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APPELLO AI CATTOLICI: UN BAMBINO HA DIRITTO AD UN PADRE E AD UNA MADRE

Ultimo Aggiornamento: 18/05/2016 12:28
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06/11/2013 14:58
 
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  L'omosessualità è diventata un bene giuridico
di Tommaso Scandroglio18-05-2016
Giustizia arcobaleno

Approvata la legge sulle Unioni civili, l’omosessualità è diventata un bene giuridico. Il primo effetto, da cui promanano tutti gli altri, è proprio questo: l’omosessualità e le condotte che la esprimono non sono più rispettivamente una condizione e comportamenti privati scevri di rilievo e interesse pubblico, ma la prima diventa uno status giuridico e le seconde veri e propri diritti. Sia tale status che i diritti sono dunque da oggi meritevoli di riconoscimento e tutela da parte dello Stato. Quest’ultimo, anche nella prospettiva liberista che lo permea, considerava sino a ieri l’omosessualità come fenomeno sociale indifferente al bene comune. Ma proprio a motivo di questa prospettiva libertaria il nostro ordinamento giuridico si è trovato costretto ad elevare a diritto il mero “affetto” (così come la legge 40 eleva a diritto il mero desiderio del figlio), privo di suo di ricadute positive per la collettività ed anzi – come ricorda la famosa Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2003 – foriero di danni per il bene comune.

La Cirinnà dunque prima di legittimare il “matrimonio” omosessuale, ha legittimato l’omosessualità, condizione che nella prospettiva giusnaturalista potrebbe essere tuttalpiù tollerata e non certo elevata a status giuridico. Se la stessa omosessualità non fosse riconosciuta come bene giuridico non si potrebbe logicamente nemmeno legittimare il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso. Tale legittimazione, che ha fatto uscire la condizione omosessuale dal cono d’ombra dell’insignificanza giuridica, porta con sé alcune conseguenze giuridiche rilevanti che vanno ben oltre l’ambito di applicazione della stessa Cirinnà. 

La prima: l’omosessualità è un bene giuridico proprio della persona e dunque assimilabile a condizioni quali l’etnia, la razza, l’appartenenza religiosa, il sesso di appartenenza che sono tutti status naturali del soggetto perché aspetti identitari dell’uomo. L’omosessualità diventa variabile identitaria qualificata dell’ordinamento, condizione naturale e categoria antropologica fondamentale che lo Stato, seppur in ritardo, ha riconosciuto e che forse dovrà trovare una propria collocazione addirittura in seno alla Costituzione, accanto agli articoli che tutelano la famiglia, la libertà religiosa, l’etnia, etc. Ne discende l’obbligo in capo alle istituzioni di attivarsi per approntare tutti quegli strumenti di garanzia indispensabili affinchè il cittadino possa pienamente vivere la propria omosessualità.

Ecco allora concretarsi due ipotesi. O si tirerà fuori dal cassetto il Ddl Scalfarotto sulla cosiddetta omofobia - che appunto sanzionava atti di discriminazione “omofobi” al pari di quelli commessi per motivi di ordine razziale, religioso, etc. – oppure, ma molto più in subordine, non servirà nemmeno una legge Scalfarotto dal momento che qualsiasi giudice potrà ricavare dalla legge sulle Unioni civili il diritto della persona omosessuale di vedersi tutelato il suo particolare status giuridico.

Una seconda conseguenza sarà il varo di leggi ad hoc che assegneranno rilevanza giuridica alle peculiarità dell’omosessualità in alcuni ambiti sociali. Come oggi abbiamo ad esempio leggi che tutelano la maternità e la paternità in ambito lavorativo, o norme sulla disabilità, o una disciplina giuridica sulla libertà di culto, così domani avremo leggi che privilegiano la condizione omosessuale nelle professioni, che incentivano massmediaticamente la promozione dell’omosessualità, che prevedono quote arcobaleno in Parlamento e così via.

Una terza ricaduta della legge Cirinnà riguarderà l’educazione nelle scuole, ambito già ampiamente interessato dall’ideologia gender. La nuova antropologia giuridica soggiacente alla Cirinnà afferma che è un bene per la società anche l’orientamento omosessuale e il gender. Un dato rivoluzionario che non potrà non entrare ora nei piani formativi  di ogni scuola di qualsiasi grado con un peso assai maggiore rispetto al passato. Ai bambini verrà insegnato che persone dello stesso sesso hanno diritto a “sposarsi” tra loro ed ad avere figli, che l’identità di genere – la percezione di sé come appartenente al mondo maschile e femminile – può lecitamente svincolarsi dall’identità sessuale – l’appartenenza al sesso genetico – che la scelta del proprio orientamento sessuale e del proprio sesso psicologico è espressione di una libertà presidiata dalle leggi, che il riconoscimento dell’omosessualità e del gender come diritti civili è stato storicamente l’esito felice di una lotta di una minoranza contro il conservatorismo dominante per l’affermazione di una propria identità specifica, così come avvenuto nel passato per i poveri, i neri e le donne (si entrerà in una narrativa epica).

Quarta conseguenza: se omosessualità e gender sono stati civili giuridicamente tutelati e quindi beni che si inseriscono legittimamente nel corpus di principi chiamato “ordine pubblico”, la dottrina della Chiesa entrerà in rotta di collisione con tale ordine pubblico. Il Magistero e tutti coloro che lo rispettano diventeranno nemici potenziali non solo della singola persona omosessuale in quanto omosessuale – ben prima perciò che ci sia una concreta e attuale condotta discriminatoria – ma anche dello Stato italiano proprio perché il portato culturale e dottrinale cattolico va a minare alla base quel plesso di principi su cui si fonda la convivenza civile, al cui interno – come appuntavamo – ora bisogna annoverare anche l’omosessualità e il gender. Il cattolico potrà sempre più essere percepito come cittadino infedele, come nemico pubblico.

In sintesi: andare a legittimare il “matrimonio” omosessuale di necessità significa a monte, seppur implicitamente, considerare l’omosessualità come bene giuridico, la persona omosessuale come nuova categoria giuridica e le condotte omosessuali come diritti soggettivi. Legittimare gli effetti comporta legittimare le cause.

Tommaso Scandroglio è docente di Etica e bioetica, Università Europea di Roma


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NON POTETE SERVIRE A DUE PADRONI.... mi spiace che la Barilla abbia ceduto, ma da oggi non comprerò più i suoi prodotti..... se volete essere COERENTI COL VANGELO, scegliete: o con Dio o contro Dio, basta con le scuse.... ricordatevi che tutto passa e con la morte ci sarà il giudizio di Dio su ogni nostra azione, su ogni scelta fatta....



Per un pugno di bucatinidi Tommaso Scandroglio
da laBussolaQuotidiana

06-11-2013
Le scuse di Guido Barilla

Certe parole dovrebbero provocare nel cattolico la stessa reazione che si verifica quando gli ugelli spruzzatori anti-incendio “sentono” odor di fumo: si attivano e scatta l’allarme. Uno di questi termini di nuovo conio è “inclusione”. Tale lemma è attualmente usato in modo strumentale per dire che l’omosessualità è cosa buona e dunque deve essere accettata. E’ il solito trucchetto. Dall’inclusione della persona omosessuale – e questo in molti casi va bene – all’inclusione dell’omosessualità come condizione naturale – e questo non va mai bene. 

“Inclusione” è diventata ora anche la parola d’ordine del gruppo Barilla. Il lettore ricorderà sicuramente che Guido Barilla un mesetto fa passò nel volgere di poche ore dall’affermazione "non farei mai uno spot con una famiglia omosessuale" ad un’altra di segno opposto in cui ammetteva che le critiche a lui rivolte “mi hanno fatto capire che sul dibattito riguardante l’evoluzione della famiglia ho molto da imparare”. 

Aveva poi aggiunto che si sarebbe prestato ad un percorso di rieducazione. Ed è stato di parola. 
Infatti prima si è recato a Bologna per incontrare Franco Grillini rappresentante storico del movimento gay. E poi per bocca del suo amministratore delegato Claudio Colzani ieri fa ha fatto sapere che “diversità, inclusione e uguaglianza sono da tempo parte integrante della cultura, dei valori e del codice etico di Barilla. Questi si riflettono nelle politiche e nei benefit offerti a tutto il personale, indipendentemente da età, disabilità, sesso, razza, religione o orientamento sessuale. Allo stesso tempo il nostro impegno è volto a promuovere la diversità perchè crediamo fermamente che sia la cosa giusta da fare”.

Sul piano operativo verrà costituito un Diversity & Inclusion Board, cioè un consiglio di saggi che aiuterà l’azienda a promuovere iniziative gay friendly e di aiuto ai disabili. In questa equipe due nomi destano attenzione. Da una parte abbiamo David Mixner, attivista gay, che salì agli onori della cronaca per aver combattuto alla fine degli anni Settanta la Proposition 6, una proposta del senatore californiano John Briggs per vietare che le persone omosessuali potessero insegnare nelle scuole pubbliche. Entrò poi a far parte del Comitato Nazionale Esecutivo per la campagna presidenziale di Bill Clinton. Seppur Mixner sia stato un convinto pacifista per tutta la vita – celebre la sua campagna contro la guerra in Vietnam – stranamente si è battuto perché le persone omosessuali potessero entrare nelle forze armate. Insomma dal suo punto di vista anche la violenza non deve essere oggetto di discriminazioni. Un altro personaggio che siederà al tavolo delle strategie imprenditoriali di Barilla è Alex Zanardi, campione nelle ultime paraolimpiadi e conduttore Rai della trasmissione “Sfide”. 

Risulta curioso che il board veda riuniti mondo omosessuale e persone con handicap. E’ un autogol del fronte gay perché ciò significa che la persona omosessuale, secondo il loro punto di vista, è in qualche modo un minus habens, una persona con qualcosa in meno rispetto agli altri e dunque bisognosa di aiuto. Naturalmente la strategia di accostare due universi così distanti trova il suo punto di forza in questo: chi parlerà male delle nuove iniziative di carattere sociale di Barilla che coinvolgono anche le persone omosessuali parlerà male altresì delle persone con handicap. Queste ultime in buona sostanza fungono da scudi umani per difendere gli obiettivi gay-sensibili.

Ma lo sforzo “inclusivo” di Barilla non si ferma al board di cui sopra. Il gruppo ha annunciato che verrà istituito la figura del Chief Diversity Officer, una sorta di supervisore delle discriminazioni gay in azienda. Inoltre Barilla parteciperà alla Corporate Equality Index (Cei) sviluppato dalla US Human Rights Campaign per verificare le “politiche e pratiche aziendali relative ai dipendenti LGBT [lesbiche, gay, bisessuali, transessuali]”. Si tratta in buona sostanza di uno speciale bollino blu Chiquita per quelle aziende che si comportano bene verso le persone omosessuali.

Poi c’è l’aspetto marketing che non deve essere sottovalutato. Ecco allora lanciare un concorso a carattere planetario dove i partecipanti, armati di telecamera, dovranno esaltare le proprietà inclusive e non discriminatorie della pasta Barilla. E noi poveri ingenui che per lustri abbiamo ingurgitato chilate di pasta dimentichi del carattere omofiliaco di questo carboidrato.

Tutte queste iniziative naturalmente non sono frutto solo dell’impegno dello staff Barilla ma sono soprattutto l’esito di alcuni incontri con personalità legate al mondo gay. “Siamo grati a coloro che hanno trovato il tempo di condividere i loro punti di vista con noi e di conoscere Barilla come azienda - ha dichiarato Luca Virginio, Direttore per la comunicazione e le relazioni esterne di Barilla - Come impresa socialmente responsabile che serve e rispetta tutti i consumatori, sappiamo di dovere rafforzare il nostro impegno. Il nostro obiettivo é fare sempre meglio, diventando un’azienda globale leader per diversità e inclusione, sia internamente sia esternamente”. Pare di ascoltare le parole benigne di un sequestrato a favore dei propri carcerieri.

Insomma a vedere come è andata a finire questa vicenda viene da concludere che chi tocca anche solo con il pensiero la comunità gay muore. E’ qui il sugo di tutta la storia, tanto per rimanere in tema. Barilla da sempre è stato per antonomasia il marchio legato ai valori tradizionali, in primis alla famiglia. “Dove c’è Barilla, c’è casa” abbiamo sentito ripetere alla televisione per decenni. Ora tutto questo in un colpo è svanito. Una sola parola politicamente scorretta e la potente lobby gay ha fatto saltare in padella Guido Barilla e tutti i suoi collaboratori. Eppure qualcosa avrebbe potuto insegnare a Barilla la vicenda dell’imprenditore Dan Cathy,suo omologo americano, il quale in merito alle “nozze” gay aveva avuto l’ardire di sostenere che «coloro che hanno la temerarietà di ridefinire il matrimonio attireranno il giudizio di Dio sulla nostra nazione». Ma nonostante questa uscita, anzi: proprio a motivo di questa sua uscita temeraria, Mr Cathy aveva visto crescere il suo fatturato.

C’è ancora tempo per uscire dalle sabbie mobili omosessualiste.  L’azienda ad esempio potrebbe lanciare sulla propria pagina Facebook un sondaggio: “Ha fatto bene Barilla a scusarsi?”. Le sorprese crediamo non mancherebbero.


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I Pediatri italiani:
«crescita armoniosa solo con mamma e papà»

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(24 gennaio 2015)
 
Un anno fa, sul tema dell’omogenitorialità, era intervenuta la Società Italiana di Pediatria, tramite il suo presidente Giovanni Corsello, affermando: «Ciò che risulta rischioso e inutile è un dibattito teso a promuovere situazioni simili come assolutamente fisiologiche. Non si può infatti negare, sulla base di evidenze scientifiche e ragionamenti clinici, che una famiglia costituita da due genitori dello stesso genere può costituire un fattore di rischio di disagio durante l’infanzia e l’adolescenza, quando il confronto con i coetanei e le relative ricadute psicologiche, diventano elemento decisivo sul piano relazionale. Non si possono considerare legittimi i diritti di una coppia di genitori senza contemporaneamente valutare contestualmente e nella loro interezza e globalità i diritti dei figli».

 

Lo ha fatto in modo più approfondito anche un’altra associazione di pediatri, la Società Italiana Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS), intervenendo nell’ultimo numero della sua rivista, risalente a qualche mese fa. L’articolo è intitolato“Minori affidati ad omosessuali: il punto della ricerca” ed è un approfondimento molto utile -certamente inspirato dalle pubblicazioni apparse su questo sito (chi ci segue da tempo lo potrà certamente verificare) e dal nostro apposito dossier-, da parte di una autorevole fonte, esperta di salute dei bambini. La sintesi scandisce ottimi argomenti contro l’affidamento dei bambini a coppie prive di complementarietà sessuale, giustificati dai risultati scientifici e sociologici. Risultati spessoosteggiati e, in diversi casi, anche censurati dai media e dall’associazionismo omosessuale.

Gli autori citano la corrente delle associazioni scientifiche “favorevoli” alle adozioni gay, influenzate dalla posizione dell’American Psychological Association (APA). Si ricorda, tuttavia, la scarsa obiettività dell’APA su tale questione e le molte critiche ricevute dai precedenti presidenti per “correttezza politica” e scarsità di risultati nella letteratura scientifica su cui basare questo favorevole giudizio. Senza contare che i pochi studi che parlano di “nessuna differenza” tra i bambini cresciuti con coppie aperte alla differenza sessuale e coppie prive di tale apertura, sono stati confutati dalla ricerca di Loren Marks della Louisiana State University, la quale ha rilevato in essi mancanza di campionamento omogeneo, di gruppi di confronto, di inadeguatezza del gruppo di confronto, di presenza di dati contraddittori, mostrano portata limitata degli esiti dei bambini studiati, scarsità di dati sul lungo termine e mancanza di potenza statistica. La conclusione del prof. Loren Marks è che «le forti affermazioni dell’APA non sono empiricamente giustificate».

Nell’articolo della SIPPS vengono citati gli studi più recenti, compreso quello di Mark Regnerus che per settimane ha scatenato le ire degli attivisti Lgbt. La Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale ha concluso così: «Se la ricerca è solo all’inizio e deve, pertanto, continuare ad analizzare la realtà dei minori cresciuti con genitori omosessuali la storia umana è plurimillenaria e vede il minore crescere armoniosamente con la figura materna e paterna che lo generano o, in loro assenza, con due figure genitoriali (maschile e femminile) complementari. Pertanto, la comunità professionale e scientifica, nonché la stessa società, hanno il dovere di rimanere saldamente ancorate alla verità antropologica sull’uomo, alla sua storia, alle risultanze delle ricerche scientifiche non svincolate da un paradigma etico che dà senso all’agire umano».

Se pensiamo che per qualcuno affermare che «i bambini devono avere come riferimento una mamma e un papà» sono «idee bigotte» e «nessuno studio serio ha mai dimostrato che i bambini necessitino di questo requisito per crescere sani e felici», e che tali amenità sono piuttosto diffuse, ecco che risultano ancora più importanti le prese di posizione della SIPPS, così come quelle di tanti altri ricercatori.

Come ha spiegato Papa Francesco, «occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva. Continuando a maturare nella relazione, nel confronto con ciò che è la mascolinità e la femminilità di un padre e di una madre, e così preparando la maturità affettiva». (Fonte UCCR)


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Sul matrimonio - tra uomo e donna - una dichiarazione di cattolici e evangelici

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evangelical and catholic“Il matrimonio è il fondamento di una società giusta e stabile. Eppure, nel nostro tempo questa istituzione è stata gravemente indebolita dalla rivoluzione sessuale e dai danni che questa ha causato al matrimonio e alla famiglia: diffusione del divorzio, drammatico aumento delle nascite fuori dal matrimonio, l’accettazione del sesso prematrimoniale e delle convivenze, e una mentalità contraccettiva che insiste sul fatto che il sesso ha un rapporto arbitrario con la procreazione”.

E’ l’analisi che si trova in un manifesto pubblicato dalla rivista First Thing e promosso dal gruppo Evangelicals and Catholics togheter, sottoscritto da numerosi e importanti personalità, tra cui George Weigel, Russel Reno, Juan Diego Brunetta OP, Ryan Anderson, Francis J. Beckwith, Robert P. George, l’arcivescovo anglicano Foley Beach, il vescovo cattolico di Ottawa mons. Prendergast e molti altri.

Il titolo della dichiarazione è chiaro: “I due saranno una carne sola: il recupero del matrimonio”, con l’obiettivo di “chiarire e recuperare la verità” sul tema. Si dicono tutti d’accordo sul fatto che il matrimonio è un unione stabile, basata sulla complementarità di maschio e femmina. “Troppi si sono accomodati allo spirito del nostro tempo”, dicono, ma “non ci può essere alcun compromesso sul matrimonio”.

Dopo aver ribadito l’importanza fondamentale della mascolinità e della femminilità si pone l’accento sul fatto che “i nostri atti sessuali hanno dimensioni spirituali e morali” e non possono essere “ridotti” ad un mero fatto “fisico e biologico”. Quindi, “l’unione sessuale deve essere affrontata con rispetto, riconoscendo il potenziale intrinseco per una nuova vita”.

“Insieme confessiamo, scrivono i firmatari, che il matrimonio è stato originariamente ordinato da Dio per essere indissolubile”.

Chiara è anche la posizione contro il riconoscimento civile di unioni tra persone dello stesso sesso. Così facendo, a loro giudizio, si effettua una vera e propria “alchimia, non solo per l’istituzione, ma sulla stessa natura umana”.

“Invece di accettare il dono di Dio, cerchiamo di dominare (e anche modificare) la natura, di costruire le nostre verità morali. Il risultato è un ingannevole pseudo-libertà che degrada la nostra umanità”. Lo Stato che legifera e riconosce le unioni civili e ancor più arriva ad approvare le teorie del gender fino a cancellare la parola padre e madre compie una vera e propria “rivoluzione”. Al punto che “la famiglia diventa una creazione dello Stato, e dove la famiglie è una creazione dello Stato i bambini diventano, in importanti aspetti giuridici, di proprietà dello Stato”. Così, scrivono, si dimentica una verità fondamentale, e cioè che “i bambini sono un dono, non un diritto”.

Inoltre viene respinta con forza anche l’idea che “la realizzazione umana richiede la soddisfazione del desiderio sessuale”, un’idea che “è diffusa e influenza persino le nostre chiese in molti modi”. A questo proposito si dice che “la presenza di uomini e donne che vivono nel celibato” offrono un servizio speciale “alla Chiesa e al mondo”.

 

[Modificato da Caterina63 18/05/2016 12:28]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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