È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

ATTENZIONE: testo integrale della Commissione Teologica intern. DioTrinità e gli uomini

Ultimo Aggiornamento: 21/01/2014 17:47
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
21/01/2014 17:46
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Capitolo V
I figli di Dio dispersi e radunati

1. La dignità del singolo e il legame dei molti

85. Creato ad immagine di Dio in Cristo (cf. Gen 1, 26-27 alla luce di Col 1, 15-17; 1 Cor 8, 6;Gv 1, 1-3.10; Eb 1, 1-2.10; Rm 5, 14)[49] l’uomo è persona e relazione, individualità e comunione. La fede monoteista sostiene il valore dell’unicità e dell’unità di ogni persona umana. Ponendo ogni singola persona in diretto rapporto con il Dio unico, suo creatore e destinazione ultima della sua vita, e chiedendo al credente di amare questo Dio unico “con tutto il suo cuore, la sua anima, le sue forze” (Dt 6, 5), il monoteismo favorisce un’etica dell’unificazione della persona umana, nello stesso modo in cui sostiene la sua costitutiva relazionalità. Entrambe le dimensioni dell’esperienza concreta dell’uomo – persona e comunità – si richiamano in un’unità che è dono divino e non prodotto delle nostre forze[50]. L’indebolimento, nella cultura moderna, del fondamento cristologico e trinitario della creazione dell’uomo, ha avuto evidenti ricadute anche sull’antropologia: la cultura attuale appare attraversata da una diffusa incapacità di articolare gli aspetti costitutivi dell’umano. Il pensiero antropologico impegnato a dare ragione delle qualità umane più alte – in termini di “sensibilità” come di “spiritualità”, di “creatività” come di “trascendenza” – non è ritenuto soltanto povero: è spesso accusato di essere astratto e sentimentale, ideologico e non scientifico. La rimozione di un pensiero alto dell’origine e della destinazione dell’umano, che interpreta i temi della sua esperienza condivisa, può essere riconosciuta come la radice del diffondersi di un agnosticismo rassegnato e nichilistico, che svuota di forze le nuove generazioni. Gli effetti di questo declino umanistico chiamano in causa la visione cristiana dell’uomo. Il Concilio Vaticano II ha restituito grandezza di visione all’interpretazione cristiana della dignità dell’uomo, indicando francamente nella verità cristologica di Dio il principio del suo riscatto: “solo nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo [...] Cristo, che è l’Adamo nuovo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione”[51].

86. Nell’ottica del mistero del Figlio, il punto di massima profondità del legame che sussiste fra Dio, l’origine increata, e l’uomo, la creatura vivente, può essere colto proprio nella generazione: trasmissione della vita, costituzione dell’alterità. Nella rivelazione trinitaria, la generazione del Figlio è la radice increata e insuperabile dell’intimità di Dio. Nella costituzione dell’umano, la nascita s’illumina del mistero della generazione del Figlio. Di fronte all’illusione antica e moderna dell’uomo che “si fa da sé”, una teologia della creazione dell’uomo che si applicasse con nuova determinazione all’illuminazione di questo legame dell’essere-umano con l’essere-figlio (ultimamente, con il Figlio-in-Dio) restituirebbe alto profilo anche alla differenza sessuale dell’uomo e della donna, e alla componente relazionale della maturazione personale. L’odierna ricerca di una coerente composizione umanistica del “singolare” e del “comune”, quando procede dal presupposto di un’assolutizzazione del “sé” individuale, appare giustamente in difficoltà a produrre l’integrazione cercata. Il mistero rivelato dell’origine divina, che culmina nell’unità trinitaria di Dio, sostiene l’apertura dell’umanesimo all’intrinseca correlazione fra l’elemento positivo del sé e l’elemento positivo dell’altro, che concorrono inseparabilmente alla costituzione dell’umano personale. 

87. In ogni modo, nella prospettiva della visione cristiana, la nostra filiazione adottiva nel Figlio è il segno più efficace di un Dio che è la sorgente della nostra libertà: liberazione nello Spirito da ogni schiavitù (cf. Gal 4, 7; Gv 8, 36) e adozione di figli nel Figlio.  

2. Dio sostiene la passione per la giustizia, riapre la speranza della vita

88. Il dono redentore del Figlio e dello Spirito, tramite la comunicazione sacramentale nel battesimo e nell’eucaristia, rende veramente gli uomini figli per adozione e fratelli gli uni per gli altri (cf. Gal 3, 26-27; 1 Cor 11, 23ss). San Paolo ne era ben consapevole quando richiamava la forza dell’unitàdei fratelli, intendendola come koinonia dei diversi e dei loro doni, nella comunione dell’unico Corpo del Signore e dell’unico Spirito che agisce in tutti. Questa unità, irriducibile all’astratta uguaglianza di identità separate, è simbolo reale e impulso efficace per la cultura umana dei legami sociali e il superamento dell’inimicizia fra i popoli. L’Apostolo esortava a riconoscere l’appartenenza vicendevole, poiché siamo “gli uni membra degli altri” (cf. Ef 4, 25), fino alla formula, piena di forza nell’originale greco, che proclama: “voi siete uno (eis) in Cristo Gesù” (cf. Gal 3, 28). L’intera teologia paolina è profondamente ispirata da questo radicale principio della fede cristiana. Il nostro “essere uno” in Cristo rende possibile l’inizio di una nuova storia di solidarietà e sussidiarietà condivisa fra gli uomini, fino alla vera e propria carità fraterna.

89. Tenendo presente quanto già detto sulla creazione nel capitolo precedente, giova ricordare che la logica corrispondente all’unità del Dio vivente, nella sua presenza e nella sua azione fra gli uomini, è quella di “agape”. La potenza divina è ordinata alla sapienza e alla bontà di un Dio che è in sé stesso amore[52]. Dalla comunicazione dell’essere alla creatura, fino all’offerta dell’amicizia del Figlio, la rivelazione di Dio rispecchia l’intimità di una vita la cui unità è interamente attraversata dalla disposizione relazionale dell’amore[53].

90. Il monoteismo trinitario è in grado di rendere ragione dell’eterna positività e dignità dell’altro, poiché le tre persone sussistono nell’unico Dio secondo un ordine di riferimento del Logos e dell’Agape. Una retta interpretazione cristiana è perciò anche lontana dagli eccessi della tendenza ad enfatizzare unilateralmente l’impotenza o la debolezza come il segno caratteristico – e anzi, la verità essenziale – dell’essere-di-Dio. In questa tendenza – che si può comprendere in risposta agli eccessi razionalistici della teodicea – può essere fraintesa la fondamentale rivelazione cristiana dellakenosis salvifica del Figlio, nella quale appare la dismisura dell’agape di Dio. Il rischio è quello di spingere il ragionamento fino al punto di far coincidere la qualità divina con una sorta di depotenziamento radicale dell’essere, che – nel suo fondo – si concede irrevocabilmente, e senza potenza di riscatto, all’ingiustizia e alla prevaricazione. Come se l’essenza dell’amore di Dio coincidesse in se stessa con una sorta di “etica dell’impotenza”, fondata su una “metafisica dell’avvilimento”, che pronuncia l’ultima parola sul senso ultimo del sacrificio del Figlio[54]. Senza il riferimento alla potenza dell’amore di Dio, e alla sua inconciliabilità con il male, la disponibilitàkenotica del Figlio si trasformerebbe in semplice prossimità sentimentale. E la redenzione finirebbe per coincidere puramente e semplicemente con la rassegnazione all’avvilimento e il versamento del sangue. Il fraintendimento teo-logico di questa interpretazione, infine, apparirebbe maggiore di quello che presumibilmente vuole correggere. La ricaduta simbolica di questa interpretazione si ricongiungerebbe infine, paradossalmente, con quella deriva doloristica della teologia che assegna un automatico valore di redenzione al versamento del sangue in quanto tale: senza far intendere esplicitamente che quel valore viene piuttosto dalla carità con la quale il Figlio, come Servo di Dio, “dà la sua vita in sacrificio per il peccato” (Is 53, 10). Dio condanna l’omicidio dell’Innocente, ma accoglie l’offerta che il Cristo fa di se stesso. Questo sacrificio, di valore assoluto e infinito, sigilla e chiude, nel suo definitivo compimento, tutti i sacrifici dell’antica alleanza.

91. In verità, nella sua kenosis, il Figlio di Dio accetta di abitare fino in fondo l’impotenza e la debolezza dell’uomo peccatore: attirando su di sé la potenza incontenibile e distruttiva del peccato, che l’uomo non può vincere (cf. Rom 8, 3; 2 Cor 5, 21). Il Figlio di Dio accetta di assumere e di vivere fino in fondo la forma drammatica della condizione umana (cf. Gal 3, 13), invece di rimanere semplicemente nella gloria intatta e immutabile della sua condizione divina. L’efficacia salvifica di questo svuotamento è proprio legata al fatto che Colui che la “incorpora” è l’Unigenito di Dio, che condivide eternamente la pienezza della vita di Dio, la potenza della sua signoria su ogni cosa, la forza della sua infinita estraneità dal male. La passione del Figlio fatto uomo, che assume fino in fondo la debolezza umana per il nostro riscatto, rivela proprio così la potenza dell’amore del Padre che nulla può fermare (“Infatti egli fu crocefisso per la sua debolezza ma vive per la potenza di Dio. E anche noi che siamo deboli in lui, saremo vivi con lui per la potenza di Dio nei vostri riguardi”, 2Cor 13, 4).

92. La risurrezione di Gesù Cristo crocefisso attesta la potenza dell’amore di Dio, che restituisce persino la carne e il sangue alla vita dello Spirito (“E se lo Spirito di Colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, Colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi”, Rom 8, 11). Nessuna forza del male e nessuna potenza della morte possono sottrarre il Figlio ai legami del Padre e dello Spirito in cui vive Dio. E nulla può separare l’uomo da Dio, perché nulla può separare Dio da se stesso (“Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?”, cf. Rom 8, 31-39).

3. La purificazione religiosa dalla tentazione del dominio

93. La congiunzione kenotica della potenza e della donazione, indica nel modo più preciso la singolarità cristiana della concezione del Dio unico. La predicazione del Cristo crocefisso, separata dall’annuncio del Cristo risorto, non restituisce la verità della rivelazione cristiana di Dio. La libera consegna del Figlio al mondo da parte del Padre, come anche la vittoriosa riconsegna del mondo al Padre, da parte del Figlio, avvengono, nell’unità dell’identico Spirito, propter nos homines et propter nostram salutem (cf. Gv 3, 16-17; 1 Cor 15, 20-21). Il Crocefisso Risorto sfida la potenza apparentemente invincibile dei nemici dell’uomo: il diavolo, il peccato e la morte (cf. Rom6, 3-11). La potenza di Dio è la verità del suo amore, l’amore di Dio è la verità della sua potenza[55].

94. La religione degli uomini non può mai considerarsi semplicemente al riparo dalla tentazione di scambiare la potenza divina con un potere mondano, che imbocca infine la strada della violenza. I vangeli ricordano chiaramente che questa è stata una “tentazione” che Gesù ha respinto. E che egli stesso ha esplicitamente comandato ai discepoli di respingerla (cf. Mc 10, 35-45; Lc 22, 24-27). Perciò non si può negare che la stessa religione sia sempre bisognosa, in se stessa, di continua purificazione[56] che permetta di ricondurla sempre di nuovo alla sua destinazione più propria: ossia, l’adorazione di Dio in spirito e verità, quale principio di riconciliazione con Dio e di fraterna convivenza fra gli uomini (cf. Gv 4, 23-24).

95. La corruzione della religione, che finisce per metterla in contraddizione con il suo senso autentico, è certamente una minaccia temibile per l’umanità dell’uomo. Questa possibilità, purtroppo, rimane sempre attuale, in ogni tempo. Deve essere riconosciuto chiaramente, da tutte le comunità religiose, e da tutti i responsabili della loro custodia, che il ricorso alla violenza e al terrore è certamente, e con ogni evidenza, una corruzione dell’esperienza religiosa. Il riconoscimento della contraddizione che in tal modo si realizza con lo spirito universale della religione, è una concreta possibilità nell’ambito di ogni tradizione storica. Il tradimento dello spirito religioso, per altro, è più facilmente attestato nelle forme della violenza ispirata da interessi economici e politici, che si serve strumentalmente della sensibilità religiosa dei popoli. Strumentalizzazione analoga, del resto, a quella che persegue la mortificazione della testimonianza religiosa, in base ad interessi economici e politici pretestuosamente ammantati, a beneficio delle masse, di più alte finalità umanistiche.

96. In definitiva, la pretesa di auto-dominio dell’uomo, che giunge fino al risentimento contro Dio, non può non ferire la dignità umana e non avere conseguenze di assoggettamento violento dell’uomo sull’uomo. I rapporti coniugali, di generazione e di cura, di filiazione e di fratellanza – come tutte le forme degli umani affetti e legami, quando si chiudono all’accoglienza del dono divino – rimangono esposti allo stravolgimento della loro giustizia. La cura dell’umano vulnerabile – perché piccolo, perché debole, perché diverso – perde importanza di fronte all’egoismo della cura di sé. La potenza redentrice di Dio iscritta nella libera dedizione d’amore – essa soltanto – rimette in gioco l’eredità della promessa contro l’eredità del peccato.

4. La forza della pace con Dio, missione della Chiesa

97. Nel tempo della nostra storia, la condizione del popolo cristiano – e in esso di ciascun fedele – viene caratterizzata dall’attesa escatologica, e dunque dal suo costitutivo essere un popolo in cammino[57]. Contro ogni millenarismo, il cristiano non ha nessuna pretesa di forzare i tempi della fine della storia e dell’ultimo giorno, che soltanto il Padre conosce (cf. Mc 13, 32). E vive il tempo come dono prezioso di Dio, grande segno della Sua benevolenza e larghezza, con la consapevolezza che il tempo si fa breve (cf. 1 Cor 7, 29)[58]. Per questo Paolo sente che l’amore di Dio stringe il tempo nei confronti degli uomini, per evangelizzare coloro che ancora non conoscono il disegno buono del Padre (cf. 1 Cor 9, 16; 2 Cor 5, 14ss).

98. Per il popolo cristiano, il contenuto del tempo e della storia conseguente all’invio del Figlio e dello Spirito ha un nome proprio: missione. Finché durerà il tempo della storia, l’unità visibile dei redenti diventa seme di novità nella costruzione del legame sociale[59], fino a raggiungerne tutte le dimensioni, secondo un disegno che al solo Padre appartiene (cf. Rm 16, 26; 1 Cor 2, 7; Ef 1, 4-10).

99. La comunione ecclesiale istituisce un termine di paragone e un principio di giudizio sulla realtà dei legami sociali: proclama la dignità incondizionata della persona umana[60]; incoraggia l’apertura universale (catholica) a ogni uomo[61]; sostiene le ragioni di sussidiarietà e solidarietà che devono ispirare l’organizzazione civile[62]. La ricerca di tale comunione non deve stancarsi di considerare la gravità delle divisioni fra i cristiani, dedicandosi con passione sincera alla causa ecumenica. La fioritura del seme posto dall’unità dei credenti in Cristo, in forza dell’azione dello Spirito che sostiene il faticoso e appassionante concepimento della nuova creazione, anche all’interno della generazione e della rigenerazione dei legami umani e civili, può ben essere salutata come l’anticipo del mondo definitivo, dove finalmente Dio sarà “tutto in tutti” (cf. 1 Cor 15, 28). L’orizzonte che rende ragione fino in fondo di questa tensione costitutiva dell’uomo, infine, è il mistero della chiamata a partecipare alla vita di Dio attraverso la vita della Chiesa[63]. Perciò, è nella vita autentica della Chiesa, ossia nell’evidenza della fraternità ecclesiale generata dalla fede in Gesù Cristo, che deve essere riconosciuta la piena conciliazione fra la dignità individuale di ogni persona e la responsabilità condivisa dei legami sociali. Nella grazia della communio, che generosamente riapre ogni volta la libertà umana ai legami di Dio, c’è un principio di liberazione dall’alternativa fra la responsabilità della propria realizzazione e la cura dell’umano condiviso: la loro separazione rende inabitabile il mondo e spegne lo spirito. Per rendere persuasivo questo appello di Dio alla riconciliazione fra gli uomini, è indispensabile restituire alla communio ecclesiale nuova trasparenza sulla scena della storia.

100. La confessione della fede di fronte all’ateismo militante e alla violenza religiosa viene oggi condotta dallo Spirito sulla frontiera profetica di un nuovo ciclo religioso e umano dei popoli. L’icona ecclesiale deve suscitare, dal canto suo, l’immagine di una religio che si è definitivamente congedata – in anticipo sulla storia che deve seguire – da ogni strumentale sovrapposizione della sovranità politica e della Signoria di Dio. Questo congedo può e deve essere vissuto da tutte le comunità cristiane dell’epoca presente, come avvento del tempo stabilito dal Signore per la maturazione del seme evangelico. La perfetta comunione con l’intimità della vita di Dio, “asciugata ogni lacrima”, sarà semplicemente la dimora dell’uomo (Ap 21, 3-4). Il tempo della persecuzione deve essere sostenuto, nell’attesa della conversione sperata per tutti. Di questa pazienza, di questa sopportazione, di questa tenacia dei “santi” nel portare la tribolazione dell’attesa, noi siamo in debito di riconoscenza verso molti fratelli e sorelle perseguitati per la loro appartenenza cristiana. Noi onoriamo la loro testimonianza come la risposta decisiva alla domanda sul senso della missione cristiana in favore di tutti. L’epoca di una nuova evidenza a riguardo del rapporto fra religione e violenza fra gli uomini è aperta dal loro coraggio. Dovremo sapercelo meritare. Dell’avvento di questa nuova epoca, e dei frutti dello Spirito che ne devono seguire, la Madre del Signore deve essere considerata l’insostituibile custode. La coscienza e l’invocazione della sua speciale intercessione, dovrà essere un tema speciale della nostra conversione e della nostra preghiera. E un punto di forza, per la comunicazione e l’assimilazione gioiosa di questo orizzonte della promessa fra gli uomini e le donne del nostro tempo, per “dirigere i nostri passi sulla via della pace” (Lc 1, 79).

 
 Commissione Teologia Internazionale gennaio 2014






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 02:45. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com