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Le Visite ad Limina Apostolorum ed eventuali discorsi del Pontefice ai Vescovi

Ultimo Aggiornamento: 22/11/2015 09:13
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02/12/2013 15:39
 
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Il Papa ai vescovi olandesi: su famiglia, matrimonio, fine vita, siate presenti nel dibattito pubblico



La Chiesa e i fedeli in Olanda siano "presenti nel dibattito pubblico", in tutti gli ambiti "nei quali è in causa l’uomo": in una società fortemente secolarizzata, potranno così portare il loro contributo nelle "grandi questioni sociali riguardanti per esempio la famiglia, il matrimonio, la fine della vita". Così Papa Francesco nel discorso che ha consegnato ai vescovi olandesi, in visita ad Limina, in cui ha pure espresso la propria compassione e la propria preghiera per le vittime di abusi sessuali. Il servizio di Giada AquilinoRealAudioMP3 

In una società fortemente segnata dalla secolarizzazione e in “circostanze spesso ardue”, non è facile conservare la speranza. Ma il compito della Chiesa è quello del “bene umano” e dello “sviluppo sociale”. Lo ha ricordato il Papa nel discorso ai vescovi dei Paesi Bassi. Per i cristiani, ha proseguito, l’educazione delle coscienze diventa allora “prioritaria”, “specialmente mediante la formazione del giudizio critico, pur avendo un approccio positivo sulle realtà sociali: si eviterà così la superficialità dei giudizi e la rassegnazione all’indifferenza”. 

L’invito del Pontefice è dunque quello ad “essere presenti nel dibattito pubblico”, in tutti gli ambiti “nei quali è in causa l’uomo, per rendere visibile la misericordia di Dio, la sua tenerezza per ogni creatura”. D’altra parte, ha aggiunto, “la Chiesa si espande non per proselitismo, ma per attrazione”. Essa è quindi “inviata dappertutto per svegliare, risvegliare, mantenere la speranza”. I fedeli d’Olanda vanno perciò incoraggiati “a cogliere le occasioni di dialogo, rendendosi presenti nei luoghi in cui si decide il futuro”: in tal modo potranno “portare il loro contributo nei dibattiti sulle grandi questioni sociali riguardanti per esempio la famiglia, il matrimonio, la fine della vita”.

Affinché la Chiesa “con pazienza materna” prosegua gli sforzi “per rispondere alle inquietudini di tanti uomini e donne che sperimentano l’angoscia e lo scoraggiamento davanti al futuro”, è necessario - ha proseguito il Santo Padre - che “cattolici, sacerdoti, persone consacrate, laici acquisiscano una formazione solida e di qualità”, proponendo la fede in “maniera autentica, comprensibile e pastorale”. “L’antropologia cristiana e la dottrina sociale della Chiesa - ha aggiunto il Papa - fanno parte del patrimonio di esperienza e di umanità su cui si fonda la civiltà europea ed esse possono aiutare a riaffermare concretamente il primato dell’uomo sulla tecnica e sulle strutture”: e questo primato “presuppone l’apertura alla trascendenza”. Se questa dimensione viene a mancare, “una cultura si impoverisce, mentre essa dovrebbe mostrare la possibilità di collegare in costante armonia fede e ragione, verità e libertà”.

In un Paese ricco “sotto tanti aspetti”, ha notato il Pontefice, la povertà tocca un numero crescente di persone: “valorizzate la generosità dei fedeli – ha esortato Papa Francesco - per portare la luce e la compassione di Cristo nei luoghi dove l’aspettano e in particolare alle persone più emarginate”. Un pensiero speciale è andato poi al futuro della Chiesa: “è urgente suscitare una pastorale vocazionale vigorosa e attraente”, come pure la “riscoperta della preghiera”. Un ruolo particolare spetta ai laici, che “vanno fortemente sostenuti”. Come pure alla scuola cattolica, che “continuerà a favorire la formazione umana e spirituale, col dialogo e la fraternità. Di qui pure la “necessità di avanzare sulla via dell’ecumenismo” e un invito all’accoglienza, andando incontro anche “a quelli che non si avvicinano”. 

Infine il Papa ha espresso la propria “compassione” e ha assicurato la propria preghiera per ciascuna delle “persone vittime di abusi sessuali” e per le loro famiglie. “Vi chiedo - ha concluso - di continuare a sostenerle nel loro doloroso cammino di guarigione, intrapreso con coraggio”, nella prospettiva “di difendere e far crescere l’unità in tutto e tra tutti”.






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LUCI DI SPERANZA nella Chiesa austriaca in visita dal Papa, finalmente si sentono discorsi seri....


2014-01-30 Radio Vaticana

Una Chiesa dal volto anziano e che tende a “spopolarsi”. Ma anche una Chiesa che trae nuova linfa vitale dai Movimenti ecclesiali, richiamando un buon numero di giovani. Sono i volti della Chiesa in Austria, i cui vescovi sono stati ricevuti oggi insieme da Papa Francesco, al termine della loro visita ad LiminaMons. Klaus Küng, vescovo di St. Pölten, spiega nell’intervista di Stefano Leszczynski, come soprattutto la pastorale familiare sia, anche in vista del Sinodo di ottobre, un punto di partenza per rilanciare la vita ecclesiale austriaca:

R. – La pastorale familiare è diventata molto più difficile, anche per la diminuzione della pratica della fede. Un 95% di quelli che partecipano alla preparazione matrimoniale, già convivono e a volte hanno anche figli. Quindi, sono battezzati, ma non evangelizzati, si può dire… Allo stesso tempo, bisogna però rendersi conto che esiste un buon numero di famiglie giovani che si sforzano veramente di realizzare una vita cristiana seria. E queste danno speranza.

D. – E’ una situazione difficile: le sfide pastorali sono tante, però potrebbe anche essere una buona occasione per rilanciare e interrogarsi in maniera nuova su come è cambiata la società…

R. – E’ vero. E’ interessante vedere come adesso la grande maggioranza della popolazione, soprattutto i giovani, abbiano il desiderio di avere una famiglia – si potrebbe dire, anche se non mi piace questa espressione – “tradizionale”. Vogliono una famiglia, composta da un uomo o una donna, per tutta la vita. E’ un’occasione per la Chiesa – e penso sia anche un’urgenza grande – di annunciare il Vangelo sulla vita e sulla famiglia. Per avere una vita felice è necessario l’amore e questo senza famiglia, a lungo andare, non è possibile!

D. – Come si stanno preparando le comunità locali a vivere il prossimo Sinodo per la famiglia?

R. – Lo scopo del questionario preparatorio non è quello di cambiare la dottrina della Chiesa, ma vedere se questa dottrina della Chiesa sia conosciuta e come sia accettata.
Si vede che molta gente non conosce bene quello che dice la Chiesa. Per incarico della Conferenza episcopale, ho inviato i questionari anche ai Movimenti. Si vede che è possibile vivere quello che insegna la Chiesa: c’è un numero molto attivo di famiglie che vedono come una missione importante mostrare anche agli altri il cammino che insegna nostro Signore.

D. – A questo punto, in che modo la Chiesa austriaca e il Pontificio Consiglio per la Famiglia potrebbero trovare un modo di collaborare per promuovere la famiglia?

R. – Io penso che uno dei compiti importanti del Consiglio e anche della Conferenza episcopale sia proprio quello di fare un buon networking, facendo conoscere le esperienze positive che ci sono in molti Paesi, da noi come anche in Italia, negli Stati Uniti, in Francia… C’è la necessità di essere creativi: nelle diocesi, la famiglia deve essere il soggetto dell’annuncio del Vangelo.




Essere Chiesa non è gestire, ma uscire per portare il Vangelo al mondo: così il Papa ai vescovi austriaci



Essere Chiesa non significa gestire, ma uscire per portare agli uomini la gioia del Vangelo: è quanto afferma Papa Francesco nel discorso ai vescovi della Conferenza episcopale dell’Austria in visita “ad Limina”, incontrati ieri in Vaticano, 30 gennaio. Il testo, non pronunciato ma fatto avere ai presuli, è stato pubblicato oggi. Il servizio di Sergio Centofanti:

Un “incontro intenso” ha definito Papa Francesco il suo colloquio con i vescovi austriaci. Il Pontefice ricorda gli anni “segnati da una simpatia da parte degli austriaci per la Chiesa e il Successore di Pietro”, come si è visto nella “cordiale accoglienza” di Benedetto XVI in occasione della sua visita in Austria nel 2007. “E’ seguita poi – osserva il Papa - una fase difficile per la Chiesa, di cui è sintomo, tra l’altro, la tendenza al calo della quota dei cattolici rispetto alla popolazione totale in Austria, che ha varie cause e che continua ormai da più decenni. Tale evoluzione – è l’esortazione di Papa Francesco - non deve trovarci inerti, anzi, deve incentivare i nostri sforzi per la nuova evangelizzazione che è sempre necessaria”. 

D’altra parte – sottolinea nel suo discorso il Papa – “si nota un aumento della disponibilità alla solidarietà, la Caritas e altre opere di aiuto ricevono generose donazioni”. Motivo di ringraziamento a Dio “per quanto la Chiesa in Austria opera per la salvezza dei fedeli e per il bene di tante persone”. “Ma non dobbiamo soltanto amministrare ciò che abbiamo ottenuto e che è a disposizione – prosegue il testo - il campo di Dio deve essere lavorato e coltivato continuamente affinché porti frutto anche in futuro. Essere Chiesa non significa gestire, ma uscire, essere missionari, portare agli uomini la luce della fede e la gioia del Vangelo. Non dimentichiamo che l’impulso del nostro impegno di cristiani nel mondo non è l’idea di una filantropia, di un vago umanesimo, ma un dono di Dio, cioè il regalo della figliolanza divina che abbiamo ricevuto nel Battesimo. E questo dono è allo stesso tempo un compito. I figli di Dio non si nascondono, portano piuttosto la gioia della loro figliolanza divina al mondo”.   

“Ciò significa – rileva il Papa - anche impegnarsi a condurre una vita santa”, non rassegnandosi mai al peccato, nella consapevolezza che “la santa Chiesa ha sempre bisogno di purificazione”. Di qui, l’invito a riscoprire il “meraviglioso Sacramento” della Riconciliazione, “luogo in cui sperimentiamo l’amore misericordioso di Dio e dove incontriamo Cristo, il quale ci dà la forza per la conversione e per la nuova vita”. 

Il Papa indica poi nella famiglia il “cuore della Chiesa evangelizzatrice”. “Purtroppo, nel nostro tempo – è la sua considerazione - vediamo che la famiglia e il matrimonio, nei paesi del mondo occidentale, subiscono una crisi interiore profonda”. “La globalizzazione e l’individualismo postmoderno favoriscono uno stile di vita che rende molto più difficile lo sviluppo e la stabilità dei legami tra le persone e non è favorevole per promuovere una cultura della famiglia. Qui si apre un nuovo campo missionario per la Chiesa, ad esempio nei gruppi di famiglie dove si crea spazio per le relazioni interpersonali e con Dio, dove può crescere una comunione autentica che accoglie ciascuno allo stesso modo e non si rinchiude in gruppi di élite, che sana le ferite, costruisce ponti, va in cerca dei lontani e aiuta «a portare i pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2)”. “La sollecitudine della Chiesa per la famiglia – osserva ancora - incomincia da una buona preparazione e un adeguato accompagnamento degli sposi, nonché dall’esposizione fedele e chiara della dottrina della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia”.   

Parlando poi della parrocchia, ribadisce che “è sempre il parroco a guidare la comunità parrocchiale, contando allo stesso tempo sull’aiuto e sul contributo valido dei vari collaboratori e di tutti i fedeli laici. Non dobbiamo correre il rischio di offuscare il ministero sacramentale del sacerdote. Nelle nostre città e nei nostri villaggi vi sono uomini coraggiosi e altri timidi, vi sono cristiani missionari e altri addormentati. E vi sono i molti che sono in ricerca, anche se non lo ammettono”. In questo contesto, il Papa ricorda che “portare agli uomini il messaggio dell’amore di Dio e della salvezza in Gesù Cristo agli uomini è compito di ogni battezzato”. E conclude: “Proprio nel nostro tempo, in cui sembriamo diventare il «piccolo gregge» (Lc 12,32), siamo chiamati, da discepoli del Signore, a vivere come una comunità che è sale della terra e luce del mondo (cfr Mt 5,13-16)”.




Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2014/01/31/essere_chiesa_non_%C3%A8_gestire,_ma_uscire_per_portare_il_vangelo_al/it1-769000 
del sito Radio Vaticana 




DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE AUSTRIACA 
IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"

Giovedì, 30 gennaio 2014

 

Cari Confratelli,

sono lieto perché questo incontro intenso con voi, nel contesto della vostra Visita ad Limina, mi fa dono di alcuni frutti della Chiesa in Austria e permette anche a me di donare qualcosa a questa Chiesa. Ringrazio il vostro Presidente Cardinale Schönborn per le cortesi parole, le quali mi assicurano che stiamo continuando insieme il cammino dell’annuncio della salvezza di Cristo. Ciascuno di noi rappresenta Cristo, l’unico mediatore della salvezza, e rende accessibile e percepibile alla comunità la sua azione sacerdotale, aiutando in questo modo a rendere sempre presente l’amore di Dio nel mondo.

Otto anni or sono, la Conferenza Episcopale Austriaca, in occasione della Visita ad Limina, è venuta in pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo e si è incontrata con la Curia Romana per consultarsi. In tale circostanza la maggior parte di voi ha anche incontrato il mio venerato Predecessore Benedetto XVI, che a quel tempo era in carica solo da pochi mesi. Gli anni immediatamente successivi sono stati segnati da una simpatia da parte degli austriaci per la Chiesa e il Successore di Pietro. Ciò si è visto, ad esempio, nella cordiale accoglienza, nonostante l’inclemenza del tempo, da parte della popolazione durante la Visita Papale in occasione dell’850° anniversario del Santuario di Mariazell, nel 2007. E’ seguita poi una fase difficile per la Chiesa, di cui è sintomo, tra l’altro, la tendenza al calo della quota dei cattolici rispetto alla popolazione totale in Austria, che ha varie cause e che continua ormai da più decenni. Tale evoluzione non deve trovarci inerti, anzi, deve incentivare i nostri sforzi per la nuova evangelizzazione che è sempre necessaria. D’altra parte si nota un aumento della disponibilità alla solidarietà, la Caritas e altre opere di aiuto ricevono generose donazioni. Anche il contributo delle istituzioni ecclesiastiche nei campi dell’educazione e della sanità è molto apprezzato da tutti e costituisce una parte imprescindibile della società austriaca.

Possiamo ringraziare Dio per quanto la Chiesa in Austria opera per la salvezza dei fedeli e per il bene di tante persone, e io stesso vorrei esprimere la mia gratitudine a ciascuno di voi e attraverso voi ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi, alle religiose e ai laici impegnati che lavorano con disponibilità e generosità nella vigna del Signore. Ma non dobbiamo soltanto amministrare ciò che abbiamo ottenuto e che è a disposizione, il campo di Dio deve essere lavorato e coltivato continuamente affinché porti frutto anche in futuro. Essere Chiesa non significa gestire, ma uscire, essere missionari, portare agli uomini la luce della fede e la gioia del Vangelo. Non dimentichiamo che l’impulso del nostro impegno di cristiani nel mondo non è l’idea di una filantropia, di un vago umanesimo, ma un dono di Dio, cioè il regalo della figliolanza divina che abbiamo ricevuto nel Battesimo. E questo dono è allo stesso tempo un compito. I figli di Dio non si nascondono, portano piuttosto la gioia della loro figliolanza divina al mondo. E ciò significa anche impegnarsi a condurre una vita santa.

Questo, inoltre, è doveroso per noi nei riguardi della Chiesa, che è santa, come la professiamo nelCredo. Certamente, «la Chiesa comprende nel suo seno i peccatori», come ha affermato il Concilio Vaticano II (Lumen gentium, 8). Ma il Concilio dice, in questo stesso passo, che non dobbiamo rassegnarci al peccato, cioè che «Ecclesia sancta simul et semper purificanda» - la santa Chiesa ha sempre bisogno di purificazione. E ciò significa che noi dobbiamo essere sempre impegnati per la nostra purificazione, nel Sacramento della Riconciliazione. La Confessione è il luogo in cui sperimentiamo l’amore misericordioso di Dio e dove incontriamo Cristo, il quale ci dà la forza per la conversione e per la nuova vita. E come pastori della Chiesa vogliamo assistere i fedeli, con tenerezza e comprensione, nel riscoprire questo meraviglioso Sacramento e far sperimentare loro proprio in questo dono l’amore del Buon Pastore. Vi prego, quindi, di non stancarvi di invitare gli uomini all’incontro con Cristo nel Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione.

Un campo importante del nostro operare da pastori è la famiglia. Essa si colloca al cuore della Chiesa evangelizzatrice. «La famiglia cristiana, infatti, è la prima comunità chiamata ad annunciare il Vangelo alla persona umana in crescita e a portarla, attraverso una progressiva educazione e catechesi, alla piena maturità umana e cristiana» (Familiaris consortio, 2). Il fondamento su cui si può sviluppare una vita familiare armoniosa, è soprattutto la fedeltà matrimoniale. Purtroppo, nel nostro tempo vediamo che la famiglia e il matrimonio, nei paesi del mondo occidentale, subiscono una crisi interiore profonda. «Nel caso della famiglia, la fragilità dei legami diventa particolarmente grave perché si tratta della cellula fondamentale della società, del luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri e dove i genitori trasmettono la fede ai figli» (Evangelii gaudium, 66). La globalizzazione e l’individualismo postmoderno favoriscono uno stile di vita che rende molto più difficile lo sviluppo e la stabilità dei legami tra le persone e non è favorevole per promuovere una cultura della famiglia. Qui si apre un nuovo campo missionario per la Chiesa, ad esempio nei gruppi di famiglie dove si crea spazio per le relazioni interpersonali e con Dio, dove può crescere una comunione autentica che accoglie ciascuno allo stesso modo e non si rinchiude in gruppi di élite, che sana le ferite, costruisce ponti, va in cerca dei lontani e aiuta «a portare i pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2).

La famiglia è, quindi, un luogo privilegiato per l’evangelizzazione e per la trasmissione vitale della fede. Facciamo tutto il possibile affinché nelle nostre famiglie si preghi e venga sperimentata e trasmessa la fede come parte integrante della vita quotidiana. La sollecitudine della Chiesa per la famiglia incomincia da una buona preparazione e un adeguato accompagnamento degli sposi, nonché dall’esposizione fedele e chiara della dottrina della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia. Il matrimonio come sacramento è dono di Dio e al tempo stesso impegno. L’amore di due sposi è santificato da Cristo, e i coniugi sono chiamati a testimoniare e coltivare questa santità attraverso la loro fedeltà l’uno verso l’altro.

Dalla famiglia, chiesa domestica, passiamo brevemente alla parrocchia, al grande campo che il Signore ci ha affidato per renderlo fecondo con il lavoro pastorale. I sacerdoti, i parroci dovrebbero rendersi sempre consapevoli che il loro compito di governare è un servizio profondamente spirituale. È sempre il parroco a guidare la comunità parrocchiale, contando allo stesso tempo sull’aiuto e sul contributo valido dei vari collaboratori e di tutti i fedeli laici. Non dobbiamo correre il rischio di offuscare il ministero sacramentale del sacerdote. Nelle nostre città e nei nostri villaggi vi sono uomini coraggiosi e altri timidi, vi sono cristiani missionari e altri addormentati. E vi sono i molti che sono in ricerca, anche se non lo ammettono. Ognuno è chiamato, ognuno è inviato. Non è detto però che il luogo della chiamata sia solo il centro parrocchiale; non è detto che il momento sia necessariamente un piacevole evento parrocchiale, ma la chiamata di Dio ci può raggiungere nella catena di montaggio e in ufficio, nel supermercato, nella tromba delle scale, cioè nei luoghi della vita quotidiana.

Parlare di Dio, portare agli uomini il messaggio dell’amore di Dio e della salvezza in Gesù Cristo agli uomini è compito di ogni battezzato. E tale compito comprende non solo il parlare con parole, ma tutto l’agire e il fare. Tutto il nostro essere deve parlare di Dio, perfino nelle cose ordinarie. Così la nostra testimonianza è autentica, così sarà anche sempre nuova e fresca nella forza dello Spirito Santo. Affinché questo riesca, il parlare di Dio deve prima di tutto essere un parlare con Dio, un incontro con il Dio vivente nella preghiera e nei Sacramenti. Dio non soltanto si lascia trovare, ma anche si mette in moto nel suo amore per andare incontro a chi lo cerca. Colui che si affida all’amore di Dio, sa aprire i cuori degli altri all’amore divino per mostrare loro che la vita in pienezza si realizza solo in comunione con Dio. Proprio nel nostro tempo, in cui sembriamo diventare il «piccolo gregge» (Lc 12,32), siamo chiamati, da discepoli del Signore, a vivere come una comunità che è sale della terra e luce del mondo (cfr Mt 5,13-16).

La Santa Vergine Maria, che è nostra madre e che voi venerate in modo particolare come Magna Mater Austriae, ci aiuti ad aprirci, come lei, totalmente al Signore e così ad essere capaci di mostrare agli altri la via verso il Dio vivente che dona la vita.






[Modificato da Caterina63 31/01/2014 12:33]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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