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La Città di Dio (De civitate Dei) Libro XVIII profezie sul Cristo, la Chiesa, il giudizio

Ultimo Aggiornamento: 01/01/2013 12:29
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22/12/2012 22:32
 
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Mosè, Giosuè e gli imperi pagani.
11. Dunque Mosè fece uscire il popolo di Dio dall'Egitto verso la fine del regno di Cecrope, re di Atene, mentre in Assiria regnava Ascatade, a Sicione Marato, ad Argo Triopa. Al popolo liberato consegnò la legge ricevuta da Dio sul monte Sinai. Essa è definita l'Antica Alleanza, perché contiene promesse relative alla terra e per la mediazione di Gesù Cristo doveva avverarsi la Nuova Alleanza con cui si prometteva il regno dei cieli. Era opportuno che si osservasse questo ordinamento, come si verifica in qualsiasi persona che si muove a Dio. Lo dice l'Apostolo che prima non si ha ciò che è spirituale, ma animale, poi lo spirituale, poiché, come dice, ed è vero, il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo 36. Mosè guidò il popolo per quaranta anni nel deserto e morì a centoventi anni 37, dopo aver preannunziato profeticamente il Cristo mediante le allegorie delle osservanze esteriori nella tenda, nel sacerdozio, nei sacrifici e in molte altre istituzioni sacrali. A Mosè successe Giosuè di Nun che sistemò la popolazione introdotta nella Terra promessa dopo avere sconfitto, per ordine di Dio, i popoli, dai quali era occupata la regione. Avendo governato il popolo dopo la morte di Mosè per ventisette anni, egli morì, mentre regnavano in Assiria il decimottavo re Aminta, a Sicione il decimosesto Corace, ad Argo il decimo Danao, ad Atene il quarto Erittonio.

Mitologia ai tempi di Giosuè.
12. Durante quel periodo, cioè dall'uscita del popolo d'Israele dall'Egitto, fino alla morte di Giosuè di Nun, con il quale il popolo occupò la Terra promessa, furono istituiti ai falsi dèi dai re di Grecia riti sacri. Questi riti rievocavano con una solenne cerimonia il ricordo del diluvio, della liberazione da esso e della vita affannosa di uomini costretti a spostarsi ora ai monti ora alle pianure. Interpretano in tal senso anche l'ascesa e la discesa dei Luperci per la via sacra, dicono perciò che da essi sono simboleggiati gli uomini che a causa dell'inondazione dell'acqua raggiunsero la vetta dei monti e quando si abbassava tornavano in basso. Narrano che in quel periodo Dioniso, che è stato chiamato anche Libero padre e dopo la morte considerato un dio, mostrò la vite a un suo ospite nell'Attica. Sempre in quel tempo furono istituiti giuochi musicali all'Apollo di Delfi, affinché si placasse il suo sdegno, a causa del quale, come credevano, sarebbero stati colpiti da sterilità i territori della Grecia, perché non avevano difeso il suo tempio, che il re Danao incendiò quando assalì con la guerra quelle regioni. Furono avvertiti da un suo oracolo che approntassero quei giuochi. Il re Erittonio per primo istituì in Attica giuochi ad Apollo, e non solo a lui, ma anche a Minerva. In essi come premio ai vincitori veniva offerto olio, perché ritenevano Minerva inventrice di quel prodotto come Libero del vino. Si tramanda che in quegli anni Europa fu rapita da Csanto, re di Creta, che in altri scrittori riscontriamo con un nome diverso. Dal connubio nacquero Radamanto, Sarpèdone e Minosse che peraltro, secondo l'opinione più diffusa, sarebbero figli di Giove dalla medesima donna. Ma quelli che adorano tali dèi attribuiscono alla verità storica quel che abbiamo detto del re di Creta, invece quel che i poeti cantano di Giove e ne strepitano i teatri e ne spettegolano le folle lo attribuiscono alla frivolezza della mitologia, la base, cioè, da cui approntare i giuochi per calmare i numi anche con le loro false colpe. In questi tempi un Ercole era rinomato in Siria, ma certamente un altro, non quello di cui abbiamo parlato in precedenza 38. Nella tradizione esoterica infatti si dice che vi furono parecchi Liberi padri e parecchi Ercoli. Gli autori nelle proprie opere tramandano che l'Ercole, di cui narrano le straordinarie dodici fatiche, fra cui non assegnano l'uccisione dell'africano Anteo perché è un'impresa che appartiene all'altro Ercole, salì da sé sul rogo nel monte Eta poiché col coraggio con cui aveva superato tante difficoltà non riusciva a sopportare il male, da cui era colpito. In quel tempo il re o meglio il tiranno Busiride immolava i propri ospiti agli dèi. Dicono che fosse figlio di Nettuno dalla madre Libia, figlia di Epafo. Non si pensi che Nettuno commise questo stupro affinché gli dèi non siano accusati, ma queste favole si attribuiscono ai poeti e ai teatri per placarli. Si mormora che Vulcano e Minerva siano i genitori di Erittonio re di Atene, agli ultimi anni del quale si costata che morì Giosuè di Nun. Ma poiché desiderano una Minerva vergine, affermano che nel loro contrasto, Vulcano eccitato versò il seme in terra e per questo motivo al bimbo nato dalla terra è stato dato quel nome. In greco infatti significa contrasto e terra e da essi è stato composto il nome di Erittonio. I più dotti, bisogna ammetterlo, ribattono e respingono dai loro dèi simili vicende. Dicono che questa diceria leggendaria è nata perché nel tempio di Vulcano e di Minerva, che avevano in comune ad Atene, fu trovato esposto un bambino avviluppato in un serpente, il quale simboleggiava che sarebbe diventato grande. A causa del tempio in comune poiché non si conoscevano i genitori, sarebbe stato considerato figlio di Vulcano e di Minerva. Ma dell'etimo del suo nome dà una spiegazione più quella leggenda che questa notizia storica. Ma a noi che importa? La storia informi con libri che dicono il vero gli uomini rispettosi, il mito delizi i diavoli impuri con giuochi fondati sul falso. Tuttavia gli uomini religiosi li onorano come dèi e sebbene negano di loro certi falli, non li possono scagionare da ogni colpa poiché per essi, che li richiedono, istituiscono giuochi, in cui sconciamente si eseguono trame, che poi con l'orpello della saggezza si rinnegano e gli dèi si placano con queste esecuzioni che sono false e sconce perché, sebbene il mito celebri una falsa colpa degli dèi, è tuttavia una vera colpa deliziarsi di una falsa colpa.

Mitologia nel periodo dei Giudici.
13. Dopo la morte di Giosuè di Nun il popolo di Dio ebbe i Giudici. In quel periodo si avvicendarono in loro l'abiezione delle sofferenze per i loro peccati e la felicità del conforto nella misericordia di Dio. Coevi a quel tempo furono inventati i miti di Trittolemo, che per ordine di Cerere, condotto da serpenti alati, portò volando i frumenti alle terre incolte; del Minotauro, che sarebbe stato una bestia chiusa nel labirinto e se in esso entravano gli uomini, a causa di un inestricabile sviamento, non potevano uscirne; dei Centauri, la cui natura era il congiungimento di cavalli e uomini; di Cerbero, che sarebbe stato un cane degli inferi a tre teste; di Frisso e della sorella Elle, che volarono trasportati da un ariete; della Gorgone, che aveva la chioma di serpenti e mutava in pietre quelli che la guardavano; di Bellerofonte, che era trasportato da un cavallo alato chiamato Pegaso; di Anfione, che con il suono magico della cetra ammansiva e spostava le pietre; dell'artigiano Dedalo e del figlio Icaro, che volarono con ali artefatte; di Edipo, che costrinse a gettarsi nel proprio abisso un essere mostruoso, che si chiamava la Sfinge, quadrupede con faccia umana, sciogliendo l'enigma insolubile che essa era solita proporre; di Anteo, ucciso da Ercole, che era figlio della Terra e perciò era abituato cadendo in terra a risollevarsi più robusto ed altri episodi se li ho omessi. Le leggende fino alla guerra di Troia, con cui Marco Varrone ha terminato il secondo libro su La razza del popolo romano, sono state ideate dall'intelligenza degli uomini in corrispondenza alla storia, che ha per contenuto fatti realmente avvenuti, in modo da non esser foggiate a ludibrio degli dèi 39. Però hanno inventato che per un atto di libidine di Giove fu involato il bellissimo giovinetto Ganimede, reato compiuto dal re Tantalo e dalla leggenda attribuito a Giove, oppure che abbia conseguito l'accoppiamento con Danae attraverso una pioggia d'oro, dove si capisce che il pudore della donna fu pervertito dall'oro. Ora non si può esprimere in quale maniera i fatti compiuti o immaginati in quel periodo, oppure compiuti dagli altri e attribuiti a Giove, abbiano preteso dal cuore degli uomini tanta malvagità perché potessero sopportare pazientemente queste fandonie, che tuttavia hanno accettato anche con piacere. Essi senz'altro, quanto più devotamente onorano Giove, tanto più severamente avrebbero dovuto punire coloro che osano dire di lui queste imposture. Invece non solo non si sono sdegnati con coloro che hanno inventato queste favole, che anzi per rappresentarle nei teatri, hanno temuto piuttosto di avere sdegnati gli stessi dèi. In quel periodo Latona partorì Apollo, non quello di cui si consultavano i responsi, come dicevo poco fa, ma quello che con Ercole fu servitore di Admeto, il quale tuttavia fu ritenuto un dio al punto che molti e quasi tutti ritengono che fosse un solo e medesimo Apollo. Allora anche Libero padre andò a far guerra in India ed ebbe nell'esercito molte donne, chiamate Baccanti, non note per il coraggio ma per la frenesia. Alcuni autori scrivono che Libero fu vinto e fatto prigioniero, altri che fu ucciso in battaglia da Perseo e dicono pure dove fu sepolto. Tuttavia al suo nome, come fosse un dio, con l'intervento di diavoli osceni, sono stati istituiti i riti sacri o meglio sacrileghi dei baccanali. Il senato dopo molti anni si vergognò tanto della loro forsennata oscenità che li proibì a Roma 40. Hanno ritenuto che sempre in quel periodo Perseo e la moglie Andromeda, dopo la loro morte, fossero accolti in cielo in modo tale che non arrossirono e non temettero di rappresentare la loro figura nelle costellazioni e di chiamarle con il loro nome.

Sincretismo poetico-religioso.
14. Durante il medesimo periodo di tempo vi furono poeti, che potevano anche esser considerati teologi, perché componevano poesie sugli dèi, ma su dèi che, sebbene grandi uomini, furono uomini o che sono principi categoriali di questo mondo creato dal vero Dio o che sono costituiti in principati e potestà per la volontà del Creatore e per i loro meriti. Se fra i molti concetti insignificanti ed errati han detto poeticamente qualcosa sull'unico vero Dio, riconoscendo assieme a lui anche altri dèi, che non sono dèi e prestando un culto che si deve soltanto all'unico Dio, anche essi, Orfeo, Museo e Lino, non gli hanno prestato il culto nel debito modo né fu loro possibile rifiutare i miti sconvenienti dei loro dèi. Però questi teologi hanno venerato gli dèi ma non sono stati venerati come dèi, sebbene la città dei miscredenti abbia l'abitudine, non saprei in quali termini, di deputare Orfeo ai riti sacrali, o meglio sacrileghi, del culto dei morti. La moglie del re Atamante che si chiamava Ino e il figlio Melicerte morirono in mare gettandovisi spontaneamente e secondo il modo di pensare degli uomini furono annoverati fra gli dèi, come altri uomini di quel tempo, Castore e Polluce. I Greci hanno chiamato Leucotea la madre di Melicerte e i Latini Matuta, ma gli uni e gli altri la considerano una dèa.

Pico al tempo di Debora.
15. Durante quel periodo di tempo ebbe fine il regno di Argo, trasferito a Micene, patria di Agamennone, ed ebbe inizio il regno di Laurento, di cui fu primo re Pico, figlio di Saturno, mentre presso gli Ebrei era giudice Debora, ma in lei operava lo Spirito di Dio, perché era anche profetessa. Il suo cantico profetico è poco chiaro sicché non si può, senza un lungo esame, decidere se sia riferibile al Cristo 41. Già dunque in Italia avevano un regno i Laurenti e la teoria più certa è che da essi, dopo i Greci, dipenda l'origine di Roma. Rimaneva ancora l'impero di Assiria, in cui regnava il ventitreesimo re Lampare, quando iniziava il regno di Pico, primo re di Laurento. Gli adoratori di tali dèi riflettano sulla concezione che hanno di Saturno, padre di Pico, perché negano che fosse un uomo. Altri hanno scritto che regnò in Italia prima del figlio Pico. Virgilio nella sua opera letteraria più nota dice: Egli radunò un popolo incivile e sparpagliato sulle alture, gli diede le leggi e volle che si chiamasse Lazio, perché era rimasto latitante con sicurezza in queste regioni. Dicono che durante il suo regno si ebbe l'età dell'oro 42. Ma si persuadano che queste sono fantasticherie poetiche e si convincano che padre di Pico fu Sterce e che da lui, abilissimo agricoltore, si ebbe la scoperta che i campi sono fertilizzati dal concime degli animali, che dal suo nome fu detto sterco. Anzi alcuni affermano che egli si chiamasse Stercuzio. Ma qualunque sia il motivo, per cui hanno preferito chiamarlo Saturno, certamente a buon diritto hanno considerato questo Sterce o Stercuzio dio dell'agricoltura. Allo stesso modo hanno inserito anche il figlio Pico nel numero di simili dèi perché affermano che fu un bravissimo indovino e guerriero. Pico ebbe per figlio Fauno, secondo re di Laurento, anche egli è o fu per loro un dio. Prima della guerra di Troia tributarono onori divini a individui scomparsi.

Il mito di Diomede e degli uccelli.
16. Mentre veniva distrutta Troia con lo sterminio esaltato da ogni parte e notissimo ai ragazzi, perché per la sua importanza e per la sublime liricità dei poeti è in modo eccezionale conosciuto da tutti, regnava già Latino, figlio di Fauno, da cui ebbe inizio la denominazione del regno dei Latini e cessò quella di Laurento. I Greci vincitori, mentre, abbandonata Troia, tornavano ai propri paesi, furono colpiti e straziati da diverse orribili sventure. Ciò nonostante, anche in relazione ad esse, aumentarono il numero dei propri dèi. Considerarono dio perfino Diomede, sebbene non avesse fatto ritorno in patria per una pena inflittagli dagli dèi. Vorrebbero dare ad intendere che i suoi compagni, non in base a una immaginaria mistificazione poetica ma in base a una verifica storica, furono tramutati in uccelli. Egli, divenuto dio, come affermano, non riuscì a restituire a loro la natura umana né l'ottenne, sebbene novello abitatore del cielo, da Giove suo re. Dicono anzi che v'è un suo tempio nell'isola di Diomede, non lontano dal monte Gargano, che è nelle Puglie, e che questi uccelli volano attorno al tempio e vi sostano con tanta ammirevole venerazione che ingurgitano acqua e poi la spruzzano, e se capitano là Greci o discendenti di razza greca, non solo rimangono tranquilli, ma gorgheggiano lusinghieri, se invece scorgono uno straniero, volano in picchiata sulle teste e le feriscono con poderosi attacchi fino a uccidere. Si dice che sono forniti di duri e grandi becchi adatti a simili assalti.

Varie metamorfosi.
17. Per dimostrarlo Varrone ricorda altri fatti, non meno incredibili, della famosissima maga Circe che mutò in belve i compagni di Ulisse 43, e degli Arcadi che, tratti a sorte, passavano a nuoto un laghetto e in esso venivano tramutati in lupi e vivevano con tali fiere nei deserti di quella regione. Se non si cibavano di carne umana, dopo nove anni, ripassato di nuovo a guado quel lago, tornavano a essere uomini. Poi fa anche il nome di un certo Demeneto il quale, avendo assaggiato dell'immolazione che gli Arcadi erano soliti fare con un fanciullo sacrificato al loro dio Liceo ed essendo trasformato in lupo e al decimo anno restituito nella propria forma, si esercitò nel pugilato e vinse alla gara olimpica. Lo storico citato suppone che l'appellativo a Pan Liceo e a Giove Liceo sia stato attribuito in Arcadia per il solo motivo della trasformazione di uomini in lupi, perché pensavano che potesse avvenire soltanto con un potere divino. Il lupo appunto in greco è , da cui evidentemente deriva il termine Liceo. Egli afferma che anche i Luperci romani derivano dal clan, per così dire, di questi miti 44.

Malefizi.
18. 1. Coloro che leggeranno forse attendono il mio parere su questa madornale mistificazione diabolica. Dico soltanto che bisogna fuggire di mezzo a Babilonia 45. Questo avvertimento del profeta va inteso in senso spirituale per fuggire dalla città del tempo, che è la società degli angeli e degli uomini infedeli, per avviarci al Dio vero con l'incedere della fede che opera per mezzo dell'amore 46. Noi osserviamo che il potere dei demoni è tanto grande, quindi con tanto maggior fermezza dobbiamo unirci al Mediatore, perché con lui risaliamo dal basso in alto. Se diciamo che non si deve credere a questi pregiudizi, anche adesso non mancano persone le quali assicurano che hanno sentito parlare di alcuni fatti del genere o perfino che li hanno visti. Quando ero in Italia, udivo narrare simili aneddoti di una regione di quelle parti. Dicevano che alcune locandiere iniziate ai malefizi, davano nel formaggio ai viandanti, che volevano o potevano, qualcosa affinché all'istante si trasformassero in giumenti, caricassero la roba necessaria e, compiuto il servizio, tornassero in sé. Dicevano che tuttavia in loro non si aveva una percezione da bestie ma ragionevole e umana, come Apuleio nell'opera intitolata L'asino d'oro ha denunziato o immaginato che è avvenuto a lui, dopo aver bevuto un intruglio, di divenire asino ma con la coscienza umana.

Magia della doppia dimensione esistenziale.
18. 2. Questi fatti strepitosi sono o falsi o così strani che giustamente non si credono. Tuttavia si deve credere fermamente che Dio onnipotente può fare tutto ciò che vuole o per punire o per aiutare. I demoni quindi, se non lo permette Colui i cui ordinamenti occulti sono molti, ma nessuno ingiusto, non possono effettuare nulla col potere della propria natura perché anche essa, sebbene angelica, per quanto viziata dalla colpa, è creatura. I demoni certamente non creano una sostanza se ottengono gli effetti che sono oggetto di questo esame, ma trasformano soltanto nell'apparenza gli esseri creati dal Dio vero in modo che sembrino quel che non sono. Per nessun motivo vorrei ammettere che non solo l'anima ma neanche il corpo, con l'artifizio o il potere dei demoni, può essere realmente trasformato in membra e lineamenti belluini. È il contenuto della immaginazione umana che anche con la riflessione o col sogno sfuma in una serie infinita di oggetti e, sebbene non sia corpo, coglie le sembianze dei corpi con ammirevole prontezza e che, sopiti o sopraffatti gli altri sensi umani, può essere, mediante una forma corporea, non saprei in quale indicibile maniera, convogliata alla sensitività di altre persone. Il corpo degli uomini giace certamente da qualche parte, ancora in vita, ma con i sensi impediti più fortemente e violentemente che dal sonno. Così il contenuto dell'immaginazione, presa forma corporea, si mostra ai sensi degli altri nella figura di un determinato animale e anche all'uomo sembra di essere in quella forma, come potrebbe sembrargli di esserlo in sogno, e di caricare dei pesi. Questi pesi, se sono veramente corpi, sono caricati dai demoni per una burla agli uomini che scorgono in parte la massa reale dei pesi, in parte le falsi immagini dei giumenti. Un certo Prestanzo raccontava ciò che era accaduto a suo padre. Questi aveva sorbito a casa sua quell'intruglio magico attraverso il formaggio ed era rimasto a letto come se dormisse, tuttavia fu assolutamente impossibile destarlo. Diceva che dopo alcuni giorni fu come se si svegliasse e narrò i sogni illusori che aveva fatto per imposizione, cioè che divenuto un cavallo, assieme ad altri giumenti, aveva recato sul groppone per i soldati il vettovagliamento chiamato Retico poiché veniva trasportato nelle regioni della Rezia. Si appurò che era avvenuto come aveva narrato, tuttavia a lui sembravano sogni. Un altro narrò che, durante la notte, prima di dormire, vide venire a casa sua un filosofo da lui molto conosciuto, il quale gli spiegò alcune teorie platoniche che prima, sebbene supplicato, non aveva voluto spiegare. E quando fu chiesto al filosofo perché aveva fatto a casa di un altro quel che aveva negato a chi lo richiedeva di fare in casa propria, rispose: Non l'ho fatto, ho sognato di farlo. Perciò a chi vegliava è stato mostrato mediante un contenuto dell'immaginazione quel che l'altro vide in sogno.

Spiegazione.
18. 3. Queste notizie sono giunte a me non da una persona qualsiasi, cui sarebbe indecoroso prestar fede, ma da persone che hanno riferito cose viste e che, a mio avviso, non mi hanno mentito. Perciò riguardo al fatto che uomini, come si legge nelle opere letterarie, siano stati trasformati in lupi dagli dèi, o meglio da demoni Arcadi e che Circe con incantesimi trasformò i compagni di Ulisse 47, è possibile, come a me pare, che, se è avvenuto, è avvenuto nella forma sopra indicata. Ritengo poi che gli uccelli di Diomede, poiché si afferma che la loro specie persiste nel succedersi delle covate, non sono derivati dalla metamorfosi di uomini ma che furono sostituiti agli uomini allontanati segretamente, come la cerva ad Ifigenia, figlia del re Agamennone. Non furono certamente difficili ai demoni, lasciati liberi per divina ordinazione, simili gherminelle, ma poiché la ragazza in seguito fu trovata viva, si riseppe con facilità che a lei era stata sostituita una cerva. Dei compagni di Diomede invece, poiché sparirono all'istante e poi non si fecero più vedere da nessuna parte e i vendicativi angeli cattivi li perdettero di vista, si favoleggia che furono trasformati in quegli uccelli che di nascosto dai luoghi, dove vive questa razza, furono trasportati in quegli altri luoghi e subito sostituiti. Non c'è da meravigliarsi poi che portino col becco l'acqua e la spruzzino sul tempio di Diomede e che blandiscono gli oriundi Greci e strapazzano quelli di altra provenienza, perché il fatto avviene per istigazione dei demoni ai quali interessa persuadere, per ingannare gli uomini, che Diomede è divenuto un dio. Così questi, con oltraggio del vero Dio, adorano molti falsi dèi e cercano di cattivare uomini morti, che non vivevano nella verità neanche quando vivevano, con templi, altari, immolazioni, sacerdoti. Sono istituzioni queste che sono legittime perché dovute all'unico Dio vivo e vero.

Da Enea alla fine di Sicione.
19. Nel periodo dopo la conquista e la distruzione di Troia Enea, con venti navi con le quali si trasferivano i superstiti di Troia, venne in Italia. Vi regnava Latino, ad Atene Menesteo, a Sicione Polifide, in Assiria Tautane, dagli Ebrei era giudice Labdon. Dopo la morte di Latino regnò Enea per tre anni e nei paesi menzionati rimanevano i medesimi, eccetto Pelasgo che era re di Sicione e Sansone che era giudice degli Ebrei e che, essendo straordinariamente forte, era considerato un Ercole. I Latini considerarono Enea un dio perché, appena morto, disparve. Anche i Sabini annoverarono fra gli dèi il loro primo re Sanco o, come alcuni dicono, Sacto. In quel tempo Codro, re di Atene, senza farsi riconoscere, si espose per essere ucciso dai Peloponnesi, nemici della città, e così avvenne. Vanno dicendo che in questo modo liberò la patria. I Peloponnesi avevano ricevuto un oracolo che avrebbero vinto se non uccidevano il re. Li ingannò dunque mostrandosi col vestito di un accattone e incitandoli con insulti alla propria morte. Per questo Virgilio ha detto: Anche gli insulti di Codro 48. Gli Ateniesi venerarono anche lui come dio mediante l'onoranza delle offerte. Mentre era quarto re del Lazio Silvio, figlio di Enea non da Creusa, dalla quale nacque il terzo re Ascanio, ma da Lavinia, figlia di Latino, la quale, come si narra, lo mise al mondo dopo la morte di Enea, e mentre in Assiria regnava il ventinovesimo re Oneo e il decimosesto di Atene Melanto ed era giudice degli Ebrei il sacerdote Eli, ebbe termine il regno di Sicione che, come si tramanda, era durato novecentocinquantanove anni.

Da Saul alla fondazione di Alba.
20. Mentre nei paesi menzionati regnavano i medesimi sovrani, il regno d'Israele, terminata l'epoca dei Giudici, ebbe inizio col re Saul e Samuele era il profeta 49. Da quel tempo cominciarono a regnare i re del Lazio che soprannominavano i Silvii, perché avevano cominciato a regnare col figlio di Enea che per primo fu chiamato Silvio. A quelli che seguirono furono imposti altri nomi, ma non venne meno il soprannome 50, come molto tempo dopo furono soprannominati Cesari i successori di Cesare Augusto. Dopo la destituzione di Saul, per cui non si ebbe più un re della sua tribù, alla sua morte seguì nel regno Davide dopo quarant'anni del dominio di Saul. In quel tempo gli Ateniesi, dopo la uccisione di Codro, cessarono dall'avere un re e cominciarono, per l'amministrazione dello Stato, ad avere dei magistrati. Dopo Davide che, anche egli, regnò quarant'anni 51, fu re d'Israele il figlio Salomone, il quale fece costruire il meraviglioso tempio di Dio a Gerusalemme. Durante il suo regno nel Lazio fu fondata Alba. E da essa in seguito si cominciò a denominare i re di Alba, non più del Lazio, sebbene anche essa sia nel Lazio. A Salomone successe il figlio Roboamo, sotto il quale il popolo d'Israele fu diviso in due regni e i due Stati cominciarono ad avere un proprio re 52.

Dal tramonto dell'Assiria agli albori di Roma.
21. Il Lazio dopo Enea, che considerarono dio, ebbe undici re, dei quali nessuno divenne dio. Invece Aventino, che è il dodicesimo dopo Enea, essendo stato ucciso in guerra e sepolto sul colle, che oggi ancora si designa col suo nome, fu aggiunto al numero degli dèi concepiti a modo loro. Altri non vollero ammettere che fosse ucciso in battaglia, ma han detto che era scomparso e che il colle non è stato denominato Aventino dal suo nome ma dalla venuta di certi uccelli. Dopo di lui nel Lazio non è stato considerato dio alcuno fuorché Romolo, fondatore di Roma. Fra lui e il suddetto si hanno due re. Il primo, tanto per usare un verso di Virgilio, fu l'immediato discendente Proca, gloria della stirpe troiana 53. Mentre viveva, poiché già in certo senso Roma era portata in grembo, l'impero di Assiria, il più grande di tutti, giunse al termine della sua lunga durata. Passò ai Medi dopo circa milletrecentocinque anni, tanto per calcolare anche il periodo di Belo, che fu padre di Nino e, pago di un dominio modesto, fu il primo re in quella regione. Proca fu re prima di Amulio. Ora Amulio aveva dichiarato vergine vestale la figlia del fratello Numitore di nome Rea, che si chiamava anche Ilia, madre di Romolo. Dicono che concepì i gemelli da Marte per nobilitare o scusare il suo disonore e per addurre una prova convincente che una lupa aveva allattato i bimbi esposti. Suppongono che questa razza di belve sia a servizio di Marte affinché si ammetta che la lupa porse le poppe ai piccoli perché riconobbe i figli di Marte suo signore. Però non mancano coloro i quali dicono che, mentre giacevano esposti e vagivano, furono prima raccolti da non saprei quale meretrice e le sue mammelle furono le prime che succhiarono. Difatti chiamavano lupe le meretrici e per questo i locali della loro prostituzione anche ora si chiamano lupanari. Aggiungono che in seguito furono condotti al pastore Faustolo e nutriti dalla moglie Acca. Sebbene non deve far meraviglia se, per rimproverare un re che aveva ordinato con efferatezza di gettarli in acqua, Dio, per mezzo di una fiera che allattava, volle soccorrere, dopo averli salvati dall'annegamento, quei bimbi dai quali doveva essere fondata una così grande città. Ad Amulio successe nel regno del Lazio il fratello Numitore, nonno di Romolo. Nel primo anno del suo regno fu fondata Roma, perciò in seguito regnò col suo nipote Romolo.

Roma fondata ai tempi di Ezechia.
22. Non voglio indugiare in particolari. La città di Roma fu fondata come un'altra Babilonia o come figlia della prima Babilonia perché per suo mezzo piacque a Dio di soggiogare il mondo civile e di pacificarlo dopo averlo condotto all'unità di rapporti politici e giuridici. V'erano già degli Stati potenti e forti e nazioni agguerrite che non avrebbero ceduto facilmente e che era indispensabile sottomettere con immensi pericoli, con grandi perdite dall'una e dall'altra parte e con disagio spaventoso. Invece quando l'impero di Assiria soggiogò quasi tutta l'Asia, sebbene il dominio sia stato realizzato con la guerra, tuttavia fu possibile realizzarlo con guerre non tanto gravose e difficili, perché i popoli erano ancora inesperti alla resistenza e non erano tanti e così grandi. Difatti dopo il diluvio più grande perché universale, in cui soltanto otto uomini si salvarono nell'arca di Noè, non erano passati più di mille anni quando Nino assoggettò l'Asia fuorché l'India. Roma, al contrario, non sottomise con la medesima celerità e facilità i tanti popoli dell'Oriente e dell'Occidente che sappiamo soggetti all'impero romano perché, ampliandosi lentamente, li trovò vigorosi e agguerriti da qualunque parte si estendeva. Nell'anno in cui Roma fu fondata, il popolo d'Israele era nella Terra promessa da settecentodiciotto anni. Di essi ventisette appartengono a Giosuè di Nun e trecentoventinove all'epoca dei Giudici. E da quando aveva cominciato a essere un regno, ne erano passati trecentosessantadue. Il re che allora reggeva il regno di Giuda si chiamava Acaz o, secondo il computo di altri 54, il suo successore Ezechia. È noto che questo re molto buono e devoto regnò al tempo di Romolo. Nello Stato del popolo ebraico, che si chiamava Israele, aveva cominciato a regnare Osea.

La sibilla Eritrea e l'acrostico.
23. 1. Alcuni narrano che in quel tempo proferì vaticini la Sibilla Eritrea. Varrone riferisce che le sibille furono parecchie non una 55. La Sibilla Eritrea ha dato allo scritto alcune manifeste divinazioni sul Cristo. Le ho lette nella lingua latina, prima in brutti versi latini e anche sconnessi per non saprei quale inettitudine del traduttore, come ho appreso in seguito. Infatti l'illustre Flacciano, che fu anche proconsole, uomo di spontanea eloquenza e di grande cultura, mentre parlavamo del Cristo, mi presentò un codice greco dicendomi che conteneva poesie della Sibilla Eritrea, mi mostrò in un punto, nei capoversi, che la serie delle lettere era disposta in modo che vi si leggessero le parole , le quali significano: Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore. I versi, in cui le prime lettere hanno il significato che ho detto, come li ha tradotti un tale in versi latini ben connessi, hanno questo contenuto:

Segno del giudizio: la terra sarà madida di sudore.

Verrà dal cielo Colui che sarà re per sempre,

cioè per giudicare di presenza la carne e il mondo.

In questo fatto vedranno Dio il miscredente e il credente,

in alto con i santi alla fine del tempo.

Vi saranno col corpo le anime che egli giudica,

quando il mondo giace incolto in dense sterpaglie.

Gli uomini disdegnano gli idoli e ogni tesoro.

Il fuoco brucerà la terra e al mare e al polo

dilagando sfonderà le porte dell'Averno oscuro.

Ad ogni corpo dei santi una libera luce

sarà data, una fiamma eterna brucerà i colpevoli.

Ognuno mettendo a nudo gli atti occulti manifesterà

le cose segrete e Dio schiuderà le coscienze alla luce.

Allora vi sarà pianto, tutti gemeranno battendo i denti.

Sarà tolto lo splendore al sole e cesserà la danza negli astri.

Crollerà il cielo, lo splendore della luna cesserà;

abbatterà i colli e solleverà dal basso le valli.

Non vi sarà nelle costruzioni dell'uomo il sublime e l'alto.

I monti saranno livellati ai campi e l'azzurro del mare

cesserà del tutto, la terra finirà frantumata:

parimenti sorgenti e fiumi si disseccheranno per il caldo.

Ma allora una tromba manderà un triste suono dall'alto

del globo per lamentare la colpa infelice e i vari tormenti

e la terra spaccandosi mostrerà il caos del Tartaro.

I re saranno adunati lì davanti al Signore.

Cadrà dal cielo uno scroscio di fuoco e di zolfo 56.

In questi versi latini, tradotti in qualche modo dal greco, non era possibile la corrispondenza del significato che si ha quando le lettere che sono all'inizio si collegano in una parola, dove in greco è usata l'Y perché non era possibile trovare parole latine che cominciassero con quella lettera e si adattassero al significato. Sono tre versi, il quinto, il decimottavo e il decimonono. Inoltre se, collegando le lettere iniziali di tutti i versi, non leggiamo quelle che sono state scritte per i tre versi suddetti, ma sostituiamo la lettera Y, come se fosse usata in quei capoversi, si enunzia con cinque parole, in linguaggio greco non latino: Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore. Sono ventisette versi che è il cubo di tre. Tre per tre difatti dà nove e nove per tre, come ad aggiungere alla superficie l'altezza, è ventisette. Se unisci le prime lettere delle cinque parole greche che sono , e significano Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, si avrà , cioè pesce, termine con cui simbolicamente si raffigura il Cristo perché ebbe il potere di rimanere vivo, cioè senza peccato, nell'abisso della nostra mortalità, simile al profondo delle acque.
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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