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La Città di Dio (De civitate Dei) Libro XVIII profezie sul Cristo, la Chiesa, il giudizio

Ultimo Aggiornamento: 01/01/2013 12:29
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22/12/2012 22:29
 
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SOMMARIO

1. Argomenti trattati nei diciassette libri fino alla venuta del Salvatore.

2. Re e periodi della città terrena, ai quali dalla nascita di Abramo sono riferiti i periodi dei santi d'Israele.

3. Quali sovrani regnavano in Assiria e a Sicione quando ad Abramo centenario nacque secondo la promessa Isacco e quando allo stesso Isacco sessantenne nacquero da Rebecca i gemelli Esaù e Giacobbe.

4. L'epoca di Giacobbe e del figlio Giuseppe.

5. Api fu re di Argo e gli Egiziani lo onorarono come dio dopo averlo denominato Serapide.

6. Chi regnava ad Argo e chi in Assiria quando Giacobbe morì in Egitto?

7. Sotto quali re Giuseppe morì in Egitto?

8. I re sotto i quali nacque Mosè e divinità di cui in quel tempo si affermò il culto.

9. Periodo in cui fu fondata Atene e motivo del nome secondo Varrone.

10. Opinione di Varrone sulla denominazione dell'Areopago e sul diluvio di Deucalione.

11. Tempo in cui Mosè fece uscire il popolo di Dio dall'Egitto e re durante il cui regno morì Giosuè di Nun che gli successe.

12. Feste di falsi dèi che i re di Grecia istituirono negli anni che si calcolano dall'uscita d'Israele dall'Egitto alla morte di Giosuè di Nun.

13. Mitologia sorta nel periodo in cui i Giudici cominciarono a governare gli Ebrei.

14. I poeti teologi.

15. Fine del regno di Argo. Tempo in cui a Laurento Pico, figlio di Saturno, per primo ebbe il regno di suo padre.

16. Diomede dopo la distruzione di Troia fu annoverato fra gli dèi e si credette che i suoi compagni fossero cambiati in uccelli.

17. Il pensiero di Varrone sulle incredibili metamorfosi umane.

18. Che cosa si deve pensare delle metamorfosi che con l'arte dei demoni, come sembra, capitano agli uomini?

19. Enea venne in Italia nel tempo in cui il giudice Labdon dirigeva gli Ebrei.

20. Successione del potere regio in Israele dopo il periodo dei Giudici.

21. Re del Lazio, dei quali il primo Enea e il dodicesimo Aventino divennero dèi.

22. Roma fu fondata nel periodo in cui cadde il regno d'Assiria ed Ezechia era re nel regno di Giuda.

23. Della Sibilla Eritrea, a preferenza delle altre Sibille, si sa che ha preannunziato molti avvenimenti sul Cristo.

24. Durante il regno di Romolo furono famosi i sette sapienti e nel medesimo tempo le dieci tribù denominate d'Israele furono condotte in schiavitù dai Caldei. Romolo dopo la morte fu celebrato col culto dovuto a un dio.

25. Quali filosofi si segnalarono mentre a Roma regnava Tarquinio Prisco, presso gli Ebrei Sedecia, quando Gerusalemme fu occupata e il tempio distrutto.

26. Nel tempo in cui, dopo settant'anni, terminò la schiavitù dei Giudei, anche i Romani furono liberati dal dominio dei re.

27. Cominciò il periodo dei Profeti, che consegnarono ai libri le proprie predizioni e che previdero molte cose sulla vocazione dei pagani, quando iniziò il regno di Roma e terminò quello d'Assiria.

28. Che cosa Osea ed Amos hanno profetato sugli avvenimenti relativi al Vangelo del Cristo?

29. Verità che Isaia ha predetto sul Cristo e sulla Chiesa.

30. Verità conformi al Nuovo Testamento che Michea, Giona e Gioele hanno predetto.

31. Quali preannunzi sulla salvezza dell'uomo si trovano in Abdia, Naum ed Abacuc.

32. Profezia contenuta nella preghiera e cantico di Abacuc.

33. Eventi che con ispirazione profetica Geremia e Sofonia hanno previsto sul Cristo e sulla vocazione dei pagani.

34. Le profezie sul Cristo e sulla Chiesa di Ezechiele e Daniele concordano.

35. Predizione dei tre profeti Aggeo, Zaccaria e Malachia.

36. Esdra e i libri dei Maccabei.

37. Si dimostra che l'attestazione profetica è anteriore a qualsiasi prima affermazione della filosofia pagana.

38. Il canone della Chiesa non ha accolto, a causa della eccessiva antichità, alcuni scritti dei santi affinché, con il ricorso a loro, non s'inserissero libri apocrifi fra gli autentici.

39. La letteratura ebraica ebbe sempre una propria lingua.

40. Menzognera presunzione degli Egiziani che attribuiscono all'antichità della propria cultura centomila anni.

41. Dissensi dei sistemi di filosofia e concordia delle Scritture canoniche nella Chiesa.

42. Disposizione della provvidenza di Dio per cui la Bibbia fu tradotta dall'ebraico al greco affinché fosse conosciuta dai pagani.

43. Autorità dei Settanta che, salvo l'onore dovuto al modo d'esprimersi dell'ebraico, è da preferire a tutti i traduttori.

44. Criterio per interpretare l'avvertimento della distruzione di Ninive che nel testo ebraico ha lo spazio di quaranta giorni e nei Settanta si annunzia nello spazio di tre giorni.

45. Dopo la distruzione del tempio i Giudei cessarono dall'aver profeti e in seguito, fino alla venuta del Cristo, sono stati tormentati da continui disastri, affinché si comprendesse che con le parole dei Profeti era stata promessa la costruzione di un altro tempio.

46. Nascita del nostro Salvatore secondo le parole che il Verbo è divenuto uomo. Dispersione dei Giudei fra tutti i popoli come era stato profetizzato.

47. Prima del cristianesimo vi furono alcuni fuori della razza ebraica che appartennero al consorzio della città del cielo?

48. La predizione di Aggeo che in seguito la gloria della casa di Dio sarebbe più grande di come era stata si è adempiuta non con la riedificazione del tempio ma nella Chiesa del Cristo.

49. In un indeterminato accrescimento della Chiesa in questo mondo molti reprobi si frammischiano agli eletti.

50. La predicazione del Vangelo è divenuta più insigne mediante il martirio di coloro che lo annunziavano.

51. La fede cattolica è confermata anche dai dissensi degli eretici.

52. Si deve forse ammettere, come alcuni pensano, che terminate le dieci persecuzioni già trascorse, non ve ne sarà nessun'altra oltre l'undicesima che avverrà al tempo dell'Anticristo?

53. Il tempo dell'ultima persecuzione non è stato manifestato all'uomo.

54. È molto sciocca la menzogna dei pagani, i quali hanno inventato che la religione cristiana non rimarrà oltre i trecentosessantacinque anni.


Libro diciottesimo
CONFRONTO DELLE DUE CITTÀ NELL'EVOLUZIONE STORICA



Confronto sincronistico delle due città nell'evoluzione storica [1-26]


Gli argomenti già trattati.
1. Mi sono impegnato a scrivere sull'origine, il progresso e le rispettive competenze delle due città, una di Dio, l'altra del tempo, in cui convive, per quanto attiene al genere umano, anche la celeste in esilio. Ho prima confutato, nella misura in cui mi ha aiutato la grazia di Dio, i nemici della sua città che preferiscono i propri dèi a Cristo, suo fondatore, e con astio a loro funesto avversano spietatamente i cristiani. Ho trattato questo argomento nei primi dieci libri. Riguardo al triplice mio intento, che poco fa ho ricordato, è stata trattata l'origine di tutte e due le città nei quattro libri che seguono al decimo e la loro evoluzione dal primo uomo fino al diluvio in un unico libro, che è il decimoquinto di questa opera, e da quell'evento fino ad Abramo di nuovo tutte e due le città hanno progredito tanto nel tempo come nella mia trattazione. Ma dal patriarca Abramo fino all'epoca dei re d'Israele, argomento con cui ho condotto a termine il libro decimosesto, e da lì alla venuta del Salvatore del mondo, fino alla quale si svolge il libro decimosettimo, dal mio modo di trattare sembra che abbia progredito soltanto la città di Dio, sebbene non da sola sia progredita nel tempo ma l'una e l'altra, evidentemente nel genere umano, come dal principio, con il loro evolversi hanno differenziato le varie epoche. Ho agito così affinché, senza l'interruzione dovuta all'antitesi con l'altra città, la città di Dio apparisse più distintamente nel suo evolversi da quando cominciarono ad essere più manifeste le promesse di Dio fino alla nascita di Gesù dalla Vergine, perché in lui si dovevano verificare gli eventi preannunciati dal principio. Essa però fino alla rivelazione della Nuova Alleanza progredì non nella luce ma nell'ombra. Ora, noto che si deve eseguire ciò che avevo omesso, trattare cioè nella misura adeguata come abbia progredito dal tempo di Abramo anche la città terrena, affinché le due città si possano confrontare nella riflessione dei lettori.

Economia della città terrena.
2. 1. L'umana collettività, diffusa in ogni parte del mondo e in ambienti assai diversi, è tuttavia legata da una determinata comunanza d'un medesimo istinto naturale poiché tutti si assicurano l'utile e il dilettevole. Difatti l'oggetto che si appetisce non basta a nessuno o per lo meno non a tutti perché non è sempre lo stesso. Quindi la collettività spesso è divisa da un interno dissidio e la parte che prevale opprime l'altra. La vinta si sottomette alla vincitrice perché preferisce al potere e perfino alla libertà una tranquillità qualsiasi e la conservazione dell'esistenza 1 al punto che sono stati di grande ammirazione coloro che preferirono morire che essere schiavi 2. Difatti in quasi tutti i popoli si è fatto udire l'appello del naturale istinto sicché i vinti in quel frangente preferirono sottomettersi ai vincitori anziché essere completamente sterminati da una devastazione militare. Da ciò è avvenuto, non senza la provvidenza di Dio da cui dipende che un popolo con la guerra sia soggiogato e un altro soggioghi, che alcuni furono insigniti di dominio e altri soggetti a dominatori. Ma fra i numerosi imperi del mondo, nei quali fu distribuita la collettività dell'utile o dilettevole terreno, che con termine generico definiamo la città di questo mondo, possiamo notare che due imperi, molto più famosi degli altri, hanno avuto buon esito, prima quello di Assiria poi quello di Roma, ben collocati e distinti fra di sé nel tempo e nello spazio. Infatti come quello si è segnalato prima e questo dopo, così quello in Oriente e questo in Occidente. Inoltre alla fine del primo impero immediatamente si ebbe l'inizio del secondo 3. Considererei gli altri imperi e sovrani come appendici di questi due.

Gli imperi e le due metropoli.
2. 2. Nino fu il secondo re dell'Assiria e successe a suo padre Belo, primo sovrano di quell'impero, quando nella Caldea nacque Abramo 4. Vi era in quel tempo anche il regno assai piccolo di Sicione dal quale Marco Varrone, nell'opera La razza del popolo romano, come da un evo antico ha fatto derivare i Romani. Dai re di Sicione infatti la razza è giunta agli Ateniesi, da essi ai Latini e poi ai Romani 5. Ma prima della fondazione di Roma, nel confronto con l'impero di Assiria, questi sono fatti di poco rilievo, sebbene anche Sallustio, storico romano, ammette che in Grecia Atene si distinse, però più nella fama che nella realtà storica. Parlando di essa dice: Le conquiste civili di Atene, come io ritengo, furono rilevanti e illustri, ma meno importanti di come sono celebrate dalla fama. Ma poiché in essa fiorirono letterati di grande ingegno, in tutto il mondo la civiltà di Atene viene considerata fra le più grandi. Così il pregio di coloro che l'hanno realizzata è considerato eccellente in proporzione al modo con cui l'hanno potuto esaltare singolari capacità mentali 6. Si aggiudica a questa città la non piccola gloria anche da parte della letteratura e filosofia perché vi fiorirono in modo singolare queste attività. Per quanto riguarda l'impero, nell'evo antico non ve ne fu alcuno più grande di quello dell'Assiria né così esteso di territorio. Si dice che il re Nino, figlio di Belo, aveva assoggettato fino ai confini della Libia tutta l'Asia, che per numero è una delle tre parti del mondo, ma in estensione la metà 7. Verso Oriente soltanto sull'India non dominava, tuttavia alla morte di Nino la moglie Semiramide l'assoggettò con una guerra 8. Avvenne così che in quelle parti ogni popolo e re erano sottomessi all'impero e alla giurisdizione dell'Assiria e ne eseguivano ogni ordine. Abramo nacque in quell'impero nella Caldea al tempo di Nino. Però la storia della Grecia ci è molto più nota di quella dell'Assiria e quelli che hanno eseguito ricerche sulla razza del popolo romano nella sua prima origine hanno fatto derivare la cronologia dei fatti dai Greci ai Latini e poi ai Romani, che anche essi sono Latini. Devo dunque, quando è necessario, fare i nomi dei sovrani d'Assiria affinché sia evidente come Babilonia, quasi prima Roma, si evolva assieme alla città di Dio in esilio in questo mondo. Tuttavia soprattutto dalla Grecia e dal mondo latino in cui è Roma come una seconda Babilonia 9, devo scegliere i fatti che è opportuno inserire in questa opera per un confronto fra le due città, la terrena e la celeste.

Abramo e i re d'Assiria e di Sicione.
2. 3. Quando dunque nacque Abramo, come secondo re in Assiria era Nino e a Sicione Europe, primi furono rispettivamente Belo ed Egialeo. Quando dopo l'uscita di Abramo da Babilonia Dio gli promise un grande popolo della sua stirpe e la benedizione di tutti i popoli nella sua discendenza, l'Assiria aveva il quarto re, Sicione il quinto. In Assiria regnava il figlio di Nino successo alla madre Semiramide che, come si narra, era stata da lui uccisa perché, pur essendo madre, aveva osato contaminare il figlio con amore incestuoso 10. Alcuni ritengono che ella fondò Babilonia, più esattamente si può dire che ebbe la possibilità di ricostruirla 11. Ho esposto nel libro sedicesimo come e quando fu costruita 12. Alcuni storici dicono che anche il figlio di Nino e di Semiramide, che succedette alla madre nel regno, si chiamasse Nino, altri invece con un termine derivato dal padre lo chiamano Ninian 13. Contemporaneamente Telsion reggeva il regno di Sicione. Durante il suo regno vi fu un periodo di prosperità e di pace sicché dopo la sua morte lo onorarono come dio con sacrifici e con la celebrazione di giuochi pubblici che ebbero inizio, come narrano, con quelli dedicati a lui.

Gli imperi pagani da Abramo a Giacobbe.
3. In questo tempo nacque Isacco in seguito a una promessa di Dio al centenario padre Abramo dalla moglie Sara che, sterile e anziana, aveva perduto la speranza di aver figli. Allora quinto re di Assiria era Arrio. Quando Isacco aveva sessant'anni gli nacquero i gemelli Esaù e Giacobbe che aveva messo al mondo la moglie Rebecca, quando il loro nonno Abramo era ancora in vita ed aveva centosessanta anni. Egli morì quando ebbe compiuto centosettantacinque anni, mentre regnavano, al settimo posto nell'elenco, in Assiria Serse primo, che si chiamava anche Baleo, e a Sicione Turiaco, che alcuni denominano Turimaco. Il regno di Argo, in cui per primo regnò Inaco, ha avuto origine al tempo dei nipoti di Abramo. Varrone narra, ed è una notizia che non si può trascurare, che gli abitanti di Sicione erano soliti offrire sacrifici anche vicino alla tomba del settimo re Turiaco 14. Mentre regnavano, all'ottavo posto nella serie, Armamitre di Assiria e Leucippo di Sicione e il primo re di Argo Inaco, Dio parlò ad Isacco 15 e anche a lui rivolse le due promesse, che aveva rivolto ad Abramo, e cioè il paese di Canaan alla sua discendenza e la benedizione di tutti i popoli nella sua discendenza. Queste promesse furono rivolte pure al figlio di lui e nipote di Abramo che dapprima fu chiamato Giacobbe e poi Israele quando già regnavano Beloco, nono re di Assiria, e Foroneo figlio di Inaco e secondo re di Argo, mentre a Sicione sopravviveva ancora Leucippo. In questo periodo la Grecia sotto Foroneo, re di Argo, divenne più famosa per varie istituzioni di diritto e di amministrazione della giustizia. Però essendo morto Fegoo, fratello più giovane di Foroneo, fu edificato un tempio sulla sua tomba, in cui doveva essere onorato come dio con l'immolazione di buoi. Penso che lo ritennero degno di sì grande onore per il seguente motivo. Il padre aveva assegnato loro alcuni territori in cui potessero regnare mentre egli era ancora in vita. Fegoo aveva fatto costruire in essi dei tempietti per onorare gli dèi e aveva insegnato che fossero osservati determinati periodi di tempo durante i mesi e gli anni in termini di durata e di numerazione. Uomini ancora incolti, meravigliati di queste novità, avvenuta la morte, immaginarono o decisero che fosse diventato un dio. Si ritiene che anche Io fosse figlia di Inaco. Ella, chiamata più tardi Isis, fu onorata come grande dèa in Egitto. Alcuni invece narrano che dall'Etiopia venne in Egitto come regina e che governò con liberalità e giustizia, che a favore dei sudditi introdusse parecchi vantaggi economici e culturali, che le fu attribuito ossequio divino dopo la morte e un ossequio così grande che incorreva nella pena di morte chi avesse affermato che era una creatura umana 16.

Giacobbe e Giuseppe in Egitto.
4. Mentre regnavano il decimo re di Assiria Baleo e il nono di Sicione Messapo, da alcuni consegnato alla storia col nome di Cefiso (posto che fosse un unico personaggio con due nomi e non piuttosto che lo considerarono un altro individuo coloro che nelle proprie opere usarono il secondo nome) e mentre Apis era terzo re di Argo, morì Isacco a centottanta anni e lasciò i suoi gemelli che ne avevano centoventi. Il minore di essi, appartenente alla città di Dio della quale sto trattando, perché il maggiore era stato rifiutato, aveva dodici figli. Mentre viveva ancora il nonno Isacco, i fratelli avevano venduto quello di loro che si chiamava Giuseppe a mercanti che passavano per andare in Egitto. Giuseppe fu presentato al faraone quando all'età di trenta anni si riscattò dall'umiliazione che aveva subito. Aveva predetto, interpretando i sogni del sovrano, che erano in arrivo sette anni di abbondanza. Altri sette anni di penuria che seguivano avrebbero esaurito l'abbondanza preponderante dei primi. Per questo il faraone, dopo averlo liberato dal carcere, lo pose a capo del governo d'Egitto. Ve lo aveva confinato l'interezza della castità. Per custodirla con virilità e per sfuggire alla padrona, che l'amava di cattivo amore e avrebbe mentito al padrone credulone, non consentì all'atto di violenza carnale perfino con l'abbandonare la veste nelle mani di lei che l'aveva afferrato 17. Nel secondo dei sette anni di carestia Giacobbe andò in Egitto dal figlio con tutti i suoi familiari all'età di centotrenta anni, come egli stesso denunziò al faraone che lo interrogava 18. Giuseppe ne aveva trentanove, perché s'erano aggiunti ai trenta, che aveva quando fu onorato dal faraone, i sette di abbondanza e i due di carestia.

Culti pagani in Egitto.
5. In quegli anni Apis, re di Argo, essendo morto in Egitto dove si era trasferito con navi, divenne Serapide, il dio massimo degli Egiziani. Varrone propone una spiegazione molto semplice di questo nome, del fatto, cioè, per cui non sia stato chiamato Apis anche dopo la morte ma Serapide. L'urna sepolcrale, in cui si ripone il cadavere, da tutti ormai denominata sarcofago, in greco si chiama . Iniziarono a venerarlo mentre era sepolto in essa prima che fosse edificato il suo tempio. Come a unire Sòrose e Apis prima fu chiamato Sorapide e poi Serapide col cambiamento di una lettera come si suol fare. Ed anche riguardo a lui si decise che chi lo considerava un uomo subisse la pena capitale. E poiché in quasi tutti i templi, in cui si onoravano Iside e Serapide, v'era una statua che col dito premuto sulle labbra sembrava intimare il silenzio, il gesto, come ritiene Varrone, ingiungeva di non dire che erano stati esseri umani. Invece il bue, che l'Egitto, ingannato da un'incredibile leggerezza, nutriva in suo onore con cibi raffinati, poiché lo veneravano vivo senza sarcofago, era chiamato Apis e non Serapide. Morto quel bue, poiché se ne cercava e trovava un altro del medesimo colore, cioè egualmente screziato con alcune macchie bianche, credevano che fosse un fatto prodigioso a loro concesso dal dio 19. Al contrario non era difficile ai demoni, per ingannarli, mostrare alla vacca, mentre concepiva e s'ingravidava, l'immagine di un toro simile che, mentre era sola, potesse guardare in modo che l'impulso della madre convogliasse la caratteristica che poi doveva fisicamente apparire nel feto, come fece Giacobbe con ramoscelli diversamente colorati in modo che nascessero pecore e capre di diverso colore 20. Infatti ciò che gli uomini possono mostrare con colori e oggetti veri, i demoni possono mostrarlo molto facilmente con immagini fittizie agli animali che concepiscono.

Argo alla morte di Giacobbe.
6. Dunque Apis, re di Argo e non d'Egitto, morì in Egitto. Gli successe il figlio Argo, dal cui nome sono denominati Argi e quindi gli Argivi. Né i re precedenti né la regione né il popolo avevano questo nome. Mentre egli regnava ad Argo ed Erato a Sicione e nell'Assiria sopravviveva ancora Baleo, Giacobbe morì in Egitto all'età di centoquarantasette anni. Vicino a morire benedisse i figli e i nipoti, figli di Giuseppe, e con grande evidenza predisse il Cristo dicendo nella benedizione a Giuda: Non cesseranno i principi da Giuda e il comando dai suoi fianchi, finché non giunga il destino che gli è riservato ed egli sarà l'attesa dei popoli 21. Durante il regno di Argo, la Grecia cominciò ad usare i propri prodotti dei campi e ad avere i raccolti nell'agricoltura con semi trasportati dall'estero. Anche Argo dopo la morte fu considerato un dio e onorato con tempio e sacrifici. Mentre egli regnava, questo culto fu deferito a un semplice cittadino morto fulminato, un certo Omogiro, perché per primo aveva attaccato i buoi all'aratro.

I regni pagani e Israele dopo la morte di Giuseppe.
7. Mentre regnavano il dodicesimo re di Assiria Mamito e l'undicesimo di Sicione Plemmeo e ad Argo era ancora re Argo, morì in Egitto Giuseppe a centodieci anni 22. Dopo la sua morte il popolo di Dio, che cresceva in modo straordinario, rimase in Egitto per centoquarantacinque anni, dapprima in pace fino a quando morirono coloro cui era noto Giuseppe. In seguito, poiché era invidiato per il suo accrescimento e v'erano delle prevenzioni, finché non venne liberato fu angustiato da ostilità, nonostante le quali cresceva di numero con un aumento favorito da Dio, ed era anche oppresso dalle fatiche di un'insopportabile schiavitù 23. In Assiria e in Grecia rimanevano durante quel periodo i medesimi regni.

Mosè e i regni pagani.
8. Mentre in Assiria regnava il quattordicesimo re Safro e a Sicione il dodicesimo re Ortopoli e il quinto re Criaso ad Argo, in Egitto nacque Mosè. Da lui il popolo di Dio fu liberato dalla schiavitù d'Egitto, nella quale era opportuno che si esercitasse nel rimpiangere l'aiuto del suo Creatore. Da alcuni si ritiene che, mentre dominavano i re suddetti, esisteva Prometeo, di cui si dice che foggiò gli uomini dal fango, appunto perché si tramanda che fosse un eccellente maestro di filosofia, tuttavia non si precisa quali fossero i filosofi al suo tempo. Si dice anche che il fratello Atlante fosse un grande osservatore delle stelle, per questo la leggenda trovò il pretesto per inventare che sostiene il cielo. V'è però un monte che ha il suo nome e dalla sua altezza può sembrare che sia affiorato nel modo di pensare del popolino il mito del sorreggere il cielo 24. Da quel tempo si iniziò in Grecia a inventare molte leggende. Fino a Cecrope, re di Atene, durante il cui regno la città ebbe quel nome 25 e Dio fece uscire dall'Egitto il suo popolo guidato da Mosè, per una cieca e frivola consuetudine dei Greci furono inseriti nel numero degli dèi alcuni morti. Fra di essi v'erano Melantomice, moglie del re Criaso, e Forba, loro figlio e, in successione al padre, sesto re di Argo, Iaso, figlio del settimo re Criopa e il nono re Stenelas o Stenelao o Stenelo, perché è denominato diversamente nei vari autori. È tradizione che in questo tempo venne all'esistenza anche Mercurio, nipote di Atlante dalla figlia Maia, mito che esaltano anche le opere letterarie più celebri 26. Si rese famoso come esperto di molte conoscenze tecniche che trasmise all'umanità e per questa benemerenza decisero o anche credettero che fosse un dio. Si dice che Ercole sia esistito dopo, ma contemporaneamente all'epoca degli Argivi, sebbene alcuni lo ritengano anteriore nel tempo a Mercurio, ma io penso che prendano abbaglio. In qualsiasi tempo siano nati, è pacifico per gli storici seri, intenditori di archeologia, che tutti e due furono uomini e, poiché procurarono molti vantaggi all'umanità sofferente per trascorrere la vita più dignitosamente, meritarono da essi gli onori divini. Minerva è molto più antica di loro. È tradizione che ai tempi di Ogigo apparve in età da giovinetta presso il lago detto del Tritone e per questo è stata soprannominata la Tritonia. È ritenuta ideatrice di tante attività e tanto più facilmente fu creduta una dèa quanto meno nota fu la sua nascita. La credenza che sia nata dalla testa di Giove si deve attribuire ai poeti e alle leggende e non alla realtà storica 27. Fra gli storici non c'è accordo sul tempo in cui visse Ogigo, perché anche allora avvenne un gran diluvio, non quello più esteso al quale non sopravvissero uomini se non quelli che poterono rifugiarsi nell'arca 28, che peraltro la storiografia pagana, greca e latina, non conosce, più esteso però di quello che avvenne quando viveva Deucalione. Infatti Varrone da esso inizia il libro, che precedentemente ho citato 29, e per giungere alla storia di Roma non si prefigge un avvenimento più remoto del diluvio di Ogigo, cioè avvenuto quando viveva Ogigo 30. Gli autori cristiani, che hanno compilato una cronologia, prima Eusebio poi Girolamo, che in questa ipotesi hanno seguito gli storici precedenti, sostengono che il diluvio di Ogigo avvenne più di trecento anni dopo, mentre regnava il secondo re di Argo Foroneo. Ma in qualunque tempo avvenne, già Minerva era onorata come dèa, mentre regnava ad Atene Cecrope. Sostengono che mentre regnava anche la città fu ripristinata o fondata 31.

Atene fra Minerva e Nettuno.
9. Dall'etimologia di Atene, nome che certamente deriva da Minerva che in greco è , Varrone dà la seguente spiegazione. In quel luogo spuntò all'improvviso un ulivo e sgorgò dell'acqua. Questi fatti straordinari impressionarono il re che inviò all'Apollo di Delfi per consultare sul significato e sul da farsi. Egli rispose che l'ulivo simboleggiava Minerva e la polla Nettuno e che era in potere dei cittadini scegliere il nome di una delle due divinità, di cui erano quei simboli, con la quale denominare la città. Ricevuto questo responso Cecrope convocò a dare il voto tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso, poiché era abitudine in quei luoghi che anche le donne partecipassero alle pubbliche deliberazioni. Nella delibera popolare dunque i maschi votarono per Nettuno, le donne per Minerva. Vinse Minerva perché si ebbe un voto in più delle donne. Allora Nettuno arrabbiato devastò i campi di Atene con ondate che si frangevano schiumando, poiché non rimane difficile ai diavoli riversare diffusamente ogni sorta di acque. Il medesimo scrittore dice che per placarne l'ira le donne furono colpite da tre pene, cioè, che d'allora in poi non votassero, che nessun figlio prendesse il nome della mamma, che non fossero chiamate Minervie 32. Così quella città, madre e nutrice delle discipline liberali e di tanti grandi filosofi, il vanto più famoso e illustre della Grecia, per una burla dei demoni, ebbe il nome da un litigio dei suoi dèi, maschio e femmina, e dalla vittoria attribuita dalle donne alla donna Atena e, danneggiata dal vinto, è stata costretta a punire la vittoria della vincitrice perché temeva di più le acque di Nettuno che i giavellotti di Minerva. Così nelle donne che furono punite in tal modo anche Minerva, pur avendo vinto, fu vinta. Infatti ella non protesse le donne che avevano dato il voto affinché, avendone perduto il diritto ed essendo stato proibito che i figli prendessero il nome dalle mamme, fosse per lo meno lecito a loro essere chiamate Minervie e meritare la denominazione della dèa che, dandole il voto, avevano reso vincitrice del dio maschio. Si potrebbero dire sull'argomento tante e belle cose se la trattazione non sollecitasse ad altri argomenti.

Marte, l'areopago e il diluvio di Deucalione.
10. Tuttavia Marco Varrone non gradisce prestar fede alle leggendarie fantasie contro gli dèi per non accreditare qualcosa d'indegno dell'onore dovuto alla loro grandezza. Quindi non accetta che l'areopago, dove l'apostolo Paolo discusse con gli Ateniesi 33 e da cui sono stati denominati areopagiti i magistrati della città, abbia la seguente spiegazione etimologica. Marte, che in greco è , essendosi reso colpevole di omicidio, sottoposto al giudizio di dodici dèi, fu assolto in quel quartiere con sei voti favorevoli, poiché quando i voti erano pari, era abitudine preferire il proscioglimento dalla condanna. Ma Varrone tenta di accreditare contro la suddetta versione, ripetuta molto più frequentemente, un'altra spiegazione etimologica da informazione di fonti letterarie meno note. Non si dovrebbe credere, cioè, che gli Ateniesi abbiano voluto denominare l'areopago dal nome di Marte e del quartiere, come fosse il quartiere di Marte, come per un insulto contro gli dèi, perché Varrone ritiene non attribuibili a loro contestazioni e processi. Egli sostiene che quel che si dice di Marte non è meno falso di quel che si dice delle tre dee, cioè Giunone, Minerva e Venere, delle quali si narra che per guadagnare la mela d'oro hanno gareggiato davanti a Paride, scelto come giudice, sulla superiorità della propria bellezza. E quasi a calmare con i giuochi gli dèi, che si compiacciono di questi loro delitti, veri o falsi, esse sono onorate con canti e danze fra gli applausi del teatro. Varrone non ammette questi fatti per non ammettere cose sconvenienti alla natura e al comportamento degli dèi 34. Tuttavia, dando una spiegazione storica non mitologica della parola Atene, inserisce nei suoi libri la contesa di Nettuno e Minerva così importante perché riguardava il dio dal cui nome doveva essere denominata la città. Però mentre gareggiavano con la messa in mostra di avvenimenti straordinari, neanche Apollo interrogato osò giudicare fra i due ma, come Giove mandò Paride per l'alterco delle tre dèe suddette, così costui rinviò ai cittadini la cessazione dell'alterco degli dèi. In tal modo Minerva vinceva ai voti ma fu vinta nel castigo delle sue votanti poiché lei, che poteva dare il nome ad Atene, malgrado gli uomini sfavorevoli, non poté dare il nome di Minervie alle donne a lei favorevoli. In quel periodo, come scrive Varrone, mentre ad Atene regnava Cranao, successore di Cecrope o, come affermano i nostri Eusebio e Girolamo, mentre perdurava ancora Cecrope, si ebbe il diluvio chiamato di Deucalione, poiché egli regnava in quelle regioni in cui avvenne in una maggiore estensione. Difatti questo diluvio non raggiunse l'Egitto e i territori limitrofi 35.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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