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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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LETTURE PER L'ANIMA

Ultimo Aggiornamento: 26/08/2015 21:12
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07/08/2015 09:51
 
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LA BAMBINA E LE OSTIE

Un paio di mesi prima della sua morte l’Arcivescovo Fulton J. Sheen è stato intervistato dalla televisione nazionale. 
Una delle domande fu questa: "Vescovo Sheen, lei ha ispirato milioni di persone in tutto il mondo. Da chi ha tratto ispirazione? Da un Papa?". 
Sheen ha risposto che non era un Papa, un cardinale, un altro vescovo, o anche un prete o una suora. “Un mio amico missionario in Cina mi ha raccontato un fatto. Durante la persecuzione comunista contro i cristiani in Cina, alcuni soldati invasero un villaggio. Entrarono nella chiesa, spaccarono ogni cosa, distrussero il tabernacolo e presero le ostie buttandole per terra. Dopo di che presero questo missionario e gli altri catechisti e li imprigionarono in una capanna vicino alla chiesa. Dalla capanna i prigionieri potevano vedere l’interno della chiesa e le ostie gettate sul pavimento. Una bambina cinese, di circa 10 anni, aveva visto tutto quello che era successo. 
Lei era stata battezzata in quella chiesa ed era profondamente cristiana. Vedendo la cosa più santa che c’è in questo mondo trattata così male, decise di fare qualcosa. Essendo una bambina, di notte, riuscì a entrare in chiesa di nascosto dai soldati. Si inginocchiò davanti alle ostie, fece il segno di croce e restò in silenzio a pregare. Al termine dell’ora di adorazione, inginocchiata, si chinò e con la lingua - dal momento che non era lecito per i laici di toccare l'Ostia Sacra con le loro mani - ricevette Gesù nella Santa Comunione. Pregò ancora, fece il segno di croce e poi fuggì. 
Le ostie erano circa una ventina e lei per venti notti entrò di nascosto nella chiesa e mangiava le ostie perché non fossero profanate. 
Intanto nella capanna i prigionieri si accorsero di quello che stava accadendo e pregavano che nessuno dei soldati se ne accorgesse. Ma l’ultima notte, dopo aver mangiato l’ultima ostia, la bambina nel fuggire fu scoperta. 
I soldati capirono quello che aveva fatto e che per tante volte li aveva umiliati con la sua intelligenza e la sua abilità. Allora si arrabbiarono molto e iniziarono a darle pugni e calci finchè lei, così piccola e così coraggiosa, svenne e poi morì. 
Il missionario e i catechisti avevano visto tutto senza poter fare nulla perché erano prigionieri. Ma il sacrificio della bambina non fu vano. Dopo alcuni giorni i soldati se ne andarono e i cristiani sopravvissuti poterono raccontare a tutti il fatto di questa piccola discepola di Gesù, che, come san Tarcisio, aveva dato la vita per l’Eucarestia”.


 

Introibo ad altare Dei

È con queste parole sulle labbra che, il 21 febbraio 1794, il canonico Noël Pinot, rivestito dei paramenti sacerdotali, saliva i gradini della ghigliottina di Angers, iniziando così, in un certo senso, la sua ultima Messa, quella in cui si sarebbe fisicamente fatto vittima con l’Ostia pura, santa e immacolata.

Nel 1926 papa Pio XI lo avrebbe elevato alla gloria degli altari come beato; iniziava in tal modo il riconoscimento del martirio di una schiera di sacerdoti secolari che, dando a Cristo la testimonianza suprema, avevano composto una pagina particolarmente gloriosa nella storia del sacerdozio cattolico. Non è certo il sangue dei martiri a redimerci – ricorda sant’Agostino –, ma esso si mescola a quello del Redentore e ne prolunga nel tempo la Passione a vantaggio della Chiesa, per la sua estensione e il suo trionfo mediante la conversione dei peccatori. È un genere di “rischi”, questo, che corrono i preti refrattari, non certo il clerocostituzionale e collaborazionista.

I primi sanno bene che cos’è la santa Messa; i secondi l’hanno ridotta a scialba lezione di corso biblico con appendice rievocativa sostanzialmente superflua, se non fosse per quella processione all’altare a cui tutti si accodano senza nemmeno pensarci su. Il santo Sacrificio è una nozione sconosciuta, mentre la Comunione è ormai percepita come mero gesto di appartenenza dal quale nessuno dovrebbe sentirsi escluso. Visto che il costrutto posticcio non funziona affatto né interessa più nessuno, ci si sforza disperatamente di farlo tenere con continui interventi verbali e di renderlo appetibile con canzonette da balera e allegri battimano da scuola materna. Il vero dramma, tuttavia, è che mezzo secolo di questa irriverente parodia – che lo si voglia ammettere o meno – ha spento la fede in buona parte dei cattolici, mentre infligge un continuato martirio del cuore a quelli che non si rassegnano a perderla.

Ciò che più colpisce nel rito antico è che al momento della Consacrazione, sebbene non si odano le parole del sacerdote (o forse proprio per questo), ci si rende perfettamente conto che l’evento è avvenuto: la salvezza del mondo, la redenzione dell’umanità è unfatto che si realizza in quel preciso istante, un avvenimento sovratemporale che, pur essendosi compiuto una volta per sempre, si rende presente dovunque sulla terra si celebri la Messa; l’oblazione redentrice del Calvario può così raggiungerci in qualsiasi punto del tempo e dello spazio per assumerci in sé e consegnarci al Padre nell’unica Vittima a Lui accetta: il Figlio Suo incarnato e fattosi obbediente fino alla morte di croce al fine di riparare la primitiva disobbedienza e rendergli la gloria che Gli è dovuta. Certo, per aver consapevolezza di questo bisogna almeno esservi istruiti: i nostri padri, per quanto semplici, lo erano e partecipavano attivamente – cioè soprattutto con atti interiori ed esteriori di penitenza, di offerta e di fede accessibili a tutti, compresi i socialmente poveri – alla ripresentazione del Sacrificio redentore.

Oggi, invece, i poveri vengono defraudati della ricchezza più preziosa (la grazia che Cristo ha ottenuto per loro) e illusi con chiacchiere fumose che non cambiano nulla della loro condizione se non in peggio, facendone dei ribelli e dei disperati.

I gesuiti – quelli di un tempo – furono annientati in omaggio alla massoneria non per aver fatto rivoluzioni, ma, fra l’altro, per aver creato nelle reducciones un modello di società cristiana in cui gli Indios venivano iniziati, di pari passo con la fede, alle arti, ai mestieri e alla convivenza civile: si potrebbe desiderare di meglio in questa vita? Certo, era solo un’anticipazione dei tempi escatologici, ma intanto ci ha mostrato un modo realistico di predisporci ad essi sfuggendo al tritacarne del sistema economico attuale. Non sarà inutile rammentare che il centro propulsore di quel piccolo mondo nuovo era la santa Messa, nella quale chiunque – dalle Americhe all’Africa, all’Asia e all’Oceania – poteva sentirsi a casa propria, in quanto non impedito dalla barriera di una lingua straniera, e cantare le lodi di Dio in comunione di spirito con i cattolici di tutto il globo.


Oggi, invece, in questo rito che tutti possono “capire” verbalmente nei testi senza più comprenderne il significato, l’atto più sacro ed efficace che si possa compiere sulla terra, il più straordinario ed eccelso miracolo dell’intera storia umana è percepito come racconto di una storiella commovente, sempre che non sia tirato via in fretta e furia perché il “comizio” è durato più del consentito. Siamo in pieno spirito luterano: l’evento salvifico è ridotto a rievocazione nostalgica, a una santa Cena come appendice del sermone moralistico che, a partire da qualunque testo biblico, si incaglia ormai regolarmente sull’ecologia e sulla lotta ambientalistica…
Peccato che proprio nella Bibbia si trovi scritto che, a causa del peccato originale, l’umanità è irrimediabilmente estromessa dal paradiso terrestre, come pure, d’altronde, che l’universo intero è nella mano del Creatore, che lo dirige con la Sua provvidenza nonostante gli innumerevoli peccati degli uomini.


La vera rivoluzione è quella operata da chi osa ricordare agli altri che la causa prima di ogni male è il peccato, la cui sola soluzione è il sacrificio del Figlio di Dio, efficace per chiunque si converta sinceramente a Lui e reso presente in ogni santa Messa in cui il sacerdote intenda realmente fare ciò che fa la Chiesa. Certo, anche un rito stravolto è di per sé valido per l’autorità di chi l’ha legittimamente promulgato; ma se al suo confezionamento – non si sa peraltro con quale diritto – contribuirono dei pastori protestanti, i quali ne furono così soddisfatti da dichiararlo accetto alla loro sensibilità, si possono nutrire legittimi dubbi circa i suoi effetti sulla fede e sulla santità del Popolo di Dio. La celebrazione dell’Eucaristia non è per la fede cattolica un’evasione nell’utopia o una rassicurante parentesi di autoesaltazione, bensì il più potente atto possibile di propiziazione per i peccatori e di santificazione per i giusti.

La vera rivoluzione è quella realizzata da chi sale i gradini dell’altare ripetendo: «Introibo ad altare Dei»: mi accosto con riverenza e timore al luogo del santo Sacrificio che strappa le anime al diavolo e le restituisce all’eterno Amore, per il quale sono state create; mi presento, per quanto indegno, per essere assunto nell’unica oblazione in unione alla Vittima immacolata; mi accingo a far scaturire la sorgente di tutte le grazie per chiunque voglia attingervi a beneficio proprio e altrui. Mi offro al Salvatore come strumento e canale di quella salvezza che fa nascostamente crescere il mondo nuovo del Regno di Dio: «Così prepari la terra…» (Sal 65 [64], 10).

Non il mondo immaginario di chi sogna un’impossibile trasformazione globale della società in senso egualitaristico, ma quello reale che si sviluppa grazie ad ogni persona che abbandona il peccato e imbocca la via della virtù. La santità in questa vita e il Paradiso nell’altra: non si potrebbe desiderare di meglio.







 “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt.11,25-27) 


La morte spiegata da una bambina con cancro terminale

"Quando sarò morta, penso che la mia mamma avrà nostalgia, ma io non ho paura di morire. Non sono nata per questa vita!

enfermedad infancia

Come oncologo con 29 anni di esperienza professionale, posso affermare di essere cresciuto e cambiato a causa dei drammi vissuti dai miei pazienti. Non conosciamo la nostra reale dimensione fino a quando, in mezzo alle avversità, non scopriamo di essere capaci di andare molto più in là.

Ricordo con emozione l'Ospedale Oncologico di Pernambuco, dove ho mosso i primi passi come professionista. Ho iniziato a frequentare l'infermeria infantile e mi sono innamorato dell'oncopediatria.

Ho assistito al dramma dei miei pazienti, piccole vittime innocenti del cancro. Con la nascita della mia prima figlia, ho cominciato a sentirmi a disagio vedendo la sofferenza dei bambini. Fino al giorno in cui un angelo è passato accanto a me!

Vedo quell'angelo nelle sembianze di una bambina di 11 anni, spossata da due lunghi anni di trattamenti diversi, manipolazioni, iniezioni e tutti i problemi che comportano i programmi chimici e la radioterapia. Ma non ho mai visto cedere quel piccolo angelo. L'ho vista piangere molte volte; ho visto anche la paura nei suoi occhi, ma è umano!

Un giorno sono arrivato in ospedale presto e ho trovato il mio angioletto solo nella stanza. Ho chiesto dove fosse la sua mamma. Ancora oggi non riesco a raccontare la risposta che mi diede senza emozionarmi profondamente.

“A volte la mia mamma esce dalla stanza per piangere di nascosto in corridoio. Quando sarò morta, penso che la mia mamma avrà nostalgia, ma io non ho paura di morire. Non sono nata per questa vita!”

“Cosa rappresenta la morte per te, tesoro?”, le chiesi.

“Quando siamo piccoli, a volte andiamo a dormire nel letto dei nostri genitori e il giorno dopo ci svegliamo nel nostro letto, vero? (Mi sono ricordato delle mie figlie, che all'epoca avevano 6 e 2 anni, e con loro succedeva proprio questo)”.

“È così. Un giorno dormirò e mio Padre verrà a prendermi. Mi risveglierò in casa Sua, nella mia vera vita!”

Rimasi sbalordito, non sapendo cosa dire. Ero scioccato dalla maturità con cui la sofferenza aveva accelerato la spiritualità di quella bambina.

“E la mia mamma avrà nostalgia”, aggiunse.

Emozionato, trattenendo a stento le lacrime, chiesi: “E cos'è la nostalgia per te, tesoro?”

“La nostalgia è l'amore che rimane!”

Oggi, a 53 anni, sfido chiunque a dare una definizione migliore, più diretta e più semplice della parola “nostalgia”: è l'amore che rimane!

Il mio angioletto se ne è andato già molti anni fa, ma mi ha lasciato una grande lezione che mi ha aiutato a migliorare la mia vita, a cercare di essere più umano e più affettuoso con i miei pazienti, a ripensare ai miei valori. Quando scende la notte, se il cielo è limpido e vedo una stella la chiamo il “mio angelo”, che brilla e risplende in cielo.

Immagino che nella sua nuova ed eterna casa sia una stella folgorante.

Grazie, angioletto, per la vita che ho avuto, per le lezioni che mi hai insegnato, per l'aiuto che mi hai dato. Che bello che esista la nostalgia! L'amore che è rimasto è eterno.

(Dr. Rogério Brandão, oncologo)


[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]
sources: Pensador






[Modificato da Caterina63 09/08/2015 14:00]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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