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Lamentazione sui tempi presenti del Cardinale Giacomo Biffi - eccezionale analisi sulla crisi

Ultimo Aggiornamento: 08/09/2013 23:53
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08/09/2013 23:44
 
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2. La “cronolatria”

 Il secondo idolo è stato indicato da J. Maritain, quando ha parlato di “cronolatria” o “adorazione dell’attualità”.
La lucidità della denuncia del pensatore francese non ha però impedito che questo “culto” si estendesse e si affermasse sempre più nella cristianità, al punto da essere ormai un’abitudine mentale acquisita che neppure sente più il bisogno di giustificarsi. Senza affermarsi mai espressamente, essa trapela in modo spesso involontario e quindi tanto più significativo dal linguaggio d’uso corrente, nel quale l’aggettivazione del biasimo teorico non è: falso, errato, illogico, cattivo, aberrante; ma piuttosto: superato, sorpassato, attardato, vecchio.
Non conta tanto la verità quanto la formulazione recente. Le idee, come le uova, devono essere “di giornata”.
Talvolta si sente perfino squalificare un teologo o un vescovo con la frase: “è fermo al concilio di Trento”; dove è mirabile il fatto che la condanna sia espressa con l’indicazione non di ciò che, una volta dimostrato, potrebbe costituire una giusta critica (e cioè, ad esempio, la non consonanza con l’insegnamento del Vaticano II), ma di ciò che dovrebbe se mai rappresentare un titolo di merito (e cioè la fedeltà alla dottrina di un magistero solenne che, per quanto antico, resta tuttora autorevole).

E con questa disinvoltura “cronolatrica” ci si dispensa dall’addurre le prove di una eventuale infedeltà al magistero più recente. Allo stesso modo, veniamo spesso esortati a pregare per gli “uomini del nostro tempo”, come se qualcuno fosse mai tentato di ricordare nelle sue orazioni gli assiro-babilonesi; o a vivere nel “mondo di oggi”, contro il pericolo di sconfinare inavvertitamente nell’epoca carolingia; o a impegnarci a “essere moderni”, che è un po’ come se una mucca si impegnasse ad avere la coda. Non ci si meraviglia allora di notare che il tema della “vita eterna” si faccia sempre più raro nei discorsi ecclesiastici, dove invece hanno sempre più larga parte le questioni del “tempo presente”.
Queste è giusto e doveroso affrontare senza evasioni alienanti, ma non “invece di quella”, bensì “alla luce di quella”: solo con la coscienza sempre pungente della “vita eterna” e della sua impareggiabile rilevanza è possibile “redimere il tempo presente”, ridonandogli senso e spessore. Naturalmente non c’è niente di male nell’uso di queste locuzioni, le quali possono anche avere la buona finalità di richiamare il cristiano da un atteggiamento “astratto” e troppo remoto dalle condizioni esistenziali.

Ma, considerate come un “vezzo linguistico”, sono la spia di un atteggiamento spirituale indebitamente ossessionato dal culto dell’attualità. Si ha talvolta l’impressione che i credenti si ritengano piuttosto mobilitati a riscattare il tempo presente, non dalla vanità e dalla malizia dei “giorni cattivi” (cfr. Ef 5,16), ma proprio dalla incombenza oppressiva dell’eterno, il quale – se è troppo insistentemente rammemorato – si teme non lasci spazio all’inserimento nel quotidiano. Il caso è preoccupante: quando si scambia il fondamento della libertà con la ragione della tirannia, la medicina con la malattia, la fonte dell’energia con la causa della paralisi, le speranze di sopravvivere sono poche. Di solito, poi, prevaricare nei confronti della fede porta anche ad attentare alla ragione.

E in effetti la “cronolatria”, rovesciando la prospettiva cristiana, guasta altresì i meccanismi del raziocinio. ”Lo spirito che si inquieta per la verità e arriva a cogliere la verità, trascende il tempo”. Perciò “sottoporre le cose dello spirito alla legge dell’effimero, che è quella della materia e del puro fatto biologico”, vuol dire soffocare la vita stessa dell’anima. Quando resta se stessa e non viene traviata, “la ragione non si preoccupa di essere inserita o di accettare la storia, né allo stesso modo si interessa e si dà pena di essere contemporanea, ma solo di essere ‘ragione’, perciò di essere vera”.


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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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