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Omelie del Papa nella Messa delle 7 del mattino a Santa Marta (2)

Ultimo Aggiornamento: 31/01/2015 14:14
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10/09/2013 08:38
 
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Il Papa: la speranza cristiana non è ottimismo, è molto di più, è Gesù



La virtù della speranza – forse meno conosciuta di quella della fede e della carità – non va mai confusa con l’ottimismo umano, che è un atteggiamento più umorale. Per un cristiano, la speranza è Gesù in persona, è la sua forza di liberare e rifare nuova ogni vita. Lo ha affermato lunedì mattina, 9 settembre Papa Francesco all’omelia della Messa presieduta presso Casa Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

La speranza è “un dono” di Gesù, la speranza è Gesù stesso, ha il suo “nome”. Speranza non è quella di chi di solito guarda al “bicchiere mezzo pieno”: quello è semplicemente “ottimismo”, e “l’ottimismo è un atteggiamento umano che dipende da tante cose”. L’omelia mattutina di Papa Francesco si impernia all’inizio su questa distinzione. Lo spunto viene dalla Lettera nella quale Paolo scrive ai Colossesi “Cristo in voi, speranza della gloria”. Eppure, obietta il Papa, “la speranza è una virtù di ‘seconda classe’”, la “virtù umile” se paragonata alle più citate fede e carità. Per questo può accadere che sia confusa con un sereno buon umore:

“Ma la speranza è un’altra cosa, non è ottimismo. La speranza è un dono, è un regalo dello Spirito Santo e per questo Paolo dirà: ‘Mai delude’. La speranza mai delude, perché? Perché è un dono che ci ha dato lo Spirito Santo. Ma Paolo ci dice che la speranza ha un nome. La speranza è Gesù. Non possiamo dire: 'Io ho speranza nella vita, ho speranza in Dio', no: se tu non dici: 'Ho speranza in Gesù, in Gesù Cristo, Persona viva, che adesso viene nell’Eucaristia, che è presente nella sua Parola', quella non è speranza. E’ buon umore, ottimismo…”.

Dal Vangelo, Papa Francesco prende poi il secondo spunto del giorno. L’episodio è quello in cui Gesù guarisce di sabato la mano paralizzata di un uomo, suscitando la riprovazione di scribi e farisei. Col suo miracolo, osserva il Papa, Gesù libera la mano dalla malattia e dimostra “ai rigidi” che la loro “non è la strada della libertà”. “Libertà e speranza vanno insieme: dove non c’è speranza non può esserci libertà”, afferma Papa Francesco. Che soggiunge: “Gesù libera dalla malattia, dal rigore e dalla mano paralizzata quest’uomo, rifà la vita di questi due, la fa di nuovo”:

“Gesù, la speranza, rifà tutto. E’ un miracolo costante. Non solo ha fatto miracoli di guarigione, tante cose: quelli erano soltanto segni, segnali di quello che sta facendo adesso, nella Chiesa. Il miracolo di rifare tutto: quello che fa nella mia vita, nella tua vita, nella nostra vita. Rifare. E questo che rifà Lui è proprio il motivo della nostra speranza. E’ Cristo che rifà tutte le cose più meravigliosamente della Creazione, è il motivo della nostra speranza. E questa speranza non delude, perché Lui è fedele. Non può rinnegare se stesso. Questa è la virtù della speranza”.

E qui, Papa Francesco rivolge uno sguardo in particolare ai sacerdoti. “È un po’ triste – ammette quando uno trova un prete senza speranza”, mentre è bello trovarne uno che arriva alla fine della vita “non con l’ottimismo ma con la speranza”. “Questo prete – continua – è attaccato a Gesù Cristo, e il popolo di Dio ha bisogno che noi preti diamo questo segno di speranza, viviamo questa speranza in Gesù che rifà tutto”:

“Il Signore che è la speranza della gloria, che è il centro, che è la totalità, ci aiuti in questa strada: dare speranza, avere passione per la speranza. E, come ho detto, non sempre è ottimismo ma è quella che la Madonna, nel Suo cuore, ha avuto nel buio più grande: la sera del Venerdì fino alla prima mattina della Domenica. Quella speranza: Lei l’aveva. E quella speranza ha rifatto tutto. Che il Signore ci dia questa grazia”.



del sito Radio Vaticana 


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Il Papa: no ad atteggiamenti trionfalistici nella Chiesa, annunciare Gesù senza timore e vergogna



I cristiani sono chiamati ad annunciare Gesù senza timore, senza vergogna e senza trionfalismo. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani 10 settembre, alla Casa Santa Marta. Il Papa ha messo l’accento sul rischio di diventare cristiani senza Risurrezione e ha ribadito che Cristo è sempre il centro e la speranza della nostra vita. Il servizio di Alessandro Gisotti:RealAudioMP3

Gesù è il Vincitore, Colui che ha vinto sulla morte e sul peccato. Papa Francesco ha svolto la sua omelia prendendo spunto dalle parole su Gesù nella Lettera di San Paolo ai Colossesi. A tutti noi, ha detto il Papa, San Paolo consiglia di camminare con Gesù “perché Lui ha vinto, camminare in Lui radicati e costruiti su di Lui, su questa vittoria, saldi nella fede”. Questo è il punto chiave, ha ribadito: “Gesù è risorto!”. Ma, ha proseguito, non è sempre facile capirlo. Il Papa ricorda, per esempio, che quando San Paolo si rivolse ai greci ad Atene venne ascoltato con interesse fino a quando parlò di Risurrezione. “Questo ci fa paura, meglio lasciarla lì”. Un episodio che ci interroga anche oggi:

“Ci sono tanti cristiani senza Risurrezione, cristiani senza il Cristo Risorto: accompagnano Gesù fino alla tomba, piangono, gli vogliono tanto bene, ma fino a lì. Pensando a questo atteggiamento dei cristiani senza il Cristo Risorto, io ne ho trovati tre, ma ce ne sono tanti: i timorosi, i cristiani timorosi; i vergognosi, quelli che hanno vergogna; e i trionfalistici. Questi tre non si sono incontrati col Cristo Risorto! I timorosi: sono quelli della mattina della Resurrezione, quelli di Emmaus che se ne vanno, hanno paura”.

Gli Apostoli, ha rammentato il Papa, si chiudono nel Cenacolo per timore dei giudei, anche la Maddalena piange perché hanno portato via il Corpo del Signore. “I timorosi – ha ammonito – sono così: temono di pensare alla Resurrezione”. E’ come, ha osservato, se rimanessero “nella prima parte della partitura”, “abbiamo timore del Risorto”.
Ci sono poi i cristiani vergognosi. “Confessare che Cristo è risorto – ha constatato – dà un po’ di vergogna in questo mondo” che “va tanto avanti nelle scienze”. A questi cristiani, ha detto, Paolo dice di fare attenzione che nessuno li faccia preda con la filosofia e con i vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana. Questi, ha detto, “hanno vergogna” di dire che “Cristo, con la sua carne, con le sue piaghe è risorto”.
C’è infine il gruppo dei cristiani che “nel loro intimo non credono nel Risorto e vogliono fare loro una risurrezione più maestosa di quella” vera. Sono i cristiani “trionfalistici”:

“Non sanno la parola ‘trionfo’, soltanto dicono ‘trionfalismo’, perché hanno come un complesso di inferiorità e vogliono fare… Quando noi guardiamo questi cristiani, con tanti atteggiamenti trionfalistici, nella loro vita, nei loro discorsi e nelle loro pastorale, nella Liturgia, tante cose così, è perché nel più intimo non credono profondamente nel Risorto. E Lui è il Vincitore, il Risorto. E poi ha vinto. Per questo, senza timore, senza paura, senza trionfalismo, semplicemente guardando il Signore Risorto, la sua bellezza, anche mettere le dita nelle piaghe e la mano nel fianco”.

“Questo – ha soggiunto – è il messaggio che oggi Paolo ci dà”: Cristo “è tutto”, è la totalità e la speranza, “perché è lo Sposo, il Vincitore”. Il Vangelo odierno, ha detto ancora, ci mostra una folla di gente che va ad ascoltare Gesù e ci sono anche tanti malati che cercano di toccarlo, perché da Lui “usciva una forza che guariva tutti”:

“La nostra fede, la fede nel Risorto: quello vince il mondo! Andiamo verso di Lui e lasciamoci, come questi malati, toccare da Lui, dalla sua forza, perché Lui è con le ossa e con la carne, non è un’idea spirituale che va… Lui è vivo. E’ proprio Risorto. E così ha vinto il mondo. Che il Signore ci dia la grazia di capire e vivere queste cose”.



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Se vuoi amare il nemico contempla la Passione di Gesù e la dolcezza di Maria: così il Papa a Santa Marta



“L’umanità sofferente” di Gesù e la “dolcezza” di Maria. Sono i due “poli” cui deve guardare il cristiano per riuscire a vivere ciò che il Vangelo chiede. Papa Francesco lo ha affermato all’omelia della Messa di giovedì mattina 12 settembre, Memoria del Nome Santissimo di Maria presieduta nella Casa Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

Il Vangelo è esigente, chiede “cose forti” a un cristiano: capacità di perdonare, magnanimità, amore per i nemici… C’è un solo modo per riuscire a metterle in pratica: “contemplare la Passione, l’umanità di Gesù” e imitare il comportamento di sua Madre. E proprio alla Madonna, di cui oggi la Chiesa ricorda il “Santo Nome”, Papa Francesco ha dedicato il primo pensiero dell’omelia. Una volta, ha detto, la festa odierna era detta del “dolce Nome di Maria”. Poi, la definizione è cambiata, “ma nella preghiera – ha osservato – è rimasta questa dolcezza del suo nome”:

“Ne abbiamo bisogno, di dolcezza, oggi, dalla Madonna, per capire queste cose che Gesù ci chiede, no? Perché questo è un elenco non facile da vivere. Amate i nemici, fate il bene, prestate senza sperare nulla… A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra, a chi ti strappa il mantello non rifiutare anche la tunica … Ma, sono cose forti, no? Ma tutto questo, a suo modo, è stato vissuto dalla Madonna: è la grazia della mansuetudine, la grazia della mitezza”.

Anche S. Paolo, nella Lettera ai Colossesi della liturgia del giorno, invita i cristiani a rivestirsi di “sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine”, di sopportazione e perdono reciproco. E qui, ha commentato Papa Francesco, “la nostra domanda viene subito: ma, come posso fare questo? Come mi preparo per far questo? Cosa devo studiare per fare questo?”. La risposta, ha affermato il Papa, “è chiara”: “Noi, con il nostro sforzo, non possiamo farlo. Noi non possiamo fare questo. Soltanto una grazia può farlo in noi”. E questa grazia, ha soggiunto, passa per una strada precisa:

“Pensare a Gesù soltanto. Se il nostro cuore, se la nostra mente è con Gesù, il trionfatore, quello che ha vinto la morte, il peccato, il demonio, tutto, possiamo fare questo che ci chiede lo stesso Gesù e che ci chiede l’Apostolo Paolo: la mitezza, l’umiltà, la bontà, la tenerezza, la mansuetudine, la magnanimità. Se non guardiamo Gesù, se non siamo con Gesù non possiamo fare questo. E’ una grazia: è la grazia che viene dalla contemplazione di Gesù”.

In particolare, ha proseguito Papa Francesco, c’è un aspetto particolare della vita di Gesù cui deve rivolgersi la contemplazione del cristiano: la sua Passione, la sua “umanità sofferente”. “E’ così – ha ripetuto con insistenza – dalla contemplazione di Gesù, della nostra vita nascosta con Gesù in Dio, possiamo portare avanti questi atteggiamenti, queste virtù che il Signore ci chiede. Non c’è un’altra strada”:

“Pensare al suo silenzio mite: questo sarà il tuo sforzo. Lui farà il resto. Lui farà tutto quello che manca. Ma devi fare quello: nascondere la tua vita in Dio con Cristo. Questo si fa con la contemplazione dell’umanità di Gesù, dell’umanità sofferente. Non c’è un’altra strada: non ce n’è. E’ l’unica. Per essere buoni cristiani, contemplare l’umanità di Gesù e l’umanità sofferente. Per dare testimonianza, per poter dare questa testimonianza, quello. Per perdonare, contempla Gesù sofferente. Per non odiare il prossimo, contempla Gesù sofferente. Per non chiacchierare contro il prossimo, contempla Gesù sofferente. L’unico. Nascondi la tua vita con Cristo in Dio: questo è il consiglio che ci dà l’Apostolo. E’ il consiglio per diventare umili, miti e buoni, magnanimi, teneri”.






[Modificato da Caterina63 13/09/2013 11:09]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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