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San Francesco di Sales, Vescovo di Ginevra, Dottore della Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 20/12/2015 17:23
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  Lettera del beato Pio IX con la quale si proclama San Francesco di Sales Dottore della Chiesa





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Pio IX
Dives in misericordia





Ricco di misericordia, Iddio non mancò mai alla sua Chiesa che milita in questo mondo, ma secondo le varie vicissitudini delle cose e dei tempi le somministra sapientemente gli aiuti opportuni. Mentre nel secolo XVI visitava con la verga del suo furore le genti cristiane, e permetteva che molte province dell’Europa fossero avvolte nelle tenebre delle eresie che ampiamente si dilatavano, non volendo respingere da sé il suo popolo, suscitò provvidamente i nuovi lumi di uomini santi, affinché, illustrati dallo splendore di questi, i figli della Chiesa si confermassero nella verità, e gli stessi prevaricatori si riducessero soavemente all’amore di lei. Francesco di Sales Vescovo di Ginevra, esemplare d’inclita santità e maestro della vera e pia dottrina, fu nel novero di tali chiarissimi uomini: egli non solo con la voce, ma anche con immortali scritti, trafisse i mostri degli insorgenti errori, consolidò la fede, abbattuti i vizi emendò i costumi, e a tutti mostrò la via che conduce al cielo. Con così eccellente sapienza egli conseguì quella lode per cui il Nostro Predecessore Bonifacio VIII di santa memoria dichiarò (cap. Un. de rel. et ven. SSrum, in 6) che erano stati mandati quegli antichi e fondamentali dottori della Chiesa di Dio i quali "con salutari insegnamenti illustrarono la Chiesa, la ornarono di virtù e la strutturarono nei costumi". Egli li descrisse "come luminose ed ardenti lucerne poste sopra il candelabro nella casa di Dio: esse, diradate le tenebre degli errori, a somiglianza della stella mattutina irraggiano il corpo di tutta la Chiesa", "disserrano gli enigmi della scrittura, e con profondi e splendidi sermoni, quasi con lucide gemme, illustrano l’edificio della stessa Chiesa". Che questo elogio fosse per certo meritato dal Vescovo di Ginevra, anche quando era vivo e molto più dopo la sua morte, lo attestò la fama divulgata dappertutto e lo dimostra con invittissimo argomento la stessa singolare eccellenza degli scritti da lui lasciati.

Inoltre, che la dottrina di Francesco fosse altamente stimata quando ancora viveva, lo possiamo dedurre dal fatto che, di tanti valorosi difensori della verità cattolica che in quel tempo fiorivano, al solo Vescovo di Ginevra il Nostro Predecessore Clemente VIII di santa memoria diede l’ordine di convocare Teodoro Beza, acerrimo propugnatore della peste Calviniana, e di trattare con lui da solo a solo, acciocché, ricondotta quella pecora all’ovile di Cristo, tante più altre vi richiamasse. Francesco compì tale ufficio così egregiamente, né senza pericolo della vita, che l’eretico uomo, debitamente confutato, si ridusse a confessare la verità, benché la sua vita scellerata, per giudizio arcano di Dio, lo facesse indegno di ritornare nel grembo della Chiesa. Né minore prova della stima goduta dal santo Vescovo è che il Nostro Predecessore Paolo V di santa memoria, mentre si disputava in Roma la celebre de Auxiliis,volle che fosse domandato il parere di questo santo prelato sopra tale materia, e seguendo il consiglio di lui giudicò che quella sottilissima e pericolosissima questione, per gran tempo agitata con calore, fosse troncata e fosse imposto il silenzio alle parti. Ché anzi, se si pone mente alle stesse lettere da lui scritte a moltissimi, si farà chiaro ad ognuno che Francesco, a somiglianza dei più gravi fra gli antichi Padri della Chiesa, con frequenza fu interrogato da moltissimi intorno ad argomenti che riguardano la dottrina della fede cattolica da spiegare e difendere, intorno a questioni da snodare su tali materie e ad altre cose riguardanti il modo di ordinare la vita secondo costumi cristiani.

Egli, per molti negozii copiosissimamente e dottamente trattati presso i Romani Pontefici, presso i Principi, presso i Magistrati, presso i Sacerdoti suoi cooperatori nel sacro ministero, ebbe tanta influenza, che per l’opera sua, per le sue esortazioni e i suoi avvertimenti furono prese spesse volte tali risoluzioni, che intere regioni venissero purgate dalla pestilenza ereticale, tornasse in vigore il culto cattolico e la Religione si dilatasse. Questa opinione della eccellenza della sua dottrina non scemò dopo la morte di lui, ma crebbe anzi grandemente; e personaggi chiarissimi di ogni ordine e gli stessi Sommi Pontefici esaltarono con grandi lodi la sua scienza eminente. Per certo Alessandro VII, di santa memoria, nella Bolla di canonizzazione (19 aprile 1665) definì Francesco di Sales celebre per dottrina, ammirabile per santità, e indicato come medicina e presidio ai tempi suoi contro le eresie; tanto da poter affermare che gli animi dei popoli e dei nobili, illuminati dagli insegnamenti dei suoi scritti, abbiano germinato una messe copiosa di vita evangelica.

Con tali sentimenti si accorda pienamente ciò che egli disse nel Concistoro tenuto prima della sua canonizzazione, che cioè il Sales, "insegnando a tutti sia con la parola di salubre dottrina, sia con l’esempio di una vita integra", assai bene operò nella Chiesa, e che di questo bene una gran parte ancora sopravvive "per mezzo degli ammonimenti e degli insegnamenti della disciplina evangelica contenuti nei suoi libri che vanno per le mani dei fedeli".

Né diversi da questi sono i sensi da lui espressi nella lettera diretta il 1° agosto 1666 alle Monache della Visitazione del monastero di Annecy, dove diceva che "le virtù e la sapienza di lui si erano sparse ampiamente per tutto il mondo cristiano"; che ammirando i suoi incliti meriti "e la dottrina del tutto divina" lo aveva scelto "per seguirlo come guida principale e maestro della vita". Quel magistero sembrò tale al Nostro Predecessore Clemente IX di santa memoria che, ancor prima di essere eletto Pontefice, ebbe ad affermare del Sales "che coi suoi egregi volumi aveva formato come un pio arsenale a beneficio delle anime"; e divenuto Pontefice approvò in onore di lui l’antifona che dice così: "il Signore riempì San Francesco dello spirito d’intelligenza, ed egli somministrò la fluida acqua della dottrina al popolo di Dio".

Benedetto XIV di santa memoria, accordandosi con i suoi Predecessori, non esitò ad affermare che i libri del Vescovo di Ginevra erano scritti con dottrina divinamente ricevuta; attingendo al suo pensiero risolvette difficili questioni, e lo definì "sapientissimo direttore di anime" . Perciò non suscita meraviglia che moltissimi personaggi fiorenti per lode d’ingegno e di dottrina, dottori di accademie, oratori sommi, giureconsulti, teologi insigni, e gli stessi Principi abbiano celebrato sino ad ora quest’uomo come veramente grande e dottissimo; e molti lo abbiano seguito come maestro, trasferendo molte cose dai libri di lui nei propri scritti. Ora, questa persuasione universale intorno alla eccellenza della scienza del Sales nasce dalla qualità stessa della dottrina di lui, la quale in quel sublime apice della sua santità ha in lui tanta eminenza da essere considerata tutta propria di un dottore della Chiesa e da consigliare di annoverare quest’uomo fra i principali maestri dati da Cristo Signore alla sua Sposa. Per cui, sebbene la stessa antichità renda rispettabili i santi Dottori che fiorirono nei primi secoli della Chiesa, e sia loro di ornamento la lingua latina o greca nella quale scrissero i loro libri, tuttavia ciò che è cosa principalissima ed affatto necessaria (come sopra si è detto) in questo magistero, è che appaia diffusa negli scritti, oltre la comune misura, la celeste dottrina, la quale con abbondanza e con varietà di argomenti, quasi splendido manto, sparga novella luce su tutto il corpo della Chiesa, e riesca salutare ai fedeli. Ora queste lodi convengono appieno ai libri del Vescovo di Ginevra. Quindi, o si vogliano considerare gli scritti ascetici di lui per condurre una vita santamente e devotamente cristiana, o quelli polemici in difesa della fede e a confutazione degli eretici, o altri che riguardano la predicazione della parola di Dio, non vi è nessuno che non veda quanti benefici siano derivati nel popolo cattolico per mezzo di quest’uomo santissimo.

Per certo egli comprese in dodici libri, scritti dottamente, sottilmente e lucidamente, un insigne e stupendo trattato "Dell’amore di Dio", il quale ha tanti ammiratori della soavità del suo autore quanti ne sono i lettori. Soprattutto, poi, dipinse con vivi colori la virtù in un’altra opera intitolata "Filotèa", e rendendo semplici i luoghi scabrosi e facendo piane le aspre vie, a tutti i fedeli cristiani dimostrò così facile la via per arrivarvi, che da quel momento in poi la vera pietà poté spargere in ogni luogo la sua luce, aprire la via ai troni dei re, alle tende dei capitani, al foro dei giudici, ai banchi dei trafficanti, alle botteghe ed alle stesse capanne dei pastori. In verità, in quegli scritti egli trae i sommi principi della scienza dei Santi dalla sacra dottrina, e li svolge in modo che venga ritenuto un suo speciale privilegio l’averla sapientemente e soavemente adattata a tutte le condizioni dei fedeli. Si aggiungono a questi scritti i trattati intorno al magistero della pietà, e le stesse Costituzioni, ragguardevoli per sapienza, discrezione e soavità, le quali egli scrisse per le Monache dell’Ordine della Visitazione della Beata Vergine Maria da lui fondato. Forniscono altresì una messe copiosissima di ascetica le tante lettere da lui scritte, nelle quali è cosa del tutto meravigliosa che, pieno dello spirito di Dio ed appressandosi allo stesso autore della soavità, egli abbia gettato i semi del devoto culto verso il santissimo Cuore di Gesù, che in questi nostri acerbissimi tempi, con sommo diletto del Nostro animo, vediamo meravigliosamente propagato a massimo incremento di pietà.

Né si vuole omettere che in questi scritti, soprattutto poi nella interpretazione del Cantico dei Cantici, sono chiariti molti enigmi delle Scritture che appartengono ai sensi morali ed anagogici, vengono sciolte difficoltà ed illustrati di nuova luce i luoghi oscuri: donde è lecito arguire che Iddio, facendo derivare la fonte della sua grazia celeste, abbia illuminato l’intelletto a questo sant’uomo per interpretare le Scritture e renderle accessibili ai dotti ed agli indotti. Di più, per vincere la pervicacia degli eretici del suo tempo e per rafforzare i cattolici, non meno felicemente che di cose ascetiche egli scrisse un libro di "Controversie", in cui si trova una piena dimostrazione della fede cattolica, altri trattati e discorsi intorno alle verità della fede, e anche il "Vessillo della Croce". Con tali scritti combatté così valorosamente per la causa della Chiesa, che ricondusse al seno di lei una moltitudine innumerevole di uomini perduti, e restaurò la fede per ampio e lungo tratto in tutta la provincia di Chablais. Soprattutto egli propugnò l’autorità di questa Apostolica Sede e del Romano Pontefice, successore del Beato Pietro, e spiegò con tale lucidità il valore e la ragione del suo primato che felicemente preluse alle definizioni del Concilio Ecumenico Vaticano.

Certamente, le cose che egli afferma intorno alla infallibilità del Romano Pontefice nel sermone quarantesimo delle "Controversie", il cui autografo fu ritrovato mentre nel Concilio si trattava di questa materia, sono di tale valore che quasi guidarono per mano alcuni Padri, ancora dubbiosi sul decretare la definizione in tale materia. Da questo così grande amore del Santo Vescovo verso la Chiesa, e dall’ardore di lui nel difenderla, ebbe origine il metodo che egli tenne nella predicazione della divina parola, sia nell’erudire il popolo cristiano negli elementi della fede, sia nell’informare i costumi dei più dotti, sia nel guidare all’altezza della perfezione tutti i fedeli. Infatti, conoscendosi egli debitore ai sapienti ed agli insipienti, adeguandosi ad ognuno, procurò di ammaestrare con la semplicità del discorso i semplici e gli impreparati, e tra i sapienti parlò con sapienza. Sopra la qual cosa diede ancora prudentissimi insegnamenti, ed ottenne che la dignità della sacra eloquenza, scaduta per il vizio dei tempi, venisse, sull’esempio dei Santi Padri, richiamata all’antico splendore; sicché da questa scuola uscirono quegli eloquentissimi oratori, dai quali ridondarono in tutta la Chiesa copiosissimi frutti. Perciò egli fu da tutti reputato restauratore e maestro della sacra eloquenza. Finalmente la sua celeste dottrina, a guisa di fiume di acqua viva nell’irrigare il campo della Chiesa, si diffuse così utilmente a salute del popolo, che appaiono verissime quelle parole tolte dal libro dei Proverbi, le quali il Nostro Predecessore Clemente VIII di santa memoria, quasi profetando, indirizzò al Sales nell’atto d’innalzarlo alla dignità episcopale: "Va, o figliuolo, e bevi l’acqua della tua cisterna e i rivoli del tuo pozzo; siano portate fuori le tue fonti, e nelle piazze distribuisci le tue acque". Pertanto i fedeli, attingendo con gaudio queste acque di salute, ammirarono la scienza del Vescovo di Ginevra, e lo stimarono da allora fino a questi tempi degno del dottorato della Chiesa. Invero, persuasi da questi argomenti, moltissimi fra i Padri del Concilio Vaticano Ci pregarono, con voti ardenti e con unanime voce, affinché onorassimo San Francesco di Sales del titolo di Dottore. Diversi Cardinali di Santa Romana Chiesa e molti Prelati di tutto il mondo accrebbero tali voti; a questi aggiunsero le loro suppliche molte collegiate di Canonici, Dottori di grandi Università, Accademie di scienze, Principi augusti, nobili personaggi, e anche una gran moltitudine di fedeli. Noi dunque, lieti di assentire a tante e così calde preghiere, rimettemmo questo gravissimo affare, com’è costume, alla Congregazione dei Nostri Venerabili Fratelli Cardinali della Santa Romana Chiesa preposti alla tutela dei Santissimi Riti. Ora, la detta Congregazione dei Nostri Venerabili Fratelli nelle ordinarie riunioni tenute nel Nostro palazzo Vaticano il giorno 7 dello scorso luglio, udita la relazione del Nostro Venerabile Fratello Cardinale Bilio Vescovo di Sabina, allora prefetto della stessa sacra Congregazione ed estensore della causa, maturamente considerate le osservazioni di Lorenzo Salvati Promotore della Santa Fede, nonché le risposte dell’Avvocato della causa, dopo accuratissimo esame, con unanime consenso, giudicò "che si dovesse proporre al Santissimo la concessione, ossia la dichiarazione ed estensione a tutta la Chiesa del titolo di Dottore in onore di San Francesco di Sales, con l’ufficio e la Messa del comune dei Dottori Pontefici, ritenuta la orazione propria e le lezioni del secondo notturno".

Tale rescritto Noi approvammo con decreto generale Urbis et Orbis, dato il 19 del detto mese ed anno. Inoltre, presentate nuove preghiere che si facesse qualche aggiunta tanto nel Martirologio Romano quanto nelle sesta lezione del giorno festivo di San Francesco di Sales, e che tutte le concessioni fatte in proposito venissero confermate da Nostra Lettera Apostolica in forma di Breve, la stessa Congregazione dei Nostri Venerabili Fratelli Cardinali della Santa Romana Chiesa, nelle Assemblee ordinarie tenute il 15 settembre dello stesso anno, decise "Per la grazia, ed essere da supplicare il Santissimo per la spedizione del Breve". Opinarono poi doversi aggiungere all’elogio del Martirologio Romano, dopo le parole "Annesium translatum fuit", queste altre "quem Pius IX ex Sacrorum Rituum Congregationis consulto, universalis Ecclesiae Doctorem declaravit"; ed alla lezione sesta dopo le parole "Vigesima nona Ianuarii" si aggiunsero le seguenti "et a Summo Pontifice Pio IX ex Sacrorum Rituum Congregationis consulto, universalis Ecclesiae Doctor fuit declaratus". Ed anche questo rescritto della citata Congregazione, del giorno 20 del detto mese ed anno, Noi ratificammo e confermammo, e demmo ordine che si spedisse la Lettera Apostolica intorno a tutte le concessioni fatte su tale materia.

A questo punto, per assecondare i voti dei sopraddetti Cardinali della Santa Romana Chiesa, dei Prelati dei Collegi, delle Accademie e dei fedeli, e conformemente al consiglio della citata Congregazione dei Nostri Venerabili Fratelli Cardinali della Santa Romana Chiesa, preposta all’esame dei Sacri Riti, con la Nostra Apostolica Autorità, con la presente confermiamo il titolo di Dottore in onore di San Francesco di Sales, Vescovo di Ginevra e Fondatore dell’Ordine delle Monache della Visitazione della Beata Vergine Maria; o, in quanto possa essere necessario, di nuovo glielo confermiamo e concediamo: in modo che in tutta la Chiesa Cattolica egli sia sempre tenuto in conto di Dottore; e nella celebrazione anniversaria della sua festa, sia dal clero secolare come da quello regolare, se ne faccia l’Ufficio e la Messa secondo il ricordato decreto della Congregazione dei Sacri Riti. Inoltre decretiamo che i libri, i commentarii e tutte le opere dello stesso Dottore, non solamente in privato, ma anche pubblicamente nei Ginnasii, nelle Accademie, nelle Scuole, nei Collegi, nelle lezioni, nelle dispute, nelle interpretazioni, nelle prediche, e negli altri studii ecclesiastici, od esercizi cristiani, siano citati, prodotti e secondo il bisogno adoperati, non altrimenti da quel che si fa per gli altri Dottori della Chiesa. Affinché poi si aggiungano stimoli alla pietà dei fedeli a celebrare santamente la festa di questo Dottore e ad implorare il suo aiuto, Noi, fiduciosi nella misericordia di Dio Onnipotente, con l’autorità dei suoi Beati Apostoli Pietro e Paolo, a tutti e ai singoli fedeli dell’uno e dell’altro sesso, i quali nel dì festivo del medesimo santo Dottore, o in uno dei sette giorni continui che lo seguono immediatamente, da scegliersi ad arbitrio di ciascun fedele cristiano, veramente pentiti e confessati prenderanno la Santissima Eucaristia e visiteranno devotamente qualsivoglia Chiesa dell’Ordine della Visitazione della Beata Vergine Maria, ed ivi devotamente pregheranno Iddio per la concordia dei Principi cristiani, per l’estirpazione delle eresie, per la conversione dei peccatori e per l’esaltazione della Santa Madre Chiesa, concediamo misericordiosamente nel Signore l’indulgenza plenaria e la remissione di tutti i loro peccati.

Pertanto, a tutti i Venerabili Fratelli Patriarchi, Primati, Arcivescovi, Vescovi, ed ai diletti figli Prelati di altre Chiese, costituiti per tutto il mondo, ordiniamo con la presente che le cose sopra stabilite siano solennemente pubblicate nelle loro Province, Città, Chiese e Diocesi, e che da tutte le persone ecclesiastiche secolari e regolari di qualsiasi Ordine, siano inviolabilmente e perpetuamente osservate in ogni luogo e fra tutti i popoli. Queste cose ordiniamo e comandiamo, nonostante le Costituzioni e le ordinazioni Apostoliche, e quelle che fossero state emanate nei Concilii Ecumenici, Provinciali e Sinodali, siano esse generali, siano speciali, né qualsivoglia altra cosa in contrario.

Vogliamo poi che alle copie o esemplari della presente Lettera, anche stampati, sottoscritti di mano di qualche pubblico Notaio, e muniti del sigillo di persona costituita in dignità ecclesiastica, si presti assolutamente la stessa fede che si presterebbe a questa stessa Lettera se fosse presentata o mostrata.

Dato in Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 16 novembre 1877, anno trentaduesimo del Nostro Pontificato.



 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN FRANCIA


DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II AI VESCOVI 
NELLA CAPPELLA DEL SEMINARIO DI S. IRENEO

Lione (Francia), 6 ottobre 1986

 

Cari confratelli nell’episcopato.

1. Sono molto sensibile alle parole che mi ha appena rivolto mons. Vilnet a nome di tutti voi, introducendo così l’incontro che sono lieto d’avere questa sera con voi. Vorrei anche esprimervi la mia gratitudine per l’invito a celebrare con voi il bicentenario di san Giovanni-Maria Vianney, e per la cura che avete posto nell’organizzare questo viaggio. Non potendovi nominare tutti, permettetemi di rendere un omaggio particolare al card. Decourtray e agli altri vescovi che mi accolgono calorosamente nelle loro diocesi. Nel corso di questo nuovo pellegrinaggio in mezzo al popolo di Dio in Francia, è stata mia gioia procedere, qui a Lione, alla beatificazione di padre Antonio Chevrier che si aggiunge ai numerosi operai del Vangelo la cui santità s’irradia al di là delle vostre frontiere, come un riflesso prezioso della luce di Cristo.

Il nostro incontro prelude alle visite “ad limina” in cui ben presto potremo riflettere insieme sulle questioni che vi preoccupano. Questa sera vorrei restare nell’ambito di questo pellegrinaggio presso i santi del vostro paese. Tra coloro che contrassegnano questa regione, due figure di vescovi possono ispirarci. Ritornerò altrove sul messaggio teologico e pastorale di primo piano che ci ha lasciato sant’Ireneo, secondo vescovo di Lione. Per questa sera, ho scelto di fermarmi qualche istante su san Francesco di Sales, prima di andare a venerare la sua tomba e incontrare la Chiesa di Annecy.

Sulla soglia dei tempi moderni, egli rappresenta per noi una figura esemplare. Ricordo che il mio predecessore Giovanni XXIII aveva annotato nel suo Diario dell’anima (p. 208): “Che bella figura d’uomo, di sacerdote, di vescovo!”. E aggiunge che desidera imitarlo: “Un amore grande, ardente, per Gesù Cristo e la sua Chiesa; una tranquillità di spirito inalterabile; una dolcezza incomparabile col prossimo, ecco tutto!”. Non ci potrebbe essere miglior invito a metterci alla scuola del santo di Annecy, lui che ricordava la sua ordinazione episcopale in questi termini: “Dio mi aveva tolto a me stesso per prendermi a sé e darmi al popolo, vale a dire che mi aveva trasformato da ciò che ero per me in ciò che sarei stato per loro” (Lettera DCCCXXXI).

2. Se guardiamo vivere Francesco di Sales nella sua diocesi, ad Annecy o nel corso delle sue visite, lo vediamo in effetti interamente disponibile a tutto il suo popolo. Un testimone gli attribuiva questa annotazione: “La casa di un vescovo deve essere come una fontana pubblica alla quale i poveri e i ricchi hanno pari diritto di avvicinarsi e attingere acqua” (secondo processo, tomo II, p. 1295). Egli trova incessantemente la forza di accogliere, in un amore del prossimo senza riserve. È impressionante sentirlo esprimere la sua ammirazione per i fedeli in una specie di atto di fede: Dio, “io l’ho incontrato . . . tra le nostre più alte e aspre montagne dove molte anime semplici lo tenevano per caro e lo adoravano in tutta verità e sincerità . . .” (Lettera a Madame de Chantal, ottobre 1606).

Predicatore instancabile, catechista, guida spirituale, egli fonda la propria azione su alcune convinzioni che rimangono nostre, al di là delle grandi differenze nel tessuto sociale. Il Vangelo, Francesco di Sales lo proclama a indirizzo di tutti, senza distinzione di origine, di professione o di compito. Egli crede che tutti, sin dall’infanzia e lungo tutta la vita, debbano essere illuminati, al fine di formare una comunità, come al tempo degli apostoli, animata da una fede viva, spontaneamente praticante un’efficace carità reciproca.

È stata spesso sottolineata la sua preoccupazione di formare cristiani di élite che prendano a cuore tutta l’esigenza del Vangelo. In realtà, lavora molto a condurli su questa strada, senza volerli distaccare da tutto il popolo né allontanarli dai loro doveri familiari e sociali. Sapeva adattare il suo linguaggio al tipo di cultura di questi fedeli. Quando scriveva, era “sempre guardando la gente che vive nella morsa del mondo”. Quando li raggruppava in “confraternite”, era per creare focolari irradianti in un popolo cristiano la cui vita sociale non deve distaccarsi dalla fede e dalla vita ecclesiale.

Bisogna anche ricordare quanto questo vescovo ha sofferto per la divisione dei cristiani. Con passione ha lavorato a ristabilire l’unità del popolo di Dio. Per quanto dipendeva da lui, la sua azione era contrassegnata dalla ricerca della verità in un dialogo impregnato di ardente carità fraterna.

3. Considerando che il sacerdote è uno col suo vescovo, Francesco di Sales accordava un posto privilegiato ai suoi rapporti col clero. Le difficoltà che incontrava sono segnate dalle condizioni di un’altra epoca. Ma era anche un tempo di cambiamenti, il tempo di un necessario ritorno all’essenziale. Preoccupato della fedeltà dei sacerdoti ai loro impegni, al loro dedicarsi a tutti i cristiani, egli è fraterno con loro, vicino nella preghiera, ma anche capace di dire nettamente che cosa gli sembra debba essere corretto nella loro azione. Tiene alla concertazione nelle assemblee annuali del clero. Desidera l’unità della diocesi innanzitutto attraverso i sacerdoti. Ricorderò due punti significativi su cui insisteva.

Nei limiti troppo ristretti, ai suoi occhi, dei suoi mezzi, egli compie grandi sforzi per la formazione intellettuale e spirituale del clero. Una sana dottrina fondata sulla Scrittura e i Padri è indispensabile a coloro che devono rispondere a una domanda crescente, in un’epoca in cui le correnti culturali divergenti e le condizioni di vita scuotono la coesione del popolo cristiano. Francesco di Sales è stato in prima linea, egli stesso fedele allo studio. Prendeva conoscenza di ciò che proponevano i teologi e le scuole spirituali. Ed era pronto a comunicare ai suoi confratelli il frutto di una assimilazione illuminata e meditativa della Tradizione. Si pensi qui allo sforzo teologico che nella sua epoca aveva compiuto il vescovo Ireneo.

Altra preoccupazione costante di Francesco di Sales: che i sacramenti fossero degnamente celebrati. Egli dà l’esempio di un grande rispetto della liturgia. Promuove l’accesso all’Eucaristia. Incoraggia i sacerdoti a divenire buoni confessori: nel suo “Memoriale ai confessori” li chiama a rendere vicina l’infinita misericordia di Dio che perdona, con cuore paterno, senza stancarsi di assistere i penitenti “in tutto ciò di cui avranno bisogno da voi per la salvezza delle loro anime”.

In una parola ricorderò l’importanza che il fondatore della Visitazione accordava alla vita religiosa: luogo di perfezione evangelica, testimonianza trascinante che egli desiderava vicina all’insieme dei cristiani. Se non è riuscito a portare a termine la riforma dei monasteri “in commenda”, ha aperto una strada che ci è familiare grazie a un’amichevole vicinanza ai cistercensi e a una frequente collaborazione in particolare con gli ordini mendicanti.

Queste poche annotazioni non ricoprono tutte le forme della collaborazione che portate avanti coi sacerdoti, i religiosi e le religiose, né di tutto l’appoggio che date loro. Che san Francesco di Sales vi ispiri in questa funzione fondamentale del vostro ministero!

4. Vescovo, Francesco di Sales ha spesso manifestato un’attiva solidarietà coi suoi confratelli nell’episcopato, vivamente consapevole del fatto che gli scambi tra di loro non potevano che servire la missione di tutta la Chiesa. Alla sua epoca, e secondo i suoi carismi, questo assumeva la forma di rapporti amichevoli, di scambi di idee e di emulazione spirituale. A modo suo, egli prefigurò la collaborazione intensa che voi portate avanti, in modo strutturato, nei vostri incontri regionali e nazionali.

Con una problematica diversa da oggi, dibattiti senza fine avevano allora luogo sul ruolo e sull’autorità del vescovo di Roma. Ricorderò il punto cui giunge Francesco di Sales quando conclude la sua analisi del problema: bisogna che si predichino in modo tranquillo - lui dice “con dolcezza” - “questi due punti: l’unità ecclesiastica e cristiana, l’amore e la dedizione alla Santa Sede, legame di questa unione e comunione ecclesiastica” (Lettera a mons. Germonio, marzo 1612). Permettetemi di dire soltanto che il nostro incontro questa sera, nel corso del mio pellegrinaggio nel vostro paese, è un lieto segno di questa unione e di questa comunione.

5. Agli inizi del XVII secolo, un vescovo si trovava coinvolto nella vita della città in modo del tutto diverso da oggi, e in funzione di concezioni giuridiche in gran parte diverse. Tuttavia, in Francesco di Sales, la maniera d’agire e i veri centri di interesse rimangono ancora esemplari.

Si potrebbe bene applicargli il titolo di “esperto in umanità” che Paolo VI rivendicava per la Chiesa. Infatti, nell’effervescenza intellettuale del suo tempo che osservava con partecipazione, Francesco di Sales sapeva operare un lucido discernimento: egli è permeato innanzitutto del rispetto dell’uomo e della sua libertà. Di conseguenza, si interessa a un’educazione equilibrata per ragazzi e ragazze.

Quale che fosse il dibattito o il negoziato in cui era coinvolto, si trovava in lui un libero conciliatore di ogni spirito partigiano, un uomo di pace. Quando il suo popolo soffre violenza, egli sa alzare la voce e prendere le sue difese. Poco gli importava di incorrere in critiche, dal momento che poneva senza ambiguità le sue parole e i suoi atti nell’ordine evangelico della carità.

Possiamo noi oggi, di fronte all’inquietudine e alla violenza, di fronte a troppi attentati alla vita e alla dignità umana, meritare al nostro servizio episcopale il titolo che semplici fedeli davano a Francesco di Sales: “Autore di pace”!

6. Cari confratelli nell’episcopato, nel terminare l’evocazione di alcuni tratti che mi sembrano suggestivi in Francesco di Sales, ricorderò anche la confessione che talvolta faceva: il compito era gravoso, la moltitudine dei problemi da affrontare gli pesava, la stanchezza si faceva sentire. Scriveva un giorno a un amico, non senza humour: “La mia anima è quasi tutta scucita da tanti scossoni che ha patito . . . compie allora un ritiro per "ridar carica all’orologio . . . e farlo suonare più preciso"”. Al termine di uno di questi periodi di ripresa spirituale, confida alla madre de Chantal: “Sento al fondo del mio cuore una nuova fiducia di meglio servire Dio "in santità e giustizia tutti i giorni" della mia vita” (Lettera MCCV).

È un bene per noi avere come esempio e come intercessore questo vescovo che aveva raggiunto un ammirevole equilibrio nella santità. Egli univa armoniosamente il rigore di uno spirito giusto, la necessaria autorità del pastore, una prudenza riflessiva, l’umiltà del servitore di Dio e dei suoi fratelli, il calore amichevole nel dialogo, l’entusiasmo comunicativo di un cuore conquistato dall’amore di Dio.

Nella sua riflessione sull’amore di Dio, Francesco di Sales riconosceva in Maria l’unica perfezione in questo amore. Le aveva dedicato la propria opera. Disse un giorno: “Il grande bene per noi è l’essere figli, benché indegni, di questa gloriosa Madre”.

Insieme a voi, chiedo alla Vergine Maria, Madre della Chiesa, di intercedere per voi e per tutti i vostri diocesani, e prego Dio di colmarvi dei suoi doni e delle sue benedizioni.






Fraternamente CaterinaLD

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