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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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San Gregorio Magno Regola Pastorale

Ultimo Aggiornamento: 29/11/2013 09:59
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29/11/2013 09:56
 
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31 — Come bisogna ammonire coloro che lodano le azioni illecite di cui sono consapevoli; e coloro che, pur condannandole, tuttavia non se ne guardano


 


Diverso è il modo di ammonire coloro che addirittura lodano le azioni illecite che compiono; e quelli che accusano le loro depravazioni ma non le evitano. Bisogna ammonire i primi, infatti, a considerare che spesso peccano più con le parole che con le opere. Infatti, con le opere compiono il male solo per se stessi; ma con la bocca offrono il male a tante persone quante sono le menti di coloro che ascoltano e che essi istruiscono con la lode dell’iniquità. Bisogna ammonirli a temere almeno di seminare quei mali che essi trascurano di sradicare. Bisogna ammonirli ad accontentarsi della loro personale perdizione. E ancora — se non temono di essere malvagi —, bisogna ammonirli ad arrossire almeno di mostrarsi ciò che sono. Spesso, infatti, si fugge la colpa volendo nasconderla, perché se l’animo arrossisce di apparire ciò che, tuttavia, non teme di essere, avviene talvolta che arrossisca di essere ciò che evita di apparire. Ma quando il peccatore si fa notare con impudenza, quanto più liberamente compie qualsiasi mala azione, tanto più la considera anche lecita, e quanto più la giudica lecita senza dubbio affonda in essa maggiormente. Perciò è scritto: Hanno reso pubblico il loro peccato, come Sodoma, e non l’hanno nascosto (Is. 3, 9). Infatti, se Sodoma avesse nascosto il proprio peccato, avrebbe peccato ancora nel timore, ma aveva perduto fino in fondo i freni del timore, essa che non andava a cercare le tenebre per commettere la colpa. Perciò di nuovo è scritto: Il grido di Sodoma e di Gomorra si è moltiplicato (Gen. 18, 20); poiché il peccato è detto voce quando è azione colpevole, ma è detto anche grido quando è commesso in libertà. Al contrario, bisogna ammonire coloro che accusano le loro depravazioni, ma non le evitano, a considerare prudentemente che cosa diranno a propria scusa di fronte al severo giudizio di Dio, essi che, secondo il loro stesso giudizio, sono inescusabili riguardo alle loro colpe. Così, che altro sono costoro, se non accusatori di se stessi? Parlano contro le colpe, e con le loro opere trascinano se stessi come rei.
  Bisogna ammonirli a vedere che è dalla sentenza ancora nascosta del giudizio che la loro mente è illuminata perché veda il male che commette; e tuttavia non cerca di vincerlo. Così quanto meglio vede, tanto peggio va in rovina perché riceve la luce dell’intelligenza e non abbandona le tenebre dell’agire depravato. Infatti, poiché trascurano la scienza ricevuta in aiuto, la voltano in testimonianza contro di sé; e con quella luce di intelligenza, che certo avevano ricevuto per poter cancellare i peccati, aumentano il castigo. La loro malizia, cioè, quando opera quel male che pur discerne e giudica, degusta già qui il giudizio futuro poiché, mentre si conserva colpevole per il castigo eterno, neppure qui, intanto, è assolta dal suo stesso esame; e tanto più gravi tormenti dovrà ricevere là, quanto più, qui, non abbandona il male anche quando essa stessa lo condanna.

Perciò, infatti, la Verità dice: Il servo, che conosceva la volontà del suo Signore e non ha preparato né ha fatto secondo la sua volontà, riceverà molte percosse (Lc. 12, 47). Perciò dice il salmista: Discendano vivi nell’inferno (Sal. 54, 16). Perché vivi sanno e sentono le cose che si compiono intorno a loro, i morti invece non possono sentire nulla. Così scenderebbero morti nell’inferno se commettessero il male senza conoscerlo, ma quando conoscono il male, e ciononostante lo fanno, discendono nell’inferno di iniquità, viventi, miseri e consapevoli.

 

32 — Come bisogna ammonire coloro che peccano per impulso e coloro che peccano deliberatamente

 

Diverso è il modo di ammonire coloro che sono vinti da una improvvisa concupiscenza, e coloro che restano prigionieri della colpa con deliberazione. Bisogna ammonire i primi a badare a se stessi, dovendo affrontare quotidianamente la guerra della vita presente, e a proteggere, con lo scudo di un pronto timore, il cuore che non è in grado di prevedere le ferite che può ricevere; abbiano così grande terrore dei dardi nascosti dell’insidioso nemico, e in un combattimento tanto oscuro si trincerino negli accampamenti del cuore, con una attenzione continua. Infatti, se il cuore è abbandonato dalla sollecita vigilanza, resta aperto alle ferite, poiché l’astuto nemico colpisce il petto tanto più liberamente, quanto più lo sorprende nudo della corazza della previdenza. Bisogna ammonire coloro che restano vinti da una improvvisa concupiscenza a distogliersi dalla eccessiva cura delle cose terrene, poiché mentre si coinvolgono smodatamente in realtà transitorie, ignorano da quali dardi di colpe restano trafitti. Perciò, la voce di chi è colpito mentre dorme viene anche espressa per mezzo di Salomone, il quale dice: Mi colpirono, ma non sentii dolore; mi trascinarono e non me ne accorsi. Quando veglierò e ritroverò ancora il vino? (Prov. 23, 35).
La mente che dorme dimentica della sua sollecitudine viene colpita e non sente dolore, perché, come non vede i mali incombenti, così non riconosce neppure quelli che ha commesso; viene trascinata e non se ne accorge, perché è condotta attraverso le seduzioni dei vizi e tuttavia non si alza per custodirsi. Essa, in verità, desidera vegliare per ritrovare ancora il vino, perché quantunque sia oppressa dal terrore del sonno, via dalla custodia di se stessa, si sforza tuttavia di vegliare per le cure del secolo, per essere sempre ebbra dai piaceri; e mentre dorme, rispetto a ciò per cui avrebbe dovuto prudentemente vegliare, desidera di essere sveglia per altre cose per le quali avrebbe potuto lodevolmente dormire. Perciò più sopra, sta scritto: E sarai come chi dorme in mezzo al mare e come un pilota assopito che ha lasciato il timone (Prov. 23, 34). Infatti dorme in mezzo al mare, colui che, posto nelle tentazioni di questo mondo, trascura di prevedere i moti erompenti dei vizi, come cumuli di onde sovrastanti; ed è come un pilota che perde il timone, la mente che perde la tensione sollecita a governare la nave del corpo. Poiché è perdere il timone in mare il non mantenere una attenzione previdente, tra le tempeste di questo secolo. Infatti, se il pilota stringe con attenta cura il timone, ora dirige la nave contro i flutti ora taglia obliquamente l’impeto dei venti. Così, quando la mente governa l’anima con vigilanza, ora calpesta e vince alcune passioni ora, con previdenza, ne aggira altre, e così., con fatica sottomette quelle presenti, e con la previdenza si rafforza contro i combattimenti futuri. Perciò ancora si dice, dei forti combattenti, della patria celeste: La spada di ognuno è sulla coscia per via dei timori notturni (Cant. 3, 8). Si pone la spada sulla coscia, quando con la punta della santa predicazione si doma la malvagia suggestione della carne. Con la notte, poi, si esprime la cecità della nostra debolezza, poiché di notte non si vede nulla di ciò che può sovrastare ostilmente. E la spada di ognuno è posta sulla coscia per i timori notturni, poiché evidentemente gli uomini santi, col fatto che temono le tentazioni che non vedono, si mantengono sempre pronti alla tensione del combattimento. Perciò, ancora, si dice della sposa: Il tuo naso come torre che è nel Libano (Cant. 7, 4); infatti, ciò che non vediamo con gli occhi spesso lo prevediamo dall’odore. Col naso, poi, distinguiamo anche gli odori buoni dai cattivi. Dunque, che cosa si designa con naso della Chiesa, se non la previdente discrezione dei santi?
E il naso è anche detto simile a una torre che è nel Libano, poiché la previdenza discreta dei santi è posta tanto in alto che vede le lotte delle tentazioni prima che vengano, e quando sono venute gli sta contro ben difesa. Infatti, le lotte future che vengono previste, quando si sono fatte presenti hanno minor forza, poiché quando uno si fa sempre più preparato contro i colpi, il nemico che si crede inatteso viene reso impotente proprio perché è stato previsto. Al contrario, bisogna ammonire coloro che si fanno prigionieri della colpa con deliberazione, a considerare con attenta previdenza che, col compiere il male deliberatamente, provocano contro di sé un giudizio più severo, così che li colpisce una sentenza tanto più dura, quanto più strettamente li legano alla colpa i vincoli della deliberazione. Forse laverebbero più in fretta i loro peccati col pentimento, se vi fossero caduti solamente per precipitazione; infatti il peccato indurito dal consiglio è anche più duro da assolvere, e se la mente non disprezzasse in ogni modo i beni eterni, non perirebbe cadendo nella colpa deliberata. Dunque, coloro che cadono per la precipitazione e coloro che periscono per la deliberazione differiscono in ciò, che questi ultimi, quando peccando cadono dalla condizione di giustizia, per lo più cadono insieme anche nel laccio della disperazione. Perciò, per mezzo del profeta, il Signore rimprovera non tanto i peccati di precipitazione quanto quelli dovuti a una passione coltivata, dicendo: Che non erompa come fuoco il mio sdegno e si accenda, e non ci sia chi lo spegne, per la malizia delle vostre passioni. Quindi, una seconda volta irato, dice: Vi visiterò secondo il frutto delle vostre passioni (Ger. 4, 4; 23, 2). Dunque, i peccati commessi con deliberazione differiscono dagli altri, perché il Signore non persegue tanto il fatto del peccato, quanto la premeditazione del peccato; giacché, nel fatto, si pecca spesso per debolezza, spesso per negligenza; ma nella premeditazione, si pecca sempre per intenzione maliziosa. Al contrario, bene si dice, per mezzo del profeta, a proposito dell’uomo beato: Non siede nella cattedra di pestilenza (Sal. 1, 1). Cattedra suole essere il seggio del giudice o del presidente, e sedere nella cattedra di pestilenza corrisponde a compiere il peccato con giudizio deliberato: sedere nella cattedra di pestilenza corrisponde a discernere il male con la ragione e tuttavia commetterlo con deliberazione. È come chi siede su una cattedra di consiglio perverso chi è innalzato da una esaltazione iniqua tanto grande da tentare di compiere il male perfino attraverso il consiglio. E come coloro che, sostenuti dall’autorità della cattedra, sono superiori alle folle che li assistono, così i peccati, ricercati con premeditazione, superano quelli di coloro che rovinano per precipitazione. Pertanto bisogna ammonire chi si lega alla colpa anche con la deliberazione, a dedurre da tutto ciò quale sarà la vendetta con cui, prima o poi, dovranno essere colpiti, loro che ora si fanno non compagni ma principi dei peccatori.

 

33 — Come bisogna ammonire coloro che cadono in peccati minimi ma frequenti, e coloro che guardandosi dai minimi restano talvolta sommersi da quelli gravi

 

Diverso è il modo di ammonire coloro che commettono spesso peccati, sia pur minimi, e coloro che si custodiscono dai piccoli, ma talvolta affondano nei gravi. Bisogna ammonire coloro che cadono frequentemente in colpe sia pur piccole, a non considerare quali, ma quanti peccati, commettono. Infatti, se quando pesano le loro azioni disdegnano di temerle, devono averne paura quando le contano. Poiché sono profondi i gorghi dei fiumi, e sono piccole ma innumerevoli le gocce di pioggia che li riempiono; e la sentina che cresce nascostamente produce lo stesso effetto di una tempesta che infuria palesemente. E sono piccolissime le ferite che si aprono nelle membra per la scabbia, ma quando la loro quantità, divenuta innumerevole, si estende, uccide la vita del corpo come una grave ferita inflitta nel petto. Perciò è scritto: Chi disprezza le cose piccole a poco a poco viene meno (Sir. 19, 1). Infatti, chi trascura di piangere e di evitare i peccati minimi cade dalla condizione di giustizia, non di colpo, ma, poco alla volta, tutto. Bisogna ammonire coloro che frequentemente cadono in cose minime, a considerare con cura che spesso si pecca più rovinosamente con una colpa piccola che con una più grande. Poiché, la più grande, quanto prima è riconosciuta come colpa, tanto più rapidamente viene emendata: mentre la minore, che è valutata nulla, ha effetti tanto peggiori, quanto più tranquillamente continua a essere praticata. Per cui avviene spesso che il cuore avvezzo a peccati leggeri non ha in orrore neppure quelli gravi e, nutrito dalle colpe, giunge a una certa sicurezza nel male; e tanto disdegna di temere le colpe più gravi, quanto, nelle più piccole, ha imparato a peccare senza timore.

Al contrario, bisogna ammonire coloro che si guardano dalle colpe piccole, ma talvolta sprofondano nelle gravi, ad aprire gli occhi su se stessi con sollecitudine, giacché, mentre il loro cuore si esalta perché si custodisce dalle piccole colpe, essi vengono divorati, dallo stesso baratro della loro esaltazione, a commettere peccati ancora più gravi; e, mentre al di fuori dominano le piccole colpe ma dentro si gonfiano di vanagloria, finiscono con l’abbattere anche al di fuori, con colpe più gravi, l’animo che, dentro, è stato vinto dalla malattia della superbia. Pertanto bisogna ammonire coloro che si custodiscono dai peccati piccoli ma talvolta sprofondano nei gravi, a non cadere, interiormente, là dove, esteriormente, stimano di stare in piedi; e, nella retribuzione del Giudice severo, l’esaltazione non divenga una via di minore giustizia, che trascini alla fossa della colpa più grave.

Infatti, coloro che, esaltatisi vanamente, attribuiscono alle proprie forze la custodia di un bene minimo, giustamente abbandonati, si coprono di colpe più gravi e, cadendo, imparano che il loro stare in piedi non derivava da loro; ciò, affinché mali immensi umilino il cuore che beni minimi esaltano. Bisogna ammonirli a considerare che, con colpe più gravi si caricano di una grossa responsabilità, e tuttavia spesso nelle piccole buone azioni che custodiscono, peccano più rovinosamente perché, con le prime compiono cose inique, ma per mezzo delle altre tengono coperta agli uomini la loro iniquità. Per cui avviene che, quando commettono davanti a Dio i peccati maggiori, ciò è iniquità aperta; e quando custodiscono piccole buone azioni davanti agli uomini, è santità simulata. Perciò infatti si dice dei Farisei: Filtrano il moscerino e inghiottiscono il cammello (Mt. 23, 24); come se dicesse apertamente: lasciate da parte i peccati piccoli e divorate quelli grandi. È perciò che ancora si sentono rimproverare dalla bocca della Verità: Pagate la decima della menta, dell’aneto, e del cimino e trascurate ciò che è più importante nella legge: la giustizia, la misericordia, la fedeltà (Mt. 23, 23). E occorre ascoltare con attenzione, perché quando parla delle decime più piccole, ricorda intenzionalmente, fra le erbe, le ultime ma profumate; certo per mostrare che i simulatori, quando custodiscono le piccole buone azioni, cercano di spandere l’odore di una santa opinione di se stessi; e quantunque tralascino di compiere i beni più grandi, hanno cura dei piccoli che, a giudizio umano, spandono profumo in lungo e in largo.

 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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