È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

MA CHI SONO I FALSI MAESTRI, COME RICONOSCERLI? (qui alcuni esempi) (3)

Ultimo Aggiornamento: 19/02/2020 13:43
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
29/07/2016 17:33
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota


<header class="entry-header">

Galantino “salva” Sodoma e Gomorra e riscrive la Bibbia



</header>

Sì, avete letto bene e non siamo “noi” i cattivi che fanno le pulci alla sacra Gerarchia della Chiesa allo sbando. Il tutto è portato magnificamente, virgolettato, nelle pagine – niente meno – di Avvenire, voce ufficiale dell’episcopato italiano, e tutti zitti, guai a chi fiata.


Ecco come è riportato:


“Concelebrando con numerosi sacerdoti italiani e col vescovo della diocesi abruzzese Tommaso Valentinetti, Galantino ha commentato il brano biblico della supplica di Abramo per salvare Sodoma, “una città sulla quale nessuno avrebbe scommesso niente, eccetto Abramo”. Infatti, fa notare Galantino alle centinaia di giovani che gremiscono la bella chiesa barocca a ridosso della collina del Wawel, “la sua preghiera di intercessione e la sua voglia di osare salvano Sodoma. La città è salva perché ci sono i giusti, anche se pochi; ma la città è salva soprattutto perché c’è Abramo, uomo di preghiera, che non fa da accusatore implacabile, non parla contro ma parla a favore….” vedi qui.


E le castronerie proseguono riscrivendo la Sacra Scrittura a proprio uso e consumo. Non vogliamo giudicare il pastore se c’è o ci fa… ma è certo che non possiamo tacere davanti a questa gravissima lacuna o mistificazione. Ci viene il sospetto che questo modo diabolico di procedere non è isolato, ma una specie di “passaparola” della nuova pastorale, quella di modificare i testi biblici perché ci è stato segnalato che domenica scorsa, la cui prima lettura era proprio il brano biblico della preghiera di Abramo, non sono stati pochi i sacerdoti che hanno detto ai propri fedeli che “grazie alla preghiera di intercessione di Abramo, Dio risparmiò Sodoma e Gomorra dalla distruzione…”


Riteniamo che il primo grave errore fatto dalla riforma liturgica – forse anche non voluto, diamo spazio al dubbio – sia stato nella scelta di molti brani della Scrittura SPEZZATI, ossia, molti brani non terminano con il finale dei fatti riportato dalle Scritture, ma vengono lasciati alla libera interpretazione del celebrante o del predicatore di turno. Il passo di Abramo di cui si parla, infatti, termina con la distruzione di Sodoma e Gomorra perché, come poi sappiamo, Dio non trovò neppure un giusto…. (Gn.18,20-32) ed è strana la cosa perché c’erano dei giusti, ma Dio parlava degli abitanti della città non degli “ospiti”, e il testo riportato nel Messale termina con la supplica di Abramo, vedi qui dove il sito ufficiale riporta il link alla lettura biblica anche questa spezzata, monca, privata del come andrà a finire il fatto. Certo, il capitolo della distruzione è il 19, non il 18…. ma davvero basta per poter dire che Sodoma e Gomorra furono salvate? Ecco come si conclude la vicenda:


“Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Zoar,  quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco proveniente dal Signore.  Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo.  Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale. Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato davanti al Signore; contemplò dall’alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace…” (Gn.19,23-28)


Provando ad aggirare le parole di Galantino per trovare ogni scusa plausibile, si potrebbe pensare che egli intendesse dire che oggi ci sono molti Abramo (molti “giusti”, sic!) che intercedono presso Dio, che “non fanno gli accusatori” dei gravi peccati degli uomini, abbiamo un Papa misericordioso che è il nuovo Abramo che intercede per noi peccatori oggi, e Dio ci salverà, non ci distruggerà… è scontato!


Ammessa e non concessa questa vena poetica, questa santa intenzione, bisognerà allora e, quanto meno riconoscere, che esiste un Dio giustizia pronto a distruggere i luoghi infestati da peccatori impenitenti, altrimenti perchè pregare, supplicare, intercedere e cercare almeno dieci giusti?


Eppure sono anni che si nega a Dio il diritto di esercitare la propria giustizia, anzi, come abbiamo appena dimostrato, si è arrivati a modificare perfino la Bibbia, pur di piegare Dio alle nostre risposte, al nostro modo di leggere la storia passata, presente e futura. Del resto siamo nell’Anno della Misericordia straordinario, era forse scontato che anche la lettura della Scrittura subisse – o dovesse subire – un ripiegamento forzato nella sua interpretazione forse, sì insomma, una rilettura straordinaria.


Ciò che appare oramai evidente è che esiste una sorta di “passaparola pastorale” attraverso la quale si vorrebbe contrapporre – ad un dio guerrafondaio entrato nell’immaginario collettivo di una Chiesa del passato spietata e matrigna, che usava Dio per imporre dottrine, dogmi e stili di vita troppo castranti – un Dio tutto misericordia, la cui giustizia non è distruggere Sodoma e Gomorra, ma mettere in pratica le pie intenzioni di voler vedere tutti salvati, a prescindere dai propri peccati personali.


Si vuole contrapporre un dio islamico che arma questo terrorismo attuale (quando mai il dio dell’Islam è stato misericordioso!), ad un Dio che – giustamente – non fa violenza sulle persone inermi. Ma le persone abitanti in Sodoma e Gomorra, seppur non armate, non erano affatto inermi… erano colpevoli di uno di quei peccati gravi che “gridano vendetta al cospetto di Dio”, la sodomia, la quale non è meno grave di un terrorista che si fa esplodere in mezzo alla gente. Perché mentre il terrorista uccide i corpi, i sodomiti uccidono le anime. E questo vale sia per chi, omosessuale pratica la sodomia e la rivendica come atto moralmente lecito e santo, ma sia anche per chi, affermandosi etero e vantando anche un matrimonio cristiano, fa uso di questa spregevole e perversa unione dei corpi. Ed è allarmante che il termine “sodomia” sia scomparso dalla predicazione moderna.


Come si arriva a queste conclusioni? Sempre dalla Gmg – privata dell’adorazione Eucaristica pubblica con il Papa inginocchiato davanti al Re dei re – stanno arrivando messaggi contrastanti ed inquietanti. Alla Messa di apertura fatta dal cardinale di Cracovia Stanisław Dziwisz, il 26 luglio, per fare un esempio, prima dell’arrivo del Papa, ha detto testuali parole: “riconosciamoci peccatori, bisognosi della misericordia di Dio“. All’apparenza è una frase lucida e tranquilla, e invece no! L’atto penitenziale dice che abbiamo DEI PECCATI da farci perdonare, abbiamo dei peccati che riconosciamo come tali e per cui ci pentiamo, chiedendo perdono a Dio e quindi volendo rimuoverli facendoci aiutare proprio da una autentica confessione e poi dalla Messa, dalla Eucaristia.


E’ stato rimosso quel “riconoscere i propri peccati” sostituito da un più generico “riconosciamoci peccatori”. Guardate che l’astuzia del demonio non ha rivali! Se non riconosciamo I SINGOLI PECCATI, ma restiamo fermi al generico “siamo peccatori” (e tutti lo siamo), sarà impossibile cambiare davvero e allora ecco la soluzione più semplice: Sodoma e Gomorra non furono distrutte. Perché sembra oramai scontato che l’essere peccatori è generalizzato esclusivamente alle opere materiali, mentre si sorvola tranquillamente sui peccati personali e che sono, in primis, grave offesa a Dio.


Perciò stiamo tutti tranquilli, cantiamo, balliamo e facciamo festa, non c’è bisogno di alcuna conversione personale, l’importante è riconoscerci peccatori, così in generale, perchè abbiamo pastori che – come Abramo – intercedono per noi, non ci giudicano, e Dio ci perdonerà. Del resto lo ha detto Lutero: basta che tu accetti Gesù Cristo come tuo Salvatore e anche se continui a peccare, Egli ti salverà lo stesso.


Ci par corretto segnalare la profezia di San Gregorio Magno, perché sembra proprio un monito a questi fatti, dice:


“La Chiesa sarà come Giobbe sofferente, esposto alle perfide insinuazioni di sua moglie e alle critiche amare dei suoi amici; egli, davanti al quale gli anziani si alzavano e i principi tacevano!


La Chiesa – dice più volte il grande Papa – verso la fine del suo pellegrinaggio, sarà privata del suo potere temporale; si cercherà di toglierle ogni punto d’appoggio sulla terra. Ma dice di più e dichiara che essa sarà spogliata dello sfarzo stesso che deriva dai doni soprannaturali.


Il potere dei miracoli – dice – sarà ritirato, la grazia delle guarigioni tolta, la profezia sarà scomparsa, il dono di una lunga astinenza sarà diminuito, gli insegnamenti della dottrina taceranno, i prodigi miracolosi cesseranno.


Così dicendo non si vuole dire che non ci sarà più nulla di tutto questo; ma tutti questi segni non brilleranno più apertamente e sotto mille forme come nei primi secoli. Sarà anche l’occasione – spiega ancora il Pontefice – di un meraviglioso discernimento.


In questo stato umiliato della Chiesa, aumenterà la ricompensa dei buoni, che aderiranno a lei unicamente in vista dei beni celesti; quanto ai malvagi, non vedendo più in lei alcuna attrattiva temporale, non avranno nulla da nascondere, si mostreranno quali sono” (Moralia in Job, libro 35).







la risposta di Benedetto XVI: i dieci giusti che NON salvarono Sodoma e Gomorra....




Cari fratelli e sorelle,

nelle due scorse catechesi abbiamo riflettuto sulla preghiera come fenomeno universale, che – pur in forme diverse – è presente nelle culture di tutti i tempi. Oggi, invece, vorrei iniziare un percorso biblico su questo tema, che ci guiderà ad approfondire il dialogo di alleanza tra Dio e l’uomo che anima la storia della salvezza, fino al culmine, alla parola definitiva che è Gesù Cristo.

Questo cammino ci porterà a soffermarci su alcuni importanti testi e figure paradigmatiche dell’Antico e del Nuovo Testamento. Sarà Abramo, il grande Patriarca, padre di tutti i credenti (cfr. Romani 4, 11-12.16-17), ad offrirci un primo esempio di preghiera, nell’episodio dell’intercessione per le città di Sodoma e Gomorra.

E vorrei anche invitarvi ad approfittare del percorso che faremo nelle prossime catechesi per imparare a conoscere di più la Bibbia, che spero abbiate nelle vostre case, e, durante la settimana, soffermarsi a leggerla e meditarla nella preghiera, per conoscere la meravigliosa storia del rapporto tra Dio e l’uomo, tra Dio che si comunica a noi e l’uomo che risponde, che prega.

Il primo testo su cui vogliamo riflettere si trova nel capitolo 18 del libro della Genesi; si narra che la malvagità degli abitanti di Sodoma e Gomorra era giunta al culmine, tanto da rendere necessario un intervento di Dio per compiere un atto di giustizia e per fermare il male distruggendo quelle città.

È qui che si inserisce Abramo con la sua preghiera di intercessione. Dio decide di rivelargli ciò che sta per accadere e gli fa conoscere la gravità del male e le sue terribili conseguenze, perché Abramo è il suo eletto, scelto per diventare un grande popolo e far giungere la benedizione divina a tutto il mondo. La sua è una missione di salvezza, che deve rispondere al peccato che ha invaso la realtà dell’uomo; attraverso di lui il Signore vuole riportare l’umanità alla fede, all’obbedienza, alla giustizia. E ora, questo amico di Dio si apre alla realtà e al bisogno del mondo, prega per coloro che stanno per essere puniti e chiede che siano salvati.

Abramo imposta subito il problema in tutta la sua gravità, e dice al Signore: "Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?" (vv. 23-25).

Con queste parole, con grande coraggio, Abramo mette davanti a Dio la necessità di evitare una giustizia sommaria: se la città è colpevole, è giusto condannare il suo reato e infliggere la pena, ma – afferma il grande Patriarca – sarebbe ingiusto punire in modo indiscriminato tutti gli abitanti. Se nella città ci sono degli innocenti, questi non possono essere trattati come i colpevoli. Dio, che è un giudice giusto, non può agire così, dice Abramo giustamente a Dio.

Se leggiamo, però, più attentamente il testo, ci rendiamo conto che la richiesta di Abramo è ancora più seria e più profonda, perché non si limita a domandare la salvezza per gli innocenti. Abramo chiede il perdono per tutta la città e lo fa appellandosi alla giustizia di Dio; dice, infatti, al Signore: "E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano?" (v. 24b). Così facendo, mette in gioco una nuova idea di giustizia: non quella che si limita a punire i colpevoli, come fanno gli uomini, ma una giustizia diversa, divina, che cerca il bene e lo crea attraverso il perdono che trasforma il peccatore, lo converte e lo salva.

Con la sua preghiera, dunque, Abramo non invoca una giustizia meramente retributiva, ma un intervento di salvezza che, tenendo conto degli innocenti, liberi dalla colpa anche gli empi, perdonandoli. Il pensiero di Abramo, che sembra quasi paradossale, si potrebbe sintetizzare così: ovviamente non si possono trattare gli innocenti come i colpevoli, questo sarebbe ingiusto, bisogna invece trattare i colpevoli come gli innocenti, mettendo in atto una giustizia "superiore", offrendo loro una possibilità di salvezza, perché se i malfattori accettano il perdono di Dio e confessano la colpa lasciandosi salvare, non continueranno più a fare il male, diventeranno anch’essi giusti, senza più necessità di essere puniti.

È questa la richiesta di giustizia che Abramo esprime nella sua intercessione, una richiesta che si basa sulla certezza che il Signore è misericordioso. Abramo non chiede a Dio una cosa contraria alla sua essenza, bussa alla porta del cuore di Dio conoscendone la vera volontà. Certo Sodoma è una grande città, cinquanta giusti sembrano poca cosa, ma la giustizia di Dio e il suo perdono non sono forse la manifestazione della forza del bene, anche se sembra più piccolo e più debole del male? La distruzione di Sodoma doveva fermare il male presente nella città, ma Abramo sa che Dio ha altri modi e altri mezzi per mettere argini alla diffusione del male. È il perdono che interrompe la spirale del peccato, e Abramo, nel suo dialogo con Dio, si appella esattamente a questo. E quando il Signore accetta di perdonare la città se vi troverà i cinquanta giusti, la sua preghiera di intercessione comincia a scendere verso gli abissi della misericordia divina. Abramo – come ricordiamo – fa diminuire progressivamente il numero degli innocenti necessari per la salvezza: se non saranno cinquanta, potrebbero bastare quarantacinque, e poi sempre più giù fino a dieci, continuando con la sua supplica, che si fa quasi ardita nell’insistenza: "forse là se ne troveranno quaranta… trenta… venti… dieci" (cfr vv. 29.30.31.32). E più piccolo diventa il numero, più grande si svela e si manifesta la misericordia di Dio, che ascolta con pazienza la preghiera, l’accoglie e ripete ad ogni supplica: "perdonerò… non distruggerò… non farò" (cfr vv. 26.28.29.30.31.32).

Così, per l’intercessione di Abramo, Sodoma potrà essere salva, se in essa si troveranno anche solamente dieci innocenti. È questa la potenza della preghiera. Perché attraverso l’intercessione, la preghiera a Dio per la salvezza degli altri, si manifesta e si esprime il desiderio di salvezza che Dio nutre sempre verso l’uomo peccatore. Il male, infatti, non può essere accettato, deve essere segnalato e distrutto attraverso la punizione: la distruzione di Sodoma aveva appunto questa funzione. Ma il Signore non vuole la morte del malvagio, ma che si converta e viva (cfr. Ezechiele 18, 23; 33, 11); il suo desiderio è sempre quello di perdonare, salvare, dare vita, trasformare il male in bene.

Ebbene, è proprio questo desiderio divino che, nella preghiera, diventa desiderio dell’uomo e si esprime attraverso le parole dell’intercessione. Con la sua supplica, Abramo sta prestando la propria voce, ma anche il proprio cuore, alla volontà divina: il desiderio di Dio è misericordia, amore e volontà di salvezza, e questo desiderio di Dio ha trovato in Abramo e nella sua preghiera la possibilità di manifestarsi in modo concreto all’interno della storia degli uomini, per essere presente dove c’è bisogno di grazia. Con la voce della sua preghiera, Abramo sta dando voce al desiderio di Dio, che non è quello di distruggere, ma di salvare Sodoma, di dare vita al peccatore convertito.

È questo che il Signore vuole, e il suo dialogo con Abramo è una prolungata e inequivocabile manifestazione del suo amore misericordioso. La necessità di trovare uomini giusti all’interno della città diventa sempre meno esigente e alla fine ne basteranno dieci per salvare la totalità della popolazione. Per quale motivo Abramo si fermi a dieci, non è detto nel testo. Forse è un numero che indica un nucleo comunitario minimo (ancora oggi, dieci persone sono il quorum necessario per la preghiera pubblica ebraica). Comunque, si tratta di un numero esiguo, una piccola particella di bene da cui partire per salvare un grande male. Ma neppure dieci giusti si trovavano in Sodoma e Gomorra, e le città vennero distrutte. Una distruzione paradossalmente testimoniata come necessaria proprio dalla preghiera d’intercessione di Abramo. Perché proprio quella preghiera ha rivelato la volontà salvifica di Dio: il Signore era disposto a perdonare, desiderava farlo, ma le città erano chiuse in un male totalizzante e paralizzante, senza neppure pochi innocenti da cui partire per trasformare il male in bene. Perché è proprio questo il cammino della salvezza che anche Abramo chiedeva: essere salvati non vuol dire semplicemente sfuggire alla punizione, ma essere liberati dal male che ci abita. 

Non è il castigo che deve essere eliminato, ma il peccato, quel rifiuto di Dio e dell’amore che porta già in sé il castigo. Dirà il profeta Geremia al popolo ribelle: "La tua stessa malvagità ti castiga e le tue ribellioni ti puniscono. Renditi conto e prova quanto è triste e amaro abbandonare il Signore, tuo Dio" (Geremia 2, 19). È da questa tristezza e amarezza che il Signore vuole salvare l’uomo liberandolo dal peccato. Ma serve dunque una trasformazione dall’interno, un qualche appiglio di bene, un inizio da cui partire per tramutare il male in bene, l’odio in amore, la vendetta in perdono. Per questo i giusti devono essere dentro la città, e Abramo continuamente ripete: "forse là se ne troveranno…". "Là": è dentro la realtà malata che deve esserci quel germe di bene che può risanare e ridare la vita. È una parola rivolta anche a noi: che nelle nostre città si trovi il germe di bene; che facciamo di tutto perché siano non solo dieci i giusti, per far realmente vivere e sopravvivere le nostre città e per salvarci da questa amarezza interiore che è l’assenza di Dio. E nella realtà malata di Sodoma e Gomorra quel germe di bene non si trovava.

Ma la misericordia di Dio nella storia del suo popolo si allarga ulteriormente. Se per salvare Sodoma servivano dieci giusti, il profeta Geremia dirà, a nome dell’Onnipotente, che basta un solo giusto per salvare Gerusalemme: "Percorrete le vie di Gerusalemme, osservate bene e informatevi, cercate nelle sue piazze se c’è un uomo che pratichi il diritto, e cerchi la fedeltà, e io la perdonerò" (5,1). Il numero è sceso ancora, la bontà di Dio si mostra ancora più grande. Eppure questo ancora non basta, la sovrabbondante misericordia di Dio non trova la risposta di bene che cerca, e Gerusalemme cade sotto l’assedio del nemico.

Bisognerà che Dio stesso diventi quel giusto. E questo è il mistero dell’Incarnazione: per garantire un giusto egli stesso si fa uomo. Il giusto ci sarà sempre perché è lui: bisogna però che Dio stesso diventi quel giusto. L’infinito e sorprendente amore divino sarà pienamente manifestato quando il Figlio di Dio si farà uomo, il Giusto definitivo, il perfetto Innocente, che porterà la salvezza al mondo intero morendo sulla croce, perdonando e intercedendo per coloro che "non sanno quello che fanno" (Luca 23, 34). Allora la preghiera di ogni uomo troverà la sua risposta, allora ogni nostra intercessione sarà pienamente esaudita.

Cari fratelli e sorelle, la supplica di Abramo, nostro padre nella fede, ci insegni ad aprire sempre di più il cuore alla misericordia sovrabbondante di Dio, perché nella preghiera quotidiana sappiamo desiderare la salvezza dell’umanità e chiederla con perseveranza e con fiducia al Signore che è grande nell’amore.


Roma, 18 maggio 2011


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 14:58. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com