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2014 Centenario di San Pio X Calendario e la vita di Papa Sarto

Ultimo Aggiornamento: 31/08/2014 23:54
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  2014: centenario della morte di San Pio X

Il 28 giugno del 1914, a Sarajevo, l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono imperiale, e sua moglie Sofia, furono uccisi in un attentato architettato dalla società segreta della “Mano nera”; il 28 luglio l’Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Serbia e, per un gioco di alleanze, in breve tempo entrarono in guerra tutte le nazioni europee. Due guerre mondiali, milioni e milioni di morti, il tracollo di quattro grandi Imperi (Austria, Germania, Russia e Turchia), l’avvento del Comunismo e del Sionismo, la fine dell’Europa con la supremazia statunitense: i colpi di pistola di Sarajevo aprirono come un nuovo, infernale, vaso di Pandora, che ancor oggi, a cento anni di distanza, non è stato richiuso. Ma un altro avvenimento, di poco susseguente, ha lasciato una eredità ancora più tragica, al confronto della quale le due guerre mondiali sono poca cosa: la morte del Papa San Pio X, avvenuta il successivo 20 agosto. Certo, quel giorno, o meglio: quella notte, le porte del Cielo e della gloria si spalancarono per il grande Pontefice.
Certo, la Chiesa ebbe ancora sul trono di Pietro altri successori per i quali, tutti, valgono le parole di Cristo: Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa; conferma i tuoi fratelli; pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle. Ciò malgrado, è indubbio che la scomparsa del grande Pontefice fu per la Chiesa, umanamente parlando, una sventura più grave della Guerra che per anni avrebbe flagellato l’umanità.

San Pio X era ben conscio del pericolo gravissimo che correvano le anime. Egli aveva combattuto a viso aperto per difendere la Fede, minacciata dalla più terribile delle eresie: il Modernismo. Ed egli sapeva che i modernisti (giacché non c’è errore senza uomini che lo concepiscono e lo diffondono) erano non solo nemici della Chiesa, ma i più dannosi tra i nemici della Chiesa, perché “i loro consigli di distruzione non li agitano costoro al di fuori della Chiesa ma dentro di essa; ond’è che il pericolo si appiatta quasi nelle vene stesse e nelle viscere di lei, con rovina tanto più certa, quanto essi la conoscono più addentro” (enc. Pascendi, 1907). 

Questi nemici appartenevano non solo al laicato, ma anche – denunciava San Pio X – al ceto sacerdotale. Sette anni dopo, mentre gli illusi, gli adulatori, i falsi amici, gridavano a gran voce che il modernismo era sconfitto e dissolto, che non esisteva più, che ormai apparteneva al passato (leggi: che era inutile continuare a combatterlo), San Pio X, nel suo ultimo Concistoro, l’anno della sua morte, lanciava al contrario un angosciato grido d’allarme: non più solo tra il semplice clero, ma tra i vescovi stessi, ormai, si celavano i modernisti! 

Dopo la condanna solenne nell’enciclica Pascendi, i modernisti si erano solamente – tranne i pochi scoperti e colpiti nominalmente, come Loisy – meglio nascosti, “appiattiti”, appunto, aiutati da tanti complici, da tanti cooperatori, da tanti simpatizzanti. Il modernismo fu spezzato ufficialmente nelle sue forze più virulente – negatrici della divinità di Cristo – ma sopravviveva invece e prosperava il modernismo sociale, malgrado la condanna del Sillon e della prima Democrazia cristiana di Romolo Murri. Abbandonato provvisoriamente il campo minato del dogma, il modernista si faceva piuttosto riformatore, e preparava il terreno per il futuro. Là dove il contingente lascia maggior spazio allo spirito riformatore, là lavorava il modernista mimetizzato: nel movimento liturgico ed ecumenico, nell’apologetica e nella filosofia (Blondel), nella spiritualità e nella pastorale (come già gli americanisti condannati da Leone XIII), nell’ambito politico e sociale. 

Le grandi questioni della fine del pontificato di Papa Sarto furono eminentemente pratiche: la (a)confessionalità dei sindacati, della stampa e dei partiti cattolici, i rapporti tra Stato e Chiesa. Il nuovo pontificato di Benedetto XV non proseguì – con il cardinal Pietro Gasparri alla Segreteria di Stato – la politica ecclesiastica di San Pio X, e questo non solo perché la grande guerra aveva distolto l’attenzione dai problemi interni della Chiesa. 

Antonio Gramsci – lucido nemico della Chiesa e attento osservatore dell’aspetto umano della medesima, l’unico che egli fosse in grado di percepire – studiò nelle sue Note sul Machiavelli i tre “partiti” che si confrontavano allora tra i cattolici: quello modernista, messo all’angolo da San Pio X, quello “integrale” che aveva goduto del pieno appoggio di Papa Sarto che era stato ora abbandonato sotto il nuovo pontificato, e quello da lui denominato “gesuita” che risultava, concretamente, vincitore. Era un “partito” che non era modernista, anzi ne era ufficialmente distante, ma che era tuttavia fermamente deciso a mettere la parola “fine” alla lotta antimodernista di San Pio X, e a ridurre al silenzio quel “cattolicesimo integrale” sostenuto dalla Santa Sede fino al 1914. 

La Civiltà Cattolica in Italia, Etudes in Francia, Stimmen aus Maria-Laach in Germania, con la scuola di Colonia, furono tra le prestigiose riviste che sostennero una nuova linea, che si rivelò vincente. Lo scioglimento del Sodalitium pianum – l’opera antimodernista di Mons. Umberto Benigni sempre sostenuta da San Pio X – fu ottenuta nel 1922 con una manovra tutt’altro che limpida che prese le mosse, nel 1915, negli ambienti democratici cristiani di Colonia, che fu ripresa in mano dai gesuiti francesi nel 1921 e che trovò nel cardinal Gasparri la sponda indispensabile a Roma; proprio quel cardinal Gasparri che nel 1928 testimoniò contro San Pio X durante il processo di beatificazione del Pontefice che pure lo aveva creato cardinale. Erano i tempi in cui fervevano le trattative tra la Segreteria di Stato ed il governo francese per chiudere con un compromesso diplomatico la frattura inaugurata dalle leggi laiche del 1905 condannate dall’enciclica Vehementer nos di San Pio X (11 febbraio 1906), e che si conclusero con l’enciclica Maximam gravissimamquedel 18 gennaio 1924. 

Il governo francese, con un alto tasso di massoni tra i suoi ranghi, non mancò di appoggiare le manovre anti-integriste, e di creare anzi – grazie all’alto funzionario governativo Louis Canet, esecutore testamentario di Loisy – una vera e propria “leggenda nera” contro l’orribile “integrismo” cattolico. 
Quando dieci anni dopo, il 27 febbraio 1934, Mons. Benigni morì a Roma, ottanta anni fa, era già da tempo come morto negli ambienti ecclesiastici che contano. Come stupirsene, se nel luglio 1931 il cardinale Arcivescovo di Parigi, Mons. Verdier, poteva dichiarare impunemente che “il Sillon è all’origine del grande movimento sociale contemporaneo… è di fatto il Sillon che ha dato il via a tutte le iniziative giovanili nate in seguito”. Il cardinale parlava dello stesso Sillon di cui San Pio X scriveva: “Il Sillon scorta il Socialismo con l’occhio fisso su di una chimera. (…) d’ora innanzi forma solo un misero affluente del grande movimento di apostasia, organizzato in tutti i paesi, per l’instaurazione di una Chiesa universale che non avrà né dogmi né gerarchia…”. 

Come stupirsi se le magnifiche encicliche di Benedetto XV e Pio XI restavano poi lettera morta? Come stupirsi pertanto – umanamente parlando – degli esiti del Vaticano II, aperto da quel Giovanni XXIII che, giovane sacerdote, ebbe a deplorare e subire il pontificato di San Pio X, mentre si entusiasmava nella lettura degli americanisti e del fondatore del Sillon, Marc Sangnier? 

La beatificazione di Pio X nel 1951, la sua canonizzazione nel 1954, fortemente volute da Pio XII, che vedeva rinascere nella Nouvelle Théologie il mai spento modernismo, sono stati come l’ultimo suggello della Divina Provvidenza per confortare i cattolici fedeli prima della traversata del deserto spirituale che sembra non avere fine. L’infallibile parola del Vicario di Cristo ci assicura che seguendo le orme di Papa Pio X i cattolici sono sicuri di restare saldi nella Fede, e di poter vincerne tutti i nemici, spirituali e temporali, interni ed esterni, che cercano, invano, di spegnerla, e di metterne per sempre a tacere la voce. 

San Pio X, prega per noi, e soccorri la Chiesa che ti fu affidata da Cristo!



  anche noi desideriamo offrirvi il "nostro" Calendario dato che questo sito-forum è da sempre dedicato a San Pio X che riteniamo nostro Santo Patrono.... salvando le immagini potrete stamparlo dato che la grandezza è quella standart per un normale calendario.....
Un calendario che ci accompagni in questo Anno di grazia attraverso il ricco Magistero di San Pio X








[Modificato da Caterina63 09/06/2014 21:43]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Un commerciante mantovano fece stampare e diffondere un libello infamatorio contro mons.Sarto. Avendo saputo chi fosse l’autore e consigliato di agire per vie legali, il santo Vescovo rispondeva: “Lasciate perdere, quell’infelice ha più bisogno di preghiere che di altro”. Dopo qualche tempo l’autore della diffamazione entrò in disgrazia e si ritrovò presto nei guai con i creditori. Mons. Sarto appena lo ebbe a sapere,mandò una pia donna dal commerciante con una ingente somma di danaro raccomandandosi di non dire da dove provenisse e che se la moglie avesse insistito, la pia donna doveva rispondere: “ ve li manda la Vergine del Perpetuo Soccorso, che vi chiede di pregare per il suo Vescovo”. Il commerciante si vergognò di quel che aveva fatto e condusse dopo una vita da buon cristiano.








Pochi sanno che San Pio X fu il primo Papa ad inaugurare le Udienze papali a gruppi fissi. 
Egli cominciò con il volere parlare ai bambini delle parrocchie romane e che riceveva 
nel cortile di san Damaso stabilizzando degli appuntamenti fissi.....facendo loro un vero e proprio catechismo 
 






...."noi faremo buon uso delle chiavi,
voi pregate per questo povero portinaio..." (San Pio X)







 



[Modificato da Caterina63 05/05/2014 09:07]
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  Convegno su Pio X, Papa riformatore di fronte a sfide nuovo secolo




Convegno in Vaticano su Pio X





09/06/2014




“San Pio X - Un Papa riformatore di fronte a sfide del nuovo secolo", il titolo del Convegno, che si terrà giovedì 12 giugno a Roma, in occasione del centenario della morte di Papa Sarto. L’evento è stato presentato stamane nella Sala Stampa vaticana da Bernard Ardura, presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, che ha promosso l’evento e dal prof. Alejandro Mario Dieguez, dell’Archivio Segreto Vaticano. Il servizio di Roberta Gisotti da Radio Vaticana:


 


“Fu essenzialmente un pastore d’anime”, cosi padre Bernard Ardura, presentando Giuseppe Sarto, nato da famiglia contadina il 2 giugno 1835, sacerdote, cappellano, poi parroco, canonico e cancelliere della Curia triestina, quindi vescovo di Mantova, infine cardinale e patriarca di Venezia, eletto al soglio pontificio con il nome di Pio X nel 1903. In realtà “un Papa ancora poco conosciuto e soprattutto mal conosciuto”, ritenuto un conservatore per la sua condanna del modernismo, giudizio che ne ha offuscato la memoria di riformatore - quale fu - in campo ecclesiale e sociale.


“Amò i poveri, ai quali donava tutto quello che possedeva. Ostile al socialismo e al liberalismo, non mancò mai di preoccuparsi di tutto quanto potesse migliorare le condizioni di vita degli operai, incoraggiò le Casse Operaie parrocchiali, le Società di Mutuo Soccorso, gli uffici di collocamento popolare e per indirizzare il clero in questa direzione, istituì nel 1895 una cattedra di scienze economiche e sociali nel Seminario”.


Conciliante verso il Regno d’Italia:


“...ormai convinto che indietro non si sarebbe più ritornati. Riteneva necessario preparare un progressivo riavvicinamento tra la nuova Italia e la Santa Sede, abbandonando ciò che era transitorio nelle posizioni prese da papa Pio IX e Leone XIII dopo l’occupazione dello Stato Pontificio”.


Il suo motto fu Instaurare omnia in Cristo, rivoluzionò in chiave pastorale le diocesi italiane, Roma compresa, e la stessa Curia romana, preparò il Codex Iuris Canonici, promosse la comunione eucaristica dei bambini e la comunione frequente degli adulti, incoraggiò l’azione cattolica, riformò la liturgia, promosse il canto e la musica sacra, il catechismo per i bambini e i giovani. Morto pochi giorni dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, ne aveva implorato la cessazione con l’esortazione Dum Europa:


“È un testamento di pace dei più alti che siano stati consegnati alle future generazioni”.


L’importanza di questo Convegno su San Pio X è di aprire nuove prospettive di analisi grazie alla pubblicazione di quattro volumi curati dall’Archivio Vaticano, ha aggiunto il prof. Dieguez


“Si è potuto così recuperare ‘il Pio X della storia e non quello del mito, il Pio X del governo e delle riforme ecclesiastiche e non quello della pietà popolare’, ricomponendo la complessa e affascinante personalità di questo pontefice”.







Convegno su San Pio X, il primo Papa moderno della nostra era

Papa Pio X, salito al soglio pontificio nel 1903

12/06/2014

“San Pio X – Un Papa riformatore di fronte a sfide del nuovo secolo”. Questo il tema della giornata di studi promossa oggi in Vaticano, in occasione del centenario della morte di Papa Sarto, salito al soglio pontificio nel 1903. Sulla figura di San Pio X si sofferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, il presidente del Pontificio Comitato di scienze storiche, padre Bernard Ardura:

 

R. – Un Papa riformatore, perché ha capito che ci sono dei passi che non si potranno mai più fare. Ad esempio, è liberato dal concetto di Stato Pontificio. Capisce che la missione della Chiesa è di ordine spirituale. Il suo motto – “Instaurare omnia in Christo” – vorrà assolutamente attuarlo attraverso le sue varie riforme. Riformerà il clero, l’episcopato, sarà particolarmente vigilante sull’insegnamento nei seminari e sulla scelta dei vescovi. E poi è molto preoccupato per la vita sacramentale di tutti. Dunque, il decreto per la comunione dei bambini a partire dall’età di sette anni, la comunione frequente degli adulti e tutte le sue riforme, sono tutte orientate su questo “instaurare omnia in Christo”. E, ovviamente, in contesti molto diversi un secolo dopo Francesco fa lo stesso.

D. – Anche le scelte pratiche, sono simili …

R. – Anche scelte pratiche: per esempio, San Pio X ha abolito le etichette. Non ha voluto abitare l’appartamento pontificio della Seconda Loggia, ma si è fatto allestire l’appartamento della Terza Loggia, dove poi sono vissuti tutti i Papi fino a Benedetto XVI. San Pio X fu un Papa pastore, un Papa riformatore, un Papa spirituale.

D. – Un Papa riformatore. Ma spesso è ricordato per la sua condanna del modernismo…

R. – Sì, perché questo Papa aveva la formazione molto conservatrice. Però questa è soltanto una parte della personalità del Papa: da cappellano a Papa, ha percorso tutte le tappe del ministero ecclesiale, ha visto che tutto doveva essere ordinato alla missione spirituale della Chiesa. E per questo condannò il modernismo, ma fu il primo Papa moderno della nostra era.

D. – Un Papa che sapeva anche leggere gli eventi della Storia: ha promosso, ad esempio, un progressivo riavvicinamento tra Regno d’Italia e Santa Sede …

R. – E fu il primo anche in questo contesto, che ha rinunciato veramente ad ogni pretesa territoriale in Italia. Non dimentichiamo che prima della Prima Guerra Mondiale, i nazionalismi sono esacerbati e questo spiega, tra l’altro, lo scoppio della Prima Guerra Mondiale.

D. – Papa Pio X muore proprio pochi giorni dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale; aveva implorato la pace … Le sue esortazioni poi sono state ripetute anche da altri Pontefici …

R. – Le sue esortazioni non sono state ascoltate, come non furono ascoltate quelle di Benedetto XV nel 1917; non furono ascoltati Pio XI, Pio XII, e nemmeno Giovanni Paolo II prima della Guerra in Iraq. L’unico che fu ascoltato fu Giovanni XXIII, durante la crisi dei missili di Cuba. E allora, speriamo che quello che il Santo Padre Francesco ha intrapreso con questo Incontro di preghiera della settimana scorsa possa portare i suoi frutti. La missione della Chiesa è spirituale, ma è una missione nel mondo, è per il servizio agli uomini e della pace.




 


[Modificato da Caterina63 12/06/2014 15:30]
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29/07/2014 21:02
 
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Altre amarezze affliggono il cuore del Pontefice. In Portogallo la rivoluzione, abbattuta la monarchia, perseguita la Chiesa : i beni ecclesiastici confiscati, le Congregazioni religiose soppresse, vescovi e sacerdoti in esilio. In Spagna la rottura delle relazioni diplomatiche rende critica la situazione delle Congregazioni religiose. In Germania la levata di scudi da parte dei liberali e protestanti per i giudizi contro i riformatori, contenuti nell’encicl. Editae saepe (26 maggio 1910).

Nella vita interna della Chiesa si sente il desiderio di riforme a strutture logorate dal tempo; si invoca un rinnovamento della disciplina ecclesiastica e un aggiornamento della cura pastorale, specialmente riguardo agli studi sacri, alla catechesi, alla liturgia, al canto sacro. Serpeggia un po’ dappertutto, subdolo, il veleno del modernismo. Nella luce di Dio il b. Pio X ha coscienza dell’immane compito che la Provvidenza gli affida. La sua speranza è nel Signore. Tutto il suo programma di Pontificato è racchiuso in questa frase: Instaurare omnia in Christo.

IL CARATTERE (1)

 

Non senza maturo consiglio, liberamente, i cardinali si accordarono nel Sarto come persona che per la sua vita esemplare e per le sue eccellenti doti di pastore riscuoteva l’ammirazione di quanti lo conoscevano.

Agli altri si rivelò egli stesso. « Sono indegno, sono incapace, dimenticatemi », implorava piangendo. « Furono proprio le ragioni che egli adduceva — testimonia il card. Gibbons, arcivescovo di Baltimora — a render vane le suppliche, perché erano così piene di umiltà e di sapienza che gli accrescevano la stima ed i voti degli em.mi cardinali. Noi imparammo a conoscerlo dalla profonda sincerità delle sue parole ».

Allo scrutinio del mattino del 4 agosto, Giuseppe Sarto ebbe 50 voti. Alla rituale domanda del Cardinal decano, rispose : « Se non è possibile che questo calice passi da me, sia fatta la volontà di Dio. Accetto il pontificato come una Croce ».

Assunse il nome di Pio X a ricordo dei pontefici che negli ultimi tempi avevano maggiormente sofferto.

 

- Nella Cattedra romana Pio X manifestò subito al mondo stupito ed ammirato sovrana grandezza, virtù eroica, sapienza di governo ed affascinante bontà, in una ascesa di anno in anno più palese nella via sublime della santità. Di media statura, di corporatura complessa, di amabile fisionomia ; l’occhio vivo e penetrante, l’incedere lento, quasi affaticato, naturalmente maestoso ; il gesto largo, misurato, paterno; il parlare semplice, familiare, persuasivo nello spiccato accento veneto. Dalla persona emanava un’attrattiva di mitezza ed insieme di forza da lasciare ognuno conquiso. L’intelligenza pronta e penetrante, la volontà forte, risoluta, il temperamento franco e naturalmente impetuoso, contenuto però da forte dominio di sé.

La lunga esperienza del ministero favoriva l’innato buon senso,«che si esprimeva nell’immediata intuizione dei problemi e nella rapida ed appropriata soluzione. Sensibilissimo di cuore, aveva del dovere una coscienza vigilantissima, alimentata da prudenza riflessiva e coraggiosa. Affrontava con decisione le gravi responsabilità del suo posto; sereno l’animo per una fede incrollabile nei disegni della Provvidenza.

L’amore alla giustizia lo  rendeva austero, a volte severo nell’esigere l’obbedienza, nel difendere i diritti di Dio, nell’affermare l’indipendenza della Chiesa.

La bontà naturale, santificata dalla Grazia dello Spirito Santo e resa più cara da una incantevole semplicità di modi, si irradiava da lui in innumerevoli atti di carità, sempre intelligente, spesso eroica.

Conoscitore felice degli uomini, delle loro possibilità e delle debolezze; comprensivo e misericordioso con gli erranti, quanto intransigente e severissimo contro gli errori; nemico di ogni specie anche larvata di nepotismo; amante del genuino spirito di povertà; fedele e costante nell’amicizia; cordiale e generoso verso i collaboratori; avverso alla cortigianeria; risoluto a perseguire unicamente l’ideale apostolico, suscitava nei vicini e nei lontani il fascino di una santità tanto più conquistatrice quanto meno singolare e ricercata.

 

La SITUAZIONE DELLA CHIESA

 

— Da Leone XIII, Pio X eredita una pesante e complicata situazione, di cui la clamorosa ingerenza dell’Austria nel Conclave è uno dei segni rivelatori. In Italia la separazione fra Chiesa e Stato, conseguenza della complessa e spinosa « questione romana », impone una avveduta linea di condotta, che da una parte salvaguardi i sacrosanti diritti della libertà e sovranità della Chiesa e dall’altra tenga conto dei supremi interessi religiosi del popolo italiano nella sua evoluzione storica e civica.

 

In Francia il governo radicale-massonico minaccia di rompere il Concordato e tenta asservire alla III Repubblica episcopato e clero. Negli altri paesi cattolici d’Europa e di America l’anticlericalismo è promosso dalla massoneria, che ora gli dà parvenza legalitaria nei parlamenti e nel foro, ora lo aizza in forme volgari, attraverso una stampa velenosa, plateale, blasfema e non rare manifestazioni di piazza.

 

Lo spirito del secolo è la totale negazione del mondo soprannaturale; è il diffondersi di un ateismo pratico che genera il rifiuto alla tradizione cattolica e dissolve la fede in un sentimento vago di religiosità. Il positivismo nella sua espressione di materialismo dialettico e l’idealismo nella veste di un soggettivismo bifronte allineano in un sincretismo razionalista il cristianesimo a tutte le altre religioni storiche.

Il mondo sociale, politico, economico soffre sempre di una concezione capitalistica protetta da un liberalismo che, elevando a mito la libertà, favorisce la ricchezza esagerata dei pochi e crea la triste miseria dei molti.

La sperequazione sociale, resa più grave dallo sviluppo industriale, offre al socialismo, materialista per origine ed anticlericale per costume, ottimo giuoco alle rivendicazioni con l’arma dello sciopero. Il dinamismo, figlio della tecnica, insinuandosi anche nel santuario, proclama il primato dell’azione, relegando le virtù cosiddette passive nei monasteri.

 

Nello stesso campo cattolico un fermento non esente da pericoli e deviazioni.

 

I laici cattolici, che pur si vengono organizzando in fiorenti associazioni di diversa struttura economica, sindacale, assistenziale e politica, avvertono tuttavia, per le audacie e le intemperanze di pochi, un disagio che minaccia l’unità, la concordia, la vita della nascente « democrazia cristiana ». Nella vita interna della Chiesa si sente il desiderio di riforme a strutture logorate dal tempo; si invoca un rinnovamento della disciplina ecclesiastica e un aggiornamento della cura pastorale, specialmente riguardo agli studi sacri, alla catechesi, alla liturgia, al canto sacro. Serpeggia un po’ dappertutto, subdolo, il veleno del modernismo. Nella luce di Dio il b. Pio X ha coscienza dell’immane compito che la Provvidenza gli affida. La sua speranza è nel Signore.

 

Pio X E LA FRANCIA.

 

— La situazione, vivente ancora Leone XIII, s’era fatta tesa, quando il 23 die. 1902 il ministro Combes, senza seguire la normale procedura del nunzio, aveva proposto alla S. Sede, con stile tutt’altro che riguardoso, la nomina di due ecclesiastici a vescovi e il trasferimento di un terzo. Risposta negativa della S. Sede, motivata dal difetto di idoneità dei candidati. Scambio di note tra il governo francese e la S. Sede con l’evidente intenzione del governo massonico di trovare il pretesto per la rottura del Concordato del 1801.

Nell’aprile 1904 Loubet, presidente della Repubblica, contravvenendo alla prassi introdotta dopo il 1870, visita ufficialmente il Re d’Italia. Immediata protesta della S. Sede. Richiamo dell’ambasciatore presso il Vaticano e proibizione ai vescovi di Digione e di Lavai di recarsi a Roma per rispondere all’invito formale del Papa. Rottura delle relazioni diplomatiche (30 luglio 1904). La Camera dei deputati e il Senato approvano (3 luglio-9 die. 1904) la legge di separazione della Chiesa dallo Stato e la decadenza del Concordato. Di conseguenza ogni riconoscimento giuridico è negato dalla Repubblica alla Chiesa di Francia.

 

Pio X risponde l’11 febbr. 1906 con l’encicl. Vehementer nos e condanna la legge di separazione, denuncia i soprusi del governo : la manomissione dell’Archivio della nunziatura, l’incameramento dei beni ecclesiastici, l’abolizione delle Congregazioni religiose, l’espulsione dei loro membri; il culto limitato alle sole funzioni di Chiesa; spogliati i vescovi e il clero di ogni contributo statale.

Per staccare i fedeli da Roma ed avere mancipio il clero, il governo propone le associazioni cultuali.

Pio X sventa le insidie condannandole pubblicamente nell’enciclica Gravissimo officii munere (10 ag. 1906).

 

Con mirabile esempio di concordia e di fedeltà alla Sede romana, vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli sono pronti ad incontrare la fame piuttosto che contravvenire alle direttive pontifìcie. La Chiesa di Francia, libera da ogni ingerenza statale, guadagna un migliore assetto spirituale e dà grande conforto al cuore del Pontefice che premia tanta fedeltà consacrando 14 nuovi vescovi in S. Pietro. In margine a questa epica lotta tra Chiesa e Stato si insinua l’atteggiamento dell’Action Francaise, che polarizza i monarchici conservatori ed anti-democratici e tenta di guadagnare adepti. Alla sponda opposta il gruppo dei cattolici repubblicani, i cosiddetti « abbés démocrates ». Eccessi verbali ed atteggiamenti teologicamente errati dei seguaci del Sillon di Marc De Sangnier obbligano Pio X a condannare come pericoloso un indirizzo che tende a sottrarre i fedeli alla doverosa disciplina della gerarchia. Altre amarezze affliggono il cuore del Pontefice. In Portogallo la rivoluzione, abbattuta la monarchia, perseguita la Chiesa : i beni ecclesiastici confiscati, le Congregazioni religiose soppresse, vescovi e sacerdoti in esilio. In Spagna la rottura delle relazioni diplomatiche rende critica la situazione delle Congregazioni religiose. In Germania la levata di scudi da parte dei liberali e protestanti per i giudizi contro i riformatori, contenuti nell’encicl. Editae saepe (26 maggio 1910).

Ma accanto alle molte spine non mancano le rose. Nei paesi anglosassoni d’Europa e d’America, la Chiesa riguadagna terreno e si afferma sempre più forte e robusta. Uno spirito di tolleranza le permette di riorganizzare comunità e diocesi.

 

PIO X E L’ITALIA.

 

— Il progresso sempre più aggressivo dei partiti sovversivi e l’ostinata persecuzione delle sètte massoniche rendono anche in Italia preoccupante lo svolgersi della vita cattolica. La benemerita Opera dei Congressi e dei relativi Comitati sparsa come una forte rete per tutte le diocesi tiene organizzati i cattolici, ma l’unico influsso che essa riesce ad esercitare nel campo civico e politico è quello di difesa dei principi morali e di protesta dei diritti conculcati della S. Sede.

Eppure la necessità di essere presenti nella vita pubblica si fa di giorno in giorno più grave ed urgente.

Perciò Pio X nel 1909, pur senza revocare il non expedit, lo tempera lasciando ai vescovi la facoltà di permettere ai cattolici l’accesso alle urne per superiori motivi di pubblico bene.

Entrano così 24 cattolici deputati al Parlamento italiano, mentre nelle elezioni del 1913, meglio disciplinata l’azione dall’Unione elettorale cattolica, i deputati eletti si aggirano sul centinaio.

Anche la « questione romana » si viene prospettando non più come restaurazione sic et sempliciter del potere temporale, ma piuttosto come garanzia per la libertà e l’indipendenza del Pontefice.

Da parte massonica si risponde con un atteggiamento settario ed antistorico : tipico al proposito l’oltraggioso discorso del Nathan, sindaco di Roma e gran maestro della massoneria, per il 20 sett. 1910. Significativa per l’opposto la Settimana sociale dei cattolici a Milano nel 1913 con i discorsi « autorizzati » di mons. A. Rossi e del conte G. Dalla Torre.

 

« INSTAURARE OMNIA IN CHRISTO »

 

- L’uomo rivela la sua tempra e dà la misura della sua consapevolezza fin dalla prima enciclica E supremi apostolatus cathedra del 4 ott. 1903, a due mesi dalla elezione. La diagnosi della malattia che travaglia la società è precisa : l’apostasia da Dio.

Il rimedio? « Appoggiati alla virtù di Dio — così scrive — proclamiamo di non avere nel Nostro pontificato altro programma se non questo : restaurare ogni cosa in Cristo, perché Cristo sia tutto e in tutti... Gli interessi di Dio saranno interessi Nostri, per i quali siamo decisi di profondere tutte le Nostre forze e la vita stessa ». Essere dovere del Papa ricondurre nella strada dell’equità così nella vita pubblica come nella privata, sia sul terreno politico che su quello sociale, tutti gli uomini, tanto quelli che obbediscono quanto quelli che comandano. Il Papa « non può assolutamente separare le cose che appartengono alla fede e ai costumi dalla politica ». « Missione sublime... che oltrepassando questi labili beni della terra, si estende sino all’eternità che, non ristretta da confini locali, abbraccia tutte le nazioni della terra ; che inchiude la difesa del Vangelo in ogni campo, anche in quello fortunoso della politica; che spinge la Nostra sollecitudine non solo ai fedeli, ma agli uomini tutti per i quali Cristo morì » (allocuzione ai cardinali del 3 nov. 1903).

Al luminoso programma il Papa riformatore rimane fedele fino alla morte.. Ha tra i suoi collaboratori il card. Raffaele Merry Del Val, fedelissimo segretario di Stato. « Ho scelto lui, diceva Pio X, perché è un poliglotta. Conosce i problemi di tutti i paesi, è molto modesto, è un santo... L’ho scelto per la sua pietà e per il suo spirito sacerdotale ». E allo stesso cardinale : « Lavoreremo insieme ed insieme soffriremo per l’amore e l’onore della Chiesa ».

 

Pio X RESTAURATORE DELLA VITA CRISTIANA

 

— « Per far regnare Gesù Cristo nessuna cosa è più necessaria quanto la santità del clero » (lettera al card. Respighi, 1904) : è questo il pensiero che guida il Pontefice nel disporre il riordinamento dei seminari romani nel Lateranense, nel promuovere i seminari regionali nell’Italia centrale e meridionale, nel dettare norme uniformi e adatte ai tempi per lo studio e la disciplina degli aspiranti al sacerdozio, nell’inviare visitatori apostolici nei seminari e nelle diocesi, nel favorire lo sviluppo di una sana e soda cultura ecclesiastica.

L’origine dell’Istituto Biblico a Roma, vera e propria università di S. Scrittura, la revisione della Volgata affidata ai Benedettini, il motu proprio per lo studio della filosofia di s. Tommaso nelle scuole, sono i principali documenti della sua sollecitudine per avere un clero colto, mentre la celebre esortazione Haerent animo dettata nell’occasione del suo giubileo sacerdotale, rimane prezioso codice della vita virtuosa e delle attività pastorali dei ministri di Dio.

Giuseppe Sarto aveva potuto constatare, sin da giovane cappellano, la precipua causa dell’apostasia da Dio nella ignoranza religiosa e perciò si era affaticato con l'esempio e l’esortazione a combatterla.

Pontefice, con l’encicl. Acerbo nimis del 15 apr. 1905 emana leggi sapienti per l’istruzione catechistica ai fanciulli, ai giovani, agli adulti; con il suo esempio tiene catechismi domenicali al popolo di Roma; ordina la promulgazione del testo unico del catechismo per le diocesi d’Italia; incoraggia convegni per l’apostolato catechistico. Per vivere in Grazia bisogna alimentare l’anima del « pane vivo disceso dal cielo ».

 

Pio X è a buon diritto chiamato il Papa della Eucaristia, perché con i suoi decreti promosse la pratica della Comunione frequente e quotidiana dei fedeli (20 die. 1907, Sacrosancta Tridentina Synodus), favorì la S. Comunione agli infermi (S. Congr. del Concilio, 7 die. 1906) offrendo ad essi il conforto di poter ricevere durante la malattia più volte l’Eucaristia, aprì (decr. 28 ag. 1910, Quam singulari Christus amore) ai piccoli, che sanno distinguere il Pane eucaristico dal pane comune, il S. Tabernacolo.

Nel quadro dell’educazione cristiana dei fedeli deve intendersi la vasta riforma liturgica operata da Pio X : la riforma del Breviario, gli studi per la riforma del Messale e per i libri liturgici della Chiesa orientale. Nel motu proprio del 22 nov. 1903 si danno norme nuove per il ripristino delle melodie gregoriane, per la musica polifonica, per il canto corale dei fedeli.

 

Pio X E L’APOSTOLATO DEI LAICI

 

— Vescovo e patriarca, aveva sempre favorito l’azione dei laici militanti, partecipando a convegni e congressi, difendendone i dirigenti ingiustamente attaccati. Ma non poteva non avvertire che l’Opera dei Congressi e dei Comitati cattolici risentiva il logorio del tempo.

Tra gli anziani, ancorati alle posizioni di ieri, e i giovani, ansiosi di aprirsi la via del domani, non ci si intendeva più. Le intemperanze del gruppo giovanile democratico, guidato da Romolo Murri, al Congresso di Bologna (nov. 1903) accelerò la fine. Nel luglio 1904 il Papa scioglie l’Opera dei Congressi, lasciando in vita la II Sezione, quella dell’Azione popolare cristiana e la Società della gioventù cattolica.

La piccola pattuglia, solidale con il Murri, si butta alla ribellione che viene condannata.

Il grosso frattanto è organizzato nell’Unione popolare, nell’Unione elettorale, nell’Unione economico-sociale, cui nel 1910 il Papa aggiunse l’Unione femminile cattolica.

L’encicl. Il fermo proposito dell' 11 giugno 1905, festa di Pentecoste, rimane la Magna Charta dell’apostolato dei laici sino al riordinamento di Benedetto XV.



[Modificato da Caterina63 18/08/2014 15:50]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Pio X E IL MODERNISMO.


 


— Preparato dalle condizioni intellettuali e culturali del principio del sec. xx, il modernismo, figlio del soggettivismo kantiano e dell’emotività pseudo-religiosa di Schleiermacher, trova nel simbolismo evoluzionista di Sabatier, applicato alla Rivelazione, un principio suggestivo e comodo, per far passare di contrabbando come genuina scienza la filosofia dell’immanenza e la critica razionalista; e si comincia dagli studi biblici. Nel 1902 A. Loisy pubblica l'Evangile et l'Eglise, tentando di fare l’apologia della Chiesa con il negarne l’origine divina. È il principio di un franamento sempre più rovinoso e più esteso in Francia (Loisy), in Inghilterra (Tyrrell), in Italia (Buonaiuti); dal campo esegetico si passa con disinvoltura a quello dogmatico, morale, giuridico, sociale, letterario.


Clamorose defezioni, manovre subdole, propaganda scaltra, agguerrita, multiforme. Il veleno si inocula con impressionante celerità, penetra persino nei seminari, nei chiostri, nelle file del clero e del laicato militante. « Sintesi di tutte le eresie », « strada all’ateismo », « scure  alla radice della fede », il modernismo minaccia la purezza della fede, la saldezza della disciplina, la santità della Chiesa. L’intervento appare sin dal principio severo, forte, decisivo, provvidenziale.


Il decreto del S. Uffizio Lamentabili del 3    luglio 1907, con cui si condannano 65 proposizioni erronee (in gran parte tratte dalle opere del Loisy), preludia la magistrale encicl. Pascendi Dominici gregis (7 sett. 1907).


 


Il documento pontifìcio è diviso in due parti : nella prima una esauriente e lucidissima esposizione del modernismo; nella seconda una serrata, e stritolatrice critica che ne dimostra tutta la falsità e ne denuncia le funeste conseguenze per la fede, per la Chiesa, per il mondo.


All’enciclica si rispose con violenta e virulente resistenza : la lotta continuò per anni ed ebbe ore di angoscia e di lacrime per Pio X che si vide a volte mal compreso e maltrattato anche in settori a lui tanto vicini. Nella lunga vicenda non mancarono le esagerazioni degli ultrazelanti e le malevolenze degli ipocriti; non sempre e non tutti i combattenti seppero mantenersi liberi da passioni di parte e da intemperanze di forma. Ma è ormai acquisito alla storia che « anche nei periodi più difficili, più aspri, più gravi di responsabilità, Pio X diede prova di quel- l’illuminata prudenza che non fa mai difetto nei santi » (Pio XII).


 


Pio X LEGISLATORE.


 


— Dal tempo di Sisto V (cost. Immensa, 22 genn. 1587) i dicasteri della Curia romana avevano avuto parziali ritocchi. Le vicende, specialmente dopo il 1870, rendevano necessaria una completa e generale revisione. Accogliendo di buon animo il desiderio di molti vescovi, memore delle esperienze fatte da vescovo e patriarca, Pio X detta egli stesso le linee maestre della riforma che affida alla saggezza di una commissione cardinalizia, composta di provetti giuristi.


Il 29 giugno 1908 pubblica la cost. Sapienti consilio con annesse norme comuni e speciali per il funzionamento delle S. Congregazioni, dei tribunali, degli uffici. All’istituto matrimoniale, fondamento della famiglia cristiana, Pio X rivolge speciale cura : la cost. Provida (18 genn. 1906), circa la validità dei matrimoni misti, e il celebre decreto Ne temere della S. Congr. del Concilio (2 ag. 1907), circa la forma giuridica degli sponsali e del matrimonio.


Provvedimenti parziali in attesa di più vasto ed universale lavoro. La necessità di accogliere in un unico testo le innumerevoli prescrizioni disseminate nelle decretali era da tempo sentita, specie da chi doveva applicare il diritto alla cura pastorale. Pio X riconoscendola « troppo necessaria » non la volle più differire.


E del 19 marzo 1904 il motu proprio Arduum sane : de Ecclesiae legibus in unum redigendis con il quale si istituisce la commissione di studio e di compilazione. Egli segue l’immane fatica, si può dire, giorno per giorno : consiglia, esorta, incoraggia, decide.


Si consultano vescovi, teologi, giuristi. Si affrontano questioni secolari, si superano ostacoli di varia natura, si concilia alla severa esigenza della legge la multiforme pratica della vita. L’arditissima opera, sebbene veda la luce solamente il 27 maggio 1917, sotto Benedetto XV, rimane sempre « il capolavoro del pontificato di Pio X » (Pio XII), ed is [Pio X] tamen unus huius codicis habendus est auctor (Benedetto XV). Aveva del resto esordito con due costituzioni di storico valore : la Commissum nobis del 20 genn. 1904, che commina la scomunica maggiore a chiunque ardisse presentare nel conclave il veto anche sotto forma di semplice desiderio, e la Vacante Sede Apostolica (25 die. 1904) che disciplina i lavori del conclave.


 


LA SANTITA'


 


— Essa emanava da lui costantemente. Il suo sguardo, la sua parola, la sua personalità esprimevano la bontà, la fermezza, la fede. Le udienze « erano una vera e santa missione ».


Eppure egli ambiva soltanto di essere il sovrano di se stesso. Da questo dominio di sé, vittoria di lunghi anni di lotta sul temperamento ardente, nasceva la mitezza di cuore, che lo faceva semplice e sereno e buono anche nelle ore più tempestose, in mezzo alle critiche più acerbe, alle calunnie più velenose, nella più amara solitudine. Tra le virtù appariva sovrana l’umiltà : ricordava all’occasione la sua origine modestissima, evitava gli elogi e se ne schermiva, mal sopportava gli applausi e i complimenti, accettava con amabilità l’altrui parere, sollecitava anzi il giudizio dei cardinali, dei vescovi, dei collaboratori, evitava di dare ad altri la più piccola noia, usava mille attenzioni persino con i servitori.


Generoso nel perdonare e nel dimenticare, indulgente con gli erranti non ostinati nell’errore, inesorabile contro gli equivoci e i compromessi, staccato totalmente da ogni bene terreno, da ogni forma anche apparente di favoritismo, visse e morì povero, lasciando alla carità del successore di provvedere alle sorelle che volle rimanessero nell’ombra della loro modestissima condizione.


Dal cuore grande i gesti di una carità industriosa, appassionata, eroica, specialmente da pontefice verso i poveri, gli orfanelli, i decaduti, soprattutto per i colpiti dal terremoto siculo-calabrese del 1908.


Uomo di intensa orazione, ancora vivente godeva di doni straordinari e di poteri soprannaturali.


La sua benedizione operò più volte guarigioni, anche a distanza, che avevano dell’insperato, se non addirittura del prodigioso, guarigioni che egli umilmente dichiarava dovute « al potere delle somme chiavi ».


Era diffusa la convinzione che egli leggesse con sicurezza nell’intimo dell’animo e prevedesse il futuro con una luce che superava l’intelligenza umana.


 


LA MORTE E LA GLORIA.


 


— Il 2 giugno 1914 Pio X entrava nell'80° anno di età.


La fibra rimasta sempre robusta, nonostante l’allarme al cuore, avvertito ancora nel lontano periodo di vita veneziana, denotava ormai segni di stanchezza. All’orizzonte politico si addensavano nubi foriere di tempesta.


Il Papa presentiva il « guerrone », come egli ripeteva agli intimi. L’assassinio a Serajevo dell’arciduca Ferdinando, erede al trono d’Austria, fu la scintilla.


Il Pontefice tentò invano di scongiurare la guerra.


Postosi a letto per una leggera bronchite il pomeriggio del 15 agosto - dopo aver voluto officiare la Solennità dell'Assunta, il 19 peggiorò d’improvviso, e all’una e quindici del 20 ag. l’anima sua entrò nell’eterna pace.


Aveva regnato undici anni e 16 giorni.


Il mondo commosso si chinò riverente dinanzi alla salma del Pontefice.: « La storia ne farà un grande Papa, la Chiesa ne farà un grande Santo » fu detto sin da allora.


Nel silenzio delle Grotte Vaticane il sepolcro divenne meta incessante di pellegrini e di oranti. Per voto unanime di tutti i 22 cardinali residenti a Roma, nel febbr. 1923 è promossa la Causa di beatificazione e di canonizzazione, che, conclusi i processi ordinari sulla fama di santità, viene introdotta il 12 febbr. 1943. Costruiti in seguito i processi apostolici, si passa alla discussione sulla eroicità della virtù, che viene proclamata con decreto del 3 sett. 1950.


Sanzionati poi dall’autorità della Chiesa i due miracoli richiesti dai sacri canoni, il 4 marzo 1951 Pio XII promulga il decreto del tuto procedi posse.


Il 3 giugno 1951 sul sagrato della Basilica Vaticana Pio X è proclamato beato. Innumerevoli grazie straordinarie hanno condotto alla sollecita ripresa dalla Causa (13 nov. 1951) per il supremo onore degli altari in questo Anno di grazia 1954, il 29 maggio. Le spoglie del Beato riposano sotto la mensa dell’altare della Presentazione, il primo a sinistra di chi entra nella basilica di S. Pietro.


Pure nella Basilica, sopra la porta detta « dei musaici », Pier Enrico Astorri di Piacenza ha scolpito nel marmo il Pontefice nella maestà del Triregno, aperte le braccia a supremo olocausto di sé; il monumento è stato inaugurato nel 1923.


 





- LA PRIMA COMUNIONE E LA COMUNIONE FREQUENTE E QUOTIDIANA


 


La santa premura, di Pio X di dare Gesù ai fanciulli e i fanciulli a Gesù, troncando risolutamente le secolari barriere e le annose discussioni sull’argomento, costituisce una delle pagine più luminose del suo Pontificato.


« Solo in un’anima sapientemente candida ed evangelicamente infantile come la sua » — proclamò S. S. Pio XII — « poteva trovare risoluta eco l’ardente sospiro di Gesù : “ Lasciate che i fanciulli vengano a me ” ; ed insieme la comprensione del dolcissimo desiderio di questi di correre all’abbraccio del Redentore divino ».


 


A)      La PRIMA COMUNIONE.


 


— 1. Storia. — La questione concernente l’età della prima Comunione sorse quando, lungo il corso del sec. xn, venne a rarefarsi, fino alla chiara proibizione, l’uso di dare la Comunione ai bambini ancora prima dell’uso della ragione.


I motivi di tale mutazione, che doveva in breve tempo diventare legge disci-plinare per la Chiesa occidentale, non sono chiaramente noti; forse vi concorsero disordini e irriverenze, così facili nei bambini; abusi e trascuratezze in chi avrebbe dovuto vigilare alla distribuzione della Comunione; l’abolizione, avvenuta in quel tomo di tempo, della Comunione ai laici anche sotto la specie del vino, che sarebbe apparsa singolare, se continuata, com’era uso generale, per i bambini.


Il fatto si è, che sugli inizi del sec. XIII decreto del Concilio Lateranense IV (1215), determina, contro la decadenza della pratica della Confessione e Comunione, il numero delle volte che il cristiano deve confessarsi e comunicarsi ogni anno : « Ogni fedele dell’uno e dell’altro sesso, quando è giunto agli anni della discrezione, deve confessarsi almeno una volta all’anno e ricevere con devozione, almeno alla Pasqua, il sacramento dell’Eucaristia, tranne che, con il consiglio del confessore, non giudichi di doversene astenere per qualche tempo per un ragionevole motivo. A chi vi si rifiutasse sarà proibito di entrare in Chiesa e privato, alla morte, della sepoltura ecclesiastica » (Denz-U, 437).


Il decreto ebbe rapida divulgazione, ma poiché non determinava quali fossero gli anni della discrezione, aperse anche la via a controversie, che durarono purtroppo fino al sec. XX, con danno assai grande delle anime (cf. decretò Quam singolari dell’8 ag. 1910). Partendo, infatti, da una non retta interpretazione delle parole « anni della discrezione » e dell’inciso « ricevere con devozione », e sotto l’influsso di alcune ragioni, dedotte dalle pene comminate dal decreto contro i renitenti e dalla loro applicabilità secondo le norme generali del diritto, si vollero distinguere due età della discrezione, una per la Confessione, l’altra per la Comunione; richiedendo, per la prima, l’età, in cui si può discernere il bene dal male e quindi peccare; per la seconda, invece, un’età maggiore, in cui la conoscenza della dottrina cristiana fosse più piena e più matura la disposizione dell’anima.


 


Per questa stabilirono i dieci, dodici, quattordici anni; il giansenismo, più tardi, esagerando oltre ogni limite la necessità di una buona preparazione, cercò di procrastinarla fino ai diciotto e venti anni.


Che questa interpretazione del decreto fosse errata, appare da diverse ragioni :


a) il Concilio Lateranense non fa distinzione alcuna, ma per i due precetti imposti richiede la medesima età. Perciò se per la Confessione l’età della discrezione è quella, in cui si distingue il bene dal male, cioè quella in cui si è raggiunto l’uso di ragione, lo stesso deve dirsi per la Comunione;


b) così, infatti, l’intesero i principali interpreti e teologi del sec. XIII, per i quali l’età della discrezione equivale a quella dell’uso della ragione;


(cf. Sum. Theol., 3a, q. 90, a. 9 ad 3, dove s. Tommaso parla di « aliqualis usus rationis » come sufficiente per essere ammessi alla Comunione, e i suoi commentatori : P. Ledesma, In s. Thomam, 3 q. 80, a. 9, dub. 6 ; In 3am part - per altre testimonianze antiche, cf. L. Landrieux, op. cit. in bibl., pp. 94-136).


 


Così il Concilio di Trento (sess. XXI, cap. 4; Denz-U, 933), richiamandosi al Lateranense non assegna altra ragione di non dare la Comunione ai bambini se non questa, che non possono peccare; donde si deduce che, raggiunta l’età, in cui questa possibilità esiste (cioè l’uso della ragione), debbono poter ricevere la Comunione. Il Catechismus romanus (parte 2a, De Sacrarti. Euchar., n. 63) parla esplicitamente di uso di ragione.


Ciò nonostante la tesi, che si potrebbe chiamare preconcetta, continuò a prevalere nella pratica, nonostante altre spiegazioni e condanne della Chiesa. I danni che ne provennero furono gravi, perché in questo modo l’età puerile, tenuta lontana dal Cristo, si trovò priva come di un succo vitale, di un aiuto efficace quanto altro mai per conservarsi intatta nella lotta contro le passioni e le allettative dell’ambiente, e conobbe il vizio prima ancora di riceverne l’antidoto preservatore.


 


2. La disciplina vigente. — È stata regolata da Pio X con il decreto della S. Congregazione dei Sacramenti Quam singulari Christus amore, dell’8 ag. 1910 (Acta ApostolicaeSedis, 2 [i9io],p. 582sgg.), il quale fissa i seguenti punti:


 


a)l’età della discrezione per la Confessione e la Comunione si raggiunge con l’uso della ragione, il che avviene ca. i 7 anni; da questo tempo incombe anche ai fanciulli l’obbligo annuale di ricevere i due Sacramenti;


 


b) per la prima ammissione ad essi non si richiede la piena e perfetta cognizione della dottrina cristiana (che si acquisterà più tardi) ma basta quella dei principali misteri della fede e quella sufficiente a distinguere il pane eucaristico dal pane comune e a riceverlo con la devozione possibile a quell’età;


 


c) il giudizio per queste disposizioni sufficienti spetta al confessore e ai genitori o a quelli che ne fanno le veci.


Al parroco, poi, secondo il CIC (can. 854 §§ 4 e 5) spetta il dovere di vigilare, anche mediante un esame se lo riterrà opportuno, perché i fanciulli non si accostino alla prima Comunione, prima di avere raggiunto l’uso della ragione e senza sufficiente preparazione; come pure di procurare che, quando l’uso di ragione e la sufficiente preparazione siano raggiunti, i fanciulli siano nutriti di questo cibo divino.


 


B)      LA Comunione frequente.


 


— 1. La pratica e la sua evoluzione. — L’uso della Comunione frequente (cioè plurisettimanale o anche quotidiana) è già suggerito dal fatto stesso della istituzione dell’Eucaristia e dalla materia scelta per la consacrazione. Gesù Cristo, infatti, parlò di « pane disceso dal cielo »,  di « pane di vita » ; rilevandone le analogie con la « manna del deserto » (Io. 6, 59), di modo che i discepoli poterono facilmente comprendere che, come ogni giorno il corpo si nutre del pane e ogni giorno gli Ebrei si nutrirono della manna, così ogni giorno l’anima può nutrirsi del pane celeste. E quando egli pose sulle labbra dei fedeli, nel Pater, la domanda del « nostro pane quotidiano », ciò si deve intendere, con tutti i Padri della Chiesa, non tanto del pane materiale, quanto piuttosto del Pane eucaristico.


 


I cristiani primitivi lo compresero.


Per la Comunione quotidiana non si hanno per i primi due secoli indicazioni chiare e decisive; il che non vuol dire che non esistesse affatto; se ne hanno, invece, per la Comunione frequente, specialmente domenicale. Si sa infatti, che i fedeli erano perseveranti nella dottrina degli Apostoli e nella preghiera non solo, ma anche nella fractio panis (Act. 2, 42; 20, 7; I Cor. 11, 2-34; Iud. 5, 12-13; Didaché, 14, 1; s. Giustino, Apoi., I, 67, 5 : PG, 6, 430).


Con queste citazioni concorda la lettera di Plinio a Traiano (1. X, 97), che parla delle riunioni dei cristiani in un giorno fisso (stato die) per celebrare i loro banchetti. Dalla fine del sec. II al V, le indicazioni per la Comunione quotidiana abbondano.


Tertulliano (De idol., 7 : PL 1, 669) riferisce che i cristiani stendono ogni giorno le mani, secondo il rito di allora, per ricevere il    Corpo di Cristo (2) ; s. Cipriano attesta per l’Africa : « qui in Christo sumus et Eucharistiam quotidie ad cibum salutis accipimus » (De orat. domiti., 18: PL 4, 531).


Per l’Egitto si ha la testimonianza di Clemente Alessandrino (Quis dives salvetur, 23 : PG 9, 628) e di Origene (In Genesim hom., X: PG 12, 218); per l’Asia Minore quella di s. Basilio (Epist., 93 : PG 32, 484); per l’Italia superiore di s. Ambrogio (De benedict. patriarch., 9, 38 : PL 14, 686); per la Spagna di s. Girolamo (Epist., 71, 6 : PL 22, 672), per la Gallia di Cassiano (De coenob. instit., VI, 8 : PL 49, 277); per Roma, oltre l’indicazione di s. Girolamo (Epist., 48, 15 : PL 22, 506), si ha l’esempio di s. Melania Giuniore, la quale « nunquam cibum corporalem accepit, nisi prius Corpus Domini communicasset » (M. Rampolla del Tindaro, S. Melania giuniore, senatrice romana, Roma 1905, p. 205).


 


Non si deve però dimenticare come nella pratica si manifestassero ben presto delle differenze nelle varie Chiese; s. Agostino accenna come in alcune i fedeli si comunicavano tutti i giorni, in altre solo il sabato e la domenica, in altre ancora solo alla domenica (Epist., 54, 2 : PL 36, 200). Anche tra i cristiani di una stessa Chiesa si notavano defezioni; s. Giovanni Crisostomo, ad es., lamenta che in mezzo al suo popolo non pochi si comunicassero una o al più due volte all’anno, mentre altri lo facevano di frequente (In epist. ad Hebr., hom. XVII, 4: PG 63, 131) e deplora che mentre il S. Sacrificio si celebrava tutti i giorni, pure si trascurasse la Comunione (In epist. ad Ephes., hom. Ili, 4-5 : PG 62, 28).


A Milano s. Ambrogio rimpiange che l’indifferenza dell’Oriente si mostri anche in mezzo al suo popolo (De Sacram., V, 24 : PL 16, 452).


Una grande diminuzione nella frequenza alla Comunione si nota specialmente a cominciare dal sec. IX; e andrà sempre crescendo, nonostante l’esempio delle anime più ferventi e i richiami dei concili locali, tanto che nel sec. XII il Concilio Lateranense IV (1215) si vide costretto « propter iniquitatis abundantiam, refrigescente caritate multorum » (Sum. Theol., 3, q. 80, a. 10, ad 5 m) ad andare fino al limite estremo dell’indulgenza, imponendo l’obbligo di una sola Comunione annuale, alla Pasqua (cap. 21; Denz-U, 437), e sanzionandolo con delle pene.


 


La predicazione fervorosa dei Francescani e dei Domenicani stabilisce allora e consolida l’uso della Comunione nelle tre Pasque dell’anno (Natale, Risurrezione, Pentecoste); i grandi teologi e i mistici (s. Beda Venerabile, s. Pier Damiani, s. Bonaventura, s. Tommaso d’Aquino, l’Imitazione di Cristo, G. Savonarola) insistono su di una frequenza assai maggiore fino alla Comunione quotidiana - abbiamo l'esempio di come Santa Caterina da Siena fosse solita "andare alla Messa mattutina e ricevere l'Eucaristia", e di come divenne buona abitudine delle massaie iniziare la giornata recandosi alla Messa; ma la corrispondenza che incontrano nel clero, nei direttori di coscienza, nei Terz’Ordini, nelle confraternite e per conseguenza nei laici, è in generale assai scarsa.


Bisogna scendere fino alla metà ca. del sec. XVI per constatare un vero risveglio di vita eucaristica; e lo si deve sia al Concilio di Trento, indubbiamente stimolatore della Comunione frequente (sess. XXII, cap. 6; Denz-U, 882, 944; Catech. Romanus, parte 2a, cap. 4, n. 63) e al vigoroso impulso dato dai nuovi Ordini religiosi : Teatini, Barnabiti, Cappuccini, Gesuiti, dalle piccole congregazioni di preti riformati, da Bonsignore Cacciaguerra con i suoi compagni di S. Girolamo della Carità, da s. Filippo Neri, da s. Carlo Borromeo, che con la parola e con la penna combatterono i pregiudizi profondamente radicati e i sofismi che s’ammantavano di rispetto verso il S.mo Sacramento, e stimolarono ad una più intensa pratica eucaristica.


 


Non tutti, è vero, insistettero sulla Comunione quotidiana; molti (come s. Francesco di Sales, e i grandi teologi, F. Toledo, J. Vàzquez, F. Suàrez, P. Laymann, J. de Lugo) senza affatto condannarla, approvandola anzi e consigliandola in casi determinati, mantennero un contegno più riservato e prudente e si contentarono di promuovere, come norma ordinaria, la Comunione settimanale. Il sopraggiungere delle dottrine gianseniste, con il loro rigore e le loro ristrettezze, turbarono e sconvolsero questo sviluppo, ricco di frutti anche straordinari per le anime; ma se l’episodio fu burrascoso (cf. l’opera del maggior rappresentante del giansenismo, A. Arnauld, De la fréquente Communion, Parigi 1643, confutata dal gesuita D. Petau, e condannata, in alcune sue asserzioni, da Alessandro VIII [7 die. 1690; Denz-U, 1312-13]) e riuscì ad allungare propaggini fino ai nostri tempi, ritardò, ma non potè stroncare il moto iniziato, tanto più che nel frattempo vari documenti ecclesiastici incoraggiavano e spingevano alla frequenza della Comunione (ad es., la risposta della S. Congregazione del Concilio al vescovo di Brescia del 24 genn. 1587 fin Analecta iurìs potiti/., 8a serie, pp. 782-83]; il decreto Cutti ad aures del 12 febbr. 1679 [Denz-U, nn. 1147-50]).


 


 


2. Disciplina vigente. — Perdurando, però, le incertezze e le esitazioni, specialmente sulle disposizioni necessarie e sufficienti per la Comunione frequente e soprattutto quotidiana, Pio X stimò opportuno rompere ogni indugio e precisare una volta per sempre la dottrina da seguire, mediante il decreto della S. Congregazione del Concilio del 20 die. 1905, Sacra Tridentina Synodus (Denz-U, 1981-90).


Del decreto questi sono i punti riassuntivi :


a) la Comunione frequente e quotidiana sia accessibile a tutti, di qualsiasi classe e condizione;


b) uniche con-dizioni richieste sono : lo stato di grazia e la retta intenzione, la quale importa che alla Comunione si vada non per uso o vanità o riguardi umani, ma per soddisfare al piacere di Dio e al bene della propria anima;


c) poiché disposizioni più perfette producono miglior frutto, si deve badare al preparamento e al ringraziamento;


d) giudice della frequenza è il confessore;


e) con questo deve cessare ormai ogni disputa litigiosa circa le disposizioni per la Comunione frequente e quotidiana (il CIC mantenne queste direttive, richiamando il desiderio del Concilio di Trento, Denz-U, 944), che i fedeli, i quali assistono alla Messa, partecipino più intimamente al Sacrificio con l’unione reale alla vittima divina mediante la Comunione (can. 863; cf. anche l’enciclica Mediator Dei, parte 2a, punto 3); il che è da raccomandare e da promuovere specialmente nei seminari e in tutti i collegi cristiani di educazione (decreto Sacra Trid. Synodus, n. 7) vigilando però sempre per una piena libertà al fine di evitare sacrilegi (S. Congregazione dei Sacramenti, 8 die. 1932).


 


Sia lodate Gesù Cristo


sempre sia lodato


 


Sancte Pie Decime


Ora pro nobisi


 


Nota


 


1) L'intero Documento è tratto dal libro "San Pio X" in occasione  della sua Canonizzazione del 29 maggio 1954; fonte "Encicl. Cattolica - Città del Vaticano 22 may 1954 - con Imprimatur - Nihil obstat


 


2) riguardo a Tertulliano quando dice: " che i cristiani stendono ogni giorno le mani", secondo il rito di allora, per ricevere il       Corpo di Cristo, in quel "stendere le mani" va specificato come si usava fare: il fedele stendeva le due mani come un trono la sinistra sopra e la destra sotto, poi "senza prenderla con le mani" (san Crisostomo), la mano destra accompagnava la sinistra contenente l'Ostia direttamente alla bocca. In ogni caso non si toccava assolutamente l'Ostia "prendendola" ma la si "riceveva", usando le mani come trono, portandola direttamente da questa, alla bocca. La Chiesa Orientale ha mantenuto la prassi di "imboccare" il fedele durante la Comunione.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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19/08/2014 19:37
 
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Sulla pagina di Facebook - clicca qui - troverete una raccolta - sempre in aggiornamento - con le frasi tratte dal ricco Magistero di San Pio X.

Grazie per le vostre condivisioni.
















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Sancte Pie Decime, Gloriose Patrone, Ora pro Nobis!
Te Sancte Pie Decime confitemur.





 

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Papa Sarto e la magnifica impresa - Il segretario di Stato conclude a Riese le celebrazioni per il centenario della morte

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2014-08-23 L’Osservatore Romano

«Fare di Cristo il cuore del mondo: ecco il solo e grande progetto, moderno e missionario, di tutta la vita e di tutto il ministero di san Pio X». Ad affermarlo il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, durante la messa che, sabato sera, 23 agosto, a Riese, ha concluso le celebrazioni del centenario della morte di Papa Sarto promosse dalla diocesi di Treviso.

«Pio X — ha affermato il cardinale Parolin — visse in un’epoca che poneva numerosi interrogativi alla Chiesa sul proprio futuro, sulla sua azione pastorale, perfino sulla sua stessa sopravvivenza nel mondo». In questo contesto «Pio X corse audace e generoso in difesa del gregge a lui affidato, richiamando la Chiesa del suo tempo a ricentrarsi su Cristo, a ritrovare solo in lui le sue più profonde energie di vita, ad attingere da lui quell’ansia di annuncio evangelico e di carità sconfinata, che spinsero lo stesso Cristo a dare la vita per gli uomini». Infatti, ha voluto sottolineare il cardinale Parolin, «a nessun altro scopo egli volle dedicato il suo ministero petrino, accettato con palese sofferenza e disistima di sé e solo confidando nella grazia di Dio, se non a rendere presente Cristo nel mondo».

Ecco perché, ha spiegato ancora il cardinale, «egli non volle indossare i panni del regnante depauperato; non coltivò nostalgie temporalistiche; accettò di perdere, come nel caso della Francia, appoggi umani, privilegi, ricchezze, garanzie terrene. Dimesse anche le vesti dell’ecclesiastico ottocentesco, spesso erudito o sistemato nella Chiesa ma distaccato dal suo gregge, egli si gloriò della consunta talare del parroco, che cerca i suoi fedeli, che si intrattiene con loro a condividere angosce e pesi quotidiani della vita, che alimenta la sua gente con il catechismo e il Pane di vita offerto fin alla più tenera età; che sostiene, ammonisce e indirizza; che sa promuovere iniziative sociali, educative e perfino sportive, pur di accrescere le convinzioni interiori della sua gente e la gioia di appartenere alla Chiesa».



















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31/08/2014 23:47
 
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  sabato 30 agosto 2014

IN MEMORIAM: il vero volto di San Pio X

 
Roberto de Mattei su Corrispondenza Romana [qui].

8 dicembre 1904, 
50° Anniversario proclamazione Immacolata Concezione

Cento anni dopo la sua morte la figura di san Pio X si erge dolente e maestosa, nel firmamento della Chiesa. La tristezza che vela lo sguardo di Papa Sarto nelle ultime fotografie, non lascia solo intravedere le catastrofiche conseguenze della guerra mondiale, iniziata tre settimane prima della sua morte. Ciò che la sua anima sembra presagire è una tragedia di portata ancora maggiore delle guerre e delle rivoluzioni del Novecento: l’apostasia delle nazioni e degli stessi uomini di Chiesa, nel secolo che sarebbe seguito.


Il principale nemico che san Pio X dovette affrontare aveva un nome, con cui lo stesso Pontefice lo designò: modernismo. La lotta implacabile al modernismo caratterizzò indelebilmente il suo pontificato e costituisce un elemento di fondo della sua santità. «La lucidità e la fermezza con cui Pio X condusse la vittoriosa lotta contro gli errori del modernismo– affermò Pio XII nel discorso di canonizzazione di Papa Sarto – attestano in quale eroico grado la virtù della fede ardeva nel suo cuore di santo (…)».

Al modernismo, che si proponeva «un’apostasia universale dalla fede e dalla disciplina della Chiesa», san Pio X opponeva un’autentica riforma che aveva il suo punto principale nella custodia e nella trasmissione della verità cattolica. L’enciclica Pascendi (1907),con cui fulminò gli errori del modernismo, è il documento teologico e filosofico più importante prodotto dalla Chiesa cattolica nel XX secolo. Ma san Pio X non si limitò a combattere il male nelle idee, come se esse fossero disincarnate dalla storia. Egli volle colpire i portatori storici degli errori, comminando censure ecclesiastiche, vigilando nei seminari e nelle università pontificie, imponendo a tutti i sacerdoti il giuramento antimodernista.

Questa coerenza tra la dottrina e la prassi pontificia suscitò violenti attacchi da parte degli ambienti cripto-modernisti. Quando Pio XII ne promosse la beatificazione (1951) e la canonizzazione (1954), Papa Sarto fu definito dagli oppositori estraneo ai fermenti rinnovatori del suo tempo, colpevole di aver represso il modernismo con metodi brutali e polizieschi. Pio XII affidò a mons. Ferdinando Antonelli, futuro cardinale, la redazione di una Disquisitio storica dedicata a smontare le accuse rivolte al suo predecessore sulla base di testimonianze e di documenti,. Ma oggi queste accuse riaffiorano perfino nella “celebrazione” che l’“Osservatore Romano” ha dedicato a san Pio X, per la penna di Carlo Fantappié, proprio il 20 agosto, anniversario della sua morte.

Il prof. Fantappié recensendo sul quotidiano della Santa Sede, il volume di Gianpaolo RomanatoPio X. Alle origini del cattolicesimo contemporaneo (Lindau, Torino 2014), nella sua preoccupazione di prendere le distanze dalle «strumentalizzazioni dei lefebvriani», come scrive in maniera infelice, utilizzando un termine privo di qualsiasisignificato teologico, arriva ad identificarsi con le posizioni degli storici modernisti. Egli attribuisce infatti a Pio X, «un modo autocratico di concepire il governo della Chiesa», accompagnato «da un atteggiamento tendenzialmente difensivo nei confronti dell’establishment e diffidente nei riguardi degli stessi collaboratori, della cui fedeltà e obbedienza non di rado dubitava»Ciò«fa comprendere anche come sia stato possibile che il Papa abbia sconfinato in pratiche dissimulatorie o esercitato una particolare sospettosità e durezza nei confronti di taluni cardinali, vescovi e chierici. Avvalendosi delle indagini recenti sulle carte vaticane, Romanato elimina definitivamente quelle ipotesi apologetiche che cercavano di addebitare le responsabilità delle misure poliziesche agli stretti collaboratori anziché direttamente al Papa». Si tratta delle medesime critiche riproposte qualche anno fa, in un articolo dedicato a Pio X flagello dei modernisti, da Alberto Melloni, secondo cui «le carte ci consentono di documentare l’anno con cui Pio IX era stato parte cosciente ed attiva della violenza istituzionale attuata dagli antimodernisti» (“Corriere della Sera”, 23 agosto 2006).

Il problema di fondo, non sarebbe «quello del metodo con cui fu represso il modernismo, bensì quello della opportunità e validità della sua condanna». La visione di san Pio X era “superata” dalla storia, perché egli non comprese gli sviluppi della teologia e dell’ecclesiologia del Novecento. La sua figura in fondo ha il ruolo dialettico di un’antitesi rispetto alla tesi della “modernità teologica”. Perciò Fantappié conclude che il ruolo di Pio X sarebbe stato quello di«traghettare il cattolicesimo dalle strutture e dalla mentalità della Restaurazione alla modernità istituzionale, giuridica e pastorale».

Per cercare di uscire da questa confusione possiamo ricorrere ad un altro volume, quello di Cristina Siccardi, appena pubblicato dalle edizioni San Paolo, con il titolo San Pio X. Vita del Papa che ha ordinato e riformato la Chiesa, e con una preziosa prefazione di Sua Eminenza il cardinale Raymond Burke, prefetto del Supremo tribunale della Segnatura Apostolica.

Il cardinale ricorda come fin dalla sua prima Lettera enciclica E supremi apostolatus del 4 ottobre 1903, san Pio X annunciava il programma del suo pontificato che affrontava una situazione nel mondo di confusione e di errori sulla fede e, nella Chiesa, di perdita della fede da parte di molti. A questa apostasia egli contrapponeva le parole di san Paolo: Instaurare omnia in Christo, ricondurre a Cristo tutte le cose. «Instaurare omnia in Christo – scrive il cardinale Burke – è veramente la cifra del pontificato di san Pio X, tutto teso a ricristianizzare la società aggredita dal relativismo liberale, che calpestava i diritti di Dio in nome di una “scienza” svincolata da ogni tipo di legame con il Creatore» (p. 9).

E’ in questa prospettiva che si situa l’opera riformatrice di san Pio X, che è innanzitutto un’opera catechetica, perché egli comprese che agli errori dilaganti occorreva contrapporre una conoscenza sempre più profonda della fede, diffusa ai più semplici, a cominciare dai bambini. Verso la fine del 1912, il suo desiderio si realizzò con la pubblicazione del Catechismo che da lui prende il nome, destinato in origine alla Diocesi di Roma, ma poi diffuso in tutte le diocesi di Italia e del mondo.

La gigantesca opera riformatrice e restauratrice di san Pio X si svolse nella incomprensione degli stessi ambienti ecclesiastici. «San Pio X – scrive Cristina Siccardi – non cercò il consenso della Curia romana, dei sacerdoti, dei vescovi, dei cardinali, dei fedeli, e soprattutto non cercò il consenso del mondo, ma sempre e solo il consenso di Dio, anche a danno della propria immagine pubblica e, così facendo, è indubbio, si fece molti nemici in vita e ancor più in morte» (p. 25).

Oggi possiamo dire che i peggiori nemici non sono coloro che lo attaccano frontalmente, ma quelli che cercano di svuotare il significato della sua opera, facendone un precursore delle riforme conciliari e postconciliari. Il quotidiano “La Tribuna di Treviso”, ci informa che in occasione del centenario della morte di san Pio X, la diocesi di Treviso ha «aperto le porte a divorziati e coppie di fatto», invitandole, in cinque chiese, tra cui la chiesa di Riese, paese natale di Papa Giuseppe Sarto, al fine di pregare per la buona riuscita del Sinodo di Ottobre sulla famiglia, di cui il cardinale Kasper ha dettato la linea, nella sua relazione al Concistoro del 20 febbraio. Fare di san Pio X il precursore del cardinale Kasper è un’offesa di fronte a cui la sprezzante definizione melloniana di «flagello dei modernisti» diviene un complimento. (Roberto de Mattei)






La FSSPX conclude con la celebrazione in San Pietro un pellegrinaggio a Roma per il centenario del dies natalis di San Pio X


 


La notizia è ripresa dal Sito ufficiale del Distretto di Francia della Fraternità Sacerdotale San Pio X. L'evento risale al 9 agosto scorso.





In occasione del pellegrinaggio a Roma della parrocchia Saint-Martin-des-Gaules di Noisy-le-Grand, abbiamo avuto l'immensa gioia di poter  assistere alla Santa Messa nella cappella nella Basilica di San Pietro in cui riposa il corpo di San Pio X, nostro santo patrono.

Nel video realizzato da La Porte Latine, Sito ufficiale del Distretto di Francia della FSSPX, è possibile seguire l'intera celebrazione.

Si osservino soprattutto i gesti del sacerdote, don Michel de Sivry, ripresi da vicino, in modo tale che i fedeli mai hanno occasione di vedere, e si resterà colpiti dall'immenso rispetto per le Sacre Specie nel rito tradizionale. [Fonte]

* * *
Questo fatto, senza ombra di dubbio autorizzato dall'arciprete della Basilica Papale, risponde in maniera evidente all'interrogativo di un fedele a cui un padre Domenicano aveva dato diversa risposta [qui]. È una questione che mi ero ripromessa di approfondire e lo farò -tra qualche giorno- anche in relazione alla seconda domanda posta su quella pagina.
Domanda: È possibile ai lefebvriani celebrare in rito antico in una chiesa cattolica?
Risposta: [...] Bisogna distinguere tra scomunica e sospensione.
La Chiesa cattolica ha tolto la scomunica ai vescovi della fraternità di San Pio X per avviare un dialogo. Ma non è stata tolta la sospensione a divinis. [Penso proprio che non sia possibile togliere una scomunica "per avviare un dialogo". Se è stata tolta, il perché è nelle seguenti parole di Benedetto XVI ai vescovi: «Questo gesto era possibile dopo che gli interessati avevano espresso il loro riconoscimento in linea di principio del Papa e della sua potestà di Pastore, anche se con delle riserve in materia di obbedienza alla sua autorità dottrinale e a quella del Concilio» E ciò significa: una cum - che non esclude la discussione per ciò ch'è discutibile - e non separazione.]
Di fatto vi sono sacerdoti cattolici che sono sospesi a divinis (non possono celebrare i sacramenti) ma non sono scomunicati.
Pertanto se un sacerdote della fraternità di San Pio X chiede di celebrare in una chiesa cattolica gli si deve dire che non gli è permesso, perché è sospeso. Non può celebrare né lì né altrove.
Nel frattempo, mi permetto di aggiungere alcune considerazioni:
«Il Concilio Vaticano II si è imposto di non definire nessun dogma, ma ha scelto deliberatamente di restare ad un livello modesto, come semplice Concilio puramente pastorale» [qui] (card. J. RATZINGER, Discorso alla Conferenza Episcopale Cilena, Santiago del Cile, 13 luglio 1988).
Quindi chi, come la FSSPX, pone delle domande sulla reale continuità del Concilio Vaticano II con la Tradizione apostolica - continuità che “va dimostrata e non solo affermata”: mons. Brunero Gherardini [qui] -, è pienamente nella Chiesa come ha riconosciuto l’allora cardinal Joseph Ratzinger ed oggi Papa emerito Benedetto XVI.
Pur nella consapevolezza che in periodi eccezionali si può resistere eccezionalmente alla legittima autorità senza usurpare il potere di giurisdizione, resta un timore, e cioè: se questo periodo eccezionale si prolunga nel tempo e non se ne vede il termine può la Chiesa restare per tanto tempo in stato di eccezionalità e può durare tanto a lungo la resistenza all'Autorità?
La risposta può esser trovata nella storia della Chiesa. 
  1. Il periodo della crisi ariana è durato circa 80 anni e i cattolici che credevano nella consustanzialità del Verbo hanno continuato a resistere sino alla fine della crisi
  2. il Grande Scisma avignonese è durato 70 anni con tre Papi che pontificavano contemporaneamente, di cui uno solo era il vero Papa. “Ab esse ad posse valet illatio; il passaggio dall’esistenza di un fatto alla sua possibilità è valido” (Aristotele).
Se la crisi ariana è durata 80 anni e il Grande Scisma avignonese 70 significa che “la Chiesa può restare per tanto tempo in stato di eccezionalità e può durare tanto a lungo la resistenza all'Autorità”.
Inoltre come insegnava San Tommaso: “contra factum non valet argumentum; contro il fatto non vale l’argomento”. Ora è un fatto storicamente certo che vi sono stati lunghi periodi di crisi nella Chiesa. Quindi l’argomento contrario non regge.
Certamente “Le porte dell’Inferno non prevarranno!” e perciò tale crisi non durerà all’infinito, ma solo quanto Dio permetterà che duri, non un secondo di più. Se noi uomini non vediamo quando finirà la crisi non è la “fine del mondo”; non prendiamoci troppo sul serio, Dio lo sa certissimamente e questo ci basta. Quando gli Apostoli hanno chiesto a Gesù la data esatta della fine del mondo, Egli ha risposto loro che essa, secondo il beneplacito della SS. Trinità, non doveva essere rivelata agli uomini.
 

[Modificato da Caterina63 31/08/2014 23:54]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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