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Maria "Generosa Socia" del Redentore mons. Dal Covolo nell'ambito dei "Sabati Mariani"

Ultimo Aggiornamento: 17/01/2013 16:29
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[SM=g1740758] Maria "Generosa Socia" del Redentore (Testo integrale)


La conferenza di mons. Dal Covolo nell'ambito dei "Sabati Mariani"


ROMA, mercoledì, 5 dicembre 2012 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito il testo integrale della conferenza tenuta sabato 1 dicembre dal rettore della Pontificia Università Lateranense, monsignor Enrico dal Covolo, nell’ambito del cicolo di conferenze “Sabati mariani”.

***

La catechesi mariologica dalla Lumen Gentium
al Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica

1. L’eredità della Lumen Gentium nella catechesi mariologica postconciliare fino agli anni Ottanta

Il tema di Maria "associata" a Gesù Cristo non è certo nuovo nella catechesi postconciliare. Per limitarci alla Chiesa italiana, è sufficiente ricordare il n. 90 del documento di base per Il rinnova­mento della catechesi, riconsegnato alla comunità ecclesiale nella Pasqua del 1988.[1]

Maria, vi si legge, è "unita in modo ineffabile al Signore", lei, "che nella Chiesa santa oc­cupa, dopo Cristo, il posto più alto e il più vicino a noi [...]. Ella è pienamente conformata con il Figlio suo, Signore dei dominanti, vincitore del peccato e della morte", mentre "riunisce per così dire e riverbera in sé i massimi dati della fede e chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre [...]. La catechesi", conclude il medesimo paragrafo, "deve continuamente collegar­la [la santa Vergine] con il mistero di Cristo e della Chiesa, in lei già pienamente compiuto, e de­ve guidare i fedeli a comprendere e vivere, nella devozione alla Madonna, quel medesimo miste­ro". Perciò "la catechesi mariana deve copiosamente attingere all'insegnamento proposto dal Con­cilio Vaticano II e dal più recente magistero".[2]

Non a caso il paragrafo citato si presenta esso stesso come un "centone" di riferimenti di­retti e indiretti al capitolo ottavo della Lumen Gentium,[3] richiamato per otto volte nelle note di pié pagina.[4]

L'indice analitico, poi, avvia il confronto tra il medesimo paragrafo 90 e i più importanti riferimenti mariologici del DCG, dell'EN e della CT.

Non è il caso ora di svolgere tale confronto. Sembra opportuna invece un'osservazione complessiva, sollecitata dalla recensione dei testi magisteriali addotti.

Nella catechesi postconciliare il tema di Maria "associata" a Gesù Cristo e alla sua Chiesa appare come uno sviluppo coerente delle scelte mariologiche operate dal Vaticano II.

Com'è noto, non si trattò affatto di scelte pacifiche. Tanto per cominciare, un numero rilevante di Padri conciliari avrebbe preferito che di Maria si parlasse in un documento autonomo. Al contrario, altri Padri insistevano perché la ri­flessione mariologica del Concilio venisse inglobata nella Costituzione sulla Chiesa. La seconda posizione riuscì vincente, ma di strettissima misura: su 2193 votanti, 1074 si pronunciarono a fa­vore dello "schema autonomo", 1114 a favore del "testo inglobato", e 5 schede risultarono nulle.[5] Come si vede, la differenza dei voti fu realmente minima, e forse è questo uno dei casi in cui si può dire che sul piatto della bilancia pesò lo Spirito Santo. A partire da quella decisione concilia­re, infatti, la "segnaletica" di ogni corretto itinerario mariologico era definitivamente tracciata.

Da quella storica votazione del 29 ottobre 1963 apparve evidente che non si poteva parlare in modo adeguato della Madre di Dio se non nel contesto dei misteri di Cristo e della sua Chiesa, e che nella catechesi non si poteva annunciare Maria senza "associarla" a Gesù.[6]

Secondo il padre E. Toniolo, "socia del Redentore" sarebbe addirittura il tema mariologico fondamentale del Vaticano II: "L'intima associazione della Madre Vergine al Figlio redentore", egli afferma, "è il filo d'oro che percorre l'esposizione dottrinale del Capitolo VIII della Lumen Gentium [...]. Per la sua spontanea e continuata consacrazione all'opera della salvezza", Maria "agi­sce come 'generosa compagna del tutto eccezionale' (LG 61) del divino Redentore, impegnando tutta se stessa - azioni intenzioni e comportamenti - per la stessa sua causa".[7]

Pertanto l'illustre mariologo ha visto in un inciso della "solenne professione di fede" pro­nunciata da Paolo VI il 30 giugno 1968 ("[Maria è] unita con un vincolo stretto e indissolubile al mistero dell'Incarnazione e della Redenzione") il compendio di ciò che il Concilio aveva più dif­fusamente trattato nella LG.[8]

Le scelte conciliari - riprese dai successivi documenti del Magistero e recepite nel DB - hanno trovato significativi riscontri nella catechesi italiana, segnatamente nel Catechismo degli Adulti promulgato il 2 febbraio 1981 dal Presidente della Conferenza Episcopale.[9]

Verso la conclusione del capitolo 28, intitolato Vergine Madre, figlia del tuo figlio!, il CdA afferma: "Maria è la prima e più fedele imitatrice di Cristo. I misteri di suo Figlio aderisco­no in maniera così profonda alla sua vita da rendere la vita di Maria lo specchio della vita di Gesù".[10]

Di fatto l'intero capitolo riflette puntualmente gli orientamenti fondamentali della cate­chesi mariologica postconciliare. Essi non intendono lasciare tra parentesi i privilegi eccezionali di Maria, ma sono molto attenti a non collocare la Vergine Madre di Dio "al di fuori della storia". Essa è "una di noi", scrive ancora il CdA, "che ha fatto esperienza piena della salvezza".[11]

La sollecitudine della catechesi è che Maria - salvi restando i suoi privilegi - continui ad essere sentita dai fedeli come un "modello reale", veramente imitabile.

Ma come salvaguardare le due istanze, entrambe irrinunciabili e pur dialettiche tra loro - da una parte quella di illustrare gli eccezionali privilegi della Madre di Dio, dall'altra quella di rappresentare Maria di Nazaret come "una di noi" -?

Negli scorsi anni Settanta-Ottanta il problema ha trovato una soluzione importante, e per molti aspetti insuperata, nella catechesi mariologica che si snoda dal capitolo ot­tavo della LG lungo i sei volumi del Catechismo per la vita cristiana, di cui il CdA rappresenta il punto di arrivo. Tale soluzione consiste precisamente nel raffigurare Maria a tal punto "associata" a Cristo, da esserne "la prima e più fedele imitatrice". "L'umanità", recita infatti il CdA, "ha rag­giunto in Maria il massimo della sua possibilità di cooperazione al progetto di Dio. Perciò essa [Maria] resterà per sempre il modello della Chiesa".[12]

Nella medesima prospettiva, quelli che sembrano i privilegi irripetibili di Maria - Madre di Dio, sempre vergine, immune da ogni peccato e tutta santa, assunta in cielo in corpo e anima - vengono riletti come altrettante mète, verso cui la Chiesa intera ed ogni credente sono incammi­nati. "In lei, Madre di Cristo, prima discepola del Figlio e Madre della Chiesa", si legge ancora nel CdA, "si riassumono i secoli passati e prendono avvio quelli futuri fino all'avvento definitivo del Regno".[13]

Ho richiamato alcune pagine del CdA perché a mio parere esse rappresentano un "caso ma­turo" di catechesi mariologica postconciliare, che gli estensori del Catechismo della Chiesa Cattolica[14]non hanno mancato di va­lorizzare.

Ma bisogna subito aggiungere che tra la pubblicazione del CdA e quella del CCC sono in­tercorsi più di dieci anni, segnati da eventi di grande rilievo per la mariologia. Alludo in partico­lare alla promulgazione dell'Enciclica Redemptoris Mater (1987) e della Lettera apostolica Mulie­ris Dignitatem (1988),[15] nonché alla celebrazione dell'Anno Mariano (7 giugno 1987-15 agosto 1988): tutti eventi che certamente hanno influenzato - in quale misura è difficile precisarlo -[16] lo sviluppo della catechesi mariologica postconciliare.

Per usare un'espressione sintetica di suor A. Deleidi, possiamo accennare al fatto che la prospettiva mariologica della MD ha portato a sviluppo le scelte inaugurate dal Vaticano II, e ha accentuato "il ruolo di Maria come presenza attiva ed operante nella storia della salvezza, sottoli­neato dalla Redemptoris Mater".[17]

Proprio dal contesto ora evocato emerge la proposta catechetico-mariologica del CCC, che ripropone il tema della Vergine "associata" a Gesù in continuità con i documenti conciliari e con le elaborazioni catechistiche fin qui considerate.

2. Il Catechismo della Chiesa Cattolica[18].

In verità l'espressione "associata a Gesù" ricorre formalmente nel CCC solo in una citazio­ne tratta dal n. 58 della LG;[19] in ogni caso essa vi è più che mai presente nella sostanza.

Maria appare intimamente "associata" al mistero di Cristo a partire dalla sua personale e libera adesione di fede, dalla sua vita saldamente intrecciata con quella del Figlio, dai suoi singo­lari privilegi, dalla sua preghiera, e infine dal suo speciale rapporto con la Chiesa.

Vediamo in dettaglio ciascuno di questi ambiti.

2.1. Maria "associata" a Gesù per la sua libera adesione di fede

"Durante la sua vita, e fino all'ultima prova, quando Gesù, suo Figlio, morì sulla croce, la sua fede non ha mai vacillato", recita il n. 149 del CCC; e conclude: "Ecco perché la Chiesa venera in Maria la più pura realizzazione della fede".[20]

L'immagine di Maria ubbidiente nella fede ("Obbedire nella fede è sottomettersi libera­mente alla Parola ascoltata. [Di questo la Vergine Maria] è la realizzazione più perfetta")[21] richia­ma da vicino alcune espressioni dell'epistolario paolino: si pensi all'inno cristologico della Lettera ai Filippesi ("Cristo si è fatto ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce": Fil 2,8), oppure al capitolo quinto della Lettera agli Ebrei ("Cristo imparò l'ubbidienza dalle cose che patì, e reso perfetto divenne causa di salvezza per tutti coloro che gli ubbidiscono": Eb 5, 8-9).

Nei Padri dei primi secoli è ricorrente il parallelismo antitetico tra l'ubbidienza di Gesù e Maria e la disubbidienza di Adamo ed Eva. Non a caso il CCC cita[22] un passo di Ireneo tratto dal terzo libro Contro gli eretici: "Il nodo della disobbedienza di Eva", scrive il vescovo di Lione, "ha avuto la sua soluzione con l'obbedienza di Maria; ciò che la vergine Eva aveva legato con la sua incredulità, la Vergine Maria l'ha sciolto con la sua fede".[23]

Sarà utile ricordare che Ireneo torna sullo stesso tema anche nel quinto libro Contro gli eretici, là dove - volendo esplicitare in massimo grado la corrispondenza antitetica tra la disobbe­dienza di Adamo e l'obbedienza di Cristo - egli ridisegna, dopo Giustino e prima di Tertulliano, i termini fondamentali del confronto antitipico Eva-Maria.

"Il Cristo", scrive Ireneo, "annullò la seduzione con la quale era stata malamente sedotta Eva [...]. E come Eva fu sedotta dal discorso di un angelo a tal punto da allontanarsi da Dio tra­sgredendo la sua parola, così Maria fu istruita dall'annuncio di un angelo, a tal punto da portare nel grembo Dio, obbedendo alla sua parola. E come quella si lasciò sedurre e disubbidì a Dio, questa si lasciò persuadere ad ubbidire a Dio, affinché la vergine Maria divenisse l'avvocata della vergine Eva".[24]

Il discorso prosegue poco oltre con un accenno alla tematica paolina (Ef 1,10) della ricapi­tolazione, carissima a Ireneo: "Ricapitolando ogni cosa in se stesso", egli afferma, "il Cristo ha ri­capitolato anche la guerra contro il nostro nemico, provocando e vincendo colui che da principio ci aveva resi schiavi di Adamo e calpestando il suo capo, secondo la parola di Dio al serpente ri­portata nella Genesi: 'Porrò inimicizia tra te e la donna'".

Ancora più avanti, sulla scorta della testimonianza veterotestamentaria addotta, Ireneo completa l'antitesi Eva-Maria citando e commentando Gal 4,4: "'Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna'. Infatti il nemico non sarebbe stato vinto secondo giustizia, se colui che lo vinse non fosse stato un uomo nato da donna. Attraverso una donna in­fatti egli si era impadronito dell'uomo, ponendo sin dall'inizio se stesso come avversario dell'uo­mo".

Come si può notare, con Ireneo il parallelismo antitipico Eva-Maria appare definitivamen­te strutturato nelle sue componenti fondamentali. Integrato dal successivo apporto tertullianeo,[25] esso si presenta secondo questo schema sintetico:

Eva <> Maria

vergine <> vergine

crede al demonio <> crede a Gabriele

accoglie in sé <> accoglie in sé

il verbum diaboli <> il verbum Dei

aedificatorium mortis <> structorium vitae

reca perdizione <> reca salvezza

concepisce <> concepisce

Caino <> Cristo,

malus frater <> bonus frater.

E’ importante sottolineare ciò che appare già evidente da una prima lettura di Ireneo: il parallelismo Eva-Maria non è che un ampliamento della più vasta antitesi Adamo-Cristo. Eppure la figura di Maria non ne esce meno efficacemente rilevata, proprio perché essa è intimamente "associata" alla ricapitolazione e alla ricircolazione salvifica di tutte le cose in Cristo.

Per quanto riguarda l'obbedienza e la fede di Maria, se ne può assumere e concludere che lo sviluppo della tradizione patristica coincide in sostanza con la proposta catechistica del CCC, e l'avvalora e l'arricchisce: nella tradizione come nel Catechismo, infatti, la Vergine si staglia nella sublime dignità della donna totalmente fedele al disegno del Padre, associata fin dagli albori della storia al mistero salvifico di Cristo.

2.2. Maria "associata" a Gesù nella sua vita

Il CCC richiama molti episodi della vita di Maria, mettendone costantemente in evidenza i rispettivi legami con la vita di Gesù.

In particolare i nn. 525-534, riferendosi ai misteri del Natale, dell'infanzia e della vita na­scosta di Gesù, illustrano il mirabile intreccio tra la vita della Madre e quella del Figlio;[26] e i nn. 484-511 e 963-975, dedicati soprattutto alla descrizione dei privilegi di Maria, percorrono a più riprese le tappe dell'esistenza storica e "metastorica" della Vergine, dalla sua predestinazione all'assunzione.[27]

Nei Vangeli canonici - com'è noto - i riferimenti alla vita di Maria associano sempre la Madre e il Figlio, a differenza degli scritti apocrifi, nei quali s'incontrano spesso "squarci autono­mi" di biografia mariana. Questa specie di "autonomia" si può rilevare anche in alcuni testi patri­stici, soprattutto per ciò che riguarda il racconto degli ultimi giorni della Vergine e della sua dor­mizione. Ma in genere anche i Padri associano strettamente i racconti della vita di Gesù e di Maria.

Possiamo addurre al riguardo uno splendido esempio, che in verità ci porta oltre i limiti dell'età patristica strettamente intesa. Alludo a un celebre Discorso nell'ottava dell'assunzione, nel quale Bernardo di Chiaravalle descrive in termini appassionati l'intima partecipazione di Maria al sacrificio della croce.[28]

"O santa Madre", esclama Bernardo, "veramente una spada ha trapassato la tua anima! Del resto non avrebbe penetrato la carne del Figlio, se non trapassando l'anima della Madre. In verità dopo che il tuo Gesù - che è di tutti, ma soprattutto tuo - emise lo spirito, la lancia crudele non poté certo toccare la sua anima: essa aprì il suo fianco non avendo pietà neppure di un morto, al quale non poteva più recare danno, ma trapassò la tua anima. Naturalmente l'anima di lui non era già più lì: ma la tua non poteva assolutamente strapparsene. Così la violenza del dolore trapassò la tua anima, a tal punto che non immeritatamente noi ti acclamiamo più che martire, poiché in te il sentimento della partecipazione alla passione [compassionis affectus] superò la sofferenza della passione fisica [del Figlio...]. L'amore [di Gesù], che nessun altro ebbe più grande, fece quello [giunse cioè a morire con il corpo]; ancora l'amore [ma di Maria], di cui dopo di lei non vi fu un altro uguale, fece questo [giunse cioè a morire con il cuore: ille corpore mori potuit, ista corde commori]".[29]

Il passo attesta con sicurezza la subordinazione di Maria rispetto a Gesù, secondo i fon­damenti della mariologia tradizionale. Ma il Discorso di Bernardo documenta altresì il posto privi­legiato della Vergine nell'economia della salvezza, a seguito della sua speciale "associazione" alla vita e alla morte del Figlio: Maria ha con-patito con lui!

Com'è noto, la riflessione mariologica di Bernardo è stata copiosamente rivisitata dall'En­ciclica RM, che riserva un ruolo di privilegio alla testimonianza del santo abate.[30] Di fatto il tema della mediazione di Maria, assolutamente centrale nella RM, trova in Bernardo il fondamento pa­tristico più maturo ed esplicito.

Anche in questo caso il CCC funziona "da bacino collettore" della tradizione e del magiste­ro. In particolare vi si trova al n. 964 un'ennesima citazione tratta dal capitolo ottavo della LG, che afferma: "[L'] unione della Madre col Figlio nell'opera della Redenzione si manifesta dal mo­mento della concezione verginale di Cristo fino alla morte di lui".[31]

Ciò significa che tutta la vita di Gesù, senza eccezioni, è intimamente "associata" a quella di Maria. Tuttavia questa mirabile associazione, prosegue il CCC, "viene particolarmente manife­stata nell'ora della sua Passione".[32] E di nuovo è citato il testo della LG, là dove si legge che "la beata Vergine ha avanzato nel cammino della fede e ha conservato fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette ritta, soffrì profondamente col suo Figlio unigenito e si associò con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consen­ziente all'immolazione della vittima da lei generata; e finalmente, dallo stesso Cristo Gesù moren­te in croce fu data come madre al discepolo".[33]

In definitiva, vale anche per il CCC ciò che il padre S. De Fiores scrive riguardo alla RM: "Nella sua vicenda terrena Maria partecipa indubbiamente al mistero di Cristo, per lo più in maniera di­scosta e discreta (RM 3,24), ma non per questo meno intimamente o con minore efficacia. L'en­ciclica evidenzia che si tratta di una presenza attiva, in quanto rendeva presente il mistero di Cri­sto (RM 19), centrale in ordine al mistero dell'incarnazione (RM 51), permeata di accoglienza e di collaborazione. Maria è infatti 'compagna generosa in modo del tutto singolare' del Messia e Re­dentore (RM 39), ed entra pertanto 'in modo del tutto personale nell'unica mediazione fra Dio e gli uomini, che è la mediazione dell'uomo Cristo Gesù' (RM 39). E’una mediazione materna e su­bordinata, ma anche 'speciale ed eccezionale' nonché 'universale' (RM 38-40). Maria", conclude De Fiores, "ha condotto una vita terrena dal significato essenzialmente storico-salvifico perché in­serita in modo intimo nel mistero di Cristo".[34]

Com'è noto, attorno al concetto di mediazione materna ruota il principale apporto di novi­tà della RM rispetto alla mariologia del Concilio. Giovanni Paolo II infatti, dando a tale espres­sione un preciso contenuto dottrinale, ha ridisegnato nella RM "la natura, il fondamento, i limiti della cooperazione speciale e straordinaria della Serva del Signore alla persona e all'opera salvifica di Cristo, sia nella vita storica sia nella comunione dei Santi".[35] Mediazione materna è dunque uno sviluppo originale del titolo socia Redemptoris impiegato nel capitolo ottavo della LG.

Il CCC, pur riproponendo nella sostanza la dottrina mariana e il linguaggio della LG, non ignora l'apporto della RM, soprattutto per quanto riguarda il progressivo, "esistenziale" coinvolgi­mento del cuore e della vita della Madre nella missione redentrice del Figlio: "La Vergine Maria", afferma il CCC nell'unico passo in cui la RM è direttamente citata, "'nel cammino della fede' è giunta fino alla 'notte della fede' partecipando alla sofferenza del suo Figlio e alla notte della sua tomba".[36]

Così la rigenerazione dell'uomo - iniziata con il fiat di Maria nell'Incarnazione - si consu­ma nella morte del Figlio con il fiat silenzioso della Madre ai piedi della croce.[37]

2.3. Maria "associata" a Gesù per i suoi singolari privilegi

Il CCC si occupa dei privilegi di Maria soprattutto in due contesti dei capitoli dedicati a spiegare "la professione della fede cristiana".[38]

La prima occasione è fornita dal lemma: "Concepito per opera dello Spirito Santo, nato dalla Vergine Maria". Qui il CCC accenna alla predestinazione di Maria, alla sua immacolata con­cezione, alla sua maternità divina e alla sua perpetua verginità.[39]

Nel secondo caso la spiegazione del CCC riguarda l'articolo del Credo sulla comunione dei Santi, e qui, mentre si parla della "maternità di Maria verso la Chiesa", si trova citata la defi­nizione dogmatica dell'assunzione della Vergine "alla celeste gloria col suo corpo e con la sua anima".[40]

Si è già visto che nella presentazione di questi privilegi il CCC mette ogni impegno per raffigurare Maria a tal punto "associata" a Cristo, da esserne la prima e più fedele imitatrice.

E’ molto importante al riguardo la premessa enunciata nel n. 487, dove si legge: "Ciò che la fede cattolica crede riguardo a Maria si fonda su ciò che essa crede riguardo a Cristo"; d'altra par­te, prosegue il CCC, ciò che la fede cattolica "insegna su Maria illumina, a sua volta, la sua fede in Cristo".[41] Potremmo parafrasare, e dire - assolutizzando - che la mariologia autentica è pur sempre, in radice, una cristologia.



[SM=g1740771]  continua.....

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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