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Dedichiamo una pagina a Don Luigi Villa non per canonizzarlo noi, ma per conoscerlo e pregare per lui e con lui

Ultimo Aggiornamento: 26/11/2012 19:09
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26/11/2012 19:05
 
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[SM=g1740720] Alcuni tentativi di assassinio

Per mettere a tacere un Sacerdote come don Villa, però, esisteva un solo metodo sicuro: l’eliminazione fisica. Infatti, la sua vita fu costellata da sette tentativi di assassinio.

Ne cito tre, brevemente.
1° Don Villa stava tornando da Roma a Brescia in macchina. Poco prima di Arezzo, la strada, sulla destra, rasentava uno strapiombo di almeno 100 metri. In quel tratto, egli si accorse di essere seguito da una macchina che poi lo affiancò, obbligandolo, a poco a poco, a portarsi sul ciglio della strada. Che fare? Don Villa vedeva ormai la morte davanti a sé. In quel momento, però, sopraggiunse una macchina della polizia. Don Villa suonò il clacson per richiamarla, ma la macchina che lo fiancheggiava accelerò e sparì.
Il Signore lo aveva salvato da morte certa!.. Quell’incidente don Villa lo raccontò, poi, al card. Palazzini, alla presenza del Professor Luigi Gedda, il quale esclamò: «Ma allora, siamo in guerra!».

2° Don Villa si stava recando, in macchina, da un suo sacerdote amico, don Berni, parroco a Corlanzone, presso Lonigo (Vicenza). Uscì dal casello dell’autostrada e si avviò sulla statale che lo avrebbe portato a destinazione. Improvvisamente, gli si bloccarono gli arti, mani e gambe, e si sentì paralizzato. Chi gli aveva dato narcotici?..
Ad una curva della strada, don Villa, sebbene ad occhi aperti, vide la macchina andare dritta in un prato che costeggiava un canale largo 6-7 metri e profondo due, con acqua e molta melma. Egli vedeva tutto come in un sogno, senza essere in grado di agire. I suoi arti restavano paralizzati. Ormai, continuando la corsa, la macchina, si trovava a pochi metri dal canale... ma a pochi centimetri dall’orlo, improvvisamente, il motore dell’auto si bloccò di colpo. Fu un grande miracolo! Pochi secondi ancora ed egli sarebbe caduto nel canale e sparito sul fondo, con la macchina che gli avrebbe fatto da bara.
Con l’improvviso blocco dell’automobile, don Villa ebbe come un risveglio e uscì dalla macchina. Egli si vide circondato da parecchia folla e un Vigile urbano gli propose di portarlo all’ospedale. Don Villa rifiutò, risalì in macchina e ripartì.

3° Dopo diversi mesi, don Villa fece visita ad un suo “amico” sacerdote e, dopo il pranzo, terminato con un caffè, tornò a casa. Durante il viaggio, però, cominciò a sentirsi male; arrivato a casa, era in tali condizioni di salute che fu chiamato subito il suo medico. La diagnosi fu: “avvelenamento”. Il medico gli disse: «Le hanno dato un caffè avvelenato?». Comunque, nell’arco di alcuni giorni, il medico riuscì a far uscire don Villa dal pericolo di morte.

Dopo alcuni anni, accompagnando don Villa da un suo conoscente altolocato e molto ferrato sul problema dell’infiltrazione massonica nella Chiesa, assistetti ad un loro colloquio sulla questione della “Lista Pecorelli”, che era stata pubblicata da “Chiesa viva” proprio alcuni mesi prima del tentato avvelenamento. Sentii uno dei due ricordare le parole pronunciate dal card. Silvio Oddi a proposito di questa “Lista”. Il Cardinale aveva detto: «È una lista tutta da una parte». L’altro, invece, disse: «La Lista Pecorelli è la Lista di tutti gli uomini del card. Agostino Casaroli» e aggiunse: «Casaroli è il Capo di quattro Logge massoniche in Vaticano». Poi, seguì una frase che mi fece comprendere il vero significato della pubblicazione di quella “Lista” da parte dell’avvocato Mino Pecorelli, egli stesso membro della Loggia P2 e Direttore della Rivista “OP” (Osservatore Politico) che, il 12 settembre 1978, l’aveva pubblicata.
Uno dei due interlocutori disse: «La “Lista Pecorelli” è stata fatta pubblicare dalla Massoneria stessa per fermare l’ascesa al Papato del card. Agostino Casaroli».
Infatti, il discorso proseguì con la considerazione che il card. Casaroli era talmente potente in Vaticano che solo la Massoneria avrebbe potuto fermarlo, se non fosse stato da lei prescelto come Papa.

Benelli, Casaroli, Ruini

Mons. Giovanni Benelli fu, prima, Pro-segretario di Stato, poi, dal 1977 Vescovo di Firenze e, subito dopo, fatto Cardinale. Dopo la morte di Paolo VI, aveva tentato di essere eletto Papa, ma fu invece eletto il card. Siri, il quale, per le terribili minacce fatte dallo stesso card. Benelli, dovette desistere. E così, come compromesso, fu eletto il card. Luciani, col nome di Giovanni Paolo I.
Ma dopo 33 giorni di regno, Giovanni Paolo I fu ucciso.
Fu lo stesso don Villa a chiedere al card. Palazzini di far fare un’autopsia al Papa, e per essere più convincente, radunata la stampa di Roma, ventilò il dubbio di un assassinio. Il card. Palazzini, allora, fece eseguire tre autopsie, che furono chiamate “visite mediche”. Il risultato di tutte e tre fu: “Assassinato”!
La pubblicazione della “Lista Pecorelli” troncò la candidatura del card. Casaroli; e dopo un altro scontro tra Benelli e Siri, dopo la morte di Luciani, fu eletto il card. Karol Woytjla, il vero predestinato e prediletto della Massoneria.

Con la morte del card. Giovanni Benelli, avvenuta nel 1982, l’uomo più potente in Vaticano era il card. Agostino Casaroli.
Ma “Chiesa viva” aveva ancora dei validi e coraggiosi collaboratori; infatti, a fianco di quelli che abbandonavano la battaglia, vi erano anche personaggi che, malgrado la loro elevata posizione in Vaticano, si dichiaravano apertamente collaboratori della Rivista e difensori di don Villa.
Uno di questi fu mons. Nicolino Sarale, che lavorò in Segreteria di Stato dal 1978 al 1995, anno della sua morte.
Mons. Sarale, per “Chiesa viva”, scrisse libri e quattro cicli completi di Omelie per Sacerdoti e, negli ultimi anni della sua vita, tenne la rubrica: “Osservatorio Romano”, in cui denunciava la crescente crisi interna della Chiesa.
Mons. Sarale non era solo un collaboratore, ma anche la “sentinella” di don Villa in Segreteria di Stato, e gli scrisse lunghe lettere sulle questioni più delicate e scottanti della Chiesa. Egli era un uomo limpido e coraggioso: ogni mese riceveva 50 copie di “Chiesa viva” che diffondeva anche in Segreteria di Stato. Egli aveva il coraggio di difendere don Villa di fronte ad alti Prelati, e persino di fronte al Papa.
Alcuni anni dopo la morte di questo carissimo amico di don Luigi, mettendo insieme varie frasi udite dal Padre ed altri articoli letti sui giornali, riuscii a farmi un’idea sulla strana morte di Mons. Sarale, avvenuta il 27 settembre 1995.

Un giorno, don Villa mi raccontò di una sua visita a mons. Sarale, il quale, parlando della sua salute, gli accennò ad una sua malattia alle ginocchia e di certe iniezioni che il medico gli faceva in quelle parti del corpo. Don Luigi aggiunse di aver ottenuto da lui l’involucro della confezione di queste iniezioni e di averle mostrate al suo medico, il quale, dopo aver associato la malattia del Monsignore alle iniezioni che gli venivano praticate, esclamò: «Ma queste iniezioni provocano il cancro!».
Difatti Mons. Sarale morì a seguito di una operazione che si era resa necessaria per poterlo salvare da un cancro, che si era sviluppato allo stomaco, con una rapidità impressionante.
Dopo la morte di mons. Sarale, sui giornali, scoppiò lo scandalo del medico di Giovanni Paolo II, il quale - si diceva - era riuscito ad arrivare fino a quella posizione senza alcun concorso, e che, dopo lo scandalo, si defilò. Era quello lo stesso medico che aveva praticato le iniezioni alle ginocchia di mons. Nicolino Sarale?

Gli anni 1990, sulla scena del Vaticano, videro il ritiro del card. Agostino Casaroli da Segretario di Stato, il declino del card. Ugo Poletti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) e Vicario di Sua Santità, e la contemporanea ascesa di mons. Camillo Ruini.
I cardinali Casaroli e Poletti, entrambi massoni, figurano nella “Lista Pecorelli” con tanto di data di iniziazione, di Numero di matricola e di Sigla.

Il card. Casaroli era l’alfiere della politica filo-comunista di Paolo VI, chiamata “Ostpolitik”, e dalla sua carica di Segretario di Stato, a fianco di Giovanni Paolo II, era l’uomo più potente del Vaticano, che aveva, come secondo, solo il card. Ugo Poletti, il quale aveva fatto una carriera fulminea, con Paolo VI, per una ragione molto particolare.
Divenuto Arcivescovo di Milano, mons. Montini prese la decisione di chiudere e spostare altrove “Il Popolo d’Italia”, un giornale ben consolidato, e pubblicato dalla Diocesi di Novara. L’arcivescovo di Novara, mons. Gilla Vincenzo Gremigni, protestò perché questo atto non era di giurisdizione dell’Arcivescovo Montini. Ai primi di gennaio 1963, solo sei mesi prima della sua elezione al papato, Montini inviò all’Arcivescovo di Novara una lettera di tale contenuto che, al leggerla, Gremigni ebbe un attacco di cuore e morì. La lettera fu trovata dall’Ausiliare, mons. Ugo Poletti, il quale la custodì per sè.
Quando Montini divenne Papa, il fantasma dell’Arcivescovo Gremigni lo seguì nella persona di mons. Poletti. Nel 1967, la stampa italiana ricevette l’informazione che la morte dell’Arcivescovo Gremigni aveva a che fare col nuovo Papa.

Subito dopo, Poletti ebbe una serie di miracolose promozioni da parte di Paolo VI: Vescovo di Spoleto (1967), Vicereggente di Roma, e cioè il più stretto collaboratore del card. Angelo Dell’Acqua (Segretario di Stato e Vicario del Papa) (1969), Cardinale (1973), Vicario del Papa (1973), Presidente della CEI (1985).

Già nel 1986, mons. Camillo Ruini era diventato il pupillo del card. Poletti come suo Segretario della CEI, ma pochi anni dopo, nel 1991, mons. Ruini fu proiettato al vertice del potere vaticano; in rapida successione, egli fu nominato: Cardinale, Vicario del Papa e Presidente della CEI, mantenendo questi ultimi due titoli per molti e, forse, troppi anni.
Nel 1991, il card. Camillo Ruini era diventato l’uomo più potente del Vaticano.
Lo stesso anno 1991, don Villa iniziò a pubblicare, su “Chiesa viva”, una lunga serie di articoli sul movimento Neo-catecumenale, fino a quando, il 13 maggio 2000, questi furono raccolti e pubblicati in un libro, dal titolo: “Eresie nella dottrina neo-catecumenale” che denunciava le 18 eresie di questo Movimento, diretto da Francesco Argüello, detto “Kiko” e della sua compagna, una ex suora, di nome Carmen Hernandez.
Di sicuro, questi attacchi non piacquero al card. Ruini, poiché era proprio lui il Protettore ufficiale di questo Movimento ereticale.
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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