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San Cipriano e la vera unità nella Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 04/08/2013 22:03
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31/07/2013 15:31
 
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Il grave delitto contro l’unità

19. - Imitano e seguono appunto costoro, quelli che di sprezzando la tradizione divina vanno dietro a dottrine estranee e introducono un insegnamento di invenzione umana. Il Signore li riprende e li riprova nel suo Vangelo, dicendo: «Voi rigettate il comandamento di Dio per stabilire la vostra tradizione» (Matteo 15,6). Questo delitto è più grave di quello commesso dai lapsi [2]: questi ultimi, almeno, si sottomettono a far penitenza della loro colpa e implorano la misericordia di Dio, desiderosi di una piena riparazione. Da una parte si cerca la Chiesa, la si prega; dall’altra, la si combatte. Da una parte può esserci stata una necessità; dall’altra, la volontà persiste nel peccato. Da una parte chi ha rinnegato, con ciò ha fatto del male solo a se stesso; dall’altra, chi tenta di introdurre l’eresia e lo scisma porta con sé molti altri nella caduta. Da una parte soffre danno l’anima di uno solo; dall’altra, si espongono al pericolo un mucchio di gente. È così: l’uno è cosciente d’aver peccato e se ne duole, e ne piange; l’altro s’inorgoglisce nel suo peccato e si compiace nei suoi delitti, e separa i figli dalla madre, si dà da fare per allontanare le pecore dal pastore, mette confusione nei misteri di Dio. E mentre colui che non ha confessato la sua fede ha peccato una sola volta, l’altro pecca ogni giorno. Infine, se il primo viene in seguito a subire il martirio, può ottenere le promesse del regno; il secondo, se sarà messo a morte fuori della Chiesa, non perverrà alle ricompense della Chiesa.

 

20. – Né c’è da meravigliarsi, fratelli dilettissimi, se anche tra i confessori della fede alcuni giungano a tanto; e che certi cadano in peccati estremamente turpi e gravi. infatti, la confessione non rende immuni dalle insidie del diavolo, né protegge di perpetua sicurezza contro le tentazioni e i rischi e gli attacchi e gli assalti del mondo, mentre ancora uno è in questo mondo. Altrimenti, non vedremmo mai nei confessori le frodi e gli stupri e gli adulteri, che noi, pur troppo, dobbiamo costatare in alcuni, dolendocene profondamente. Chiunque sia, colui che ha confessato pubblicamente la fede durante la persecuzione, certo non potrà dirsi migliore o maggiore o più caro a Dio di Salomone: eppure costui, se nel tempo in cui segui le vie del Signore conservò la grazia che aveva ricevuta da Dio, quando invece abbandonò la via del Signore perdette anche la grazia del Signore (1 Re 11). Perciò sta scritto: «Conserva quello che hai, perché un altro non riceva la tua corona» (Apocalisse 3,11). Ed evidentemente il Signore non ci minaccerebbe, prospettandoci la possibilità di toglierci la corona di giustizia, se allontanandoci noi dalla giustizia non si allontanasse da noi necessariamente la corona.

 

21. - La confessione della fede [3] è l’inizio della gloria, non il conseguimento della corona; non è la nostra perfetta approvazione, ma solo ci introduce alla più alta dignità. Infatti sta scritto: «Chi avrà perseverato sino alla fine, costui sarà salvo» (Matteo 10,22). Cosi, tutto ciò che si compie prima della fine è un gradino per salire ancora sino al coronamento della nostra salvezza, non è la mèta finale e il punto culminante. Uno è confessore della fede: ma dopo la confessione il pericolo si fa più grave, poiché l’avversario è più irritato contro di lui. Uno è confessore della fede: deve stare maggiormente col Vangelo del Signore, dacché per mezzo del Vangelo egli ha ottenuto gloria dal Signore. «A chi molto è dato, molto sarà richiesto; e a chi è attribuita maggior dignità, più da lui si esige servizio» (Luca 12,48). Nessuno si perda a causa dell’esempio di qualche confessore; nessuno stia a imparare, dal comportamento di qualche confessore, l’ingiustizia, l’insolenza, la perfidia. Uno è confessore: si mostri umile e pacifico, sia modesto e amante della disciplina nel suo modo di fare, affinché colui che si dice confessore di Cristo imiti il Cristo che ha confessato. E infatti, egli dice: «Chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato» (Luca 18,14); ed egli stesso fu esaltato dal Padre perché, pur essendo Verbo e virtù e sapienza di Dio Padre, umiliò se stesso in terra (Filippesi 2,6-11). Ebbene, come potrà amare l’orgoglio, lui che con la sua legge ci comandò l’umiltà, lui che per la sua umiltà ricevette dal Padre il più alto nome? Uno è confessore di Cristo: si, ma poi non sia a causa sua bestemmiata la maestà e la dignità di Cristo. La lingua che ha confessato Cristo non sia maldicente, sediziosa; non sia udita strepitare con insulti e litigi; dopo le sue parole di lode, non inietti veleno d’aspide contro i fratelli e i sacerdoti di Dio. Ma se poi costui si renderà colpevole e detestabile, se sciuperà la sua confessione convertendosi al male, se macchierà la sua vita con ignominiose turpitudini, se infine abbandonando la Chiesa in cui è divenuto confessore e spezzando la concordia e l’unità cambierà la fede di prima con la perfidia di dopo, costui non potrà certo illudersi per via della sua confessione e pensare di essere destinato al premio della gloria, poiché anzi il suo stesso privilegio costituirà per lui un più grave titolo di condanna.

 

22. - Il Signore, non aveva scelto anche Giuda tra i suoi apostoli? E tuttavia Giuda in seguito tradì il Signore. Ma non per ciò, non perché il traditore Giuda si separò dalla loro compagnia, venne meno la costanza e la fede de gli apostoli. Cosi, anche qui tra noi, non viene d’un tratto polverizzata la santità e la dignità dei confessori, per il solo fatto che è andata in frantumi la fede di alcuni. Ecco come si esprime il beato Apostolo in una sua lettera: «E che dunque? Se alcuni di essi decaddero dalla fede, forse che la loro infedeltà ha annullato la fedeltà di Dio? Non sia mai. Dio infatti è verace; ma ogni uomo è mentitore» (Romani 3,3). Il più gran numero e la miglior parte dei confessori resta nella robustezza della propria fede e nella verità della legge e della disciplina del Signore; né si separano dalla pace della Chiesa, consci che nella Chiesa hanno ottenuto la grazia dalla bontà di Dio. Ed essi si attirano maggior lode della loro fede, per questo: per essersi cioè separati dalla perfidia di coloro che un tempo ebbero compagni nella confessione, tenendosi lontani, cosi, dal contagio del delitto. Illuminati dalla luce del Vangelo, splendenti del puro fulgore del Signore, sono tanto degni di lode per aver conservato la pace di Cristo quanto per essere stati vittoriosi nella lotta contro il nemico.

 

23. - Certo io mi auguro, fratelli carissimi, e vi consiglio e vi esorto, che se possibile nessuno dei fratelli perisca, e che la madre possa con gioia stringere al suo seno, come un sol corpo, il suo popolo unito. Ma se la mia esortazione, fatta per il loro bene, non riuscirà a richiamare sulla via della salvezza coloro che si mettono a capo di scismi e fomentano la divisione, rimanendo essi nella loro cieca e ostinata follia, voialtri, però, che foste tratti in inganno in buona fede, o foste spinti al l’errore, o foste abbindolati da qualche scaltra e astuta furberia, voi scioglietevi dai lacci della menzogna, liberate dall’errore i vostri passi disorientati, apprendete la retta via che conduce al cielo. Sentite come vi esorta l’Apostolo: «Vi raccomando nel nome del Signore Gesù Cristo, che evitiate quei fratelli che si comportano secondo il loro capriccio e non secondo la tradizione che hanno ricevuta da noi» (2 Tessalonicesi 3,6). ancora: «Nessuno vi inganni con vani ragionamenti poi ché per questo piomba l’ira di Dio sui figli della disobbedienza. Non vogliate dunque associarvi a loro» (Efesini 5,6). Occorre dunque stare alla larga; o meglio, occorre fuggire dai colpevoli: e ciò perché non accada che qualcuno, unendosi a quelli che si comportano male e vanno errando per vie traverse in mezzo ai peccati, finisca per commettere egli pure gli stessi peccati deviando dal cammino della verità. Uno è Dio e uno è Cristo, una è la sua Chiesa, e una la fede, e uno il popolo strettamente congiunto dal cemento della concordia nell’unità solida di un corpo. Non può spezzarsi l’unità. Non può essere separato un unico corpo, scompaginando la sua struttura; né può essere fatto a pezzi, lacerando e strappando le sue viscere. Quel che si separa da ciò che gli comunica la vita, fuori non può più vivere e respirare, finisce per perdere la sostanza vitale.

 

L’ideale della pace e dell’unanimità

24. - Lo Spirito Santo ci avverte e ci dice: «Chi è l’uomo che vuole la vita e ama vedere giorni migliori? Trattieni la tua lingua dal male, e non sfuggano dalle tue labbra parole di frode. Schiva il male e fa’ il bene, cerca la pace e seguila» (Salmo 33,13). Deve cercare e seguire la pace, colui che è figlio di pace; deve trattenere la sua lingua dal causare il male della di visione, colui che conosce e ama il vincolo della carità. Ecco quanto ci ha lasciato il Signore, fra gli altri suoi comandamenti divini e i suoi insegnamenti salutari. Già prossimo alla passione, dice: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace» (Giovanni 14,27). Ci ha lasciato questa eredità; e tutti i doni e le ricompense da lui promessici, sono legati alla conservazione della pace. Se dunque siamo eredi di Cristo, rimaniamo nella pace di Cristo; se siamo figli di Dio, dobbiamo essere pacifici. «Beati i pacifici, — dice, — perché saranno chiamati figli di Dio» (Matteo 5,9). Sì, i figli di Dio devono essere pacifici, miti di cuore, semplici nel loro parlare, concordi nell’amore, fedelmente tra di loro uniti dai vincoli dell’unanimità.

 

25. – È  questa unanimità che esistette un tempo, sotto gli apostoli: così il popolo nuovo dei credenti mantenne la carità, custodendo i comandamenti del Signore. Lo prova la Scrittura, dove si legge: «Ora la moltitudine di quelli che avevano creduto, agiva d’una sola anima e di un sol pensiero» (Atti 4,32) e ancora: «E tutti perseveravano unanimi nella preghiera, con le donne, e Maria la madre di Gesù, e con i fratelli di lui» (Atti 1,14). E perciò pregavano con efficacia; perciò potevano ot tenere con certezza tutto ciò che chiedevano dalla misericordia di Dio.

 

26. - In mezzo a noi invece questa unanimità è compromessa, e ne è prova il fatto che è decaduta pure la generosità delle opere. Allora vendevano le case e le loro proprietà e, facendosi tesori in cielo (Matteo 6,19; Luca 12,33), offrivano il ricavato agli apostoli perché lo si distribuisse a sollievo degli indigenti (Atti 4,34). Ma ora non diamo neppure la decima del nostro patrimonio; e anzi, pur avendoci comandato il Signore di vendere (Luca 12,33) noi compriamo e ci arricchiamo. Sino a questo punto si è afflosciato in noi il vigore della fede, è andata languendo la forza dei credenti. E perciò il Signore, guardando ai nostri tempi, dice nel suo Vangelo: «Quando il Figlio dell’uomo verrà, credi che troverà fede sulla terra?» (Luca 18,8). Noi vediamo che si sta proprio avverando ciò che egli ha predetto. Non si crede più che bisogna avere il timor di Dio, che c’è una legge di giustizia, non si crede nell’amore, nelle opere. Nessuno pensa con timore alle cose future, nessuno considera il giorno del Signore e l’ira di Dio e i supplizi riservati agli increduli e gli eterni tormenti cui sono destinati i perfidi. La nostra coscienza le temerebbe, tutte queste cose, se credesse; ma poiché non crede, non le teme minima mente. Se invece le credesse, se ne guarderebbe, e guardando sene le eviterebbe.

 

27. - Svegliamoci il più possibile, fratelli carissimi (Romani 13,11). E scuotendoci dal sonno dell’inveterata inerzia, vegliamo nell’osservanza e nella pratica dei precetti del Signore. Siamo tali, quali egli ci ha prescritto di essere col dire: «Siano cinti i vostri fianchi, e accese le vostre lampade; e voi siate simili a uomini che attendono il loro padrone quando torni da nozze, per aprirgli appena viene e picchia alla porta: beati quei servi che il padrone, al suo arrivo, troverà vigilanti» (Luca 12,35). Bisogna esser cinti, perché quando sopravverrà il giorno della partenza, esso non ci trovi impacciati e impigliati. La nostra lampada deve stare accesa e risplendere nelle buone opere, affinché lui dalla notte di questo mondo ci conduca alla luce dello splendore eterno. Attendiamo, sempre pronti e prudenti, l’avvento del Signore che sarà improvviso: così, quando egli busserà, la nostra fede sarà sveglia e riceverà dal Signore il premio della vigilanza. Se osserveremo questi comandi, se riterremo questi ammonimenti e precetti, non saremo come dormienti che il diavolo potrà trarre in inganno: saremo, al contrario, servi vigili; e regneremo col Cristo regnante.

 



[1] A questo punto, secondo alcuni testimoni, il testo di Cipriano proseguirebbe così: [E dopo la risurrezione, gli dice: “Pasci le mie pecore” (Giovanni 21,17). Sopra uno solo edifica la Chiesa e a lui comanda di pascere le sue pecore. E benché dia a tutti un’uguale potestà, tuttavia costituisce una sola cattedra e stabilisce con l’autorità della sua parola l’origine dell’unità. Anche gli altri apostoli erano certo ciò che era Pietro, ma il primato fu dato a Pietro sicché si mostrasse una sola Chiesa ed una sola cattedra. E tutti sono pastori, ma ne risulta un solo gregge, perché tutti gli apostoli lo pascolano con unanime accordo. Chi non conserverà questa unità, raccomandata anche da Paolo, crederà forse di conservare la fede? Chi abbandonerà la cattedra di Pietro, sulla quale è fondata la Chiesa, penserà di essere ancora nella Chiesa?]

 

[2] Lapsi erano coloro che avevano rinnegato la propria fede durante le persecuzioni.

 

[3] Confessori della fede erano coloro che avevano affrontato coraggiosamente il martirio ma - per caso, per fortuna o per grazia - erano poi sopravvissuti. Godevano di enorme prestigio morale e spirituale nella comunità cristiana. Alcuni erano stimati come vescovi e li affiancavano nella guida della chiesa, mentre altri -montati in superbia- non esitavano ad introdurre divisioni, eresie e scismi.


[SM=g1740733]



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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