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Pio XI canonizza nel 1935 il vescovo John Fischer e il politico Tommaso More

Ultimo Aggiornamento: 17/06/2013 23:19
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[SM=g1740717] San Tommaso Moro, il politico che scelse Dio al re.....

Tommaso Moro è il nome italiano con cui è ricordato Thomas More (7 febbraio 1478 - 6 luglio 1535), avvocato, scrittore e uomo politico inglese. È ricordato soprattutto per il suo rifiuto alla rivendicazione di Enrico VIII di farsi capo supremo della Chiesa d'Inghilterra, una decisione che mise fine alla sua carriera politica conducendolo alla pena capitale con l'accusa di tradimento. Nel 1935, è proclamato santo da Papa Pio XI; dal 1980 è commemorato anche nel calendario dei santi della chiesa anglicana (il 6 luglio), assieme all'amico John Fisher, vescovo di Rochester, decapitato quindici giorni prima di Moro. Nel 2000 San Tommaso Moro venne dichiarato patrono degli statisti e dei politici da Papa Giovanni Paolo II.
(Avvenire)
www.gloria.tv/?media=460669

Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org

[SM=g1740762]

Omelia per la Canonizzazione dei Martiri Giovanni Fisher, Vescovo, e Tommaso Moro

I gloriosi campioni della fede cattolica in Inghilterra.
Il 9 maggio 1935, in occasione della solenne esaltazione dei gloriosi Martiri inglesi Giovanni Fisher, Vescovo e Tommaso More, Pio XI teneva questa Omelia nella Basilica Vaticana.
Venerabili Fratelli e diletti Figli,
come «Cristo è ieri, oggi e nei secoli», cosi giammai rovina e vien meno la Sua Chiesa.

Un'epoca viene soppiantata da un'altra; ma se per la fuga dei tempi gli istituti umani invecchiano e rovinano, se le dottrine umane che brillano di luce fluttuante si succedono, la Croce invece sta fulgida in eterno, mentre il mondo passa, ed irradia la luce della verità ai popoli che si succedono.

Spesso serpeggiano eresie e sotto l'apparenza di verità si infiltrano e prendono piede; ma l'inconsutile veste di Gesù Cristo non è scissa.
I denigratori ed oppugnatori della fede cattolica, gonfi e agitati da pervicace superbia, rinnovano la lotte contro il nome cristiano; ma i figli che rapiscono alla Chiesa, li trasmettono imporporati di sangue al cielo.
Infatti «da nessun genere di crudeltà può essere distrutta la religione fondata nel mistero della Croce di Cristo. La Chiesa non viene diminuita dalle persecuzioni, ma ingrandita; e sempre il campo del Signore è rivestito di messe più abbondante, mentre i grani singoli che cadono, rinascono moltiplicati» (2).

Queste considerazioni piene di speranza e di conforto Ci vengono alla mente, mentre Ci accingiamo a celebrare pur brevemente davanti a voi nella maestà i questo tempio di San Pietro, le lodi dei due beati Martiri, che abbiamo annoverati nel Catalogo dei Santi. Essi infatti - egregi rappresentanti decoro della propria nazione - essendo sorta una fierissima persecuzione contro la Chiesa Cattolica, furono dati al proprio popolo «come una città forte e una colonna di ferro e una muraglia di bronzo», e perciò non poterono essere turbati né dalle fallitá degli eretici, né essere atterriti dalle minacce dei potenti. Si devono invero ritenere come le guide ed i maestri di quella gloriosa schiera di coloro, i quali - né pochi, né solo di umile condizione - da tutta la Gran Bretagna resistettero con petto impavido ai flutti degli errori e con l'effusione del proprio sangue attestarono il loro amore verso la Sede Apostolica.

L'uno dotato di soavissimo carattere, sommamente versato nelle discipline sacre e profane, si distinse talmente per sapienza e virtù tra i suoi contemporanei da essere promosso Vescovo di Rochester con la stessa approvazione del Re d'Inghilterra.
E nell'esercitare tale ministero fu acceso di tale fervore di pietà e di operosa camitá verso le anime e risplendette di tanto zelo nel difendere l'integrità della fede cattolica che la sua casa episcopale sembrava piuttosto un tempio, una sede di arti belle e una università, che una casa privata.

Era solito castigare il fragi le corpo con digiuni, flagelli, cilizi; e niente gli era più familiare che visitare i poveri, alleviare le loro miserie, sollevare la loro povertà e se trovava dei peccatori turbati e atterriti per le loro colpe nefande, confortava i loro animi sfiduciati e li innalzava alla fiducia nella divina misericordia. Spesso, mentre celebrava il Santo Sacrificio effondeva abbondanti lacrime dagli occhi scintillanti, indizio e testimonianza della sua bruciante carità: e mentre attendeva all'ufficio delle predicazioni appariva a tutti gli astanti non già un nunzio e predicatore umano, ma come un Angelo di Dio in veste mortale. E se era di cuore mite e benigno verso ogni genere di miserie, quando si trattava della incolumità della fede e della genuina integrità dei cost umi, come un altro Precursore del Signore, del cui nome si gloriava, non ebbe mai timore di annunziare pubblicamente la verità e di difendere con tutte le forze i divini precetti.

Conoscete certamente, o Venerabili Fratelli e diletti Figli, per quale motiv o Egli sia stato chiamato e condotto al supremo pericolo della sua vita: ossia perché non desistette di illustrare, provare e difendere coraggiosamente la santità del casto connubio, che si addice a tutti i cattolici, anche insigniti della corona regale e il primato gerarchico che i Romani Pontefici posseggono per diritto divino. Per questo, fu gettato in carcere e quindi fu condotto al patibolo.

E mentre si dirigeva verso di esso con fronte serena, recitando l'Inno ambrosiano rendeva somme grazie a Dio che gli concedeva di coronare con la gloria dei Martiri il corso di questa vita terrena, e raccomandava a Dio con ferventissima preghiera se stesso, il popolo e il Re: dal che appare evidente che l'amor di patria non é diminuito dalla religione cattolica, ma piuttosto massimamente accresciuto.
Ascendendo poi al patibolo e risplendendo alla luce del sole la sua veneranda canizie come un diadema, disse con volto ilare: «Accostatevi a lui e sarete illuminati e i vostri volti non arrossiranno». Oh certamente alla sua santissima anima, liberata dai lacci del corpo e volante verso il cielo, corsero incontro le festanti schiere degli Angeli e dei Santi.

L'altro astro di santità segna con la sua via luminosa la medesima epoca tempestosa: vogliamo dire Tommaso More, Gran Cancelliere d'Inghilterra. Egli, eccellendo per il sommo vigore dell'ingegno e la somma versatilità in tutte le discipline, era in tanta stima e favore dei suoi concittadini che raggiunse in breve le più alte cariche. Ma non era meno acceso di zelo per la perfezione cristiana e di non minore carità nel procurare la salvezza del prossimo. Di ciò sono prova l'acceso ardore della preghiera, con cui secondo le possibilità recitava anche le ore canoniche, il cilicio che portava con somma pietà, le frequenti macerazioni corporali e inoltre tutto ciò che fece per difendere l'incolumità della fede cattolica e per rivendicare l'integrità dei costumi, sia con la parola, sia con gli autorevolissimi scritti.

Dotato della somma fortezza d'animo di Giovanni Fisher, vedendo che la santità della religione versava in sommo pericolo non temette di rinunziare alla somma dignità di cui godeva, di respingere la vana spudoratezza degli adulatori e infine resistere allo stesso supremo capo della Nazione, a causa dei comandi di Dio e della Chiesa. Perciò gettato in carcere, siccome le lacrime della moglie e dei figli tentavano di distoglierlo dal retto cammino della verità e della virtù, elevati gli occhi al cielo riuscì luminosamente esempio di fortezza. Per cui, colui che non molti anni prima aveva scritto che «non bisognava fuggire la morte per la fede », andò volentieri e con fiducia dalla prigione al supplizio; e dal patibolo volò ai gaudi dell'eterna beatitudine.

Giova quindi, o Venerabili Fratelli e diletti Figli, richiamare quella celebre sentenza del martire Cipriano: «Oh carcere beato, che manda gli uomini al cielo... 0 piedi felicemente legati, che nel viaggio salutare sono diretti al cielo».

Orbene, questi santissimi uomini, che col proprio sangue consacrarono l'integrità della fede cristiana ed i divini diritti del Romano Pontefice, meritamente da Noi, eredi del Principe degli Apostoli, sono decorati coi sommi onori della religione cattolica e press o le sacre spoglie di San Pietro. Ed ora altro non rimane che esortare ripetutamente voi che devotamente assistete, e tutti i Nostri figli in Cristo, nel mondo intero, di rivolgere le menti e i cuori ad imitare le loro virtù e ad implorare il loro patrocinio per se e per tutta la Chiesa.

Che se non tutti per la difesa delle santissime leggi divine siamo chiamati al martirio, tutti però mediante l'evangelico rinnegamento di se stessi, la volontaria mortificazione del corpo e l'operosa pratica della vita cri stiana «dobbiamo diventar martiri con la volontà... per conseguire come loro lo stesso premio»
E soprattutto desideriamo che otteniate, con fervide preghiere a Dio interposta l'intercessione di questi Santi, che finalmente l’Inghilterra «considerando l'esito del loro tenor di vita. ne imiti la fede»; e perciò ritorni a Noi «nell'unità della fede e nel riconoscimento del Figlio di Dio».

Coloro che ancora sono separati da Noi, considerino con animo attento le antiche glorie della loro Chiesa, che riferiscono i fasti di questa Chiesa Romana e sommamente li accrescono; considerino, come grandemente desideriamo, che questa Apostolica Sede già da lungo tempo li aspetta tutti ed attende che essi ritornino finalmente non in casa d'altri, ma nella propria casa.

« P a d re Santo - ripetiamo la divina preghiera di Gesù Cristo - conserva nel tuo nome coloro che mi hai dato; affinché siano una cosa sola come noi...»
(9).
Cosi sia.
_____________________
1.
Hebr., XIII, 8.
2.
S. Leone M., Serm. LXXXII, 6.
3.
Ler., I, 18; XV, 20.
4.
Ps. XXXIII. 6.
5.
M. L., IV, 425; IV, 416.
6.
S. Basilio M., M. G., 31, 508.
7.
Hebr., XIII, 7.
8.
Eph., IV, 13.
9.
Io., XVIII, 11.
_____________________________________
_________________
Testo originale latino in A. A. S., XXVII (1935), 204
-
203. Nostra versione. sito www.santommasomoro.com

[SM=g1740758] cliccare qui invece, per il MP di Giovanni Paolo II su Tommaso Moro
www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/motu_proprio/documents/hf_jp-ii_motu-proprio_20001031_thomas-more...




[SM=g1740717]

[SM=g1740771]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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LETTERA APOSTOLICA
IN FORMA DI MOTU PROPRIO
PER LA PROCLAMAZIONE DI SAN TOMMASO MORO
PATRONO DEI GOVERNANTI E DEI POLITICI

GIOVANNI PAOLO PP. II
A PERPETUA MEMORIA

Tommaso More

 

1. Dalla vita e dal martirio di san Tommaso Moro scaturisce un messaggio che attraversa i secoli e parla agli uomini di tutti i tempi della dignità inalienabile della coscienza, nella quale, come ricorda il Concilio Vaticano II, risiede "il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nella sua intimità" (Gaudium et spes, 16). Quando l'uomo e la donna ascoltano il richiamo della verità, allora la coscienza orienta con sicurezza i loro atti verso il bene. Proprio per la testimonianza, resa fino all'effusione del sangue, del primato della verità sul potere, san Tommaso Moro è venerato quale esempio imperituro di coerenza morale. E anche al di fuori della Chiesa, specie fra coloro che sono chiamati a guidare le sorti dei popoli, la sua figura viene riconosciuta quale fonte di ispirazione per una politica che si ponga come fine supremo il servizio alla persona umana.

Di recente, alcuni Capi di Stato e di Governo, numerosi esponenti politici, alcune Conferenze Episcopali e singoli Vescovi mi hanno rivolto petizioni a favore della proclamazione di san Tommaso Moro quale Patrono dei Governanti e dei Politici. Tra i firmatari dell'istanza vi sono personalità di varia provenienza politica, culturale e religiosa, a testimonianza del vivo e diffuso interesse per il pensiero ed il comportamento di questo insigne Uomo di governo.

2. Tommaso Moro visse una straordinaria carriera politica nel suo Paese. Nato a Londra nel 1478 da rispettabile famiglia, fu posto, sin da giovane al servizio dell'Arcivescovo di Canterbury Giovanni Morton, Cancelliere del Regno. Proseguì poi gli studi in legge ad Oxford e a Londra, allargando i suoi interessi ad ampi settori della cultura, della teologia e della letteratura classica. Imparò a fondo il greco ed entrò in rapporto di scambio e di amicizia con importanti protagonisti della cultura rinascimentale, tra cui Erasmo Desiderio da Rotterdam.

La sua sensibilità religiosa lo portò alla ricerca della virtù attraverso un’assidua pratica ascetica: coltivò rapporti di amicizia con i frati minori osservanti del convento di Greenwich e alloggiò per un certo tempo presso la certosa di Londra, due dei principali centri di fervore religioso nel Regno. Sentendosi chiamato al matrimonio, alla vita familiare e all'impegno laicale, egli sposò nel 1505 Giovanna Colt dalla quale ebbe quattro figli. Giovanna morì nel 1511 e Tommaso sposò in seconde nozze Alicia Middleton, una vedova con figlia. Fu per tutta la sua vita marito e padre affezionato e fedele, intimamente impegnato nell'educazione religiosa, morale e intellettuale dei figli. La sua casa accoglieva generi, nuore e nipoti, e rimaneva aperta per molti giovani amici alla ricerca della verità o della propria vocazione. La vita di famiglia lasciava, per altro, ampio spazio alla preghiera comune e alla lectio divina, come pure a sane forme di ricreazione domestica. Tommaso partecipava alla Messa quotidianamente nella chiesa parrocchiale, ma le austere penitenze che adottava erano conosciute solo dai suoi familiari più intimi.

3. Nel 1504, sotto il re Enrico VII, venne eletto per la prima volta al parlamento. Enrico VIII gli rinnovò il mandato nel 1510, e lo costituì pure rappresentante della Corona nella capitale, aprendogli una carriera di spicco nell'amministrazione pubblica. Nel decennio successivo, il re lo inviò a varie riprese in missioni diplomatiche e commerciali nelle Fiandre e nel territorio dell'odierna Francia. Fatto membro del Consiglio della Corona, giudice presidente di un tribunale importante, vice-tesoriere e cavaliere, divenne nel 1523 portavoce, cioè presidente, della Camera dei Comuni.

Universalmente stimato per l'indefettibile integrità morale, l'acutezza dell'ingegno, il carattere aperto e scherzoso, la straordinaria erudizione, nel 1529, in un momento di crisi politica ed economica del Paese, fu nominato dal re Cancelliere del regno. Primo laico a ricoprire questa carica, Tommaso affrontò un periodo estremamente difficile, sforzandosi di servire il re e il Paese. Fedele ai suoi principi si impegnò a promuovere la giustizia e ad arginare l'influsso deleterio di chi perseguiva i propri interessi a spese dei deboli. Nel 1532, non volendo dare il proprio appoggio al disegno di Enrico VIII che voleva assumere il controllo sulla Chiesa in Inghilterra, rassegnò le dimissioni. Si ritirò dalla vita pubblica, accettando di soffrire con la sua famiglia la povertà e l’abbandono di molti che, nella prova, si rivelarono falsi amici.

Costatata la sua irremovibile fermezza nel rifiutare ogni compromesso con la propria coscienza, il re, nel 1534, lo fece imprigionare nella Torre di Londra, ove fu sottoposto a varie forme di pressione psicologica. Tommaso Moro non si lasciò piegare e rifiutò di prestare il giuramento che gli si chiedeva, perché avrebbe comportato l'accettazione di un assetto politico ed ecclesiastico che preparava il terreno ad un dispotismo senza controllo. Nel corso del processo intentatogli pronunciò un'appassionata apologia delle proprie convinzioni circa l'indissolubilità del matrimonio, il rispetto del patrimonio giuridico ispirato ai valori cristiani, la libertà della Chiesa di fronte allo Stato. Condannato dal Tribunale, venne decapitato.

Col passare dei secoli si attenuò la discriminazione nei confronti della Chiesa. Nel 1850 fu ricostituita in Inghilterra la gerarchia cattolica. Fu così possibile avviare le cause di canonizzazione di numerosi martiri. Tommaso Moro insieme a 53 altri martiri, tra i quali il Vescovo Giovanni Fisher, fu beatificato dal Papa Leone XIII nel 1886. Insieme allo stesso Vescovo fu poi canonizzato da Pio XI nel 1935, nella ricorrenza del quarto centenario del martirio.

4. Molte sono le ragioni a favore della proclamazione di san Tommaso Moro a Patrono dei Governanti e dei Politici. Tra queste, il bisogno che il mondo politico e amministrativo avverte di modelli credibili, che mostrino la via della verità in un momento storico in cui si moltiplicano ardue sfide e gravi responsabilità. Oggi, infatti, fenomeni economici fortemente innovativi stanno modificando le strutture sociali; d’altra parte, le conquiste scientifiche nel settore delle biotecnologie acuiscono l’esigenza di difendere la vita umana in tutte le sue espressioni, mentre le promesse di una nuova società, proposte con successo ad un’opinione pubblica frastornata, richiedono con urgenza scelte politiche chiare a favore della famiglia, dei giovani, degli anziani e degli emarginati.

In questo contesto, giova riandare all'esempio di san Tommaso Moro, il quale si distinse per la costante fedeltà all’autorità e alle istituzioni legittime proprio perché, in esse, intendeva servire non il potere, ma l'ideale supremo della giustizia. La sua vita ci insegna che il governo è anzitutto esercizio di virtù. Forte di tale rigoroso impianto morale, lo Statista inglese pose la propria attività pubblica al servizio della persona, specialmente se debole o povera; gestì le controversie sociali con squisito senso d'equità; tutelò la famiglia e la difese con strenuo impegno; promosse l'educazione integrale della gioventù. Il profondo distacco dagli onori e dalle ricchezze, l'umiltà serena e gioviale, l'equilibrata conoscenza della natura umana e della vanità del successo, la sicurezza di giudizio radicata nella fede, gli dettero quella fiduciosa fortezza interiore che lo sostenne nelle avversità e di fronte alla morte. La sua santità rifulse nel martirio, ma fu preparata da un'intera vita di lavoro nella dedizione a Dio e al prossimo.

Accennando a simili esempi di perfetta armonia fra fede e opere, nell'Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici ho scritto che "l'unità della vita dei fedeli laici è di grandissima importanza: essi, infatti, devono santificarsi nell'ordinaria vita professionale e sociale. Perché possano rispondere alla loro vocazione, dunque, i fedeli laici debbono guardare alle attività della vita quotidiana come occasione di unione con Dio e di compimento della sua volontà, e anche di servizio agli altri uomini" (n. 17).

Quest'armonia fra il naturale e il soprannaturale costituisce forse l'elemento che più di ogni altro definisce la personalità del grande Statista inglese: egli visse la sua intensa vita pubblica con umiltà semplice, contrassegnata dal celebre "buon umore", anche nell'imminenza della morte.

Questo il traguardo a cui lo portò la sua passione per la verità. L'uomo non si può separare da Dio, né la politica dalla morale: ecco la luce che ne illuminò la coscienza. Come ho già avuto occasione di dire, "l'uomo è creatura di Dio, e per questo i diritti dell'uomo hanno in Dio la loro origine, riposano nel disegno della creazione e rientrano nel piano della redenzione. Si potrebbe quasi dire, con espressione audace, che i diritti dell'uomo sono anche i diritti di Dio" (Discorso, 7.4.1998).

E fu proprio nella difesa dei diritti della coscienza che l'esempio di Tommaso Moro brillò di luce intensa. Si può dire che egli visse in modo singolare il valore di una coscienza morale che è "testimonianza di Dio stesso, la cui voce e il cui giudizio penetrano l'intimo dell'uomo fino alle radici della sua anima" (Lett. enc. Veritatis splendor, 58), anche se, per quanto concerne l'azione contro gli eretici, subì i limiti della cultura del suo tempo.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione Gaudium et spes, nota come nel mondo contemporaneo stia crescendo "la coscienza della esimia dignità che compete alla persona umana, superiore a tutte le cose, e i cui diritti e doveri sono universali e inviolabili" (n. 26). La vicenda di san Tommaso Moro illustra con chiarezza una verità fondamentale dell'etica politica. Infatti la difesa della libertà della Chiesa da indebite ingerenze dello Stato è allo stesso tempo difesa, in nome del primato della coscienza, della libertà della persona nei confronti del potere politico. In ciò sta il principio basilare di ogni ordine civile conforme alla natura dell'uomo.

5. Confido, pertanto, che l'elevazione dell'esimia figura di san Tommaso Moro a Patrono dei Governanti e dei Politici giovi al bene della società. È questa, peraltro, un'iniziativa in piena sintonia con lo spirito del Grande Giubileo, che ci immette nel terzo millennio cristiano.

Pertanto, dopo matura considerazione, accogliendo volentieri le richieste rivoltemi, costituisco e dichiaro celeste Patrono dei Governanti e dei Politici san Tommaso Moro, concedendo che gli vengano tributati tutti gli onori e i privilegi liturgici che competono, secondo il diritto, ai Patroni di categorie di persone.

Sia benedetto e glorificato Gesù Cristo, Redentore dell'uomo, ieri, oggi e sempre.

Dato a Roma, presso san Pietro, il giorno 31 ottobre dell’anno 2000, ventitreesimo di Pontificato.

GIOVANNI PAOLO II

 




Fraternamente CaterinaLD

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