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Gli interventi del cardinale Muller

Ultimo Aggiornamento: 19/03/2018 20:16
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31/12/2017 09:20
 
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Caro Müller, un errore cacciarti. Firmato: Benedetto XVI
EDITORIALI 31-12-2017

Il cardinale Müller con papa Benedetto XVI

Il cardinale Gerhard Ludwig Müller unisce alla "competenza teologica" quella "saggezza" necessaria nelle persone che devono prendere decisioni nella Chiesa. Lo scrive il papa emerito Benedetto XVI nella prefazione al volume che esce oggi in Germania per celebrare i 70 anni dell'ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. "Il Dio Trino - La fede cristiana nell'era secolare", questo è il titolo del volume che raccoglie i contributi di altri vescovi e teologi. Nella prefazione (che qui riportiamo integralmente) Benedetto XVI tesse gli elogi del cardinale Müller e sottolinea la consonanza teologica che lo unisce a lui, facendo chiaramente intendere - con lo stile delicato che lo contraddistingue - quanto sia stato avventato averlo messo alla porta (clicca qui). Tanto più, fa notare il papa emerito, che il cardinale Müller non si muoveva affatto in opposizione a papa Francesco, tutt'altro. Benedetto XVI ripete così con il cardinale Müller quella difesa pubblica che aveva già espresso per il cardinale Robert Sarah (clicca qui), anche lui mortificato e messo in un angolo da papa Francesco. Da notare anche la coincidenza temporale: lo scritto di Benedetto XVI porta la data del 31 luglio, un mese esatto dopo la mancata riconferma del cardinale Müller (R. Cas.).

Eminenza, caro confratello,

il tuo settantesimo compleanno si sta avvicinando e anche se non sono più in grado di scrivere un vero contributo scientifico per la miscellanea che ti sarà dedicata per questa occasione, vorrei comunque partecipare con una parola di saluto e di ringraziamento.

Sono trascorsi ormai ventidue anni da quando, nel marzo 1995, mi regalasti la tua Katholische Dogmatik für Studium und Praxis der Theologie. Questo fu per me allora un segno incoraggiante del fatto che anche nella generazione teologica postconciliare vi fossero pensatori con il coraggio di occuparsi dell'intero, di presentare cioè la fede della Chiesa nella sua unità e integralità. Infatti, così com'è importante l'esplorazione del dettaglio, non è meno importante che la fede della Chiesa appaia nella sua unità interna e integralità e che in ultimo la semplicità della fede emerga da tutte le riflessioni teologiche complesse. Perché la sensazione che la Chiesa ci carichi di un fardello di cose incomprensibili, che alla fine possono interessare solo gli specialisti, è l'ostacolo principale per pronunciare il sì al Dio che in Gesù Cristo ci parla. Non si diventa, secondo la mia opinione, un grande teologo per il fatto di riuscire ad affrontare dettagli minuziosi e difficili, ma per il fatto che si è in grado di presentare l'ultima unità e semplicità della fede.

La tua Dogmatik in un volume però mi ha riguardato anche per un motivo autobiografico. Karl Rahner aveva presentato nel primo volume dei suoi scritti un progetto per una rinnovata costruzione della dogmatica, che aveva elaborato insieme ad Hans Urs Von Balthasar. Questo fatto ovviamente ha risvegliato in tutti noi un'incredibile sete di vedere questo schema riempito di contenuti e portato a compimento. Il desiderio di una dogmatica firmata Rahner-Balthasar, che nacque in questa occasione, si scontrò con un problema editoriale.

Erich Wewel aveva convinto, negli anni '50, padre Bernard Häring di scrivere un manuale di teologia morale, che dopo la sua pubblicazione divenne un grande successo. Allora all'editore venne un pensiero: che anche nella dogmatica dovesse essere realizzato qualcosa di simile e che fosse necessario che tale opera venisse scritta in un volume unico da una sola mano. Ovviamente si rivolse a Karl Rahner, chiedendogli di scrivere questo libro. Però Rahner era nel frattempo invischiato in così tanti impegni che non si ritenne in grado di corrispondere ad una così grande impresa. Stranamente consigliò all'editore di rivolgersi a me, che a quel tempo, all'inizio del mio cammino, stavo insegnando dogmatica e teologia fondamentale a Frisinga. Però anch'io, nonostante fossi agli esordi, ero coinvolto in molti impegni e non mi sentivo in grado di scrivere un'opera così imponente in un tempo accettabile. Allora chiesi di poter coinvolgere un collaboratore – il mio amico padre Alois Grillmeier. Nel limite del possibile ho lavorato al progetto e diverse volte mi sono incontrato con padre Grillmeier per ampie consultazioni. Però il Concilio Vaticano II richiese tutti i miei sforzi nonché di pensare in modo nuovo tutta l'esposizione tradizionale della dottrina della fede della Chiesa. Quando nel 1977 fui nominato arcivescovo di Monaco-Frisinga era chiaro che non potevo più pensare ad una tale impresa. Allorché nel 1995 il tuo libro giunse nelle mie mani, vidi inaspettatamente che era stato realizzato da un teologo della generazione successiva alla mia quanto desiderato in precedenza, ma non era stato possibile realizzare.

Poi ti ho potuto conoscere personalmente, quando la Conferenza Episcopale Tedesca ti propose come membro della Commissione Teologica Internazionale. In essa ti sei contraddistinto soprattutto per la ricchezza del tuo sapere e per la tua fedeltà alla fede della Chiesa che ti sgorgava da dentro. Quando nel 2012 il Cardinal Levada ha lasciato il suo incarico di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede per motivi di età, apparivi, dopo varie riflessioni, come il vescovo più adatto per ricevere questo incarico.

Quando nel 1981 accettai questo incarico, l'arcivescovo Hamer – allora Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede – mi spiegò che il prefetto non doveva essere necessariamente un teologo, ma un saggio, che affrontando le questioni teologiche non facesse valutazioni specifiche, ma riconoscesse cosa fare in quel momento per la Chiesa. La competenza teologica si doveva trovare piuttosto nel segretario che guida le Consulta, cioè la riunione dei periti, che insieme danno un giudizio scientifico accurato. Ma similmente alla politica, l'ultima decisione non spetta ai teologi, bensì ai saggi, che conoscono gli aspetti scientifici e, oltre a questi, sanno considerare l'insieme della vita di una grande comunità. Negli anni del mio ufficio, ho cercato di corrispondere a questo criterio. Quanto vi sia riuscito, lo possono valutare altri.

Nei tempi confusi, nei quali stiamo vivendo, l'insieme di competenza teologica scientifica e saggezza di colui che deve prendere la decisione finale mi sembra molto importante. Penso per esempio che nella Riforma liturgica le cose sarebbero andate a finire diversamente se la parola dei periti non fosse stata l'ultima istanza, ma se, oltre a questo, avesse giudicato una saggezza in grado di riconoscere i limiti dell'approccio di un “semplice” studioso.

Nei tuoi anni romani ti sei sempre nuovamente impegnato a non agire soltanto come studioso, ma come saggio, come padre nella Chiesa. Tu hai difeso le chiare tradizioni della fede, ma secondo la linea di papa Francesco, hai cercato di comprendere come possano essere vissute oggi.

Papa Paolo VI voleva che i grandi compiti nella Curia - quello del Prefetto e del Segretario - venissero assegnati sempre solo per cinque anni, per tutelare in questo modo la libertà del Papa e la flessibilità del lavoro della Curia. Nel frattempo il tuo contratto quinquennale nella Congregazione per la Dottrina della Fede è terminato. In questo modo non hai più un incarico specifico, ma un sacerdote e soprattutto un vescovo e cardinale non va mai in pensione. Per questo puoi e potrai anche in futuro servire la fede pubblicamente, a partire dall'essenza intima della tua missione sacerdotale e del tuo carisma teologico. Noi tutti siamo felici che con la tua grande e profonda responsabilità e il dono della parola che ti è dato, sarai presente anche in futuro nella lotta del nostro tempo per la retta comprensione dell'essere uomo e dell'essere cristiano. Il Signore ti possa sostenere.

Infine devo ancora esprimere un ringraziamento tutto personale. Come vescovo di Regensburg hai fondato l'Institut Papst Benedikt XVI, che – guidato da un tuo alunno – sta compiendo un lavoro veramente encomiabile per mantenere pubblicamente presente la mia opera teologica in tutta la sua  portata. Il Signore ti ricompenserà della tua fatica.

 

Città del Vaticano, Monastero Mater Ecclesiae

Festa di Sant'Ignazio di Loyola 2017

tuo Benedetto XVI




DIBATTITO

Muller e il diritto-dovere di correggere a volte il Papa

ECCLESIA  18-01-2018 - di Tosatti

Nella Chiesa esiste il diritto, e persino il dovere di correggere “un apostolo”, quando insegna qualche cosa che non è giusto; e sono diritti e doveri che possono (o devono) essere esercitati non solo da “un altro apostolo”, cioè da qualcuno che ha la carica episcopale, ma anche da un inferiore verso un superiore. Così si esprime il card. Gerhard Müller, già prefetto della Congregazione per la Fede, in una riflessione pubblicata dal sito statunitense “First Things” e incentrato sull’autorità papale.

“Con quale autorità?” si intitola il breve, ma molto interessante saggio, che parte dalle polemiche sulla “Kulturkampf” scatenata da Bismarck contro i cattolici; ma di cui si possono facilmente percepire le ricadute sull’attualità ecclesiale. A partire dalle controverse indicazioni di “Amoris Laetitia”, continuando con i “Dubia”, ancora rimasti senza una risposta da parte del Pontefice, le petizioni filiali, la “Correctio filialis” e il documento di fedeltà all’insegnamento di sempre della Chiesa in materia di matrimonio e sacramenti. Da quando scrive il porporato tedesco è evidente la legittimità di queste iniziative.

“Bisogna tenere alla mente – scrive Mūller - che le affermazioni dottrinali hanno diversi gradi di autorità. Richiedono diversi gradi di consenso, così come espresso dalle cosiddette ‘note teologiche’. L’accettazione di un insegnamento con ‘fede cattolica e divina’ è richiesto solo per le definizioni dogmatiche. Chiaro è anche il papa o i vescovi non devono mai chiederea nessuno di agire o insegnare contro la legge morale naturale. L’obbedienza del fedele verso i suoi superiori ecclesiastici di conseguenza non è un’obbedienza assoluta, e il superiore non può chiedere obbedienza assoluta, perché sia il superiore che quelli affidati alla sua autorità sono fratelli e sorelle dello stesso Padre, e sono discepoli dello stesso Maestro”.

Ne consegue un grado diverso di responsabilità: “Quindi è più difficile insegnare che apprendere, perché l’insegnamento è associato a una maggiore responsabilità davanti a Dio. L’affermazione ‘dobbiamo obbedire a Dio piuttosto che agli uomini’ ha una sua validità anche e specialmente nella Chiesa. Contro il principio di obbedienza assoluta che prevaleva nello Stato militare prussiano, i vescovi tedeschi insistevano davanti a Bismarck: ‘Sicuramente non è la Chiesa cattolica che ha abbracciato il principio immorale e dispotico in base a cui l’ordine di un superiore libera qualcuno incondizionatamente da ogni responsabilità personale’”.

Questo principio vale anche all’interno della Chiesa, e non solamente nei confronti dell’autorità civile o statuale: “Quando opinioni private o limitazioni morali e spirituali entrano nell’esercizio dell’autorità ecclesiastica, allora si richiedono critiche sobrie e obiettive così come la correzione personale, specialmente da parte di fratelli nell’ufficio episcopale. Tommaso d’Aquino non sarà sospettato di relativizzare il Primato Petrino e la virtù dell’obbedienza. Il modo in cui interpreta l’incidente di Antiochia è quanto mai illuminante, incidente che culmina nella pubblica correzione di Pietro da parte di Paolo”.

Il cardinale tira le conseguenze dell’avvenimento, e dello scontro, famoso fra  Pietro e Paolo: “Secondo l’aquinate l’evento ci insegna che in certe circostanze un apostolo può avere il diritto e persino il dovere di correggere un altro apostolo in maniera fraterna, e che persino un inferiore può avere il diritto e il dovere di criticare il superiore”.

Anche questo diritto-dovere hanno dei limiti precisi, come insegna il Concilio vaticano II citato da Müller: “Questo non significa che si può ridurre il magistero a un’opinione privata, così da dispensare qualcuno dal potere obbligante dell’insegnamento autentico e definito della Chiesa. Significa solo che uno deve capire bene il significato preciso dell’autorità della Chiesa in generale e il ruolo del ministero di Pietro in particolare. E questo è particolarmente vero quando il conflitto non nasce dall’insegnamento del papa ei l punto di vista personale di qualcuno, ma fra l’insegnamento del papa e l’insegnamento dei papi precedenti che sia in accordo con la tradizione ininterrotta della Chiesa”. E certamente l’esempio più recente e attuale di questo contrasto lo si può trovare fra le interpretazioni aperturiste di Amoris Laetitia e il magistero dei papi moderni, ultimi dei quali Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.



[Modificato da Caterina63 18/01/2018 09:58]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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