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LA PAZIENZA DEL TRADIZIONALISTA VERO: ottimo articolo di Don Alfredo Morselli, imperdibile

Ultimo Aggiornamento: 30/08/2015 12:22
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26/03/2015 10:41
 
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Sui cosiddetti “cattolici tradizionali” e sulla “messa tradizionale”



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SUI COSIDDETTI CATTOLICI TRADIZIONALI  E SULLA MESSA TRADIZIONALE 




   

Volersi fermare al 1962 e voler bloccare tutto a prima del Concilio, come se esso non fosse avvenuto o avesse portato la Chiesa fuori strada, non è un vero essere tradizionali, non è fedeltà coerente e saldezza nella verità, ma un congelare un organismo vivente, è impedire il cammino della Chiesa, è ostinata arretratezza e presuntuosa disobbedienza alla Chiesa che avanza nella storia, è un inganno del demonio che conduce alla perdizione.

 

 

 

Giovanni Cavalcoli OP
Giovanni Cavalcoli OP

 

 

 

cattolici tradizionali
un gruppo di “cattolici tradizionali”

Sta entrando nell’uso un’espressione che a ben guardare crea difficoltà ed appare equivoca, per non dire che è sbagliata e pericolosa: cattolici “tradizionali”, espressione apparentemente innocua, anzi forse anche bella. Essa può anche sembrare giusta, azzeccata, opportuna ed appropriata, evidentemente dotata, per coloro che la usano per se stessi e la diffondono, di un senso positivo, quasi a dire: i cattolici fedeli alla Sacra Tradizione.

 

Un’espressione apparentemente chiarificatrice ma che in realtà, come cercherò di dimostrare, crea confusione e può, al di là delle buone intenzioni, aprire uno spiraglio al lefevrismo. Per questo, in fin dei conti, credo che sia meglio non usarla o quanto meno non usarla nel senso che spiegherò.

Al riguardo propongo le seguenti osservazioni.

Pio X
il Santo Pontefice Pio X

Prima. L’essere tradizionale, come già insegnava San Pio X, è una caratteristica del cattolico come tale, in quanto la dottrina della fede sorge dalla confluenza della Sacra Scrittura con la Sacra Tradizione. Entra nella definizione dell’essere cattolico. Per questo, il parlare di cattolico tradizionale non è che una tautologia, dire lo stesso dello stesso, è come dire che il cavallo è il cavallo. O tutt’al più è un’enunciazione del principio di identità, noto anche ai bambini. Bella scoperta!

 

L’essere tradizionale entra nell’essenza stessa dell’essere cattolico, così come l’appartenere alla razza equina appartiene all’essenza del cavallo. In tal senso un cattolico che non sia tradizionale, non è un cattolico. Così come un cavallo che non sia equino non è un cavallo. Pertanto, chi si qualifica come cattolico tradizionale, sembra dire: “Noi sì, che siamo i veri cattolici! Noi soli lo siamo!”. Il cattolico non tradizionale, quindi, non può essere un buon cattolico.

Non ha senso, quindi — commento io — aggiungere al termine “cattolico” l’aggettivo “tradizionale”, perchè questo attributo è già implicito nel concetto di cattolico, così come non avrebbe senso o sarebbe un’aggiunta inutile parlare di un cavallo equino.

Paolo VI 2
il Beato Pontefice Paolo VI

Così pure: perché chiamare Messa “tradizionale” solo la Messavetus ordo? [QUIQUIQUI, ecc..] Anche quella novus ordo è la Messa tradizionale, è la “Messa di sempre”. Il Concilio non ha affatto cambiato la sostanza della Messa; ma ha solo apportato delle modifiche accidentali e contingenti, e come ha sostituto le modalità di prima, così un domani le presenti potranno essere sostitute da altre, senza che per questo la Messa venga mutata nella sua essenza.

Non sa distinguere questa gente miope la sostanza dagli accidenti[cf. nostri precedenti articoli QUIQUI]? La riforma liturgica ha semplicemente introdotto un nuovo rito, un nuovo modo contingente di celebrare la stessa ed identica Messa istituita da Nostro Signore Gesù Cristo. Forse che Gesù Cristo ha celebrato l’Eucaristia secondo il … vetus ordo?

Seconda. Il parlare di cattolici tradizionali sembra alludere al fatto che esistano cattolici non tradizionali, il che poi sarebbe cattolicesimo nuovo o moderno. Ma, stando al loro ragionamento, nel tal caso questo cattolico sarebbe un falso cattolico, perchè non è “tradizionale”.

In realtà bisogna precisare che non ci è proibito l’aggettivo “tradizionale” applicato alla vita dello spirito, andando per analogia a come ci esprimiamo nel campo materiale, come per esempio in quello dell’arte o dell’alimentazione. Così, per esempio, sono apprezzati certi canti tradizionali o certi cibi tradizionali, senza che ciò implichi disprezzo per i canti e i cibi moderni. Ognuno è libero di scegliere.

cibi romagnoli
cibi tradizionali romagnoli

Nessun ristoratore che propaganda cibi tradizionali invita a non comprare cibi moderni. Eppure questi cattolici “tradizionali”, per una specie di disprezzo indiscriminato nei confronti della modernità, sembrano avere questo disprezzo nei confronti dei cattolici che vogliono essere moderni [vedere QUIQUIQUI, ecc..]; ed esser moderni — sia chiaro — non vuol dire affatto esser “modernisti”, anzi tutt’altro.

 

Nella Chiesa non c’è nulla di male che alcuni abbiano più simpatia per la tradizione ed altri invece per il rinnovamento e per il progresso, a patto che tutti stiano nell’ambito dell’ortodossia. Ma allora non conviene usare per chi ama in special modo la tradizione, il termine “tradizionale”, che fa apparire i progressisti, ossia chi ama il progresso, come falsi cattolici, contrari alla Tradizione e modernisti. Progredire è un dovere; essere modernisti è un’eresia.

Tomas Tyn 2
Il Servo di Dio Tomas Tyn, 

Meglio sarebbe mantenere il termine “tradizionalista” da tempo largamente usato, dandogli in senso positivo e legittimo come sopra. Io stesso ho scritto un libro sul Servo di Dio Tomas Tyn col sottotitolo di “Tradizionalista postconciliare” [1], alludendo al fatto che esiste un sano tradizionalismo il quale contrariamente al tradizionalismo lefevriano, accoglie lo sviluppo della Tradizione operato dal Concilio e dai Papi del post-concilio, rifiutando nettamente di vedere una contraddizione del magistero conciliare rispetto a quello del pre-concilio.

 

ariel vetus ordo
Uno dei Padri dell’Isola di Patmos, autore di articoli critici verso il lefebvrismo e le correnti anti-conciliariste, una volta a settimana celebra col vetus ordo missae, contribuendo come molti altri sacerdoti alla conservazione del Messale di San Pio V secondo le direttive del motu proprio di Benedetto XVI

Terza. Ma quello che desta preoccupazione è che coloro che hanno messo in giro questa espressione e si considerano con vanto cattolici tradizionali, esprimono delle idee che si avvicinano pericolosamente al lefevrismo, in quanto respingono come anti-tradizionali le dottrine del Concilio Vaticano II e quelle dei Papi seguenti, ritenendo che il vero cattolicesimo, fedele alla Tradizione, sia solo quel tipo di cattolicesimo, in quelle forme particolari – per esempio il rito tridentino della Messa -, che esisteva prima del Concilio.

Quarta. Il vero cattolico tradizionale è quello del post-concilio. Ogni vero cattolico, come ho detto, è certamente per essenza tradizionale, ma lo è — e ciò non sembri contraddizione — anche il progressista, come lo fu per esempio il Maritain (non il modernista che è un eretico), ma nel senso dello sviluppo operato dal Concilio e dal postconcilio. Infatti un sano progresso, quale quello promosso dal Concilio, non è altro che uno sviluppo e una migliore conoscenza del dato immutabile della Tradizione.

 

Giovanni Cavalcoli breviario
un altro dei Padri dell’Isola di Patmos, anch’esso critico verso certe pericolose derive “tradizionaliste“, che per la liturgia delle ore usa il breviario latino

Questo è il vero rispetto della Tradizione. Volersi fermare al 1962 e voler bloccare tutto a prima del Concilio, come se esso non fosse avvenuto o avesse portato la Chiesa fuori strada, non è un vero essere tradizionali, non è fedeltà coerente e saldezza nella verità, ma un congelare un organismo vivente, è impedire il cammino della Chiesa, è ostinata arretratezza e presuntuosa disobbedienza alla Chiesa che avanza nella storia, è un inganno del demonio che conduce alla perdizione.

Varazze, 24 marzo 2015

 

[1] Tomas Tyn, un tradizionalista postconciliare, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2007.


PAOLO IL CALDO
Vescovi
 

Si fa sempre più strada una visione "sociologica" della Chiesa che spinge una parte della gerarchia e teologi a proclami in aperta contraddizione con ciò che la Chiesa ha sempre insegnato. Ma il nostro maggior conforto sta nella certezza che il Signore non abbandonerà né la Sua Chiesa né  i suoi fedeli.

di Paolo Togni




[Modificato da Caterina63 30/03/2015 17:53]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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