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2017 festeggeremo Lutero o le Apparizioni della Vergine Santa a Fatima?

Ultimo Aggiornamento: 17/10/2016 16:24
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11/06/2016 19:37
 
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FOCUSdi Angela Pellicciari
Martin Lutero
 

Libertà e uguaglianza: le due parole che hanno fatto la storia moderna hanno Lutero come padre. Ma a Lutero interessa quella dei principi. Perché la libertà è da Roma. L’uguaglianza va ristabilita: sacerdozio universale. Papi e vescovi vanno azzerati. Questo ha portato sangue e morte. Non si può fare finta che la storia non sia mai esistita.


Libertà e uguaglianza: le due parole che hanno fatto la storia moderna hanno Lutero come padre. Solo che bisogna intendersi sul loro significato. Libertà? A Lutero interessa quella dei principi. Papa e vescovi non obbediscono alla sua idea di riforma? Bene, vuol dire che la riforma la faranno i principi da lui investiti dell’autorità spirituale. La libertas ecclesiae scompare? Che importa, trionfa il vero vangelo di Gesù Cristo così come insegnato alla suola di Wittenberg, definita propria della “Chiesa cattolica di Cristo”.

L’uguaglianza va ristabilita: sacerdozio universale. Papi, vescovi, abati, religiosi, vanno azzerati. Lutero stabilisce che le ricchezze da loro amministrate (si calcola che la chiesa imperiale possedesse un terzo della ricchezza nazionale) vadano regalate ai principi. I cavalieri si ribellano perché vogliono parte del bottino tanto miracolosamente piovuto dal cielo? I cavalieri vanno combattuti così come i contadini. A loro riguardo Lutero stabilisce: “Chiunque lo possa deve colpire, strozzare, accoppare in pubblico o in segreto, convinto che non esiste nulla di più velenoso, nocivo e diabolico di un sedizioso, appunto come si deve accoppare un cane arrabbiato, perché, se non lo ammazzi tu, esso ammazzerà te e tutta la contrada con te”.

Qualche anno più tardi il più grande rivoluzionario del secondo millennio ammetterà la sua responsabilità nell’eccidio: “Nella sollevazione io ho ammazzato tutti i contadini, tutto il loro sangue è sul mio collo. Ma io lo rovescio su nostro Signore Iddio; egli mi ha imposto di parlare in modo siffatto”. Sì, perché il predicatore della libertà nega il libero arbitrio. Quindi nega la responsabilità individuale e “rovescia” tutto sulle spalle di nostro Signore. Paragonare, come alcuni fanno, Lutero a Francesco d’Assisi è quasi blasfemo.

Per Lutero la libertà è libertà da Roma. Perché a Roma c’è l’anticristo. Questa convinzione è tanto radicata nel monaco agostiniano da ripeterla dal 1520 –praticamente dall’inizio della sua campagna antiromana- fino alla morte. “Asino, cane, re dei ratti, coccodrillo, larva, bestia, drago infernale, escremento del diavolo, porco epicureo”: questi alcuni degli epiteti che Lutero riserva ai successori di Pietro. Lutero affianca l’allegra spensieratezza delle parole alla pesantezza delle immagini. Come tutti i rivoluzionari vuol far nuove tutte le cose, culto compreso. Una spietata iconoclastia purifica le chiese dalle incrostazioni idolatriche del culto cattolico: statue, affreschi, mosaici, croci, oggetti di culto di varia natura, paramenti, tutto distrutto. Se nelle chiese resta il vuoto, nelle case private Lutero vuole siano ben visibili, per la loro preziosa funzione pedagogica, un nuovo tipo di icone progettate in collaborazione con Lucas Cranagh il Vecchio. Si tratta di xilografie che mostrano al popolo, al popolo ignorante che non sa ben orientarsi, quale sia la vera natura del papa, della chiesa cattolica, degli ordini religiosi: immagini oscene, di rara violenza, che serviranno da falsariga ai rivoluzionari francesi.

Lutero uomo della misericordia? A parte quella mostrata nei confronti della chiesa di Roma e dei contadini, c’è anche la misericordia riservata agli ebrei: misericordia che farà scuola nella Germania strappata alla tradizione romana. Tre anni prima della morte, nel 1543, Lutero scrive Degli ebrei e delle loro menzogne e offre ai principi sette “consigli salutari” su come comportarsi nei loro confronti. Ne riportiamo tre:

- primo: “è cosa utile bruciare tutte le loro Sinagoghe, e se qualche rovina viene risparmiata dall’incendio, bisogna coprirla di sabbia e fango, affinché nessuno possa vedere più nemmeno un sasso o una tegola di quelle costruzioni”;

-secondo: “siano distrutte e devastate anche le loro case private. Infatti, le stesse cose che fanno nelle Sinagoghe, le fanno anche nelle case”;

-settimo: “sia imposta la fatica ai Giudei giovani e robusti, uomini e donne, affinché si guadagnino il pane col sudore della fronte”.

Divisione della cristianità, odio per Roma e la sua tradizione, odio per gli ebrei, dilapidazione dell’immenso patrimonio della chiesa tedesca, settarismo, pauperismo, guerre civili, utilizzo spregiudicato della storia ad uso di una propaganda menzognera, totalitarismo fino ad allora sconosciuto nelle nazioni cristiane, disprezzo per il popolo, nazionalismo esasperato. Queste alcune delle conquiste attribuibili alla riforma. Avremmo sperato che fossero i luterani a tornare a Roma, contenti che l’odio verso Pietro, nonostante tutto, non abbia prevalso. Contenti di tornare a casa. Come da qualche anno hanno ricominciato a fare gli anglicani.





In questo thread al messaggio n.22 abbiamo postato le note stonate del Papa che, purtroppo malamente informato, ha fatto delle affermazioni assai errate sul riavvicinamento dei Protestanti e sul famoso Documento della Giustificazione.... dimenticando però, che già all'epoca furono chiariti dubbi e ambiguità proprio dal Prefetto della CdF con Giovanni Paolo II, rileggiamo il testo 



25 giugno 1998 
La "Dichiarazione Congiunta tra la Chiesa Cattolica e la Federazione Luterana Mondiale circa la Dottrina della giustificazione" ("Gemeinsame Erklärung") rappresenta un progresso notevole nella mutua comprensione e nell'avvicinamento delle parti in dialogo; essa mostra che numerosi sono i punti di convergenza fra la posizione cattolica e quella luterana su una questione così controversa durante secoli. Si può certamente affermare che si è raggiunto un alto grado di accordo, sia per quanto riguarda l'approccio alla questione sia per quanto riguarda il giudizio che essa merita. E' giusta la costatazione che c'è "un consenso in verità fondamentali della Dottrina della giustificazione".

 

RISPOSTA DELLA CHIESA CATTOLICA ALLA DICHIARAZIONE CONGIUNTA TRA LA CHIESA CATTOLICA E LA FEDERAZIONE LUTERANA MONDIALE CIRCA LA DOTTRINA DELLA GIUSTIFICAZIONE

Pubblichiamo di seguito il testo originale in lingua italiana e le traduzioni in inglese, francese e tedesco della “Risposta della Chiesa cattolica alla Dichiarazione Congiunta tra la Chiesa Cattolica e la Federazione Luterana Mondiale circa la Dottrina della giustificazione”:

DICHIARAZIONE

La "Dichiarazione Congiunta tra la Chiesa Cattolica e la Federazione Luterana Mondiale circa la Dottrina della giustificazione" ("Gemeinsame Erklärung") rappresenta un progresso notevole nella mutua comprensione e nell'avvicinamento delle parti in dialogo; essa mostra che numerosi sono i punti di convergenza fra la posizione cattolica e quella luterana su una questione così controversa durante secoli. Si può certamente affermare che si è raggiunto un alto grado di accordo, sia per quanto riguarda l'approccio alla questione sia per quanto riguarda il giudizio che essa merita(1). E' giusta la costatazione che c'è "un consenso in verità fondamentali della Dottrina della giustificazione"(2).

La Chiesa cattolica ritiene tuttavia che non si possa ancora parlare di un consenso tale che elimini ogni differenza fra i cattolici e i luterani nella comprensione della giustificazione. La stessa Dichiarazione Congiunta fa riferimento a talune di queste differenze. In realtà in alcuni punti le posizioni sono ancora divergenti. Sulla base quindi dell'accordo già raggiunto su molti aspetti, la Chiesa cattolica intende contribuire al superamento delle divergenze ancora esistenti offrendo qui di seguito un elenco di punti, citati secondo un ordine di importanza, che su questo tema impediscono ancora una intesa in tutte le verità fondamentali fra la Chiesa cattolica e la Federazione Luterana Mondiale. La Chiesa cattolica spera che le seguenti indicazioni potranno essere uno stimolo per continuare lo studio di tali questioni, nello stesso spirito fraterno che ha caratterizzato negli ultimi tempi il dialogo fra la Chiesa cattolica e la Federazione Luterana Mondiale.

PRECISAZIONI

1. Le difficoltà più grandi per poter affermare un consenso totale tra le parti sul tema della giustificazione si riscontrano nel paragrafo 4.4. Das Sündersein des Gerechtfertigten (nn. 28-30). Pur tenendo conto delle differenze, in sé legittime, risultanti da approcci teologici diversi al dato di fede, dal punto di vista cattolico già il titolo suscita perplessità. Secondo la Dottrina della Chiesa cattolica infatti nel battesimo viene tolto tutto ciò che è veramente peccato, e perciò Dio non odia niente in quelli che sono nati di nuovo(3). Ne consegue che la concupiscenza che rimane nel battezzato non è propriamente peccato. Perciò per i cattolici la formula "zugleich Gerechter und Sünder", così come viene spiegata all'inizio del n. 29 ("Er ist ganz gerecht, weil Gott ihm durch Wort und Sakrament seine Sünde vergibt... In Blick auf sich selbst aber erkennt er... dass er zugleich ganz Sünder bleibt, dass die Sünde noch in ihm wohnt..."), non è accettabile. Questa affermazione non sembra infatti compatibile con la rinnovazione e la santificazione dell'uomo interiore di cui parla il Concilio di Trento(4). Il termine "opposizione a Dio" (Gottwidrigkeit) che si usa nei nn. 28-30 viene inteso in modo diverso dai luterani e dai cattolici, e diventa perciò in realtà un termine equivoco. In questo stesso senso può anche essere ambigua per un cattolico la frase del n. 22, "...rechnet ihm Gott seine Sünde nicht an und wirkt in ihm tätige Liebe durch den Heiligen Geist", in quanto la trasformazione interiore dell'uomo non appare con chiarezza. Per tutte queste ragioni rimane quindi difficile vedere come si possa affermare che questa dottrina sul "simul iustus et peccator", allo stato attuale della presentazione che se ne fa nella Dichiarazione Congiunta, non sia toccata dagli anatemi dei decreti tridentini sul peccato originale e la giustificazione.

2. Un'altra difficoltà si trova nel n. 18 della Dichiarazione Congiunta, ove si evidenzia una chiara differenza nell'importanza che la dottrina della giustificazione ha per i cattolici e i luterani, in quanto criterio per la vita e per la prassi della Chiesa. Mentre per i luterani questa dottrina ha assunto un significato del tutto singolare, per quanto riguarda la Chiesa cattolica il messaggio della giustificazione, seguendo la Scrittura e fin dai tempi dei Padri, deve essere organicamente inserito nel criterio fondamentale della "regula fidei", cioè la confessione del Dio uno e trino, cristologicamente centrata e radicata nella Chiesa viva e nella sua vita sacramentale.

3. Come si afferma al n. 17 della Dichiarazione Congiunta, luterani e cattolici condividono la comune convinzione che la vita nuova viene dalla misericordia divina e non da un merito nostro. Occorre però ricordare, come si dice in 2 Cor. 5,17, che questa misericordia divina opera una nuova creazione e rende quindi l'uomo capace di rispondere al dono di Dio, di co-operare con la grazia. A questo riguardo la Chiesa cattolica prende atto con soddisfazione che il n. 21, in conformità con il can. 4 del Decreto sulla Giustificazione del Concilio di Trento (DS 1554) afferma che l'uomo può rifiutare la grazia; ma si dovrebbe anche affermare che a questa libertà di rifiutare corrisponde anche una nuova capacità di aderire alla volontà divina, capacità giustamente chiamata "cooperatio". Questa nuova capacità, data nella nuova creazione, non permette l'uso dell'espressione "mere passive" (n. 21). D'altra parte che questa capacità abbia carattere di dono, lo esprime bene il cap. 5 (DS 1525) del Decreto tridentino quando dice: "ita ut tangente Deo cor hominis per Spiritus Sancti illuminationem, neque homo ipse nihil omnino agat, inspirationem illam recipiens, quippe qui illam et abicere potest, neque tamen sine gratia Dei movere se ad iustitiam coram illo libera sua voluntate possit".

In realtà anche da parte luterana al n. 21 si afferma una piena partecipazione personale nella fede ("sein volles personales Beteiligtsein im Glauben"). Sarebbe necessario però un chiarimento sulla compatibilità di questa partecipazione con l'accoglienza della giustificazione "mere passive", allo scopo di determinare con più precisione il grado di coincidenza con la dottrina cattolica. Quanto poi alla frase finale del n. 24: "Gottes Gnadengabe in der Rechtfertigung unabhängig bleibt von menschlicher Mitwirkung", essa deve essere intesa nel senso che i doni di grazia di Dio non dipendono dalle opere dell'uomo, ma non nel senso che la giustificazione possa accadere senza la cooperazione umana. La frase del n. 19 secondo la quale la libertà dell'uomo "ist keine Freiheit auf sein Heil hin" analogamente deve collegarsi con l'impossibilità dell'uomo di accedere alla giustificazione con le proprie forze.

La Chiesa cattolica sostiene anche che le buone opere del giustificato sono sempre frutto della grazia. Ma allo stesso tempo, e senza nulla togliere alla totale iniziativa divina(5), esse sono frutto dell'uomo giustificato e trasformato interiormente. Perciò si può dire che la vita eterna è, allo stesso tempo, sia grazia che ricompensa data da Dio per le buone opere e i meriti (6). Questa dottrina è conseguenza della trasformazione interiore dell'uomo di cui si è parlato nel n. 1 di questa "Nota". Questi chiarimenti aiutano alla giusta comprensione, dal punto di vista cattolico, del paragrafo 4.7 (nn. 37-39) sulle opere buone del giustificato.

4. Nella continuazione dello studio si dovrà trattare anche del sacramento della penitenza, del quale fa menzione il n. 30 della Dichiarazione Congiunta. Secondo il Concilio di Trento infatti(7), mediante questo sacramento il peccatore può essere nuovamente giustificato(rursus iustificari); il che implica la possibilità, per mezzo di questo sacramento, distinto da quello del battesimo, di recuperare la giustizia perduta(8). Non tutti questi aspetti si trovano sufficientemente rilevati nel suddetto n. 30.

5. Queste osservazioni intendono precisare l'insegnamento della Chiesa cattolica riguardo a quei punti sui quali non si è giunti a un accordo totale e completare alcuni dei paragrafi che espongono la dottrina cattolica, per meglio mettere in luce la misura del consenso a cui si è arrivati. L'alto livello d'accordo raggiunto non permette ancora di affermare che tutte le differenze che separano i cattolici e i luterani, nella dottrina circa la giustificazione, sono semplici questioni di accentuazione o di linguaggio. Alcune toccano aspetti di contenuto e quindi non sono tutte reciprocamente compatibili, come invece si afferma al n. 40.

Se è vero inoltre che in quelle verità sulle quali un consenso è stato raggiunto, le condanne del Concilio di Trento non si applicano più, tuttavia le divergenze che riguardano altri punti devono invece essere superate prima di poter affermare, come si dice genericamente al n. 41, che tali punti non ricadono più sotto le condanne del Concilio di Trento. Ciò vale in primo luogo per la dottrina sul "simul iustus et peccator" (cfr n. 1, supra).

6. Occorre infine rilevare il carattere diverso, dal punto di vista della rappresentatività, dei due firmatari, che hanno siglato questa Dichiarazione Congiunta. La Chiesa cattolica riconosce il grande sforzo fatto dalla Federazione Luterana Mondiale, di arrivare tramite la consultazione dei Sinodi al "magnus consensus", per dare un vero valore ecclesiale alla sua firma; rimane però la questione dell'autorità reale di un tale consenso sinodale, oggi e anche domani, nella vita e nella dottrina della comunità luterana.

PROSPETTIVE PER IL LAVORO FUTURO

7. La Chiesa cattolica desidera ribadire il suo auspicio che questo importante passo in avanti verso un accordo nella dottrina circa la giustificazione venga seguito da ulteriori studi che permettano di chiarire in modo soddisfacente le divergenze ancora esistenti. In particolare sarebbe auspicabile un approfondimento del fondamento biblico che costituisce la base comune della dottrina della giustificazione sia per i cattolici che per i luterani. Detto approfondimento dovrebbe estendersi all'insieme del Nuovo Testamento e non soltanto agli scritti paolini. Se è vero infatti che san Paolo è l'autore neotestamentario che ha parlato di più su questo argomento, il che richiede una certa attenzione preferenziale, non mancano consistenti riferimenti al tema anche negli altri scritti del Nuovo Testamento. Quanto ai diversi modi con cui Paolo descrive la nuova condizione dell'uomo, menzionati dalla Dichiarazione Congiunta, si potrebbero aggiungere le categorie della filiazione e dell'eredità (Gal 4,4-7; Rom 8,14-17). La considerazione di tutti questi elementi potrà essere di grande aiuto per la mutua comprensione e permettere di risolvere quelle divergenze nella dottrina circa la giustificazione che ancora sussistono.

8. Dovrebbe infine essere preoccupazione comune di luterani e cattolici trovare un linguaggio capace di rendere la dottrina della giustificazione più comprensibile anche agli uomini del nostro tempo. Le verità fondamentali della salvezza donata da Cristo e accolta nella fede, del primato della grazia su ogni iniziativa umana, del dono dello Spirito Santo che ci rende capaci di vivere conformemente alla nostra condizione di figli di Dio, ecc. sono aspetti essenziali del messaggio cristiano che dovrebbero illuminare i credenti di tutti i tempi.

* * *

Questa Nota, che costituisce la Risposta cattolica ufficiale al testo della Dichiarazione Congiunta, è stata elaborata di comune intesa fra la Congregazione per la Dottrina della Fede ed il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, e viene firmata dal Presidente del medesimo Pontificio Consiglio, direttamente responsabile per il dialogo ecumenico.




Il mistero e l’operazione della grazia
da 30Giorni 1999


«È importante questa operazione della grazia. Noi siamo tutti contagiati un po’ dal deismo. Mentre Dio, facendosi uomo, entrando nella carne, unendosi alla carne, continua a operare nel mondo trasformandolo». Intervista con il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede


Intervista con il cardinale Joseph Ratzinger di Gianni Cardinale

 
Il cardinale Joseph Ratzinger

Il cardinale Joseph Ratzinger

È un primo e importante passo nel dialogo tra cattolici e luterani per un pieno accordo sulla dottrina della giustificazione. Permangono tuttavia questioni che non sono ancora risolte. Rimane poi il grave compito di rendere questa dottrina comprensibile per l’uomo di oggi. Il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, non perde il suo consueto realismo anche nel commentare il penultimo passo dell’iter che il prossimo autunno porterà la Chiesa cattolica e la comunità luterana a firmare una Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione.
Lo scorso 11 giugno infatti, a Ginevra, sono stati presentati una Dichiarazione ufficiale comune e un Allegato che faranno parte integrante della Dichiarazione congiunta. Successivamente, il 22 giugno, il Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani ha emesso un ulteriore comunicato sulla questione. All’indomani della diffusione di questo documento il cardinale bavarese ha accettato di concedere sull’argomento un’intervista a 
30Giorni (e non si è tirato indietro di fronte ad alcune domande fuori tema…).
Ratzinger, 72 anni, nominato arcivescovo di Monaco e Frisinga e creato cardinale nel 1977 da Paolo VI, è attualmente l’unico porporato europeo creato da papa Montini che siederebbe in un eventuale conclave. Convocato a Roma da papa Wojtyla nel 1981, presiede da allora l’ex Sant’Uffizio. Dal novembre dello scorso anno è anche vicedecano del Collegio cardinalizio.
 


Eminenza, a che livello si situa questo accordo tra Chiesa cattolica e luterani? Si sottolinea più volte che si tratta di un accordo “su” verità e non “sulle” verità della dottrina della giustificazione… 
JOSEPH RATZINGER: Questo è un punto importante. Entrambe le parti hanno sottolineato il fatto che non si ha semplicemente un consenso sulla dottrina della giustificazione come tale ma su verità fondamentali della dottrina della giustificazione. Quindi ci sono settori dove c’è realmente un’intesa, ma rimangono altri problemi che non sono ancora risolti. 


Quali, ad esempio? 

RATZINGER: Non si tratta delle formule prese in se stesse, ma considerate nel loro contesto, come nel caso di quella simul iustus et peccator. Per Lutero, perseguitato dal timore della condanna eterna, era importante sapere che, anche se era un peccatore, era tuttavia amato da Dio e giustificato. Per lui c’è questa contemporaneità: di essere vero peccatore e di essere totalmente giustificato. È una espressione della sua esperienza personale, che poi è stata approfondita anche con riflessioni teologiche. Mentre per la Chiesa cattolica è importante sottolineare che non c’è un dualismo. Se uno non è giusto non è neanche giustificato. La giustificazione, cioè la grazia che ci viene data nel sacramento, rende il peccatore nuova creatura, come dice san Paolo. Ma rimane, come afferma il Concilio di Trento, la concupiscenza, cioè una tendenza al peccato, uno stimolo che porta al peccato, ma che, come tale, non è peccato. Queste sono controversie classiche. Il problema diventa più reale se prendiamo in considerazione la presenza della Chiesa nel processo della giustificazione, la necessità del sacramento della penitenza. Qui si rivelano le vere divergenze. 

 

Nella Risposta della Chiesa cattolica alla Dichiarazione congiunta, resa pubblica lo scorso anno, si chiedeva appunto di approfondire questo argomento… 
RATZINGER: Sì, ma in questo momento non è possibile. Da entrambe le parti ci siamo accontentati di chiarire alcune formule classiche. Abbiamo lasciato da parte gli aspetti che nella vita cristiana seguono, diciamo così, la giustificazione. 

Torniamo alla formula simul iustus et peccator. C’è una interpretazione di questa formula secondo cui la grazia non opera un cambiamento reale, rimane una mera copertura del peccato dell’uomo… 
RATZINGER: Sì. In questo senso è importante notare che Dio agisce realmente nell’uomo. Lo trasforma, crea qualcosa di nuovo nell’uomo, non dà soltanto un giudizio quasi giuridico, esterno all’uomo. Ciò ha una portata molto più generale. C’è una trasformazione del cosmo e del mondo. Penso ad esempio all’Eucarestia. Noi cattolici diciamo che c’è una transustanziazione, che la materia diventa Cristo. Lutero parla invece di coesistenza: la materia rimane tale e coesiste con Cristo. Noi cattolici crediamo che la grazia è una vera trasformazione dell’uomo e una trasformazione iniziale del mondo e non è, come lei dice bene, soltanto una copertura aggiunta che non entra realmente nel vivo della realtà umana. 

Il poeta francese Charles Péguy circa un secolo fa coglieva la radice della scristianizzazione nel fatto di non riconoscere l’operazione della grazia… 
RATZINGER: È importante questa operazione della grazia. Noi siamo tutti contagiati un po’ dal deismo. Dio rimane un po’ fuori. Mentre la fede cattolica – questa grande fiducia, questa grande gioia che Dio, facendosi uomo, entrando nella carne, unendosi alla carne, continua a operare nel mondo trasformandolo – ha la potenza, la volontà, la radicalità dell’amore, per entrare nel nostro essere e trasformarlo. 

Avvenire ha accolto la Dichiarazione ufficiale comune dell’11 giugno col titolo Cattolici-luterani, scomuniche addio. Il 22 giugno un comunicato del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani ha ricordato che le scomuniche mantengono «“il significato di salutari avvertimenti” di cui dobbiamo tener conto nella dottrina e nella prassi». Insomma, che fine hanno fatto le scomuniche di Trento? 
RATZINGER: Il documento dice che le scomuniche di Trento in questo settore non toccano la dottrina così come è esposta oggi. Nello stesso tempo il valore veritativo delle scomuniche, comunque, rimane quello. Chi si oppone alla dottrina esposta a Trento si oppone alla dottrina, alla fede della Chiesa.

 

Eppure nella Risposta della Chiesa cattolica dello scorso anno si affermava: «…rimane quindi difficile vedere come si possa affermare che questa dottrina sul simul iustus et peccator, allo stato attuale della presentazione che se ne fa nella Dichiarazione congiunta, non sia toccata dagli anatemi dei decreti tridentini sul peccato originale e sulla giustificazione». 
RATZINGER: All’epoca, il testo della Dichiarazione congiunta non era ancora sufficientemente preciso da permettere un pieno accordo. Adesso con questo nuovo Allegato reso noto lo scorso 11 giugno abbiamo ottenuto delle chiarificazioni che vanno realmente oltre. Adesso si dice esplicitamente che il peccato è una realtà personale, e che quindi l’uomo non è peccatore in senso reale se non commette un peccato personale. Con questo Allegato, che è un elemento molto importante, abbiamo ottenuto le chiarificazioni che mancavano ancora nella Dichiarazione congiunta. 

Che impressione fa che il primo accordo con i luterani riguardi proprio il tema della giustificazione che fu l’elemento scatenante della Riforma? 
RATZINGER: Si capisce che per i luterani fosse il punto di partenza di un dialogo, perché era il tema che, come lei ha detto, ha scatenato tutta l’onda della Riforma. Quindi cominciare da qui per poi allargare il consenso era naturale e anche necessario. Anche se oggi, nella vita di ogni giorno, i cristiani sono poco consapevoli di questo punto (anche tra i luterani, se si chiede cosa si intende per giustificazione, le riposte saranno molto manchevoli; e questo ci ha permesso un clima di serenità, un clima pacifico di discussione, perché non è più una ferita attiva), rimane il punto da cui scaturiscono tutti gli altri problemi. Quindi, per avere un cammino anche logico di priorità ecumenica, era ovvio cominciare da quello che per Lutero era il punto della scoperta riformatrice. 

Non è preoccupante che non solo nel mondo protestante, ma anche nel mondo cattolico, questo tema della giustificazione sia considerato lontano o non considerato affatto? 
RATZINGER: Questo è il vero problema. Nella Risposta della Chiesa cattolica dello scorso anno stava scritto: «Dovrebbe essere preoccupazione comune di luterani e cattolici trovare un linguaggio capace di rendere la dottrina della giustificazione più comprensibile anche agli uomini del nostro tempo». Penso che la quasi assenza di questa dottrina è causata da un indebolimento del senso di Dio. Se Dio è preso sul serio, il peccato è una cosa seria. E così era per Lutero. Adesso Dio è abbastanza lontano, il senso di Dio è molto attenuato e perciò anche il senso della grazia è attenuato. Adesso dobbiamo trovare insieme in questo contesto attuale il modo di annunciare Dio, Cristo, di annunciare così la bellezza della grazia. Perché se non c’è senso di Dio, se non c’è senso del peccato, la grazia non dice niente. E mi sembra questo il nuovo compito ecumenico: che insieme possiamo capire e interpretare in un modo accessibile, che tocca il cuore dell’uomo di oggi, cosa vuol dire che il Signore ci ha redenti, ci ha dato la grazia. 

Eminenza, permette alcune “domande extra”, al di fuori del tema trattato finora? 
RATZINGER: Prego. 

Nel numero di aprile 30Giorni ha pubblicato un’intervista al cardinale Bernardin Gantin, nella quale il decano del Sacro Collegio auspicava un ritorno alla prassi antica che proibiva il trasferimento di un vescovo da una diocesi all’altra. Cosa pensa a riguardo? 
RATZINGER: Sono totalmente d’accordo con il cardinale Gantin. Soprattutto nella Chiesa non dovrebbe esistere alcun senso di carrierismo. Essere vescovo non deve essere considerato una carriera con diversi gradini, da una sede all’altra, ma un servizio molto umile. Penso che anche la discussione sull’accesso al ministero sarebbe molto più serena se si vedesse nell’episcopato non una carriera ma un servizio. Anche una sede umile, con pochi fedeli, è un servizio importante nella Chiesa di Dio. Certo, ci possono essere casi eccezionali: una grandissima sede in cui è necessario avere esperienza del ministero episcopale, in questo caso può darsi… Ma non dovrebbe essere una prassi normale; solo in casi eccezionalissimi. Rimane valida questa visione del rapporto vescovo-diocesi come un matrimonio che implica una fedeltà. Anche il popolo cristiano pensa così: se un vescovo viene nominato in una diocesi, giustamente si vede questo come una promessa di fedeltà. Purtroppo anche io non sono rimasto fedele essendo stato convocato qui… 

 

Il cardinale Gantin auspicava anche un cambiamento del Codice di diritto canonico che proibisse il passaggio di diocesi… 
RATZINGER: È pensabile, benché difficile. Difficilmente si cambia il Codice a solo sedici anni dalla pubblicazione. In futuro vedrei anch’io bene che fosse aggiunta una frase su questa unicità e fedeltà di un impegno diocesano. 

Cambiamo argomento. Non molto tempo fa hanno fatto un certo scalpore alcune frasi scritte da lei nell’introduzione di un libretto della Congregazione per la dottrina della fede 
Sulla pastorale dei divorziati risposati pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana. In particolare ha colpito l’affermazione che il dicastero che lei presiede sta studiando la questione se «veramente ogni matrimonio tra due battezzati è ipso facto un matrimonio sacramentale» vista la scristianizzazione dilagante di oggi… 

RATZINGER: Forse era imprudente dirlo. Ma il problema è molto reale, perché abbiamo una situazione sconosciuta fino a cento anni fa. Ci sono tanti battezzati non credenti. Questa è una realtà nuova, da studiare. Non oso adesso fare una previsione su cosa uscirà da questo studio. Volevo solo dire che noi abbiamo percepito questa nuova situazione, ne siamo consapevoli, e vogliamo approfondire il tema per vedere, per verificare se ci sono delle conseguenze giuridiche, sacramentali, teologiche, oppure no.
 

Un ultimo quesito. È di questi giorni la notizia della citazione presso la Rota romana del presunto autore del volume Via col vento in Vaticano. Alcuni organi di informazione hanno paventato un intervento anche della
Congregazione da lei presieduta. Le risulta qualcosa?
 

RATZINGER: Niente. Non mi occupo di pettegolezzi. È un mondo che mi è totalmente estraneo. Ho sentito solo da lontano. A me comunque non risulta niente. 

[Modificato da Caterina63 01/07/2016 22:10]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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