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Omelie del Papa nella Messa delle 7 del mattino a Santa Marta (3)

Ultimo Aggiornamento: 19/12/2014 11:38
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12/05/2014 22:38
 
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Chi diminuisce e chi cresce

Venerdì, 9 maggio 2014

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.105, Sab. 10/05/2014)

 

La testimonianza di san Giovanni Paolo II, come di «tanti grandi santi» nella storia della Chiesa, mostra che la regola della santità è «diminuire perché il Signore cresca». E «tutti abbiamo visto gli ultimi giorni di san Giovanni Paolo II: lì, non poteva parlare, il grande atleta di Dio, il grande guerriero di Dio, finisce così. Annientato dalla malattia. Umiliato come Gesù». Richiamando la testimonianza di Papa Wojtyła — canonizzato il 27 aprile scorso insieme a Giovanni XXIII— il Pontefice ha tracciato il profilo della santità nell’omelia della messa celebrata venerdì mattina, 9 maggio, nella cappella della Casa Santa Marta. I santi, ha detto, non sono eroi ma donne e uomini che vivono la croce nella quotidianità: sono persone scelte da Dio proprio per mostrare che la Chiesa è santa pur essendo composta da peccatori.

«La Chiesa è santa»: è da questa verità che ha preso le mosse Papa Francesco nella sua omelia. E ha proposto subito una domanda: come può essere santa la Chiesa se ci siamo dentro tutti noi che siamo tutti peccatori? In effetti, ha ribadito, «noi siamo peccatori ma la Chiesa è santa, è la sposa di Gesù Cristo, e lui la ama, lui la santifica: la santifica ogni giorno con il suo sacrificio eucaristico perché la ama tanto». Perciò «noi siamo peccatori ma in una Chiesa santa».

Proprio con «questa appartenenza alla Chiesa anche noi ci santifichiamo: siamo figli della Chiesa e la madre Chiesa ci santifica con il suo amore, con i sacramenti del suo Sposo». In pratica, ha proseguito il vescovo di Roma, «questa è la santità quotidiana, questa è la santità di tutti noi. A tal punto che negli Atti degli apostoli, quando si parlava dei cristiani, si diceva “il popolo dei santi”». Anche san Paolo «parla ai santi: a noi, peccatori ma figli della Chiesa santa, santificata per il corpo e sangue di Gesù, come abbiamo sentito adesso nel Vangelo» di Giovanni (6, 52-59).

«In questa Chiesa santa — ha affermato Papa Francesco — il Signore sceglie alcune persone per far vedere meglio la santità, per far vedere che è lui che santifica; che nessuno si santifica da se stesso; che non c’è un corso per diventare santo; che essere santo non è fare il fachiro» o altro. Piuttosto «la santità è un dono di Gesù alla sua Chiesa; e per far vedere questo lui sceglie persone» nelle quali «si vede chiaro il suo lavoro per santificare».

La liturgia del giorno presenta, a questo proposito, «la santificazione di Saulo, di Paolo», narrata dagli Atti degli apostoli (9, 1-20). Non si tratta di un caso isolato perché nel Vangelo ci sono tante figure di santità. Per esempio, ha proseguito il Papa, «c’è la Maddalena: san Marco, nel Vangelo, dice che Gesù aveva cacciato da lei sette demoni» e così «la santifica: dal peggio alla santità!». Poi «c’è Matteo che era un traditore del suo popolo e prendeva i soldi per darli ai romani»; ma «il Signore lo prende dal suo negozio» e lo porta avanti, con sé. E, ancora, «c’è Zaccheo che vuol vedere Gesù. E Lui lo chiama — “vieni con me, vieni!” — e lo santifica».

«Ma perché il Signore, nella storia della Chiesa, sceglie queste persone?» si è chiesto il Pontefice ricordando che in duemila anni di cristianesimo «ci sono tanti santi, riconosciuti come santi della Chiesa». Il Signore sceglie queste persone — è stata la risposta — perché diano testimonianza più chiara della prima regola della santità: è necessario che Cristo cresca e che noi diminuiamo. Occorre insomma «la nostra umiliazione perché il Signore cresca».

È in questa prospettiva che il Signore «sceglie Saulo, nemico della Chiesa», come raccontano gli Atti degli apostoli: Saulo, proferendo ancora minacce contro i discepoli del Signore, «si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via».

Parole forti che mostrano quanto Saulo odiasse e perseguitasse la Chiesa: un odio che, ha fatto notare il vescovo di Roma, «abbiamo visto» anche «nella lapidazione di Stefano» a cui, oltretutto, Saulo era presente. Preso da questo odio, egli «va a chiedere l’autorizzazione» per perseguitare i cristiani. «Ma il Signore lo aspetta: lo aspetta e fa sentire il suo potere» ha osservato il Papa. Ed ecco che Saulo «diventa cieco e obbedisce» quando, sulla via di Damasco, il Signore gli dice: «Alzati, entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare».

Così «da uomo che aveva tutto chiaro, che sapeva cosa si doveva fare contro questa setta dei cristiani, diventa come un fanciullo e obbedisce: si alza, va e aspetta». Ma Saulo «non aspetta col telefonino in mano» dicendo: «Ma vieni... cosa devo fare... ma dimmi... ma io sto aspettando da due giorni...». Invece «aspetta come era lui: pregando e facendo digiuno. Il suo cuore era cambiato».

Il racconto degli Atti presenta quindi il discepolo Anania che battezza Paolo. E così finalmente «Paolo si alza, prende il cibo e poi se ne va per le sinagoghe annunciando che Gesù è il Figlio di Dio». La sua diventa «un’altra vita».

A questo punto il Papa ha rimarcato la differenza fra gli eroi e i santi, ripetendo le parole che il Signore dice ad Anania: «Va’, perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome».

Perciò, ha spiegato il Pontefice, «la differenza fra gli eroi e i santi è la testimonianza, l’imitazione di Gesù Cristo: andare sulla via di Gesù Cristo». Per questo «Paolo predica il Vangelo, è perseguitato, è bastonato, è giudicato, e finisce la sua vita con un piccolo gruppetto di amici a Roma, vittima dei suoi discepoli». Così Paolo «diminuisce, diminuisce, diminuisce», appunto secondo la regola della santità. E il Papa, in proposito, ha riproposto anche la figura di Giovanni Battista, «l’uomo più grande nato da donna, che finisce nel carcere per il capriccio di una ballerina e l’odio di un’adultera».

Dunque «Paolo finisce in maniera comune. Sicuramente la mattina sono andati da lui tre, quattro cinque soldati» e gli hanno ordinato: «Vieni con noi!». Poi «lo hanno portato via e gli hanno tagliato la testa. Semplicemente». Paolo «il grande, quello che era andato in tutto il mondo, finisce così». E «questa — ha ripetuto il Papa — è la differenza fra l’eroe e il santo: il santo è quello che segue Gesù sulla strada di Gesù, con la croce».

«Tanti santi canonizzati nella Chiesa — ha affermato il Pontefice — finiscono tanto umilmente». Sono «i grandi santi». E, a questo proposito, Papa Francesco ha riproposto la testimonianza di san Giovanni Paolo II. Proprio «questo è il percorso della santità dei grandi». Ma è «anche il percorso della nostra santità». Perché, ha spiegato, certo «non saremo santi se non ci lasciamo convertire il cuore per questa strada di Gesù: portare la croce tutti i giorni, la croce ordinaria, la croce semplice e lasciare che Gesù cresca. Se noi non andiamo su questa via non saremo santi, ma se andiamo su questa via tutti noi daremo testimonianza di Gesù Cristo che ci ama tanto. E daremo testimonianza che mentre siamo peccatori la Chiesa è santa, è la sposa di Gesù».

Dunque «oggi — ha concluso il Papa — forse ci farà bene, nella messa, sentire questa gioia: il sacrificio di Gesù qui sull’altare ci santifica tutti, ci fa crescere nella santità, ci fa diventare più autenticamente figli della sua sposa, la Chiesa nostra madre che è santa».

 



Il Papa: lo Spirito Santo spinge sempre la Chiesa oltre i limiti



“Chi siamo noi per chiudere le porte” allo Spirito Santo? È la domanda ricorrente che Papa Francesco ha posto durante l’omelia della Messa del mattino 12 maggio, presieduta a Casa Santa Marta, e dedicata alla conversione dei primi pagani al cristianesimo. Lo Spirito Santo, ha ribadito, è quello che fa andare la Chiesa “oltre i limiti, più avanti”. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3 

Lo Spirito soffia dove vuole, ma una della tentazioni più ricorrenti di chi ha fede è di sbarrargli la strada e di pilotarlo in una direzione piuttosto che un’altra. Una tentazione non estranea nemmeno agli albori della Chiesa, come dimostra l’esperienza che vive Simon Pietro nel brano degli Atti degli Apostoli proposto dalla liturgia. Una comunità di pagani accoglie l’annuncio del Vangelo e Pietro è testimone oculare della discesa dello Spirito Santo su di loro, ma prima esita ad avere contatti con ciò che aveva sempre ritenuto “impuro” e poi subisce dure critiche dai cristiani di Gerusalemme, scandalizzati dal fatto che il loro capo avesse mangiato con dei “non circoncisi” e li avesse persino battezzati. Un momento di crisi interna, che Papa Francesco rievoca con un filo di ironia:

“E’ una cosa che non si poteva pensare quella. Se domani venisse una spedizione di marziani, per esempio, e alcuni di loro venissero da noi, ecco... marziani, no? Verdi, con quel naso lungo e le orecchie grandi, come vengono dipinti dai bambini ... E uno dicesse: ‘Ma, io voglio il Battesimo!’. Cosa accadrebbe?”.

Pietro comprende l’errore quando una visione gli illumina una verità fondamentale: ciò che è stato purificato da Dio non può essere chiamato “profano” da nessuno. E nel narrare questi fatti alla folla che lo critica, l’Apostolo – ricorda Papa Francesco – rasserena tutti con questa affermazione: “Se dunque Dio ha dato loro lo stesso dono che ha dato a noi, per avere creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io per porre impedimento a Dio?”.

“Quando il Signore ci fa vedere la strada, chi siamo noi per dire: ‘No Signore, non è prudente! No, facciamo così’… E Pietro in quella prima diocesi – la prima diocesi è stata Antiochia – prende questa decisione: ‘Chi sono io per porre impedimenti?’. Una bella parola per i vescovi, per i sacerdoti e anche per i cristiani. Ma chi siamo noi per chiudere porte? Nella Chiesa antica, persino oggi, c’è quel ministero dell’ostiario. E cosa faceva l’ostiario? Apriva la porta, riceveva la gente, la faceva passare. Ma mai è stato il ministero di quello che chiude la porta, mai!”.

Ancora oggi, ripete Papa Francesco, Dio ha lasciato la guida della Chiesa “nelle mani dello Spirito Santo”. “Lo Spirito Santo – prosegue – è quello, come dice Gesù, che ci insegnerà tutto” e “farà che noi ricordiamo quello che Gesù ci ha insegnato”:

“Lo Spirito Santo è la presenza viva di Dio nella Chiesa. E’ quello che fa andare la Chiesa, quello che fa camminare la Chiesa. Sempre più, oltre i limiti, più avanti. Lo Spirito Santo con i suoi doni guida la Chiesa. Non si può capire la Chiesa di Gesù senza questo Paraclito, che il Signore ci invia per questo. E fa queste scelte impensabili, ma impensabili! Per usare una parola di San Giovanni XXIII: è proprio lo Spirito Santo che aggiorna la Chiesa: veramente, proprio la aggiorna e la fa andare avanti. E noi cristiani dobbiamo chiedere al Signore la grazia della docilità allo Spirito Santo. La docilità a questo Spirito, che ci parla nel cuore, ci parla nelle circostanze della vita, ci parla nella vita ecclesiale, nelle comunità cristiane, ci parla sempre”.








Il Papa: chi crede di sapere tutto non può capire Dio



Le cose di Dio non si possono capire solo con la testa, bisogna aprire il cuore allo Spirito Santo. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina, 13 maggio, a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha quindi sottolineato che la fede è un dono di Dio, ma non si può ricevere se si vive “staccati” dal suo popolo, dalla Chiesa. Il servizio di Alessandro Gisotti:RealAudioMP3 

Le Letture del giorno, ha osservato Papa Francesco, ci mostrano “due gruppi di persone”. Nella Prima Lettura “ci sono quelli che sono stati dispersi a causa della persecuzione scoppiata” dopo l’uccisione di Stefano. “Sono stati dispersi con il seme del Vangelo – ha detto il Papa – e lo portano dappertutto”. All’inizio, parlano soltanto ai giudei. Poi, “in modo naturale, alcuni di loro”, giunti ad Antiochia, “cominciarono a parlare anche ai greci”. E così, lentamente, è stata la riflessione del Papa, “hanno aperto le porte ai greci, ai pagani”. Arrivata la notizia a Gerusalemme, ha rammentato, Barnaba fu mandato ad Antiochia “per fare una visita di ispezione”. E tutti, ha constatato, “sono rimasti contenti”, perché “una folla considerevole fu aggiunta al Signore”.

Questa gente, ha sottolineato Francesco, “non ha detto andiamo prima dai giudei, poi dai greci, ai pagani, a tutti. No! Si è lasciata portare dallo Spirito Santo! E’ stata docile allo Spirito Santo”. E poi, ha proseguito, “una cosa viene dall’altra” e “finiscono aprendo le porte a tutti: ai pagani, che per la mentalità loro erano impuri”, “aprivano le porte, a tutti”. Questo, ha ribadito, “è il primo gruppo di persone, quelle che sono docili allo Spirito Santo”. “Alcune volte – ha soggiunto – lo Spirito Santo ci spinge a fare cose forti: come ha spinto Filippo ad andare a battezzare” il ministro etiope, “come ha spinto Pietro ad andare a battezzare Cornelio”:

“Altre volte, lo Spirito Santo soavemente ci porta e la virtù è lasciarsi portare dallo Spirito Santo, non fare resistenza allo Spirito Santo, essere docili allo Spirito Santo. E lo Spirito Santo agisce oggi nella Chiesa, agisce oggi nella nostra vita. Qualcuno di voi potrà dirmi: ‘Mai lo ho visto!’. ‘Ma, fa’ attenzione a cosa succede, cosa ti viene in mente, cosa ti viene nel cuore. Cose buone? E’ lo Spirito che ti invita ad andare per quella strada. Ci vuole docilità! Docilità allo Spirito Santo”.

Il secondo gruppo che ci presentano le Letture è quello degli “intellettuali, che si avvicinano a Gesù nel tempio: sono i dottori della legge”. Gesù, ha annotato il Papa, ha sempre avuto problemi con questi, “perché non finivano di capire: giravano sulle stesse cose, perché credevano che la religione era cosa soltanto di testa, di leggi”. Per loro, bisognava “compiere i comandamenti e niente di più. Non si immaginava che esistesse lo Spirito Santo”. Interrogavano Gesù, “volevano discutere. Tutto era nella testa, tutto è intelletto”. “In questa gente – ha soggiunto - non c’è il cuore, non c’è l’amore e la bellezza, non c’è l’armonia”, è gente “che soltanto vuole spiegazioni”:

“E tu gli dai le spiegazioni e loro, non convinti, tornano con una altra domanda. E’ così: girano, girano… Come hanno girato attorno a Gesù tutta la vita, fino al momento che sono riusciti a prenderlo e a ucciderlo! Questi non aprono il cuore allo Spirito Santo! Credono che anche le cose di Dio si possono capire soltanto con la testa, con le idee, con le proprie idee. Sono orgogliosi. Credono di sapere tutto. E quello che non entra nella loro intelligenza non è vero. Ma tu puoi risuscitare un morto davanti a loro, ma non credono!”.

Gesù, ha così evidenziato, “va oltre” e dice una “cosa fortissima”: “Voi non credete perché non fate parte delle mie pecore! Voi non credete perché non siete del popolo di Israele. Siete usciti dal popolo. Siete nell’aristocrazia dell’intelletto”. Questo atteggiamento, ha ammonito, “chiude il cuore. Loro hanno rinnegato il loro popolo”:

“Questa gente si era staccata dal popolo di Dio e per questo non poteva credere. La fede è un dono di Dio! Ma la fede viene se tu sei nel suo popolo. Se tu sei - adesso - nella Chiesa, se tu sei aiutato dai Sacramenti, dai fratelli, dall’assemblea. Se tu credi che questa Chiesa è il Popolo di Dio. Questa gente si era staccata, non credeva nel Popolo di Dio, credeva soltanto nelle sue cose e così aveva costruito tutto un sistema di comandamenti che cacciavano via la gente: cacciavano via la gente e non la lasciavano entrare in Chiesa, nel popolo. Non potevano credere! Questo è il peccato di resistere allo Spirito Santo”.

“Due gruppi di gente”, ha ripreso il Papa, quelli “della dolcezza, della gente dolce, umile, aperta allo Spirito Santo”, e quell’altra “orgogliosa, sufficiente, superba, staccata dal popolo, aristocratica dell’intelletto, che ha chiuso le porte e resiste allo Spirito Santo”. “E non è testardaggine questa”, ha detto, “di più: è avere il cuore duro! E questo è più pericoloso”. Guardando questi due gruppi di persone, è stata la sua invocazione, “chiediamo al Signore la grazia della docilità allo Spirito Santo per andare avanti nella vita, essere creativi, essere gioiosi, perché l’altra gente non era gioiosa”. E quando “c’è tanta serietà – ha affermato – non c’è lo Spirito di Dio”. Chiediamo, dunque, “la grazia della docilità e che lo Spirito Santo ci aiuti a difenderci da quest’altro spirito cattivo della sufficienza, dell’orgoglio, della superbia, della chiusura del cuore allo Spirito Santo”.








Papa Francesco: non esiste un cristiano senza Chiesa



Non esiste un cristiano senza Chiesa, un cristiano che cammina da solo, perché Gesù stesso si è inserito nel cammino del suo popolo: è quanto ha detto Papa Francesco nella Messa presieduta stamani 15 maggio a Santa Marta. Ce ne parla Sergio Centofanti:RealAudioMP3 

Partendo dalla prima lettura del giorno, Papa Francesco spiega che gli apostoli quando annunciano Gesù non incominciano da Lui, ma dalla storia del popolo. Infatti – osserva - "Gesù non si capisce senza questa storia" perché Lui “è proprio il fine di questa storia, verso il quale questa storia va, cammina”. Così – ha proseguito - “non si può capire un cristiano fuori dal popolo di Dio. Il cristiano non è una monade”, ma “appartiene ad un popolo: la Chiesa. Un cristiano senza Chiesa è una cosa puramente ideale, non è reale”:

“Ma, non si può capire un cristiano solo, come non si può capire Gesù Cristo solo. Gesù Cristo non è caduto dal cielo come un eroe che viene a salvarci, e viene. No. Gesù Cristo ha storia. E possiamo dire, ed è vero, questo: Dio ha storia, perché ha voluto camminare con noi. E non si può capire Gesù Cristo senza storia. Così un cristiano senza storia, un cristiano senza popolo, un cristiano senza Chiesa non si può capire. E’ una cosa di laboratorio, una cosa artificiale, una cosa che non può dar vita”.

Il popolo di Dio, poi – ha aggiunto Papa Francesco – “cammina con una promessa. Questa dimensione è importante che noi nella nostra vita abbiamo presente: la dimensione della memoria”: 

“Un cristiano è un memorioso della storia del suo popolo, è memorioso del cammino che il popolo ha fatto, è memorioso della sua Chiesa. La memoria … la memoria di tutto il passato … Poi, questo popolo dove va? Verso la definitiva promessa. E’ un popolo che cammina verso la pienezza; un popolo eletto che ha una promessa nel futuro e cammina verso questa promessa, verso l’adempimento di questa promessa. E per questo, un cristiano nella Chiesa è un uomo, una donna con speranza: speranza nella promessa. Che non è aspettativa: no, no! E’ un’altra cosa: è speranza. Proprio, avanti! Quella che non delude”.

“Guardando indietro – ha detto il Papa - il cristiano è una persona memoriosa: chiede la grazia della memoria, sempre. Guardando in avanti, il cristiano è un uomo e una donna di speranza. E nel presente, il cristiano segue il cammino di Dio e rinnova l’Alleanza con Dio. Continuamente dice al Signore: ‘Sì, io voglio i comandamenti, io voglio la tua volontà, io voglio seguirti’. E’ un uomo di alleanza, e l’alleanza la celebriamo, noi, tutti i giorni” nella Messa: è dunque “una donna, un uomo eucaristico”. Questa la preghiera finale del Papa:

“Pensiamo – ci farà bene pensare questo, oggi – come è la nostra identità cristiana. La nostra identità cristiana è appartenenza ad un popolo: la Chiesa. Senza questo, noi non siamo cristiani. Siamo entrati nella Chiesa con il battesimo: lì siamo cristiani. E per questo, avere l’abitudine di chiedere la grazia della memoria, e la memoria del cammino che ha fatto il popolo di Dio; anche della memoria personale: cosa ha fatto Dio con me, nella mia vita, come mi ha fatto camminare … Chiedere la grazia della speranza, che non è ottimismo: no, no! E’ un’altra cosa. E chiedere la grazia di rinnovare tutti i giorni l’Alleanza con il Signore che ci ha chiamato. Che il Signore ci dia queste tre grazie, che sono necessarie per l’identità cristiana”.




Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2014/05/15/papa_francesco:_non_esiste_un_cristiano_senza_chiesa/it1-799346 
del sito Radio Vaticana 





[Modificato da Caterina63 19/05/2014 11:44]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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