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Discorsi del Papa alla Curia e ai Vescovi

Ultimo Aggiornamento: 22/09/2017 09:01
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18/05/2015 19:01
 
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Papa alla Cei: non siate timidi nel denunciare i corrotti





Papa Francesco parla ai vescovi della Cei - AFP

18/05/2015

Denunciate con forza la corruzione, non siate astratti nei vostri documenti pastorali, rafforzate il ruolo dei laici perché siano responsabili senza bisogno di un “vescovo-pilota”. Sono alcune delle indicazioni che Papa Francesco ha dato ai vescovi italiani, riuniti nell’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano per la loro 68.ma Assemblea generale, incentrata sull’Esortazione apostolica “Evangelii gaudium”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Incisivo nella denuncia della corruzione, nemico giurato di teorie e sofismi quando si mette a servizio della gente che gli è affidata, sostenuto da laici responsabili e capaci e non circondato da automi che fanno solo quello che dice il parroco. E soprattutto unito e concorde con i suoi confratelli, con i sacerdoti che dalla sua guida dipendono e col Papa.

Difensori dei più deboli
Questo deve fare un vescovo ma può riuscirvi solo a una condizione, afferma Francesco senza troppi preamboli aprendo i lavori della Cei: quella di avere un cuore che batte in sintonia con quello di Cristo, avere i suoi sentimenti – umiltà, compassione, misericordia, concretezza, saggezza. Sentimenti che Francesco dapprima elenca e poi riassume in una espressione di due parole, “sensibilità ecclesiale”, quella – dice – che “come buoni pastori ci fa uscire verso il popolo di Dio per difenderlo dalle colonizzazioni ideologiche che gli tolgono l’identità e la degnità umana”:

“La sensibilità ecclesiale che comporta anche di non essere timidi o irrilevanti nello sconfessare e nello sconfiggere una diffusa mentalità di corruzione pubblica e privata che è riuscita a impoverire, senza alcuna vergogna, famiglie, pensionati, onesti lavoratori, comunità cristiane, scartando i giovani, sistematicamente privati di ogni speranza sul loro futuro, e soprattutto emarginando i deboli e i bisognosi”.

No alle astrazioni
Francesco che chiede concretezza ai vescovi attenti di fronte a lui è il primo che dà l’esempio con indicazioni nette, come nel caso dei documenti ecclesiali. Anche nel modo di concepirli, scriverli e comunicarli si dimostra, afferma, “sensibilità ecclesiale”:

“Non deve prevalere l'aspetto teoretico-dottrinale astratto, quasi che i nostri orientamenti non siano destinati al nostro Popolo o al nostro Paese - ma soltanto ad alcuni studiosi e specialisti - invece dobbiamo perseguire lo sforzo di tradurle in proposte concrete e comprensibili”.

Largo ai laici senza “pilota”
Originale poi è il modo in cui il Papa lega l’aspetto della sensibilità ecclesiale al tema dei laici nella Chiesa. Il loro ruolo è “indispensabile”, ripete, e certamente va rafforzato perché siano “disposti ad assumersi le responsabilità che a loro competono”. E tuttavia, nota:

“I laici che hanno una formazione cristiana autentica non dovrebbero aver bisogno del Vescovo-pilota, o del monsignore-pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità a tutti i livelli, da quello politico a quello sociale, da quello economico a quello legislativo! Hanno invece tutti la necessità del Vescovo Pastore!”

Uniti e concordi
C’è poi la questione delicata della “collegialità”, punto cruciale che rivela “concretamente”, sostiene Francesco, la presenza di una sensibilità ecclesiale. Collegialità vuol dire comunione tra i vescovi, fra le diocesi “ricche - materialmente e vocazionalmente - e quelle in difficoltà”, fra “le periferie e il centro”, tra “le conferenze episcopali e i vescovi con il Successore di Pietro”. La realtà, però, racconta altro:

“Si nota in alcune parti del mondo un diffuso indebolimento della collegialità, sia nella determinazione dei piani pastorali, sia nella condivisione degli impegni programmatici economico-finanziari. Manca l'abitudine di verificare la recezione di programmi e l'attuazione dei progetti, ad esempio, si organizza un convegno o un evento che, mettendo in evidenza le solite voci, narcotizza le Comunità, omologando scelte, opinioni e persone. Invece di lasciarci trasportare verso quegli orizzonti dove lo Spirito Santo ci chiede di andare”.

Svecchiare la vita religiosa
Dopo aver mostrato con un ulteriore esempio, quello dell’invecchiamento di Istituti religiosi, Monasteri e Congregazioni – che il Papa definisce “un problema mondiale” chiedendosi perché non si provveda “ad accorparli prima che sia tardi” – Francesco si dispone ad ascoltare i suoi interlocutori. Non prima di aver sottolineato, all’inizio del discorso, che pur in un momento storico che spesso ci vede, osserva, “accerchiati da notizie sconfortanti”, locali e internazionali, la “nostra vocazione cristiana ed episcopale è quella di andare contro corrente: ossia di essere testimoni gioiosi del Cristo Risorto per trasmettere gioia e speranza agli altri”.




DISCORSO INTRODUTTIVO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
ALL’APERTURA DEI LAVORI DELLA 68ª ASSEMBLEA GENERALE 
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA (C.E.I.)

Aula del Sinodo 
Lunedì, 18 maggio 2015

[Multimedia]


 

Cari fratelli, buon pomeriggio!

Saluto tutti e saluto i nuovi nominati dopo l’ultima Assemblea, e anche i due nuovi Cardinali, creati dopo l’ultima Assemblea.

Quando io sento questo passo del Vangelo di Marco, io penso: ma questo Marco ce l’ha con la Maddalena! Perché fino all’ultimo momento ci ricorda che lei aveva ospitato sette demoni. Ma poi penso: e io quanti ne ho ospitati? E rimango zitto.

Vorrei innanzitutto esprimervi il mio ringraziamento per questo incontro, per il tema che avete scelto: l’Esortazione apostolicaEvangelii gaudium.

La gioia del Vangelo, in questo momento storico ove spesso siamo accerchiati da notizie sconfortanti, da situazioni locali e internazionali che ci fanno sperimentare afflizione e tribolazione - in questo quadro realisticamente poco confortante - la nostra vocazione cristiana ed episcopale è quella di andare contro corrente: ossia di essere testimoni gioiosi del Cristo Risorto per trasmettere gioia e speranza agli altri. La nostra vocazione è ascoltare ciò che il Signore ci chiede: “Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio” (Is 40,1). Infatti, a noi viene chiesto di consolare, di aiutare, di incoraggiare, senza alcuna distinzione, tutti i nostri fratelli oppressi sotto il peso delle loro croci, accompagnandoli, senza mai stancarci di operare per risollevarli con la forza che viene solo da Dio.

Anche Gesù ci dice: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato? A null'altro serve che a essere gettato via e calpestato dagli uomini” (Mt 5,13). È assai brutto incontrare un consacrato abbattuto, demotivato o spento: egli è come un pozzo secco dove la gente non trova acqua per dissetarsi. 

Oggi perciò, sapendo che avete scelto, quale argomento di questo incontro, l’Esortazione Evangelii gaudium, vorrei ascoltare le vostre idee, le vostre domande, e condividere con voi alcune mie domande e riflessioni.

I miei interrogativi e le mie preoccupazioni nascono da una visione globale -  non solo dell’Italia, globale - e soprattutto dagli innumerevoli incontri che ho avuto in questi due anni con le Conferenze Episcopali, ove ho notato l’importanza di quello che si può definire la sensibilità ecclesiale: ossia appropriarsi degli stessi sentimenti di Cristo, di umiltà, di compassione, di misericordia, di concretezza – la carità di Cristo è concreta - e di saggezza.

La sensibilità ecclesiale che comporta anche di non essere timidi o irrilevanti nello sconfessare e nello sconfiggere una diffusa mentalità di corruzione pubblica e privata che è riuscita a impoverire, senza alcuna vergogna, famiglie, pensionati, onesti lavoratori, comunità cristiane, scartando i giovani, sistematicamente privati di ogni speranza sul loro futuro, e soprattutto emarginando i deboli e i bisognosi. Sensibilità ecclesiale che, come buoni pastori, ci fa uscire verso il popolo di Dio per difenderlo dalle colonizzazioni ideologiche che gli tolgono l’identità e la degnità umana.  

La sensibilità ecclesiale si manifesta anche nelle scelte pastorali e nella elaborazione dei Documenti – i nostri -, ove non deve prevalere l'aspetto teoretico-dottrinale astratto, quasi che i nostri orientamenti non siano destinati al nostro Popolo o al nostro Paese - ma soltanto ad alcuni studiosi e specialisti - invece dobbiamo perseguire lo sforzo di tradurle in proposte concrete e comprensibili.

La sensibilità ecclesiale e pastorale si concretizza anche nel rinforzare l’indispensabile ruolo di laici disposti ad assumersi le responsabilità che a loro competono. In realtà, i laici che hanno una formazione cristiana autentica, non dovrebbero aver bisogno del Vescovo-pilota, o del monsignore-pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità a tutti i livelli, da quello politico a quello sociale, da quello economico a quello legislativo! Hanno invece tutti la necessità del Vescovo Pastore!

Infine, la sensibilità ecclesiale si rivela concretamente nella collegialità e nella comunione tra i Vescovi e i loro Sacerdoti; nella comunione tra i Vescovi stessi; tra le Diocesi ricche - materialmente e vocazionalmente - e quelle in difficoltà; tra le periferie e il centro; tra le conferenze episcopali e i Vescovi con il successore di Pietro.

Si nota in alcune parti del mondo un diffuso indebolimento della collegialità, sia nella determinazione dei piani pastorali, sia nella condivisione degli impegni programmatici economico-finanziari. Manca l'abitudine di verificare la recezione di programmi e l'attuazione dei progetti, ad esempio, si organizza un convegno o un evento che, mettendo in evidenza le solite voci, narcotizza le Comunità, omologando scelte, opinioni e persone. Invece di lasciarci trasportare verso quegli orizzonti dove lo Spirito Santo ci chiede di andare.

Un altro esempio di mancanza di sensibilità ecclesiale: perché si lasciano invecchiare così tanto gli Istituti religiosi, Monasteri, Congregazioni, tanto da non essere quasi più testimonianze evangeliche fedeli al carisma fondativo? Perché non si provvede ad accorparli prima che sia tardi sotto tanti punti di vista? E questo è un problema mondiale.

Mi fermo qui, dopo aver voluto offrire soltanto alcuni esempi sulla sensibilità ecclesiale indebolita a causa del continuo confronto con gli enormi problemi mondiali e dalla crisi che non risparmia nemmeno la stessa identità cristiana ed ecclesiale.

Possa il Signore - durante il Giubileo della Misericordia che avrà inizio il prossimo otto dicembre - concederci «la gioia di riscoprire e rendere feconda la misericordia di Dio, con la quale tutti siamo chiamati a dare consolazione a ogni uomo e a ogni donna del nostro tempo ... Affidiamo fin d’ora questo Anno Santo alla Madre della Misericordia, perché rivolga a noi il suo sguardo e vegli sul nostro cammino» (Omelia 13 marzo 2015).

Questa è stata soltanto una introduzione. Adesso lascio a voi il tempo per proporre le vostre riflessioni, le vostre idee, le vostre domande sulla Evangelii gaudium e su tutto quello che volete domandare e vi ringrazio tanto!

   

 



[Modificato da Caterina63 20/05/2015 20:52]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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