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L'Ordine domenicano ha compiuto 796 anni, il 22.12.2012..... ci avviamo verso gli 800

Ultimo Aggiornamento: 07/01/2013 11:34
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07/01/2013 11:25
 
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[SM=g1740758] (CAPITOLO III   LE MISSIONI – continua)

IN ASIA. Durante questi medesimi anni, altri Frati Predicatori si espandevano, dietro ai conquistatori portoghesi, nelle regioni nuovamente scoperte dell’Asia. Quando, nel 1503, Alfonso Albuquerque partiva da Lisbona per l’Estremo Oriente, conduceva con sé cinque Domenicani, il cui zelo ottenne magnifici risultati: sulle coste di Malabar, a Cochin, essi innalzarono il primo convento, centro di evangelizzazione delle regioni di Coulam con un tal successo che il Papa stabilì presto un Vescovo per dirigere quella novella chiesa.
Due anni dopo, nel 1505, altri missionari vennero in soccorso dei loro Fratelli ed estesero rapidamente le prime conquiste. Due nuovi centri di evangelizzazione furono stabiliti a Ormuz e a Goa.
Di là i Predicatori irradiarono in tutti i sensi. A Ormuz, all’entrata del golfo Persico, Fra Giovanni del Santo Rosario fondò un gran convento destinato ad essere il punto di partenza dei missionari di Persia e di Arabia.
A Goa, Fra Domenico di Souza stabilì il convento di Santa Caterina, il cui irradiamento fu immenso: i suoi missionari portarono la fede nel Coromandel, a Ceylon, alle isole della Sonda, a Malacca. In quest’ultimo paese il successo fu così rapido che, nel 1549, l’Ordine contava 18 conventi che evangelizzavano sessantamila cristiani. Questi conventi alla loro volta diventarono delle riserve d’apostoli per le più remote regioni dell’Indocina, della Cambogia, del Siam, dell’Annam, del Tonchino e della Cina.
II primo martire della Chiesa nel Siam è un Predicatore, il ven. Girolamo della Croce, martirizzato nel 1556.
L’Ordine diede alla Cina il suo primo martire, San Francesco de Capillas, martirizzato nel 1648, e il suo primo apostolo nei tempi moderni, il Ven. Gaspare della Croce, il quale più felice di S. Francesco Saverio, riuscì a varcare le frontiere allora formidabili del Celeste Impero, nel 1555.
Il primo Cinese che sia pervenuto al sacerdozio e all’episcopato è anche un Predicatore, il P. Gregorio Lopez.
Altri Predicatori si espandevano in Africa, evangelizzando le coste mediterranee, il Congo, la Guinea e la Costa d’Oro, le regioni sulle rive dello Zambese, il Madagascar, i Cafri del Mozambico ecc.
Era un’opera immensa. Tutto il mondo infedele era affrontato nel medesimo tempo. “L’Ordine di S. Domenico ‑ dice il P. Lacordaire – non aveva mai presentato un così grande spettacolo. Chi l’avesse visto dall’alto e con un solo sguardo, come Dio, non avrebbe creduto possibile che un così piccolo numero di uomini potesse parlar tante lingue, occupar tanti luoghi, dirigere tanti affari e dar tanto sangue”.
E nondimeno il campo dell’Apostolato domenicano si estese ancora per la fondazione di una nuova Provincia, di cui la storia è giustamente gloriosa nella Chiesa, la Provincia del Santo Rosario delle Filippine.
Nel 1564, Michele Lopez de Lagaspe s’impadronì dell’isola di Luzon e fondò a Manila una colonia spagnola. Era una posizione mirabile per la diffusione del Vangelo nell’Estremo Oriente: a breve distanza, a settentrione, le isole del Giappone e Formosa; ad occidente l’immensa Asia, il Tonchino, il Siam, la Cambogia, a mezzogiorno le innumerevoli isole dell’Oceania.
Subito i Predicatori, sempre attenti a coglier occasioni di nuove missioni, accorsero e fondarono a Manila il convento che doveva estendere così lontano il regno di Gesù Cristo e versar tanto sangue per la fede.
Di là essi irradiarono in tutti i sensi: verso il 1570, discesero nella Cambogia, nel Siam e salirono in Corea. Nel 1590 riuscirono a penetrare in Cina, dove presto parecchi fra loro ebbero la felice sorte di dare il loro sangue per Gesù Cristo.
Nel 1596 intrapresero l’evangelizzazione della Cocincina, del Tonchino e dell’Annam, ove per parecchi secoli, non dovevano cessare di dar dei martiri alla Chiesa.
Nel 1601, penetrarono nel Giappone. È là che la Provvidenza riserbava loro i più gloriosi e i più sanguinosi trionfi.
Nulla di più grande negli annali della Chiesa che la storia di questi martiri del Giappone messi a morte al principio del secolo XVII: Alfonso Navarrete, Lodovico Flores, Angelo Orsucci, Francesco Morales, Giacinto Orphanel e i loro numerosi compagni; e quegli altri quattro, martirizzati nel 1637, che si mostrarono così magnifici nelle loro torture che Alessandro di Rhodes li nominò “i più grandi martiri del Giappone”: Guglielmo Courtes, Michele di Ozarata, Antonio Gonzales, Vincenzo della Croce. L’Ordine ebbe allora la gioia di dare alla Chiesa dei martiri a centinaia.


CAPITOLO IV   L’INSEGNAMENTO

L’organizzazione dell’insegnamento

Per quanto già largo fosse l’apostolato per la predicazione universale e le missioni in paesi barbari, S. Domenico aprì ai suoi figli un nuovo e quasi altrettanto vasto campo d’azione: l’insegnamento.
Poiché dava loro per vocazione di “predicar la dottrina”, egli doveva obbligarli a studi profondi, che li rendessero capaci di esporre la verità davanti ai più dotti uditori così come davanti ai più semplici; di difendere la religione scientificamente, se era necessario, confutando i sofismi dell’errore e più ancora rivelando le misteriose e abbondanti ricchezze del dogma cristiano.
Perciò, fin dai primordi, lanciò i suoi figli in pieno movimento universitario. Nel 1215, appena giunti a Tolosa, egli li manda a frequentare la scuola vescovile di teologia. Due anni dopo, quando li disperde per il mondo, dirige i due principali gruppi alla volta delle due grandi città universitarie di quel tempo, Parigi e Bologna, per predicare senza dubbio, ma anche, dicono i cronisti, “per studiare”.
E per meglio conseguire lo scopo che egli prefiggeva al suo Ordine, si applica lui stesso ad arruolare i suoi discepoli specialmente negli ambienti intellettuali delle grandi università.
Il Beato Reginaldo e il B. Giordano lo imitano con un tal successo che in breve, in grazia degli innumerevoli professori e studenti guadagnati alla vita religiosa, i Predicatori da discepoli passano a maestri e aprono delle scuole su tutti i punti d’Europa.
Era un rendere un immenso servizio alla Chiesa.
In quel tempo, agl’inizi del secolo XIII, la so­cietà cristiana attraversava una crisi dottrinale spaventosa. Le scuole monastiche ed episcopali, che fino allora avevano provvisto all’educazione intellettuale del clero, erano in piena decadenza o estinte.
Solo alcuni grandi centri, Parigi specialmente, facevano monopolio della vita intellettuale d’Europa.
Ne risultava nel clero un’ignoranza a volte estrema e negli ambienti universitari un pericolo inquietante per l’ortodossia, perchè la recente entrata delle opere di Aristotele commentate da Avicenna e da Averroé turbavano gli spiriti gettati in piena effervescenza e tentati di costituire con esse una filosofia fondamentalmente opposta al pensiero cristiano. Senza tener conto che numerose sette, Catari, Albigesi, Poveri di Lione, attive e amanti delle dispute, si valevano delle circostanze per sedurre popolazioni, che il clero ignorante non sapeva istruire.
Alla società cristiana mancavano scuole e un insegnamento solido e ordinato.
È vero che il Papato, già da un certo tempo, si sforzava di porre rimedio ad uno stato di cose inquietante. Ma senza buon successo.
Il terzo Concilio ecumenico del Laterano (1179) aveva promulgato decreti organizzanti l’insegnamento, ma erano rimasti lettera morta.
Il quarto Concilio del Laterano (1215) tentando di riprendere l’opera, aveva severamente ricordato all’episcopato il sacro dovere che gli incombeva di assicurare l’insegnamento, e perfino aveva ordinato l’apertura di una scuola, almeno, di grammatica, per diocesi e di una scuola di teologia per archidiocesi. I Papi si erano impegnati di persona o per mezzo dei loro Legati per l’esecuzione di questi decreti essenziali; ma avevano ottenuto ben poco. L’episcopato si mostrava sempre più incapace di risolvere il grave problema ad un tempo scolastico e dottrinale.
S. Domenico venne a dar la soluzione.
Disperdendo i suoi sedici compagni, aveva loro promesso di sostenerli colla sua preghiera. Difatti, dice il B. Giordano, “la virtù di Dio li accompagnò per moltiplicarli”.
È  un fatto assai straordinario la rapida diffusione di quest’Ordine apostolico e dotto. In alcuni anni, questo grande Ordine sciamò su tutti i punti d’Europa e segnatamente in Francia, perchè fu esso senza pari per la stima che godeva nel mondo colto.
Quattro anni dopo la dispersione (1221), il Fondatore, convocando a Bologna il primo Capitolo Generale, vedeva attorno a sé i rappresentanti di otto province che contavano già parecchie migliaia di religiosi. Ancora alcuni anni e il Maestro Generale governerà circa seicento conventi e quindicimila religiosi.
Orbene ciascun convento domenicano era una scuola di teologia. Anzitutto, casa di studio intensivo: Fratres ‑ dicono le Costituzioni primitive ‑ in studiis taliter sint intenti ut de die, de nocte, in domo, in itinere, legant aliquid, vel meditentur (I Frati siano talmente intenti negli studi che di giorno, di notte, in casa, in viaggio sempre leggano o meditino).
Più ancora, vera casa d’insegnamento: le medesime Costituzioni proibiscono esplicitamente di stabilire un convento senza avere un dottore che insegni ai Frati e ai chierici secolari che vorranno istruirsi: Conventus sine Priore et Doctore non mittatur.
Si vede subito la conseguenza: l’Europa, coprendosi di conventi domenicani, si copriva di grandi scuole teologiche. Per citare solo un esempio. net mezzogiorno della Fran­cia, nel territorio attuale della Provincia di Tolosa, l’Ordine aveva aperto, al principio del secolo XIV, cinquantadue scuole teologiche e tre Università o studia generalia. Siamo oggi best distanti dall’avere l’insegnamento sacro distribuito con tanta profusione.
Quindi i Vescovi fecero subito e dovunque un’accoglienza calorosa ai Predicatori e li attirarono nelle loro città episcopali “per predicare e per insegnare”. Il 22 aprile 1221, il Vescovo di Metz scrisse al suo popolo per annunziargli l’erezione di un convento di Predicatori: “Questo convento sarà di aiuto non solo ai laici, ma soprattutto ai chierici nella conoscenza della scara dottrina. Ed esso è ad emulazione di quanto il Papa ha dato a Roma e a molte sedi arcivescovili e vescovili”.
Infatti i Papi si presero a fianco un maestro domenicano per insegnare la teologia. Egli fu più tardi chiamato Magister Sacri Palatii e le sue attribuzioni si accrebbero. Il Maestro del Sacro Palazzo fu sempre un domenicano, come sono domenicani nella Suprema Congregazione del S. Uffizio il Commissario e due suoi Soci.
Facendo allusione a questi impieghi riservati ai Predicatori, Benedetto XV scriveva il 29 ottobre 1916: “... i Pontefici romani attribuirono sempre all’Ordine dei Predicatori certi uffici determinati, creati per la tutela della Fede, e per Tendere una testimonianza pubblica all’integrità della loro dottrina”.


(CAPITOLO IV   L’INSEGNAMENTO

L’organizzazione dell’insegnamento  - continua)

Era il mezzo provvidenziale per eseguire i decreti dei Concili.
Cinquant’anni dopo la fondazione, l’Ordine, divenuta la prima potenza intellettuale d’Europa, e contando più di cinquecento professori, assicurava l’insegnamento in tutte le nazioni cristiane. Il gran dizionario “Larousse” sottolinea con una parola originale questa grande opera domenicana: “S. Domenico fu in Europa il primo ministro della Pubblica Istruzione”.
 In grazia di esso, il formidabile problema scolastico era risolto: S. Tommaso poteva congratularsene contro coloro che trovavano troppo grande il posto dato ai nuovi venuti: “Anche oggi ‑ rispondeva a Guglielmo di sant’Amore ‑ voi, secolari, siete rimasti incapaci di eseguire i decreti del Concilio del Laterano insegnando la teologia in ciascuna chiesa metropolitana, laddove, grazie a Dio, i religiosi hanno aperto scuole molto più numerose di quel che si esigeva”  (Contra impugnantes Dei cult., XXI).
Alcuni maestri di questa prima generazione sono fra i più grandi della loro età: il B. Rolando di Cremona, il B. Ugo di San Caro, primo cardinale dell’Ordine, il B. Ambrogio da Siena, Pietro di Tarantasia, futuro B. Innocenzo V, il B. Moneta da Cremona, S. Raimondo di Peñafort, ecc.
Dopo il problema scolastico, l’Ordine stava per risolvere il problema dottrinale.
Alla Chiesa, come abbiam detto, mancava un insegnamento teologico ordinato. In filosofia e in teologia la confusione era quasi tanto completa quanto in politica: come innumerevoli baroni e grandi signori riducevano l’Europa in un mosaico di principati indipendenti e spesso nemici, così, press’a poco, una moltitudine crescente d’opinioni divideva il campo del pensiero filosofico. Era lo sbocconcellamento e per conseguenza la debolezza. “Nessuno fra i Padri della Chiesa era giunto ad innalzare un edificio totale della teologia. Dopo mille e duecento anni di lavori, i loro scritti sparsi nel passato rassomigliavano alle rovine d’un tempio che non in fabbricato, ma a rovine sublimi, che attendevano con la pazienza dell’immortalità la mano dell’architetto. L’architetto doveva uscire dalle ceneri di S. Domenico” (Lacordaire, Memorie per il ristabilimento dell’Ordine, Cap. IV).
L’Ordine dei Predicatori fece alla Chiesa l’in­comparabile dono di una filosofia solidamente stabilita e di una teologia organizzata nell’unità di un punto di vista universale.
L’Ordine stesso lo ricevette da due dei suoi più illustri figli, Alberto Magno e soprattutto Tommaso d’Aquino.
Questi, comprendendo che la metafisica è la scienza delle scienze e il principio unificatore dell’ordine intellettuale come dell’ordine materiale, si accinse a costruire una metafisica cristiana. Aiutandosi con i sistemi anteriori, specialmente dell’aristotelismo, che egli purificò dei suoi gravi errori, costituì una filosofia, il primo e il solo sistema scientifico che si sia mai integralmente adattato al pensiero cristiano. Su questa filosofia, egli coordinò il pensiero teologico, fino allora disperso. Innalzò un edificio che si può dire eterno, perché le sue basi sono gli eterni dati che nulla può scuotere, i dati empirici o razionali di prima evidenza.
Quand’egli si spense, nel 1274, la teologia era ordinata ed una; il pensiero cristiano, strappato alle fluttuazioni di inconsistenti sistemi e protetto contro le avventure, aveva ricevuto una sublime forza.
Sino dalla fine del secolo XIII, la luminosa dottrina tomista aveva invaso il mondo delle scuole e posto il suo dominio sulla massa degli spiriti. L’esercito dei professori domenicani del resto lavorava a divulgarla e vi riuscì così bene che, al principio del secolo XIV, la scuola domenicana occupava incontestabilmente la preminenza intellettuale in Europa. Frater Jacobe, ‑ diceva al suo confratello Giacomo di Viterbo, più tardi arcivescovo di Napoli († 1308), il celebre Generale degli Eremitani di Sant’Agostino, Egidio di Roma, morto arcivescovo di Bourges ‑ Frater Jacobe, si Fratres Praedicatotes voluissent, ipsi fuissent scientes et intelligentes, et nos idiotae, et non comniunicassent nobis scripta Fratris Thomae (Fratello Giacomo, se i frati Predicatori avessero voluto e non ci avessero comunicato gli scritti di fra Tommaso, solo loro sarebbero intelligenti e sapienti, mentre noi saremmo ignoranti).

[SM=g1740771]


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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