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MA CHI SONO I FALSI MAESTRI, COME RICONOSCERLI? (qui alcuni esempi) (3)

Ultimo Aggiornamento: 19/02/2020 13:43
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20/10/2015 21:51
 
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EDITORIALE
Monsignor Cupich
 

Su coscienza e legge morale, l'arcivescovo di Chicago ha affermato gli stessi concetti che tanti teologi e conferenze episcopali avevano usato per ribellarsi all'enciclica Humanae Vitae. Ma la visione della coscienza capace di creare una verità morale è già stata bollata da san Giovanni Paolo II come "delirio".

di Renzo Puccetti


Non so se lo fanno ancora oggi, ma quand'ero bambino uno dei giochini che preferivo delle riviste di enigmistica era "trova le differenze". Mi è venuto in mente mentre leggevo le dichiarazioni di monsignor Blaise J. Cupich, arcivescovo dell'importantissima diocesi di Chicago, durante la conferenza stampa di venerdì a margine del Sinodo sulla famiglia che in occasione della sua apertura ha visto pregare così tante persone per il suo buon esito. 

Riguardo la contraccezione, negli anni '60 molti teologi ed intere conferenze episcopali impiegarono l'argomento della coscienza soggettiva per sterilizzare (è un termine qui singolarmente appropriato) la dottrina bimillenaria della Chiesa ribadita da Papa Paolo VI con l'enciclica Humanae vitae. La conferenza episcopale belga istruiva il fedele a «seguire la sua convinzione» se «giunge ad altre conclusioni». I vescovi tedeschi ammonivano il proprio clero «soprattutto nell’amministrazione dei sacramenti, a rispettare le decisioni personali della coscienza dei fedeli». L'episcopato austriaco scriveva che chi «giunge a questa convinzione divergente può seguirla». Nel paragrafo 26 della dichiarazione di Winnipeg i presuli canadesi fecero altrettanto: «Chiunque scelga il corso che gli sembra giusto, lo fa in buona coscienza».

I reporters che seguono i lavori del Sinodo hanno potuto ascoltare la riproposizione di questa tesi: «Se le persone giungono ad una decisione in coscienza allora il nostro compito è quello di aiutarli ad andare avanti e rispettarla. La coscienza è inviolabile e dobbiamo rispettarla quando prendono le decisioni, e io l'ho sempre fatto». 

Con queste parole monsignor Cupich ha dato sostegno alla proposta di dare la Comunione ai divorziati risposati. Da vescovo della diocesi di Spokane di sicuro egli fu consigliato dalla propria coscienza nel proibire ai sacerdoti di partecipare alle semestrali veglie di preghiera "40 giorni per la vita", una delle più importanti iniziative antiabortiste che dal 2004 mobilita il mondo pro-life americano ed è giunta a coinvolgere ben 25 nazioni nell'ultima edizione. 

Per il presule americano lo stesso criterio vale anche per le persone che compongono le relazioni gay:  «Penso che anche le persone omosessuali siano esseri umani e hanno una coscienza. E il mio ruolo di pastore è quello di aiutarli a discernere qual è la volontà di Dio guardando l'insegnamento morale oggettivo della Chiesa, ma anche, allo stesso tempo, aiutandoli attraverso un periodo di discernimento per capire quello a cui Dio li sta chiamando in questo momento», ha aggiunto il vescovo di Chicago.

Il riverbero del "ma anche" di veltroniana memoria e la particella avversativa posta dopo la presentazione del Magistero oggettivo della Chiesa lascia stupefatti adombrando che la coscienza possa suggerire qualcosa di difforme dalla morale oggettiva che qui significa astenersi dai rapporti sodomitici. Gli atti omosessuali non sono più un male intrinseco, ma in determinate circostanze sono il male minore da consigliare di eligere contravvenendo alla prima norma della morale che il male è da evitare? Oppure per Cupich non esistono mali intrinseci oltre l'opposizione atematica a Dio per cui queste azioni possono costituire in determinate circostanze addirittura l'azione buona? Qui non è questione di pastorale, ma verità sull'uomo.

Di verità parlava San Giovanni Paolo II nell'insegnamento della Veritatis splendor rivolto esplicitamente ai vescovi, quando respingeva la visione della coscienza come istanza capace di creare la verità morale e di assolvere da ogni azione utilizzando non casualmente le parole durissime dei predecessori Gregorio XVI e Pio IX: "deliramenta", deliri. 

Sembra sia passato un secolo da quando la folla alzava i cartelli di fronte alla bara di Karol dove si poteva leggere "Santo subito!". Avevano pregato piangenti per la sua guarigione, si erano sobbarcati lunghissime ore di attesa prima di potergli rendere omaggio e si erano entusiasmati e commossi nel vedere il vento volgere le pagine del Vangelo posato sulla bara, interpretandolo come un segno della presenza dello Spirito di Dio nel guidare i passi del vicario di Cristo appena salito al Cielo. I fotogrammi di 26 anni di pontificato venivano riproposti quale tributo della statura gigantesca dell'uomo e del pontefice. 

Eppure era solo dieci anni fa, e quelli che ora discettano paiono essere convinti che prima di oggi chi ha guidato la Chiesa come vicario di Cristo, chissà come, chissà perché, lo abbia fatto sequestrando la Misericordia di Dio. Com'è breve il tempo tra l'osanna con le palme e il crucifige! Forse se oggi al grande Papa  polacco fosse dato diritto di parola egli ammonirebbe certi confratelli ripetendo quelle parole: siamo al delirio.

Devo dunque confessare di non riuscire a conciliare l'argomentazione di mons. Cupich con quel poco che ho capito della morale cattolica.

Mi parrebbe infatti che seguirla condurrebbe necessariamente a dovere giustificare qualsiasi comportamento. Se infatti la coscienza dei coniugi poteva contraddire la norma di Paolo VI sulla contraccezione, al termine di una riunione appositamente indetta per consigliare la famiglia cattolica dei Kennedy di fronte alle legislazioni abortiste, i teologi Joseph Fuchs, Charles Curran e Richard McCormick dovettero concludere che «un politico cattolico può in buona coscienza votare a favore dell’aborto».

L'attuale Papa emerito, da prefetto della Congregazione per la dottrina per la fede scrisse sulle pagine del settimanale ciellino Il Sabato un magistrale intervento che provvidenzialmente l'editore Cantagalli ha poi incluso nel libro "Elogio della coscienza". In quel testo il cardinale Ratzinger introduceva il lettore alla corretta comprensione del ruolo della coscienza prendendo le mosse da una disputa accademica a cui aveva assistito. Secondo una delle due parti, i nazisti, nel compiere le loro azioni profondamente convinti nella loro coscienza di agire bene, si comportarono moralmente bene e non si sarebbe dovuto avere alcun dubbio sulla loro salvezza. Questo il commento del futuro Benedetto XVI: 

«Dopo una tale conversazione fui assolutamente sicuro che c’era qualcosa che non quadrava in questa teoria sul potere giustificativo della coscienza soggettiva, in altre parole: fui sicuro che doveva esser falsa una concezione di coscienza, che portava a simili conclusioni. Una ferma convinzione soggettiva e la conseguente mancanza di dubbi e scrupoli non giustificano affatto l’uomo». 

Rispettando il ragionamento (teologico?) di Cupich non vedo come egli potrebbe violare la "coscienza inviolabile" di un pedofilo, qualora questi riferisse anche a sé ciò che il cardinale Kasper, da Cupich tanto ammirato da diffonderne il pensiero nella propria diocesi, ha detto della condizione omosessuale: "Gay si nasce". Perché non potrebbe egli dire: "Pedofilo si nasce"? Perché non potrebbe invocare il diritto a seguire la propria natura, così come rivendicato da mons. Charamsa? Sarebbe interessante apprendere se Cupich incoraggerebbe a seguire la propria coscienza anche ad un ipotetico sacerdote della sua diocesi che gli confidasse l'attrazione per i minori, o se in questo caso la sua regola non potrebbe essere applicata. E mi interrogo anche se Cupich nello svolgere la propria azione pastorale, dopo avere esperito la doverosa presentazione della dottrina cristiana riguardo al quinto comandamento, non sarebbe costretto a rispettare la "coscienza inviolabile" di un tagliagole islamico convinto che ammazzare gli infedeli sia preciso dovere di ogni buon musulmano e, come dice di avere sempre fatto, "aiutarlo ad andare avanti". 

Fu il predecessore di monsignor Cupich, il cardinale George, a predire che egli sarebbe morto in un letto, come poi difatti è avvenuto, mentre il suo successore sarebbe morto in prigione e chi sarebbe venuto dopo sarebbe stato martirizzato. Con queste dichiarazioni, così consonanti con il sentire del mondo, prevedo che monsignor Cupich possa pensare ai suoi ultimi giorni dormendo sonni tranquilli. A dirla tutta, ho qualche preoccupazione in più per noi che scriviamo sulla Bussola.




 

ANTEPRIMA
Vittorio Messori
 

Per il priore di Bose l'apparizione del 1917 sarebbe una frode perché un Dio che parla di cristiani perseguitati e dimentica i sei milioni di ebrei annientati in Germania, non è un Dio credibile. Ma Bianchi dovrebbe ricordare che il comunismo (nel 1917 Lenin prende il potere) ha fatto almeno 100 milioni di morti...

di Vittorio Messori

Vittorio Messori torna alla carica con nuove «Ipotesi su Maria». Il fortunato volume pubblicato da Ares per la prima volta nel 2005, approda in libreria in una veste tutta nuova, in edizione interamente rivista dall’Autore e ampliata di 13 capitoli (150 pagine in più, per un totale di 672, al prezzo di 21,50 euro). Di seguito riportiamo, in anteprima, alcune spigolature tratte dal penultimo capitolo, in cui lo scrittore difende la veridicità di Fatima dalle critiche avanzate dal teologo Enzo Bianchi sulla scorta del padre domenicano Jean Cardonnel. 

Mi càpita di rivedere in rete l’articolo apparso su Le Monde nel maggio del 2000, quando Giovanni Paolo II fece rivelare al mondo quello che chiamano «terzo segreto» di Fatima. Il pezzo del giornale francese su questo evento è firmato da Jean Cardonnel, il domenicano morto alcuni anni fa, per tutta la vita l’intrattabile leader di ogni contestazione sia clericale sia politica, uno dei vedovi inconsolabili degli anni di piombo della Chiesa e della società. Uno per il quale non solo i soliti Mao, Che Gue­vara, Ho Chi Minh ma anche lo sterminatore del popolo cambogiano, Pol Pot, erano da venerare nell’Olimpo delle sacre rivoluzioni.

A Cardonnel si deve tra l’altro un precedente giuridico inedito e pericoloso. Era già molto vecchio, più vicino ai novanta che agli ottanta, insopportabile per la maggioranza dei confratelli per questa sua ossessione contestatrice, per il suo culto del «no» previo a tutto, ma si continuava a ospitarlo – data l’età – nel convento domenicano di Montpellier. Alla fine, il superiore di quella casa religiosa, non potendone più dei suoi costanti malumori, approfittò di uno dei suoi viaggi per sgomberare la sua cella, impacchettare con cura le cose e trovargli un posto in una casa di riposo per anziani. Al ritorno, l’ira di Cardonnel (egli pure, come da copione di ogni prete «adulto» che si rispetti, vietava a chiunque di chiamarlo «padre») esplose clamorosa e, dicendosi vittima di una violenza intollerabile, non pensò neanche un momento a confrontarsi con la legge della Chiesa, il diritto canonico. 

Si rivolse invece alla legge della laicissima Repubblica francese, chiamando la Gendarmerie e denunciando il superiore per violazione di domicilio. Il tribunale, dopo lungo dibattito, gli diede ragione, condannò il superiore del convento che aveva proceduto allo sgombero e – per la prima volta, non solo in Francia – dichiarò che la cella di un religioso era un domicilio privato come ogni comune alloggio. Sentenza faziosa e pericolosa, dicevo, perché scavalca e in qualche modo imbavaglia l’autorità ecclesiastica anche all’interno dei suoi spazi.

Ma torniamo al Cardonnel commentatore di Fatima. Scriveva su Le Monde: «Quel presunto “segreto” è un falso, tanto falso quanto la donazione di Costantino con la quale si è voluto legittimare un diabolico controsenso: l’impero cristiano. Un grande teologo italiano – non si dimentichi il suo nome: Enzo Bianchi, fondatore di una nuova comunità monastica – si è subito reso conto della superstizione e della frode perpetrata dal Vaticano a Fatima. Sul quotidiano romano La Repubblica, fratel Bianchi mette implacabilmente il dito nella piaga. Scrive infatti: “Un Dio che, nel 1917, pensa di rivelare che i cristiani saranno perseguitati e che non parla della shoah e dei sei milioni di ebrei annientati non è un Dio credibile”». Continua l’articolo di Cardonnel: «Sì, bisogna scoprire la piaga: come non vedere la tara del presunto segreto di Fatima, la prova lampante che è un falso, che non può venire da Dio? Un falso che squalifica, che scredita l’Eterno. Un Dio, ripeto, non credibile: il Dio del razzismo cattolico, che si interessa solo dei suoi, della sua razza cattolica, nell’oblio del popolo di Gesù».

C’è da rimanere molto sorpresi da simili discorsi e soprattutto, per noi cattolici italiani, c’è da sorprendersi per la citazione (non smentita, anzi ribadita, dall’interessato) di fratel Bianchi. Circola ormai una convinzione, anche tra certi cristiani, secondo la quale la persecuzione degli ebrei da parte dei nazisti nei 12 anni tra 1933 e 1945 sarebbe, senza paragone possibile: il Male Assoluto, il Massimo Delitto della storia intera, l’Esempio Radicale della malvagità umana. Non a caso, la colpa nazista è considerata inespiabile e ancor oggi si braccano, per processarli e condannarli, dei novantenni se non dei centenari considerati in qualche modo responsabili di quello che viene detto, con termine religioso, «l’Olocausto» per eccellenza. Per un simile delitto, e solo per questo, non è prevista alcuna prescrizione. Stando al Cardonnel e al Bianchi, Dio stesso – se vuol parlarci attraverso Maria – deve, sottolineo deve, ricordare e ovviamente maledire la Shoah, altrimenti non sarebbe «un Dio credibile». Non è il vero Signore se non esecra esplicitamente Auschwitz.

Sia ben chiaro – è davvero inutile sottolinearlo – che non si tratta certo di sminuire la gravità del delitto perpetrato all’ombra di una croce uncinata, che fu il tragico rovesciamento della croce cristiana. Non c’è che da unirsi, ovviamente, alla condanna universale. Ma è davvero paradossale rifiutare Fatima perché nel 1917 la Madonna non avrebbe previsto e condannato – a nome del Figlio e della Trinità intera – quei lager tedeschi che sarebbero venuti una ventina d’anni dopo. Nel 1917, ripetiamo: proprio l’anno in cui Lenin prendeva il potere, dando inizio a quel mostro comunista che avrebbe fatto almeno 100 milioni di morti e che avrebbe praticato la più violenta e sanguinosa repressione religiosa della storia, in nome di un ateismo di Stato proclamato sin dalle Costituzioni dell’Unione Sovietica e dei suoi satelliti. 

La ricerca storica più recente, capeggiata dal celebre docente tedesco Ernst Nolte, dimostra, documenti alla mano, che il nazionalsocialismo nasce come reazione al marx-leninismo: senza Lenin nel 1917, niente Hitler nel 1933. Senza il colpo di Stato di San Pietroburgo, l’ex imbianchino di Vienna avrebbe al massimo fatto l’ideologo in qualche stube di Monaco di Baviera per qualche oscuro gruppetto di fanatici. Mettere in guardia, a Fatima, dal comunismo che proprio allora nasceva, significava mettere in guardia dalle altre ideologie mortifere che sarebbero venute dopo di esso e per causa di esso. Il nazionalismo primo fra tutti.

Tra l’altro, Bianchi e Cardonnel sono incomprensibili anche quando denunciano che a Fatima si sarebbe manifestato «il Dio del razzismo cattolico, che si interessa solo dei suoi, della sua razza cattolica». Ma che discorso è mai questo? Per l’ateismo sovietico non c’erano zone franche, nel mondo religioso: a parte il fatto che la stragrande maggioranza delle vittime da Lenin sino a Gorbaciov (egli pure ebbe una giovinezza da persecutore) passando per Stalin, non furono cattoliche, ma ortodosse, i due dimenticano che nell’immensa Unione Sovietica erano presenti tutte le religioni. Così, i pope furono massacrati alla pari dei preti, dei rabbini, degli imam, dei maestri buddisti.

Lo stesso avvenne ovunque, nel mondo, il comunismo giunse al potere: nessuno scampo per chi non accettava il materialismo e non condannava la religione, tutte le religioni, come «oppio dei popoli». E questo cominciò proprio in quel fatale 1917, quando la Madonna diede l’allarme per una ideologia perversa, anche perché si presentava con un volto nobile, apparentemente evangelico (giustizia, liberazione, eguaglianza, fraternità), ma che avrebbe risvegliato tutti i dèmoni, compreso quel regime tedesco che si presenta, sin dal nome, come l’unione di nazionalismo e di socialismo. 

Le apparizioni di Fatima, come tutte le altre pur ufficialmente riconosciute, non sono de fide, possono essere criticate e magari non accettate anche dai credenti. Purché, però, lo si faccia su basi più presentabili di queste.

Visto che parliamo di Fatima e di comunismo: viene giusto a proposito ricordare quanto avvenne a Vienna nel decennio tra il 1945 e il 1955. Mentre gli inglesi, esperti e pragmatici, avrebbero voluto contenere l’Urss a Est, l’insipienza americana fermò i suoi carri armati in vista di Berlino per permettere a Stalin di dilagare nell’Europa orientale, occupando anche l’Austria. Il Paese fu diviso in quattro zone, sul modello della Ger­mania, ma quella riservata ai russi era la più importante e vasta, era quella dove stava la capitale stessa. Il ministro degli esteri, quel Molotov che aveva firmato il trattato con Hitler, permettendogli così di scatenare la guerra, disse e ripeté che Mosca mai si sarebbe ritirata da ciò che aveva occupato e tutti si aspettavano che, come a Praga e a Budapest, i comunisti organizzassero un colpo di Stato per andare da soli al potere nell’intera Austria. Le stesse cancellerie occidentali sembravano rassegnate. Opporsi significava quasi certamente una nuova guerra. 

Ma non si rassegnò un francescano, padre Petrus che, tornato dalla prigionia proprio in Urss (e conoscendo quindi sulla sua pelle l’orrore di quel regime), andò in pellegrinaggio nel santuario nazionale austriaco, a Mariazell, per avere ispirazione sul che fare per la sua Patria. Lì, fu sorpreso da una voce interiore, una locuzione interna, che gli disse: «Pregate tutti, tutti i giorni, il rosario e sarete salvi». Buon organizzatore, oltre che sacerdote stimato, padre Petrus promosse una «Crociata nazionale del Rosario», nello spirito esplicito di Fatima, che in breve tempo raccolse milioni di austriaci, compreso lo stesso presidente della Repubblica, Leopold Figl. Giorno e notte, grandi gruppi si riunivano, spesso all’aperto, nelle città e nelle campagne recitando la corona e la stessa Vienna era percorsa da imponenti processioni mariane, sorvegliate con ostilità dall’Armata Rossa.

Gli anni passavano senza che l’occupazione cessasse, ma il popolo non si stancava di pregare la Madonna di Fatima. Ed ecco che nel 1955, all’improvviso, il Cancelliere austriaco fu con­vocato a Mosca, dove fu ricevuto al Cremlino dal Soviet Supremo. Qui, gli fu comunicato che l’Urss aveva deciso di ritirare le sue truppe e di ridare all’Austria la piena indipendenza. In cambio, si poneva una sola condizione, che le autorità del Paese che veniva liberato accettarono di buon grado: un impegno di neutralità che, tra l’altro, avrebbe portato grandi vantaggi a Vienna, facendola diventare la terza città delle Nazioni Unite dopo New York e Ginevra. I governi occidentali furono colti di sorpresa da una decisione del tutto inaspettata e unica, sia prima sia dopo: mai, come aveva ricordato Molotov dieci anni prima, mai l’Urss aveva accettato né avrebbe accettato di ritirarsi spontaneamente da un Paese occupato. 

Furono stupiti politici, diplomatici, militari, nel mondo intero. Ma non si stupirono coloro che da anni pregavano con la «Crociata del Rosario»: in effetti, il giorno in cui la notizia del ritiro fu annunciata a Mosca al Cancelliere era un 13 maggio, l’anniversario dell’inizio delle apparizioni di Fatima. Tanto per completare il quadro, lo sgombero totale dell’Armata Rossa fu fissato dal governo comunista per l’ottobre: tra i generali russi (dispiaciuti di lasciare un Paese così bello e strategicamente così importante) nessuno, ovviamente, sospettava che proprio ottobre è, per la tradizione cattolica che risale ai tempi della battaglia di Lepanto, il mese del rosario.




 
 

[Modificato da Caterina63 09/12/2015 13:40]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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