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L' ESAME DI COSCIENZA.......e la preparazione per una buona Confessione dei peccati! 2

Ultimo Aggiornamento: 23/10/2016 09:19
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11/03/2015 00:57
 
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La fede è conoscere la verità e aderirvi (cfr 1 Tm 2,4); 
la carità è «camminare» nella verità (cfr Ef 4,15). 
Con la fede si entra nell'amicizia con il Signore; 
con la carità si vive e si coltiva questa amicizia (cfr Gv 15,14s). 
La fede ci fa accogliere il comandamento del Signore e Maestro; 
la carità ci dona la beatitudine di metterlo in pratica (cfr Gv 13,13-17). 
Nella fede siamo generati come figli di Dio (cfr Gv 1,12s); 
la carità ci fa perseverare concretamente nella figliolanza divina 
portando il frutto dello Spirito Santo (cfr Gal 5,22).
La fede ci fa riconoscere i doni che il Dio buono e generoso ci affida; 
la carità li fa fruttificare (cfr Mt25,14-30). 




 






Un sacerdote risponde

Il nostro parroco ha detto che la distinzione tra peccati mortali e veniali è stata spazzata via dal Concilio

Quesito

Caro Padre Angelo, 
sono la mamma di un bambino che si sta preparando alla prima confessione. Durante un incontro con noi genitori il Parroco ha riferito quella che secondo me è una cosa non vera, e cioè che non c'è più la distinzione tra peccati veniali e mortali perché Dio non "ragiona" utilizzando  parametri e che questa distinzione è stata spazzata via con il Concilio. Inoltre, ha detto che Dio perdona sempre, anche in altri modi, come durante l'atto penitenziale tutti i peccati. A me è andato il "sangue alla testa", ma sono stata in silenzio per rispetto al sacerdote e perché non volevo mortificarlo. Ma mio marito, che è più coraggioso, gli è andato a parlare a quattrocchi mettendolo in difficoltà e portando il riferimento certo del Catechismo della Chiesa Cattolica. Ora, io mi chiedo: è giusto, secondo lei riferire ciò al Vescovo? Mio marito vorrebbe scrivere una lettera. Oltretutto questo sacerdote dovrebbe a causa dell'età presto essere sostituito. Le chiedo una preghiera speciale affinché il Signore ci faccia la grazia di mandarne uno più preparato in Parrocchia.

Le devo fare ancora una domanda: non ho saputo rispondere a una persona che mi diceva "ma che bisogno c'è di recarsi in tanti luoghi (Santuari, opere di alcuni Santi tipo Collevalenza ecc.) per ottenere la grazie. Se il Signore vuole farmi il miracolo lo può fare anche adesso, qui." Sono rimasta spiazzata.

La saluto e la ringrazio in anticipo!
T.


Risposta del sacerdote

Carissima,
1. le affermazioni che avrebbe fatto il vostro parroco sono enormi.
Penso che un bambino della prima Comunione saprebbe opporgli resistenza: una bugia detta alla mamma è la stessa cosa che ammazzare una persona o sterminare un’intera famiglia?
Un piccolo furto sarebbe la stessa cosa che buttare una bomba per distruggere persone e cose?
Non riesco a capire come ci si possa ridurre a pensare così.
Ma non riesco a capacitarmi soprattutto di un’altra cosa: come possa un sacerdote ridotto in queste condizioni mentali a insegnare ai fedeli le vie della salvezza.

2. Tra le prime nozioni morali che un sacerdote deve insegnare ai fedeli vi deve essere ciò che conduce alla salvezza, ciò che porta alla perdizione, ciò che ha bisogno di essere purificato.
I genitori stessi, che sono i primi maestri per i loro figli, insegnano loro a distinguere il bene dal male, a valutare le aziono buone o cattive per quello che sono.

3. Ma vediamo che cosa dicono in proposito la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa.
Giovanni Paolo II, nell’esortazione postsinodale “Reconciliatio et paenitentia”, pubblicata in seguito al sinodo sulla confessione nel 1984 dice:
“Già nell’Antico Testamento, per non pochi peccati - quelli commessi con deliberazione (Num 15,30), le varie forme di impudicizia (Lv 18,26-30), di idolatria (Lv 19,4), di culto di falsi dei (Lv 20,1-7) - si dichiarava che il reo doveva essere eliminato dal suo popolo, ciò che poteva anche significare condannato a morte (Es 21,17). Ad essi si contrapponevano altri peccati, soprattutto quelli commessi per ignoranza, che venivano perdonati mediante un sacrificio (Lv 4,2 ss; 5,1 ss; Num 15,22-29).
Anche in riferimento a quei testi la Chiesa, da secoli, costantemente parla di peccato mortale e di peccato veniale
Ma questa distinzione e questi termini ricevono luce soprattutto dal Nuovo Testamento, nel quale si trovano molti testi che enumerano e riprovano con forti espressioni i peccati particolarmente meritevoli di condanna (Mt 5,28; 6,23; 12,31 ss; 15,19; Mc 3,28-30; Rm 1, 29-31; 13,13; Gc 4), oltre alla conferma del decalogo fatta da Gesù stesso (Mt 5,17; 15,1-10; Mc 10,19; Lc 18,20)” (RP 17).

4. Nella prima lettera di san Giovanni troviamo un testo importante che distingue esplicitamente tra peccati che conducono alla morte e peccato che non conducono alla morte.
Ecco le sue testuali parole: “Se uno vede il propriofratello commettere un peccato che non conduce allamorte, preghi e Diogli darà la vita: s’intende a coloro che commettono un peccato che non conduce alla morte, c’è infatti un peccato che conduce alla morte; per questo dico di non pregare. Ogni iniquità è peccato, ma c’è il peccato che non conduce alla morte” (1 Gv 5,16-17).
Senza addentraci sui motivi per cui in un caso esorta a pregare e nell’altro no, tuttavia la distinzione è esplicita e inequivocabile.
La Bibbia di Gerusalemme, in nota al passo citato, cerca di individuare i peccati che conducono alla morte: “I destinatari della lettera erano forse persone informate su questo peccato di una gravità eccezionale. Può essere il peccato contro lo Spirito Santo, contro la verità (Mt 12,31) o l’apostasia degli anticristi (1 Gv 2,16-19; Eb 4,6-8)”.

5. Anche S. Giacomo allude a peccati mortali quando scrive “il peccato, quand’è consumato, produce la morte” (Gc 1,15).
S. Giovanni offre inoltre un elenco di peccati mortali: “Per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i fattucchieri, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno di fuoco e di zolfo: questa è la seconda morte” (Ap 21,8).
S. Paolo parla di peccati che escludono dal Regno di Dio e che pertanto sono mortali. E ne offre alcuni elenchi: “O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il Regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il suo Regno” (1 Cor 6,9-10). “Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatrie, stregoneria, inimicizie, discordie, gelosie, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come ho già detto, che chi le compie non erediterà il Regno di Dio” (Gal 5,19-21).

6. La Sacra Scrittura riferisce esplicitamente anche di peccati che non impediscono o non fanno perdere la vita di grazia. Si tratta dei peccati veniali che tutti quotidianamente commettono: “Il giusto pecca sette volte al giorno” (Pr 24,16), “tutti quanti manchiamo in molte cose” (Gc 3,2), “se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi” (1 Gv 1,8).
Un riferimento ai peccati veniali si può trovare nei rimproveri del Signore ai farisei di filtrare il moscerino e di lasciar passare il cammello (Mt 23,24).

7. Insieme con la Sacra Scrittura anche il Magistero della Chiesa parla esplicitamente di maggiore o minore gravità, di peccati mortali e peccati non mortali.
IlConcilio di Trento fa riferimento all’esistenza di peccati veniali quando afferma: “Infatti in questa vita mortale, anche se santi e giusti, qualche volta i cristiani cadono almeno in peccati leggeri e quotidiani, che si dicono anche veniali, senza per questo cessare di essere giusti (DS 1537), e: “Se qualcuno afferma che si può per tutta la sua vita evitare ogni peccato, anche veniale, senza uno speciale privilegio di Dio, come la Chiesa ritiene della beata Vergine: sia anatema” (DS 1573).
Il Magistero della Chiesa riconosce l’esistenza dei peccati veniali distinti dai mortali quando a proposito della materia della confessione dice che solo i peccati mortali o gravi sono materia necessaria (DS 1680) e quando consiglia la confessione delle colpe veniali.
In Reconciliatio et Paenitentia Giovanni Paolo II scrive: “Alla luce di questi ed altri testi della sacra Scrittura, i dottori e i teologi, i maestri spirituali e i pastori hanno distinto i peccati in mortali e veniali” (RP 17). 
Potresti chiedere al tuo parroco di dirti in quale documento il Concilio avrebbe spazzato via questa distinzione.
Evidentemente ti risponderà con un’altra invenzione!

8. L’atto penitenziale della Messa serve a rimettere i peccati veniali e a domandar perdono dei mortali, ma senza conferire la possibilità di fare la Santa Comunione.
Se fosse sufficiente l’atto penitenziale della Messa per quale motivo allora Gesù Cristo avrebbe istituito il sacramento della Penitenza?
O forse non lo ha istituito?
Eppure le parole pronunciate dal Signore la sera del giorno della sua risurrezione sono così chiare: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (Gv 20,23)!
Qui il Signore non lega il suo perdono all’atto penitenziale prima della Messa, ma ad un giudizio emesso dagli apostoli.
Lo lega al punto che se non perdona la Chiesa, non perdona neanche Lui.
Allora l’affermazione del vostro parroco: “Dio perdona sempre” è vera se uno è pentito e fa quello che deve fare per essere riconciliato con Lui. 
Ma se uno non è pentito e non fa quello che deve fare per essere riconciliato (e cioè se non accede al sacramento del perdono da Lui istituito), non è perdonato neanche da Dio. L’ha detto Lui.

9. Circa l’ultima domanda che mi hai fatto: "ma che bisogno c'è di recarsi in tanti luoghi (Santuari, opere di alcuni Santi tipo Collevalenza ecc.) per ottenere la grazie”.
Ebbene, di per sé non c’è bisogno di recarsi qua o là per domandare grazie.
Ma è fuori di dubbio che quando si vuole una grazia uno sente l’esigenza di rinforzare la propria preghiera.
Ora la preghiera viene rinforzata dal digiuno, dalle penitenze, dai voti, dai buoni propositi e anche da un pellegrinaggio.
Il pellegrinaggio ha sempre qualche cosa di speciale: vi si dedicano ore, qualche disagio, talvolta il camminare stesso...
Inoltre per il messaggio legato a quel particolare Santuario si viene meglio disposti alla conversione e molto spesso ci si confessa.
Insomma, nel pellegrinaggio si compiono tanti atti di devozione e tante pratiche che diversamente non si compirebbero.

10. Mi piace ricordare che già nell’Antico Testamento la madre di Samuele, Anna, andò a peregrinare al santuario di Silo per domandare la grazia di un figlio.
L’aveva chiesta tante volte anche stando a casa sua.
Ma qui pregò più intensamente dando sfogo alle sue lacrime. Qui incontrò il sacerdote Eli, che le disse una parola piena di fiducia da parte di Dio. Qui fece il suo voto e qui poi tornerà a suo tempo per adempierlo.

Assicuro al mia preghiera per la tua famiglia e per la vostra parrocchia. 
Vi benedico.
Padre Angelo





 Reggente Penitenzieria: preti stiano più nel confessionale



Papa Francesco si confessa in San Pietro - AFP


09/03/2015 

Presso il Palazzo della Cancelleria, a Roma, si svolge dal 9 al 13 marzo il 26.mo Corso sul foro interno della Penitenzieria Apostolica. Il 12 marzo, alle ore 12.00 è prevista l’udienza con il Papa. Tra i temi in esame, la corretta amministrazione del Sacramento della Penitenza, i suoi aspetti canonici, morali e liturgico-pastorali, ma anche i doveri e diritti dei penitenti, etica e genetica. A questo proposito, Fabio Colagrande ha intervistato mons. Krzysztof  Nykiel, reggente della Penitenzieria Apostolica:


R. - Da più di un quarto di secolo durante il periodo quaresimale, che è propriamente il tempo liturgico della riconciliazione e della conversione, la Penitenzieria Apostolica organizza questo Corso perché siamo profondamente convinti che la valorizzazione del ministero penitenziale, soprattutto della confessione, dipende in gran misura anche dai sacerdoti e dalla loro consapevolezza di essere depositari di un ministero prezioso e insostituibile. Il nostro Dicastero, accogliendo i continui inviti che ci vengono da Papa Francesco ad essere misericordiosi e a non avere paura di confidare  nella divina misericordia, intende sottolineare l’importanza che ha per la vita di ogni cristiano il Sacramento della Riconciliazione che, come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, “offre una nuova possibilità di convertirsi e di recuperare la grazia della giustificazione. I Padri della Chiesa presentano questo sacramento come “la seconda tavola [di salvezza] dopo il naufragio della grazia perduta”(cfr. CCC., n. 1446). In questa prospettiva, costituisce senz’altro una delle priorità pastorali, specialmente per i presbiteri in cura d’anime, quella di trascorrere sempre più tempo nel confessionale perché, mediante l’amministrazione di questo sacramento, si hanno tante opportunità per formare rettamente la coscienza dei credenti aiutandoli ad accogliere Cristo nei loro cuori e ad aprirsi alla Sua Presenza sempre capace di trasformare, convertire e fare nuove tutte le cose. 
Ogni attività pastorale deve saper orientare al confessionale, nel quale, prima e meglio di ogni azione umana, agisce la potenza della grazia che, liberandoci da ogni male, ci restituisce sempre di nuovo la dignità di figli di Dio e membri della Chiesa. 
Pertanto, destinatari del Corso sono i novelli sacerdoti, i diaconi e i candidati al sacerdozio che frequentano l’ultimo anno del curriculum formativo degli studi in vista del presbiterato.
Oggetto particolare del corso sono temi di teologia morale e di diritto canonico, aspetti pastorali e liturgici, condizioni e situazioni particolari di penitenti … Alcune conferenze, altresì, saranno dedicate alle informazioni necessarie per redigere e inviare le domande o i ricorsi da sottoporre alla Penitenzieria Apostolica circa le materie esclusivamente a essa riservate o che utilmente possono essere a essa inoltrate. Ogni giorno i partecipanti possono pur sempre presentare domande di approfondimento ai diversi relatori che si avvicenderanno durante i giorni del Corso.

D. - Lei ha poc’anzi che “ogni attività pastorale deve orientare al confessionale” … ma oggi in diversi paesi soprattutto della nostra Europa cristiana molti fedeli disertano il confessionale. Ci può spiegare quale, secondo Lei, il motivo?

R. - E’ vero. In molti paesi europei pochi sono i fedeli che si accostano con frequenza al sacramento della confessione. Il motivo, secondo me, è da ricercarsi nella diffusione - soprattutto tra i giovani - della perdita del senso del peccato. La causa principale di tale perdita è da individuare fondamentalmente nell’estromissione di Dio dall’orizzonte culturale moderno. Molte persone non mettono più Dio al centro della loro vita. 
Non gli riconoscono il primato che gli spetta. Le diverse correnti del pensiero moderno (relativismo, ateismo, idealismo, materialismo), proclamando l’assolutizzazione della ragione umana, hanno portato ad una cancellazione di ogni responsabilità morale ed etica. Tutto è lecito. Tutto è permesso. La “mia personale opinione” è la sola verità. 
Siamo come avvolti da un atmosfera amorale, non esistendo più la frontiera tra vizio e virtù, tra ciò che è buono e ciò che non lo è, tra bene e male. A tal proposito, vorrei ricordare ciò che il Papa emerito Benedetto XVI ha affermato durante la recita dell’Angelus del 13 marzo 2011: “se si elimina Dio dall’orizzonte del mondo, non si può parlare di peccato. Come quando si nasconde il sole, spariscono le ombre; l’ombra appare solo se c’è il sole; così l’eclissi di Dio comporta necessariamente l’eclissi del peccato. Perciò il senso del peccato – che è cosa diversa dal “senso di colpa” come lo intende la psicologia – si acquista riscoprendo il senso di Dio” (cfr. Benedetto XVI, Angelus del 13 marzo 2011). 
Davvero allora possiamo affermare che la colpa più grave di oggi è quella di non sentirsi peccatori e, quindi, non sentire il bisogno di ritornare a Dio, di convertirsi a Lui, di sperimentare la bellezza del Suo perdono. E’ questa difficoltà dell’uomo moderno a riconoscere il peccato e il perdono che spiega, alla radice, anche le difficoltà della pratica cristiana della confessione o riconciliazione. La Chiesa, allora, oggi più che mai è chiamata a rilanciare la remissione dei peccati e l’annuncio della Divina Misericordia, sempre più grande di ogni peccato, come parte fondamentale della sua azione pastorale e missionaria. Questa riscoperta non può non avvenire  attraverso il sacramento della Penitenza che più di ogni altro sacramento rivela la grandezza, la sublimità e la bellezza dell’amore misericordioso di Dio che è un amore, come ha scritto San Giovanni Paolo II nell’Enciclica Dives in misericordia, “più potente della morte, più potente del peccato e di ogni male, che solleva l'uomo dalle abissali cadute e lo libera dalle più grandi minacce” (n. 13).

D. - Ma in che modo il Corso sul Foro interno, che è indirizzato soltanto ai sacerdoti, può aiutare tutti anche e soprattutto i christifideles laici nella riscoperta e valorizzazione del sacramento della penitenza?

R. - Grazie per questa domanda che mi consente di precisare un obiettivo molto importante che ogni anno la Penitenzieria si prefigge di raggiungere mediante il Corso che è, appunto, quello di formare sacerdoti che siano sempre più apostoli e missionari della misericordia di Dio. Il nostro Corso ha come fine spirituale e pastorale quello di suscitare nei sacerdoti la consapevolezza di quanto il sacramento della confessione sia indispensabile per il cammino di santificazione personale e per quello dei fedeli laici che sono affidati alle loro cure pastorali. 
Se un sacerdote ha coscienza della sublimità del sacramento della penitenza, se egli stesso sa riconoscersi peccatore e bisogno continuamente della misericordia di Dio, allora Egli saprà trasmettere questa medesima convinzione a tutti coloro che il Signore ha affidato al suo cuore di pastore e di guida delle anime. La valorizzazione del ministero penitenziale, soprattutto della confessione, dipende molto dai sacerdoti e dalla loro consapevolezza di essere depositari di un ministero prezioso e insostituibile. I sacerdoti sono principalmente gli strumenti della Divina Misericordia. E’ Dio stesso, infatti, che perdona la colpa quando il confessore assolve il fedele che con animo sinceramente contrito si accosta al confessionale. Ogni confessore, dunque, è “educatore di misericordia” perché deve essere capace di aiutare i penitenti a fare una concreta esperienza della Misericordia di Dio. Il Corso sul Foro intende aiutare i sacerdoti ad essere “buoni educatori” di misericordia, degli ottimi pedagoghi che conducono a Cristo! Educare alla misericordia è uno degli aspetti più significativi della vita cristiana che si inserisce nell’orizzonte più ampio, non solo della pastorale della Chiesa, ma delle sfide che caratterizzano il nostro tempo.

D. - Eccellenza, ci pare di capire dalle Sue risposte che il confessionale è un “passaggio obbligatorio” nel cammino di santificazione personale ed ecclesiale … Ci spieghi meglio il perché …

R. - Certamente.  Come sappiamo, l’uomo può scegliere di commettere il male, ma da solo non se ne può liberare. Solo Dio ha il potere di eliminare il peccato del mondo. Solo Lui ci può redimere e salvare. E Dio esercita questo “Suo potere di perdono e di misericordia” attraverso il Sacramento della Penitenza  che “Cristo ha istituito” – come ricorda sempre il già citato Catechismo della Chiesa Cattolica -  «per tutti i membri peccatori della sua Chiesa, in primo luogo per coloro che, dopo il Battesimo, sono caduti in peccato grave e hanno così perduto la grazia battesimale e inflitto una ferita alla comunione ecclesiale (cfr. CCC., n. 1446). 
Per i cristiani battezzati l’unico modo per ricevere l’assoluzione dei peccati ed avere così la certezza che Dio ci ha veramente perdonato passa attraverso il Sacramento della Riconciliazione. Infatti, coloro che “si accostano al sacramento della penitenza, ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui; allo stesso tempo si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita col peccato e che coopera alla loro conversione con la carità, l'esempio e la preghiera” (cfr. Lumen Gentium, n. 11). Come ha ribadito Papa Francesco durante l’udienza generale del 19 febbraio 2014, tutta incentrata sul sacramento della riconciliazione, “Io non posso dire: mi perdono i peccati. Il perdono si chiede, si chiede a un altro e nella Confessione chiediamo il perdono a Gesù. 
Il perdono non è frutto dei nostri sforzi, ma è un regalo, è un dono dello Spirito Santo, che ci ricolma del lavacro di misericordia e di grazia che sgorga incessantemente dal cuore spalancato del Cristo crocifisso e risorto” (cfr. Papa Francesco, Udienza generale del 19 febbraio 2014). Ecco spiegato in questo passaggio del discorso del Papa la vera motivazione per cui senza sacramento della confessione non ci può essere vera conversione e santificazione. Anzi aggiungo di più: senza sacramento della confessione non ci può essere vera carità. Solo chi ha sperimentato la misericordia di Dio può provare compassione e carità nei confronti del prossimo.

D. - Eccellenza, il Corso si conclude anche quest’anno con la celebrazione penitenziale presieduta dal Santo Padre nella Basilica di san Pietro che inaugura l’iniziativa pastorale “24 con il Signore” … ci può illustrare brevemente come si svolgerà la celebrazione?

R. - E’ una grande gioia per la Penitenzieria Apostolica concludere il Corso sul Foro interno con la Celebrazione Penitenziale presieduta da Papa Francesco venerdì 13 marzo p. v. nella Basilica Vaticana e che darà l’avvio all’iniziativa “24 ore per il Signore” che prevede per tutta la notte la confessione e l’adorazione eucaristica in alcune chiese del centro di Roma e che è stata estesa a tutte le diocesi e le parrocchie del mondo perché si dedicassero momenti particolari per promuovere il Sacramento della Riconciliazione. Siamo davvero grati al Santo Padre per i suoi continui richiami a non aver paura di accostarsi al sacramento della riconciliazione perché Dio è felice di perdonarci e di accoglierci come suoi veri figli. La Penitenzieria Apostolica metterà a disposizione per l’amministrazione del Sacramento della Confessione, durante la suddetta celebrazione penitenziale, ben 60 confessori di cui la maggior parte sono costituiti dai Penitenzieri ordinari e straordinari delle Basiliche Papali dell’Urbe, ai quali si aggiungono lo stesso Cardinale Penitenziere Maggiore, il Reggente e gli officiali sacerdoti del Dicastero. Sarà un forte momento di grazia e un occasione favorevole per riflettere la nostra chiamata alla conversione, a cambiare vita e mettere l’amore di Dio al centro del nostro cuore.


 Celebrazione della Penitenza [13 marzo 2015]: Libretto






 

Un cristiano non ha vie di compromesso

Non c’è una via di mezzo
I Santi, soggiunge Francesco, “sono quelli che non hanno paura di lasciarsi accarezzare dalla misericordia di Dio. E per questo i Santi sono uomini e donne che capiscono tante miserie, tante miserie umane, e accompagnano il popolo da vicino. Non disprezzano il popolo”:

“Gesù dice: ‘Chi non è con me, è contro di me’. Ma non ci sarà una via di compromesso, un po’ di qua e un po’ di là? No. O tu sei sulla via dell’amore o tu sei sulla via dell’ipocrisia. O tu ti lasci amare dalla misericordia di Dio o tu fai quello che tu vuoi, secondo il tuo cuore, che si indurisce di più, ogni volta, su questa strada. Chi non è con me, è contro di me: non c’è una terza via di compromesso. O sei santo, o vai per l’altra via. Chi non raccoglie con me, lascia le cose… No, è peggio: disperde, rovina. E’ un corruttore. E’ un corrotto, che corrompe”.


[Modificato da Caterina63 12/03/2015 19:56]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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