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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Papa Francesco difende l'Istituzione della Famiglia, unione tra un uomo e una donna e la vita nascente

Ultimo Aggiornamento: 16/11/2013 19:05
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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALLA 47ª SETTIMANA SOCIALE DEI CATTOLICI ITALIANI
[Torino, 12-15 settembre 2013]

 

Al Venerato Fratello
Cardinale Angelo Bagnasco
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana

Rivolgo il mio cordiale saluto a Lei e a tutti i partecipanti alla 47ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, convocata a Torino. Rinnovo il mio abbraccio fraterno ai Vescovi presenti, in particolare al Pastore di codesta Chiesa, Arcivescovo Cesare Nosiglia, come pure all’Arcivescovo Arrigo Miglio e ai membri del Comitato Scientifico e Organizzatore. Saluto tutti i rappresentanti delle Diocesi d’Italia e delle diverse aggregazioni ecclesiali.

La tradizione delle Settimane Sociali in Italia è iniziata nel 1907, e tra i suoi principali promotori vi fu il Beato Giuseppe Toniolo. Questa 47ª Settimana è la prima che si tiene dopo la sua beatificazione, avvenuta il 28 aprile 2012, e giustamente è stata affidata in modo particolare alla sua intercessione. La figura del Beato Toniolo fa parte di quella luminosa schiera di cattolici laici che, nonostante le difficoltà del loro tempo, vollero e seppero, con l’aiuto di Dio, percorrere strade proficue per lavorare alla ricerca e alla costruzione del bene comune. Con la loro vita e il loro pensiero essi hanno praticato ciò che il Concilio Vaticano II ha poi insegnato a proposito della vocazione e missione dei laici (cfr Cost. dogm. Lumen gentium, 31); e il loro esempio costituisce un incoraggiamento sempre valido per i cattolici laici di oggi a cercare a loro volta vie efficaci per la medesima finalità, alla luce del più recente Magistero della Chiesa (cfr Benedetto XVI, Enc. Deus caritas est, 28). La forza esemplare della santità in campo sociale è resa in questo caso ancor più sensibile dalla sede di questa 47ª Settimana Sociale. Torino infatti è una città emblematica per tutto il cammino storico-sociale dell’Italia, e lo è in modo particolare per la presenza della Chiesa dentro questo cammino. A Torino hanno operato nei secoli XIX e XX numerosi uomini e donne, sacerdoti, religiosi e religiose, laici, alcuni di loro Santi e Beati, che hanno testimoniato con la vita e lavorato efficacemente con le opere a servizio dei giovani, delle famiglie, dei più poveri.

Le Settimane Sociali dei Cattolici Italiani, nei diversi periodi storici, sono state provvidenziali e preziose, e lo sono ancora oggi. Esse infatti si propongono come iniziativa culturale ed ecclesiale di alto profilo, capace di affrontare, e se possibile anticipare, gli interrogativi e le sfide talvolta radicali, posti dall’attuale evoluzione della società. Per questo la Chiesa in Italia, 25 anni or sono, ha voluto riprenderle e rilanciarle, come momenti qualificati di ascolto e di ricerca, di confronto e di approfondimento, molto importanti sia per la stessa comunità ecclesiale, per il suo servizio di evangelizzazione e promozione umana, sia per gli studiosi e gli operatori nel campo culturale e sociale (cfr Nota Pastorale CEI del 20 novembre 1988). Le Settimane Sociali sono così uno strumento privilegiato attraverso il quale la Chiesa in Italia porta il proprio contributo per la ricerca del bene comune del Paese (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 26). Questo compito, che è di tutta la comunità nelle sue diverse articolazioni, appartiene, come già ricordavamo, in modo specifico ai laici e alla loro responsabilità.

Il tema di questa Settimana Sociale è "La famiglia, speranza e futuro per la società italiana". Esprimo tutto il mio apprezzamento per questa scelta, e per aver associato alla famiglia l’idea di speranza e di futuro. E’ proprio così! Ma per la comunità cristiana la famiglia è ben più che "tema": è vita, è tessuto quotidiano, è cammino di generazioni che si trasmettono la fede insieme con l’amore e con i valori morali fondamentali, è solidarietà concreta, fatica, pazienza, e anche progetto, speranza, futuro. Tutto questo, che la comunità cristiana vive nella luce della fede, della speranza e della carità, non è mai tenuto per sé, ma diventa ogni giorno lievito nella pasta dell’intera società, per il suo maggior bene comune (cfr ibid., 47).

Speranza e futuro presuppongono memoria. La memoria dei nostri anziani è il sostegno per andare avanti nel cammino. Il futuro della società, e in concreto della società italiana, è radicato negli anziani e nei giovani: questi, perché hanno la forza e l’età per portare avanti la storia; quelli, perché sono la memoria viva. Un popolo che non si prende cura degli anziani e dei bambini e dei giovani non ha futuro, perché maltratta la memoria e la promessa.

In tale prospettiva si colloca questa 47ª Settimana Sociale, con il documento preparatorio che l’ha preceduta. Essa intende offrire una testimonianza e proporre una riflessione, un discernimento, senza pregiudizi, il più possibile aperto, attento alle scienze umane e sociali. Anzitutto come Chiesa offriamo una concezione della famiglia, che è quella del Libro della Genesi, dell’unità nella differenza tra uomo e donna, e della sua fecondità. In questa realtà, inoltre, riconosciamo un bene per tutti, la prima società naturale, come recepito anche nella Costituzione della Repubblica Italiana. Infine, vogliamo riaffermare che la famiglia così intesa rimane il primo e principale soggetto costruttore della società e di un’economia a misura d’uomo, e come tale merita di essere fattivamente sostenuta. Le conseguenze, positive o negative, delle scelte di carattere culturale, anzitutto, e politico riguardanti la famiglia toccano i diversi ambiti della vita di una società e di un Paese: dal problema demografico – che è grave per tutto il continente europeo e in modo particolare per l’Italia – alle altre questioni relative al lavoro e all’economia in generale, alla crescita dei figli, fino a quelle che riguardano la stessa visione antropologica che è alla base della nostra civiltà (cfr Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 44).

Queste riflessioni non interessano solamente i credenti ma tutte le persone di buona volontà, tutti coloro che hanno a cuore il bene comune del Paese, proprio come avviene per i problemi dell’ecologia ambientale, che può molto aiutare a comprendere quelli dell’"ecologia umana" (cfr Id, Discorso al Bundestag, Berlino, 22 settembre 2011). La famiglia è scuola privilegiata di generosità, di condivisione, di responsabilità, scuola che educa a superare una certa mentalità individualistica che si è fatta strada nelle nostre società. Sostenere e promuovere le famiglie, valorizzandone il ruolo fondamentale e centrale, è operare per uno sviluppo equo e solidale.

Non possiamo ignorare la sofferenza di tante famiglie, dovuta alla mancanza di lavoro, al problema della casa, alla impossibilità pratica di attuare liberamente le proprie scelte educative; la sofferenza dovuta anche ai conflitti interni alle famiglie stesse, ai fallimenti dell’esperienza coniugale e familiare, alla violenza che purtroppo si annida e fa danni anche all’interno delle nostre case. A tutti dobbiamo e vogliamo essere particolarmente vicini, con rispetto e con vero senso di fraternità e di solidarietà. Vogliamo però soprattutto ricordare la testimonianza semplice, ma bella e coraggiosa di tantissime famiglie, che vivono l’esperienza del matrimonio e dell’essere genitori con gioia, illuminati e sostenuti dalla grazia del Signore, senza paura di affrontare anche i momenti della croce che, vissuta in unione con quella del Signore, non impedisce il cammino dell’amore, ma anzi può renderlo più forte e più completo.

Possa questa Settimana Sociale contribuire in modo efficace a mettere in evidenza il legame che unisce il bene comune alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio, al di là di pregiudizi e ideologie. Si tratta di un debito di speranza che tutti hanno nei confronti del Paese, in modo particolare dei giovani, ai quali occorre offrire speranza per il futuro. A Lei, caro Fratello, e alla grande assemblea della Settimana Sociale di Torino assicuro il mio ricordo nella preghiera e, mentre chiedo di pregare anche per me e per il mio servizio alla Chiesa, invio di cuore la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 11 settembre 2013

 

FRANCESCO






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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22/09/2013 21:51
 
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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALL'INCONTRO PROMOSSO DALLA
FEDERAZIONE INTERNAZIONALE DELLE ASSOCIAZIONI DEI MEDICI CATTOLICI

Sala Clementina
Venerdì
, 20 settembre 2013




 

Vi chiedo scusa per il ritardo, perché oggi … questa è una mattina troppo complicata, per le udienze … Vi chiedo scusa.

1. La prima riflessione che vorrei condividere con voi è questa: noi assistiamo oggi ad una situazione paradossale, che riguarda la professione medica. Da una parte constatiamo – e ringraziamo Dio –  i progressi della medicina, grazie al lavoro di scienziati che, con passione e senza risparmio, si dedicano alla ricerca delle nuove cure. Dall’altra, però, riscontriamo anche il pericolo che il medico smarrisca la propria identità di servitore della vita. Il disorientamento culturale ha intaccato anche quello che sembrava un ambito inattaccabile: il vostro, la medicina! Pur essendo per loro natura al servizio della vita, le professioni sanitarie sono indotte a volte a non rispettare la vita stessa. Invece, come ci ricorda l’Enciclica Caritas in veritate, «l’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo”. Non c’è vero sviluppo senza questa apertura alla vita. “Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono. L’accoglienza della vita tempra le energie morali e rende capaci di aiuto reciproco» (n. 28). La situazione paradossale si vede nel fatto che, mentre si attribuiscono alla persona nuovi diritti, a volte anche presunti diritti, non sempre si tutela la vita come valore primario e diritto primordiale di ogni uomo. Il fine ultimo dell’agire medico rimane sempre la difesa e la promozione della vita.

2. Il secondo punto: in questo contesto contraddittorio, la Chiesa fa appello alle coscienze, alle coscienze di tutti i professionisti e i volontari della sanità, in maniera particolare di voi ginecologi, chiamati a collaborare alla nascita di nuove vite umane. La vostra è una singolare vocazione e missione, che necessita di studio, di coscienza e di umanità. Un tempo, le donne che aiutavano nel parto le chiamavamo “comadre”: è come una madre con l’altra, con la vera madre. Anche voi siete “comadri” e “compadri”, anche voi.

Una diffusa mentalità dell’utile, la “cultura dello scarto”, che oggi schiavizza i cuori e le intelligenze di tanti, ha un altissimo costo: richiede di eliminare esseri umani, soprattutto se fisicamente o socialmente più deboli. La nostra risposta a questa mentalità è un “sì” deciso e senza tentennamenti alla vita. «Il primo diritto di una persona umana è la sua vita. Essa ha altri beni e alcuni di essi sono più preziosi; ma è quello il bene fondamentale, condizione per tutti gli altri» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione sull’aborto procurato, 18 novembre 1974, 11). Le cose hanno un prezzo e sono vendibili, ma le persone hanno una dignità, valgono più delle cose e non hanno prezzo. Tante volte, ci troviamo in situazioni dove vediamo che quello che costa di meno è la vita. Per questo l’attenzione alla vita umana nella sua totalità è diventata negli ultimi tempi una vera e propria priorità del Magistero della Chiesa, particolarmente a quella maggiormente indifesa, cioè al disabile, all’ammalato, al nascituro, al bambino, all’anziano, che è la vita più indifesa.

Nell’essere umano fragile ciascuno di noi è invitato a riconoscere il volto del Signore, che nella sua carne umana ha sperimentato l’indifferenza e la solitudine a cui spesso condanniamo i più poveri, sia nei Paesi in via di sviluppo, sia nelle società benestanti. Ogni bambino non nato, ma condannato ingiustamente ad essere abortito, ha il volto di Gesù Cristo, ha il volto del Signore, che prima ancora di nascere, e poi appena nato ha sperimentato il rifiuto del mondo. E ogni anziano, e – ho parlato del bambino: andiamo agli anziani, altro punto! E ogni anziano, anche se infermo o alla fine dei suoi giorni, porta in sé il volto di Cristo. Non si possono scartare, come ci propone la “cultura dello scarto”! Non si possono scartare!

3. Il terzo aspetto è un mandato: siate testimoni e diffusori di questa “cultura della vita”. Il vostro essere cattolici comporta una maggiore responsabilità: anzitutto verso voi stessi, per l’impegno di coerenza con la vocazione cristiana; e poi verso la cultura contemporanea, per contribuire a riconoscere nella vita umana la dimensione trascendente, l’impronta dell’opera creatrice di Dio, fin dal primo istante del suo concepimento. È questo un impegno di nuova evangelizzazione che richiede spesso di andare controcorrente, pagando di persona. Il Signore conta anche su di voi per diffondere il “vangelo della vita”.

In questa prospettiva i reparti ospedalieri di ginecologia sono luoghi privilegiati di testimonianza e di evangelizzazione, perché là dove la Chiesa si fa «veicolo della presenza del Dio» vivente, diventa al tempo stesso «strumento di una vera umanizzazione dell’uomo e del mondo» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione, 9). Maturando la consapevolezza che al centro dell’attività medica e assistenziale c’è la persona umana nella condizione di fragilità, la struttura sanitaria diventa «luogo in cui la relazione di cura non è mestiere- la vostra relazione di cura non è mestiere- ma missione; dove la carità del Buon Samaritano è la prima cattedra e il volto dell’uomo sofferente, il Volto stesso di Cristo» (Benedetto XVI, Discorso all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, 3 maggio 2012).

Cari amici medici, voi che siete chiamati a occuparvi della vita umana nella sua fase iniziale, ricordate a tutti, con i fatti e con le parole, che questa è sempre, in tutte le sue fasi e ad ogni età, sacra ed è sempre di qualità. E non per un discorso di fede - no, no - ma di ragione, per un discorso di scienza! Non esiste una vita umana più sacra di un’altra, come non esiste una vita umana qualitativamente più significativa di un’altra. La credibilità di un sistema sanitario non si misura solo per l’efficienza, ma soprattutto per l’attenzione e l’amore verso le persone, la cui vita sempre è sacra e inviolabile.

Non tralasciate mai di pregare il Signore e la Vergine Maria per avere la forza di compiere bene il vostro lavoro e testimoniare con coraggio – con coraggio! Oggi ci vuole coraggio – testimoniare con coraggio il “vangelo della vita”! Grazie tante.



[SM=g1740733]


[Modificato da Caterina63 22/09/2013 21:52]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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23/09/2013 12:30
 
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Uomo, riscopri la tua vera identità

23.09.2013 11:47

 

Continuando a dar voce ad alcune e-mail ricevute, proseguiamo con altre due che in sostanza chiedono e riflettono gli stessi problemi, così da darci modo di evadere il tutto in una unica risposta che possa aiutare tutti noi ad attenti approfondimenti e sano discernimento.

ecco le due e-mail:

1) Approfitto di questa mail per aggiungere un'osservazione che mi è venuta in mente in questi giorni: forse tutto il dibattito sull'omosessualità è inficiato da un'erronea visione del sesso che coinvolge anche molti cattolici?

Me lo chiedo perchè, al giorno d'oggi, tutti sembrano dare per scontato che le pulsioni sessuali siano cosa buona e giusta, da accogliere e assecondare: "Il sesso fa bene alla salute", "Le pulsioni vanno sfogate, non represse, sennò ci si pervertisce", "Una soddisfacente attività sessuale, anche da anziani, è fondamentale nella coppia", "bisogna assecondare la propria natura"... ecc. ecc. Siamo stati tutti cresciuti (almeno quelli della mia generazione) con queste idee, trasmesseci da riviste e programmi Tv.

Però, leggendo soprattutto San Paolo, non mi pare proprio che la visione cristiana del sesso sia in questi termini.

Mi sembra che Paolo faccia continuamente riferimento ai desideri e alle opere della carne come a qualcosa di negativo, da combattere, per far sì che cresca in noi, giorno dopo giorno, l'uomo spirituale a scapito di quello carnale.

Paolo raccomanda la continenza, e ammette il matrimonio solo per chi non riesce a vivere in tale stato. Però, anche per i coniugi, raccomanda che il talamo sia senza macchia, che mi pare sia sempre stato interpretato come un invito a non eccedere nell'attività sessuale. Mi pare che per Paolo l'unione carnale sia legittima solo nella misura in cui è funzionale alla procreazione. Almeno così mi sembra che la interpreti sant'Agostino ne "La dignità del matrimonio", dove afferma che i figli sono l'unico frutto onesto del matrimonio, e che l'amplesso tra coniugi fatto senza l'intento di procreare è peccato, veniale ma pur sempre peccato. Ora, se accettiamo che le pulsioni sessuali non sono buone se non nella misura in cui sono funzionali alla procreazione (che poi la coppia sia sterile non importa, l'importante è che l'atto sia procreativo, genitale), e che quindi, anche tra coniugi, è preferibile astenersi quando possibile, possiamo chiaramente respingere qualunque pretesa di equiparazione tra eterosessualità e omosessualità, in quanto tra due uomini e due donne non è mai possibile un atto di tipo procreativo.

Ma se accettiamo che il sesso è un bene in sè a prescindere dalla procreazione, come fanno anche tanti, troppi cattolici, diventa molto più difficile negare legittimità ai rapporti gay rispetto a quello eterosessuali. Che ne pensa?

 

seconda e-mail:

 

2) ... facendo riferimento così all'ultimo articolo da voi postato sul problema dell'omosessualità, mi interesserebbe comprendere, o avere di che riflettere, sulla corretta interpretazione di quanto scrive san Paolo sul Matrimonio e di come la pensa davvero Papa Francesco. Grazie.

 

***

 

 

Proviamo  a fare discernimento più che a dare delle risposte come si usa fare oggi, rischiando di soggettivare la Scrittura stessa, come abbiamo visto nell'articolo precedente, a seconda delle mode del momento, o come quella di attribuire al Pontefice di turno di tutto e di più di ciò che non dice affatto.

(raccomandiamo anche questo articolo:  Il dramma del femminismo e la soppressione della paternità )

 

Rispondiamo perciò volentieri ringraziando le due e-mail per queste domande e approfondimenti, un segno tangibile della reale preoccupazione che dovrebbe sollecitare tutti ad approfondire certi temi, con serenità e con la bellezza della Scrittura insieme alla nostra santa Tradizione magisteriale, pontificia.

Si potrebbe già chiudere qui la risposta perchè quanto scrive soprattutto la prima e-mail è tutto vero e come vediamo abbiamo una coscienza che se ordinata alla corretta interpretazione del nostro corpo (con tutti gli organi annessi), porta in modo del tutto naturale a comprendere gli errori attuali mentre, come Voi stessi avete intuito, per far diventare ciò che è sbagliato una verità, è necessario capovolgere il nostro stesso umanesimo, capovolgere o re-inventarsi una nuova antropologia. Non è più l'uomo al centro, ma i suoi organi, il sesso, quel cedere alla carne ripetuto spesso da San Paolo.

La legge naturale scritta dentro di noi, immessa nel nostro DNA dal Dio Creatore, non attende altro che essere svelata (=perchè offuscata dal Peccato Originale, se si nega questo, si negano tutte le altre conseguenze, anche sessuali), e il paradosso che stiamo vivendo è che alla fine si fa più fatica a negare, mediante contorsioni interpretativi, che a credere correttamente ciò che più semplicemente si legge nella Scrittura.

C'è la bellissima espressione di San Paolo ai Corinzi:  "Vorrei che tutti fossero come me; ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro. Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere" (1Cor.7,7-9).

Paolo parlando della condizione da vivere avrebbe desiderato che molti si fossero astenuti  dai piaceri della carne come lui - quindi è assai probabile che San Paolo fosse celibe e non sposato come pretenderebbe una certa esegesi modernista -  "ma ciascuno ha il proprio dono da Dio" è la vocazione che, come è stato già detto qui si esplica nei due Sacramenti ben distinti: Matrimonio e Ordine Sacro, ma se vogliamo possiamo unirci la Consacrazione per le donne negli ordini monastici e religiosi, che non è un Sacramento ma gli impegni assunti sono sulla stessa lunghezza d'onda, sono quel "ciascuno ha il proprio dono da Dio", come quando anche un medico deve fare una sorta di "giuramento" che conosciamo come il "Giuramento di Ippocrate" il quale, venuto meno anche questo, sta deformando la stessa professionalità dei medici i quali infatti, chiamati a salvare vite umane, sono finiti per uccidere la vita umana fin dal suo concepimento, o ad ergersi addirittura padroni della morte con la maschera dell'eutanasia.

Il punto è che ogni lavoro dell'uomo, se ben inteso correttamente, è una vocazione e quando viene meno questa espressione, o svuotata la vocazione del suo contenuto trascendentale che è la vera dignità che investe l'uomo, si generano le aberrazioni.

San Paolo, dunque, si dice anche preoccupato per certe situazioni familiari - nulla di nuovo a quanto pare - e riconosce la legittimità della separazione, ma non del divorzio, separarsi non è un ripudiare ma un tempo di riflessione durante il quale gli sposi dovranno occuparsi delle proprie anime e non dei corpi.

Inoltre per San Paolo la motivazione della separazione è ben altra che quella a cui si ricorre oggi, dice: "Ma se il non credente vuol separarsi, si separi", quindi non è consentito neppure al credente di separarsi quando vuole perchè, spiega: " E che sai tu, donna, se salverai il marito? O che ne sai tu, uomo, se salverai la moglie?"

salvarsi da che cosa? per questo poco prima Paolo riprendendo le parole del Signore Gesù, in Matteo 19, dice con severo monito:

" Agli sposati poi ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito -  e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito - e il marito non ripudi la moglie..." (sempre 1Cor. cap.7).

Insomma, da San Paolo stesso apprendiamo che il valore dell'unione tra un uomo e una donna prevede certamente due consolazioni unite ed inseparabili: agire per essere collaboratori di Dio nella procreazione e la consolazione, senza alcun dubbio, data dall'unione sponsale (e non sessuale) nella quale il sesso è uno strumento anche di piacere, non lo mettiamo in dubbio, ma per un fine e non già il fine.

Il sesso è perciò uno strumento, piacevole, per mettere al mondo i figli e dove il parto non è mai facile, ricordiamo le parole drammatiche della Genesi 3,16 "Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà».

In cosa consiste questa "dominazione"? Se fosse esclusivamente una questione materiale, dalla quale la donna non può sottrarsi, avremmo davvero un Dio implacabile e la donna sarebbe senza alcuna via d'uscita. Innanzi tutto Dio stesso spiega la vera natura di questo rapporto quando "trae dall'uomo la donna", l'uomo viene creato dalla terra, ma la donna è tratta dall'uomo: «Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile». Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo.  Allora l'uomo disse: «Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall'uomo è stata tolta». Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne...." (Gn.2,18-24)

Ma ce n'è anche per l'uomo. Quando Pietro  chiede a Gesù: "«Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».

Gesù gli rispose: «In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna» (Mc.10,28-30). A chi rinuncia alla sessualità carnale - ad avere una famiglia propria, figli, ecc -  per dedicarsi ad una paternità spirituale, ad una maternità spirituale, a quel "farsi eunuchi per il regno dei cieli (cf.Mt.19) ecco che il Signore promette il centuplo, e promette un godimento (=estasi) eterno, senza fine.

Non è un caso se Paolo arriva a dire parole sublimi come queste:

 "Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore;  il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo.  E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei,  per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola,  al fine di farsi comparire dav anti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolataCosì anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa,  poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!  Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito" (Efes.5,22-33).

Il vero prete conta molto su questa promessa! Egli risponde ad una vocazione, certo, ma il seguire poi Cristo restandoGli fedele, sposando misticamente la Chiesa e vivendo senza cercarne altre di "spose" o donne, diventa un atto di volontà quotidiano che va coltivato, custodito, protetto, salvaguardato e supplicato ogni giorno perchè il rischio di cadere e di perdere c'è sempre.

E questo vale sia per i Preti quanto per i Consacrati, quanto per gli Sposi. I due Sacramenti fanno parte di quell'unico pacchetto - i 7 Sacramenti - che si prende o tutto intero, integralmente, o non se ne fa nulla, così come a ragione ha scritto Benedetto XVI nella Sacramentum Caritatis:

"La Chiesa si riceve e insieme si esprime nei sette Sacramenti, attraverso i quali la grazia di Dio influenza concretamente l'esistenza dei fedeli affinché tutta la vita, redenta da Cristo, diventi culto gradito a Dio"

 

Come possiamo notare, il vero nocciolo di un dialogo fruttuoso non è il sesso in sè ma tutto ciò che ruota attorno alla vera felicità la quale, per altro: "non è di questo mondo", l'uomo infatti, a causa del Peccato Originale, è infelice, e ciò è dovuto al fatto che egli nasce con il peccato, cioè incline a peccare e peccando muore (cf. Rom. 6,23) per cui egli è un essere spiritualmente morto, che va cercando altrove l'appagamento che altro poi non è che un surrogato, un palliativo e pure un effetto placebo.

E' opportuno riportare  questo esempio: la pistola, l'arma.

 Certo che fa male e uccide, ma se usata a dovere - vediamo le forze dell'ordine - essa è uno strumento che ci difende, difende la comunità anche se ci auguriamo sempre di non doverla sentire sparare, non è bello, ma non è bello neppure vedere trucidare le persone senza poter fare nulla - la difesa per altro è un diritto di Cesare e di ogni uomo, sancito dalla Scrittura, il porgere l'altra guancia invece riguarda le offese personali per le quali non rispondiamo ma porgiamo appunto l'altra guancia -, e come potrebbero le guardie far prevalere la loro autorevolezza senza uno strumento di efficace soggezione?

Quindi la pistola, se nelle mani giuste, potrebbe non sparare mai e se spara lo fa per difendere la collettività. E potremmo portare l'esempio del computer, dell'uso di internet, ecc..

Il sesso, ed altri strumenti in uso all'uomo, sono appunto strumenti per raggiungere uno scopo e se usati bene, se nelle mani giuste, producono effetti positivi, diversamente si compiono stragi, si sparge dolore, morte, offesa, violenza, sopraffazione, sterilità.

Non dipende perciò dagli strumenti, ma dall'uso che la nostra coscienza vuole farne.

Viene strumentalizzata la pistola quando si fanno le rapine, così come si strumentalizza il sesso quando lo si usa in modo scorretto, non naturale, non per lo scopo per il quale esiste.

Usare il sesso in modo errato è commettere una rapina.

Per carità, non mettiamo tutto sullo stesso piano, questo è solo un esempio, esistono infatti peccati veniali e peccati mortali, uccidere una persona è un peccato mortale, a prescindere dall'arma usata, ma anche l'adulterio è parte del sesto Comandamento anche se non uccide il corpo può, infatti, far morire l'anima.

Un conto poi è la legittima difesa provata, altra cosa è la sopraffazione del più forte. Così come l'aborto è un grave peccato mortale ma più grave è la responsabilità della donna o la coppia consenziente che lo pianifica, così come più grave è il peccato commesso da persone che si attivano per uccidere concepiti altrui - leggasi i medici senza scrupoli -, più grave è il coinvolgimento della volontà perversa di queste persone che sfruttano la debolezza di quelle donne che abortiscono, per esempio, perchè costrette con la forza, o per ignoranza, o per disagio sociale come alcool e droga e pure violenza carnale. Insomma, la giustizia Divina tiene conto di tutto, ma questo non legittima l'uomo a farsi giustizia da sè o a giustificare le proprie scelte sbagliate.

Come si evince dallo sviluppo di queste risposte, rinchiudere il problema esclusivamente al sesso è un errore che rischia spesso di inficiare piuttosto la bellezza della dottrina a riguardo dei nostri comportamenti verso il prossimo che siamo chiamati ad amare e non ad usare o abusare. Tanto per usare correttamente un altro verso della Scrittura, l'uomo è tenuto stretto dalle funi del suo peccato (cf. Prov. 5,22), ed ha bisogno che "Qualcuno" rompa queste funi.

Senza dubbio e come ci rammenta Genesi: "tutto ciò che Dio ha creato è buono" era buono, il Peccato Originale ha interrotto la naturalezza della creazione facendoci piombare nelle tenebre delle cose di Dio, delle cose che ci riguardano. Il sesso non era "un problema" o materia di discussione quando Dio creò l'uomo e lo pose nell'Eden, o almeno non lo era così come lo si evince oggi. Così come attualissime sono le parole di San Paolo: «Tutto mi è lecito!». Ma non tutto giova. «Tutto mi è lecito!». Ma io non mi lascerò dominare da nulla" (1Cor.6,12). Questa è la vera libertà che porta all'autentica felicità e all'uso corretto di ogni strumento che Dio ci ha donato.

 

Nella Deus Caritas est Benedetto XVI fa un ottima esegesi a riguardo del vero Amore e dell'eros, il passo è un pò lungo, ma Vi invitiamo a leggerlo integralmente, è al primo capitolo.

Interessante quest'altro passo della stessa enciclica:

"Oggi non di rado si rimprovera al cristianesimo del passato di esser stato avversario della corporeità; di fatto, tendenze in questo senso ci sono sempre state. Ma il modo di esaltare il corpo, a cui noi oggi assistiamo, è ingannevole.

L'eros degradato a puro « sesso » diventa merce, una semplice « cosa » che si può comprare e vendere, anzi, l'uomo stesso diventa merce. In realtà, questo non è proprio il grande sì dell'uomo al suo corpo.

Al contrario, egli ora considera il corpo e la sessualità come la parte soltanto materiale di sé da adoperare e sfruttare con calcolo. Una parte, peraltro, che egli non vede come un ambito della sua libertà, bensì come un qualcosa che, a modo suo, tenta di rendere insieme piacevole ed innocuo. In realtà, ci troviamo di fronte ad una degradazione del corpo umano, che non è più integrato nel tutto della libertà della nostra esistenza, non è più espressione viva della totalità del nostro essere, ma viene come respinto nel campo puramente biologico. L'apparente esaltazione del corpo può ben presto convertirsi in odio verso la corporeità. La fede cristiana, al contrario, ha considerato l'uomo sempre come essere uni-duale, nel quale spirito e materia si compenetrano a vicenda sperimentando proprio così ambedue una nuova nobiltà. Sì, l'eros vuole sollevarci « in estasi » verso il Divino, condurci al di là di noi stessi, ma proprio per questo richiede un cammino di ascesa, di rinunce, di purificazioni e di guarigioni".

 

Come possiamo rispondere noi a questi problemi così ingigantiti dal favore dei Cesari odierni che stanno legittimando ed imponendo una devastazione antropologica?

Con pazienza e verità, e con questa virtù diffondere ragionevolmente la verità sul nostro umanesimo, sul chi siamo, perchè viviamo, nasciamo e moriamo, dove siamo diretti e a cosa servono gli organi chiamati appunto "genitali" che la scienza stessa chiama "produttivi-riproduttivi" e poi comportarci con coscienza coerentemente perchè, diciamoci la verità, il danno maggiore che stiamo vivendo è l'incoerenza di tanti che dicendosi cristiani e pure cattolici di fatto hanno disatteso la loro stessa natura per rincorrere una felicità fittizia, carnale, temporale, dimenticando quel monito che echeggia in Quaresima: ricordati che sei polvere e che polvere ritornerai, ma  l'anima sopravvive prima della risurrezione dei corpi che avverrà nel giorno del Giudizio Universale, e riceverà subito da Dio ciò che ha vissuto, ciò che avrà scelto, sulla terra.

 

E' bene per noi chiudere queste riflessioni, rimandando alle recenti parole di Papa Francesco ai Medici Cattolici ricevuti in Udienza il 20 settembre 2013, così anche per sfatare le menzogne mediatiche di questi giorni che attribuiscono al Santo Padre l'abbandono della vera dottrina, dice il Papa:

" Invece, come ci ricorda l’Enciclica Caritas in veritate, «l’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo”. Non c’è vero sviluppo senza questa apertura alla vita (...) la Chiesa fa appello alle coscienze, alle coscienze di tutti i professionisti e i volontari della sanità, in maniera particolare di voi ginecologi, chiamati a collaborare alla nascita di nuove vite umane. La vostra è una singolare vocazione e missione, che necessita di studio, di coscienza e di umanità. Un tempo, le donne che aiutavano nel parto le chiamavamo “comadre”: è come una madre con l’altra, con la vera madre. Anche voi siete “comadri” e “compadri”, anche voi.

Una diffusa mentalità dell’utile, la “cultura dello scarto”, che oggi schiavizza i cuori e le intelligenze di tanti, ha un altissimo costo: richiede di eliminare esseri umani, soprattutto se fisicamente o socialmente più deboli. La nostra risposta a questa mentalità è un “sì” deciso e senza tentennamenti alla vita. «Il primo diritto di una persona umana è la sua vita. Essa ha altri beni e alcuni di essi sono più preziosi; ma è quello il bene fondamentale, condizione per tutti gli altri» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione sull’aborto procurato, 18 novembre 1974, 11). Le cose hanno un prezzo e sono vendibili, ma le persone hanno una dignità, valgono più delle cose e non hanno prezzo..."

 

Come si legge chiaramente, il Santo Padre Francesco nel riportare un noto e chiaro Documento, ribadisce la dottrina della Chiesa che la vita umana fin dal suo concepimento è quella condizione fondamentale dalla quale poi derivano tutti gli altri veri diritti che l'uomo rivendica per la sua sussistenza, quali il lavoro, la salute, ecc. Beni legati al bene stesso della società e non presunti beni associati alle proprie voglie. C'è invece oggi la grave tentazione di perseguire, legittimare, trasformare - imponendo - tutto ciò che l'egoismo ritiene un bene, diversamente da ciò che siamo chiamati invece a perseguire e che il vero Bene.

Così come è stato taciuto il Messaggio Pontificio di Papa Francesco ai Vescovi per la 47° Settimana sociale dei Cattolici, 11 settembre 2013,

nel quale dice:

" Anzitutto come Chiesa offriamo una concezione della famiglia, che è quella del Libro della Genesi, dell’unità nella differenza tra uomo e donna, e della sua fecondità. In questa realtà, inoltre, riconosciamo un bene per tutti, la prima società naturale, come recepito anche nella Costituzione della Repubblica Italiana. Infine, vogliamo riaffermare che la famiglia così intesa rimane il primo e principale soggetto costruttore della società e di un’economia a misura d’uomo, e come tale merita di essere fattivamente sostenuta. Le conseguenze, positive o negative, delle scelte di carattere culturale, anzitutto, e politico riguardanti la famiglia toccano i diversi ambiti della vita di una società e di un Paese: dal problema demografico – che è grave per tutto il continente europeo e in modo particolare per l’Italia – alle altre questioni relative al lavoro e all’economia in generale, alla crescita dei figli, fino a quelle che riguardano la stessa visione antropologica che è alla base della nostra civiltà (cfr Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 44).

Queste riflessioni non interessano solamente i credenti ma tutte le persone di buona volontà, tutti coloro che hanno a cuore il bene comune del Paese, proprio come avviene per i problemi dell’ecologia ambientale, che può molto aiutare a comprendere quelli dell’"ecologia umana" (cfr Id, Discorso al Bundestag, Berlino, 22 settembre 2011). La famiglia è scuola privilegiata di generosità, di condivisione, di responsabilità, scuola che educa a superare una certa mentalità individualistica che si è fatta strada nelle nostre società. Sostenere e promuovere le famiglie, valorizzandone il ruolo fondamentale e centrale, è operare per uno sviluppo equo e solidale".

 

Diffidiamo pertanto di ciò che i Media riportano falsificando le parole del Papa e sollecitiamoci ad andare a leggere i testi ufficiali ed integralmente. Diffidiamo di coloro che, preti, vescovi o professori qual fossero, propongono distorsioni nell'interpretazione della Scrittura.

 

"Nos cum prole pia, benedicat  Virgo Maria"

(noi, con tutti i figli devoti, ci benedica la Vergine Maria)

 

***




[Modificato da Caterina63 23/09/2013 13:50]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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2013-10-05 Radio Vaticana

Una Bologna implosa, disgregata e che non ricerca il bene comune. E’ la fotografia della città presentata ieri dal suo arcivescovo, il cardinale Carlo Caffarra, nell’omelia della festa del Santo patrono Petronio, 4 ottobre.

Una precisa ideologia politica ha ispirato per anni, dalla fine della seconda guerra mondiale, la convivenza del capoluogo emiliano, ma ora quel modello è franato, c’è stata una caduta culturale del confronto politico.




“Ora il vero rischio della nostra città – come della cultura occidentale – è di rassegnarsi a vivere dentro una cultura incapace di dare un assetto sensato al nostro convivere, che non sia la mera esaltazione della libertà individuale. Una cultura che intende dispensare l’uomo dalla ricerca di un senso della vita”.

La situazione e il destino di Bologna: di questo ha parlato il cardinale Carlo Caffarra nell’omelia della festa di San Petronio nel massimo tempio cittadino che si affaccia su Piazza Maggiore. L’analisi va ai decenni del “modello Bologna”, della “vetrina italiana del buon governo” che non ha retto. Il cammino della storia, graduale ma inesorabile, ha portato verso l’implosione di un sistema che ospitava al suo interno una grande menzogna sull’uomo. Ma l’attenzione è anche sul presente, sulla cronaca di queste settimane che ha rischiato di vedere nella storia cittadina la cancellazione dell’identità di “padre” e “madre” dai moduli di iscrizione dei bambini alla scuola materna.
“Negare il significato morale proprio del corpo e dei comportamenti che ad esso si riferiscono, ha detto il cardinale Caffarra:

“Significa, cari amici, correre il rischio di scardinare millenni di civiltà, di far scomparire le figure fondamentali dell’esistenza umana: il padre, la madre, il figlio”.

Poi l’invito a non spezzare la catena generazionale e a vigilare sui temi dell’educazione e del lavoro:
“E’ sommamente ingiusto che i giovani non trovino accesso al mondo del lavoro. Stiamo correndo, a causa di questo, un grave rischio: farli sentire 'superflui' e come 'sovrannumerari', una generazione di cui la società, alla fine, non sa che farsene. E così commettiamo nei loro confronti il peggiore dei furti: li derubiamo della speranza”.

In un giorno di festa di fronte a migliaia di fedeli il cardinale Carlo Caffarra ha voluto ricordare poi la strage di immigrati di qualche giorno fa nel mare di Lampedusa:
“Ecco, fratelli e sorelle, dove porta la follia delle guerre; la barbarie della 'globalizzazione dell’egoismo'; la pervicace indifferenza di istituzioni, che anche in questo modo stanno distruggendo la grandezza della civiltà europea”.




[SM=g1740733]  il testo integrale:

Solennità di San Petronio
Basilica di San Petronio, 4 ottobre 2013


Quest’anno la gioiosa festività del nostro Patrono è profondamente rattristata dalla tragedia di Lampedusa. Celebriamo questa Santa Eucaristia anche in suffragio di quelle vittime.
Quando accadono episodi come questo, è l’umanità di ogni persona che è umiliata. Ecco dove porta la follia delle guerre; la barbarie della "globalizzazione dell’egoismo"; la pervicace indifferenza di istituzioni, che anche in questo modo stanno distruggendo la grandezza della civiltà europea.
Il Signore abbia pietà di noi tutti: il sangue degli innocenti grida vendetta al suo cospetto.

La solennità del momento che stiamo vivendo; la santità e la bellezza del luogo in cui ci troviamo, orgoglio di ogni bolognese; la memoria di Petronio, Vescovo che ha edificato spiritualmente questa città, ci chiedono di riflettere profondamente sul suo destino e sulle sue condizioni.

Saluto le autorità civili – in primo luogo il Sindaco -, le autorità militari, e le autorità accademiche dell’Alma Mater. La loro presenza, che fedelmente si ripete ogni anno, dimostra il loro desiderio di rendere la nostra città sempre più vivibile ed amabile.

1. La seconda lettura ci invita ad una comprensione della vicenda storica, più profonda di quella offerta dai resoconti cronachistici.

La costruzione dell’unità fra le persone e fra i popoli è un desiderio così profondo, che tutta la Storia ne è attraversata. Ne è la corrente profonda. Quale unità?

Certamente l’unità che possiamo verificare, e che è causata dall’appartenenza alla stessa Nazione o alla stessa città. Ma l’apostolo Paolo nella seconda lettura parla di una forza unitiva più profonda: "pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri". Il centro di attrazione è il Signore Gesù: "quando sarò innalzato, attirerò tutti a me" [Gv 12,32].

"Cristo è come un centro in cui convergono le linee affinché le creature del Dio unico non restino nemiche ed estranee le une con le altre, ma abbiano un luogo comune dove manifestare la loro amicizia e la loro pace" [S. Massimo il Confessore].

Ma Gesù nella pagina del Vangelo appena proclamata, ci avverte che esiste anche una forza che contrasta la forza unitiva. "E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo". La forza di contrasto è in atto quando qualcuno pensa di essere superiore agli altri: quando si innalza sul fratello per dominarlo o farne uso. Quando qualcuno esercita il potere di cui è in possesso, come dominio più o meno esplicito sugli altri.

Cari fratelli e sorelle, la Storia nella sua profondità è il conflitto di queste due forze: la forza attrattiva di Cristo, che fa in Sé di tutti gli uomini un solo corpo; la forza disgregante di chiunque pone se stesso al centro della realtà, nell’adorazione dell’opera delle proprie mani [cfr. Francesco, Lett. Enc. Lumen fidei 13].

Nel Vangelo abbiamo una rappresentazione perfetta del conflitto fra le due forze: l’incontro di Gesù con Pilato, come è raccontato dal Vangelo secondo Giovanni [cfr. Gv 18, 35-40].

Siamo ancora all’inchiesta previa al processo, si direbbe oggi. Il punto da verificare è uno solo: se Cristo intende instaurare uno Stato o un Regno alternativo all’Impero di Roma.

Cristo lo esclude in modo assoluto, e quindi riconosce nel suo ambito l’autorità del magistrato romano. Ma nello stesso tempo afferma l’esistenza di un altro Regno colle seguenti parole: "Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce".

Queste parole di Gesù ci dicono in primo luogo in che cosa consiste la forza che fonda e difende il suo Regno. E’ la "testimonianza alla verità". E’ la sua vita luminosa. Nelle sue azioni e nelle sue parole, ma soprattutto nel mistero della sua Persona si rivela pienamente l’amore di Dio verso l’uomo. E’ questa Rivelazione la forza attrattiva di Gesù, così potente da fare di tutti noi un solo corpo.

Le parole dette da Gesù a Pilato indicano anche chi sono coloro che entrano in questo "campo gravitazionale": coloro che "sono dalla Verità".

Sono coloro che cercano di fare luce nel groviglio della propria esistenza, senza nessun pregiudizio, senza censurare le grandi domande del cuore. Perché "chi cerca la verità, cerca Dio, ne sia egli consapevole o meno" [E. Stein]. Sono coloro che mediante fede sono introdotti in quella rivelazione dell’amore di Dio avvenuta in Gesù, il quale è il significato e il Destino ultimo della persona umana, e il fondamento su cui poggia la realtà.

2. Cari amici, questa interpretazione della nostra storia quotidiana come costruzione di un’unità fra gli uomini che è il "corpo di Cristo", e come disgregazione sociale causata dall’esaltazione di se stesso sopra gli altri, ci aiuta a comprendere la condizione culturale, spirituale, della nostra città? Vorrei ora offrirvi alcune riflessioni al riguardo.

Non c’è dubbio che la nostra città ha conosciuto per molti anni dopo la seconda guerra mondiale, una forma, un modo di convivere ispirato da una precisa ideologia politica. Essa ha assicurato una città in se stessa compaginata. Non dico altro: non devo addentrarmi in analisi che non mi competono come Vescovo, ancor meno durante un’omelia liturgica.

Questo modello di convivenza è gradualmente imploso, lasciando la nostra città incamminata sulla via di una progressiva disgregazione, di un progressivo disinteresse per il bene comune, di una caduta culturale del confronto politico. Il segno di tutto questo, il segno più inequivocabile è visibile: la nostra è diventata una città sporca, dai muri inguardabili.

Perché c’è stata quella graduale implosione? Perché quel sistema, quel modello includeva una grande menzogna sull’uomo. Non dico sull’uomo considerato astrattamente. Una grande menzogna sull’uomo concreto, sull’uomo reale non astratto, al quale non è risparmiato il dramma della libertà. Sull’uomo che lavora; sull’uomo che desidera educare liberamente i suoi figli; sull’uomo che ogni mattino saluto, aprendo le finestre della mia camera, perché dorme nella piazza sottostante.

Ora il vero rischio della nostra città – come della cultura occidentale – è di rassegnarsi a vivere dentro una cultura incapace di dare un assetto sensato al nostro convivere, che non sia la mera esaltazione della libertà individuale. Una cultura che intende dispensare l’uomo dalla ricerca di un senso della vita. La rassegnazione, la de-moralizzazione, l’avvilimento del cuore che ne derivano, possono essere fatali, perché ci portano a pensare che ciascuno di noi è impotente di fronte ai grandi poteri e meccanismi economici e finanziari.

3. Quali sono le dimensioni fondamentali della verità circa l’uomo concreto, quella verità che preme dal fondo della nostra coscienza individuale e che sola può fare risorgere la nostra città? Sono soprattutto quattro. Le richiamo telegraficamente.

- La persona umana è persona-uomo e persona-donna. Il matrimonio e la famiglia si radicano in questo mistero della nostra umanità. Voler ignorare questa semplice verità circa l’uomo concreto, neutralizzando dal punto di vista etico femminilità e mascolinità; negando il significato morale proprio del corpo e dei comportamenti che ad esso si riferiscono, significa correre il rischio di scardinare millenni di civiltà. Si corre il rischio di far scomparire le figure fondamentali dell’esistenza umana: il padre, la madre, il figlio. La realtà psico-fisica della femminilità e della mascolinità non è né muta né ottusa: ha un suo proprio linguaggio e una sua propria intelligibilità.

- La "catena generazionale" mediante la quale ogni generazione trasmette all’altra semplicemente la propria umanità. Voi sapete che questa trasmissione si chiama "educazione della persona". Quale progetto di vita stiamo trasmettendo alle generazioni che seguono alla nostra: ai bambini, ai giovani? Vigiliamo, noi adulti, perché non si interrompa la catena; perché non accada di lasciare figli spiritualmente senza padre/madre. L’afasia educativa dei genitori causa l’afasia spirituale dei figli. Un grande impegno educativo da parte della Chiesa e della società civile è improrogabile.

- La terza dimensione della verità circa l’uomo è il lavoro. Cari amici, ancora una volta lancio il mio grido. E’ giusto che sia fatto ogni sforzo perché chi ha lavoro, non lo perda. Ma è sommamente ingiusto che i giovani non trovino accesso al mondo del lavoro. Stiamo correndo, a causa di questo, un grave rischio: farli sentire "superflui" e come "sovrannumerari", una generazione di cui la società, alla fine, non sa che farsene. E così commettiamo nei loro confronti il peggiore dei furti: li derubiamo della speranza. E che questo furto sia già stato perpetrato lo dimostra il fatto dei circa due milioni di giovani nella nostra Nazione che non fanno niente: non vanno a scuola e non cercano lavoro. Ciascuno di loro forse è stato condotto a dire: "Son riuscito a far svanire nel mio cuore ogni umana speranza" [A. Rimbaud].

- L’ultima – ma non d’importanza – dimensione dell’uomo concreto è il rapporto di cittadinanza: l’essere con l’altro nella stessa città. Abitare non solo materialmente nella nostra città, dipende dalla responsabile partecipazione di ciascuno alla sua vita. La crisi della nostra città è spirituale, e spirituale potrà essere solamente la sua ripresa.

4. Cari fratelli e sorelle, quale è la forza che in ogni momento può rinnovare la nostra città? E’ stato scritto giustamente che "le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono felice l’uomo" [cit. da V. Havel, Il potere dei senza potere, Itaca ed., Castel Bolognese 2013, pag. 25]. Il più grande potenziale del cambiamento è in noi.

"Le risorse esistenziali e morali dell’io, se ridestate liberano un potenziale di cambiamento, i cui esiti sono imprevedibili sul piano sociale" [ibid.]. La nostra città è quindi affidata a ciascuno di noi.

Esistono nella tradizione due iconografie di S. Petronio. L’una lo raffigura mentre tiene sul braccio vicino al cuore la nostra città: pater civitatis. L’altra lo raffigura nel gesto di dare cibo ai poveri: pater pauperum.

Pater civitatis – pater pauperum. E’ questo legame, il legame della civitas ai bisogni dell’uomo concreto che fa risorgere Bologna. Perché essa diventi sempre più la città dove regna la luce della Verità circa l’uomo, circa l’uomo concreto; dove questa luce diventa in ciascun cittadino energia costruttrice della nostra convivenza. Così sia.

- See more at: www.caffarra.it/omelia041013.php#sthash.NShgukeQ.dpuf

[SM=g1740733]
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10/10/2013 18:07
 
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 ATTENZIONE.......  [SM=g1740733]


a riguardo delle voci della Diocesi di Friburgo di voler procedere con i matrimoni ai divorziati, la Santa Sede ha frenato gli entusiasmi laicisti e la stessa Diocesi.....

"....proporre particolari soluzioni pastorali da parte di persone o di uffici locali può rischiare di ingenerare confusione. È bene mettere in rilievo l'importanza di condurre un cammino nella piena comunione della comunità ecclesiale".

Questo Comunicato è stato collegato all'indizione del Sinodo per ottobre 2014 DEDICATO ALLA PASTORALE SULLA FAMIGLIA.... per giungere a delle decisioni prese NON arbitrariamente, ma in comunione con il Papa.....

Un Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede rende noto che il Santo Padre Francesco ha indetto la III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, da tenersi in Vaticano, dal 5 al 19 ottobre 2014, sul tema: "Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell'evangelizzazione".

Nel capitolo del Codice di Diritto Canonico relativo alla tipologia delle assemblee sinodali si lette che: "Il Sinodo dei Vescovi si riunisce in assemblea generale straordinaria, se la materia da trattare, pur riguardando il bene della Chiesa universale, esige una rapida definizione".

"Molto importante è la indizione di un Sinodo Straordinario sul tema della pastorale della famiglia - ha detto il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Padre Federico Lombardi - Questo è il modo in cui il Papa intende portare avanti la riflessione e il cammino della comunità della Chiesa, con la partecipazione responsabile dell'episcopato delle diverse parti del mondo".

"È giusto - ha aggiunto Padre Lombardi - che la Chiesa si muova comunitariamente nella riflessione e nella preghiera e prenda gli orientamenti pastorali comuni nei punti più importanti - come la pastorale della famiglia - sotto la guida del Papa e dei vescovi. L'indizione del Sinodo straordinario indica chiaramente questa via. In questo contesto proporre particolari soluzioni pastorali da parte di persone o di uffici locali può rischiare di ingenerare confusione. È bene mettere in rilievo l'importanza di condurre un cammino nella piena comunione della comunità ecclesiale".

Padre Lombardi ha ricordato che ieri e questa mattina Papa Francesco ha partecipato alla riunione della Segreteria Generale del Sinodo, in corso in questi giorni, recandosi presso la sede della Segreteria Generale in Via della Conciliazione.

[SM=g1740733]



PRESENTAZIONE GIORNATE DELLA FAMIGLIA E DEL VOLUME CONTENENTE 35 TESTI DEL CARDINALE BERGOGLIO-PAPA FRANCESCO SUI TEMI DELLA FAMIGLIA E DELLA VITA

Città del Vaticano, 10 ottobre 2013 (VIS). Questa mattina, presso la Sala Stampa della Santa Sede, l'Arcivescovo Vincenzo Paglia, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, è intervento alla Conferenza Stampa di presentazione della XII Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, (Roma, 23-25 ottobre) e del pellegrinaggio della Famiglia al sepolcro dell'Apostolo Pietro nell'Anno della Fede, sul tema: "Famiglia, vivi la gioia della fede" (26-27 ottobre). Nel corso della Conferenza Stampa è stato anche presentato un volume in spagnolo e in italiano, che contiene 35 testi del Cardinale Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco, sui temi della Famiglia e della Vita, (1999-2013). Alla Conferenza Stampa sono intervenuti il Vescovo Jean Laffitte, Segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia, il Monsignor Simón Vázquez Carlos, Sotto-Segretario ed il Padre Gianfranco Grieco, O.F.M.Conv., Capo Ufficio nel medesimo Pontificio Consiglio.

L'Arcivescovo Paglia ha sottolineato che il recente annuncio della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi (5-19 ottobre 2014) proietta una nuova luce sugli eventi che il Pontificio Consiglio celebrerà alla fine di ottobre. "Vogliamo promuovere una grande festa della Famiglia attorno a Papa Francesco. Roma vuole e deve diventare la 'capitale' della Famiglia italiana e mondiale. Essere Famiglia è bello. Fare Famiglia è bello: questo vogliamo gridare al mondo pensando soprattutto alle famiglie in difficoltà. (...) Se non è bene che l'uomo sia solo, non è altrettanto bene che la Famiglia sia sola. La famiglia deve tornare al centro della cultura, della politica, dell'economia, della finanza, della vita dei popoli e delle nazioni. La Famiglia deve essere sempre più al centro delle attenzioni e delle preoccupazioni della Chiesa del dopo Concilio. Papa Francesco, con la celebrazione del prossimo Sinodo, vuole ricordarci questa urgenza prima che sia troppo tardi. Tutte le diocesi del mondo sono invitate a porsi sulla sua lunghezza d'onda per riflettere, ripensare e donare un nuovo slancio alla pastorale familiare".

Il Vescovo Laffitte ha illustrato il calendario dell'Assemblea Plenaria precisando che le giornate del 23 e 25 ottobre, saranno dedicate al lavoro del Comitato di Presidenza, dei membri e dei consultori. Il 23 ottobre si esamineranno le attività del Consiglio e il programma di azione, la giornata del 25 sarà dedicata ai diritti della famiglia in chiave interreligiosa, nella prospettiva ebraica e nella prospettiva dell'islam. Nella giornata del 24 sarà organizzato un convegno, aperto al pubblico, sulla Carta dei Diritti della Famiglia, di cui ricorre il trentesimo anniversario. I temi scelti mirano ad offrire una luce interdisciplinare sul tema dei Diritti della Famiglia: fondamenti teologici della Carta; concezione del matrimonio naturale; ruolo dello Stato nel riconoscimento del matrimonio come istituzione; l'attualità pertinente della Carta dei Diritti della Famiglia, che dimostra il suo legame con la cultura e la società contemporanee. La Carta dei Diritti della Famiglia sarà, poi, messa a confronto con la legislazione internazionale e si tratterà dei diritti della donna. L'ultima relazione sarà dedicata alla distinzione tra le coppie aggregative e le coppie generative. Il Papa riceverà in udienza i partecipanti all'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia il 25 ottobre e nel pomeriggio dello stesso giorno è in programma la presentazione l'VIII Incontro Mondiale delle Famiglie che si terrà a Philadelphia (Stati Uniti d'America), dal 22 al 27 settembre 2015

Monsignor Vázquez ha reso noti alcuni dati sulle giornate del 26 e 27 ottobre, giorni nei quali si prevede l'arrivo di 150.000 famiglie. Nel pomeriggio di sabato il Papa incontrerà, per la prima volta, in Piazza San Pietro, le famiglie provenienti da 70 paesi dei cinque continenti e la domenica, dopo la celebrazione eucaristica, il Pontefice benedirà tutte le famiglie del mondo. "Intorno al Papa, il sabato pomeriggio ci saranno centinaia di anziani e bambini, una novità rispetto ad altri incontri di famiglie. Con questa scelta si è voluto dare visibilità all'articolazione generazionale che caratterizza e arricchisce il vissuto di ogni famiglia e insieme dare rilievo a due soggetti particolarmente deboli e meritevoli di maggiore attenzione".

Infine Padre Grieco ha presentato il volume con i 35 testi del Cardinale Jorge Mario Bergoglio - Papa Francesco, sulla famiglia, sottolineando che il Pontefice ha posto fortemente in luce il rapporto famiglia-bambini e anziani. Con l'aiuto dell'Instituto de Matrimonio y Familia de la Universidad Católica Argentina di Buenos Aires, il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha curato il volume con i "temi di ieri che ritornano anche oggi nella predicazione quotidiana evangelica e francescana di Papa Francesco: la cultura del dialogo e dell'incontro; il prendersi cura dell'altro; la scuola come luogo di cordiale accoglienza e così via". Vi sono inoltre testi su famiglia e solidarietà sociale; dignità e lavoro" e "non mancano le risposte a temi scottanti: eutanasia e aborto; divorzio e matrimonio tra persone dello stesso sesso".


[SM=g1740771]


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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DEL
PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA

Sala Clementina
Venerdì, 25 ottobre 2013

 

Signori Cardinali,
cari Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle,

vi do il benvenuto in occasione della XXI Assemblea Plenaria e ringrazio il Presidente Mons. Vincenzo Paglia per le parole con cui ha introdotto il nostro incontro. Grazie.

1. Il primo punto su cui vorrei soffermarmi è questo: la famiglia è una comunità  di vita che ha una sua consistenza autonoma.
Come ha scritto il Beato Giovanni Paolo II nell’Esortazione apostolica Familiaris consortio, la famiglia non è la somma delle persone che la costituiscono, ma una «comunità di persone» (cfr nn. 17-18). E una comunità è di più che la somma delle persone. E’ il luogo dove si impara ad amare, il centro naturale della vita umana. E’ fatta di volti, di persone che amano, dialogano, si sacrificano per gli altri e difendono la vita, soprattutto quella più fragile, più debole. Si potrebbe dire, senza esagerare, che la famiglia è il motore del mondo e della storia. Ciascuno di noi costruisce la propria personalità in famiglia, crescendo con la mamma e il papà, i fratelli e le sorelle, respirando il calore della casa. La famiglia è il luogo dove riceviamo il nome, è il luogo degli affetti, lo spazio dell’intimità, dove si apprende l’arte del dialogo e della comunicazione interpersonale. Nella famiglia la persona prende coscienza della propria dignità e, specialmente se l’educazione è cristiana, riconosce la dignità di ogni singola persona, in modo particolare di quella malata, debole, emarginata.

Tutto questo è la comunità-famiglia, che chiede di essere riconosciuta come tale, tanto più oggi, quando prevale la tutela dei diritti individuali. E dobbiamo difendere il diritto di questa comunità: la famiglia. Per questo avete fatto bene a porre una particolare attenzione alla Carta dei Diritti della Famiglia, presentata proprio trent’anni or sono, il 22 ottobre dell'83.

2. Veniamo al secondo punto – si dice che i Gesuiti parliamo sempre in tre: tre punti: uno, due, tre. Secondo punto: la famiglia si fonda sul matrimonio. Attraverso un atto d’amore libero e fedele, gli sposi cristiani testimoniano che il matrimonio, in quanto sacramento, è la base su cui si fonda la famiglia e rende più solida l’unione dei coniugi e il loro reciproco donarsi. Il matrimonio è come se fosse un primo sacramento dell’umano, ove la persona scopre se stessa, si auto-comprende in relazione agli altri e in relazione all’amore che è capace di ricevere e di dare. L’amore sponsale e familiare rivela anche chiaramente la vocazione della persona ad amare in modo unico e per sempre, e che le prove, i sacrifici e le crisi della coppia come della stessa famiglia rappresentano dei passaggi per crescere nel bene, nella verità e nella bellezza. Nel matrimonio ci si dona completamente senza calcoli né riserve, condividendo tutto, doni e rinunce, confidando nella Provvidenza di Dio. È questa l’esperienza che i giovani possono imparare dai genitori e dai nonni. È un’esperienza di fede in Dio e di fiducia reciproca, di libertà profonda, di santità, perché la santità suppone il donarsi con fedeltà e sacrificio ogni giorno della vita! Ma ci sono problemi nel matrimonio. Sempre diversi punti di vista, gelosie, si litiga. Ma bisogna dire ai giovani sposi che mai finiscano la giornata senza fare la pace fra loro. Il Sacramento del matrimonio viene rinnovato in questo atto di pace dopo una discussione, un malinteso, una gelosia nascosta, anche un peccato. Fare la pace che dà unità alla famiglia; e questo dirlo ai giovani, alle giovani coppie, che non è facile andare per questa strada, ma è tanto bella questa strada, tanto bella. Bisogna dirlo!

3. Vorrei ora fare almeno un cenno a due fasi della vita familiare: l’infanzia e la vecchiaia. Bambini e anziani rappresentano i due poli della vita e anche i più vulnerabili, spesso i più dimenticati. Quando io confesso un uomo o una donna sposati, giovani, e nella confessione viene qualcosa in riferimento al figlio o alla figlia, io domando: ma quanti figli ha lei? E mi dicono, forse aspettano un'altra domanda dopo di questa. Ma io sempre faccio questa seconda domanda: E mi dica, signore o signora, lei gioca con i suoi figli? - Come Padre? - Lei perde il tempo con i suoi figli? Lei gioca con i suoi figli? - Ma no, lei sa, quando io esco da casa alla mattina - mi dice l'uomo - ancora dormono e quando torno sono a letto. Anche la gratuità, quella gratuità del papà e della mamma con i figli, è tanto importante: “perdere tempo” con i figli, giocare con i figli. Una società che abbandona i bambini e che emargina gli anziani recide le sue radici e oscura il suo futuro. E voi fate la valutazione su che cosa fa questa nostra cultura oggi, no? Con questo. Ogni volta che un bambino è abbandonato e un anziano emarginato, si compie non solo un atto di ingiustizia, ma si sancisce anche il fallimento di quella società. Prendersi cura dei piccoli e degli anziani è una scelta di civiltà. Ed è  anche il futuro, perché i piccoli, i bambini, i giovani porteranno avanti quella società con la loro forza, la loro giovinezza, e gli anziani la porteranno avanti con la loro saggezza, la loro memoria, che devono dare a tutti noi.

E questo mi fa rallegrare, che il Pontificio Consiglio per la Famiglia abbia ideato questa nuova icona della famiglia, che riprende la scena della Presentazione di Gesù al tempio, con Maria e Giuseppe che portano il Bambino, per adempiere la Legge, e i due anziani Simeone ed Anna che, mossi dallo Spirito, lo accolgono come il Salvatore. E’ significativo il titolo dell’icona: “Di generazione in generazione si estende la sua misericordia”. La Chiesa che si prende cura dei bambini e degli anziani diventa la madre delle generazioni dei credenti e, nello stesso tempo, serve la società umana perché uno spirito di amore, di familiarità e di solidarietà aiuti tutti a riscoprire la paternità e la maternità di Dio. E a me piace, quando leggo questo brano del Vangelo, pensare che i giovani, Giuseppe e Maria, anche il Bambino, fanno tutto quello che la Legge dice. Quattro volte lo dice san Luca: per compiere la Legge. Sono obbedienti alla Legge, i giovani! E i due anziani, fanno rumore! Simeone inventa in quel momento una liturgia propria e loda, le lodi a Dio. E la vecchietta va e chiacchiera, predica con le chiacchiere: “Guardatelo!”. Come sono liberi! E tre volte degli anziani si dice che sono condotti dallo Spirito Santo. I giovani dalla Legge, questi dallo Spirito Santo. Guardare agli anziani che hanno questo spirito dentro, ascoltarli!

La “buona notizia” della famiglia è una parte molto importante dell’evangelizzazione, che i cristiani possono comunicare a tutti, con la testimonianza della vita; e già lo fanno, questo è evidente nelle società secolarizzate: le famiglie veramente cristiane si riconoscono dalla fedeltà, dalla pazienza, dall’apertura alla vita, dal rispetto degli anziani… Il segreto di tutto questo è la presenza di Gesù nella famiglia. Proponiamo dunque a tutti, con rispetto e coraggio, la bellezza del matrimonio e della famiglia illuminati dal Vangelo! E per questo ci avviciniamo con attenzione e affetto alle famiglie in difficoltà, a quelle che sono costrette a lasciare la loro terra, che sono spezzate, che non hanno casa o lavoro, o per tanti motivi sono sofferenti; ai coniugi in crisi e a quelli ormai separati. A tutti vogliamo stare vicino con l'annuncio di questo Vangelo della famiglia, di questa bellezza della famiglia.

Cari amici, i lavori della vostra Plenaria possono essere un prezioso contributo in vista del prossimo Sinodo Straordinario dei Vescovi, che sarà dedicato alla famiglia. Anche per questo vi ringrazio. Vi affido alla Santa Famiglia di Nazaret e di cuore vi do la mia Benedizione.






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
ALLE FAMIGLIE IN PELLEGRINAGGIO A ROMA NELL' ANNO DELLA FEDE

Sabato, 26 ottobre 2013

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Care famiglie!        

Buonasera e benvenute a Roma!

Siete venute pellegrine da tante parti del mondo per professare la vostra fede davanti al sepolcro di San Pietro. Questa piazza vi accoglie e vi abbraccia: siamo un solo popolo, con un’anima sola, convocati dal Signore che ci ama e ci sostiene. Saluto anche tutte le famiglie che sono collegate mediante la televisione e internet: una piazza che si allarga senza confini!

Avete voluto chiamare questo momento “Famiglia, vivi la gioia della fede!”. Mi piace, questo titolo. Ho ascoltato le vostre esperienze, le storie che avete raccontato. Ho visto tanti bambini, tanti nonni… Ho sentito il dolore delle famiglie che vivono in situazione di povertà e di guerra. Ho ascoltato i giovani che vogliono sposarsi seppure tra mille difficoltà. E allora ci domandiamo: come è possibile vivere la gioia della fede, oggi, in famiglia? Ma io vi domando anche: E’ possibile vivere questa gioia o non è possibile?

1. C’è una parola di Gesù, nel Vangelo di Matteo, che ci viene incontro: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). La vita spesso è faticosa, tante volte anche tragica! Abbiamo sentito recentemente… Lavorare è fatica; cercare lavoro è fatica. E trovare lavoro oggi chiede tanta fatica! Ma quello che pesa di più nella vita non è questo: quello che pesa di più di tutte queste cose è la mancanza di amore. Pesa non ricevere un sorriso, non essere accolti. Pesano certi silenzi, a volte anche in famiglia, tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra fratelli. Senza amore la fatica diventa più pesante, intollerabile. Penso agli anziani soli, alle famiglie che fanno fatica perché non sono aiutate a sostenere chi in casa ha bisogno di attenzioni speciali e di cure. «Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi», dice Gesù.

Care famiglie, il Signore conosce le nostre fatiche: le conosce! E conosce i pesi della nostra vita. Ma il Signore conosce anche il nostro profondo desiderio di trovare la gioia del ristoro! Ricordate? Gesù ha detto: «La vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). Gesù vuole che la nostra gioia sia piena! Lo ha detto agli Apostoli e lo ripete oggi a noi. Allora questa è la prima cosa che stasera voglio condividere con voi, ed è una parola di Gesù: Venite a me, famiglie di tutto il mondo - dice Gesù -  e io vi darò ristoro, affinché la vostra gioia sia piena. E questa Parola di Gesù portatela a casa, portatela nel cuore, condividetela in famiglia. Ci invita ad andare da Lui per darci, per dare a tutti la gioia.

2. La seconda parola la prendo dal rito del Matrimonio. Chi si sposa nel Sacramento dice: «Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita». Gli sposi in quel momento non sanno cosa accadrà, non sanno quali gioie e quali dolori li attendono. Partono, come Abramo, si mettono in cammino insieme. E questo è il matrimonio! Partire e camminare insieme, mano nella mano, affidandosi alla grande mano del Signore. Mano nella mano, sempre e per tutta la vita! E non fare caso a questa cultura del provvisorio, che ci taglia la vita a pezzi!

Con questa fiducia nella fedeltà di Dio si affronta tutto, senza paura, con responsabilità. Gli sposi cristiani non sono ingenui, conoscono i problemi e i pericoli della vita. Ma non hanno paura di assumersi la loro responsabilità, davanti a Dio e alla società. Senza scappare, senza isolarsi, senza rinunciare alla missione di formare una famiglia e di mettere al mondo dei figli. - Ma oggi, Padre, è difficile… -. Certo, è difficile. Per questo ci vuole la grazia, la grazia che ci dà il Sacramento! I Sacramenti non servono a decorare la vita - ma che bel matrimonio, che bella cerimonia, che bella festa!… - Ma quello non è il Sacramento, quella non è la grazia del Sacramento. Quella è una decorazione!
E la grazia non è per decorare la vita, è per farci forti nella vita, per farci coraggiosi, per poter andare avanti! Senza isolarsi, sempre insieme. I cristiani si sposano nel Sacramento perché sono consapevoli di averne bisogno! Ne hanno bisogno per essere uniti tra loro e per compiere la missione di genitori. “Nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia”. Così dicono gli sposi nel Sacramento e nel loro Matrimonio pregano insieme e con la comunità. Perché? Perché si usa fare così? No! Lo fanno perché ne hanno bisogno, per il lungo viaggio che devono fare insieme: un lungo viaggio che non è a pezzi, dura tutta la vita! E hanno bisogno dell’aiuto di Gesù, per camminare insieme con fiducia, per accogliersi l’un l’altro ogni giorno, e perdonarsi ogni giorno! E questo è importante! Nelle famiglie sapersi perdonare, perché tutti noi abbiamo difetti, tutti! Talvolta facciamo cose che non sono buone e fanno male agli altri. Avere il coraggio di chiedere scusa, quando in famiglia sbagliamo…

Alcune settimane fa, in questa piazza, ho detto che per portare avanti una famiglia è necessario usare tre parole. Voglio ripeterlo. Tre parole: permesso, grazie, scusa. Tre parole chiave! Chiediamo permesso per non essere invadenti in famiglia. “Posso fare questo? Ti piace che faccia questo?”. Col linguaggio del chiedere permesso. Diciamo grazie, grazie per l’amore! Ma dimmi, quante volte al giorno tu dici grazie a tua moglie, e tu a tuo marito? Quanti giorni passano senza dire questa parola, grazie! E l’ultima: scusa. Tutti sbagliamo e alle volte qualcuno si offende nella famiglia e nel matrimonio, e alcune volte - io dico - volano i piatti, si dicono parole forti, ma sentite questo consiglio: non finire la giornata senza fare la pace. La pace si rifà ogni giorno in famiglia! “Scusatemi”, ecco, e si rincomincia di nuovo. Permesso, grazie, scusa! Lo diciamo insieme? (rispondono: “Sì!”) Permesso, grazie e scusa! Facciamo queste tre parole in famiglia! Perdonarsi ogni giorno!

Nella vita la famiglia sperimenta tanti momenti belli: il riposo, il pranzo insieme, l’uscita nel parco o in campagna, la visita ai nonni, la visita a una persona malata… Ma se manca l’amore manca la gioia, manca la festa, e l’amore ce lo dona sempre Gesù: Lui è la fonte inesauribile. Lì Lui, nel Sacramento, ci dà la sua Parola e ci dà il Pane della vita, perché la nostra gioia sia piena.

3. E per finire, qui davanti a noi, questa icona della Presentazione di Gesù al Tempio. È un’icona davvero bella e importante. Contempliamola e facciamoci aiutare da questa immagine. Come tutti voi, anche i protagonisti della scena hanno il loro cammino: Maria e Giuseppe si sono mesi in marcia, pellegrini a Gerusalemme, in obbedienza alla Legge del Signore; anche il vecchio Simeone e la profetessa Anna, pure molto anziana, giungono al Tempio spinti dallo Spirito Santo. La scena ci mostra questo intreccio di tre generazioni, l’intreccio di tre generazioni: Simeone tiene in braccio il bambino Gesù, nel quale riconosce il Messia, e Anna è ritratta nel gesto di lodare Dio e annunciare la salvezza a chi aspettava la redenzione d’Israele. Questi due anziani rappresentano la fede come memoria. Ma vi domando: “Voi ascoltate i nonni? Voi aprite il vostro cuore alla memoria che ci danno i nonni? I nonni sono la saggezza della famiglia, sono la saggezza di un popolo. E un popolo che non ascolta i nonni, è un popolo che muore! Ascoltare i nonni! Maria e Giuseppe sono la Famiglia santificata dalla presenza di Gesù, che è il compimento di tutte le promesse. Ogni famiglia, come quella di Nazareth, è inserita nella storia di un popolo e non può esistere senza le generazioni precedenti. E perciò oggi abbiamo qui i nonni e i bambini. I bambini imparano dai nonni, dalla generazione precedente.

Care famiglie, anche voi siete parte del popolo di Dio. Camminate con gioia insieme a questo popolo. Rimanete sempre unite a Gesù e portatelo a tutti con la vostra testimonianza. Vi ringrazio di essere venute. Insieme, facciamo nostre le parole di san Pietro, che ci danno forza e ci daranno forza nei momenti difficili: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68). Con la grazia di Cristo, vivete la gioia della fede! Il Signore vi benedica e Maria, nostra Madre, vi custodisca e vi accompagni. Grazie!

 





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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27/10/2013 15:01
 
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SANTA MESSA PER LA GIORNATA DELLA FAMIGLIA,
IN OCCASIONE DELL' ANNO DELLA FEDE

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Sagrato della Basilica Vaticana
Domenica, 27 ottobre 2013

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Le Letture di questa domenica ci invitano a meditare su alcune caratteristiche fondamentali della famiglia cristiana.

1. La prima: la famiglia che prega. Il brano del Vangelo mette in evidenza due modi di pregare, uno falso – quello del fariseo – e l’altro autentico – quello del pubblicano. Il fariseo incarna un atteggiamento che non esprime il rendimento di grazie a Dio per i suoi benefici e la sua misericordia, ma piuttosto soddisfazione di sé. Il fariseo si sente giusto, si sente a posto, si pavoneggia di questo e giudica gli altri dall’alto del suo piedestallo. Il pubblicano, al contrario, non moltiplica le parole. La sua preghiera è umile, sobria, pervasa dalla consapevolezza della propria indegnità, delle proprie miserie: quest’uomo davvero si riconosce bisognoso del perdono di Dio, della misericordia di Dio.

Quella del pubblicano è la preghiera del povero, è la preghiera gradita a Dio che, come dice la prima Lettura, «arriva fino alle nubi» (Sir 35,20), mentre quella del fariseo è appesantita dalla zavorra della vanità.

Alla luce di questa Parola, vorrei chiedere a voi, care famiglie: pregate qualche volta in famiglia? Qualcuno sì, lo so. Ma tanti mi dicono: ma come si fa? Ma, si fa come il pubblicano, è chiaro: umilmente, davanti a Dio. Ognuno con umiltà si lascia guardare dal Signore e chiede la sua bontà, che venga a noi. Ma, in famiglia, come si fa? Perché sembra che la preghiera è sia una cosa personale, e poi non c’è mai un momento adatto, tranquillo, in famiglia … Sì, è vero, ma è anche questione di umiltà, di riconoscere che abbiamo bisogno di Dio, come il pubblicano! E tutte le famiglie, abbiamo bisogno di Dio: tutti, tutti! Bisogno del suo aiuto, della sua forza, della sua benedizione, della sua misericordia, del suo perdono. E ci vuole semplicità: per pregare in famiglia, ci vuole semplicità! Pregare insieme il “Padre nostro”, intorno alla tavola, non è una cosa straordinaria: è facile. E pregare insieme il Rosario, in famiglia, è molto bello, dà tanta forza! E anche pregare l’uno per l’altro: il marito per la moglie, la moglie per il marito, ambedue per i figli, i figli per i genitori, per i nonni … Pregare l’uno per l’altro. Questo è pregare in famiglia, e questo fa forte la famiglia: la preghiera.

2. La seconda Lettura ci suggerisce un altro spunto: la famiglia custodisce la fede. L’apostolo Paolo, al tramonto della sua vita, fa un bilancio fondamentale, e dice: «Ho conservato la fede» (2 Tm 4,7). Ma come l’ha conservata? Non in una cassaforte! Non l’ha nascosta sottoterra, come quel servo un po’ pigro. San Paolo paragona la sua vita a una battaglia e a una corsa. Ha conservato la fede perché non si è limitato a difenderla, ma l’ha annunciata, irradiata, l’ha portata lontano. Si è opposto decisamente a quanti volevano conservare, “imbalsamare” il messaggio di Cristo nei confini della Palestina. Per questo ha fatto scelte coraggiose, è andato in territori ostili, si è lasciato provocare dai lontani, da culture diverse, ha parlato francamente senza paura. San Paolo ha conservato la fede perché, come l’aveva ricevuta, l’ha donata, spingendosi nelle periferie, senza arroccarsi su posizioni difensive.

Anche qui, possiamo chiedere: in che modo noi, in famiglia, custodiamo la nostra fede? La teniamo per noi, nella nostra famiglia, come un bene privato, come un conto in banca, o sappiamo condividerla con la testimonianza, con l’accoglienza, con l’apertura agli altri? Tutti sappiamo che le famiglie, specialmente quelle giovani, sono spesso “di corsa”, molto affaccendate; ma qualche volta ci pensate che questa “corsa” può essere anche la corsa della fede? Le famiglie cristiane sono famiglie missionarie. Ma, ieri abbiamo sentito, qui in piazza, la testimonianza di famiglie missionarie. Sono missionarie anche nella vita di ogni giorno, facendo le cose di tutti i giorni, mettendo in tutto il sale e il lievito della fede! Conservare la fede in famiglia e mettere il sale e il lievito della fede nelle cose di tutti i giorni.

3. E un ultimo aspetto ricaviamo dalla Parola di Dio: la famiglia che vive la gioia. Nel Salmo responsoriale si trova questa espressione: «i poveri ascoltino e si rallegrino» (33/34,3). Tutto questo Salmo è un inno al Signore, sorgente di gioia e di pace. E qual è il motivo di questo rallegrarsi? E’ questo: il Signore è vicino, ascolta il grido degli umili e li libera dal male. Lo scriveva ancora san Paolo: «Siate sempre lieti … il Signore è vicino!» (Fil 4,4-5). Eh … a me piacerebbe fare una domanda, oggi. Ma, ognuno la porta nel suo cuore, a casa sua, eh?, come un compito da fare. E si risponde da solo. Come va la gioia, a casa tua? Come va la gioia nella tua famiglia? Eh,date voi la risposta.

Care famiglie, voi lo sapete bene: la gioia vera che si gusta nella famiglia non è qualcosa di superficiale, non viene dalle cose, dalle circostanze favorevoli… La gioia vera viene da un’armonia profonda tra le persone, che tutti sentono nel cuore, e che ci fa sentire la bellezza di essere insieme, di sostenerci a vicenda nel cammino della vita. Ma alla base di questo sentimento di gioia profonda c’è la presenza di Dio, la presenza di Dio nella famiglia, c’è il suo amore accogliente, misericordioso, rispettoso verso tutti. E soprattutto, un amore paziente: la pazienza è una virtù di Dio e ci insegna, in famiglia, ad avere questo amore paziente, l’uno con l’altro. Avere pazienza tra di noi. Amore paziente.  Solo Dio sa creare l’armonia delle differenze. Se manca l’amore di Dio, anche la famiglia perde l’armonia, prevalgono gli individualismi, e si spegne la gioia. Invece la famiglia che vive la gioia della fede la comunica spontaneamente, è sale della terra e luce del mondo, è lievito per tutta la società.

Care famiglie, vivete sempre con fede e semplicità, come la santa Famiglia di Nazaret. La gioia e la pace del Signore siano sempre con voi!






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ANGELUS

Adesso pregheremo insieme l’Angelus. Con questa preghiera invochiamo la protezione di Maria per le famiglie del mondo intero, in modo particolare per quelle che vivono situazioni di maggiore difficoltà. Maria, Regina della Famiglia, prega per noi!
Diciamo insieme: Maria, Regina della Famiglia, prega per noi!
Maria, Regina della Famiglia, prega per noi!
Maria, Regina della Famiglia, prega per noi!

Angelus Domini

Grazie tante per la festa di ieri e per questa Messa. Il Signore vi benedica.


Preghiera di Papa Francesco alla Santa Famiglia



Alla fine della celebrazione, prima dell'Angelus, il Papa ha elevato una preghiera alla Santa Famiglia davanti all'icona che la raffigura. Di seguito il testo di questa preghiera:

Gesù, Maria e Giuseppe
a voi, Santa Famiglia di Nazareth,
oggi, volgiamo lo sguardo
con ammirazione e confidenza;
in voi contempliamo
la bellezza della comunione nell’amore vero;
a voi raccomandiamo tutte le nostre famiglie,
perché si rinnovino in esse le meraviglie della grazia.

Santa Famiglia di Nazareth,
scuola attraente del santo Vangelo:
insegnaci a imitare le tue virtù
con una saggia disciplina spirituale,
donaci lo sguardo limpido
che sa riconoscere l’opera della Provvidenza
nelle realtà quotidiane della vita.

Santa Famiglia di Nazareth,
custode fedele del mistero della salvezza:
fa’ rinascere in noi la stima del silenzio,
rendi le nostre famiglie cenacoli di preghiera
e trasformale in piccole Chiese domestiche,
rinnova il desiderio della santità,
sostieni la nobile fatica del lavoro, dell’educazione,
dell’ascolto, della reciproca comprensione e del perdono.

Santa Famiglia di Nazareth,
ridesta nella nostra società la consapevolezza
del carattere sacro e inviolabile della famiglia,
bene inestimabile e insostituibile.
Ogni famiglia sia dimora accogliente di bontà e di pace
per i bambini e per gli anziani,
per chi è malato e solo,
per chi è povero e bisognoso.

Gesù, Maria e Giuseppe
voi con fiducia preghiamo, a voi con gioia ci affidiamo.



Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/10/27/preghiera_di_papa_francesco_alla_santa_famiglia/it1-741152
del sito Radio Vaticana


[Modificato da Caterina63 02/11/2013 13:42]
Fraternamente CaterinaLD

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16/11/2013 19:05
 
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2013-11-17 L’Osservatore Romano


Giorgione, «Le tre età dell’uomo» (1500-1510)«Attraversiamo una fase storica delicata e rischiosa, anche sul fronte delle relazioni inter-generazionali e, in particolare, tra genitori e figli. È a rischio il legame di eredità culturale e spirituale tra le generazioni, nella trasmissione di una visione del mondo e dell’essere umano, e dunque, anche la trasmissione della fede»:

da qui,  spiega l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia,  l’idea del convegno «“Ho ricevuto, ho trasmesso”: la crisi dell’alleanza tra le generazioni», che si è svolto il 15 e il 16 novembre a Roma nella sede del dicastero pontificio. 
Nel suo intervento il vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla, sottolinea che «siamo di fronte a un crinale drammatico: non solo si dà alla luce “meno” vita, ma si nasce e si riceve anche una vita che è “di meno”». 
E aggiunge: «Lo dico con il mio linguaggio di pastore: è possibile dare alla luce una vita senza dare una luce per vivere?». Da parte sua il teologo Pierangelo Sequeri rileva che «la storia occidentale (e non solo) è attualmente come sospesa sulla soglia di un’adolescenza infinita».











Bergoglio: rispetto per i gay, ma la famiglia è altra cosa
di Massimo Introvigne
da La NuovaBussolaQuotidiana
16-11-2013




Tutte le volte che chi scrive, e tanti altri amici, manifesta in pubblico la sua opposizione alla legge liberticida sull’omofobia e ai progetti di legge sul «matrimonio» omosessuale, si alza sempre la manina di un oppositore che ci accusa di essere «contro il Papa», citando – non sempre con le parole esatte – la sua famosa frase, nell’intervista sull’aereo che lo riportava a Roma dal Brasile, secondo cui se una persona omosessuale «cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?». A prescindere da qualunque valutazione e opinione sulla modalità di comunicazione e i rischi delle interviste, l’affermazione è coerente con il «Catechismo della Chiesa Cattolica», che del resto Papa Francesco aveva richiamato – come fa spesso – nella frase seguente di quello stesso dialogo con i giornalisti.


Alle persone in quanto persone, comprese quelle omosessuali, si applica l’evangelico «Non giudicate per non essere giudicati» (Mt 7,1), che non è certo un’invenzione di Papa Francesco. Lo stesso Gesù che invita a non giudicare, di fronte a chi si macchia di peccati che scandalizzano anche i bambini, esclama: «È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli» (Lc 17, 1). Certamente Gesù non è in contraddizione con se stesso. Non lo è la Chiesa e non lo è il Papa, quando da una parte invita a non giudicare le persone omosessuali come persone, dall’altra richiama al «Catechismo», il quale insegna che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati» e «in nessun caso possono essere approvati» o fondare riconoscimenti giuridici (n. 2357). E si tratta dello stesso «Catechismo» che al n. 2358 ammonisce che le persone omosessuali «devono essere accolte con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione».


Contraddizione? No. Qui c’è, al contrario, l’essenza stessa dell’annuncio cristiano, che da una parte applica il «Non giudicate» del Vangelo alle persone in quanto tali, dall’altra giudica gli atti e le loro conseguenze sociali. La Chiesa accoglie con compassione e delicatezza la donna che ha abortito, ma condanna l’aborto. Accoglie nella comunità – lo ha spiegato tante volte Benedetto XVI – i divorziati risposati, ma condanna il divorzio. È la gloria e la grandezza, ma anche il carattere esigente e difficile, del cristianesimo.


Va ringraziato dunque il vaticanista Sandro Magister per avere attirato l’attenzione, in relazione a polemiche recenti, su una lettera che il cardinale Bergoglio indirizzò il 5 luglio 2010 – tre anni fa – al dottor Justo Carbajales, Direttore del Dipartimento dei Laici della Conferenza Episcopale Argentina, il quale aveva organizzato per il 13 luglio una Marcia per la Vita e la Famiglia che voleva opporsi alla legge sul «matrimonio» omosessuale, poi sventuratamente approvata dal Parlamento argentino. Magister fornisce un link al testo pubblicato dall’agenzia dei vescovi argentini in lingua spagnola. Il testo non è mai stato tradotto in italiano, e ne propongo quindi la traduzione integrale:


«Caro Justo,
La Commissione Episcopale per i Laici della Conferenza Episcopale Argentina, nell’esercizio della libertà propria di tutti i cittadini, ha preso l’iniziativa di organizzare una manifestazione contro la possibile approvazione di una legge sul matrimonio fra persone dello stesso sesso, riaffermando nel contempo la necessità che ai bambini sia riconosciuto il diritto ad avere un padre e una madre, necessari per la loro crescita ed educazione. Con questa lettera desidero dare il mio appoggio a questa espressione di responsabilità del laicato.

So, perché me lo avete detto, che non sarà un evento contro nessuno, perché non vogliamo giudicare quanti pensano e sentono in modo diverso. Senza dubbio, più che mai, di fronte al bicentenario [dell’Argentina] e con la certezza di costruire una nazione che deve includere la pluralità e la diversità dei suoi cittadini, sosteniamo chiaramente che non si può considerare uguale quello che è diverso e che in una convivenza sociale è necessario accettare le differenze.

Non si tratta di una questione di semplice terminologia o di convenzioni formali relative a una relazione privata, ma di un vincolo di natura antropologica. L’essenza dell’essere umano tende all’unione dell’uomo e della donna come realizzazione reciproca, come attenzione e cura, come cammino naturale verso la procreazione. Questo conferisce al matrimonio la sua elevatezza sociale e il suo carattere pubblico. Il matrimonio precede lo Stato ed è la base della famiglia, che è cellula della società precedente a ogni legislazione e precedente perfino alla Chiesa. Da questo deriva che l’approvazione del progetto di legge in discussione significherebbe un reale e grave regresso antropologico.

No, il matrimonio di un uomo e di una donna non è la stessa cosa dell’unione di due persone dello stesso sesso. Distinguere non è discriminare, al contrario è rispettare. Differenziare per discernere è valutare in modo proprio, non è discrimimare. In un’epoca in cui si insiste tanto sulla ricchezza del pluralismo e della diversità culturale e sociale, è davvero contraddittorio minimizzare le differenze umane fondamentali. Un padre e una madre non sono la stessa cosa. Non possiamo insegnare alle future generazioni che è la stessa cosa prepararsi a un progetto di famiglia assumendo l’impegno di una relazione stabile tra uomo e donna e convivere con una persona dello stesso sesso. Stiamo attenti a che, cercando di mettere davanti un preteso diritto degli adulti che lo nasconde, non ci capiti di lasciare da parte il diritto prioritario dei bambini – gli unici che devono essere privilegiati – a fruire di modelli di padre e di madre, ad avere un papà e una mamma.

Ti affido un incarico: da parte vostra, nel linguaggio ma anche nel cuore, non ci siano aggressività e violenza contro nessun fratello. I cristiani si comportano come servitori di una verità, non come suoi padroni. Prego il Signore che con la sua mansuetudine – quella mansuetudine che chiede a tutti noi – vi accompagni nell’evento. Ti chiedo per favore di pregare e far pregare per me. Che Gesù ti benedica e che la Vergine Santa ti custodisca».


Fin qui la lettera dell’allora cardinale Bergoglio. Essa mostra con perfetta chiarezza il pensiero dell’attuale Pontefice, che è quello della Chiesa e del «Catechismo». Da una parte, «non vogliamo giudicare quanti pensano e sentono in modo diverso». Dall’altra, abbiamo il diritto e il dovere come cattolici e come cittadini di giudicare gli atti – non possiamo sostenere e insegnare che l’unione stabile dell’uomo e della donna «è la stessa cosa» rispetto allo stare insieme di due persone dello stesso sesso – e di giudicare le leggi, opponendoci fermamente a quelle che manifestano un «reale e grave regresso antropologico».


Il Papa c’insegna uno stile, che ancora una volta è quello richiamato dal «Catechismo»: «mansueto» nell’evitare toni urlati o volgari e nel non giudicare le persone in quanto tali, fermo nel difendere una verità in cui è in gioco l’essenziale della questione antropologica. È lo stile della nostra battaglia, e del nostro sì alla famiglia.


- Pedofilia a fastival gay, parte la denuncia, di G. Amato






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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