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A TE QUINDICENNE E AI TUOI GENITORI educazione cristianaalla purezza

Ultimo Aggiornamento: 22/03/2015 10:31
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01/07/2013 11:20
 
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L’ATTACCO

Colui che ama il pericolo...

Il peccato impuro è il nemico della nostra anima.


Con un nemico bisogna evitare non solo le alleanze, ma anche i compromessi.

Durante la guerra era proibito fraternizzare col nemico!
Con maggior ragione non vi dev'essere frater­nità fra l'anima e la colpa.
È cosa idiota civettare con Satana!



Voi sapete che la colpa impura è tentatrice. Perchè volerne assaggiare ... un poco?

Il bambino a cui fu proibito di toccare la crema, si ostina a volere leccare, per lo meno agli orli del vaso.

Quanti giovani, quanti uomini maturi, cono­scendo la proibizione divina di gustare le malsane dolcezze vogliono leccare almeno gli orli del piatto. A cinque anni, passi!...

Ma a quindici, a vent'anni, a quarant'anni! o anche più tardi...


Chi scherza con un rasoio si taglierà. Chi scherza col fuoco si brucerà.

«Chi ama il pericolo, vi perirà», dice la Scrit­tura (Eccl. 3, 2). Questa cosa è evidente!

Trent'anni or sono, in una tipografia di Liegi, un giovane apprendista era incaricato di mettere un libro in mezzo a due rulli compressori. Non c'era alcun pericolo, perchè, tenendo il libro da una estremità presentava l'altra alla macchina. Ma che volete? Sembrava una cosa eccitante l'at­trattiva del pericolo burlato; e per avere questa particolare sensazione il ragazzo si divertiva a mettere la punta del dito fra i rulli e la ritirava presto, nel momento preciso in cui stava per essere preso.

Un giorno convoca i suoi amici: «Osservate! è cosa tanto piacevole questo piccolo brivido... No, non fu piacevole. Perchè, quella volta, non riuscì a ritirare il dito a tempo. Sotto i due pesanti rulli compressori tutto fu stritolato: muscoli, nervi, ossa.

Il ragazzo gettò un urlo, ma la macchina cieca continuò e quando l'ingegnere accorse e riuscì a svitare i due rulli, vide, spettacolo orribile, sopra di ciascuno, in forma di lamina sanguinolente, la carne stritolata del ragazzo. «È cosi piacevole!... questo piccolo brivido!».

Voi direte: «Orribile fatto! ma se lo è meritato!. Che pazzia fare una simile scommessa! ». D'accordo. Eppure, quanti giovani fanno così. Vogliono anch' essi scherzare col pericolo. « È così piacevole... Questo piccolo brivido...!».

Oh, sono decisi a mettere soltanto la punta del dito nell'ingranaggio... Ma ecco che la mac­china brutale li attanaglia tutti interi. Volevano scherzare. Non scherza la golosa macchina divo­ratrice di anime che si chiama impurità!

La Scrittura ha ragione, sì, ha ragione: «Chi ama il pericolo, vi perirà! ».

Ma quali sono questi pericoli, queste occasio­ni della colpa impura?

Dobbiamo fare due classi: pericoli individuali e pericoli generali.



Pericoli individuali

Quando facciamo il bilancio del nostro stato fisiologico, cioè della nostra salute, veniamo a constatare che ognuno di noi ha il suo «punto debole». Sarà, secondo gl'individui, il cuore, i polmoni, i reni, le arterie, ecc.

Se voi mi promettete di non ridere, vi dirò la parola della medicina, parola nuova e strana: Ognuno ha le sue «idiosincrasìe».

M'avete promesso di non ridere... L'idiosincrasìa è quella maniera speciale che ogni individuo ha di reagire sotto l'azione di germi patogeni o di qualsiasi agente. In altre parole (perchè vedo che non avete capito nulla) vi dirò col Littré: « L'idiosincrasìa è la disposizio­ne propria a ciascun individuo per la quale le stesse cause producono in soggetti differenti effetti differenti».

I medici sono giunti a questa conclusione: «Non ci sono malattie, ma ci sono ammalati», cioè i caratteri delle malattie sono tanto differen­ti come sono differenti gli organismi colpiti. Così, che cosa si può dire di coloro che vanno cercando i rimedi dei loro mali negli annunci dei giornali? Costoro dimenticano che la malattia non è una cosa assoluta ed invariabile, ma relati­va e capace di colorarsi con infinite sfumature, secondo la complessità dei diversi temperamen­ti.

Ebbene; ciò che è vero della sanità corporale è vero anche della sanità morale.

Ciascuno ha il suo temperamento speciale ed il suo punto debole, che non è quello del vicino. Tutti sono tentati, nel punto della purezza, l'abbiamo detto, ma non tutti sono tentati nella medesima maniera.

Uno è tentato dal cuore; per un altro la diffi­coltà non viene dal cuore, ma dall'immaginazio­ne o dalla memoria; per altri infine, le occasioni delicate sono la lettura, o gli sguardi, o le relazio­ni. Bisogna dire però che, in generale, una pro­pensione non esclude interamente le altre; si limita a dominarle.

Qualche volta le tendenze prendono una stra­na precisione e finiscono per concentrarsi sopra un unico punto, in circostanze molto precise.

Come si spiega che la tentazione è così «spe­cializzata?».

Il fenomeno può essere molto complesso e può dipendere dal temperamento, ecc. Ma una causa ordinarissima sta nell'abitudine.

L'abitudine è una facilità a ricominciare una stessa azione.

Un'azione non si esaurisce in se stessa, ma lascia qualche cosa in noi, cioè lascia come una piegatura, come un solco scavato per sempre e che noi portiamo nell'anima.

Il giovane che ha peccato in una data maniera ha creato una «associazione d'immagini» fra quella occasione e quella colpa. I due fantasmi rimangono come saldati insieme.

Egli ha commessa la colpa così e non in altra maniera, o meno in altra maniera.

Si ha un bel credersi guariti: ognuno sente male nella sua cicatrice: Paolo Goy, nel suo libro Purezza razionale arriva fino al punto di proclamare: «Le tentazioni non sono altro che le eccitazioni precedentemente consentite».


Notiamo che il meccanismo dell' «associazio­ne delle immagini» ha una doppia spiegazione: fisiologica e psicologica.

I. - SPIEGAZIONE FISIOLOGICA

«Ammesso che ogni stato di coscienza lascia dietro di sè una traccia nei centri nervosi, si com­prende come il prodursi di parecchie immagini contemporaneamente o in successione immedia­ta, generi fra gli elementi nuovi corrispondenti come altrettanti ponti che li legano in gruppi col­legati, tendenti a vibrare insieme. Ciò posto, basta che uno di questi elementi venga scosso da un'immagine perchè, in forza dei ponti che li mettono in comunicazione con gli altri elementi ed alla corrente che corre per questi ponti, tutto il gruppo al quale appartiene quell'elemento si svegli nel medesimo tempo e faccia rivivere... le immagini che lo compongono. Da qui la legge formulata da Hoffding: Ogni fatto di coscienza che si produce tende a riprodurre lo stato totale di cui fa parte.

II. - SPIEGAZIONE PSICOLOGICA

a) Per regola generale, un'associazione dura tanto più quanto è più viva l'impressione da cui è stata formata. Per es. Una grave disgrazia accade sotto i miei occhi: l'emozione che produce in me questo spettacolo basta per associare e fissare tanto solidamente le diverse circostanze che l'hanno accompagnata che io non posso più d'ora innanzi richiamare l'una senza richiamare le altre.

b) Seconda regola: La tenacità delle associa­zioni dipende anche dal grado di attenzione che si usa.

c) Terza regola: l'associazione si fortifica tanto più quanto più il medesimo gruppo... si è presentato più frequentemente nelle condizioni identiche.

Si vede, insomma, che l'associazione più che essere una funzione speciale è un caso particola­re dell'abitudine, cioè di quella tendenza per la quale noi abbiamo a rifare o a ripensare automa­ticamente ciò che noi abbiamo già fatto o ripen­sato. Tanto l'associazione come l'abitudine sono governate dalle medesime leggi: si contraggono tanto più facilmente, quanto è più viva l'impres­sione che l'idea o l'azione han fatto su di noi; quanto più frequentemente si son prodotte o quanto maggior attenzione vi abbiamo portato. (P. Lahr, Psicologia).

Queste affermazioni non sono rigorosamente esatte, perchè anche colui che non ha mai accon­sentito, può essere tentato. Ma bisogna concede­re che esiste davvero una sorprendente «memo­ria dei sensi», come la chiama il Bourget, e che noi conserviamo, per causa dello psichismo memorativo, una terribile propensione a ripete­re la colpa speciale prima commessa. Così, felice, molto felice, colui che non è mai caduto!

«Appunto perchè non ha subìto la disfatta, in lui non c'è una via aperta verso il male. Non ha nè quelle immagini ossessionanti, nè quelle associazioni nervose che sono il frutto delle cadute antecedenti e che inclinano tanto poten­temente verso nuove cadute» (GUIBERT, La pureté). Le cose hanno una loro giustizia imma­nente!

La colpa porta già con sè la sua paga. Uno è punito per quel lato per cui ha peccato!


Questa verità presenta un'applicazione sor­prendente nel caso di complici. Quando una grave debolezza è avvenuta con una persona, questa persona non è mai più uguale per noi come un'altra.

Un legame indissolubile ha unito le due immagini: l'immagine di quella persona e l'im­magine della colpa. Da qui nasce un grande principio: verso un complice si resta sempre deboli.

E questo si avvera perfino nei complici che sono già invecchiati.

Dopo una prima colpa gli anni sono passati. Ora, addizionandoli, farebbero ottanta! Alle volte ancor più...

Pare che essi lo dimentichino; eppure no. Trasportando e proiettando l'un sull'altro gli antichi ricordi, essi li rivedono per una strana illusione ottica, con gli occhi d'un tempo.

La saturazione primitiva della memoria è restata cosi profonda che, nonostante l'età, non possono trovarsi insieme, senza un vero perico­lo.

Coloro che, con piena sincerità, si credono decisi a non più cadere, s'accorgono spesso, a certe visite importune, che le risoluzioni più forti fondono come la cera al soffio d'una fornace.

La vera tattica non consiste nel proposito di voler combattere quando ci si troverà in quella occasione, ma nel voler evitare quell'occasione.

Questo è il solo caso, forse, in cui il valore consiste nel fuggire. «Vince chi fugge!».


Riassumiamo questo capitolo: ciascuno ha le sue «associazioni d'immagini» molto personali; ciascuno ha il suo temperamento morale, come il suo temperamento fisico. La conclusione pratica e questa: Bisogna conoscersi.

«Conosci te stesso» diceva l'iscrizione sul tempio di Delfo. Ma uno non si conoscerà se non si studierà. Molti si studiano tanto poco!

Hanno scrutato tutto il resto, la storia degli antichi Faraoni, la geografia del Giappone; si sono appassionati per sapere se i pianeti sono o non sono abitati. Sarebbero disposti a gridare come certe riviste: «Io so tutto! ». Tutto!... eccetto che se stessi. Che stranezza!

Sarebbero in grado di dirvi qual era il punto debole dell'esercito di Annibale; ma non sareb­bero in grado di dirvi qual è il punto debole del loro cuore.

S'interessano dell'Orsa Maggiore, di Marte, di Sirio, ma non rientrano mai in se stessi.

Hanno studiato a fondo i terreni primari o quaternari; soltanto non hanno mai studiato il fondo del loro cuore.

E ne han letti dei volumi! ma non hanno mai aperto un libro di psicologia: per es. il Governo di se stesso dell'Eymieu o altri.

Sarebbero incapaci di dire se hanno il tempe­ramento nervoso, sanguigno, bilioso, linfatico, o quale combinazione di questi temperamenti compone l'amalgama della loro individualità.

E tuttavia, giovane amico, per ben condurti, devi ben conoscerti.

Sai chi t'insegna la necessità di questo esame? Il diavolo.

Egli conosce l'importanza della psicologia e si sforza di studiarla intimamente, ma ohimè! per rovinarti.

«Rassomiglia, dice sant'Ignazio, ad un capita­no che cerca di scoprire il lato vulnerabile d'una posizione. Assedia il campo, esamina le forze e la disposizione della località e l'attacca dal lato più debole. Così fa il nostro nemico. S'aggira inces­santemente attorno a noi; esamina d'ogni parte ognuna delle nostre virtù teologali, cardinali e morali, e quando ha trovato in noi il lato più debole e meno difeso dalle armi della salvezza, ci attacca da quella parte e si sforza di riportare su di noi la sua vittoria».



I pericoli di tutti

La difesa prende la sua regola dall'attacco.

È essenziale, prima del combattimento, cono­scere i piani del nemico, per sventare la sua tat­tica.


Di qui l'importanza che avevano durante la guerra gli aeroplani che facevano le ricognizioni, e le pattuglie che eseguivano le esplorazioni. Tutto era buono per ottenere la vittoria: cannoni da 420, pastiglie incendiarie, terreni minati, guerra chimica coi gas asfissianti, coi gas vesci­canti, coi gas starnutatori, coi gas lacrimogeni.

Anche il demonio mette in opera tutto per rovinarci. I 420 dei grossi attacchi, le pastiglie incendiarie delle eleganti dichiarazioni calorose, quei principii rovinosi che sono i suoi gas asfis­sianti, il terreno minato delle relazioni pericolose. La strategia di Satana è feconda nel trovare astu­zie di guerra! Giovane amico, passiamo in rasse­gna qualcuna di queste molteplici imboscate.



1a IMBOSCATA: le conversazioni

Le conversazioni sono lo scoglio classico delle riunioni di giovani. Meglio: sono un'imboscata. Sii testardo: Non tenerne. Non ascoltarne.

1) Non tenere cattive conversazioni.

Un libro che non si può accusare di essere schifiltoso, Saffo, dice: «In certe conversazioni l'immoralità si propaga, bruciatura dei corpi e delle anime, simile a quelle fiaccole di cui parla il poeta latino e che correvano di mani in mano, nello stadio».

Pensa che varie anime sono in gioco: la tua e quella o quelle di colui o di coloro a cui parli. Tenendo conversazioni impure, si pecca e si fa peccare.

La colpa personale è già molto deplorevole. Ma la colpa con un altro! Chi sa? è forse per lui il primo anello d'una catena che lo trascinerà alla fine all'Inferno?


Deve pesare sulla coscienza, sul letto di morte, il rimorso d'essere stato per un'altra anima una causa di tentazione e qualche volta di perdizione.

«Guai, diceva il Maestro, a chi dà scandalo!». C'è chi è rimasto inconsolabile per avere ucciso involontariamente un amico durante la caccia. Chi con la conversazione contribuisce a rovi­nare un compagno non uccide per sbaglio, ma sapendo e volendo. Non è più un omicidio d'im­prudenza, il suo; è omicidio di malizia. «Dalle vostre labbra siano bandite le parole disoneste», diceva san Paolo (Colossesi 3, 8).

«Che non si senta neppur dire, continua lo stesso apostolo, che fra di voi ci sia fornicazione o impurità di qualche sorta o cattivo desiderio... Niente parole disoneste, buffonerie, scherzi grossolani: cose tutte che sono indecenti... Poi­chè, sappiatelo bene: nessun impuro... avrà ere­dità nel regno di Cristo e di Dio! Vi auguro che nessuno v'inganni con vani discorsi, perchè la collera di Dio piomba sui figli dell'incredulità per causa di questi vizi. Non abbiate dunque alcuna parte con essi! (Efesini 5, 3).

2) Non ascoltare cattive conversazioni.

Ma qui la cosa non è così liscia, e permetto che tu dia sfogo alle tue difficoltà:

- Io ho già formato la mia coscienza per que­sto genere di conversazioni e non ne soffro! Risposta telegrafica:

- Hai formato o deformato la tua coscienza? - Non posso mica mettermi la bambagia nelle orecchie per non sentire!

- Oh, è abbastanza evidente che non lo devi fare! Hai mai udito per caso i predicatori dare un simile consiglio? Ma, almeno puoi non provoca­re certe conversazioni «sdrucciolevoli» e non ali­mentarle con le tue domande.

- Mi chiameranno bigotto. Risposta telegrafica:

- Dio ti chiamerà coraggioso. Il suo giudizio vale molto di più!

- Mi daranno il soprannome di molto noioso, o di gesuita, che è ancora più grave.

Tu risponderai:

- Va' via, adulatore che non sei altro! gradirei molto di trovarmi con quei signori, lassù in Paradiso!

- Ma come mi giudicheranno?

Risposta telegrafica: - Ti ammireranno!

E al termine del telegramma: m'appello a te stesso.

Fra giovani voi vi conoscete bene.

Ebbene, quali sono i compagni veramente sti­mati? Quali sono quelli ai quali tu andrai in un'ora grigia della vita, se avrai bisogno d'un consiglio serio? Quali sono coloro che tutti rispettano? I vigliacchi forse? che mettono la loro bandiera in tasca (e quando la bandiera è in tasca non è più una bandiera ma diventa un moccichino!) oppure invece coloro che si affer­mano cattolici, integralmente, anzi «sfrontata­mente! », direbbe Luigi Veuillot?

Tu cerca di (e bada che questo punto è molto importante), di rendere la religione simpatica, mediante l'apostolato della tua gioia. Una sola è la nostalgia melanconica permessa ad un cristia­no: il Paradiso!

Io non conosco nella Bibbia nessun passo che raccomandi d'essere tetro ed orso in società; ne conosco molti invece che raccomandano d'essere gentili ed allegri.

Ascolta san Paolo: «Rallegratevi sempre nel Signore, sempre; ve lo dico di nuovo: rallegrate­vi» (Lettera agli Efesini 4, 4).



Dopo la digressione, lascio la parola a te per altre scuse.

- Mi perseguiteranno!

- Sì, purtroppo, ma ciò accadrà se tu resti solo, senza formare con altri amici un crocchio pulito contro il crocchio sporco.

Ascolta: decine e decine di studenti universi­tari mi hanno confidato: «Basta aver coraggio durante i primi dieci giorni».

I compagni ci vengono attorno per sondarci. - Se, durante questi primi dieci giorni uno si fa rispettare, lo lasciano tranquillo subito e per­fino gli dicono: « Bene! Sei un valoroso tu! »

- Se invece uno cede, è finita! ha cominciato con una viltà, e con un'abdicazione, e questa non fa che attirare il disprezzo. E allora diventa molto difficile riprendersi e fare marcia indietro!

Dunque, non aver paura! Senti le parole d'un vescovo martire, Darboy: «I cattivi sono forti solamente perchè i buoni sono deboli!». Sì, lo ripeto, deboli!

Quanto più uno studia i giovani, e tanto più s'accorge che certuni che escono da famiglie cri­stiane, cedono perchè trascinati dagli altri, soprattutto per rispetto umano. Ed è appunto per rispetto umano che si vantano alle volte di cento «avventure» mentre in realtà sono dei bravi ragazzi molto corretti.

La loro vita, fortunatamente, vale molto di più delle loro parole. Fanno i fanfaroni del vizio, e sai perchè? Perchè arrossiscono della virtù e non comprendono, i poverini, che anche dal solo punto di vista della stima avrebbero tutto da guadagnare a mantenersi logici e coerenti alle loro convinzioni!



2a IMBOSCATA: la curiosità

Il giovane è reso inquieto da sensazioni miste­riose, agitato, da certi problemi della vita e del­l'origine della vita, da certe allusioni che ascolta un po' dappertutto.

Conoscere! Cogliere il frutto dell'albero della scienza! Ed allora incominciano le ricerche nascoste nei vocabolari, nei libri speciali, nei trattati di medicina. Allora incominciano i biglietti nascosti e le domande ai compagni. Queste informazioni date da cattivi compagni portano in se stesse un grave male, perchè le realtà dell'esistenza vengono conosciute con un contorno di sghignazzamenti, sotto un aspetto malsano di vizio che le macchia per sempre. Ora io dico a te, giovane curioso di sapere certe cose: rivolgiti con semplicità e con lealtà ai tuoi genitori, e se essi non desiderano entrare in questi argomenti, interroga il tuo confessore o una persona meritevole di piena confidenza. Tuo padre e tua madre ti vogliono bene; hanno dovuto, per dovere di coscienza, tenersi al corrente di ciò che fu scritto, in questi ultimi tempi, sul delicato problema dell'iniziazione. Domandando delle spiegazioni non recherai loro meraviglia. Anzi, finchè un ragazzo ha la confidenza d'esprimere con candore i suoi dubbi a chi si deve, i genitori possono avere in questo un eccellente indizio; mentre la rottura morale coi propri genitori ed il fatto di «chiudersi in se stessi», così contrastante con l'espansione natu­rale dell'età, deve suonare come un sospetto inquietante. Il Vangelo dice che c'è anche il «demonio muto».

Non vado più oltre su questo argomento, che riguarda strettamente i genitori. Questo libro non si rivolge direttamente ad essi, ma ai giova­ni.



3a IMBOSCATA: il levarsi ed il coricarsi

Ecco due momenti pericolosi. Le tentazioni impure ci assalgono di preferen­za nel primo e nell'ultimo momento della giorna­ta.

Quel letto, che sembra solo un molle giaciglio per riposare, diventa spesso lo stretto campo di battaglia in cui il giovane combatte di più per la sua purezza.

La pigrizia mattutina è la più pericolosa delle pigrizie. Evita, amico, di «accarezzare il guancia­le», perché «il diavolo vi sta sotto nascosto» dice un proverbio più profondo di quello che non paia.

Lo so ciò che si va dicendo, quando si tratta di alzarsi: «gli ultimi minuti sono i migliori! ».

Il tentatore è certamente di questo parere!

Il cattivo angelo sussurra: « Prendi per model­lo il ghiro! ».

Il buon angelo suggerisce: «Prendi per modello il gallo! ».

Pensa a queste parole che il professor Payot, che non è un prete, ha scritte nel suo libro L'educazione della volontà: «Dimmi a quale ora ti alzi e ti dirò se sei un vizioso ... Ogni giovane che resta a letto una o più ore dopo che si è sve­gliato, è fatalmente un vizioso»!

Ed ora alcuni consigli pratici: Fa' come un soldato quando suona la tromba (o per lo meno come dovrebbe fare!): alzati all'ora fissa.

Prega così: «O Dio, io ti cerco fin dall'aurora: Deus, Des meus, ad te de luce vigilo» (Salmo 63). Bevi con moderazione alla sera; non leggere stando a letto, nè al mattino nè alla sera.

Evita, per quanto è possibile, di far la dige­stione a letto. Se la posizione dorsale, supina provoca in te dei turbamenti, non esitare a cam­biar posizione.

Non voler la camera troppo tiepida o troppo calda. Non vegliare troppo a lungo e troppo tardi.

Temi il letto troppo molle. Da questo punto di vista è preferibile la paglia alle piume di tortorel­la.

Abbiamo voluto insistere sopra queste occa­sioni di tentazioni perchè sono eminentemente pratiche e ritornano immancabilmente due volte al giorno. Con esse infatti incominciamo e finia­mo la nostra giornata.



4a IMBOSCATA: l'ozio

Comincio con un detto di Beniamino Franklin: «Chi non fa nulla è vicino a far male». E continuo con un proverbio dei vecchi Romani: «Otium malorum omnium pater» cioè «L'ozio è il padre di tutti i vizi».

Lo star senza far nulla è cattivo consigliere. Per questo, fissati un «ordine del giorno». Tienti occupato a qualunque costo; a fare una collezione, a fare fotografie, nel giocare a scher­ma...

Importa poco quello che fai... Ma almeno non ammuffire!

Senti quel mattacchione di Montaigne: «Per distrarmi da un'immaginazione importuna il mezzo più spiccio è ricorrere ai libri: essi me la trasportano lontano. È il migliore viatico che ho trovato per questo viaggio umano».

Prendi interesse per le cose e per gli uomini. A quindici anni un giovane dovrebbe essere curioso di tutto e, come dice Leon Daudet, scrit­tore di feconda fantasia, «un giovane dovrebbe spingere le proprie antenne in tutte le direzio­ni! ».

Studia. Entra nei «circoli o associazioni di cultura». Ma di questo parleremo più oltre.

Va' a passeggio. Intraprendi escursioni. Gioca. Abbandonati agli sport, a quegli esercizi un po' violenti che offrono un doppio vantaggio: sono una «distrazione» dal punto di vista mora-

le, ed un incanalare in diversi rigagnoli il fiume dell'energia, dal punto di vista fisico.

Se puoi va' a caccia, perchè Diana, dea della caccia, è la nemica di Venere, dea del piacere. Tutti questi consigli si riassumono nella legge detta del derivativo che è stata bene analizzata dall'Eymieu: «Poichè tutti gli elementi dell'essere sono fra loro in comunicazione nella nostra unità complessiva, è possibile attirare in un punto una parte della corrente che circola negli altri. La vita pare che s'indebolisca in un punto, nella propor­zione in cui si accumula negli altri, precisamente come la massa di acqua sollevata dalla marea invade una riva, a condizione di allontanarsi dalla riva opposta ... Quando lo sforzo vitale si porta sul pensiero, tutte le forze fisiologiche pagano a lui il loro tributo».



5a IMBOSCATA: il ballo e la discoteca

C'è ballo e ballo: il ballo onesto di famiglia e in famiglia, e il ballo da cui i genitori sono esclusi perchè, secondo l'espressione non d'un farabut­to, ma d'un giovane come te: «Fin che son pre­senti i genitori i giovani si annoiano! ».

C'è poi danza e danza: gavotta d'un tempo, tango d'oggi; il minuetto in cui la gente saltella­va gentilmente, certe danze moderne in cui la gente s'agita o cammina bilanciandosi come un pinguino. Voi mi domanderete: «Di quale danza parlate dunque?».

Non perdiamo tempo a discutere sul genere di danze, perchè per giudicare della sua moralità non serve.

La stessa danza infatti può essere eseguita con correttezza o con sguaiataggine.

Certe manifestazioni passionali perdono il loro carattere di proibite, per il solo fatto che han luogo durante il ballo?

Senti la parola d'una mamma: «Come ci met­teremmo a urlare se vedessimo le nostre figlie nelle braccia dei giovani... senza la musica!».

Il male non diventa bene per il solo fatto che è accompagnato dalla musica!

Ma, prevedo le tue proteste:

- Quando voi parlate di danze, prendete l'aria d'un vecchione che non sa comprendere la gioventù di oggi.

- Ecco la mia risposta: Mi rassegnerei a non comprendere la gioventù moderna piuttosto che a non comprendere più il vecchio Vangelo. Ora il Vangelo è chiaro: «Chi desidera malamente una donna nel suo cuore ... ». E tutto ciò è quasi ine­vitabile nella danza.

Di più, il ballo accende la stessa fiamma nella compagna di danza, per cui il ballerino è insieme attirato ed attirante, infiammabile ed incendia­rio.

Momenti quelli tristemente propizi alle debo­lezze; momenti nei quali le più alte considerazio­ni sull'onore restano volatilizzate come una goc­cia d'acqua sopra una lamina infuocata.

Quando poi fra quel giovane e quella giovane scoppia uno scandalo, la gente si mette a fare la stupefatta in modo farisaico.

Guarda un po' che razza di logica ha il mondo! Moltiplica gl'incitamenti al male, e quando il gio­vane fa quel male, allora, resta inteso, che alzerà la voce ed inviterà tutti a fare gli sbalorditi.

Questo mondaccio butta senza ritegno i tizzo­ni ardenti sulla paglia secca, e nel medesimo tempo grida: «proibito bruciare!».

Quella madre stupidina che permette a suo figlio (o a sua figlia) di trascorre la notte nelle discoteche, dove alle sporche danze moderne si unisce la droga (ed è vero, lo sai!) e così attizza le cause d'incendio, resta stupefatta quando l'in­cendio scoppia e allora la vedrete sospirare e piangere con le amiche: «Mia cara, non c'è più gioventù sana a questo mondo! dove andiamo a finire? questo figlio mi farà morire! ».

Ma finiamola sul ballo. M'accontenterò, o amico, di metterti davanti due domande, col patto che tu risponda nella piena lealtà del tuo cuore.

Prima domanda: Vorresti che un tuo figlio, più tardi, entrasse in quel medesimo ballo e bal­lasse come tu balli ora? Tu sarai un uomo onesto ed un buon cristia­no, se tu, rispondendo alla domanda, adotterai questa regola: «Non farò mai ciò che più tardi io proibirei a mio figlio».

Seconda domanda: Quando è passata l'ubria­chezza del ballo, la tua coscienza rimane tran­quilla? La coscienza non la si può tanto facilmente ingannare. Lascia che il mondo moltiplichi i sofi­smi, lascia che gli amici accumulino tutte le scuse, tu devi, nel fondo silenzioso dell'anima, chiamare questa cosa col suo vero nome: una vera occasione di colpa grave!

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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