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A TE QUINDICENNE E AI TUOI GENITORI educazione cristianaalla purezza

Ultimo Aggiornamento: 22/03/2015 10:31
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01/07/2013 11:40
 
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[SM=g1740720] 2a ARMA: la Confessione

I soldati mutilati nella guerra erano traspor­tati all'ambulanza. Collocati alla rinfusa, forma­vano un mosaico di dolori. Certi petti erano attraversati da una parte all'altra con un bendag­gio rosso, che faceva pensare a un tragico «gran cordone» della legion d'onore.

Supponete che un medico avesse trovato il magico balsamo capace, in un minuto, di rifare quelle carni, chiudere quelle orribili ferite, rida­re l'integrità delle forze...

Voi m'interrompete gridando: «Che strana supposizione! ».

Non è una supposizione, vi rispondo: è la re­altà.

I cuori di mille e mille giovani sono stati feri­ti gravemente dal peccato. Per guarirli, Dio ha inventato un rimedio meraviglioso, infallibile: la Confessione.

Il confessionale è l'ambulanza in cui si benda­no le nostre ferite, la buona «Croce Rossa» delle anime... «Ohimè, vi sento sussurrare, non avete nien­te di più nuovo da proporci? Sempre la Con­fessione? Come è vecchio questo rimedio! ».

E vero, ma che importa se il rimedio è buono? Voi dite: « E una cosa che diventa monotona questo continuare a fermare la febbre col chini­no! ». Se non si è trovato di meglio, vi rispondo, conserviamo il rimedio classico che finora è il migliore.

Per combattere la morte noi mangiamo; per riparare la fatica, noi dormiamo. È molto antico e molto tradizionale questo doppio rimedio. Ma avrete il coraggio d'abbandonarlo col pretesto che è una cosa troppo vecchia?

Ugualmente, la Confessione è un rimedio vec­chio, perchè risale a 2000 anni fa. Ma è stato scoperto da un Medico Divino. Questa vecchia cura resta la migliore anche oggi!



Ma, tu dici, io ho peccato gravemente. Bisogna dunque, ti rispondo, che ti disinfetti l'anima!

Bisogna fare così. Finchè tu non hai fatto così, sei lontano da Dio. Se, durante la notte, morissi all'improvviso, ti sveglieresti nell'Inferno. Nessuna delle tue opere resta meritoria e quindi sei come colpito da sterilità: hai perduto più d'un milione, più d'un miliardo: hai perduto l'Infinito, perchè hai perduto Dio e, come figlio diseredato, non hai più nessun diritto al Cielo: Quanto saresti povero! Mio caro fratello, tu hai solamente «un'anima in brandelli! ». E se non fosse neppure in bran­delli ma fosse morta? Peccato «mortale» vuol proprio dire questo: una colpa che toglie la Vita divina.

Tu hai un bell'esclamare, magari con fare spa­valdo e motteggiatore: «Io morto? ma io canto e rido! cammino sui marciapiedi e ballo nei salot­ti! Io sono vivo! ».

In realtà, tu sembri vivo; sei un falso-vivo: «Hai l'aria d'esser vivo, ma sei morto», perchè non hai più quella Vita della grazia che è la vera Vita!



Non tentare di sfuggire il problema. Orsù, giovane amico, fa' il grande passo! Abbi cinque minuti di coraggio per gettarti ai piedi d'un Sacerdote.

Arrenditi! confessa di essere un vinto di Dio: da tanto tempo stai combattendo contro la grazia e stai provando ciò che provava san Paolo: «che è cosa dura ricalcitrare contro lo sprone» (Atti 9, 5)­

Cinque minuti di coraggio e ti sentirai l'anima inondata da una tale pace che non ti conoscerai più. Ricomincerai la vita di nuovo, con la delizio­sa impressione di essere un altro uomo.

Cinque minuti di coraggio e poi (è questa l'esperienza di tutti i penitenti) quale sollievo!

Tolto dal cuore tutto quel peso di peccati, tutte quelle macchie cancellate improvvisamente dal­l'anima resa bianca come un ermellino e leggera come un'ala!

Ascolta la parola d'un convertito: «Alla sola idea d'accostarmi al più vicino confessore, mi sentivo preso da un vero panico ... Dopo fatta la confessione, per la strada io camminavo leggero leggero e dicevo tra me: Sono perdonato, sì sono perdonato! che felicità! e mi sembrava d'esser ringiovanito di dieci anni» (Adolf Retté, Dal dia­volo a Dio).



La tua confessione sia sincera.

Si può immaginare cosa più assurda di quella che si commette facendo una cattiva confessione? Con le altre colpe tu procuri una certa soddi­sfazione, d'orgoglio, di golosità, d'amor proprio o d'amor sporco; è una soddisfazione passegge­ra, proibita, ma alla fin fine è una realtà, hai otte­nuto qualche cosa.

Invece che cosa ottieni con una confessione sacrilega? Niente! e non soltanto non ricevi nes­sun perdono delle colpe, ma ne aggiungi una nuova e grave.

Sii leale! è questa la bella dote della tua età. Sii limpido!

Oh la tua ultima confessione della vita, se avessi coscienza di comparire subito dopo davanti a Dio, come la faresti bene! Perchè non farle tutte come quella, in modo che dopo ogni confessione la situazione sia limpida, talmente netta che tu possa arditamente voltare la pagina, e per sempre?

Per carità, non metter da parte un arretrato di turbamenti per il tuo punto di morte!

Bisogna che tu possa dire a te stesso: «Ho avuto delle debolezze, ma per lo meno non debbo mai risalire più in là della mia ultima accusa. Ogni confessione nella mia vita fu l'istante della sincerità, l'atto in cui fui veritiero».

Al giudizio finale, sarà spalancato il libro di cui parla il Dies irae: Liber scriptus proferetur in quo totum continetur.

Questo libro della nostra vita è a doppio foglio: il foglio dei meriti e quello delle colpe.

A ogni confessione, Dio, in certo qual modo, ci mette in mano questo volume, questo incarta­mento del nostro processo e ci dice: puoi cancel­lare le tristi righe, stracciare i fogli accusatori e conservare soltanto le belle pagine bianche! Dove e quando si vede mai un giudice della terra usare una simile magnanimità con l'accu­sato, alla vigilia del processo?



Alla lealtà per il passato, devi unire la lealtà per l'avvenire.

Non basta soltanto l'accusa dei peccati; ci vuole il buon proposito. Non ti pare contraddit­torio, dire: «Rimpiango le mie colpe, ma non son deciso a rinunciarvi»?

La Confessione, se non fosse richiesto il pro­posito, diventerebbe un incoraggiamento alle cadute. Tu accusi le colpe e devi anche determinare per quanto è possibile, il numero e la specie, se si tratta di peccati mortali.

Ma Dio non si accontenta di questa esattezza materiale, di questa operazione matematica fatta rigorosamente, di questa contabilità di banca ben amministrata. Il confessionale non è lo spor­tello in cui basta un gesto materiale per saldare un debito: la Confessione suppone la «conver­sione», la doppia sincerità: della contrizione per il passato e della buona volontà per l'avvenire.

La prova che Iddio considera soprattutto que­sta lealtà del cuore sta che Egli non impone l'ac­cusa numerica specifica delle colpe gravi quando v'è impossibilità assoluta o morale, mentre il dolore delle colpe è sempre stato richiesto per ottenerne la remissione.



Se sei caduto, confessati subito.

Fa' in modo che in te, come diceva il buon curato d'Ars, «Gesù sia subito schiodato».

Del resto la previsione di doverti confessare immediatamente sarà un freno salutare.

Non lasciare che la colpa imputridisca nel­l'anima tua!

Constateresti subito che il peccato non vuole restar celibe, cioè solo, e che vuole invece diven­tar padre d'altri peccati.

Un giovane che ha resistito due mesi, quattro mesi, se cade una volta, cade ancora, immediata­mente dopo, cinque, dieci altre volte. Si direbbe che si rompa una specie d'incanto! «Non ho più niente da perdere, perchè non ho neppure più lo stato di Grazia...»..

Sì, tu hai ancora molto da perdere! È forse la stessa cosa avere una o dieci mac­chie? una o dieci ferite? Il peccato grave è la mac­chia e la ferita dell'anima...

Alla fin fine è chiaro che nell'Inferno la puni­zione per dieci peccati sarà maggiore che per un peccato; come in Paradiso la ricompensa per dieci atti di virtù sarà maggiore che per uno.

Puoi tu pensare che un persecutore della Chiesa non sia punito più di colui che ha com­messo soltanto una colpa grave? o che in Paradiso un eremita non abbia una corona più bella di quella che ha un convertito dell'ultima ora? La distribuzione della felicità e dell'infelici­tà corrisponde (è questione di giustizia!) ai meri­ti o ai demeriti.

Infine, te lo dico così di passaggio, tu devi sal­varti, non con modo economico, col «contagoc­ce», ma in modo ricco, splendido; secondo l'ideale di S. Teresa la quale diceva: «Accetterei tutti i dolori del mondo, per acquistare un grado maggiore di gloria, nell'eterno Paradiso! ».



Non accontentarti d'avere un Confessore; abbi un Direttore spirituale. Parlando in modo assoluto, puoi confidare la tua anima malata al primo confessore che incontri, presso a poco come puoi affidare il tuo corpo malato al primo dottore che trovi.

Ma tu preferisci, ne sono certo, un medico «curante» che conosca i tuoi antecedenti, il tuo temperamento e che sia capace per questo di sta­bilire con sicurezza la tua «diàtesi» e di procede­re a quella ricerca oculata delle cause che i dotto­ri chiamano «etiologia».

Nel linguaggio cristiano, questo medico curante si chiama Direttore spirituale. Ha tante volte auscultato la tua anima che la sua diagnosi è più penetrante e la sua cura meglio adattata.



Scegli come Direttore chi preferisci. La confi­denza non s'impone e nessuno ha il diritto di importi questo o, quel confessore. Tu sei libero. E cosa sacra questa. Però tu pre­ferirai certamente il sacerdote che comprende i giovani e che è un suscitatore d'entusiasmo.

Apprezza pure il Direttore molto misericor­dioso, ma sappi anche apprezzare il Direttore molto fermo e che è capace d'una direzione atti­va.

Non si va a trovare il Direttore per farsi lusin­gare, come non si va a trovare il medico per farsi fare una ricetta di caramelle, ma si va a trovarlo perché egli apra il tumore e guarisca le piaghe. Solo che, perché egli possa guarirle, bisogna mostrargliele.

Al dottore si dice tutto. Al Direttore di' tutto. Non essere muto, non essere monosillabico;

esponi il tuo caso. Il solo fatto di svelare una ten­tazione è già una mezza guarigione morale. Il demonio e un serpente il quale non desidera che sia tolta la pietra sotto cui si nasconde, nè che si faccia la luce.

Non aver paura di domandare consiglio. Va' a trovare il tuo Direttore e a confessarti in camera, se questo ti è più comodo e se egli accet­ta, come glielo permette il diritto Canonico (Can.91 o). Dio unisce luce e grazia a questo atto d'umil­tà. Dio ama questa semplicità!

Ma il diavolo ne ha terrore.

Sant'Ignazio ci dà il perchè di questo: «la con­dotta del demonio è quella d'un seduttore: domanda il segreto e niente teme tanto quanto l'essere scoperto».

Ma se quest'anima dice tutto a un Confessore illuminato che conosca le truffe e le furbizie del diavolo, questi ne ha un gran dispiacere; poichè sa che tutta la sua malizia resta impotente, dal momento che le tentazioni sono scoperte e messe in luce».



Il diavolo ha in orrore (e si capisce perchè) la confessione, e per questo le accumula contro molte obiezioni.

1a «È cosa fastidiosa».

Sì. Non credo che vi sia un uomo solo al mondo che si confessi per piacere.

Ma, ecco: bisogna scegliere fra due: O tu accuserai questi peccati al Confessore e, in questo caso, Dio gli sigilla le labbra con un segreto più stretto del più stretto segreto profes­sionale. Perché il Confessore è un uomo, ma un uomo che rappresenta Dio e che è per così dire, Gesù reso visibile, talmente che tu gli puoi dire: «Padre mio, che tenete il luogo di Gesù!».

Oppure quella colpa grave che non hai voluto accusare in confessione sarà pubblicata nell'ulti­mo giudizio, davanti a tutti, compreso quel Confessore al quale tu l'avrai nascosta. Quale vergogna! e questa volta sterile e non più salva­trice!

Ecco due cose noiose. Paragona e scegli.

2a «Il Confessore si meraviglierà».

Guarda! io son certo che sarei capace di fare la tua confessione in anticipo! Tu avresti solo da dire: sì... due, tre volte...

3a «Che cosa dirà il Confessore?»

Probabilmente niente. Ognuno crede il suo romanzo il più interessante di tutti. Non così il sacerdote che è condannato a udir­li tutti!... Ciò che gli racconta un anonimo è con­fuso con tanti altri racconti! ...

4a «II Confessore mi disprezzerà!»

Il Confessore si congratulerà con te! Non per le tue debolezze, certamente, ma per la generosi­tà con cui le sveli.

Non bisogna che tu creda che in noi confesso­ri vi sia una tale deformazione professionale da farci ignorare o dimenticare quanto coraggio e spesso quanto eroismo ci vuole per fare certe confidenze. Noi sappiamo molto bene che la gente preferirebbe qualsiasi penitenza d'ordine esteriore, piuttosto che questa spezzatura della volontà che ferisce nel più intimo dell'anima, piuttosto che l'atto d'umiltà: «Perdono! ho fatto male».

Il penitente crede di perdere nella nostra stima, mentre vi guadagna grandemente.

O fratello, come potrei disprezzare te che fosti debole, e che ora sei tanto generoso? No! Certamente, il Confessore dovrà ricordarti il dovere. Tu del resto questo aspetti da noi. Vai da un sacerdote, povero ragazzo mio, perchè? per­chè egli ti salvi, tuo malgrado. Se non ti richia­masse alla legge, egli tradirebbe il suo mandato e tu per primo ne saresti scandalizzato.

Ma disprezzarti? No! Noi rappresentiamo Gesù infinitamente misericordioso.

Giovane amico tentato, noi sappiamo che ai nostri tempi tu sei circondato da mille seduzioni, che hai il fuoco dentro di te e intorno a te, soprat­tutto noi confessori abbiamo toccato con mano più di tutti questo fatto evidente: tutti siamo deboli, tutti! L'ultimo sentimento di cui sarem­mo capaci sarebbe questo disprezzo verso di te che hai sofferto e di cui noi indoviniamo l'affan­no, o amico, o fratello, o figliolo! verso di te il quale noi amiamo nonostante le tue debolezze, anzi a causa delle tue debolezze, caro giovane amico. Oh! ritorna! Tu domandi: in qual giorno posso presentarmi? Ti rispondo: non c'è un giorno fisso per il figlio prodigo!



I poeti antichi parlavano molto di una fonta­na chiamata Fontana della Giovinezza. Cantavano: «I vecchi, quando vi entrano, vi lasciano le rughe e le malattie; ne escono brillan­ti di giovinezza, ornati col diadema dei loro ven­t'anni».

Inutile dire con quanto ardore i vecchi (e spe­cialmente le vecchie) sospirerebbero d'avere la fontana della giovinezza. Il medico che scoprisse l'elisir capace di ringiovanire o semplicemente capace d'impedire l'ulteriore vecchiaia, guada­gnerebbe milioni e milioni! Ne avrebbe dei clien­ti e specialmente delle clienti!

Ma questo medico non si trova. La sorgente della giovinezza non è esistita se non nell'imma­ginazione dei poeti. O piuttosto no! questa fontana esiste. Ma soltanto nella religione.

Dio ha inventato il bagno salutare della con­fessione, il bagno del suo proprio sangue. San Giovanni nella sua prima lettera fa appunto que­sta precisa affermazione: «Il Sangue di Gesù Cristo ci lava da ogni peccato» (1,7); e lo stesso dice nell'Apocalisse: «Ci ha lavati dai nostri pec­cati nel suo Sangue».

Cosi l'anima che s'era macchiata nella colpa, può ritrovare la freschezza e il primitivo splen­dore! Ed ecco realizzato il vecchio sogno dell' uma­nità: ringiovanire!



Il Vangelo ci parla di quella fontana di Bethesda, poco fuori le mura di Gerusalemme, in cui, a certe ore, lo Spirito discendeva sulle acque. Coloro che allora vi si tuffavano restavano guari­ti.

Non bisogna più aspettare certe ore, quando si tratta del Sacramento della Penitenza, chiun­que si lava, non importa in quale momento, resta salvato.



In pieno secolo XXI c'è un luogo del mondo in cui il miracolo è, secondo l'espressione del dottor Vergez «stabilito allo stato di permanenza», tanto d'esser diventato un'istituzione: Lourdes, la Bethesda contemporanea.

E tuttavia l'acqua della piscina non opera sempre e, quando guarisce, (direttamente alme­no) guarisce soltanto i corpi.

La piscina della grazia che si chiama Con­fessione è doppiamente più meravigliosa: primo, perchè guarisce le anime; secondo perchè, se l'ammalato è ben disposto, agisce di per sè infal­libilmente, ex opere operato, come dicono i teo­logi.



3a ARMA: la stima della «vita della Grazia»

Se domandassimo a molti uomini: «Quante vite avete?» ci guarderebbero meravigliati e risponderebbero: «Quante vite? Ma, se ne conta­no tre, e solo tre: la vita vegetativa, che abbiamo comune con le piante; la vita sensitiva, che abbiamo comune con gli animali; la vita intellet­tiva che ci è propria».

Direbbero bene. Ma non direbbero tutto.

Noi abbiamo una quarta vita, molto reale. Ci è descritta nel capitolo quarto della lettera di san Paolo ai Cristiani della Galazia, al capitolo ottavo della lettera ai Romani e al capitolo del Vangelo di S. Giovanni, in cui si contiene l'insegnamento del Maestro: «Io sono la vite, voi siete i tralci».

Gli effetti caratteristici della vita soprannatu­rale (o vita divina, o vita di Grazia) possono com­pendiarsi in questi sei punti:

1° L'uomo ha in sè una vita divina. Richiamiamo la parola di san Pietro: «Voi siete diventati partecipi della natura divina». E il capitolo XV di S. Giovanni: «Io (Gesù) sono la vite, voi siete i tralci...».

2° Il cristiano nello stato di Grazia diventa il tempio dello Spirito Santo. San Paolo ripete per lo meno cinque volte questa osservazione (Rom.6,o-11; 1 Corinti 3,16-17 e 6,19; 2 Corinti 6,16; 2 Timoteo 1,14).

La gente corre lontano lontano per visitare le belle basiliche: san Pietro a Roma, santa Sofia a Costantinopoli, il Sacro Cuore a Montmartre, ecc. Non dimentichiamo però di rientrare qual­che volta in quel santuario vivente, in quell'inti­mo cenacolo che è il nostro cuore!

3° I cristiani diventano figli di Dio. Non è più soltanto un enigma, ma è la verità oggettiva. « Siamo chiamati figli di Dio e lo siamo veramen­te! » (1 Giovanni 3,4).

4° Essendo figli di Dio, i cristiani hanno dirit­to all'eredità del Cielo. «Se dunque siamo figli, siamo anche eredi. Eredi di Dio e coeredi di Cristo» (Romani 3,17).

Noi siamo eredi insieme (coeredi) col nostro fratello in umanità, col nostro fratello divino, Gesù Cristo.

5° L'anima riceve con la Grazia l'infusione delle Virtù teologali: la Fede, la Speranza e la Carità, per le quali può agire divinamente, da figlio di Dio.

6° L'anima trasformata dal principio sopran­naturale della Grazia, possiede una attività che è innalzata all'ordine meritorio. In altri termini: tutte le azioni del cristiano in Grazia (eccetto gli atti peccaminosi) hanno un merito davanti a Dio.

Dio ci ha concesso liberamente questa vita della Grazia. Essa non è in modo alcuno dovuta all'uomo perché mai il naturale potrà meritare il sopran­naturale.

Ventiquattro Concilii l'hanno affermato e sant'Agostino, detto «il Dottore della Grazia», scrive: «La grazia si chiama così perchè è data gratuitamente». Per questo la vita soprannatura­le non è un complemento della nostra natura, ma un divino soprappiù.

Ma perchè gli uomini hanno così poca stima per la vita della Grazia? Perchè essendo tuffati nella materia, apprezzano soltanto ciò che è sen­sibile.

Ora, lo stato di Grazia è invisibile. Invisibile, ma reale.

Tanto reale, che Gesù Cristo è venuto al mon­do solo per questo: « affinché gli uomini avessero la vita divina della Grazia e l'avessero molto abbondantemente» come dice san Giovanni. Anche la mia anima è invisibile, anche l'ange­lo, anche Dio. E tuttavia l'anima, l'angelo e Dio ci sono!

La vita soprannaturale della Grazia esiste, e nulla si può immaginare di più sublime. Fra il più raffinato parigino, ma privo della Grazia, e la più povera donna dei campi, ma in Grazia, passa una differenza grandissima, o meglio una diffe­renza essenziale, e questa differenza è tutta a vantaggio della donnicciola! Se un ricco ha per­duta la vita soprannaturale, mentre un povero ne è adorno, il ricco è povero e il povero è ricco.

Chi non pensa a questa quarta vita che è in noi o non la conosce, assomiglia a un figlio nobi­le che non conosce i titoli autentici della sua nobiltà e la sua immensa fortuna.

Gli uomini vanno fieri quando hanno sangue nobile! Noi, cristiani, proprio noi più degli altri, abbiamo il vero sangue nobile!

È da venti secoli che la vita divina della Grazia ha fatto sbocciare le meraviglie della santità; dopo venti secoli, che dinastia di martiri e di vergini! Conoscete qui in terra una famiglia che possa glo­riarsi d'una simile ascendenza per venti secoli?

Quanto orgoglio quando uno può mostrare il suo albero genealogico che risale a una sorgente regale! Ma noi, proprio noi cristiani, abbiamo qualche cosa di meglio d'un albero genealogico regale. Noi abbiamo un albero genealogico divi­no. Ce lo assicura il Maestro: «Io sono la vite, voi siete i tralci».

Ebbene! «Diventa cosciente di te stesso, o cri­stiano, esclama san Leone, e della tua eminente dignità, e diventato partecipe della natura divi­na, non ricadere nella tua miserabile condizione. Agnosce, o christiane, dignitatem tuam et divi­nae consors factus naturae, noli in veterem vili­tatem redire».



Nobile per la Grazia, non scendere al basso livello del peccato!

Che diresti di un figlio di re che ruzzolasse nel fango? Tu sei figlio di re, «regale genus» secon­do l'espressione di S. Pietro. E ancora di più.

Se tu hai compreso che cosa è in te la vita della Grazia, allora non perderla, non barattarla pazzamente con una spregevole soddisfazione, simile a un principe che vendesse il suo blasone e i suoi stemmi antichi per comperare l'oggetto d'un indegno capriccio.

Rifletti a ciò che abbiamo detto: Tu sei diven­tato tempio dello Spirito Santo.

È cosa colpevole distruggere un tempio. Eppure questo lo si fa.

Ricordi il Duomo di Milano? Caro giovane amico in stato di Grazia, la tua anima è una meraviglia più grande che non quella cattedrale! Quella è di pietra, mentre tu sei un tempio viven­te di Dio. Oh! che non sia mai il tuo tempio pro­fanato dalla colpa vergognosa!

Odi san Paolo: «Non sapete che voi siete un tempio di Dio e che lo spirito di Dio abita in voi? Se uno profana il tempio di Dio, Iddio guasterà lui, poichè il tempio di Dio è santo, e tali siete voi! » (i Cor. 3,16-18).

«Fuggite l'impurità! Qualunque altro peccato che l'uomo commetta è peccato fuori del corpo; ma l'impuro pecca contro il proprio corpo» (1 Cor. 6,18.- ss).

«Non sapete voi che il vostro corpo è un tem­pio santo che è in voi e che avete da Dio? E voi non appartenete a voi stessi, perchè siete stati riscattati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo».

«Il corpo non è fatto per l'impurità, ma è fatto per il Signore ... Non sapete voi che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò io le membra di Cristo per farne le membra d'una peccatrice? » (1Cor. 6,15).

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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