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Mons. Gerhard L. Müller spiega il rapporto tra fede e pace nell'autentico "spirito d'Assisi"

Ultimo Aggiornamento: 17/01/2013 18:34
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17/01/2013 18:34
 
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[SM=g1740758] Il dialogo con i seguaci delle religioni non-cristiane è una forma di testimonianza della fede, che dev’essere sempre rispettosa verso l’altro e la dignità della sua coscienza.
È un dialogo da praticare sempre nella verità, che include ed accetta la missione, ricevuta da Gesù Cristo, di predicare il Vangelo fino alla fine dei tempi e agli estremi confini della terra. La dimensione missionaria della Chiesa non può essere sospesa nel dialogo interreligioso. In questo dialogo, come in ogni predicazione, vanno sempre ricordati due elementi. Ogni predicazione, dialogo e conversazione sulla fede saranno fruttuosi solamente se basati sulla grazia dello Spirito Santo. Questa grazia, quando è ricevuta da una fede viva(14), precede l’opera del predicatore, del missionario o del dialogante, ed agisce sia in colui che parla, sia in colui che ascolta. La fede è un dono di Dio, che permette un contatto con Dio. Essa introduce perciò alla vita soprannaturale e può “provocare” la fecondità di Dio stesso. È così che il dialogo diviene fruttuoso. Da qui deriva anche – ed è il secondo elemento – che, nel dialogo, il cristiano è chiamato a testimoniare Cristo e non se stesso. Ogni cristiano coinvolto in una qualsiasi conversazione attinente alla fede, deve “nascondersi” spiritualmente dietro Cristo, appoggiandosi alla sua grazia e non a se stesso: non promuovendo se stesso, ma Lui solo.

Il cristiano è dunque un testimone e non un possessore della verità. Come recentemente ha detto il Santo Padre: “Nessuno può avere la verità. È la verità che ci possiede, [essa] è qualcosa di vivente! Noi non siamo suoi possessori, bensì siamo afferrati da lei. Solo se ci lasciamo guidare e muovere da lei, rimaniamo in lei, solo se siamo, con lei e in lei, pellegrini della verità, allora è in noi e per noi”(15). Il cristiano è allora un pellegrino, un viator che cammina nella verità, ed è ben cosciente del fatto che essa è un dono in cui egli deve inoltrarsi sempre più. Si tratta di un cammino personale, che vive in un preciso contesto comunitario, vale a dire nel contesto più ampio della Chiesa, donata agli uomini come “colonna e fondamento della verità” (1 Tm 3,15)(16).

8. Vivendo nella verità la sua fede, il cristiano non è autorizzato a modificarla per rendere il suo discorso più accettabile da parte di coloro che non credono, magari adattandola secondo criteri soggettivi.

Il punto di partenza di una corretta teologia cristiana delle religioni è l’Incarnazione del Logos eterno di Dio: Egli si è fatto “carne”, “kai o logos sarx egeneto” (Gv 1,14), offrendosi per la salvezza dell’uomo nel Mistero Pasquale. “Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia” (Gv 1,16). Egli ci ha offerto “un nuovo regno di pace”(17). Infatti, l’Incarnazione del Verbo non è un’idea, uno schema, una categoria, ma un evento unico e concreto nella storia (cf. Eb 1,1-2).

Il principio ermeneutico che Cristo stesso offre ai due discepoli sulla strada di Emmaus si riferisce al progetto eterno del Padre: “Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Lc 24,26). Solamente quando si accetta nella fede il mistero di Cristo Crocifisso e Risorto, tale quale Egli è, questo rapporto vivo con Cristo diventa una luce nella quale si può interpretare tutto. La saggezza ultima è un dono dello Spirito Santo ed è data a chi crede in Cristo. Ogni dialogo, e soprattutto il dialogo interreligioso non deve dunque nascondere questo principio fondamentale.

Vale la pena ricordare il fatto che questo principio è stato alla base degli incontri di Assisi. La preghiera dei rappresentanti delle diverse religioni, riuniti nel 1986 non era una preghiera “comune” – che sarebbe una manifestazione di sincretismo – ma una preghiera pronunciata simultaneamente. Giovanni Paolo II, in quell’occasione, disse: “Andremo … ai nostri separati luoghi di preghiera … Poi … ciascuna religione avrà di nuovo la possibilità di presentare la propria preghiera, l’una dopo l’altra. Dopo aver così pregato separatamente, mediteremo in silenzio sulla nostra responsabilità di operare per la pace”(18).

9. La pace è un bene stimato da tutti. Tutta l’umanità aspira alla pace. Tuttavia “la pace, [essendo] così cagionevole di salute, richiede una cura costante e intensiva”(19). Essa, come ci insegna la tradizione della fede, è frutto della giustizia ed ancor più della carità. Le negoziazioni politiche per la pace, pur necessarie, possono solo risolvere alcuni problemi, stabilendo accordi e convenzioni. La pace autentica, che supera l’ingiustizia, che ama la verità e si apre all’universale solidarietà, è un dono che viene dall’alto(20) ed esige un’apertura a Dio. Essa si nutre di un rapporto vivo con Dio e di un rapporto con un Dio vivo e presente in mezzo a noi. Per noi cristiani la pace “porta il nome di Gesù Cristo”(21), di un Dio che è morto sulla Croce per noi. “La Croce di Cristo è per noi il segno del Dio che, al posto della violenza, pone il soffrire con l’altro e l’amare con l’altro. Il suo nome è ‘Dio dell’amore e della pace’ (2 Cor 13,11)”, ci ha ricordato Benedetto XVI proprio qui, ad Assisi, il 29 ottobre 2011.

In questa prospettiva – riconsegnataci dal Santo Padre – ritroviamo il nostro punto di partenza, vale a dire quel messaggio che sta al cuore della testimonianza e della vita di Francesco, il poverello di Assisi: nella Croce di Cristo vi è l’origine e il compimento della pace, di una pace autentica. “Vi lascio la pace, vi do la mia pace, non come la dà mondo io la dò a voi” (Gv 14,27): così Gesù ci ha insegnato la strada verso la pace vera, offrendo la sua vita per noi, con amore. “Egli infatti è la nostra pace” (Ef 2,14). Seguendo Lui, anche noi diveniamo operatori efficaci di pace e di unità fra gli uomini. In Cristo, Crocifisso e Risorto, dimora in pienezza il dono dello Spirito Santo, che è lo Spirito di pace. A questo Spirito si attinge e si vuole attingere, a piene mani, quando ci si richiama allo “spirito di Assisi”. Proprio questo Spirito di Dio ci invita a guardare con fiducia alla Croce di Cristo, perché là si trovano la testimonianza e l’ermeneutica più eloquenti della pace.

*

NOTE

(1) - Benedetto XVI, Discorso, Assisi, Basilica di Santa Maria degli Angeli, 27 ottobre 2011, cfr Lettera in occasione del XX anniversario dell’Incontro Interreligioso di Preghiera per la Pace, 2 settembre 2006.

(2) - Concilio Vaticano I, Cost. Dei Filius, 2; DH 3004.

(3) - Giovanni Paolo II, «Operatori di pace nel pensiero e nell’azione, con la mente e con il cuore rivolti all’unità dell’intera famiglia umana», Assisi, 27 ottobre 1986, n. 2: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX, 2 (1986), p. 1266. Cfr Discorso alla Curia Romana per gli auguri di Natale, 22 dicembre 1986.

(4) - Ibid., n. 4, p. 1267.

(5) - Cf. G.L. Müller, «Le basi epistemologiche di una teologia delle religioni», Unicità e universalità di Gesù Cristo, ed. M. Serretti, San Paolo, Cinisello Balsamo 2001, pp. 35-64.

(6) - Cf. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, IIa-IIae, q. 81, a. 5.

(7) - Cf. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, IIa-IIae, q. 4, a. 1: «Fides est habitus mentis, qua inchoatur vita aeterna in nobis, faciens intellectum assentire non apparentibus».

(8) - Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Dominus Iesus sull’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, n. 7.

(9) - Concilio Vaticano II, Dichiarazione Nostra aetate, n. 2; cfr Benedetto XVI, Esortazione Apostolica Post-sinodale Verbum Domini sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, n. 117; Discorso per l’Incontro con le Organizzazione per il Dialogo Interreligioso, Gerusalemme, 11 maggio 2009.

(10) - Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Fides et ratio, n. 56.

(11) - Decreto sulla giustificazione, c. 7, DS 1528-1531.

(12) - Dichiarazione Dignitatis humanae, n. 2, 9-10.

(13) - Costituzione dogmatica Dei Verbum, n. 2-6.

(14) - Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, Ia-IIae, q. 106, a. 2: «Unde etiam littera Evangelii occideret, nisi adesset interius gratia fidei sanans».

(15) - Benedetto XVI, Omelia nella Santa Messa a conclusione dell’incontro con il “Ratzinger Schülerkreis”, 2 settembre 2012.

(16) - Cf. G.L. Müller, op. cit., pp. 60-61.

(17) - Cf. Benedetto XVI, Udienza generale per la preparazione dell’Incontro di Assisi, 26 ottobre 2011.

(18) - Giovanni Paolo II, «Nel nostro comune impegno di preghiera rendiamo questa giornata anticipazione di un mondo pacifico», Assisi, 27 ottobre 1986, n. 4: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX, 2 (1986), p. 1253.

(19) - Ibid., n. 8, p. 1269.

(20) - Cf. Ibid., n. 10, p. 1270.

(21) - Ibid., n. 4, p. 1267.

[SM=g1740766]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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