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San Giovanni Bosco sul Sacramento della Confessione

Ultimo Aggiornamento: 06/08/2013 21:26
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06/08/2013 21:12
 
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VIII. La confessione praticata presso ai gentili.

 

            A. Mi pare che vogliate partire.

            C. Vedo che si avvicina la notte, e temo {65 [209]} di avervi già forse troppo trattenuti col mio ragionamento.

            A. Avete cominciata l'impresa e dovete finirla. Vi lasciaste sfuggire alcune espressioni che mi paiono nuove. Diceste la confessione essere stata praticata dai gentili e dagli ebrei. Questa è una novità che mi sorprende.

            C. Se così vi piace, mi tratterrò ancora alquanto per appagarvi in questi vostri desideri. Per farvi comprendere come la confessione sia anche stata praticata presso ai gentili è bene riflettere che l'uomo, essendo da Dio creato per la virtù, prova grande soddisfazione quando pratica il bene; inoltre ha una coscienza che lo accompagna ovunque, e gli fa sentire i più vivi rimorsi, quando opera male, ed agisce contro alla legge della giustizia. L'uomo agitato dal rimorso della colpa conosce di aver offeso il Creatore, e l'unico conforto per lui si è un amico cui possa palesare i segreti del suo cuore per avere gli opportuni consigli, e così riconciliarsi colla Suprema Divina Maestà.

            Il bisogno pertanto di manifestare le cose che amareggiano il nostro cuore è naturale all'uomo, perciò è cosa naturale {66 [210]} agli stessi pagani la pratica della confessione.

            A. Questo appunto desidero di sapere, perciocché non mi ricordo di aver letto che qualcuno degli antichi filosofi ed oratori siansi confessati.

            C. Nei vostri studi avrete certamente osservato che per certi peccati si facevano pubbliche emendazioni e pubblici sacrifizi.

            A. Mi ricordo d'aver ciò letto degli antichi Romani, dei Greci e di altri popoli, ma questo non è confessione.

            C. A che tendevano quei riti e quei sacrifizi?

            A. Per espiare i loro peccati e placare lo sdegno degli dei.

            C. Quel mezzo di espiazione con cui palesavano i peccati non si può forse chiamare confessione che ha molta analogia con quella dei cristiani? Per esempio leggiamo presso i più antichi scrittori (come Erodoto, Omero, Virgilio) che dai tempi più remoti i Galli, ora Francesi, i Britanni, ora Inglesi, gli Italiani, i Greci, gli Egiziani, commesso appena un delitto, avevano obbligazione di fare alle loro divinità un sagrifizio piccolo o grande secondo la specie e la gravità del peccato. {67 [211]}

            Tale sagrifizio doveva compiersi per mano dei sacerdoti chiedendo umile perdono. Ovidio dice esplicitamente: I nostri antenati hanno sempre creduto che per mezzo detta purgazione ossia confessione potevasi cancellare ogni peccato ed ogni cagione di male:

            Omne nefas, omnemque mali purgamine causam

            Credebant nostri tollere posse senes.

 

Fastor. lib. II.

 

            A. Forsechè si danno esempi d'uomini gentili che siansi confessati?

            C. Se ne danno moltissimi. Racconta Plutarco del filosofo Pitagora, come egli non ammettesse alcun allievo nella sua scuola, se prima non facevagli una generale confessione di tutta la vita passata. Si legge pure che un certo Lisandro essendo andato a consultare un oracolo, che era una divinità dei gentili, il sacerdote che aveva cura del tempio gli comandò di confessare tultte le ingiustizie che egli aveva commesso nelle sue azioni. Al che rispose Lisandro: È questo ordine tuo, oppure ordine degli Dei? Soggiunse il sacerdote: Tale è l'ordine degli Dei. Il medesimo Plutarco riferisce altrove, che {68 [212]} un uomo volendo iniziarsi nei misteri sacerdotali fu obbligato dal sacerdote a fare la confessione dei peccati suoi.

            Se poi vogliamo fatti più recenti, li abbiamo nelle relazioni dei missionari. Raccontano essi che quei popoli, ignari affatto del cristianesimo, quando qualche misfatto aggrava loro la coscienza, vanno dai loro magi per confessare i loro peccati, e così consigliarsi sul modo di placare lo sdegno degli dei.

            A. Mi riescono veramente curiosi questi fatti: qualche cosa aveva già letto anch'io, ma non ci badava. Si vede proprio che i gentili avevano la confessione. Ma con queste loro confessioni potevano forse ottenere il perdono dei peccati?

            C. Con queste loro confessioni i gentili si credevano di ottenere il perdono dei peccati; ma la sbagliavano in ciò che i loro peccati oltraggiavano Iddio Creatore e supremo Signore, ed eglino chiedevano perdono alle loro divinità, le quali altro non erano che misere statue fatte dalle mani degli uomini. Perciò la loro confessione non poteva ottenere il perdono dei peccati. Tuttavia tali fatti dimostrano, che i gentili, o guidati dal solo lume della ragione o che abbiano tra di {69 [213]} loro conservato un piccolo raggio della rivelazione fatta ai loro padri, erano persuasi che gli uomini colla confessione avrebbero potuto ottenere il perdono dei peccati. Pertanto nella confessione dei pagani noi rileviamo due importanti verità: una profonda venerazione di tutti i popoli verso le persone consacrate al divin culto, cioè i sacerdoti; una costante persuasione che i sacerdoti fossero mediatori tra Dio e gli uomini, e che confessando loro le proprie colpe, gli uomini venissero riconciliati con Dio.

 

 

IX. La confessione praticata presso agli ebrei.

 

            A. Se la Confessione dei Gentili era cosa naturale fra gli uomini, pare che avrebbe dovuto essere maggiormente praticata presso agli Ebrei, i quali avevano i libri sacri contenenti la divina Rivelazione. Ma io non mi ricordo di aver letto in tutta la Bibbia che qualche ebreo o qualche giudeo siasi confessato.

            C. Forse voi, Andrea, avrete semplicemente letto qualche compendio della Storia Sacra; ma se leggeste il testo della Bibbia, {70 [214]} trovereste la confessione praticata presso agli Ebrei con assai più di vantaggio che non appresso ai Gentili. Questo apparisce dai sagrifizi che si facevano in pubblico in espiazione dei peccati commessi. (Vedi Bellarmino della penit. cap. 3).

            A. Ci sono riti, cerimonie, sagrifizi, espiazioni, lo so; ma credo che non si parli di confessione.

            C. Si parla propriamente di confessione. Aprite la Bibbia, leggete nel libro del Levitico cap. IV: colà troverete che Mosè dopo aver numerato parecchi casi in cui l'uomo avrebbe potuto peccare, dice queste precise parole: accadrà che taluno del popolo peccherà in alcuni di questi casi, e allora confesserà sopra di che ha mancato, ed offrirà il sacrifizio della sua colpa al Signore, e per opera del Sacerdote sarà mondato dal suo peccato.

            Nel libro de' Proverbi leggiamo che: chi nasconde i suoi peccati, non avrà bene, ma chi li confessa e li abbandona, otterrà misericordia; cap. XXVIII, v. 13.

            Potrei addurvi altri testi della Bibbia, ma questi mi paiono tanto chiari, che giudico inutile il riferirne di più.

            A. Non pare forse che le parole accennate vogliano significare la confessione da farsi {71 [215]} a Dio, piuttosto che quella da farsi al sacerdote?

            C. Troppo chiare mi sembrano queste parole: per opera del sacerdote sarà mondato dal suo peccato. Essere mondato per opera del sacerdote viene a significare due cose: che gli Ebrei confessavano i loro peccati ad un sacerdote, e che erano eziandio persuasi che il sacerdote fosse mediatore tra Dio e gli uomini, autorizzato ad ottenere loro da Dio medesimo il perdono.

            A. Se si fosse praticata la confessione presso agli Ebrei antichi, parmi che si praticherebbe ancora oggidì; ma io credo che presentemente niuno degli Ebrei vada a confessarsi.

            C. Fino alla venuta del Messia gli Ebrei praticarono la confessione nel modo accennato. Ma dopo la venuta dei Messia, quando al Pontefice della legge antica sottentrò il Pontefice eterno, il Figlio di Dio vivo, il Salvator nostro G. C. e stabilì una nuova Chiesa; quando, dico, gli Ebrei senza Pontefice, senza capo, vennero dispersi per le varie parti del mondo, allora caddero in moltissimi e madornali errori in fatto di religione, e segnatamente intorno alle cose che riguardano alla confessione. Tuttavia gli Ebrei dei nostri {72 [216]} tempi conservano ancora una specie di confessione sebbene ridicola.

            A. Diteci come si confessano gli Ebrei d'oggidì.

            C. Gli Ebrei de' nostri tempi quando si accorgono di essere colpevoli di qualche delitto, pensano di riconciliarsi con Dio con una preghiera, confessandosi in un angolo della sinagoga o delle proprie case, esclusa la presenza del sacerdote. Così quel popolo mentre conserva ancora i libri che contengono il precetto di confessare i peccati al sacerdote, affinchè per opera di Lui vengano rimessi, egli appoggiato alle strane favole di un libro che chiamano Talmud, trascura la parola di Dio per seguire i capricci degli uomini.

            Debbo però farvi notare che i più dotti Rabbini antichi e moderni vanno d'accordo sul precetto della Confessione, da farsi al sacerdote, tale quale fu comandata da Mosè. Sentite ciò che dice un dotto Rabbino di nome Maimonide accreditatissimo fra gli Ebrei. Chiunque avrà trasgredito i comandamenti della santa legge o per errore o per presunzione, allorchè pentito si convertirà del suo peccato è tenuto di fare la confessione. Chiunque farà l'offerta pel peccato commesso per {73 [217]} ignoranza o per malizia non otterrà il perdono della colpa fintanto che non abbia fatto la confessione orale. E chiunque è reo di morte, o condannato dal sinedrio (dal senato) alla flagellazione, non si rimette il peccato colla morte o colla flagellazione, se il penitente non fa la confessione. Così quel Rabbino interpreta le parole del Levitico da noi sopra riferite. (V. cap. 1, della Tesvuà.)

            Vi ho parlato volentieri della confessione praticata dagli antichi Pagani e dagli Ebrei, perchè così potrete sempre più notare l'ignoranza di coloro che dicono, la confessione essere stata un'invenzione introdotta nella Chiesa cattolica. Noi diciamo pertanto la confessione essere stata praticata in tutta l'antichità, specialmente presso agli Ebrei. Però la legge antica essendo una figura di quanto dovea compiersi alla venuta del Messia, era perciò riserbato a G. C. l'innalzare la confessione alla dignità di Sacramento; col quale Sacramento applicando alle anime nostre i meriti della sua passione e morte, ci ha somministrato un mezzo assai facile per ottenere il perdono dei peccati e conseguire la vita eterna. {74 [218]}

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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