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ATTENZIONE: card. Cañizares indicazioni per vivere la vera Messa: SAN GIUSEPPE NEL CANONE

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2014 10:54
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02/09/2014 10:54
 
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Dunque in tutte le chiese dell’orbe e dell'urbe cattolico – sperando ovviamente che alcuni reverendi sacerdoti non facciano di testa loro, disattendendo le indicazioni di Roma, magari in nome dell’ “ecumenismo” o di una “fede adulta” – risuonerà, nel momento più alto di tutta la celebrazione, il carissimo nome di san Giuseppe, Casto Sposo di Maria Vergine, Padre putativo di Nostro Signore Gesù Cristo, Patrono della Chiesa universale, terrore dei demoni, conforto dei moribondi. In attesa delle traduzioni, ci auguriamo che in questo caso la creatività dei sacerdoti si attivi per aggiungere a matita ciò che manca nel Messale in attesa di ricevere quello nuovo.


E, concludendo, un ringraziamento dal profondo del cuore per questo provvedimento al regnante Pontefice Francesco e pure al Papa Benedetto XVI il quale aveva avviato l'iniziativa che non è affatto una novità, ma un provvedimento preso durante il concilio.

 

Vi offriamo infatti un inedito.

 

L'allora Arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla (San Giovanni Paolo II, Papa), partecipe attivo al concilio, così raccontò i fatti in un intervento a Radio Vaticana (1):

 

"Oggi sono invitato a parlare sulla mia partecipazione al concilio ecumenico: innanzitutto desidererei far capire ai miei ascoltatori l’atmosfera che vi regna.

È l’atmosfera della Chiesa. La basilica di san Pietro, nelle sue dimensioni monumentali, favorisce molto la creazione di un’atmosfera simile.

Dopo le 8 di mattina da diverse parti di Roma iniziano ad arrivare gli autobus con i vescovi. Prima ancora che abbiano inizio i lavori giornalieri, li vediamo a gruppi interi inginocchiati sia presso la Confessione di san Pietro, sia in altri punti della basilica. Un luogo particolarmente frequentato è la cappella di san Giuseppe — si sa che è stato proclamato patrono del concilio - e anche l’altare sotto il quale riposano le spoglie del santo pontefice Pio X, il primo papa del nostro secolo.

La basilica a poco a poco si popola sempre più, i vescovi occupano i loro posti, ha inizio la Santa Messa, alla quale tutti partecipano pregando insieme. Di tanto in tanto la Santa Messa conciliare viene celebrata in uno dei riti liturgici particolari. La molteplicità dei riti non diminuisce l’unità della Chiesa.

Dopo La Santa Messa si compie l’intronizzazione solenne del Vangelo, durante la quale tutti cantano il Credo. Il concilio inizia così il suo lavoro quotidiano.

(...)

Ora desidero portare l’attenzione dei miei ascoltatori verso una questione particolare.

 

Ecco: in seguito a molte voci emerse al concilio, e ancora prima del suo inizio, il Santo Padre Giovanni XXIII ha deciso che al Canone della Santa Messa, prima della transustanziazione, venga introdotto, dopo il nome della Beata Vergine Maria, il nome di san Giuseppe. Nella preghiera che comincia con le parole «communicantes et memoriam venerantes...» precederà i nomi di tutti gli apostoli e dei martiri.

 

Proviamo a meditare sul significato di tale decisione, che può sembrare qualcosa di insignificante e poco importante a coloro che sono lontani dalla realtà della Chiesa. San Giuseppe merita una particolare venerazione per la ragione ovvia che è molto vicino a Cristo e a sua Madre.

Nessuno fu associato quanto lui all’Incarnazione del Figlio di Dio. Per molto tempo su di lui gravò particolarmente la responsabilità per il destino della Parola incarnata a Betlemme, durante l’esilio in Egitto, a Nazareth. Lui, insieme a Maria, entrò per primo nella vita del Signore Gesù e vi rimase più a lungo.

 

Gli apostoli entrarono in quella vita più tardi e stettero più brevemente con Cristo Signore.

Tuttavia presero in carico, dalle mani e dalla bocca del Salvatore, la grande missione dell’insegnamento e della creazione della Chiesa, sacrificando per essa tutta la loro vita fino a morire.

Essi rinascono continuamente nei loro successori. Tutta la struttura della Chiesa, per volontà del Creatore Divino, fa continuo riferimento a loro. Tutti i vescovi riuniti al concilio, in unione con il Santo Padre, costituiscono un prolungamento del Collegio apostolico.

Questi vescovi prima hanno accolto con gioia la notizia che il Santo Padre aveva nominato san Giuseppe patrono del concilio, seguita poi, già durante le prime sessioni, dalla decisione, in virtù della quale il suo nome viene introdotto nel Canone della Santa Messa.

Infatti siamo consapevoli del fatto che la Chiesa deve sempre trovarsi nel luogo in cui humanis divina iunguntur, dove ha luogo l’incontro dell’elemento divino con quello umano.

E un incontro, e poi uno sviluppo creativo, dal quale, nonostante tutte le difficoltà, le avversità e gli insuccessi, emerge una nuova forma di vita umana, un nuovo volto della terra. San Giuseppe è proprio colui che, nel piano della Provvidenza, si trovò incredibilmente vicino al primo punto di contatto dell’elemento divino con quello umano.

Certamente, questo primo incontro, e la prima fase della vita del Figlio di Dio nella storia dell’umanità, furono affidati alla sua cura. Sappiamo che era un tutore perfetto, e anche per questo è stato scelto come patrono di un concilio che, nell’oggi dell'umanità, desidera esprimere e consolidare quell’incontro della vita divina con quella umana.

Il Vangelo, prima di essere annunciato, assunse in primo luogo la forma della vita umana.

Assunse questa prima forma a Betlemme e a Nazareth, dove c’era Giuseppe. Anche oggi si tratta di far sì che il Vangelo sia annunciato in modo da poter assumere la forma della vita umana, della vita umana contemporanea, così da poterci raccogliere nell’unione anelata di tutti i seguaci di Cristo, di tutte le persone credenti, e nel contempo di far sì che per i non credenti sia oggetto di riflessione.

Il concilio ha sempre davanti agli occhi l’esigenza che il Vangelo sia vissuto nel nostro tempo. Ciò viene appunto espresso nelle parole renovata accommodatio.

San Giuseppe, stando così vicino a quel punto di contatto della vita divina con quella umana, ci aiuta soprattutto a intendere due grandi questioni dell’esistenza umana: la prima di esse è la famiglia e la seconda è il lavoro.

Era infatti il capofamiglia.

Come Coniuge-Sposo si assunse la massima responsabilità per la Madre-Vergine e, come pater putativus, tutore di suo Figlio, la responsabilità più splendida per il destino dell’opera di reden-zione.

 

Quanti contenuti antichi e moderni vi sono celati al tempo stesso. Quante questioni delicate e profonde, nel contempo comuni, quotidiane della vita di ogni persona — di ogni uomo, marito, padre e accanto a lui di ogni donna, madre, sposa - quante di queste questioni possiamo leggere nella prima fase del Vangelo quando assunse la forma della vita della Famiglia di Nazaret. Quante ne intendiamo proprio grazie a san Giuseppe !

Come si evidenzia in tale luce il valore del lavoro umano, di ciascun lavoro fisico e intellettuale ! Il lavoro di san Giuseppe servì a mantenere in vita Dio. Le opere delle mani umane, tutte, da quelle più semplici a quelle più raffinate, trovarono nell'officina di quel carpentiere il più elevato riconosci-mento divino. Entrarono nel programma della nostra salvezza.

Durante il concilio, trovandosi nel luogo dell’incontro di ciò che è divino con quanto è umano, la Chiesa desidera essere molto vicina a tutte le persone e alle questioni della vita umana più essenziali.

Proprio in questo la aiuta san Giuseppe. La presenza del suo nome nel Canone della Santa Messa avvicina in un certo senso tali questioni al centro divino, al centro costituito dalla transustanziazione, il centro del sacrificio e dell’adorazione e, nel contempo, dell’amore e della grazia. Occorre ora che tutte le persone unite al concilio, con l’aiuto di san Giuseppe, si trovino più vicino a quel centro: questo è il nostro augurio più profondo.

Il vescovo che è arrivato alla tomba di san Pietro dalla tomba di san Stanislao a Cracovia rivolge quest’augurio e i saluti soprattutto all’arcidiocesi di Cracovia, a tutte le famiglie, ai genitori e ai bambini, ai ragazzi, ai miei fratelli nel sacerdozio, ai fratelli e alle sorelle religiosi, a te, fratello mio nel episcopato. Sono qui unito a voi con la forza della vostra unione con me. Res nostra agitur.

 

 

______________

 

1) da: Il rinnovamento della Chiesa e del mondo.

Riflessioni sul Vaticano II 1962-1966 di Karol Wojtyla

Ed. Fondazione Giovanni Paolo II LUP - Lateran University Press - 2014

 





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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