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Messaggi e Discorsi del Papa agli Ordini Religiosi, Consacrati e Movimenti laicali

Ultimo Aggiornamento: 22/01/2018 08:58
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20/02/2017 18:07
 
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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE DELLA CONGREGAZIONE 
DEI CHIERICI MARIANI DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE 
DELLA BEATA VERGINE MARIA

Sala del Concistoro
Sabato, 18 febbraio 2017





 

Cari Fratelli,

sono lieto di incontrarvi in occasione del vostro Capitolo Generale e vi saluto cordialmente, ad iniziare dal Superiore Generale, che ringrazio per le sue parole. In voi, saluto l’intera Congregazione, impegnata a servire Cristo e la Chiesa in venti Paesi del mondo.

Ho appreso che uno degli scopi principali del vostro Capitolo Generale è la riflessione circa le leggi e gli ordinamenti propri della vostra Congregazione. Si tratta di un’opera importante. Infatti, «torna oggi impellente per ogni Istituto la necessità di un rinnovato riferimento alla Regola, perché in essa e nelle Costituzioni è racchiuso un itinerario di sequela, qualificato da uno specifico carisma autenticato dalla Chiesa» (Esort. ap. postsin. Vita consecrata, 37). Vi esorto pertanto a compiere tale riflessione con fedeltà al carisma del Fondatore e al patrimonio spirituale della vostra Congregazione e, in pari tempo, con cuore e mente aperti alle nuove necessità della gente. È vero, dobbiamo andare avanti con le nuove necessità, le nuove sfide, ma ricordatevi: non si può andare avanti senza memoria. E’ una tensione, continuamente. Se io voglio andare avanti senza la memoria del passato, della storia dei fondatori, dei grandi, anche dei peccati della congregazione, non potrò andare avanti. Questa è una regola: la memoria, questa dimensione “deuteronomica” propria della vita e che va usata quando si deve aggiornare una congregazione religiosa, le costituzioni, sempre.

L’esempio del vostro Fondatore, san Stanislao di Gesù e Maria, canonizzato lo scorso anno, sia luce e guida del vostro cammino. Egli aveva pienamente compreso il senso dell’essere discepolo di Cristo quando pregava con queste parole: «Signore Gesù, se per amore mi legherai a Te, chi mi strapperà da Te? Se mi unirai a Te nella misericordia, chi mi separerà da Te? La mia anima aderisca a Te, la Tua clementissima destra mi accolga. Aderisca al suo Capo anche il più indegno membro, e questa piccola particella soffra con tutto il Santo Corpo sofferente» (Christus Patiens, III, 1).

In tale prospettiva, il vostro servizio della Parola è testimonianza di Cristo Risorto, che avete incontrato nel vostro cammino e che con il vostro stile di vita siete chiamati a portare ovunque vi mandi la Chiesa. La testimonianza cristiana richiede anche l’impegno con e per i poveri, un impegno che caratterizza il vostro Istituto fin dalle origini. Vi incoraggio a mantenere viva questa tradizione del servizio alle persone povere e umili, attraverso l’annuncio del Vangelo con linguaggio a loro comprensibile, con le opere di misericordia e il suffragio dei defunti. Quella vicinanza alla gente come noi, semplice. A me piace quel passo di Paolo a Timoteo (cfr 2 Tm 1,5): custodisci la tua fede, quella che hai ricevuto da tua mamma, dalla tua nonna…; dalla semplicità della mamma, della nonna. Questo è il fondamento. Noi non siamo principi, figli di principi o di conti o di baroni, siamo gente semplice, di popolo. E per questo ci avviciniamo con questa semplicità ai semplici e a quelli che soffrono di più: i malati, i bambini, gli anziani abbandonati, i poveri,… tutti. E questa povertà è al centro del Vangelo: è la povertà di Gesù, non la povertà sociologica, quella di Gesù.

Un’altra significativa eredità spirituale della vostra famiglia religiosa è quella che vi ha lasciato il vostro confratello beato Giorgio Matulaitis: la totale dedizione alla Chiesa e all’uomo per «andare coraggiosamente a lavorare e a lottare per la Chiesa, specialmente dove ce ne sia più bisogno» (Journal, p. 45). La sua intercessione vi aiuti a coltivare in voi questo atteggiamento, che negli ultimi decenni ha ispirato le vostre iniziative volte a diffondere il carisma dell’Istituto nei Paesi poveri, specialmente in Africa e in Asia.

La grande sfida dell’inculturazione vi chiede oggi di annunciare la Buona Novella con linguaggi e modi comprensibili agli uomini del nostro tempo, coinvolti in processi di rapida trasformazione sociale e culturale. La vostra Congregazione vanta una lunga storia, scritta da coraggiosi testimoni di Cristo e del Vangelo. In questa scia siete chiamati oggi a camminare con rinnovato zelo per spingervi, con libertà profetica e saggio discernimento – tutti e due insieme! - su strade apostoliche e frontiere missionarie, coltivando una stretta collaborazione con i Vescovi e le altre componenti della Comunità ecclesiale.

Gli orizzonti dell’evangelizzazione e l’urgente necessità di testimoniare il messaggio evangelico a tutti, senza distinzioni, costituiscono il vasto campo del vostro apostolato. Tanti attendono ancora di conoscere Gesù, unico Redentore dell’uomo, e non poche situazioni di ingiustizia e di disagio morale e materiale interpellano i credenti. Una così urgente missione richiede conversione personale e comunitaria. Solo cuori pienamente aperti all’azione della Grazia sono in grado di interpretare i segni dei tempi e di cogliere gli appelli dell’umanità bisognosa di speranza e di pace.

Cari fratelli, sull’esempio del vostro Fondatore siate coraggiosi nel servizio di Cristo e della Chiesa, rispondendo alle nuove sfide e alle nuove missioni, anche se umanamente possono sembrare rischiose. Infatti nel “codice genetico” della vostra comunità si trova ciò che lo stesso san Stanislao affermava a partire dalla sua esperienza: «Nonostante le innumerevoli difficoltà, la bontà e la sapienza divine iniziano e compiono ciò che vogliono, perfino quando i mezzi, secondo il giudizio umano, sono inadatti. Per l’Onnipotente infatti, nulla è impossibile. In modo chiarissimo ciò si è dimostrato in me» (Fundatio Domus Recollectionis, 1). E questo atteggiamento – che viene dalla piccolezza dei mezzi, anche dalla nostra piccolezza, anche della nostra indegnità, perché peccatori, viene da lì, ma abbiamo un orizzonte grande – [questo atteggiamento] è proprio l’atto di fede nella potenza del Signore: il Signore può, il Signore è capace. E la nostra piccolezza è proprio il seme, il seme piccolino, che poi germoglia, cresce, il Signore lo annaffia, e così va avanti. Ma il senso di piccolezza è proprio il primo slancio verso la fiducia della potenza di Dio. Andate, andate avanti su questa strada.

Alla vostra Madre e Patrona, Maria Immacolata, affido il vostro cammino di fede e di crescita, nella costante unione con Cristo e con il suo Santo Spirito, che vi rende testimoni della potenza della Risurrezione. A voi qui presenti, a tutta la Congregazione e ai vostri collaboratori laici imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

 

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO IN CILE E PERÙ
(15-22 GENNAIO 2018)

PREGHIERA DELL'ORA MEDIA CON RELIGIOSE DI VITA CONTEMPLATIVA

OMELIA DEL SANTO PADRE

Santuario del Señor de los Milagros (Lima)
Domenica, 21 gennaio 2018

[Multimedia]





 

Care sorelle dei diversi monasteri di vita contemplativa,

che bello trovarci qui, in questo Santuario del Signore dei Miracoli, tanto frequentato dai peruviani, per chiedergli la sua grazia e perché ci mostri la sua vicinanza e la sua misericordia! Egli, che è il «faro che guida, che ci illumina con il suo amore divino». Vedendovi qui, mi viene un cattivo pensiero: che abbiate approfittato per uscire un po' dal convento e fare una piccola passeggiata! Grazie, Madre Soledad, per le Sue parole di benvenuto, e a tutte voi che «dal silenzio del chiostro camminate sempre al mio fianco». E permettetemi, perché mi tocca il cuore, di mandare da qui un saluto ai miei quattro Carmeli di Buenos Aires. Voglio mettere anche loro davanti al Signore dei Miracoli, perché mi hanno accompagnato nel mio ministero in quella diocesi, e desidero che siano qui perché il Signore le benedica. Non siete gelose, no? [rispondono: No!]

Ascoltiamo le parole di San Paolo, ricordandoci che abbiamo ricevuto lo spirito filiale che ci rende figli di Dio (cfr Rm 8,15-16). Queste poche parole condensano la ricchezza di ogni vocazione cristiana: la gioia di saperci figli. Questa è l’esperienza che sostiene la nostra vita, la quale vuol’essere sempre una risposta grata a quell’amore. Com’è importante rinnovare giorno per giorno questa gioia! Soprattutto nei momenti in cui la gioia sembra che sia scomparsa o l’anima è annebbiata o ci sono cose che non si capiscono; allora chiedere questo nuovamente e dire di nuovo: “Sono figlia, sono figlia di Dio”.

Una via privilegiata che voi avete per rinnovare questa certezza è la vita di preghiera, preghiera comunitaria e personale. La preghiera è il nucleo della vostra vita consacrata, della vostra vita contemplativa ed è il modo di coltivare l’esperienza di amore che sorregge la nostra fede, e come ben ci diceva la Madre Soledad, è una preghiera sempre missionaria. Non è una preghiera che rimbalza contro il muro del convento e torna indietro, no, è una preghiera che esce e va e va…

La preghiera missionaria è quella che ottiene di unirsi ai fratelli nelle varie circostanze in cui si trovano e pregare perché non manchino loro l’amore e la speranza. Così diceva Santa Teresa di Gesù Bambino: «Capii che solo l’amore spinge all’azione le membra della Chiesa e che, spento questo amore, gli apostoli non avrebbero più annunziato il Vangelo, i martiri non avrebbero più versato il loro sangue. Compresi e conobbi che l’amore abbraccia in sé tutte le vocazioni, che l’amore è tutto, che si estende a tutti i tempi e a tutti i luoghi, in una parola, che l'amore è eterno. […] Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’amore».[1] Che ognuna di voi possa dire questo! Se qualcuna è un po’ “fiacca” e si è spento in lei il fuocherello dell’amore, lo chieda, lo chieda! E’ un regalo di Dio poter amare.

Essere l’amore! È saper stare accanto alla sofferenza di tanti fratelli e dire con il salmista: «Nel pericolo ho gridato al Signore: mi ha risposto, il Signore, e mi ha tratto in salvo» (Sal 117,5). Così la vostra vita nella clausura riesce ad avere una portata missionaria e universale e «un ruolo fondamentale nella vita della Chiesa. Pregate e intercedete per tanti fratelli e sorelle che sono carcerati, migranti, rifugiati e perseguitati, per tante famiglie ferite, per le persone senza lavoro, per i poveri, per i malati, per le vittime delle dipendenze, per citare alcune situazioni che sono ogni giorno più urgenti. Voi siete come quegli amici che portarono il paralitico davanti al Signore, perché lo guarisse (cfr Mc 2,1-12). Non si vergognavano, erano “spudorati”, ma in senso buono. Non ebbero vergogna di fare un buco nel tetto e far scendere il paralitico. Siate “spudorate”, non vergognatevi di fare in modo, con la preghiera, che la miseria degli uomini si avvicini alla potenza di Dio. Questa è la vostra preghiera. Attraverso la preghiera voi, giorno e notte, avvicinate al Signore la vita di tanti fratelli e sorelle che per diverse situazioni non possono raggiungerlo per fare esperienza della sua misericordia risanatrice, mentre Lui li attende per fare loro grazia. Con la vostra preghiera potete guarire le piaghe di tanti fratelli».[2]

Proprio per questo possiamo affermare che la vita di clausura non imprigiona né restringe il cuore, ma piuttosto lo allarga. Guai alla religiosa che ha il cuore ristretto! Per favore, cercate un rimedio. Non si può essere religiosa contemplativa con il cuore ristretto. Che torni a respirare, che torni a essere un cuore grande! E inoltre, le religiose con questo cuore ristretto sono religiose che hanno perso la fecondità e non sono madri; si lamentano di tutto, sono amareggiate, sempre alla ricerca di qualche quisquilia per lamentarsi. La santa Madre [Teresa di Gesù] diceva: «Guai alla monaca che dice: “Mi hanno fatto un’ingiustizia senza motivo!”». Nel convento non c’è posto per le “collezioniste di ingiustizie”; ma c’è posto per quelle che aprono il cuore e sanno portare la croce, la croce feconda, la croce dell’amore, la croce che dà vita.

L’amore allarga il cuore, e perciò con il Signore andiamo avanti, perché Lui ci rende capaci di sentire in modo nuovo il dolore, la sofferenza, la frustrazione, la sventura di tanti fratelli che sono vittime di questa “cultura dello scarto” del nostro tempo. Che l’intercessione per i bisognosi sia la caratteristica della vostra preghiera. Con le braccia in alto, come Mosè, con il cuore così trafitto, domandando... E quando è possibile aiutateli, non solo con la preghiera, ma anche con il servizio concreto. Quanti conventi dei vostri, senza venir meno alla clausura, rispettando il silenzio, in qualche momento di parlatorio possono fare tanto bene.

La preghiera di supplica che si fa nei vostri monasteri, sintonizza con il Cuore di Gesù che implora il Padre perché tutti siamo uno, così il mondo crederà (cfr Gv 17,21). Quanto abbiamo bisogno dell’unità nella Chiesa! Che tutti siamo uno. Quanto abbiamo bisogno che i battezzati siano uno, che i consacrati siano uno, che i sacerdoti siano uno, che i vescovi siano uno! Oggi e sempre! Uniti nella fede. Uniti dalla speranza. Uniti dalla carità. In quell’unità che promana dalla comunione con Cristo che ci unisce al Padre nello Spirito e, nell’Eucaristia, ci unisce gli uni agli altri in questo grande mistero che è la Chiesa. Vi chiedo, per favore, di pregare molto per l’unità di questa amata Chiesa peruviana, perché è tentata di disunione. A voi affido l’unità, l’unità della Chiesa, l’unità degli operatori pastorali, dei consacrati, del clero e dei vescovi. Il demonio è menzognero, ed è anche pettegolo, gli piace portare da una parte e dall’altra, cerca di dividere, vuole che nella comunità le une parlino male delle altre. Questo l’ho detto tante volte, e perciò mi ripeto: sapete che cosa è la religiosa pettegola? E’ una “terrorista”. Peggio di quelli di Ayacucho di anni fa, peggio, perché il pettegolezzo è come una bomba: lei va e “pss… pss…pss…”, come il diavolo, tira la bomba, distrugge e se ne va tranquilla. Niente suore “terroriste”, senza pettegolezzi. Già sapete che il miglior rimedio per non spettegolare è mordersi la lingua. L’infermiera avrà da fare perché vi si infiammerà la lingua, ma almeno non avrete tirato la bomba. Quindi, che non ci siano pettegolezzi nel convento, perché questa cosa è ispirata dal diavolo. Lui per natura è pettegolo e menzognero. E ricordatevi dei terroristi di Ayacucho quando vi viene voglia di spettegolare..

Impegnatevi nella vita fraterna, facendo in modo che ogni monastero sia un faro che possa fare luce in mezzo alla disunione e alla divisione. Aiutate a profetizzare che questo è possibile. Che chiunque si avvicini a voi possa pregustare la beatitudine della carità fraterna, così propria della vita consacrata e tanto necessaria nel mondo di oggi e nelle nostre comunità.

Quando si vive la vocazione nella fedeltà, la vita si fa annuncio dell’amore di Dio. Vi chiedo di non cessare di dare questa testimonianza. In questa Chiesa delle Nazarene Carmelitane Scalze mi permetto di ricordare le parole della Maestra di vita spirituale, santa Teresa di Gesù: «Se perdete la guida, che è il buon Gesù, non troverete la via». State sempre dietro a Lui. “Sì, padre, ma a volte Gesù finisce sul calvario”. Allora vacci pure tu, perché anche lì Lui ti aspetta, perché ti ama. «Perché il Signore stesso dice di essere la via; il Signore dice anche di essere la luce, e che nessuno può andare al Padre se non per mezzo di Lui».[3]

Care sorelle, sappiate una cosa: la Chiesa non vi tollera, la Chiesa ha bisogno di voi! La Chiesa ha bisogno di voi. Con la vostra vita fedele siate fari e indicate Colui che è via, verità e vita, l’unico Signore che offre pienezza alla nostra esistenza e dà la vita in abbondanza.[4]

Pregate per la Chiesa, pregate per i pastori, per i consacrati, per le famiglie, per quelli che soffrono, per quelli che fanno il male e distruggono tanta gente, per quelli che sfruttano i loro fratelli. E per favore, continuando con la lista dei peccatori, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie.

 


[1] Lettera a Suor Maria del Sacro Cuore (8 settembre 1896): Manoscritti autobiograficiMs B, [3v.].

[2] Cost. ap. Vultum Dei quaerere, 16.

[3] Il castello interiore, VI, cap. 7, n. 6.

[4] Cfr Cost. ap. Vultum Dei quaerere, 6.

 
 



[Modificato da Caterina63 22/01/2018 08:58]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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