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LETTURE PER L'ANIMA

Ultimo Aggiornamento: 26/08/2015 21:12
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17/06/2015 12:11
 
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Sto leggendo la notte oscura di San Giovanni della croce e non comprendo la differenza tra notte oscura dei sensi e notte oscura dello spirito

Quesito

Caro Padre Angelo,
sto leggendo la notte oscura di San Giovanni della croce.
Come dice il santo stesso in un paragrafo "si comprende meglio ciò che si ha già vissuto "(ho riportato un concetto non le parole esatte).
Infatti non comprendo la differenza tra notte oscura e la notte dei sensi.
Mi può rendere più chiara la differenza?


Risposta del sacerdote

Carissimo, 
1. l’obiettivo dell’insegnamento di San Giovanni della Croce, carmelitano scalzo vissuto i Spagna nel secolo XVI, è quello di mostrare come si giunga alla santità, all’unione totale con Dio.
Tale unione infatti “consiste nella totale trasformazione della nostra volontà in quella di Dio di modo che in essa niente vi sia di contrario al volere dell’Altissimo, ma ogni suo atto dipenda totalmente dal beneplacito divino” (Salita del Monte Carmelo, I, 11, 2). 
Sicché non ci sono più due volontà che decidono e vivono, ma una sola: “Nello stato di unione, due volontà diventano una sola, la quale è volontà di Dio e anche volontà dell’anima” (Ib., I, 11, 3).

2. Per giungere a questo obiettivo è necessario liberarsi da tutti gli attaccamenti che sono causa di peccato mortale o veniale e anche da ciò che tiene legati ad imperfezioni. 
Questa liberazione può procedere dall’uomo oppure da Dio.
Nel primo caso si parla di purificazioni attive che consistono in ciò che si può e si deve fare con l’aiuto della grazia per liberarsi dai difetti e dalle imperfezioni.
Nel secondo caso si parla di purificazioni passive che riguardano invece la parte che Dio riserva per sé. 
Queste purificazioni raggiungono la loro massima manifestazione nelle notti dell’anima e precisamente nella notte del senso e nella notte dello spirito.

3. Si sperimenta questa purificazione quando dallo stato di ebbrezza provato all’inizio della vita spirituale, soprattutto nella conversione, si passa ad uno stato di cammino per cui ci si lavora e nello stesso tempo si viene lavorati per essere uniti a Dio e per piacere a Lui solo.
La tentazione dei principianti, il più delle volte senza che se n’accorgano,  sta nella ricerca delle consolazioni che si godono nell’aver trovato Dio.
Vengono chiamati “principianti”, perché sono all’inizio.
Molti neo convertiti, per il loro cambiamento di vita, per le nuove pratiche che adesso compiono e che danno loro molta gratificazione, corrono il rischio di sentirsi santi o perfetti, mentre in realtà sono ancora tutti pieni di se stessi e dell’attaccamento alle consolazioni nuove che sperimentano.
Appena Dio comincia a togliere loro queste consolazioni per portarli ad una vera unione con Lui facilmente si ribellano. E allora l’azione di progresso nella vita spirituale si arresta.

4. Questo processo di purificazione viene chiamato notte, perché si tratta di distaccarsi da tante cose e nello stesso tempo non si è ancora realizzata l’unione perfetta con Dio.
Questa notte è duplice: la notte oscura dei sensi e la notte oscura dello spirito.
Queste due notti si esprimono in tempi successivi e sono intervallate da nuove gioie, purificate dalle tentazioni precedenti.
Ma quando si giunge alla notte dello spirito sperimenta contemporaneamente una nuova notte dei sensi.
Dice San Giovanni della Croce: “La purificazione del senso, rispetto a quella dello spirito, è soltanto la porta (...) e serve più ad accomodare il senso allo spirito” (Notte oscura, II, 2, 1). 
Dio “stacca l’anima dalla vita dei sensi per elevarla alla vita dello spirito” (Ib., I, 8, 3).

5. La notte oscura dei sensi consiste in un’aridità prolungata. Non si sente più il gusto della preghiera e di tante pratiche religiose.
Qui bisogna fare attenzione. In alcuni questa aridità è frutto del peccato, soprattutto dei peccati carnali. È l’aridità di chi vive in peccato mortale.
Mentre la notte oscura dei sensi è un’aridità sperimentata dalle anime in grazia e che stanno avanzando nella vita spirituale. 
Molte non resistono a questa aridità, si spaventano e retrocedono

6. Ecco come la descrive San Giovanni della Croce: 
“1. L’anima comincia a entrare in questa notte oscura quando Dio la fa uscire dallo stato dei principianti, cioè di coloro che si servono ancora della meditazione nel cammino spirituale, e la trasferisce gradatamente in quello dei proficienti, cioè quella dei contemplativi. Superato questo stadio, la conduce allo stato dei perfetti, che è quello dell’unione con Dio.
Al fine di chiarire e meglio comprendere che notte sia quella che l’anima deve attraversare e per quale motivo il Signore ve la ponga, è opportuno prima d’ogni cosa accennare ad alcune imperfezioni dei principianti. Lo farò molto rapidamente, ma non per questo ciò sarà inutile agli stessi principianti. Difatti, anche in questo modo, essi potranno comprendere lo stato di vita in cui giacciono, per poi sentirsi spinti a desiderare che Dio li faccia entrare in questa notte, dove l’anima si fortifica attraverso l’esercizio delle virtù e gusta le inestimabili delizie dell’amore di Dio. Se mi dilungherò un po’, non sarà più di quanto basti per poter trattare subito dopo della notte oscura.
2. Occorre quindi sapere che quando l’anima si decide a servire solo Dio, abitualmente viene da lui nutrita nello spirito e diventa l’oggetto delle sue compiacenze, come fa una madre amorosa verso il suo tenero bambino: lo scalda con il calore del suo seno, lo nutre con latte gustoso e con cibi delicati e dolci, lo porta in braccio e lo copre di carezze.
Ma a mano a mano che cresce, la madre diminuisce le carezze, gli nasconde il suo amore tenero, lo distacca dal suo dolce seno, sul quale pone aloe amaro; facendo poi discendere il bambino dalle braccia, lo fa camminare sulle sue gambe, perché superi le limitazioni proprie dell’infanzia e acquisti le caratteristiche dell’uomo adulto.
La grazia di Dio, come madre amorosa, si comporta allo stesso modo con l’anima dal momento in cui la rigenera con l’ardente desiderio di servire il Signore. Le fa trovare, senza alcuna fatica, la dolcezza e il sapore del latte spirituale in tutte le cose di Dio e gustare una gioia grande negli esercizi spirituali; in breve, il Signore le porge il suo petto amoroso come a un bambino piccolo (cf 1 Pt 2,2-3).
3. Così l’anima prova grande gioia nel trascorrere lunghi periodi e addirittura notti intere in orazione; ha piacere di darsi alle penitenze, è contenta di digiunare, si consola nel frequentare i sacramenti e occuparsi delle cose divine.
Ma nonostante si dedichi a queste pratiche con impegno e assiduamente, ne approfitti e se ne serva con la più grande cura, tuttavia, da un punto di vista spirituale, abitualmente si comporta con molta fiacchezza e imperfezione.
Difatti è spinta a queste pratiche ed esercizi spirituali dalla consolazione e dal gusto che vi prova e, non essendo ancora temprata dagli esercizi di una dura lotta per acquistare la virtù, commette molte mancanze e imperfezioni in queste pie pratiche. In realtà, ogni anima agisce secondo il grado di perfezione che possiede” (Notte oscura, I, 1-3).

7. La notte oscura dei sensi è comune a molti, a partire dai principianti. 
La notte oscura dello spirito detta anche notte spirituale è riservata a ben pochi, a quelli cioè che sono già molto esercitati e avanti nella perfezione.
“La prima notte è amara e terribile per il senso; la seconda però non le si può paragonare, perché è semplicemente orrenda e spaventevole per lo spirito” (Ib., I, 8, 1-2).

8. Nella notte dello spirito non solo si prova aridità, ma addirittura ci si sente respinti da Dio
Essa viene descritta così da San Giovanni della croce: 
“1. Quando Dio vuol far progredire un’anima, non la pone nella notte dello spirito appena è uscita dalle aridità e dalle prove della prima purificazione o notte dei sensi. Di solito passa molto tempo, a volte anni, prima che l’anima, superato lo stato dei principianti, si eserciti in quello dei proficienti. Simile a colui che è uscito da un angusto carcere, l’anima avanza nelle cose di Dio con molta maggiore facilità e soddisfazione, insieme a una gioia più abbondante e intima, di quanto non avesse fatto agli inizi, prima di entrare nella notte dei sensi. (…).
Tuttavia la purificazione dell’anima non è ancora compiuta, perché le manca la fase principale, che è quella dello spirito. Se questa non si verifica – tra l’una e l’altra c’è relazione di continuità, dato che avvengono nello stesso soggetto –, anche la purificazione dei sensi, per quanto profonda sia stata, risulta incompiuta e imperfetta. Così l’anima non mancherà, di tanto in tanto, di passare attraverso abbandoni, aridità, tenebre e angosce, a volte anche più intense che in passato. Sono come presagi e messaggeri della futura notte dello spirito. Non durano però quanto la notte che si aspetta, ragion per cui, trascorso un periodo o alcuni giorni di questa notte tempestosa, l’anima ritorna alla sua abituale serenità. (…).
2. Il godimento intimo, che con abbondanza e facilità i proficienti provano e gustano nel loro spirito, viene loro comunicato più copiosamente che in passato, riversandosi nei sensi più di quanto non accadesse prima della purificazione dei sensi. Difatti, quanto più i sensi sono purificati, con tanta maggiore facilità possono gustare a modo loro le gioie dello spirito” (Ib., II, 1, 1-2).

9. Prosegue san Giovanni della croce: 
“Per ben comprendere la necessità, in cui si trovano i proficienti, di entrare in questa notte dello spirito, annoterò qui sotto alcune imperfezioni e pericoli a cui sono esposti” (Ib., II, 3).
“I proficienti cadono in due tipi di imperfezioni, alcune abituali, altre attuali. 
Quelle abituali sono gli affetti e le abitudini difettose, le cui radici sono ancora rimaste nello spirito, dove non può giungere la purificazione dei sensi. La differenza che intercorre tra le due purificazioni è simile a quella che esiste tra l’estirpare la radice di una pianta e il tagliarne un ramo; ovvero: togliere una macchia fresca oppure una secca e incrostata.
Come ho detto, la purificazione dei sensi non è che la porta e il principio della contemplazione che conduce alla purificazione dello spirito. Ho pure detto che il suo scopo è più quello di adattare i sensi allo spirito che di unire lo spirito a Dio. Ma le macchie dell’uomo vecchio rimangono ancora nello spirito, anche se non se ne accorge e non le vede; se tali macchie non vengono tolte con il sapone e la lisciva forte della purificazione di questa notte, lo spirito non potrà pervenire alla purezza dell’unione divina.
I proficienti hanno ancora, come imperfezioni abituali, la hebetudo mentis, cioè l’ottusità della mente, e la rozzezza naturale che ogni uomo contrae con il peccato, e nel loro spirito sono distratti e superficiali. Per questo motivo occorre che siano illuminati, purificati e messi nel raccoglimento attraverso le sofferenze e le angustie della notte dello spirito. Tutti quelli che non sono ancora passati per lo stato di proficienti sono soggetti a queste imperfezioni abituali, che, come tali, sono incompatibili con lo stato perfetto dell’unione d’amore” (Ib., II, 2, 1-2).

10. Ecco che cosa si prova in questa nuova operazione di Dio:
“Nella notte, di cui sto per parlare, la parte sensitiva e quella spirituale vengono purificate allo stesso tempo. Per questo motivo è stato conveniente che il senso passasse attraverso la riforma della prima notte, al fine di ricuperare la quiete che da essa deriva. Una volta unito allo spirito, si purificano in qualche modo insieme e sopportano con più forza le sofferenze. Per sostenere una purificazione così dolorosa e aspra, occorre una disposizione tale che, se la debolezza della parte inferiore non fosse stata prima riformata e non avesse acquistato forza in Dio, nel dolce e piacevole rapporto con lui, non avrebbe mai avuto la forza e la capacità di affrontare una sì grande sofferenza.
Ma il modo di comportarsi di questi proficienti con Dio è ancora molto grossolano e molto naturale. L’oro del loro spirito non è ancora purificato e lucidato. Per questo pensano di Dio come bambini e parlano di Dio come bambini e ragionano e sanno di Dio come bambini, come dice san Paolo (1 Cor 13,11), perché non sono ancora pervenuti alla perfezione, cioè all’unione dell’anima con Dio. È in forza di quest’unione che essi diventano grandi. Una volta investiti dallo Spirito divino, essi compiono grandi opere, perché ormai le loro opere e le loro facoltà sono più divine che umane, come dirò in seguito. Dio vuole effettivamente spogliarli del vecchio uomo e rivestirli dell’uomo nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza a immagine del suo Creatore, come dice san Paolo (Col 3,10). Il Signore opera la spoliazione delle loro facoltà, dei loro affetti e sentimenti, sia spirituali che sensibili, sia esteriori che interiori. Lascia al buio l’intelletto, arida la volontà e vuota la memoria; getta gli affetti dell’anima nella più profonda afflizione, nell’amarezza e nell’angustia; priva l’anima del sentimento e del gusto che essa provava precedentemente nei beni spirituali” (Ib., II, 3, 2-3).

11. Le anime che si trovano nella notte oscura dello spirito vivono uno stato molto simile a quello della purificazione delle anime del purgatorio:
“Sebbene possiedano abitualmente le tre virtù teologali, cioè la fede, la speranza e la carità, attualmente hanno la sensazione delle loro sofferenze e della privazione di Dio. Per il momento non possono godere del bene e della consolazione derivante da quelle virtù.
Benché sappiano con certezza di amare Dio, ciò non li conforta, perché hanno l’impressione di non essere amati da Dio nella loro indegnità
Anzi, vedendosi privati di lui e immersi nelle loro miserie, pensano di avere in sé motivi più che sufficienti per essere aborriti e rifiutati da Dio, giustamente e per sempre. 
Similmente, l’anima che attraversa questo stato di purificazione è consapevole di amare Dio. 
È altresì disposta a dare mille vite per lui, ed è veramente così, perché davvero ama Dio in mezzo alle sofferenze; tuttavia non solo non trova in tutto questo alcun sollievo, ma ne riceve una pena maggiore.
Essa ama tanto Dio da non preoccuparsi di null’altro che di lui, ma si vede tanto misera da non poter credere che Dio la ami, perché non ha e non avrà mai motivi per farlo.
Scopre in sé motivi per essere sempre detestata da Dio e da ogni creatura.
Il suo tormento consiste nel constatare in sé le ragioni per cui merita di venire respinta da chi essa ama tanto e desidera con tutto il cuore” (Ib., II, 7. 7).

11. Tutte queste  purificazioni si concludono con quella realtà che viene chiamata unione trasformante o anche matrimonio spirituale, che è il vertice della vita spirituale, anticipo di paradiso nella vita presente.

Spero che tu mi abbia seguito in tutti questi passaggi.
Per questo non mi resta che augurarti giungere a questo, sebbene il cammino da affrontare sia somigliante a quella di una notte priva di luce e di consolazione.
Ti ringrazio di avermi attirato su questo argomento. 
Ti assicuro la mia preghiera e ti benedico. 
Padre Angelo


Il cardinal Caffarra racconta: Suor Lucia mi scrisse


 





Prima di chiudere la XX Settimana della Fede nell’arcidiocesi di Lecce, sabato, 16 febbraio 2008, nella cripta del santuario di “Santa Maria delle Grazie”, accanto alla tomba di San Pio da Pietrelcina, sua eminenza il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, ha celebrato la Santa Messa. Al termine si è fermato in preghiera sulla tomba di Padre Pio, ha visitato i luoghi santificati dal Serafino crocifisso del Gargano ed ha risposto ad alcune domande ai microfoni di Tele Radio Padre Pio. Tutte le sue risposte meritano attenzione e sono più che mai attuali, ma richiamiamo in particolare l'ultima, che dà il titolo all'articolo.

Eminenza, di recente Lei ha dichiarato al Corriere della Sera di aver sempre avuto una grande devozione per Padre Pio. Ci racconti perché.

Gli sono molto devoto fin dagli inizi del mio sacerdozio, perché vissi un’esperienza un po’ singolare. Ero sacerdote da qualche mese, e venne a trovarmi, per essere aiutato, un confratello, molto più anziano, che stava attraversando una grave crisi di fede. Non si può descrivere che cos’è una crisi di fede in un sacerdote: terribile!  Gli dissi: fratello mio, io son troppo piccolo, non mi sento di portare un tale peso. Vai da Padre Pio.
Lui venne, e mentre parlava con il Padre ebbe una grande esperienza mistica in cui sperimentò, fortissima, la misericordia di Dio. Ora è uno dei sacerdoti più buoni che io conosca. Ecco, cominciò tutto così.

Ha conosciuto personalmente san Pio da Pietrelcina?

No, perché non ho mai avuto il coraggio di venire, ritenendo che non dovevo fargli perdere del tempo! Poi invece… tante volte, non saprei dirle quante, non le ho mai contate! Ritengo che Padre Pio si inscriva in quella sequela dei grandi mistici che hanno una caratteristica: la profondissima partecipazione alla croce di Cristo, perché portano su di sé la grande tragedia dell’uomo d’oggi, l’ateismo.
Padre Pio, santa Gemma Galgani, santa Teresa Benedetta della Croce, Madre Teresa, il Curato d’Ars: hanno tutti questa profonda esperienza di sedersi a tavola con i peccatori, di vivere la loro esperienza, di portare, in maniera diversa, il peso dell’agonia del Getsemani, testimoniando l’amore di Cristo che prende su di sé il dolore dell’uomo che ha lasciato la casa del Padre e non vuol ritornare, pur sentendo nel suo cuore che si sta meglio nella casa del Padre che a pascolare porci…
L’uomo d’oggi continua a pensare che si possa vivere come se Dio non ci fosse; e vediamo la devastazione che questo ha causato.

C’è una profezia di suor Lucia dos Santos, la veggente di Fatima di cui il 13 febbraio scorso è cominciato il processo di beatificazione, che riguarda “lo scontro finale tra il Signore e regno di Satana”. E il campo di battaglia è la famiglia. Vita e famiglia. Non tutti sanno che Lei ebbe da Giovanni Paolo II l’incarico di ideare e fondare il Pontificio Istituto per Studi su Matrimonio e Famiglia che oggi ne porta il nome (il card. Caffarra ne è Professore Emerito, ndr).

Il Card. Caffarra e la Madonna di San Luca

Sì. All’inizio di questo lavoro affidatomi dal Servo di Dio Giovanni Paolo II, ho scritto a suor Lucia di Fatima, attraverso il vescovo perché direttamente non si poteva fare. Inspiegabilmente, benché non mi attendessi una risposta, perché chiedevo solo preghiere, mi arrivò dopo pochi giorni una lunghissima lettera autografa – ora negli archivi dell’Istituto – in cui è scritto: lo scontro finale tra il Signore e il regno di Satana sarà sulla famiglia e sul matrimonio. Non abbia paura, aggiungeva, perché chiunque lavora per la santità del matrimonio e della famiglia sarà sempre combattuto e avversato in tutti modi, perché questo è il punto decisivo.
E poi concludeva: ma la Madonna gli ha già schiacciato la testa. Si avvertiva, anche parlando con Giovanni Paolo II, che questo era il nodo, perché si toccava la colonna portante della creazione, la verità del rapporto fra l’uomo e la donna e fra le generazioni. Se si tocca la colonna portante crolla tutto l’edificio, e questo adesso noi lo vediamo, perché siamo a questo punto, e sappiamo. E mi commuovo, leggendo le biografie più sicure di Padre Pio, di come quest’uomo fosse attento alla santità del matrimonio, alla santità degli sposi, anche con giusto rigore più di una volta.

[Fonte: Voce di Padre Pio, marzo 2008 (pag. 72-74)]

 

[Modificato da Caterina63 19/06/2015 09:25]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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