territori circostanti.  La scossa fu di magnitudo 5.8 scala momento e lascio dietro una lunga scia di morte, basti pensare che, per la sua violenza e drammaticità, il terremoto entrò in locuzioni come “Qui succede Casamicciola”, per dire che succede un putiferio. La discussione tra Scienza, modalità di soccorso e gestione dell’emergenza in quanto la notizia giunse a Napoli poche ore dopo ma la macchina dei soccorsi (anche a causa delle difficoltà nelle comunicazioni, non funzionando più il telegrafo), si mosse con una certa lentezza.

Immagine danni terremoto Casamicciola

Immagine danni terremoto Casamicciola



[SM=g1740733] questo anniversario mi ha fatto venire in mente il modo strano che ha oggi il mondo di condannare e giudicare il passato della Chiesa.....mi spiego meglio: nessuno rimprovera lo Stato o chiede allo Stato un mea culpa per i morti causati dai terremoti passati perchè, è ovvio, ti risponderebbero "ma che colpa ne avevano? e che c'entra lo Stato di oggi, mica c'era ieri, mica c'era la protezione civile, mica c'erano i soccorsi, la gente si arrangiava per come meglio poteva, oggi poi le costruzioni sono antisismiche ieri mica si potevano ancora fare...." ecc....
Ebbè certo! solo alla Chiesa di oggi si possono attribuire colpe di altri e soprattutto giudicare il passato con quanto si è acquisito oggi..... come dire, due pesi e due misure
.....


[SM=g1740771]

Pensieri di un prete zelante

 

Non vi è un apostolato più bello di una Messa celebrata bene e santamente. La rovina del mondo è dovuta principalmente alla Messa celebrata male! E' un orrore che non distrugge l'essenza della Messa, ma ne devasta la fioritura.
 
C'è tanto da purificare fra gli Ordini religiosi, tanto da rinnovare. Se si entrasse nei migliori ordini religiosi, oggi, a... spazzare un poco, si solleverebbe un uragano di polvere!
 
 
[c'è la necessità di] purificare la Chiesa degli elementi guasti. Perché tenere a forza tanti Sacerdoti nel seno della Chiesa, quando dovrebbero essere accompagnati fuori, direi quasi, con la banda e la grancassa, lieti tutti di liberare la Chiesa degli elementi marciti?
 
Studiando, lo confesso, mi sono accorto con pena della pericolosa deviazione degli studi moderni, che si orientano sempre più, dolorosamente, al razionalismo dissidente e alla filosofia tedesca
 
Bisognerebbe intensificare le preghiere e la devozione a Maria SS.ma, ma dolorosamente la devozione a Maria SS. è decaduta in tante anime, che credono, così, di avvicinare alla Chiesa i separati, quando, col loro atteggiamento, si avvicinano agli errori dei dissidenti e non se ne accorgono... E' una immensa pena per la povera anima mia.
 
Si stampano su riviste cattoliche e da Sacerdoti, errori, veri errori contro la Madonna e le cose più sante delle tradizioni della Chiesa. Si parla di aggiornamento ai tempi, ma c'è in realtà un aggiornamento al mondo ed allo spirito satanico. Non cooperate alla demolizione di quello che fa del vostro Ordine uno dei più belli della Chiesa. Rimanete puntello della Chiesa in questi tempi così pericolosi. Occorrono le parole che disse Pio XII ai Gesuiti: « O rimanete quali siete, nello spirito del fondatore, o è meglio che non siate più ». Parole di grande attualità per tutti gli Ordini religiosi.
 
 
[Pensieri di Don Dolindo Ruotolo (1882-1970), tratti da "Fui chiamato Dolindo che significa dolore"].

[SM=g1740771]
[Modificato da Caterina63 04/08/2013 11:19]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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24/08/2013 09:43
 
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[SM=g1740717] RICORDIAMOCI CHE ABBIAMO UN GRANDE DOTTORE DELLA CHIESA - VIVENTE -
CHE PREGA PER NOI E CON NOI.....
non lasciamoci scoraggiare dalle difficoltà della vita e dalle tristezze varie, la preghiera è l'arma potente contro ogni tentazione.....
restiamo accanto al nostro amato Benedetto XVI PREGANDO e mettendo in pratica il suo profondo magistero......



con benedettoxvi

rosario




[SM=g1740738] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

Dal libro della «Imitazione di Cristo» (Lib. 3, 3)

Il Signore dice: Ascolta, figlio, le mie parole, parole soavissime che oltrepassano ogni scienza di filosofi e di sapienti del mondo. Le mie parole sono spirito e vita (cfr. Gv 6, 63), né sono da pesare con la bilancia del senso umano, né da giudicare in base al gradimento degli uomini, ma da ascoltare piuttosto in silenzio, e da accogliere con tutta umiltà e affetto grande. [...]

Molti però alla mia voce stan duri e sordi. Ascoltano più volentieri il mondo che non Dio. Seguono più facilmente il desiderio della carne che non il piacere di Dio. [...] Di fatto, spesso la loro speranza li inganna; ma la promessa mia non inganna nessuno, né rimanda a mani vuote chi in me confida. Quel che ho promesso, manterrò; quel che ho detto, adempirò; purché si resti fermi e fedeli nel mio amore sino alla fine. Sono io che rimunero tutti i buoni e metto a forte prova tutti i devoti.

Scrivi le mie parole nel tuo cuore, e meditale con diligenza; nel tempo della tentazione ti saranno indispensabili. Quel che non capisci mentre leggi, lo capirai nel giorno della prova. Sono solito provare i miei in due maniere: con la tentazione, e con la consolazione. E impartisco loro ogni giorno due lezioni: una rimproverando i loro vizi, l’altra esortandoli a crescere nelle virtù.

Chi ha le mie parole e le disprezza, ha chi lo giudicherà nel giorno ultimo (cfr. Gv 12, 48).

[SM=g1740771]

Guardare a Cristo. Quello vero, non la miserabile caricatura modernista

Il Crocifisso è la nostra salvezza. Il "simpaticone" è la nostra rovina.

Il Crocifisso è la nostra salvezza.
Il “simpaticone” è la nostra rovina.

La “nuova teologia” ha creato un Gesù ad immagine e somiglianza del mondo moderno: un “simpaticone” che piace a tutti, che approva tutto per la felicità di tutti, un risolutore dei problemi affinché non ci siano più tribolazioni, un sentimentale pronto ad esaudire ogni desiderio ed ogni capriccio, un attivista non interessato a convertire. Una patetica caricatura che ha conquistato anche moltissimi cattolici, o sedicenti tali. Leggendo gli scritti di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI non si può che guardare a Cristo, ma a quello vero: il Figlio del Dio vivente, il Redentore delle nostre anime. Gesù è il Logos incarnato che ci mette faccia a faccia con i nostri peccati, con le nostre miserie.
Il peccato ha un prezzo altissimo: ogni goccia del suo preziosissimo sangue.
La misericordia non ci è dovuta, ci è donata; la Grazia non è a buon mercato.
Non si entra in paradiso senza aver versato copiose lacrime, senza aver rinunciato al peccato, senza aver «lavato le vesti con il sangue candido dell’Agnello» (cfr. Ap 7, 13-14). La croce è la scala per il cielo, non la filantropia. Non c’è risurrezione senza passione e morte. Guardiamo a Cristo, ma a quello vero: il Crocifisso, segno di contraddizione (cfr. Lc 2, 34), non di simpatia.

«Un Gesù che sia d’accordo con tutto e con tutti, un Gesù senza la sua santa ira, senza la durezza della verità e del vero amore, non è il vero Gesù come lo mostra la Scrittura, ma una sua miserabile caricatura. Una concezione del “vangelo” dove non esista più la serietà dell’ira di Dio, non ha niente a che fare con l’evangelo biblico.

Un vero perdono è qualcosa del tutto diverso da un debole “lasciar correre”. Il perdono è esigente e chiede ad entrambi – a chi lo riceve ed a chi lo dona – una presa di posizione che concerne l’intero loro essere.

Un Gesù che approva tutto è un Gesù senza la croce, perché allora non c’è bisogno del dolore della croce per guarire l’uomo.  Ed effettivamente la croce viene sempre più estromessa dalla teologia e falsamente interpretata come una brutta avventura o come un affare puramente politico.

La croce come espiazione, la come come “forma” del perdono e della salvezza non si adatta ad un certo schema del pensiero moderno. Solo quando si vede bene il nesso fra verità ed amore, la croce diviene comprensibile nella sua vera profondità teologica.

Il perdono ha a che fare con la verità e perciò esige la croce del Figlio ed esige la nostra conversione. Perdono è appunto restaurazione della verità, rinnovamento dell’essere e superamento della menzogna nascosta in ogni peccato.

Il peccato è sempre, per sua essenza, un abbandono della verità del proprio essere e quindi della verità voluta dal Creatore, da Dio».

Fonte: Guardare a Cristo, di Joseph card. Ratzinger, pag. 76, Jaca Book, 1986.


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[Modificato da Caterina63 05/09/2013 13:49]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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RICORDIAMO....  [SM=g1740733]
Con i 213 cannoni vinti ai russi davanti a Sebastopoli nella guerra di Crimea (1853­ - 1856) veniva innalzata 157 anni fa la statua di Notre-Dame de France sulla collina a ridosso dell’antico Santuario di Notre-Dame de

Puy (centro-sud della Francia).

«Non la guerra, ma la pace ci invita a servire la Vergine Maria».
Così il vescovo Henri Brincard ha ricordato nel 2006 quell’evento del 1860, che coinvolse la nazione intera e Napoleone III. La statua bronzea della Vergine è di 22 metri con il piedistallo. Il piede che schiaccia il serpente è di un metro e novanta, mentre il serpente che lo insidia e gira sulla sfera su cui poggia la Vergine è lungo 17 metri (cf Stella Maris, n. 470/19).


[SM=g1740750] [SM=g1740752]


Pietre dell’eterno edificio

Con ripetuti colpi di salutare scalpello e con diligente ripulitura l’Artista divino vuole preparare le pietre con le quali costruire l’edificio eterno. Così canta la nostra tenerissima madre, la santa Chiesa Cattolica, nell’inno dell’ufficio della dedicazione della chiesa. E così è veramente.
Molto giustamente si può affermare che ogni anima destinata alla gloria eterna è costituita per innalzare l’edificio eterno. Un muratore che vuole edificare una casa innanzi tutto deve ben ripulire le pietre che vuole usare per la costruzione. Cosa che ottiene a colpi di martello e scalpello. Allo stesso modo si comporta il Padre celeste con le anime elette, che la somma sapienza e provvidenza fin dall’eternità ha destinate ad innalzare l’edificio eterno.
Dunque, l’anima destinata a regnare con Gesù Cristo nella gloria eterna deve essere ripulita a colpi di martello e di scalpello, di cui l’Artista divino si serve per preparare le pietre, cioè le anime elette. Ma quali sono questi colpi di martello e di scalpello?
Sorella mia, sono le ombre, i timori, le tentazioni, le afflizioni di spirito e i tremori spirituali con qualche aroma di desolazione e anche il malessere fisico.

Ringraziate, quindi, l’infinita pietà dell’eterno Padre che tratta così la vostra anima perché destinata alla salvezza. Perché non gloriarsi di questo trattamento amoroso del più buono di tutti i padri? Aprite il cuore a questo celeste medico delle anime e abbandonatevi con piena fiducia tra le sue santissime braccia. Egli vi tratta come gli eletti, affinché seguiate Gesù da vicino sull’erta del Calvario. Io vedo con gioia e con vivissima commozione dell’animo come la grazia ha operato in voi.
Dalle lettere di san Pio da Pietrelcina, sacerdote
(Edizione 1994: II, 87-90, n. 8)


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Dal «Discorso sui pastori» di sant’Agostino (Disc. 46, 9; CCL 41, 535-536)

Sii di esempio ai fedeli

Avendo il Signore detto che cosa abbiano a cuore certi pastori, aggiunge anche quali doveri essi trascurino. I difetti delle pecore, infatti, sono largamente diffusi. Pochissime sono le pecore sane e prosperose. Sono rare cioè quelle ben salde nel cibo della verità, che usufruiscono con vantaggio dei pascoli donati da Dio. Ma quei pastori malvagi non risparmiano neppure queste. Non basta che essi trascurino le pecore malate o deboli, sbandate e smarrite. Per quanto sta in loro, uccidono anche quelle che sono forti e in buona salute. Tu forse dirai: Però queste vivono. Sì, vivono, ma per la misericordia di Dio. Tuttavia, per quanto sta in loro, i pastori cattivi le uccidono. Come le uccidono?, dirai. Vivendo male, dando loro cattivo esempio.

In modo analogo, quando un uomo corrotto guarda una donna con desiderio, essa rimane casta, ma lui ha già commesso adulterio. Rimane infatti vera e trasparente la parola del Signore al riguardo: «Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore» (Mt 5, 28). Non è entrato nella stanza di lei, ma nel suo intimo già sfoga la sua passione.

Così, chiunque si comporta male dinanzi a coloro ai quali è preposto, per quanto dipende da lui uccide anche i sani. Chi lo imita, muore; chi non lo imita, continua a vivere. Ma per quanto sta in lui, uccide entrambi. È questo il rimprovero che fa il Signore: «Ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il mio gregge» (Ez 34, 3).



[SM=g1740733]


Benedetto XVI, Angelus, 17 settembre 2006

La tradizionale immagine della Crocifissione rappresenta la Vergine Maria ai piedi della Croce, secondo la descrizione dell'evangelista Giovanni, unico degli Apostoli a restare accanto a Gesù morente. Narra l'evangelista: ai piedi della Croce stava Maria (cfr Gv 19, 25-27). Il suo dolore forma un tutt'uno con quello del Figlio. È un dolore pieno di fede e di amore. La Vergine sul Calvario partecipa alla potenza salvifica del dolore di Cristo, congiungendo il suo "fiat", il suo "sì", a quello del Figlio.

Cari fratelli e sorelle, spiritualmente uniti alla Madonna Addolorata, rinnoviamo anche noi il nostro "sì" al Dio che ha scelto la via della Croce per salvarci. Cristo sulla Croce ha versato tutto il suo sangue per liberare l'umanità dalla schiavitù del peccato e della morte. Perciò, da segno di maledizione, la Croce è stata trasformata in segno di benedizione, da simbolo di morte in simbolo per eccellenza dell'Amore che vince l'odio e la violenza e genera la vita immortale. "O Crux, ave spes unica! O croce, unica speranza!". Così canta la liturgia.

Si tratta di un grande mistero che è ancora in atto, fino alla fine del mondo, e che chiede anche la nostra collaborazione. Ci aiuti Maria a prendere ogni giorno la nostra croce e a seguire fedelmente Gesù sulla via dell'obbedienza, del sacrificio e dell'amore. 



[SM=g1740771]

Giovanni Paolo II, Omelia, 14 settembre 2003

Cari Fratelli e Sorelle, la Croce è il “luogo privilegiato” in cui si rivela e manifesta a noi l’amore di Dio. Sulla Croce si incontrano la miseria dell’uomo e la misericordia di Dio. Adorare questa misericordia sconfinata è per l’uomo l’unica via per aprirsi al mistero che la Croce rivela.

La Croce è piantata in terra e sembrerebbe affondare le radici nell’umana malizia, ma si proietta in alto, come un indice puntato al cielo, un indice che addita la bontà di Dio. Per mezzo della Croce di Cristo è vinto il maligno, è sconfitta la morte, ci è trasmessa la vita, restituita la speranza, comunicata la luce.

Nel giardino dell’Eden, ai piedi dell’albero c’era una donna, Eva (cfr Gn 3). Sedotta dal maligno, essa s’appropria di ciò che crede essere la vita divina. Invece è un germe di morte che si insinua in lei (cfr Gc 1,15; Rm 6,23).

Sul Calvario, ai piedi dell’albero della croce, c’era un’altra donna, Maria (cfr Gv 19,25-27). Docile al progetto di Dio, essa partecipa intimamente all’offerta che il Figlio fa di sé al Padre per la vita del mondo e, ricevendo da Gesù l’affidamento dell’apostolo Giovanni, diventa Madre di tutti gli uomini. E’ la Vergine Addolorata. A Lei affido il presente e il futuro della Chiesa, perché cresca sotto la Croce di Cristo e ne sappia sempre scoprire ed accogliere il messaggio di amore e di salvezza.



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Dai «Discorsi» di san Bernardo

Io starò al mio posto di guardia per sentire ciò che mi dirà il Signore

Leggiamo nel vangelo che, mentre il Signore predicava e invitava i suoi discepoli a partecipare alla sua passione nel sacramento conviviale del suo corpo, alcuni dissero: Questo linguaggio è duro, e da quel momento non andarono più con lui. I discepoli, invece, interrogati se volessero andarsene anche loro risposero: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6, 68).

Così vi dico, fratelli: Fino ad oggi ci sono persone per le quali è chiaro che le parole di Gesù sono spirito e vita e perciò lo seguono. Ad altri invece paiono dure e cercano altrove ben magre consolazioni. La Sapienza fa sentire la sua voce sulle piazze, vale a dire ammonisce quelli che camminano per la via larga e spaziosa che conduce alla morte, per richiamare indietro quanti vi camminano. [...]

Ascoltate il profeta Abacuc. Egli dice: Mi metterò di sentinella, in piedi nella fortezza, a spiare, per vedere che cosa mi dirà e che cosa debba rispondere ai rimproveri che il Signore mi fa (cfr. Ab 2, 1). Anche noi dunque, fratelli, stiamo al nostro posto di guardia, perché è tempo di combattimento.

Rientriamo in noi stessi, esaminiamo il nostro cuore, dove abita Cristo, comportiamoci con saggezza e giudizio. Però la nostra fiducia non risiede in noi stessi. Poggerebbe infatti su un fondamento troppo debole.



[SM=g1740733]

Dai «Discorsi» di sant'Andrea di Creta, vescovo
(Disc, 1; PG 97,806-810)

La celebrazione odierna onora la natività della Madre di Dio. Però il vero significato e il fine di questo evento è l'incarnazione del Verbo. Infatti Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre del Re dei secoli, di Dio.

La beata Vergine Maria ci fa godere di un duplice beneficio: ci innalza alla conoscenza della verità, e ci libera dal dominio della lettera, esonerandoci dal suo servizio. In che modo e a quale condizione? L'ombra della notte si ritira all'appressarsi della luce del giorno, e la grazia ci reca la libertà in luogo della schiavitù della legge. La presente festa è come una pietra di confine fra il Nuovo e l'Antico Testamento. Mostra come ai simboli e alle figure succeda la verità, e come alla prima alleanza succeda la nuova. Angeli e uomini si uniscano insieme per prender parte all'odierna liturgia. Questo infatti è il giorno in cui il Creatore dell'universo ha costruito il suo tempio, oggi il giorno in cui, per un progetto stupendo, la creatura diventa la dimora prescelta del Creatore.

«Il termine della legge è Cristo» (Rm 10,4). Si degni egli di innalzarci verso lo spirito ancora più di quanto ci libera dalla lettera della legge. In lui si trova tutta la perfezione della legge perché lo stesso legislatore, dopo aver portato a termine ogni cosa, trasformò la lettera in spirito, ricapitolando tutto in se stesso. La legge fu vivificata dalla grazia e fu posta al suo servizio in una composizione armonica e feconda. Ognuna delle due conservò le sue caratteristiche senza alterazioni e confusioni. Tuttavia la legge, che prima costituiva un onere gravoso e una tirannia, diventò, per opera di Dio, peso leggero e fonte di libertà.



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Inizio del «Discorso sulle beatitudini» di san Leone Magno, papa
(Disc. 95, 1-2; PL 54, 461-462)

Quando Nostro Signore Gesù Cristo predicava il Vangelo del Regno e guariva in Galilea le infermità più diverse, la fama dei suoi miracoli si era diffusa per tutta la Siria, e molte persone accorrevano in folla al medico celeste da tutta la Giudea. Poiché l'umana ignoranza è molto lenta a credere ciò che non vede e a sperare quel che non conosce, era necessario che coloro i quali dovevano essere confermati con la divina dottrina fossero stimolati con benefici materiali e con prodigi visibili. Così, sperimentando la potenza benefica del Signore, non avrebbero dubitato della sua dottrina apportatrice di salvezza.

Il Signore, dunque, volle cambiare le guarigioni esteriori in rimedi interiori e, dopo aver guarito i corpi, risanare le anime. Perciò si allontanò dalla folla che lo circondava, e si portò in un luogo solitario di un vicino monte. Là chiamò a sé gli apostoli, per istruirli con dottrine più elevate dall'alto di quella mistica cattedra. Con la scelta di un tale posto e di un tale ministero volle significare che era stato egli stesso a degnarsi di rivolgere un tempo la sua parola a Mosè. Ma là aveva parlato con una giustizia piuttosto tremenda, qui invece con la sua divina clemenza, perché si adempisse quanto era stato promesso per bocca del profeta Geremia: «Ecco, verranno giorni - dice il Signore - nei quali con la casa d'Israele e con la casa di Giuda concluderò un'alleanza nuova. Dopo quei giorni, dice il Signore: porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò nel loro cuore» (Ger 31, 31. 33; cfr. Eb 8, 8).

Colui dunque che aveva parlato a Mosè, parlò anche agli apostoli e la mano veloce del Verbo, che scriveva nei cuori dei discepoli, promulgava i decreti del Nuovo Testamento. Non era circondato, come allora, da dense nubi, né da tuoni e bagliori terribili, che tenevano lontano dal monte il popolo. Ora si intratteneva con i presenti in un dialogo tranquillo e affabile. Fece questo perché la soavità della grazia rimovesse la severità della legge e lo spirito di adozione eliminasse il terrore della schiavitù.




[SM=g1740733]

[Modificato da Caterina63 24/09/2013 16:57]
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Paolo VI


[SM=g1740758]  Dal «Commento su Gioele» di san Girolamo (PL 25, 967-968)

«Ritornate a me con tutto il vostro cuore» (Gl 2, 129) e mostrate la penitenza dell'anima con digiuni, pianti e battendovi il petto: affinché, digiunando adesso, dopo siate satollati; piangendo ora, dopo ridiate; battendovi ora il petto, dopo siate consolati. Nelle circostanze tristi ed avverse vi è consuetudine di strapparsi le vesti. Così fece, secondo il vangelo, il sommo Sacerdote per rendere più grave l'accusa contro il Signore, nostro Salvatore, e così pure Paolo e Barnaba all'udire parole blasfeme. Ebbene Gioele dice: «Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore vostro Dio, perché egli è misericordioso e benigno, tardo all'ira e ricco di benevolenza» (Gl 2, 13).

Ritornate dunque al Signore vostro Dio, da cui vi siete allontanati per il male che avete fatto, e non disperate mai del perdono per la gravità delle colpe, perché l'infinita misericordia le cancellerà tutte per quanto gravi. Il Signore infatti è buono e misericordioso. Vuole piuttosto la penitenza che la morte del peccatore. [...]

Se noi cambiamo vita anch'egli cambierà la sentenza che aveva predisposto. Quando diciamo che ci ha minacciato del male, certo non ci riferiamo a un male morale, ma a una pena dovuta giustamente a chi ha mancato. Gioele dopo aver rivelato la misericordia di Dio verso chi si pente, soggiunge: «Chi sa che non cambi e si plachi e lasci dietro a sé una benedizione» (Gl 2, 13-14).

La frase: Offerta e libazione per il Signore nostro Dio (cfr. Gl 2, 14) l'interpretiamo così: dopo che il Signore avrà elargito la sua benedizione e avrà perdonato i nostri peccati, noi possiamo offrire i nostri sacrifici a Dio.




[SM=g1740733]

Dalle «Confessioni» di sant'Agostino, vescovo
(Lib. 7, 10, 18; 10, 27; CSEL 33, 157-163. 255)

Stimolato a rientrare in me stesso, sotto la tua guida, entrai nell'intimità del mio cuore, e lo potei fare perché tu ti sei fatto mio aiuto (cfr. Sal 29, 11). Entrai e vidi con l'occhio dell'anima mia, qualunque esso potesse essere, una luce inalterabile sopra il mio stesso sguardo interiore e sopra la mia intelligenza. Non era una luce terrena e visibile che splende dinanzi allo sguardo di ogni uomo. Direi anzi ancora poco se dicessi che era solo una luce più forte di quella comune, o anche tanto intensa da penetrare ogni cosa. Era un'altra luce, assai diversa da tutte le luci del mondo creato. Non stava al di sopra della mia intelligenza quasi come l'olio che galleggia sull'acqua, né come il cielo che si stende sopra la terra, ma una luce superiore. Era la luce che mi ha creato. E se mi trovavo sotto di essa, era perché ero stato creato da essa. Chi conosce la verità conosce questa luce.

O eterna verità e vera carità e cara eternità! Tu sei il mio Dio, a te sospiro giorno e notte. Appena ti conobbi mi hai sollevato in alto perché vedessi quanto era da vedere e ciò che da solo non sarei mai stato in grado di vedere. Hai abbagliato la debolezza della mia vista, splendendo potentemente dentro di me. Tremai di amore e di terrore. Mi ritrovai lontano come in una terra straniera, dove mi parve di udire la tua voce dall'alto che diceva: «Io sono il cibo dei forti, cresci e mi avrai. Tu non trasformerai me in te, come il cibo del corpo, ma sarai tu ad essere trasformato in me».

Cercavo il modo di procurarmi la forza sufficiente per godere di te, e non la trovavo, finché non ebbi abbracciato il «Mediatore fra Dio e gli uomini, l'Uomo Cristo Gesù» (1 Tm 2, 5), «che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli» (Rm 9, 5). Egli mi chiamò e disse: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14, 6); e unì quel cibo, che io non ero capace di prendere, al mio essere, poiché «il Verbo si fece carne» (Gv 1, 14).

Così la tua Sapienza, per mezzo della quale hai creato ogni cosa, si rendeva alimento della nostra debolezza da bambini.

Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. E io, brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create. Eri con me ed io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature, che, se non fossero in te, neppure esisterebbero. Mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità. Mi hai abbagliato, mi hai folgorato, e hai finalmente guarito la mia cecità. Hai alitato su di me il tuo profumo ed io l'ho respirato, e ora anelo a te. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace.




[SM=g1740733]

Dalla «Esposizione su Giovanni» di san Tommaso d’Aquino (Cap. 10, lect. 3)

«Io sono il buon pastore» (Gv 10, 11). A Cristo compete chiaramente di essere pastore. Infatti, come il comune gregge viene guidato e pascolato dal pastore, così i fedeli sono ristorati da Cristo con un cibo spirituale, con il suo corpo e il suo sangue.
«Un tempo», dice l’Apostolo, «eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime» (1 Pt 2, 25). Ed il profeta: «Come un pastore egli fa pascolare il gregge» (Is 40, 11).
Ma siccome Cristo ha detto che il pastore entra per la porta e che egli è la porta, mentre qui dice di essere il pastore, ne segue che egli entra attraverso se stesso. E veramente entra attraverso se stesso, perché rivela se stesso e per se stesso conosce il Padre. Noi invece entriamo per lui, perché da lui siamo resi beati.
Ma osserva che nessun altro, all’infuori di lui, è la porta, perché nessun altro è la luce vera, ma la possiede solo in quanto gli viene partecipata da lui. «Egli non era la luce», è detto di Giovanni Battista, «ma doveva rendere testimonianza alla luce» (Gv 1, 8).
Invece di Cristo è detto: «Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1, 9). E perciò nessuno dice di sé di essere la porta. Questo, Cristo lo riservò solo per se stesso. Mentre partecipò ad altri il compito di essere pastori. Infatti Pietro fu pastore, lo furono gli altri apostoli, lo sono i buoni vescovi. «Vi darò, dice la Scrittura, pastori secondo il mio cuore» (Ger 3, 15). Sebbene, infatti, i capi della Chiesa, che sono suoi figli, tutti siano pastori, tuttavia dice di esserlo lui in modo singolare: «Io sono il buon pastore», allo scopo di introdurre con dolcezza la virtù della carità. Non si può essere infatti buon pastore se non diventando una cosa sola con Cristo e suoi membri mediante la carità. La carità è il primo dovere del buon pastore, perciò dice: «Il buon pastore offre la vita per le pecore» (Gv 10, 11). Infatti c’è differenza tra il buono e il cattivo pastore: il buon pastore ha di mira il vantaggio del gregge, mentre il cattivo il proprio.
Nei guardiani di pecore non si esige che, per essere giudicati buoni, espongano la propria vita per la salvezza del gregge. Ma siccome la salvezza del gregge spirituale ha maggior peso della vita corporale del pastore, quando incombe il pericolo del gregge ogni pastore spirituale deve affrontare il sacrificio della vita corporale. Questo dice il Signore: «Il buon Pastore offre la sua vita per le sue pecore». Egli consacra a loro la sua persona nell’esercizio dell’autorità e della carità. Si esigono tutte e due le cose: che gli ubbidiscano e che le ami. Infatti la prima senza la seconda non è sufficiente.
Cristo ci ha dato l’esempio di questo insegnamento: «Se Cristo ha dato la sua vita per noi, anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3, 16).




[SM=g1740733]

Dal «Commento sul libro di Giobbe» di san Gregorio Magno, papa
(Lib. 3, 39-40; PL 75, 619-620)

Gli uomini santi, pur se torchiati dalle prove, sanno sopportare chi li percuote e, nello stesso tempo, tener fronte a chi li vuole trascinare nell’errore. Contro quelli alzano lo scudo della pazienza, contro questi impugnano le armi della verità. [...] Correggono gli uni ammaestrandoli, sconfiggono gli altri sopportandoli. Con la pazienza si sentono più forti contro i nemici, con la carità sono più idonei a curare le anime ferite dal male. A quelli oppongono resistenza perché non facciano deviare anche gli altri. Seguono questi con timore e preoccupazione perché non abbandonino del tutto la via della rettitudine. [...]

Vediamo il soldato degli accampamenti di Dio che combatte contro entrambi i mali: «Battaglie all’esterno, timori al di dentro» (2 Cor 7, 5). [...] Consideriamo quanta fatica sia sopportare al medesimo tempo le avversità all’esterno e difendersi all’interno contro le proprie debolezze. All’esterno sopporta battaglie, perché è lacerato dalle battiture, è legato da catene; all’interno tollera la paura, perché teme che la sua sofferenza rechi danno non a sé, ma ai discepoli. Perciò scrive loro: «Nessuno si lasci turbare in queste tribolazioni. Voi stessi infatti sapete che a questo siamo destinati» (1 Ts 3, 3).

I grandi infatti hanno questo di particolare che, trovandosi nel dolore della propria tribolazione, non cessano di occuparsi dell’utilità altrui; e, mentre soffrono in se stessi sopportando le proprie tribolazioni, provvedono agli altri, consigliando quanto loro abbisogna. Sono come dei medici eroici, colpiti da malattia: sopportano le ferite del proprio male e provvedono gli altri di cure e di medicine per la guarigione.





[SM=g1740771]

Dal «Discorso tenuto il giorno della Trasfigurazione del Signore» da Anastasio sinaita, vescovo
(Nn. 6-10; Mélanges d’archéologie et d’histoire, 67 [1955] 241-244)

Il mistero della sua Trasfigurazione Gesù lo manifestò ai suoi discepoli sul monte Tabor. Egli aveva parlato loro del regno di Dio e della sua seconda venuta nella gloria. Ma ciò forse non aveva avuto per loro una sufficiente forza di persuasione. E allora il Signore, per rendere la loro fede ferma e profonda e perché, attraverso i fatti presenti, arrivassero alla certezza degli eventi futuri, volle mostrare il fulgore della sua divinità e così offrire loro un’immagine prefigurativa del regno dei cieli. E proprio perché la distanza di quelle realtà a venire non fosse motivo di una fede più languida, li preavvertì dicendo: Vi sono alcuni fra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell’uomo venire nella gloria del Padre suo (cfr. Mt 16, 28).

L’evangelista, per parte sua, allo scopo di provare che Cristo poteva tutto ciò che voleva, aggiunse: «Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E là fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui» (Mt 17, 1-3).

Ecco le realtà meravigliose della solennità presente, ecco il mistero di salvezza che trova compimento per noi oggi sul monte, ecco ciò che ora ci riunisce: la morte e insieme la gloria del Cristo. [...] Con lui saremo circondati di quella luce che solo l’occhio della fede può vedere. La nostra fisionomia spirituale si trasformerà e si modellerà sulla sua. Come lui entreremo in una condizione stabile di trasfigurazione, perché saremo partecipi della divina natura e verremo preparati alla vita beata.
Corriamo fiduciosi e lieti là dove ci chiama, entriamo nella nube, diventiamo come Mosè ed Elia come Giacomo e Giovanni.



[SM=g1740771]

Benedetto XVI, Veglia con i giovani, XXIII Giornata Mondiale della Gioventù, Sydney, Sabato, 19 luglio 2008

Qual è la nostra risposta, come testimoni cristiani, a un mondo diviso e frammentato? Come possiamo offrire la speranza di pace, di guarigione e di armonia a quelle “stazioni” di conflitto, di sofferenza e di tensione attraverso le quali voi avete scelto di passare con questa Croce della Giornata Mondiale della Gioventù? L’unità e la riconciliazione non possono essere raggiunte mediante i nostri sforzi soltanto. Dio ci ha fatto l’uno per l’altro (cfr Gn 2,24) e soltanto in Dio e nella sua Chiesa possiamo trovare quell’unità che cerchiamo.

Cari giovani, non è forse a causa della vostra fede che amici in difficoltà o alla ricerca di senso nella loro vita si sono rivolti a voi? Siate vigilanti! Sappiate ascoltare! Chi soddisfa questo desiderio umano essenziale ad essere uno, ad essere immerso nella comunione, ad essere edificato, ad essere guidato alla verità? Lo Spirito Santo! Questo è il suo ruolo: portare a compimento l’opera di Cristo.
“Lo Spirito Santo fa dimorare noi in Dio e Dio in noi; ma è l’amore che causa ciò. Lo Spirito pertanto è Dio come amore!” (Sant’Agostino, De Trinitate 15,17,31).

Come la Chiesa compie lo stesso viaggio con l’intera umanità, così anche voi siete chiamati ad esercitare i doni dello Spirito tra gli alti e i bassi della vita quotidiana. Fate sì che la vostra fede maturi attraverso i vostri studi, il lavoro, lo sport, la musica, l’arte. Fate in modo che sia sostenuta mediante la preghiera e nutrita mediante i Sacramenti, per essere così sorgente di ispirazione e di aiuto per quanti sono intorno a voi. Alla fine, la vita non è semplicemente accumulare, ed è ben più che avere successo. Essere veramente vivi è essere trasformati dal di dentro, essere aperti alla forza dell’amore di Dio. Accogliendo la potenza dello Spirito Santo, anche voi potete trasformare le vostre famiglie, le comunità, le nazioni. Liberate questi doni! Fate sì che sapienza, intelletto, fortezza, scienza e pietà siano i segni della vostra grandezza!



[SM=g1740733]

Benedetto XVI, Messaggio per la XXVI Giornata Mondiale Della Gioventù 2011 - Madrid

Cari amici, in ogni epoca, anche ai nostri giorni, numerosi giovani sentono il profondo desiderio che le relazioni tra le persone siano vissute nella verità e nella solidarietà. Molti manifestano l’aspirazione a costruire rapporti autentici di amicizia, a conoscere il vero amore, a fondare una famiglia unita, a raggiungere una stabilità personale e una reale sicurezza, che possano garantire un futuro sereno e felice. Sì, la domanda del posto di lavoro e con ciò quella di avere un terreno sicuro sotto i piedi è un problema grande e pressante, ma allo stesso tempo la gioventù rimane comunque l’età in cui si è alla ricerca della vita più grande. Si tratta solo di un sogno vuoto che svanisce quando si diventa adulti? No, l’uomo è veramente creato per ciò che è grande, per l’infinito. Qualsiasi altra cosa è insufficiente.

Sant’Agostino aveva ragione: il nostro cuore è inquieto sino a quando non riposa in Te. Il desiderio della vita più grande è un segno del fatto che ci ha creati Lui, che portiamo la sua “impronta”. Dio è la sorgente della vita; eliminarlo equivale a separarsi da questa fonte e, inevitabilmente, privarsi della pienezza e della gioia: “la creatura, infatti, senza il Creatore svanisce” (Cost. Gaudium et spes, 36).

La cultura attuale, in alcune aree del mondo, soprattutto in Occidente, tende ad escludere Dio, o a considerare la fede come un fatto privato, senza alcuna rilevanza nella vita sociale. Mentre l’insieme dei valori che sono alla base della società proviene dal Vangelo – come il senso della dignità della persona, della solidarietà, del lavoro e della famiglia. […] Per questo motivo, cari amici, vi invito a intensificare il vostro cammino di fede in Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo. Voi siete il futuro della società e della Chiesa! 




[SM=g1740733]

Dal trattato «Sui misteri» di sant'Ambrogio, vescovo
(Nn. 19-21. 24. 26-38; SC 25 bis, 164-170)

L'acqua non purifica senza lo Spirito Santo

[...] Hai letto che nel battesimo tre testimoni sono concordi (cfr. 1 Gv 5, 8): l'acqua, il sangue e lo Spirito, perché se di essi ne togli uno solo, non c'è più il sacramento del battesimo. Di fatto, che cos'è l'acqua senza la croce di Cristo, se non una cosa ordinaria senza nessuna efficacia sacramentale? D'altra parte, senza acqua non vi è mistero di rigenerazione, perché «se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio» (Gv 3, 5). Anche un catecumeno crede nella croce del Signore Gesù con la quale è segnato anche lui, ma se non sarà stato battezzato nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo non può ricevere la remissione dei peccati e neppure attingere il dono della grazia spirituale.

Perciò quel Siro si immerse nell'acqua sette volte sotto la Legge, ma tu sei stato battezzato nel nome della Trinità. Hai confessato il Padre - ricordati ciò che hai fatto -, hai confessato il Figlio, hai confessato lo Spirito. Segui l'ordine delle cose. In questa fede sei morto al mondo, sei risorto a Dio e, quasi sepolto in quell'elemento del mondo cioè nell'acqua battesimale, sei morto al peccato, sei risorto alla vita eterna. Credi dunque che le acque non sono inefficaci.

[...] Per quale ragione lo Spirito discese in forma di colomba se non perché tu vedessi, perché tu conoscessi che anche quella colomba, che il giusto Noè fece uscire dall'arca, era figura di questa colomba, cioè perché tu riconoscessi la figura del sacramento?


Dal trattato «Sui misteri» di sant'Ambrogio, vescovo (Nn. 12-16. 19; SC 25 bis, 162-164)
Prefigurazione biblica del Battesimo

L'Apostolo ti insegna «che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nuvola e nel mare» (1 Cor 10, 1-2). Inoltre anche Mosè stesso dice nel suo cantico: «Soffiasti con il tuo alito: il mare li coprì» (Es 15, 10). Tu scorgi che già in quel passaggio degli Ebrei, nel quale gli Egiziani perirono e gli Ebrei si salvarono, vi era certo la figura del battesimo. Che altro infatti ci viene insegnato ogni giorno in questo sacramento se non che la colpa è sommersa e l'errore distrutto, mentre la pietà e l'innocenza passano oltre intatte?

Mara era una sorgente amara, Mosè vi gettò dentro un legno e diventò dolce. Così l'acqua senza la predicazione della croce del Signore non serve a nulla per la salvezza. Ma quando è stata consacrata dal mistero della croce che salva, allora è disposta per servire da bagno spirituale e da coppa di salvezza. Perciò come Mosè, vale a dire il profeta, gettò un legno in quella sorgente, così il sacerdote pronunzia su questo fonte una formula di esaltazione della croce del Signore e l'acqua si fa dolce per conferire la grazia.

Non credere, dunque, solamente agli occhi del corpo. Si vede meglio quello che è invisibile, perché quello che si vede con gli occhi del corpo è temporale; invece quello che non si vede è eterno. E l'eterno si percepisce meglio con lo spirito e con l'intelligenza che con gli occhi.

Del resto, ti ammaestri la lettura, che noi abbiamo fatto da poco, del libro dei Re. Naaman era Siro, aveva la lebbra e nessuno poteva mondarlo. Allora una ragazza prigioniera di guerra disse che in Israele vi era un profeta capace di sanarlo dal contagio della lebbra. Avendo preso, come dice il testo, oro e argento si recò dal re di Israele. Questi, appreso il motivo della sua venuta, si stracciò le vesti dicendo che era piuttosto una provocazione il domandargli ciò che non rientrava nel suo potere di re. Ma Eliseo ingiunse al re di mandargli il Siro perché questi avesse a conoscere che c'era un Dio in Israele. E quando arrivò gli ordinò di immergersi sette volte nel fiume Giordano. Allora egli cominciò a pensare che i fiumi della sua patria avevano acque migliori nelle quali si era immerso spesse volte, ma senza venire mai mondato dalla lebbra, e, trattenuto da questo fatto, non obbediva ai comandi del profeta. Tuttavia dietro le istanze e le pressioni dei suoi servi, cedette e si immerse. Mondato subito, egli comprese che l'essere uno mondato istantaneamente non è opera dell'acqua, ma della grazia. Fu prima di essere sanato che dubitò. Tu invece sei già stato sanato e perciò non devi dubitare.

[SM=g1740771]

La mistica sapienza rivelata mediante lo Spirito Santo

Cristo è la via e la porta. Cristo è la scala e il veicolo. È il propiziatorio collocato sopra l'arca di Dio (cfr. Es 26, 34). È «il mistero nascosto da secoli» (Ef 3, ). Chi si rivolge a questo propiziatorio con dedizione assoluta, e fissa lo sguardo sul crocifisso Signore mediante la fede, la speranza, la carità, la devozione, l'ammirazione, l'esultanza, la stima, la lode e il giubilo del cuore, fa con lui la Pasqua, cioè il passaggio; attraversa con la verga della croce il Mare Rosso, uscendo dall'Egitto per inoltrarsi nel deserto. Qui gusta la manna nascosta, riposa con Cristo nella tomba come morto esteriormente, ma sente, tuttavia, per quanto lo consenta la condizione di viatori, ciò che in croce fu detto al buon ladrone, tanto vicino a Cristo con l'amore: «Oggi sarai con me nel paradiso!» (Lc 23, 43).

Ma perché questo passaggio sia perfetto, è necessario che, sospesa l'attività intellettuale, ogni affetto del cuore sia integralmente trasformato e trasferito in Dio.
È questo un fatto mistico e straordinario che nessuno conosce se non chi lo riceve. Lo riceve solo chi lo desidera, non lo desidera se non colui che viene infiammato dal fuoco dello Spirito Santo, che Cristo ha portato in terra. Ecco perché l'Apostolo afferma che questa mistica sapienza è rivelata dallo Spirito Santo.

Dall'opuscolo «Itinerario della mente a Dio» di san Bonaventura, vescovo
(Cap. 7, 1. 2. 4. 6; Opera omnia, 5, 312-313).

[SM=g1740733]

Dalla «Regola» di san Benedetto, abate
(Prologo 4-22; cap. 72, 1-12; CSEL 75, 2-5. 162-163)

Il Signore cerca nella moltitudine del popolo il suo operaio e dice: C'è qualcuno che desidera la vita e brama trascorrere giorni felici? (cfr. Sal 33, 13). Se tu all'udire queste parole rispondi: Io lo voglio! Iddio ti dice: Se vuoi possedere la vera e perpetua vita, preserva la lingua dal male e le tue labbra non pronunzino menzogna: fuggi il male e fa' il bene: cerca la pace e seguila (cfr. Sal 33, 14-15). E se farete questo, i miei occhi saranno sopra di voi e le mie orecchie saranno attente alle vostre preghiere: prima ancora che mi invochiate dirò: Eccomi.

Che cosa vi è di più dolce, carissimi fratelli, di questa voce del Signore che ci invita? Ecco, poiché ci ama, ci mostra il cammino della vita.


[SM=g1740771]

Dalla «Lettera ai Corinzi» di san Clemente I, papa
(Capp. 46, 2 - 47, 4; 48, 1-6; Funk 1, 119-123)

Ciascuno ricerchi ciò che è utile a tutti e non il proprio tornaconto

Sta scritto: Unitevi ai santi, perché quelli che li seguono saranno santificati. E ancora in un altro passo: Con l'uomo innocente sarai innocente, con l'eletto sarai eletto, ma con il perverso ti pervertirai (cfr. Sal 17, 26). Perciò stiamo uniti agli innocenti e ai giusti, perché essi sono gli eletti di Dio.
Perché liti, collere, discordie, scismi e guerre tra voi? Non abbiamo forse un unico Dio, un unico Cristo, un unico Spirito di grazia diffuso su di noi, un'unica vocazione in Cristo? Perché straziare e lacerare le membra di Cristo, perché ribellarsi contro il proprio corpo e arrivare a tal punto di delirio da dimenticare di essere gli uni membra degli altri?
Ricordate le parole di Gesù nostro Signore. Egli ha detto: Guai a quell'uomo! Sarebbe stato meglio se non fosse mai nato, piuttosto che recare scandalo a uno dei miei eletti; sarebbe meglio che gli fosse messa al collo una pietra da mulino e fosse sommerso nel mare, piuttosto che trarre al male uno dei miei eletti (cfr. Lc 17, 1-2). La vostra scissione ha sviato molti, ha gettato molti nello scoraggiamento, molti nel dubbio, tutti noi nel dolore; e il vostro dissidio perdura tuttora.


[SM=g1740771]

Dal libro «Sulla predestinazione dei santi» di sant’Agostino, vescovo.
(Cap. 15, 30-31; PL 44, 981-983)

Gesù Cristo nato dalla stirpe di Davide secondo la carne

Fulgidissima luce di predestinazione e di grazia è lo stesso Salvatore, «il Mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù» (1 Tm 2, 5). Con quali suoi meriti antecedenti di opere e di fede la natura umana presente in lui ha fatto sì che raggiungesse tale grado? Mi venga data una risposta, per favore. Quell’uomo assunto dal Verbo coeterno al Padre nell’unità della persona, come ha meritato di essere il Figlio unigenito di Dio? Quale sua opera buona qualsiasi precedette? Che cosa ha compiuto prima, che cosa ha creduto, che cosa ha chiesto, per arrivare a questa ineffabile grandezza? Forse che il Verbo, creando e assumendo l’uomo, dal momento in cui cominciò ad esistere, quell’uomo stesso non cominciò ad essere l’unico Figlio di Dio?

Sia per noi ben chiaro che è nel nostro capo, Cristo, che si trova la sorgente della grazia, da cui essa si diffonde per tutte le sue membra, secondo la capacità di ciascuno. Per mezzo di quella grazia ogni uomo diviene cristiano all’inizio della fede, e fu pure per quella grazia, che quell’uomo, fin dall’inizio, è diventato Cristo. Questo è rinato dallo stesso Spirito, dal quale è nato quell’altro. Colui che opera in noi la remissione dei peccati è quel medesimo Spirito che preservò quell’altro da ogni peccato. Certamente Dio seppe in precedenza ciò che avrebbe compiuto. Quindi la predestinazione dei santi è quella che ebbe il suo massimo splendore nel Santo dei santi. Chi interpreta giustamente le parole della verità, come può negare questa dottrina? Infatti noi sappiamo che lo stesso Signore della gloria, in quanto il Figlio di Dio si è fatto uomo, fu predestinato.

[SM=g1740771]

Benedetto XVI, Angelus, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, 29 giugno 2010

La Chiesa di Roma festeggia le sue sante radici, celebrando gli Apostoli Pietro e Paolo. La professione di fede di Pietro nei confronti di Gesù: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16) non è una dichiarazione frutto di ragionamento, ma una rivelazione del Padre all’umile pescatore di Galilea, come conferma Gesù stesso dicendo: «né carne né sangue te lo hanno rivelato» (Mt 16,17). Simon Pietro è talmente vicino al Signore da diventare egli stesso una roccia di fede e d’amore su cui Gesù ha edificato la sua Chiesa. Infatti, il Signore conclude dicendo: «tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,19).

San Paolo con la Grazia divina ha diffuso il Vangelo, seminando la Parola di verità e di salvezza in mezzo ai popoli pagani. I due Santi Patroni di Roma, pur avendo ricevuto da Dio carismi diversi e missioni diverse da compiere, sono entrambi fondamenta della Chiesa, «permanentemente aperta alla dinamica missionaria ed ecumenica, perché inviata al mondo ad annunziare e testimoniare, attualizzare ed espandere il mistero di comunione che la costituisce» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Communionis notio). 

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Dai «Discorsi» di Sant'Agostino, vescovo (Disc. 295, 1-2. 4. 7-8; PL 38, 1348-1352)

Il beato Pietro, il primo degli apostoli, dotato di un ardente amore verso Cristo, ha avuto la grazia di sentirsi dire da lui: «E io ti dico: Tu sei Pietro» (Mt 16, 18). E precedentemente Pietro si era rivolto a Gesù dicendo: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16, 16). E Gesù aveva affermato come risposta: «E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16, 18). Su questa pietra stabilirò la fede che tu professi. Fonderò la mia chiesa sulla tua affermazione: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

Il Signore Gesù, come già sapete, scelse prima della passione i suoi discepoli, che chiamò apostoli. Tra costoro solamente Pietro ricevette l'incarico di impersonare quasi in tutti i luoghi l'intera Chiesa. Ed è stato in forza di questa personificazione di tutta la Chiesa che ha meritato di sentirsi dire da Cristo: «A te darò le chiavi del regno dei cieli» (Mt 16, 19). Ma queste chiavi le ha ricevute non un uomo solo, ma l'intera Chiesa. Da questo fatto deriva la grandezza di Pietro, perché egli è la personificazione dell'universalità e dell'unità della Chiesa.

Un solo giorno è consacrato alla festa dei due apostoli. Benché siano stati martirizzati in giorni diversi, erano una cosa sola. Pietro precedette, Paolo seguì. Celebriamo perciò questo giorno di festa, consacrato per noi dal sangue degli apostoli. Amiamone la fede, la vita, le fatiche, le sofferenze, le testimonianze e la predicazione.


[SM=g1740733]

Benedetto XVI, Angelus, Domenica, 24 giugno 2012, sulla Nascita di San Giovanni Battista

Fin dal grembo materno, San Giovanni Battista è precursore di Gesù: il suo prodigioso concepimento è annunciato dall’Angelo a Maria come segno che «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37). Il padre di Giovanni, Zaccaria, animato dallo Spirito Santo, così parlò della missione del figlio: «E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo / perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, / per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza / nella remissione dei suoi peccati» (Lc 1,76-77).

Tutto questo si manifestò trent’anni dopo, quando Giovanni si mise a battezzare nel fiume Giordano, chiamando la gente a prepararsi, con quel gesto di penitenza, all’imminente venuta del Messia. Poco tempo dopo, gli fu chiesto di precedere Gesù anche nella morte violenta: Giovanni fu decapitato nel carcere del re Erode, e così rese piena testimonianza all’Agnello di Dio, che per primo aveva riconosciuto e indicato pubblicamente.
Cari amici, la Vergine Maria aiutò l’anziana parente Elisabetta a portare a termine la gravidanza di Giovanni. Ella aiuti tutti a seguire Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio, che il Battista annunciò con grande umiltà e ardore profetico.

[SM=g1740771]

Dalla «Lettera ai Filippesi» di san Policarpo, vescovo e martire
(Capp. 12, 1 – 14; Funk, 1, 279-283)

Cristo vi faccia crescere nella fede e nella verità

So bene quale sia la vostra familiarità con le Sacre Scritture e come nulla ignoriate: io stesso non sono da tanto. Mi basta ricordarvi ciò che la Scrittura dice: Sdegnatevi, ma non peccate (cfr. Sal 4, 5) e: «Il sole non tramonti sopra la vostra ira» (Ef 4, 26). Beato chi se ne ricorda: e io credo che ciò accade realmente tra voi.

Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, e lo stesso Gesù Cristo, Figlio di Dio e sacerdote eterno, vi facciano crescere nella fede e nella verità e in ogni dolcezza, senza collera, nella pazienza e nella longanimità, nella fortezza e nella castità. Il Signore vi conceda di condividere l’eredità dei suoi santi, e lo conceda, insieme a voi, anche a noi e a tutti coloro che, sotto il cielo, crederanno nel Signore Gesù Cristo e nel «Padre suo che lo ha risuscitato dai morti» (Gal 1, 1).

Pregate per tutti i credenti. Pregate anche per i re e le autorità e i principi, per coloro che vi perseguitano e vi odiano e per i nemici della croce, perché il vostro frutto sia manifesto in ogni cosa e siate perfetti in lui.


[SM=g1740733]


[Modificato da Caterina63 08/10/2013 18:40]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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09/10/2013 23:56
 
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[SM=g1740758] LA PERSEVERANZA.....

perseveranza

pensieri in libertà.....
Ho appena finito, oggi, di rileggere il meraviglioso passo di Sant'Agostino, quello sulla riva del mare:

un giorno passeggiava per una spiaggia quando incontrò un bambino-angelo che con un secchiello prendeva dell'acqu...a di mare e la versava in una piccola cavità nella sabbia. Alla domanda del Santo su che cosa stesse facendo, il bambino avrebbe risposto che voleva porre tutto il mare dentro quel buco. Quando il Santo gli fece notare che ciò era impossibile, il bambino gli replica che così come non era possibile versare tutto il mare dentro la buca allo stesso modo era impossibile che i misteri di Dio e della SS. Trinità entrassero nella sua piccola testa di uomo.

***
Stasera mi vedo un po' di D-Max per distrarmi- staccare la presa, come si suol dire.... e incappo in eccezionale sforzo umano: un uomo riesce a bucare il vetro con uno spillo, il quale passa dall'altra parte del vetro e buca un palloncino.... l'effetto straordinario è garantito.... ma ciò che mi ha colpito è la frase che l'uomo ha detto: "MI CI SONO VOLUTI 15 ANNI DI ESERCIZI E DI COMPORTAMENTO PER GIUNGERE AL RISULTATO CHE VOLEVO....."
***
[SM=g1740733]
Sant'Agostino con le sue Confessioni ci ha rivelato che il metodo non è cambiato: anni di esercizi e spirito di volontà fanno diventare santa una persona così come questo uomo è riuscito nel suo intento: bucare il vetro con uno spillo.....
Abbiamo forse dimenticato quando gli apostoli dissero al Signore: «Aumentaci la fede». ed Egli rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo sicomoro: "Sradicati e trapiantati nel mare", e vi ubbidirebbe (Luca 17,5-6) [SM=g1740733]

e lo stesso San Paolo ci rammenta LO SPORT come esempio:
"Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! Però ogni atleta è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile. Io dunque corro, ma non come chi è senza mèta; faccio il pugilato, ma non come chi batte l'aria, anzi tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù perché non succeda che dopo avere predicato agli altri, venga io stesso squalificato" (1Cor. 9,24-27)

Certo, quello che ci chiede Gesù non è di bucare un vetro con uno spillo e vincere la medaglia d'oro o fermarsi alla SODDISFAZIONE PERSONALE..... eppure mi chiedo: come è possibile che IL PREMIO che Gesù ci offre non è, per molti, più allettante del bucare un vetro con uno spillo? [SM=g1740733]

Ecco perché Gesù ci chiede di PERSEVERARE in quella fede, anche se poca, per riuscire a raggiungere la meta che non consisterà in un premio che rimarrà sulla terra, ma che durerà per l'eternità....
che ci trasformerà, come LUI.....
Facciamo allora come gli atleti, PERSEVERIAMO negli esercizi che sono i Sacramenti, la Preghiera, la Carità..... che possiamo dire anche noi: "MI CI SONO VOLUTI 15, 20, 30 60 ANNI.... MA ALLA FINE CE L'HO FATTA"

e poter dire con san Paolo:
"Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione ...." (2Tim.4,6-8)

[SM=g1740738]




pettirosso


Mamma uccello, come ogni giorno,
lasciò nel nido i suoi piccoli
per andare a procurare loro il cibo.
Mentre era in volo,
vide sulla cima di un monte
tre croci e tanta gente.
Curiosa, si avvicinò
e sulla croce centrale vide inchiodato un uomo
con una corona di spine in testa : era Gesù.
Fu presa da tristezza nel vedere tanta cattiveria
e cercò il modo di alleviare una sofferenza così grande.
Si posò allora vicino alla testa di Gesù
e col becco cercò di staccare la spina più grande.
Ci riuscì, ma il suo petto si macchò di sangue.
Tornò al nido,
raccontò ai figli la triste visione e,
mentre li abbracciava,
macchiò di rosso anche il loro petto.
Da quel giorno in poi,
quegli uccellini si chiamano " pettirosso ",
in ricordo del gesto generoso di quella mamma.

[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740738]

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[SM=g1740733] 
.... ieri al catechismo nel parlare a 12 adolescenti del Dio che ci ha creati: maschio e femmina..... nel momento del "dibattito" (gli faccio fare le domande al termine così da avere anche uno scambio di comprensione...) un adolescente di s...econda media mi chiede: "Catechista, ma i froci li ha creati Dio? I miei genitori dicono di no, ma la professoressa di religione a scuola ci ha detto che loro sono come noi, uguali a noi e che Dio li ha creati così e che pure il papa ha detto che non dobbiamo giudicarli...."
In meno di 20 minuti ho dovuto chiarire ben 4 errori in questa frase:
rispondete questo alla vostra professoressa:

1. Intanto froci non si dice.... è dispregiativo, e neppure gay si dice perché le lobby lo usano per affermare il loro orgoglio ad essere ciò che sono voluti diventare;

2. Dio non ha creato il terzo sesso: maschio e femmina ci creò.... ciò che diventiamo dipende molto da noi e molto dagli infortuni della vita che spesse volte non riusciamo a superare..... Dio NON ha creato il cieco, per esempio, ma a causa del Peccato Originale essendo stata corrotta anche la natura, i nostri corpi ne subiscono le conseguenze, ossia, si ammalano..... c'è chi non si ammala mai, ma poi ha altri problemi da risolvere; c'è chi nasce con delle patologie strane, ecc....
E' la nostra anima, creata da Dio (i corpi ci sono dati dai nostri genitori), ad essere in grado di farci superare gli ostacoli che il corpo incontro nella vita.... ecc...

3. Gli omosessuali non sono affatto "come noi" riguardo alla comprensione dell'identità sessuale..... siamo tutti uguali riguardo all'essere creati e tutti bisognosi di essere salvati da Cristo, tutti abbiamo bisogno di conoscerlo e chiedergli perdono, ma riguardo alle scelte che facciamo, non siamo uguali, così come maschio e femmina non sono uguali nei ruoli che Dio ci ha dato..... anche gli omosessuali che pretenderebbero oggi un riconoscimento naturale della loro scelta di vita, nascono da un uomo e da una donna.... la loro scelta di vita non può essere affatto equiparata alla famiglia naturale.....

4. Il Papa non si riferiva al peccato specifico della sodomia per il quale ha anche detto a seguito di quella frase che c'è il Catechismo che spiega bene questa dottrina..... il Papa intendeva dire ciò che ha detto: non possiamo giudicare le intenzioni dei cuori specialmente di quegli omosessuali che cercano davvero Cristo e di fare la sua volontà.... perché la volontà di Dio è creare la vita, usare il sesso per generare nuove vite e non per fare altro....
Sono invece le pretese di queste lobby ad aver generato una sorta di ingerenza nell'unione naturale fra l'uomo e la donna.

Come dobbiamo comportarci noi - ho infine concluso - ?
Soprattutto fra voi adolescenti RISPETTATEVI perché sono anni difficili questi per noi, ma soprattutto per voi che ancora non avete finito il processo di identità dei vostri corpi..... non prendete in giro chi è diverso, non isolatelo, ma primo fra tutti sarà la vostra testimonianza cristiana ad aiutare questi vostri coetanei a comprendere che certe scelte sono sbagliate.... I genitori devono amarsi e rispettare le promesse fatte per evitare che i figli cedano di fronte a certe lotte, divisioni e spaccature, finendo per non riuscire a completarsi nella propria identità.... In altri casi non spetta a noi formulare dei giudizi, e mai giudicare le singole persone, ciò che possiamo e dobbiamo fare è ripetere l'insegnamento della Chiesa e della Scrittura:
Nel Documento Persona Humana del 1975 sottoscritto da Paolo VI leggiamo:

"Certo, nell'azione pastorale, questi omosessuali devono essere accolti con comprensione e sostenuti nella speranza di superare le loro difficoltà personali e il loro disadattamento sociale. La loro colpevolezza sarà giudicata con prudenza; ma non può essere usato nessun metodo pastorale che, ritenendo questi atti conformi alla condizione di quelle persone, accordi loro una giustificazione morale. Secondo l'ordine morale oggettivo, le relazioni omosessuali sono atti privi della loro regola essenziale e indispensabile. Esse sono condannate nella sacra Scrittura come gravi depravazioni e presentate, anzi, come la funesta conseguenza di un rifiuto di Dio.(14) Questo giudizio della Scrittura non permette di concludere che tutti coloro, i quali soffrono di questa anomalia, ne siano personalmente responsabili, ma esso attesta che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati e che, in nessun caso, possono ricevere una qualche approvazione."

la Nota 14 riporta il testo paolino:

Rm 1,24-27: «Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in sé stessi la punizione che si addiceva al loro traviamento». Cf. anche quello che Paolo dice a proposito degli uomini sodomiti e pervertiti in 1 Cor 6,10 e 1 Tm 1,10.

Le parole di San Paolo riferiscono invece proprio alla situazione del nostro tempo in cui la cultura detta omosessualista non solo è diventata recidiva ma sta imponendo attraverso l'ordinamento giuridico delle prese di posizioni inaccettabili che stanno frodando e ledendo il diritto dell'istituzione familiare composto da un uomo e una donna. Oggi più di ieri i veri cristiani devono opporsi alle leggi ingiuste di Cesare.

[SM=g1740733]


Nel riportare la Devozione e la Coroncina della Divina Misericordia, Santa Faustina Kovalska ha descritto un bellissimo colloquio fra lei e Gesù....
In sostanza la Suora Gli chiede quando dire questa Coroncina e a parte l'indicazione alla N...ovena, Gesù le esprime la gioia che Lui sente se l'Anima devota si fermasse, OGNI VENERDI', alle ore 15:00 per ricordare il Suo supremo sacrificio di Amore, fermarsi a contemplare le sue piaghe, almeno per 15 minuti.... ogni Venerdì......
In alcune meditazioni devozionali della Chiesa ho trovato questa, 10:00 minuti..... l'ho presa da un libretto devozionale del 1918 [SM=g1740733]
e volentieri ve la condivido in formato scheda così che possiate farla girare in rete, se vi piace.....

dialogo

Dialogo tra un anima e Gesù, davanti al Crocefisso,
nelle Sue 7 parole dalla Croce
(da un libretto devozionale del 1918)

- Signore Gesù che cosa posso fare per Te, affinchè l'uomo si converta?
- Prega con me: "Padre perdonali, perchè non sanno quello che fanno" e fai quello che io ho fatto per te;

- Signore Gesù che cosa posso dire a chi soffre?
- Ricorda loro la mia promessa al Buon Ladrone: "oggi stesso sarai con me in Paradiso"; ogni giorno che passa sii perseverante, io mantengo le promesse;

- Signore Gesù, mi sento orfano:
- Ti ho dato mia Madre: "Donna ecco tuo figlio, e a te Figlio, ecco la mia Madre", e ti ho insegnato a chiamare Dio: "Padre";

- Signore Gesù, soffro terribilmente, mi comprendi?
- Figlio mio, per te ho gridato sulla Croce: "Dio mio, Dio mio! Perchè mi hai abbandonato?", completa ora nella tua carne, nella tua volontà, questa comunione d'amore;

- Signore Gesù, chi è il mio prossimo?
- Figlio mio, come un mendicante busso sempre alla tua porta, ma non mi apri mai, sulla Croce ti ho chiesto: "Ho sete!", sete del tuo amore;

- Signore Gesù, che cosa possiamo fare davanti alle difficoltà?
- "Tutto è compiuto!", io ho vinto, io sono la via, la verità, la vita, rimanete nel mio Amore, non potete fare nulla senza di me;

- Signore Gesù, che cosa c'è dopo la morte?
- Figlio, ti ho dato l'esempio: "Padre, nelle tue mani consegno lo spirito mio"; vi ho preparato un posto, sono veramente Risorto, ho sconfitto la Morte, l'ho resa un passaggio la cui strada ti è stata da me tracciata, è la Croce, non c'è altra strada, fidati di Me!


[SM=g1740738] [SM=g1740750] [SM=g1740752]


Dalle «Risposte a Talassio» di san Massimo il Confessore, abate
(Risp. 63; PG 90, 667-670)

Luce che illumina ogni uomo
La lampada posta sul candelabro è la luce del Padre, quella vera, che illumina ogni uomo che viene al mondo (Cfr. Gv 1,9). È il Signore nostro Gesù Cristo che, prendendo da noi la nostra carne, divenne e fu chiamato lampada, cioè sapienza e parola connaturale del Padre. È questa lampada che la Chiesa di Dio mostra con fede e amore nella predicazione, e che viene tenuta alta e splende agli occhi dei popoli nella vita santa dei fedeli e nella loro condotta ispirata ai comandamenti. Essa fa luce a tutti quelli della casa cioè a tutti gli uomini di questo mondo e perciò la stessa divina parola dice: «Né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa» (Mt 5,15). Il Verbo chiama se stesso lucerna in quanto, essendo Dio per natura, si fece uomo per dispensare la sua luce.

Ed anche il grande Davide comprese tutto questo, io penso, quando chiamò il Signore lucerna dicendo: «Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino» (Sal 118,105). Infatti il mio salvatore e mio Dio sa disperdere le tenebre dell'ignoranza e del vizio, ed anche per questo la Scrittura lo chiamò lucerna.
Egli con la sua potenza e sapienza ha dissipato, come fa il sole, ogni nebbia di ignoranza e di vizio, e guida coloro che camminano con lui sulla via della giustizia e dei comandamenti divini.
Chiamò lucerniere la santa Chiesa, perché in essa risplende la parola di Dio mediante la predicazione, e così, con i bagliori della verità, illumina quanti si trovano in questo mondo come in una casa, arricchendo le intelligenze con la conoscenza di Dio.
Questa parola annunziata dalla Chiesa esige di essere posta sulla sommità del lucerniere cioè all'apice dell'onore e dell'impegno di cui la Chiesa è capace.

Infatti finché la parola è nascosta dalla lettera della legge come da un moggio, lascia tutti privi della luce eterna. Essa non può trasmettere la visione spirituale a chi non si sforzi di togliere il velo del senso materiale che trae in inganno e può addirittura fuorviare verso l'errore e la falsità. Invece va posta sul lucerniere della Chiesa. Ciò significa che la parola rivelata va intesa nel senso interiore e spirituale, spiegato dalla Chiesa stessa. Solo così potrà veramente illuminare ogni uomo che si trova nel mondo.
Se infatti la Scrittura non viene intesa spiritualmente, mostra solo un significato superficiale e parziale e non può far giungere al cuore tutta la sua ricca sostanza. Guardiamoci dunque dal porre sotto il moggio la lucerna, che accendiamo con la contemplazione e la pratica coerente della parola, cioè non mortifichiamo quella sua energia potente che dà luce e conoscenza. Non riduciamo colpevolmente la indescrivibile vitalità della sapienza a causa della lettera; ma poniamo la lucerna sopra il lucerniere cioè sulla santa Chiesa, di modo che dall'alta cima di una interpretazione autentica ed esatta, mostri a tutti lo splendore delle verità divine.
[SM=g1740733]



[Modificato da Caterina63 16/10/2013 21:21]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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21/10/2013 19:53
 
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sacerdote


Segnalo la figura di padre ALDO GIACHI gesuita e missionario, ordinato grazie a papa Pio XII quando era già da tempo costretto in carrozzella. Missionario tra i malati dell'America Latina, nel terribile anno 1968, dirà:

"È da molto tempo che la grande gioia della mia giornata è la mia Messa. Il poter dare la vita, il poter rendere presente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità Gesù stesso in forma di vittima nelle mani di un sacerdote vittima; il poter parlare con Dio, il poter adorarlo e visitarlo nel SS.mo Sacramento, il poter chiedere direttamente forza, coraggio, sorriso, il poter chiedere consiglio a Lui con semplicità, questa è la grande gioia della mia giornata".

Scrive: "Gesù, della sua vita ha voluto perpetuare solo la passione nella S. Messa e farne il centro del culto e del Cristianesimo, per ricordarci come ci ha redento". Allora, conclude: "Darsi all’apostolato è darsi alla Croce. Darsi a Dio è darsi alla Croce. Darsi alle anime è darsi alla Croce. Le anime si pagano di persona".


 




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Dalle «Lettere» di Sulpicio Severo su S. Martino da Tours

Martino previde molto tempo prima il giorno della sua morte. Avvertì quindi i fratelli che ben presto avrebbe cessato di vivere. Nel frattempo un caso di particolare gravità lo chiamò a visitare la diocesi di Candes. I chierici di quella chiesa non andavano d’accordo tra loro e Martino, ben sapendo che ben poco gli restava da vivere, desiderando di ristabilire la pace, non ricusò di mettersi in viaggio per una così nobile causa. Pensava infatti che se fosse riuscito a rimettere l’armonia in quella chiesa avrebbe degnamente coronato la sua vita tutta orientata sulla via del bene.

Si trattenne quindi per qualche tempo in quel villaggio o chiesa dove si era recato finché la pace non fu ristabilita. Ma quando già pensava di far ritorno al monastero, sentì improvvisamente che le forze del corpo lo abbandonavano. Chiamati perciò a sé i fratelli, li avvertì della morte ormai imminente. Tutti si rattristarono allora grandemente, e tra le lacrime, come se fosse uno solo a parlare, dicevano: «Perché, o Padre, ci abbandoni? A chi ci lasci, desolati come siamo? Lupi rapaci assaliranno il tuo gregge e chi ci difenderà dai loro morsi, una volta colpito il pastore? Sappiamo bene che tu desideri di essere con Cristo; ma il tuo premio è al sicuro. Se sarà rimandato non diminuirà. Muoviti piuttosto a compassione di coloro che lasci quaggiù».
Commosso da queste lacrime, egli che, ricco dello spirito di Dio, si muoveva sempre facilmente a compassione, si associò al loro pianto e, rivolgendosi al Signore, così parlò dinanzi a quelli che piangevano: Signore, se sono ancora necessario al tuo popolo, non ricuso la fatica: sia fatta la tua volontà.

O uomo grande oltre ogni dire, invitto nella fatica, invincibile di fronte alla morte! Egli non fece alcuna scelta per sé. Non ebbe paura di morire e non si rifiutò di vivere. Intanto sempre rivolto con gli occhi e con le mani al cielo, non rallentava l’intensità della sua preghiera. I sacerdoti che erano accorsi intorno a lui, lo pregavano di sollevare un poco il suo povero corpo mettendosi di fianco. Egli però rispose: Lasciate, fratelli, lasciate che io guardi il cielo, piuttosto che la terra, perché il mio spirito, che sta per salire al Signore, si trovi già sul retto cammino. Detto questo si accorse che il diavolo gli stava vicino. Gli disse allora: Che fai qui, bestia sanguinaria? Non troverai nulla in me, sciagurato! Il seno di Abramo mi accoglie. Nel dire queste parole rese la sua anima a Dio. Martino sale felicemente verso Abramo. Martino povero e umile entra ricco in paradiso.





Dai «Discorsi» di san Gregorio Nazianzeno, vescovo

Dio ha assunto in pieno la nostra umanità ed è stato povero per far risorgere la carne, salvarne l’immagine primitiva e restaurare così l’uomo perché diventiamo una cosa sola con Cristo. Egli si è comunicato interamente a noi. Tutto ciò che egli è, è diventato completamente nostro. Sotto ogni aspetto noi siamo lui. Per lui portiamo in noi l’immagine di Dio dal quale e per il quale siamo stati creati. La fisionomia e l’impronta che ci caratterizza è quella di Dio. [...]

[Dio] esige poco da noi, però ora e sempre fa grandi doni a coloro che lo amano. E allora, pieni di speranza in lui, soffriamo tutto e sopportiamo tutto lietamente. Abbiamo il coraggio di rendergli grazie sempre e dappertutto, nella gioia e nel dolore. Convinciamoci che le tribolazioni sono strumento di salvezza. E poi non dimentichiamoci di raccomandare al Signore le anime nostre e anche quelle di coloro che ci hanno preceduto nel comune viaggio verso la casa paterna. [...]

Fa’ che ci presentiamo a te ben preparati e sereni, non sconvolti dal timore, non in stato di inimicizia verso di te, almeno nell’ultimo giorno, quello della nostra dipartita. Fa’ che non ci sentiamo come strappati e sradicati per forza dal mondo e dalla vita e non ci mettiamo quindi contro voglia in cammino. Fa’ invece che veniamo sereni e ben disposti, come chi parte per la vita felice che non finisce mai, per quella vita che è in Cristo Gesù, Signore Nostro, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.




Dalle «Catechesi» di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo

La fede è una sola, ma il suo genere è duplice. Vi è infatti una fede che riguarda i dogmi ed è la conoscenza e l’assenso dell’intelletto alle verità rivelate. Questa fede è necessaria alla salvezza, secondo quel che dice il Signore: «Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio» (Gv 5, 24), ed anche: Chi crede nel Figlio, non è giudicato, ma passa dalla morte alla vita (cfr. Gv 3, 18. 24).

O bontà straordinaria di Dio verso gli uomini! I giusti piacquero a Dio nelle fatiche di lunghi anni. Ma quello che essi giunsero ad ottenere attraverso un diuturno ed eroico servizio accetto a Dio, Gesù te lo dona in un breve spazio di tempo. Infatti se tu credi che Gesù Cristo è il Signore e che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo e sarai ammesso in paradiso da colui che vi fece entrare il ladrone pentito. E non avere alcun dubbio a questo riguardo, poiché colui che su questo santo Golgota diede la salvezza al ladrone per la fede di un momento, egli stesso salverà anche te, se crederai.

C’è un altro genere di fede, anch’esso dono di Cristo. È scritto infatti: «A uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza, a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni» (1 Cor 12, 8-9). Pertanto questa fede elargita dallo Spirito come un dono non riguarda soltanto i dogmi, ma è anche causa di prodigi che superano tutte le forze dell’uomo. Chi ha tale fede potrà dire a questo monte: «Spostati da qui a là, ed esso si sposterà» (Mt 17, 20). Se veramente uno, senza dubitare nel suo interno, dice queste parole mosso dalla fede, credendo che così avverrà, allora riceve quella grazia.




Dalla Costituzione pastorale «Gaudium et spes» (N. 78)

Promuovere la pace

La pace non è semplicemente assenza di guerra, né si riduce solamente a rendere stabile l’equilibrio delle forze contrastanti e neppure nasce da un dominio dispotico, ma si definisce giustamente e propriamente «opera della giustizia» (Is 32, 17). Essa è frutto dell’ordine impresso nella società umana dal suo fondatore. È un bene che deve essere attuato dagli uomini che anelano ad una giustizia sempre più perfetta.

Il bene comune del genere umano è regolato nella sua sostanza dalla legge eterna, ma, con il passare del tempo, è soggetto, per quanto riguarda le sue esigenze concrete, a continui cambiamenti. Perciò la pace non è mai acquisita una volta per tutte, ma la si deve costruire continuamente. E siccome per di più la volontà umana è labile e, oltre tutto, ferita dal peccato, l’acquisto della pace richiede il costante dominio delle passioni di ciascuno e la vigilanza della legittima autorità.
Tuttavia questo non basta ancora. Una pace così configurata non si può ottenere su questa terra se non viene assicurato il bene delle persone e se gli uomini non possono scambiarsi in tutta libertà e fiducia le ricchezze del loro animo e del loro ingegno. Per costruire la pace, poi, sono assolutamente necessarie la ferma volontà di rispettare gli altri uomini e gli altri popoli, l’impegno di ritener sacra la loro dignità e, infine, la pratica continua della fratellanza. Così la pace sarà frutto anche dell’amore, che va al di là di quanto la giustizia da sola può dare.

La pace terrena, poi, che nasce dall’amore del prossimo, è immagine ed effetto della pace di Cristo che promana da Dio Padre. Infatti lo stesso Figlio di Dio, fatto uomo, principe della pace, per mezzo della sua croce ha riconciliato tutti gli uomini con Dio e, ristabilendo l’unità di tutti in un solo popolo e in un solo corpo, ha distrutto nella sua carne l’odio (cfr. Ef 2, 16; Col 1, 20. 22). Nella gloria della sua risurrezione ha diffuso nei cuori degli uomini lo Spirito di amore.



FESTA DI TUTTI I SANTI: RIFLESSIONE SPIRITUALE DI SAN BERNARDO

Affrettiamoci verso i fratelli che ci aspettano

A che serve dunque la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità? Perché ad essi gli onori di questa stessa terra quando, secondo la promessa del Figlio, il Padre celeste li onora?

Per parte mia devo confessare che, quando penso i ai santi, mi sento ardere da grandi desideri. Il primo desiderio, che la memoria dei santi o suscita o stimola maggiormente in noi, è quello di godere della loro tanto dolce compagnia e di meritare di essere concittadini e familiari degli spiriti beati. [...]

I santi desiderano di averci con loro e noi ce ne mostreremo indifferenti? ...No, fratelli, destiamoci dalla nostra deplorevole apatia. Risorgiamo con Cristo, ricerchiamo le cose di lassù, quelle gustiamo. [...]

Vi è un secondo desiderio...ed è quello che Cristo, nostra vita, si mostri anche a noi come a loro, e noi pure facciamo con lui la nostra apparizione nella gloria. Frattanto il nostro capo si presenta a noi non come è ora in cielo, ma nella forma che ha voluto assumere per noi qui in terra. Lo vediamo quindi non coronato di gloria, ma circondato dalle spine dei nostri peccati. Si vergogni perciò ogni membro di far sfoggio di ricercatezza sotto un capo coronato di spine. Comprenda che le sue eleganze non gli fanno onore, ma lo espongono al ridicolo.

Giungerà il momento della venuta di Cristo...Allora Cristo trasformerà il nostro corpo umiliato, rendendolo simile alla gloria del capo, che è lui stesso.... Ma perché la speranza di una felicità così incomparabile abbia a diventare realtà, ci è necessario il soccorso dei santi. Sollecitiamolo premurosamente. Così, per loro intercessione, arriveremo là dove da soli non potremmo mai pensare di giungere.



Dalla «Lettera ai Corinzi» di san Clemente I, papa

Teniamoci lontani da ogni mormorazione e maldicenza, e pratichiamo la giustizia non a parole, ma nelle opere. E' scritto infatti: Chi parla molto, sappia anche ascoltare, e il loquace non creda di salvarsi per le sue molte parole (cfr. Gb 11, 2).

Bisogna dunque che ci mettiamo di buon animo a fare il bene, poiché tutto ci è dato dal Signore. Egli ci avverte in precedenza: Ecco il Signore, e la sua ricompensa è con lui, per rendere a ciascuno secondo le sue opere (cfr. Ap 22, 12). Perciò ci esorta a credere in lui con tutto il cuore e a non essere pigri, ma dediti ad ogni opera buona. [...]

E' detto infatti: Occhio mai non vide, né orecchio udì né mai entrarono in cuore d'uomo quelle cose che Dio ha preparato per coloro che lo aspettano (cfr. 1 Cor 2, 9). Come sono pieni di beatitudine e ammirabili i doni del Signore! La vita nell'immortalità, lo splendore nella giustizia, la verità nella franchezza, la fede nella confidenza, la padronanza di sé nella santità: tutto questo è stato messo alla portata delle nostre capacità.




Dal «Commento sul vangelo di Giovanni» di san Cirillo d'Alessandria, vescovo

Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi

Nostro Signore Gesù Cristo stabilì le guide, i maestri del mondo e i dispensatori dei suoi divini misteri. Volle inoltre che essi risplendessero come luminari e rischiarassero non soltanto il paese dei Giudei, ma anche tutti gli altri che si trovano sotto il sole e tutti gli uomini che popolano la terra. È verace perciò colui che afferma: «Nessuno può attribuirsi questo onore, se non chi è chiamato da Dio» (Eb 5,4). Nostro Signore Gesù Cristo ha rivestito gli apostoli di una grande dignità a preferenza di tutti gli altri discepoli.

I suoi apostoli furono le colonne e il fondamento della verità. Cristo afferma di aver dato loro la stessa missione che ebbe dal Padre. Mostrò così la grandezza dell'apostolato e la gloria incomparabile del loro ufficio, ma con ciò fece comprendere anche qual è la funzione del ministero apostolico.

Egli dunque pensava di dover mandare i suoi apostoli allo stesso modo con cui il Padre aveva mandato lui. Perciò era necessario che lo imitassero perfettamente e per questo conoscessero esattamente il mandato affidato al Figlio dal Padre. Ecco perché spiega molte volte la natura della sua missione. Una volta dice: Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori alla conversione (cfr. Mt 9,13). Un'altra volta afferma: «Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 6,38). Infatti «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui» (Gv 3,17).

Riassumendo perciò in poche parole le norme dell'apostolato, dice di averli mandati come egli stesso fu mandato dal Padre, perché da ciò imparassero che il loro preciso compito era quello di chiamare i peccatori a penitenza, di guarire i malati sia di corpo che di spirito, di non cercare nell'amministrazione dei beni di Dio la propria volontà, ma quella di colui da cui sono stati inviati e di salvare il mondo con il suo genuino insegnamento.

Fino a qual punto gli apostoli si siano sforzati di segnalarsi in tutto ciò, non sarà difficile conoscerlo se si leggeranno anche solo gli Atti degli Apostoli e gli scritti di san Paolo.




Dalla «Lettera a Proba» di sant'Agostino, vescovo
(Lett. 130, 14, 27 - 15, 28; CSEL 44, 71-73)

Lo Spirito intercede per noi

Vi è...in noi, per così dire, una dotta ignoranza, ma istruita dallo Spirito di Dio, che aiuta la nostra debolezza. Avendo infatti detto l'Apostolo: «Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza», subito aggiunge: «Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, perché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio» (Rm 8, 25-27).

Non dobbiamo intendere però questo nel senso che lo Spirito Santo di Dio, il quale nella Trinità è Dio immortale e un solo Dio con il Padre e il Figlio, interceda per i santi, come uno che non sia quello che è, cioè Dio. In realtà è detto: «Intercede per i santi», perché muove i santi alla preghiera. Allo stesso modo è scritto: «Il Signore vostro Dio vi mette alla prova per sapere se lo amate» (Dt 13, 4), cioè per far conoscere a voi stessi se lo amate.

Dalla «Lettera a Proba» di sant’Agostino, vescovo

Il pregare a lungo non è, come qualcuno crede, lo stesso che pregare con molte parole. Altro è un lungo discorso, altro uno stato d’animo prolungato.

Sappiamo che gli eremiti d’Egitto fanno preghiere frequenti, ma tutte brevissime. Esse sono come rapidi messaggi che partono all’indirizzo di Dio. Così l’attenzione dello spirito, tanto necessaria a chi prega, rimane sempre desta e fervida e non si assopisce per la durata eccessiva dell’orazione. E in ciò essi mostrano anche abbastanza chiaramente che non si deve voler insistere in un prolungato sforzo di concentrazione, quando si vede che non può durare oltre un certo tempo, e d’altra parte non si deve interrompere alla leggera o bruscamente la preghiera, quando si vede che la presenza vigile della mente può continuare.

Lungi dunque dalla preghiera ogni verbosità, ma non si tralasci la supplica insistente, se perdura il fervore e l’attenzione. Il servirsi di molte parole nella preghiera equivale a trattare una cosa necessaria con parole superflue.

Il pregare consiste nel bussare alla porta di Dio e invocarlo con insistente e devoto ardore del cuore.
Il dovere della preghiera si adempie meglio con i gemiti che con le parole, più con le lacrime, che con i discorsi. Dio, infatti, «pone davanti al suo cospetto le nostre lacrime» (Sal 55, 9 volg.), e il nostro gemito non rimane nascosto (cfr. Sal 37, 10) a lui che tutto ha creato per mezzo del suo Verbo, e non cerca le parole degli uomini.

Dalla «Lettera a Proba» di sant'Agostino, vescovo

Se passi in rassegna tutte le parole delle sante invocazioni contenute nella Scrittura, non troverai nulla, a mio parere, che non sia contenuto e compreso nel Padre nostro. Nel pregare, insomma, siamo liberi di servirci di altre parole, pur domandando le medesime cose, ma non dobbiamo permetterci di domandare cose diverse.

Queste cose dobbiamo domandarle nelle nostre preghiere per noi e per i nostri cari, per gli estranei e, senza dubbio, anche per gli stessi nemici, quantunque nel cuore di chi prega possa sorgere o prevalere un sentimento differente per l'una o l'altra persona, a seconda del grado più o meno stretto di parentela o di amicizia.

Eccoti così, a mio modo di pensare, non solo le disposizioni con le quali devi pregare, ma anche che cosa devi chiedere. Non perché te l'insegno io, ma perché ti viene detto da colui che si è degnato di istruire noi tutti. [...] Per...arrivare a contemplare Dio e vivere eternamente con lui, teniamo presente questo: Il fine del precetto è la carità che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera (cfr. 1 Tm 1, 5).

Nella enumerazione di queste tre virtù invece di «coscienza» si trova «speranza».
Risulta dunque che la fede, la speranza e la carità conducono a Dio colui che prega. Chi crede, spera, desidera e considera attentamente che cosa debba chiedere al Signore nell'orazione domenicale, arriva certamente fino a Dio.





 
Fraternamente CaterinaLD

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L'abito dei preti progressisti

 
Nel Clero la tessera del progressismo è l’abito, borghese naturalmente, o camuffato in modo tale da crearne la impressione. La norma italiana permette il clergyman, ma ha chiaramente detto che l’abito «normale» è la talare.
Forma e colore: due cose che per l’Italia sono ben poco rispettate. Chi porta la talare sta fuori del progresso. Invece la talare, «difesa dalla norma di Legge come abito normale», permette di non perdersi mai nella massa, di restare in evidenza, di costituire una testimonianza di sacralità e di coraggio. Su questo punto credo dovrò ritornare. Infatti in questo momento il pericolo più grave per il clero è quello di SCOMPARIRE.
Sta scomparendo, perché tutto ormai non s’accorge nel mondo ufficiale, della cultura, della politica, dell’arte che ci siamo anche noi. Tra noi si arriva anche al punto di proclamare che non c’è più il «cristianesimo».

Forse che non è indicativo il Referendum sul divorzio? Ho la impressione che quasi nessuno si sia provato a studiare il nesso tra l’esito del Referendum e l’abito del prete, tra il Referendum e la pratica distruzione in gran parte d’Italia della Azione Cattolica. So benissimo che il popolo ha ancora la Fede nel fondo del suo cuore e la rinverdisce ad ogni spinta, ma tutto il livore anticlericale e massonico che si è impadronito di quasi tutti i mezzi di espressione fa credere il contrario, agisce come se la Chiesa fosse morta (il che è tutt’altro che vero!); ma sono molti di casa nostra che danno mano a tutto questo.
Amare la promiscuità, tinteggiarsi di mondanità, discutere la legittima Autorità e Cristo che l’ha costituita, costituisce BENEMERENZA PROGRESSISTA. Andare a Taizé invece che a Lourdes o a Roma costituisce progressismo, mentre si va ad uno dei più grandi equivoci religiosi del secolo.
 
[Pensiero del Cardinale Giuseppe Siri tratto dalla "Rivista Diocesana Genovese" del gennaio 1975]






















 


«La prima cosa che sconvolge della malattia è che essa si abbatte su di noi senza alcun preavviso e in un tempo che noi non decidiamo. Siamo alla mercé degli avvenimenti, e non possiamo che accettarli.
La malattia grave obbliga a rendersi conto che siamo davvero mortali; anche se la morte è la cosa più certa del mondo, l’uomo moderno è portato a vivere come se non dovesse morire mai.
Con la malattia capisci per la prima volta che il tempo della vita quaggiù è un soffio, avverti tutta l’amarezza di non averne fatto quel capolavoro di santità che Dio aveva desiderato, provi una profonda nostalgia per il bene che avresti potuto fare e per il male che avresti potuto evitare. Guardi il crocifisso e capisci che quello è il cuore della fede: senza il Sacrificio il cattolicesimo non esiste. Allora ringrazi Dio di averti fatto cattolico, un cattolico “piccolo piccolo”, un peccatore, ma che ha nella Chiesa una madre premurosa.
Dunque, la malattia è un tempo di grazia, ma spesso i vizi e le miserie che ci hanno accompagnato durante la vita rimangono, o addirittura si acuiscono. È come se l’agonia fosse già iniziata, e si combattesse il destino della mia anima, perché nessuno è sicuro della propria salvezza. D’altra parte, la malattia mi ha fatto anche scoprire una quantità impressionante di persone che mi vogliono bene e che pregano per me, di famiglie che la sera recitano il rosario con i bambini per la mia guarigione, e non ho parole per descrivere la bellezza di questa esperienza, che è un anticipo dell’amore di Dio nell’eternità. Il dolore più grande che provo è l’idea di dover lasciare questo mondo che mi piace così tanto, che è così bello anche se così tragico; dover lasciare tanti amici, i parenti; ma soprattutto di dover lasciare mia moglie e i miei figli che sono ancora in tenera età.
Alle volte mi immagino la mia casa, il mio studio vuoto, e la vita che in essa continua anche se io non ci sono più.
È una scena che fa male, ma estremamente realistica: mi fa capire che sono, e sono stato, un servo inutile, e che tutti i libri che ho scritto, le conferenze, gli articoli, non sono che paglia. Ma spero nella misericordia del Signore, e nel fatto che altri raccoglieranno parte delle mie aspirazioni e delle mie battaglie, per continuare l’antico duello»


MARIO PALMARO

Diceva santa Teresina che morì a soli 24 anni.... la più giovane Dottore della Chiesa, che nel momento della morte è proprio il Cristiano che sa trasmettere agli uomini l'amore per la vita, un vero paradosso perchè se è vero che egli sa bene che sta per entrare nell'eternità perfino beata, d'altra parte è consapevole di dover lasciare questa terra sulla quale ha imparato a riconoscere il Suo Creatore, il Suo vero Dio e che ha vissuto, nel bene e nel male, combattendo la buona battaglia, desiderando di vedere Colui che sulla Croce ci ha insegnato non solo ad amare la vita, ma anche a saper morire. In definitiva, spiega la santa, vogliamo vivere perchè amiamo vivere e amiamo queste battaglie in nome di Cristo e al Suo fianco, ma dall'altra parte non vediamo l'ora di stare in Cristo per l'eternità, nella certezza delle Sue promesse, nella certezza della Sua grande misericordia. (Grazie Palmaro!)   

     











[Modificato da Caterina63 22/11/2013 20:00]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Come abbiamo ascoltato per i Primi Vespro d'Avvento, Papa Francesco  ha detto ai giovani universitari:

"Se non vi lascerete condizionare dall’opinione dominante, ma rimarrete fedeli ai principi etici e religiosi cristiani, troverete il coraggio di andare anche contro-corrente. Nel mondo globalizzato, potrete contribuire a salvare peculiarità e caratteristiche proprie, cercando però di non abbassare il livello etico. Infatti, la pluralità di pensiero e di individualità riflette la multiforme sapienza di Dio quando si accosta alla verità con onestà e rigore intellettuale, quando si accosta alla bontà, quando si accosta alla bellezza, così che ognuno può essere un dono a beneficio di tutti...."

  ebbene.... oltre 100 anni fa, nel 1890, così diceva - profeticamente - Papa Leone XIII nell'Enciclica la Sapienza Cristiana 

"Richiamarsi ai precetti della sapienza cristiana e conformare profondamente ad essi la vita, i costumi e le istituzioni dei popoli è cosa che ogni giorno appare sempre più necessaria. Avendoli messi da parte, ne sono derivati mali così grandi che nessun uomo saggio può sopportare la presente situazione senza una grave preoccupazione, né guardare al futuro senza timore...."

Buona meditazione 







    Una antica benedizione tanto cara a San Padre Pio da Pietralcina  che in questa Novena all'Immacolata, dedico anche a tutti voi!!! recitiamola ogni giorno e in ogni occasione, è una vera BENEDIZIONE.... "Nos cum prole pia; benedicat Virgo Maria" - a noi con tutti i suoi figli, ci benedica la Vergine Maria - (e segniamoci devotamente con il segno della Croce quando diciamo: benedicat Virgo Maria, perché è la Madonna stessa a benedirci )  Buona Festa dell'Immacolata a tutti!

e mentre la recitate potete fare anche un segno di croce sulla fronte dei vostri bambini, del vostro coniuge, parenti ed anche AMICI.... 
fatelo, facciamolo!!  seminiamo la Benedizione di Maria Immacolata!   








      








“ ... per quanto ho vissuto, per quanto ho imparato, per tutta la sapienza umana che ho in questo tempo acquisito, per quanto ho lottato e combattuto, per quanto abbia potuto difendere le mie idee... ho capito che solo In Lui, solo in Cristo, e solo in Lui si capisce davvero chi è Dio e chi è l’uomo, chi sono io, perchè sono nato, perchè vivo: che cos’è la vita e la morte, cos’è il Paradiso”. 
(Blaise Pascal)





TESTI E MASSIME DI GREGORIO MAGNO PAPA

 
" Bisogna anche sapere che qualche volta i santi profeti (aliquando prophetae sancti), quando vengono consultati, per la loro grande abitudine a profetare, esprimono alcune opinioni personali (quaedam ex suo spiritu proferunt), che possono essere attribuite allo spirito di profezia; ma siccome sono santi, appena corretti dallo Spirito santo, ascoltano da lui la verità e rimproverano se stessi per aver detto cose non vere (quia sancti sunt, per santum Spiritum citius correcti, ab eo quae vera sunt audiunt, et semetipsos quia falsa dixerint reprehendunt)...Tra i veri e i falsi profeti c'è questa differenza, che i veri profeti se qualche volta parlano di propria testa, ammaestrati dallo Spirito santo, correggono nella mente dei fedeli quanto di men vero hanno detto (prophetae veri si quid aliquando per suum spiritum dicunt, hoc ab auditorum mentibus per sanctum Spiritum eruditi citius corrigunt). Mentre i falsi profeti, esprimono cose false e, estranei come sono allo Spirito santo, persistono nello loro falsità" (Prophetae autem falsi et falsa denuntiant, et alieni a sancto Spiritu in sua falsitate perdurant)".
 
(Omelie su Ezechiele I, I, 16.17. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p. 107).



 










[Modificato da Caterina63 11/12/2013 13:36]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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  Inauguriamo una serie di pillole di traduzioni da "Eretici", fenomenale raccolta di saggi di una delle più sottovalutate e sottaciute (e non riesce difficile capire il perché) intelligenze apparse a cavallo tra '800 e '900, un genio la cui lucidità stupefacente è miniera ricchissima di intuizioni per comprendere il nostro oggi: G.K.Chesterton.

<<“La palla dei sì e dei no non si pone questione,
Ma qua e là corre dove la colpisce il giocatore;
e Colui che ti ha gettato giù in mezzo al campo,
Ne sa tutto quanto – lo sa, lo sa”

Un pensatore cristiano, come Agostino o Dante, obietterebbe su ciò poiché ignora il libero arbitrio, che rappresenta il valore e la dignità dell'anima. Il dissenso del Cristianesimo più puro verso tale scetticismo non sta minimamente nel fatto che tale scetticismo nega l'esistenza di Dio; sta nel fatto che esso nega l'esistenza dell'uomo.
In questo culto del pessimista ricercatore di piacere il Rubáiyát si erge come l'apice del nostro tempo; ma non è da solo. Molte delle menti più brillanti della contemporaneità ci hanno esortato allo stesso autocosciente afferrare un piacere passeggero. Walter Pater affermava che siamo tutti sotto condanna capitale, e che l'unica strada è godere dei momenti squisiti semplicemente per se stessi. La stessa lezione è stata impartita dalla potentissima e desolatissima filosofia di Oscar Wilde. Si tratta della religione del carpe diem; ma la religione del carpe diem non è la religione di persone felici, ma di persone molto infelici. 
La grande gioia non raccoglie boccioli di rosa fin quando può; i suoi occhi sono fissi sulla rosa immortale che vide Dante. La grande gioia possiede in sé il senso dell'immortalità; il vero splendore della giovinezza sta nell'idea di avere a disposizione tutto lo spazio possibile per poterci stiracchiare le proprie gambe. In tutta la grande letteratura umoristica, in Tristram Shandy o Pickwick, c'è questo senso di spazio ed incorruttibilità; percepiamo che i personaggi sono persone immortali in un racconto senza fine>>.









<<La verità è che la tradizione cristiana (che rimane l'unica etica coerente in Europa) poggia su due o tre paradossi o misteri che possono facilmente essere contestati in una discussione e parimenti giustificati nella vita comune. Uno di essi è ad esempio il paradosso della speranza o della fede: più disperata è la situazione, più speranzosi bisogna essere. (...) Un altro è il paradosso della carità o della gentilezza per cui più una cosa è debole più essa va rispettata, e che più una cosa è indifesa più essa dovrebbe infonderci volontà di difenderla. (...) Ora, di questi molto pratici e funzionanti misteri della tradizione cristiana, e uno dei quali la Chiesa Cattolica Romana è, a mio avviso, riuscita benissimo nel contraddistinguere è la concezione della peccaminosità dell'orgoglio. 
L'orgoglio è una debolezza nel carattere: inaridisce il riso, la meraviglia, la gentilezza e l'energia. (...) E la verità è perfino più bizzarra di come appare nella dottrina formale del peccato di orgoglio. Non solo è vero che l'umiltà è un qualcosa di molto più saggio e vigoroso dell'orgoglio. E' inoltre vero che la vanità è un qualcosa di più saggio e vigoroso dell'orgoglio. La vanità è sociale: è quasi una sorta di cameratismo; l'orgoglio è solitario ed incivile. La vanità è attiva: desidera l'applauso di infinite moltitudini; l'orgoglio è passivo e desidera unicamente l'applauso di una persona, che già ha. La vanità ha il senso dell'umorismo, ed accetta perfino la propria presa in giro; l'orgoglio è fosco, e non è capace nemmeno di sorridere. (...) L'io è una gorgone. La vanità lo vede nello specchio di altri uomini e vite. L'orgoglio lo studia per se stesso e viene tramutato in pietra.>>

(G.K.Chesterton, Eretici)






  LA DOTTA BATTUTA DI BENEDETTO XVI SULLE TASSE INGIUSTE.... 

a quanto pare dimenticata dai Media, ma non da noi 





19 Settembre 2007

Anche nella contrarietà delle persone verso le tasse “si vede che alcuni corsi della storia non cambiano”. 
Lo ha affermato Benedetto XVI davanti a circa 15 mila fedeli durante l'udienza generale del mercoledì. 

L’occasione è stata l’analisi da parte di Benedetto XVI della figura di san Giovanni Crisostomo, Padre della Chiesa vissuto nel terzo secolo, e in particolare di una serie di omelie pronunciate dal santo durante la cosiddetta rivolta delle statue. In quella circostanza la popolazione dell'Impero in Oriente cominciò a distruggere le statue dell'Imperatore contro l'imposizione delle tasse.

Così si è espresso Benedetto XVI:

"Il 387 fu l’«anno eroico» di Giovanni, quello della cosiddetta «rivolta delle statue». Il popolo abbatté le statue imperiali, in segno di protesta contro l’aumento delle tasse. Si vede che alcuni corsi della storia non cambiano...”,
ha commentato papa Ratzinger, a braccio, con il consueto sorriso 










P.S. Guardate che le "battute sono comunque verosimili perchè tratte da alcune risposte che entrambi hanno dato in alcune interviste  

Alcuni hanno detto di non capire l'italiano :-D
allora:
utilizar el traductor de google por lo spagnol:
... pero dime un poco, mons. Georg, ¿crees que estos medios de comunicación o los medios de comunicación, tendrán que suceda a nosotros, los Papas, peleando la misma batalla contra el diablo que quiere engañar a los hombres y llevarlos a la condenación eterna?
- Respuesta: ... Santidad, en mi opinión, no!
dice el Papa ... querido mons. Georg, a continuación, hay mucho más que ver de lo que imaginaba ... estos medios o allí, o lo hacemos ...

 
use google translator for English :

... but tell me a little bit, Msgr. Georg, do you think that these media or media, will have it happen to us, the Popes, fighting the same battle against the devil who wants to fool men and bring them to eternal damnation?
- Answer: ... Holiness, in my opinion, no!
says the Pope ... dear Msgr. Georg, then there's a lot more to do than I imagined ... these media or there, or we do ...



 
Insomma!! decidetevi! 
qui ognuno dice la sua, tutti che indicano la strada al Papa, ma 
pochi seguono il Papa.... 
sapete che vi dico? io salgo il Monte, 
voi seguite pure le vostre vie.... 
ma non dite poi che non 
vi avevo avvisato, no che vi ho abbandonato!

con Google traduttore:
En pocas palabras! decídete!
aquí todo el mundo lo dice su todo señalando el camino hacia el Papa, pero
sólo tienes que seguir el Papa ... ¿sabes qué? Subo la Montaña,
así sigues sus caminos .... pero no dicen que entonces no
Te lo advertí, no te he abandonado!

In short! make up your mind!
everyone here says its all pointing the way to the Pope, but
just follow the Pope ... you know what? I climb the Mount,
well you follow your ways .... but do not say that then not
I warned you, I have not abandoned you!






    



[Modificato da Caterina63 11/01/2014 22:15]
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 A chi opera nella rete, suggerisco questa preghiera tratta dal Salmo ;-)

Canterò senza fine la tua gloria, Signore.

Sii Tu la mia roccia,
una dimora sempre accessibile;
hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza Tu sei!
Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio.

Sei Tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.
Su di Te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei Tu il mio sostegno.

Verrò a cantare le imprese del Signore Dio:
farò memoria della Tua giustizia, di Te solo.
Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito
e oggi ancora proclamo le tue meraviglie.





    




PACE

Posted: December 26th, 2013 | Author:  

Una domenica, mentre assistevo alla solita messa-musical tutta chiacchiere & canzoni, dopo che il giovanotto vestito da prete yeyé aveva bacchettato tutti cristiani che non si trasformano in operatori della Caritas (perché nel Giudizio non ci verrà chiesto se siamo andati a messa o abbiamo fatto la comunione –sic!- ma se abbiamo vestito gli ignudi, sfamato gli immigrati e confortato i galeotti), al solito punto è stato proclamato l’ormai consueto «E adesso, secondo l’insegnamento di Gesù, scambiamoci un segno di pace».
Ora, non ho niente contro la stretta di mano al fratello di fede, anche se sudaticcia. Ma mi sono chiesto dov’è che Gesù ha ordinato di farlo. Nel Vangelo non c’è. Vabbuo’, pazienza. In fondo, da qualche decennio il clero si è abituato a considerare la Chiesa «cosa sua», nella quale gli «operatori pastorali» fanno e disfano a loro esclusivo grado.
I laici devono solo assistere silenti alle loro trovate, pena il peccato mortale (infatti, se non vai a messa, trasgredisci il secondo comandamento). Poi devono «dare» (meglio se soldi, che non bastano mai) e difendere in Parlamento l’otto per mille. E zitti, perché se li critichi, i preti, o manifesti il tuo malumore ti licenziano, ti emarginano, ti cancellano. Mah, ha dda passa’ ‘a nuttata!









[Modificato da Caterina63 03/01/2014 22:47]
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10/01/2014 09:35
 
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[SM=g1740758] Perle tratte dalla Evangelii gaudium di Papa Francesco

Lo sappiamo, leggere 80 pagine di un Documento Pontificio non piace quasi a nessuno. Tuttavia ci lasciamo spesso attrarre di più dai titoli dei giornali che ne descrivono spesso un contenuto misero, privato dal contesto, strumentalizzato in ciò che più piace sentirsi dire; trasposizioni a volte che non rendono giustizia al contenuto e alle stesse intenzioni del Pontefice.
In questo breve video abbiamo provato a tracciare delle linee guida di questa Esortazione, sia a riguardo di un discorso continuativo, sia a riguardo ad un invito ad approfondirla e a risvegliare in noi, mediante la Preghiera, la grazia del Battesimo e degli altri Sacramenti che ci rendono discepoli di Cristo.
Buona meditazione a tutti.
it.gloria.tv/?media=553283


Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org


[SM=g1740738]


[SM=g1740750] [SM=g1740752]
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14/01/2014 09:05
 
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  O città miserabili d'uomini intriganti,
O sciagurata generazione d'uomini colti,
Traditi nei dedali del vostro stesso ingegno,
Venduti dai profitti delle vostre invenzioni:
Vi ho dato mani che distogliete dall'adorazione,
Vi ho dato la parola, e voi l'usate in infinite chiacchiere,
Vi ho dato la mia Legge, e voi fate contratti,
Vi ho dato labbra, per esprimere sentimenti amichevoli.
Vi ho dato cuori e voi li usate per sospettarvi.
Vi ho dato il libero arbitrio, e voi non fate altro che alternarvi
Fara la speculazione futile e l'azione sconsiderata,
Molti sono impegnati a scrivere libri e a stamparli,
Molti desiderano vedere il loro nome a stampa, Molti leggono solo i risultati delle corse.
Leggete molto, ma non il verbo di Dio.
Costruite molto, ma non la Casa di Dio.
.....
Perché gli uomini dovrebbero amare la Chiesa? Perché dovrebbero amare le sue leggi?
Essa ricorda loro la Vita e la Morte, e tutto ciò che vorrebbero scordare.
E' gentile dove sarebbero duri, e dura dove essi vorrebbero essere teneri.
Ricorda loro il Male e il Peccato, e altri fatti spiacevoli.
Essi cercano sempre d'evadere
Dal buio esterno e interiore
Sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno d'essere buono.
.....
Quindi giunsero, in un momento predeterminato, un momento nel tempo e del tempo,
Un momento non fuori del tempo, ma nel tempo, in ciò che noi chiamiamo storia: sezionando, bisecando il mondo del tempo, un momento nel tempo ma non come un momento di tempo,
Un momento nel tempo ma il tempo fu creato attraverso quel momento: poichè senza significato non c'è tempo, e quel momento di tempo diede il significato.
Quindi sembrò come se gli uomini dovessero procedere dalla luce alla luce, nella luce del Verbo,
Attraverso la Passione e il Sacrificio salvati a dispetto del loro essere negativo;
Bestiali come sempre, carnali, egoisti come sempre, interessati e ottusi come sempre lo furono prima,
Eppure sempre in lotta, sempre a riaffermare, sempre a riprendere la loro marcia sulla via illuminata dalla luce;
Spesso sostando, perdendo tempo, sviandosi, attardandosi, tornando, eppure mai seguendo un'altra via.
Ma sembra che qualcosa sia accaduto che non è mai accaduto prima: sebbene non si sappia quando, o perché, o come, o dove.
Gli uomini hanno abbandonato Dio non per altri dei, dicono, ma per nessun dio; e questo non era mai accaduto prima
Che gli uomini negassero gli dei e adorassero gli dei, professando innanzitutto la Ragione
E poi il Denaro, il Potere, e ciò che chiamano Vita, o Razza, o Dialettica.
.....
Deserto e vuoto. Deserto e vuoto. E tenebre sopra la faccia dell'abisso.
E' la Chiesa che ha abbandonato l'umanità, o è l'umanità che ha abbandonato la Chiesa?
Quando la Chiesa non è più considerata e neanche contrastata, e gli uomini hanno dimenticato
Tutti gli dei, salvo l'Usura, la Lussuria e il Potere.


Thomas Stearns Eliot








Siamo all'Università di Berkley, in California.

Un professore della Facoltà di Psicologia fa il suo ingresso in aula, come ogni martedì.
Il corso è uno dei più gremiti e decine di studenti parlano del più e del meno prima dell'inizio della lezione.
Il professore arriva con il classico quarto d'ora accademico di ritardo.
Tutto sembra nella norma, ad eccezione di un piccolo particolare: il prof. ha in mano un bicchiere d'acqua.
Nessuno nota questo dettaglio finché il professore, sempre con il bicchiere d'acqua in mano, inizia a girovagare tra i banchi dell'aula.

In silenzio.

Gli studenti si scambiano sguardi divertiti, ma non particolarmente sorpresi.
Sembrano dirsi: "Eccoci qua: oggi la lezione riguarderà sicuramente l'ottimismo.
Il prof. ci chiederà se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto.
Alcuni diranno che è mezzo pieno. Altri diranno che è mezzo vuoto.
I nerd diranno che è completamente pieno: per metà d'acqua e per l'altra metà d'aria!
Tutto così scontato!".

Il professore invece si ferma e domanda ai suoi studenti:
"Secondo voi quanto pesa questo bicchiere d'acqua?".

Gli studenti sembrano un po' spiazzati da questa domanda, ma in molti rispondono:
il bicchiere ha certamente un peso compreso tra i 200 e i 300 grammi.

Il professore aspetta che tutti gli studenti abbiano risposto e poi propone il suo punto di vista:

"Il peso assoluto del bicchiere d'acqua è irrilevante.
Ciò che conta davvero è per quanto tempo lo tenete sollevato".

Felice di aver catturato l'attenzione dei suoi studenti, il professore continua:

"Sollevatelo per un minuto e non avrete problemi.

Sollevatelo per un'ora e vi ritroverete un braccio dolorante.
Sollevatelo per un'intera giornata e vi ritroverete un braccio paralizzato".
Gli studenti continuano ad ascoltare attentamente il loro professore di psicologia:
"In ognuno di questi tre casi il peso del bicchiere non è cambiato.
Eppure, più il tempo passa, più il bicchiere sembra diventare pesante.
Lo stress e le preoccupazioni sono come questo bicchiere d'acqua.
Piccole o grandi che siano, ciò che conta è quanto tempo dedichiamo loro.
Se gli dedichiamo il tempo minimo indispensabile, la nostra mente non ne risente.
Se iniziamo a pensarci più volte durante la giornata, la nostra mente inizia ad essere stanca e nervosa.
Se pensiamo continuamente alle nostre preoccupazioni, la nostra mente si paralizza."

Il professore capisce di avere la completa attenzione dei suoi studenti e decide di concludere il suo ragionamento:

"Per ritrovare la serenità dovete imparare a lasciare andare stress e preoccupazioni.
Dovete imparare a dedicare loro il minor tempo possibile, focalizzando la vostra attenzione su ciò che volete e non su ciò che non volete.
Dovete imparare a mettere giù il bicchiere d'acqua".


"Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà gia le sue inquietudini.
A ciascun giorno basta la sua pena."
(Matteo 6, 34)

























[Modificato da Caterina63 16/01/2014 14:07]
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17/01/2014 17:28
 
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