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LA FEDE CATTOLICA E LA DEMONOLOGIA testo ufficiale da meditare

Ultimo Aggiornamento: 14/11/2012 21:40
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14/11/2012 21:37
 
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LA DOTTRINA GENERALE DEI PADRI

Fin dal II secolo della nostra era Melitone di Sardi aveva scritto un’opera « Sul demonio »35 e sarebbe difficile citare un solo padre che su questo argomento abbia taciuto. Ovviamente, i più attenti a mettere in luce l’azione del diavolo furono quelli che illustrarono il disegno divino nella storia, specialmente sant’Ireneo e Tertulliano, i quali affrontarono successivamente il dualismo gnostico e Marcione; poi la volta di Vittorino di Pettau, e finalmente di sant’Agostino. Sant’Ireneo insegnò che il diavolo è un « angelo apostata »;36 che Cristo, ricapitolando in se stesso la guerra di questo nemico contro di noi, dovette affrontarlo agli inizi del suo ministero.37 Con maggiore ampiezza e vigore sant’Agostino lo mostrò all’opera nella lotta delle « due città », che hanno origine in cielo, quando le prime creature di Dio, gli angeli, si dichiararono fedeli o infedeli al loro Signore;38 nella società dei peccatori egli vide un « corpo » mistico del diavolo,39 di cui parlerà più tardi, nei Moralia in Job, anche s. Gregorio magno.40

Evidentemente, la maggioranza dei Padri, abbandonando con Origene l’idea di un peccato carnale degli angeli decaduti, videro nel loro orgoglio – cioè nel desiderio di innalzarsi al disopra della loro condizione, di affermare la loro indipendenza, di farsi credere Dio – il principio della loro caduta; ma, accanto a quest’orgoglio, molti sottolinearono anche la loro cattiveria nei confronti dell’uomo. Per sant’Ireneo, l’apostasia del diavolo sarebbe cominciata quando egli ebbe gelosia della creazione dell’uomo e cercò di farlo ribellare al suo autore.41 Secondo Tertulliano, satana, per contrastare il piano del Signore, avrebbe plagiato nei misteri pagani i sacramenti istituiti da Cristo.42 L’insegnamento patristico echeggiò dunque in maniera sostanzialmente fedele la dottrina e gli orientamenti del nuovo testamento.


IL CONCILIO LATERANENSE IV (1215)
E IL SUO ENUNCIATO DEMONOLOGICO

È vero che in venti secoli di storia il magistero consacrò alla demonologia soltanto poche dichiarazioni propriamente dogmatiche. La ragione è che l’occasione si presentò raramente, a due riprese soltanto, la più importante delle quali si situa all’inizio del XIII secolo, quando si manifestò una reviviscenza del dualismo manicheo e priscillianista con l’apparizione dei catari o albigesi; ma l’enunciato dogmatico di allora, formulato in un quadro dottrinale familiare, corrisponde molto da vicino alla nostra sensibilità, perché è coinvolta la visione dell’universo e la sua creazione da parte di Dio. « Noi crediamo fermamente e professiamo con semplicità... un principio unico dell’universo, creatore di tutte le cose visibili e invisibili, spirituali e corporee: con la sua onnipotenza all’inizio del tempo egli creò insieme dal nulla l’una e l’altra creatura, la spirituale e la corporea, cioè gli angeli e il mondo, poi la creatura umana che appartiene in qualche modo all’una e all’altra, composta di spirito e di corpo. Perché il diavolo e gli altri demoni sono stati creati da Dio naturalmente buoni, ma son diventati cattivi da se stessi, per propria iniziativa; quanto all’uomo, egli ha peccato per istigazione del diavolo ».43

L’essenziale di questa esposizione è sobrio. Sul diavolo e i demoni il Concilio si limita ad affermare che, creature dell’unico Dio, essi non sono sostanzialmente cattivi, ma lo divennero per il loro libero arbitrio. Non vengono precisati né il loro numero né la loro colpa, né l’estensione del loro potere: queste questioni, estranee allora al problema dogmatico, furono lasciate alle discussioni scolastiche. Ma l’affermazione del Concilio, per quanto sia succinta, resta di capitale importanza perché è emanazione del più grande Concilio del secolo XIII ed è messa in evidenza nella sua professione di fede, che, preceduta storicamente di poco da quelle imposte ai catari e ai valdesi,44 si collegava con le condanne pronunziate contro il priscillianismo di parecchi secoli prima.45 Questa professione di fede merita dunque d’essere considerata con attenzione.

Essa adotta la abituale struttura dei simboli dogmatici e trova facilmente posto nella loro serie, a partire dal Concilio di Nicea. Secondo il testo citato, si riassume dal nostro punto di vista in due temi connessi ed egualmente importanti per la fede: l’enunciato relativo al diavolo, sul quale dovremo fermarci in particolare, segue infatti una dichiarazione sul Dio creatore di tutte le cose « visibili e invisibili », cioè degli esseri corporei e angelici.


IL PRIMO TEMA DEL CONCILIO:
DIO CREATORE DEGLI ESSERI « VISIBILI E INVISIBILI»

Questa affermazione sul Creatore e la formula che la esprime hanno una importanza particolare per il nostro argomento, perché antiche al punto d’affondare le loro radici nella dottrina di san Paolo. L’apostolo infatti, glorificando il Cristo risorto, aveva affermato che egli esercita il dominio su tutti gli esseri « nei cieli, sulla terra e negli inferi »,46 « nel mondo presente e in quello futuro»;47 poi, affermandone la preesistenza, insegnò che « egli aveva creato tutto nei cieli e sulla terra, gli (esseri) visibili e quelli invisibili ».48 Questa dottrina della creazione ebbe ben presto la sua importanza per la fede cristiana, perché la gnosi e il marcionismo tentarono molto per tempo, prima del manicheismo e del priscillianismo, di farla vacillare. I primi simboli di fede specificarono regolarmente che « gli (esseri) visibili, e invisibili » sono tutti creati da Dio. Questa dottrina, affermata dal Concilio niceno-costantinopolitano,49 poi da quello di Toledo,50 si leggeva nelle professioni di fede di cui le grandi chiese si servivano nella celebrazione del battesimo;51 entrò anche nella grande preghiera eucaristica di san Giacomo a Gerusalemme,52 di san Basilio in Asia minore e ad Alessandria53 e di altre chiese d’oriente.54 Presso i Padri greci, essa appare fin da sant’Ireneo55 e nella Expositio fidei di sant’Atanasio.56 In occidente, la ritroviamo in Gregorio di Elvira,57 sant’Agostino,58 san Fulgenzio59 ecc.

Al tempo in cui i catari d’occidente, come i bogomili nell’Europa orientale, restaurarono il dualismo manicheo, la professione di fede del Concilio Lateranense IV non poteva far di meglio che riprendere questa dichiarazione e la sua formula, fin da allora di importanza definitiva. Ripetute, infatti, ben presto dalle professioni di fede del II Concilio di Lione,60 di Firenze61 e di Trento,62 riapparvero infine nella costituzioneDei Filius del Concilio Vaticano I,63 nei termini stessi del Concilio Lateranense IV del 1215. Si tratta dunque di una affermazione primordiale e costante della fede, che il Concilio Lateranense provvidenzialmente sottolineò per collegarvi il suo enunciato relativo a satana e ai demoni. In questo modo, indicò che il loro caso, già importante in se stesso, s’inseriva nel contesto più generale della dottrina sulla creazione universale e della fede agli esseri angelici.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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