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Messaggi e Discorsi del Papa agli Ordini Religiosi, Consacrati e Movimenti laicali

Ultimo Aggiornamento: 22/01/2018 08:58
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06/09/2013 10:09
 
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Allocuzione del santissimo signore nostro Papa Pio XII ai padri della Compagnia di Gesù elettori nella 29a congregazione generale



17 settembre 1946


Benché corrano tempi inquieti e difficili, voi, carissimi, avete riunito a Roma la vostra legittima assemblea o congregazione generale; e ora in modo concorde ed attivo, tranquillo ed operoso, provvedete agli affari del vostro Ordine perché, unendo le forze e rinsaldando la disciplina, sempre di più promuova la lode di Dio e sia al servizio dell’utilità della Chiesa. Di questa vostra assemblea è già maturato il frutto principale: avete eletto il vostro nuovo preposito generale, che abbracciamo qui presente con l’animo e gli occhi Nostri. Sia degno di colui a cui è succeduto, Włodzimierz Ledóchowski, insigne tra i prepositi generali per devozione, prudenza e altre virtù, che sia i Nostri due ultimi predecessori sia Noi stessi abbiamo molto stimato da vivo e ora Noi insieme a voi piangiamo morto con grande rimpianto. Questo vostro supremo direttore provveda al bene della Compagnia di Gesù e badi ai suoi nuovi bisogni con la stessa costanza e alacrità.

La disastrosa guerra appena finita non ha risparmiato il vostro Ordine, o almeno moltissime delle sue province e sacre missioni. Non pochi vostri confratelli sono morti nelle battaglie e nei bombardamenti; molti sono stati chiamati alle armi o condannati ai lavori forzati; molti fatti prigionieri hanno patito freddo, miseria, vessazioni, pesanti fatiche e soprattutto i lunghi disagi e gli affanni della prigionia.

Ma la Compagnia di Gesù, la vostra madre, mescolando gioie ai dolori, può a buon diritto far sue le parole del Salmista: “Quando le angosce si moltiplicano nel mio cuore, i tuoi conforti allietano la mia anima” (Psalm. 93, 19). Non va forse considerato un singolare dono e beneficio di Dio che essa, per quanto corrano tempi burrascosi, veda ancora aumentare le schiere dei suoi membri e veda dimostrare le sue virtù con luminosi esempi? Ammirando con voi le testimonianze di vita evangelica per cui si sono distinti i vostri confratelli tra i soldati e i prigionieri, ammiriamo la molteplice solerzia dell’opera di apostolato con cui i sacerdoti e gli altri della vostre file hanno portato ai commilitoni in Cristo salute, pace, letizia. E che dire delle imprese di apostolato che i vostri confratelli hanno avviato nelle regioni occupate dagli eserciti vincitori, a volte non senza pericolo di morte? La loro virtù merita la più alta lode, così come l’attiva carità che le vostre province meno danneggiate dalla guerra hanno rivolto a vantaggio dei fratelli oppressi da miserie e tribolazioni, bisognosi di tante cose necessarie, impegnati nella ricostruzione di lacrimevoli rovine. E la vostra operosità non si limita solo a questo. Quando si è messo fine all’incendio della guerra, voi, confidando nell’aiuto di Dio, non solo avete provveduto ai vostri affari con accresciuto impegno, avete ripristinato o migliorato i noviziati e i collegii, ma vi siete anche dedicati a gara a ricostruire e correggere l’ordine religioso, morale e sociale – opera assai ardua – e vi siete impegnati a lenire per quanto era possibile gli animi degli uomini esasperati dall’odio.

Ora non c’è niente che si richieda in modo più urgente ed incalzante, carissimi, che riportare l’autorità della religione e la disciplina morale cristiana nel debito onore e vigore. Ahimè, in che tempi siamo caduti, per colpa della trascuratezza dei beni immortali! In qualsiasi gruppo umano si trova chi ignori del tutto la fede cattolica, anzi i rudimenti della religione stessa; si trova chi non veda niente di empio nei misfatti e nella licenza, chi trascuri persino le più elementari norme della morale e della giustizia; ci sono dei furiosi che infieriscono sulle cose sacre e dei letargici dissennati che le trascurano; in intere regioni e nazioni si stravolge l’ordinamento sociale. Sono tempi malvagi perché sono malvagi gli uomini. Devono diventar buoni gli uomini, perché anche i tempi diventino buoni.

La Chiesa sente, capisce che sta soprattutto a lei respingere una tale piena di mali, curare i popoli malati. Ed essa intraprende quest’opera, confidando soprattutto nell’aiuto e nella grazia di Dio. Perché si può adattare anche ai nostri tempi ciò che disse il Dottore delle genti: “Dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rom. 5, 20). Anche ai nostri tempi splende “il Sole della salvezza”, dato che Cristo invita anche noi all’opera di apostolato con quelle parole: “Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura” (Jo. 4, 35). Queste parole del divino Redentore valgono innanzitutto per le sacre missioni e portano loro uno straordinario conforto. Ma valgono anche per le terre e i popoli da tempo del tutto cristiani e cattolici. Dappertutto infatti il fervore religioso dei Cristiani aumenta e si infiamma con nuovi incitamenti; dappertutto gli occhi e la mente degli uomini si rivolgono alla Chiesa, aspettandosi da essa più che da chiunque altro la salvezza; dappertutto sono moltissimi coloro che hanno davvero “fame e sete di giustizia” (Matth. 5, 6) e bruciano del desiderio di luce e grazia divine.

Ecco il grande lavoro che la Chiesa deve compiere! Nell’eseguire questo proposito essa confida anche in voi, confida nel vostro zelo nel dedicarvici, confida soprattutto nella vostra professione religiosa e nella vostra dottrina. La Nostra speranza cadrà come vana? Niente affatto. Sappiamo per esperienza con quanto zelo vi muova e vi infiammi la voglia di agire. Si agisce per Gesù; e la Compagnia di Gesù darà un grande contributo a preparare un tale santissimo trionfo, e trascinerà molti altri col suo esempio.

Dovete però osservare alcune condizioni, perché riesca bene ciò che Ci ripromettiamo che accada e perché voi soddisfacciate le Nostre aspettative. Prima di tutto bisogna che siate fermamente fedeli alle vostre costituzioni e a tutte le loro prescrizioni. Le regole del vostro Ordine, se pare opportuno, possono essere qua e là adeguate alle novità del tempo; le cose principali in esse però non vengano in alcun modo toccate e restino perpetue. Per esempio: si conservino indenni il terzo anno di prova, che altre famiglie religiose hanno adottato imitandovi, e grazie al quale la vena dell’intima vita spirituale cresce in voi più copiosa; le consuetudini della meditazione e del silenzio, e specialmente le regole tradizionali sull’istruzione degli alunni. Questa istruzione per voi consueta dura a lungo, e per questo è attiva ed efficace. Come sono necessarii lunghi periodi perché le robuste querce si rinsaldino, così per formare un uomo di Dio si richiede sempre lunga pazienza. Quindi si tenga a freno la generosa audacia dei giovani che li trascina ad agire anzi tempo: un’operosità troppo precipitosa disperde più di quanto edifichi, e nuoce sia a chi agisce sia alle stesse opere di apostolato.

Se volete essere veri ed intrepidi apostoli, sforzatevi assiduamente, tutti formati e imbevuti dello spirito degli esercizii del vostro santo padre Ignazio (cfr. Epist. Inst. S. J. n. 174 bis), di acquistare solide virtù soprannaturali ed impegnare con fede ardente tutte le vostre facoltà al servizio di Cristo Signore; vive membra del Corpo mistico di Cristo, sforzatevi di accrescervi in questo modo i mezzi di grazia celeste; mossi dall’amore del divino Redentore, reprimete il sentimento perverso dell’amore di voi stessi, umiliatevi, frenando e moderando innanzitutto le emozioni, e con la disciplina di questa astinenza vi renderete idonei e pronti ad eseguire tutti i compiti, a sopportare tutte le difficoltà.

Da questo conseguirà anche che la virtù dell’obbedienza non poggerà mai su fondamenta instabili. La vostra parola d’ordine, il vostro onore, la vostra forza è l’obbedienza, che bisogna che sia rivolta soprattutto a che siate completamente flessibili al cenno dei vostri direttori, senza lamenti, senza mormorii, senza la biasimevole critica, la quale, morbo della nostra epoca, dissipa le forze e rende fiacche ed infruttuose le iniziative di apostolato. Le cose gravose che impone l’austera obbedienza per voi diventeranno leggiere, se spira la carità: e quando c’è questa c’è Dio stesso, perché “Dio è carità”. In voi sia dunque “la carità, che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera, [1 Tim. 1, 5] *** obiezioni della cosiddetta scienza” (1 Tim. 6, 20).

Vostro dovere è essere di nome e di fatto non solo uomini davvero religiosi, ma anche di grande dottrina. Adempiete voi stessi il compito di insegnare, a voce e per iscritto, la teologia, le Sacre Lettere e le altre discipline ecclesiastiche, e anche la filosofia: a voi compete questo esimio onore, una nobile fatica ma anche l’alta ragione per cui avete assunto questo ministero. Per tutti e per ciascuno di coloro a cui è stato affidato questo compito risuona alta la voce dell’Apostolo: “O Timoteo, custodisci il deposito; evita le chiacchiere profane e le obiezioni della cosiddetta scienza” (1 Tim. 6, 20).

Dunque i membri della Compagnia di Gesù, per corrispondere fedelmente a una tale speranza, osservino con ogni diligenza le loro leggi, che prescrivono loro di seguire la dottrina di S. Tommaso “come la più solida, la più sicura, la più approvata e conforme alle costituzioni” (cfr. Epitom. nn. 315-318), e aderiscano al magistero della Chiesa con l’indefessa costanza propria della vostra schiera, avendo, per usare le parole del santo fondatore stesso della vostra Compagnia, “l’animo preparato e pronto ad obbedire in tutto alla vera Sposa di Cristo nostro Signore, che è la nostra santa Madre Chiesa Gerarchica”, e “credendo che tra Cristo nostro Signore, Sposo, e la Chiesa, sua Sposa, ci sia lo stesso spirito, che ci governa e regge per la salvezza delle nostre anime; perché tramite lo stesso spirito e nostro Signore, che diede i dieci comandamenti, si regge e si governa la nostra santa Madre Chiesa” (Exerc. Spirit., Regulæ ad sentiendum cum Eccl., 1a et 13a).

E se essi devono coltivare prima di tutto la fede, devono anche procurarsi un’accurata e compiuta cultura, e, seguendo le gloriose orme della loro regola, perseguire il progresso delle dottrine, quanto possono e come possono, essendo convinti di poter contribuire moltissimo per questa via, per quanto ardua, alla maggior gloria di Dio e all’edificazione della Chiesa. Inoltre devono parlare agli uomini del loro tempo, tanto a voce quanto per iscritto, in modo da essere ascoltati con comprensione e volentieri. Ne consegue che nel proporre ed esprimere le questioni, nel portare gli argomenti, e anche nello scegliere il loro stile, bisogna che adattino sapientemente i lori discorsi al carattere e alla tendenza del loro secolo. Ma ciò che è immutabile, nessuno lo turbi e lo muova. Molto si è detto, ma non abbastanza a ragion veduta, sulla “nouvelle théologie”, che muovendosi insieme a tutte le cose in moto perenne, sarà sempre in cammino e non arriverà mai. Se sembrasse di dover accogliere una simile opinione, che ne sarebbe dei dogmi cattolici, che non devono mai cambiare? Che ne sarebbe dell’unità e della stabilità della fede?

Considerando dunque santa e solenne la venerazione dell’indefettibile Verità, applicatevi ad investigare e risolvere con zelo i problemi che pongono i tentennamenti dell’epoca, soprattutto se possono ingenerare ostacoli e difficoltà ai cristiani eruditi; anzi, gettando luce su di essi e trasformando l’intralcio in aiuto, confermate in questo modo la loro fede. Ma quando si esaminano questioni nuove o ardite, i principii della dottrina cattolica risplendano sempre davanti alla mente; ciò che suona del tutto nuovo in teologia venga soppesato con vigile cautela; si distingua ciò che è certo e fermo da ciò che si dice per congettura, da ciò che un uso labile e non sempre lodevole può introdurre e immettere anche nella teologia e nella filosofia; a chi sbaglia si porga una mano amica, ma non si indulga per niente agli errori delle opinioni.

Dopo avervi esortato a questo, carissimi, vi impartiamo con amore la benedizione apostolica e invochiamo su di voi con molte preghiere l’aiuto di Dio, senza il quale nulla possiamo e con il quale possiamo tutto, perché consacriate voi e i vostri mezzi al modo antico e con nuovo zelo alla santissima causa del Vangelo. Siete forti, fate imprese forti. “Crescete nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. A lui la gloria, ora e nel giorno dell’eternità. Amen” (2 Petr. 3, 18).

http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2014/01/pio-xii-ai-padri-della-compagnia-di.html





              MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AL PRIORE GENERALE DELL'ORDINE DEI FRATELLI DELLA
BEATA VERGINE MARIA DEL MONTE CARMELO,
IN OCCASIONE DEL CAPITOLO GENERALE

 

Al Reverendissimo Padre
Fernando Millán Romeral
Priore Generale dell’Ordine dei Fratelli
della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo.

Mi rivolgo a voi, cari Fratelli dell’Ordine della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, che celebrate in questo mese di settembre il Capitolo Generale. In un momento di grazia e di rinnovamento, che vi chiama a discernere la missione del glorioso Ordine carmelitano, desidero offrirvi una parola di incoraggiamento e di speranza. L’antico carisma del Carmelo è stato per otto secoli un dono per l’intera Chiesa, e ancora oggi continua ad offrire il suo peculiare contributo per l’edificazione del Corpo di Cristo e per mostrarne al mondo il volto luminoso e santo. Le vostre origini contemplative scaturiscono dalla terra dell’epifania dell’amore eterno di Dio in Gesù Cristo, Verbo fatto carne. Mentre riflettete sulla vostra missione di Carmelitani di oggi, vi suggerisco di considerare tre elementi che possono guidarvi nella realizzazione piena della vostra vocazione che è la salita al monte della perfezione: l’ossequio a Cristo, la preghiera e la missione.

Ossequio

La Chiesa ha la missione di portare Cristo al mondo e per questo, come Madre e Maestra, invita ciascuno ad avvicinarsi a Lui.

Nella liturgia carmelitana per la festa della Madonna del Monte Carmelo contempliamo la Vergine che sta “accanto alla Croce di Cristo”. Quello è anche il posto della Chiesa: vicino a Cristo. Ed è anche il posto di ogni figlio fedele dell’Ordine carmelitano. La vostra Regola inizia con l’esortazione ai fratelli di “vivere una vita in ossequio di Gesù Cristo”, per seguirlo e servirlo con cuore puro e indiviso. La stretta relazione con Cristo si realizza nella solitudine, nell’assemblea fraterna e nella missione. “L’opzione fondamentale di una vita concretamente e radicalmente dedicata alla sequela di Cristo” (Ratio Institutionis Vitae Carmelitanae, 8) fa della vostra esistenza un pellegrinaggio di trasformazione nell’amore. Il Concilio Ecumenico Vaticano II ricorda il ruolo della contemplazione nel cammino della vita: la Chiesa ha “infatti la caratteristica di essere nello stesso tempo umana e divina, visibile ma dotata di realtà invisibili, fervente nell’azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e tuttavia pellegrina” (Sacrosanctum Concilium, 2). Gli antichi eremiti del Monte Carmelo conservarono la memoria di quel luogo santo e, anche se esuli o lontani, mantenevano lo sguardo e il cuore costantemente fissi alla gloria di Dio. Riflettendo sulle vostre origini e sulla vostra storia e contemplando l’immensa schiera di quanti hanno vissuto nei secoli il carisma carmelitano, scoprirete anche la vostra vocazione attuale di essere profeti di speranza. Ed è proprio in questa speranza che sarete rigenerati. Spesso ciò che appare nuovo è qualcosa di molto antico illuminato da nuova luce.

Nella vostra Regola c’è il cuore della missione carmelitana di allora e anche di oggi. Mentre vi apprestate a celebrare l’ottavo centenario della morte di Alberto, Patriarca di Gerusalemme, nel 1214, ricorderete che egli formulò un “percorso di vita”, uno spazio che rende capaci di vivere una spiritualità totalmente orientata a Cristo. Egli delineò elementi esterni ed interiori, un’ecologia fisica dello spazio e l’armatura spirituale necessaria per rispondere adeguatamente alla vocazione e compiere efficacemente la propria missione.

In un mondo che spesso misconosce Cristo e, di fatto, lo rifiuta, voi siete invitati ad accostarvi e ad aderire sempre più profondamente a Lui. È una continua chiamata a seguire Cristo e ad essere conformati a Lui. Questo è di vitale importanza nel nostro mondo così disorientato, “perché quando la sua fiamma si spegne anche tutte le altre luci finiscono per perdere il loro vigore” (Lumen fidei, 4). Cristo è presente nella vostra fraternità, nella liturgia comunitaria e nel ministero affidatovi: rinnovategli l’ossequio di tutta la vostra vita!

Preghiera

Il Santo Padre Benedetto XVI, prima del vostro Capitolo Generale del 2007, vi ricordò che “il pellegrinaggio interiore di fede verso Dio inizia nella preghiera”; e a Castel Gandolfo, nell’agosto 2010, vi disse: “Voi siete quelli che ci insegnano a pregare”. Voi vi definite contemplativi in mezzo al popolo. In effetti, se è vero che siete chiamati a vivere sulle altezze del Carmelo, è altrettanto vero che siete chiamati a dare testimonianza in mezzo al popolo. La preghiera è quella “strada reale” che apre alle profondità del mistero di Dio Uno e Trino, ma è anche il sentiero obbligato che si snoda in mezzo al popolo di Dio pellegrinante nel mondo verso la Terra Promessa.

Una delle vie più belle per entrare nella preghiera passa attraverso la Parola di Dio. La lectio divina introduce alla conversazione diretta con il Signore e schiude i tesori della sapienza. L’intima amicizia con Colui che ci ama ci rende capaci di vedere con gli occhi di Dio, di parlare con la sua Parola nel cuore, di conservare la bellezza di questa esperienza e di condividerla con coloro che sono affamati di eternità.

Il ritorno alla semplicità di una vita centrata sul Vangelo è la sfida per il rinnovamento della Chiesa, comunità di fede che trova sempre percorsi nuovi per evangelizzare il mondo in continua trasformazione. I Santi carmelitani sono stati grandi predicatori e maestri di preghiera. Questo è ciò che ancora una volta si richiede al Carmelo del ventunesimo secolo. Lungo tutta la vostra storia, i grandi Carmelitani sono stati un forte richiamo alle radici della contemplazione, radici sempre feconde di preghiera. Qui è il cuore della vostra testimonianza: la dimensione di “contemplatività” dell’Ordine, da vivere, da coltivare e da trasmettere.
Vorrei che ciascuno si domandasse: come è la mia vita di contemplazione? Quanto tempo dedico durante la mia giornata alla preghiera e alla contemplazione? Un carmelitano senza questa vita contemplativa è un corpo morto! Oggi, forse più che nel passato, è facile lasciarsi distrarre dalle preoccupazioni e dai problemi di questo mondo e farsi affascinare da falsi idoli. Il nostro mondo è frantumato in molti modi; il contemplativo invece torna all’unità e costituisce un forte richiamo all’unità. Ora più che mai è il momento di riscoprire il sentiero interiore dell’amore attraverso la preghiera e offrire alla gente di oggi nella testimonianza della contemplazione, come pure nella predicazione e nella missione non inutili scorciatoie, ma quella sapienza che emerge dal meditare “giorno e notte nella Legge del Signore”, Parola che sempre conduce presso la Croce gloriosa di Cristo.
E, unita alla contemplazione, l’austerità di vita, che non è un aspetto secondario della vostra vita e della vostra testimonianza. E’ una tentazione molto forte anche per voi quella di cadere nella mondanità spirituale. Lo spirito del mondo è nemico della vita di preghiera: non dimenticatelo mai! Vi esorto ad una vita più austera e penitente, secondo la vostra più autentica tradizione, una vita lontana da ogni mondanità, lontana dai criteri del mondo.

Missione

Cari Fratelli Carmelitani, la vostra è la stessa missione di Gesù. Ogni pianificazione, ogni confronto sarebbero poco utili, se il Capitolo non realizzasse anzitutto un cammino di vero rinnovamento. La Famiglia Carmelitana ha conosciuto una meravigliosa “primavera”, in tutto il mondo, quale frutto, donato da Dio, dell’impegno missionario del passato. Oggi la missione pone talvolta ardue sfide, perché il messaggio evangelico non è sempre accolto e talvolta viene addirittura respinto con violenza. Non dobbiamo mai dimenticare che, anche se veniamo gettati in acque torbide e sconosciute, Colui che ci chiama alla missione ci dà anche il coraggio e la forza di attuarla. Perciò, celebrate il Capitolo animati dalla speranza che non muore mai, con un forte spirito di generosità nel recuperare la vita contemplativa e la semplicità e austerità evangelica.

Rivolgendomi ai pellegrini in Piazza San Pietro ho avuto modo di dire: “Ogni cristiano e ogni comunità è missionaria nella misura in cui porta e vive il Vangelo e testimonia l’amore di Dio verso tutti, specialmente verso chi si trova in difficoltà. Siate missionari dell’amore e della tenerezza di Dio! Siate missionari della misericordia di Dio, che sempre ci perdona, sempre ci aspetta, ci ama tanto!” (Omelia 5 maggio 2013). La testimonianza del Carmelo nel passato appartiene alla profonda tradizione spirituale cresciuta in una delle grandi scuole di preghiera. Essa ha suscitato anche il coraggio di uomini e donne che hanno affrontato il pericolo e persino la morte. Ricordiamo soltanto i due grandi martiri contemporanei: Santa Teresa Benedetta della Croce e il Beato Titus Brandsma. Mi chiedo allora: oggi fra voi, si vive con la tempra, con il coraggio di questi santi?

Cari Fratelli del Carmelo, la testimonianza del vostro amore e della vostra speranza, radicate nella profonda amicizia con il Dio vivente, può giungere come una “brezza leggera” che rinnova e rinvigorisce la vostra missione ecclesiale nel mondo di oggi. A ciò siete stati chiamati. Il Rito della Professione pone sulle vostre labbra queste parole: “Con questa professione mi affido alla famiglia carmelitana per vivere al servizio di Dio e nella Chiesa e aspirare alla carità perfetta con la grazia dello Spirito Santo e l’aiuto della Beata Vergine Maria” (Rito della Professione Ord. Carm.).

La Beata Vergine Maria, Madre e Regina del Carmelo, accompagni i vostri passi e renda fecondo di frutti il quotidiano cammino verso il Monte di Dio. Invoco sull’intera Famiglia Carmelitana, e particolarmente sui Padri Capitolari, abbondanti doni del Divino Spirito, e a tutti imparto di cuore l’implorata Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 22 agosto 2013

                                            

FRANCESCO





[Modificato da Caterina63 24/01/2014 22:46]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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