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Omelie del Papa nella Messa delle 7 del mattino a Santa Marta (2)

Ultimo Aggiornamento: 31/01/2015 14:14
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02/12/2013 14:38
 
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  Papa Francesco: Natale è lasciarsi incontrare da Gesù col cuore aperto perché ci rinnovi la vita



Prepararsi al Natale con la preghiera, la carità e la lode: con un cuore aperto a lasciarsi incontrare dal Signore che tutto rinnova: è l'invito lanciato da Papa Francesco nella Messa presieduta a Santa Marta in questo primo lunedì, 2 dicembre, del Tempo di Avvento. Ce ne parla Sergio Centofanti:RealAudioMP3 

Commentando il passo del Vangelo del giorno in cui il centurione romano chiede con grande fede a Gesù la guarigione del servo, il Papa ha ricordato che in questi giorni “cominciamo un nuovo cammino”, un “cammino di Chiesa … verso il Natale”. Andiamo incontro al Signore, “perché il Natale – ha precisato - non è soltanto una ricorrenza temporale oppure un ricordo di una cosa bella”:

“Il Natale è di più: noi andiamo per questa strada per incontrare il Signore. Il Natale è un incontro! E camminiamo per incontrarlo: incontrarlo col cuore, con la vita; incontrarlo vivente, come Lui è; incontrarlo con fede. E non è facile vivere con la fede. Il Signore, nella parola che abbiamo ascoltato, si meravigliò di questo centurione: si meravigliò della fede che lui aveva. Lui aveva fatto un cammino per incontrare il Signore, ma lo aveva fatto con fede. Per questo non solo lui ha incontrato il Signore, ma ha sentito la gioia di essere incontrato dal Signore. E questo è proprio l’incontro che noi vogliamo: l’incontro della fede!”.

E più che essere noi ad incontrare il Signore – sottolinea il Papa – è importante “lasciarci incontrare da Lui”:

“Quando noi soltanto incontriamo il Signore, siamo noi - fra virgolette, diciamolo - i padroni di questo incontro; ma quando noi ci lasciamo incontrare da Lui, è Lui che entra dentro di noi, è Lui che ci rifà tutto di nuovo, perché questa è la venuta, quello che significa quando viene il Cristo: rifare tutto di nuovo, rifare il cuore, l’anima, la vita, la speranza, il cammino. Noi siamo in cammino con fede, con la fede di questo centurione, per incontrare il Signore e principalmente per lasciarci incontrare da Lui!”.

Ma occorre il cuore aperto:

“Cuore aperto, perché Lui incontri me! E mi dica quello che Lui vuol dirmi, che non sempre è quello che io voglio che mi dica! Lui è il Signore e Lui mi dirà quello ha per me, perché il Signore non ci guarda tutti insieme, come una massa. No, no! Ci guarda ognuno in faccia, negli occhi, perché l’amore non è un amore così, astratto: è amore concreto! Da persona a persona: il Signore, persona, guarda me, persona. Lasciarci incontrare dal Signore è proprio questo: lasciarci amare dal Signore!”. 

In questo cammino verso il Natale – ha concluso il Papa – ci aiutano alcuni atteggiamenti: “la perseveranza nella preghiera, pregare di più; l’operosità nella carità fraterna, avvicinarci un po’ di più a quelli che hanno bisogno; e la gioia nella lode del Signore”. Dunque: “la preghiera, la carità e la lode”, con il cuore aperto “perché il Signore ci incontri”.





Il Papa: impensabile una Chiesa senza gioia, annunciare Cristo col sorriso



La Chiesa deve essere sempre gioiosa come Gesù. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani, 3 dicembre, alla Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che la Chiesa è chiamata a trasmettere la gioia del Signore ai suoi figli, una gioia che dona la vera pace. Il servizio di Alessandro GisottiRealAudioMP3 

Pace e gioia. Papa Francesco ha svolto la sua omelia soffermandosi su questo binomio. Nella prima Lettura tratta dal Libro di Isaia, ha osservato, scorgiamo il desiderio di pace che tutti abbiamo. Una pace che, dice Isaia, ci porterà il Messia. Nel Vangelo, invece, “possiamo intravedere un po’ l’anima di Gesù, il cuore di Gesù: un cuore gioioso”:

“Noi pensiamo sempre a Gesù quando predicava, quando guariva, quando camminava, andava per le strade, anche durante l’Ultima Cena… Ma non siamo tanto abituati a pensare a Gesù sorridente, gioioso. Gesù era pieno di gioia: pieno di gioia. In quella intimità con suo Padre: ‘Esultò di gioia nello Spirito Santo e lodò il Padre’. E’ proprio il mistero interno di Gesù, quel rapporto con il Padre nello Spirito. E’ la sua gioia interna, la sua gioia interiore che Lui dà a noi”. 

“E questa gioia – ha osservato – è la vera pace: non è una pace statica, quieta, tranquilla”. No, “la pace cristiana è una pace gioiosa, perché il nostro Signore è gioioso”. E, anche, è gioioso “quando parla del Padre: ama tanto il Padre che non può parlare del Padre senza gioia”. Il nostro Dio, ha ribadito, “è gioioso”. E Gesù “ha voluto che la sua sposa, la Chiesa, anche lei fosse gioiosa”: 

“Non si può pensare una Chiesa senza gioia e la gioia della Chiesa è proprio questo: annunciare il nome di Gesù. Dire: ‘Lui è il Signore. Il mio sposo è il Signore. E’ Dio. Lui ci salva, Lui cammina con noi’. E quella è la gioia della Chiesa, che in questa gioia di sposa diventa madre. Paolo VI diceva: la gioia della Chiesa è proprio evangelizzare, andare avanti e parlare del suo Sposo. E anche trasmettere questa gioia ai figli che lei fa nascere, che lei fa crescere”. 

E così, ha soggiunto, contempliamo che la pace di cui ci parla Isaia “è una pace che si muove tanto, è una pace di gioia, una pace di lode”, una pace che possiamo dire “rumorosa, nella lode, una pace feconda nella maternità di nuovi figli”. Una pace, ha detto ancora Papa Francesco, “che viene proprio nella gioia della lode alla Trinità e della evangelizzazione, di andare ai popoli a dire chi è Gesù”. “Pace e gioia”, ha ribadito. E ha messo l’accento su quello che dice Gesù, “una dichiarazione dogmatica”, quando afferma: “Tu hai deciso così, di rivelarti non ai sapienti ma ai piccoli”:

“Anche nelle cose tanto serie, come questa, Gesù è gioioso, la Chiesa è gioiosa. Deve essere gioiosa. Anche nella sua vedovanza - perché la Chiesa ha una parte di vedova che aspetta il suo sposo che torni - anche nella sua vedovanza, la Chiesa è gioiosa nella speranza. Il Signore ci dia a tutti noi questa gioia, questa gioia di Gesù, lodando il Padre nello Spirito. Questa gioia della nostra madre Chiesa nell’evangelizzare, nell’annunziare il suo Sposo”.









Papa Francesco: ascoltare e non mettere in pratica la Parola di Dio non solo non serve ma fa anche male



Chi pronuncia parole cristiane senza Cristo, cioè senza metterle in pratica, fa male a se stesso e agli altri, perché è vinto dall’orgoglio e causa divisione, anche nella Chiesa: è questo, in sintesi, quanto ha affermato Papa Francesco, stamani, durante la Messa presieduta nella Cappella di Santa Marta stamani il 5 dicembre. Il servizio diSergio Centofanti:RealAudioMP3 

Ascoltare e mettere in pratica la parola del Signore è come costruire la casa sulla roccia. Papa Francesco spiega la parabola evangelica proposta dalla liturgia del giorno. Gesù rimproverava i farisei di conoscere i comandamenti ma di non realizzarli nella loro vita: “sono parole buone”, ma se non sono messe in pratica “non solo non servono, ma fanno male: ci ingannano, ci fanno credere che noi abbiamo una bella casa, ma senza fondamenta”. Una casa che non è costruita sulla roccia:

“Questa figura della roccia si riferisce al Signore. Isaia, nella Prima Lettura, lo dice: ‘Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna!’. La roccia è Gesù Cristo! La roccia è il Signore! Una parola è forte, dà vita, può andare avanti, può tollerare tutti gli attacchi, se questa parola ha le sue radici in Gesù Cristo. Una parola cristiana che non ha le sue radici vitali, nella vita di una persona, in Gesù Cristo, è una parola cristiana senza Cristo! E le parole cristiane senza Cristo ingannano, fanno male! Uno scrittore inglese, una volta, parlando delle eresie diceva che un’eresia è una verità, una parola, una verità, che è diventata pazza. Quando le parole cristiane sono senza Cristo incominciano ad andare sul cammino della pazzia”. 

E una pazzia – spiega il Papa - che fa diventare superbi: 

“Una parola cristiana senza Cristo ti porta alla vanità, alla sicurezza di te stesso, all’orgoglio, al potere per il potere. E il Signore abbatte queste persone. Questa è una costante nella storia della Salvezza. Lo dice Anna, la mamma di Samuele; lo dice Maria nel Magnificat: il Signore abbatte la vanità, l’orgoglio di quelle persone che si credono di essere roccia. Queste persone che soltanto vanno dietro una parola, ma senza Gesù Cristo: una parola cristiana pure, ma senza Gesù Cristo, senza il rapporto con Gesù Cristo, senza la preghiera con Gesù Cristo, senza il servizio a Gesù Cristo, senza l’amore a Gesù Cristo. Questo è quello che il Signore oggi ci dice: di costruire la nostra vita su questa roccia e la roccia è Lui”.

“Ci farà bene fare un esame di coscienza – afferma il Papa - per capire “come sono le nostre parole”, se sono parole “che credono di essere potenti”, capaci “di darci la salvezza”, o se “sono parole con Gesù Cristo”: 

“Mi riferisco alle parole cristiane, perché quando non c’è Gesù Cristo anche questo ci divide fra di noi, fa la divisione nella Chiesa. Chiedere al Signore la grazia di aiutarci in questa umiltà, che dobbiamo avere sempre, di dire parole cristiane in Gesù Cristo, non senza Gesù Cristo. Con questa umiltà di essere discepoli salvati e di andare avanti non con parole che, per credersi potenti, finiscono nella pazzia della vanità, nella pazzia dell’orgoglio. Che il Signore ci dia questa grazia dell’umiltà di dire parole con Gesù Cristo, fondate su Gesù Cristo!”.









Il Papa: pregare è dare “fastidio” a Dio perché ci ascolti, sempre sicuri del suo intervento



Pregare con insistenza e con la certezza che Dio ascolterà la nostra preghiera. Su questo aspetto ha riflettuto Papa Francesco nell’omelia della Messa celebrata questa mattina 6 dicembre in Casa Santa Marta. La preghiera, ha affermato, il Papa ha due atteggiamenti: è “bisognosa” e allo stesso tempo è “sicura” del fatto che Dio, nei suoi tempi e nei suoi modi, esaudirà il bisogno. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3 

La preghiera, quando è cristiana sul serio, oscilla tra il bisogno che sempre contiene e la certezza di essere esaudita, anche se non si sa con esattezza quando. Questo perché chi prega non teme di disturbare Dio e nutre una fiducia cieca nel suo amore di Padre. Cieca come i due non vedenti del brano del Vangelo di oggi, che gridano dietro a Gesù il loro bisogno di essere guariti. O come il cieco di Gerico, che invoca l’intervento del Maestro con una voce più alta di chi vuole zittirlo. Perché Gesù stesso – ricorda Papa Francesco – ci ha insegnato a pregare come “l’amico fastidioso” che mendica del cibo a mezzanotte, o come “la vedova col giudice corrotto”:

“Non so se forse questo suona male, ma pregare è un po’ dare fastidio a Dio, perché ci ascolti. Ma, il Signore lo dice: come l’amico a mezzanotte, come la vedova al giudice… E’ attirare gli occhi, attirare il cuore di Dio verso di noi… E questo lo hanno fatto anche quei lebbrosi che gli si avvicinarono: ‘Se tuvuoipuoi guarirci!’. Lo hanno fatto con una certa sicurezza. Così, Gesù ci insegna a pregare. Quando noi preghiamo, pensiamo a volte: ‘Ma, sì, io dico questo bisogno, lo dico al Signore una, due, tre volte, ma non con tanta forza. Poi mi stanco di chiederlo e mi dimentico di chiederlo’. Questi gridavano e non si stancavano di gridare. Gesù ci dice: ‘Chiedete’, ma anche ci dice: ‘Bussate alla porta’, e chi bussa alla porta fa rumore, disturba, dà fastidio”.

Insistenza ai limiti del fastidio, dunque. Ma anche una incrollabile certezza. I ciechi del Vangelo sono ancora di esempio. “Si sentono – afferma Papa Francesco – sicuri di chiedere al Signore la salute”, perché alla domanda di Gesù se credano che Egli possa guarirli, loro rispondono: “Sì, Signore, crediamo! Siamo sicuri!”: 

“E la preghiera ha questi due atteggiamenti: è bisognosa ed è sicura. Preghiera bisognosa sempre: la preghiera, quando noi chiediamo qualcosa, è bisognosa: 'Ho questo bisogno, ascoltami, Signore'. Ma anche, quando è vera, è sicura: ‘Ascoltami! Io credo che tu possa farlo perché tu lo hai promesso’”.

“Lui l’ha promesso”: ecco la pietra angolare su cui poggia la certezza di una preghiera. “Con questa sicurezza – ripete Papa Francesco – noi diciamo al Signore i nostri bisogni, ma sicuri che lui possa farlo”. Pregare, dice ancora, è sentirci rivolgere da Gesù la domanda ai due ciechi: “Tu credi che io possa fare questo?”:

“Lui può farlo. Quando lo farà, come lo farà non lo sappiamo. Questa è la sicurezza della preghiera. Il bisogno di dirlo con verità, al Signore. ‘Sono cieco, Signore. Ho questo bisogno. Ho questa malattia. Ho questo peccato. Ho questo dolore…’, ma sempre la verità, come è la cosa. E Lui sente il bisogno, ma sente che noi chiediamo il suo intervento con sicurezza. Pensiamo se la nostra preghiera è bisognosa ed è sicura: bisognosa, perché diciamo la verità a noi stessi, e sicura, perché crediamo che il Signore possa fare quello che noi chiediamo”.




SANTA MESSA CONCELEBRATA DA PAPA FRANCESCO 
CON IL PATRIARCA DI ALESSANDRIA DEI COPTI CATTOLICI, S.B. IBRAHIM ISAAC SIDRAK
NELLA CAPPELLA DELLA DOMUS SANCTAE MARTHAE

Omelia in occasione della significazione della 
ecclesiastica communio concessa al Patriarca Copto Cattolico

Lunedì, 9 dicembre 2013

 

Beatitudine, Eminenza,
Venerati fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, 
Cari fratelli e sorelle,

Per la prima volta ho la gioia di accogliere come Vescovo di Roma un nuovo Patriarca venuto a compiere un significativo gesto di comunione con il Successore di Pietro. Accettando l’elezione canonica, Vostra Beatitudine ha subito chiesto la «ecclesiastica communio» con la “Chiesa che presiede alla carità universale”. Il mio venerato Predecessorel’ha concessa di buon grado, memore del legame col Successore di Pietro che la Chiesa di Alessandria dei Copti Cattolici ha sempre mantenuto lungo la sua storia. Siete espressione della predicazione di San Marco Evangelista: ed è proprio questa l’eredità che egli vi ha lasciato come buon interprete dell’Apostolo Pietro.

Nella prima lettura, il profeta Isaia (cfr 35,1-10) ha risvegliato nei nostri cuori l’attesa del ritorno glorioso del Signore. L’incoraggiamento «agli smarriti di cuore» lo sentiamo rivolto a quanti nella vostra amata terra egiziana sperimentano insicurezza e violenza, talora a motivo della fede cristiana. «Coraggio: non temete!»: ecco le consolanti parole che trovano conferma nella fraterna solidarietà. Sono grato a Dio per questo incontro che mi dà modo di rafforzare la vostra e la nostra speranza, perché è la stessa: «...la terra bruciata ...e il suolo riarso - infatti - si muteranno in sorgenti d’acqua» e si aprirà finalmente la «via santa», la via della gioia e della felicità, «e fuggiranno tristezza e pianto». Questa è la nostra speranza, la speranza comune delle nostre due Chiese.

Il vangelo (cfr Lc 5,17-26) ci presenta Cristo che vince le paralisi dell’umanità. Descrive la potenza della misericordia divina che perdona e scioglie ogni peccato quando incontra una fede autentica. Le paralisi delle coscienze sono contagiose. Con la complicità delle povertà della storia, e del nostro peccato, possono espandersi ed entrare nelle strutture sociali e nelle comunità fino a bloccare popoli interi. Ma il comando di Cristo può ribaltare la situazione: «Àlzati, cammina!». Preghiamo con fiducia perché in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente la pace possa sempre rialzarsi dalle soste troppo ricorrenti e talora drammatiche.
Si fermino, invece, per sempre l’inimicizia e le divisioni.
Riprendano speditamente le intese di pace spesso paralizzate da contrapposti e oscuri interessi. Siano date finalmente reali garanzie di libertà religiosa a tutti, insieme al diritto per i cristiani di vivere serenamente là dove sono nati, nella patria che amano come cittadini da duemila anni, per contribuire come sempre al bene di tutti. Il Signore Gesù, che esperimentò con la Santa Famiglia la fuga e venne ospitato nella vostra terra generosa, vegli sugli egiziani che per le strade del mondo cercano dignità e sicurezza. E andiamo sempre avanti, cercando il Signore, cercando nuove strade, nuove vie per avvicinarci al Signore. E se fosse necessario aprire un buco sul tetto per avvicinarci tutti al Signore, che la nostra immaginazione creativa della carità ci porti a questo: a trovare e a fare strade di incontro, strade di fratellanza, strade di pace.

Per parte nostra desideriamo «glorificare Dio», sostituendo al timore lo stupore: ancora oggi possiamo vedere «cose prodigiose». Il prodigio dell’Incarnazione del Verbo e, perciò, della assoluta vicinanza di Dio all’umanità, nel quale sempre ci colloca il mistero dell’Avvento. Il vostro grande padre Atanasio, posto così vicino alla Cattedra di Pietro nella Basilica Vaticana, interceda per noi, con San Marco e San Pietro, e soprattutto con l’Immacolata e Tuttasanta Madre di Dio. Ci ottengano dal Signore la gioia del Vangelo, donata in abbondanza ai discepoli e ai testimoni. Così sia.




[Modificato da Caterina63 09/12/2013 13:10]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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