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Omelie del Papa nella Messa delle 7 del mattino a Santa Marta (3)

Ultimo Aggiornamento: 19/12/2014 11:38
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09/10/2014 18:00
 
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Francesco: nella preghiera, lo Spirito Santo è il dono più grande

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2014-10-09 Radio Vaticana

Nella preghiera chiediamo tante cose, ma il dono più grande che Dio ci può dare è lo Spirito Santo: è quanto ha detto Papa Francesco nell’omelia mattutina a Santa Marta, commentando il Vangelo del giorno, che presenta la parabola di un uomo che a forza di insistere ottiene da un amico ciò che chiede. Il servizio di Sergio Centofanti:

 

Dio “ha tanta misericordia” afferma Papa Francesco, che inizia l’omelia partendo dalla Colletta, in cui si chiede perdono a Dio e di “aggiungere ciò che la preghiera non osa sperare”:

“Questo mi ha fatto pensare: è proprio della misericordia di Dio non solo perdonare - quello tutti lo sappiamo - ma essere generoso e dare di più e di più… Abbiamo chiesto: ‘E aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare’. Noi forse nella preghiera chiediamo questo e questo e Lui ci dà di più sempre! Sempre, sempre di più”.

Nel Vangelo – sottolinea il Papa – ci sono “tre parole chiave”: “l’amico, il Padre e il dono”. Gesù “mostra ai discepoli cosa sia la preghiera. E’ come un uomo che si reca a mezzanotte da un amico per chiedere qualcosa. Nella vita – osserva – “ci sono amici d’oro” che davvero danno tutto. “Ce ne sono altri più o meno buoni”, ma la Bibbia ci dice ‘uno, due o tre…  non di più!’. Poi, gli altri sono amici, ma non come questi”. E anche se siamo importuni e invadenti “il legame di amicizia fa che ci sia dato quello che noi chiediamo”. 

“Gesù fa un passo avanti e parla del Padre: ‘Quale padre tra di voi, se un figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?’ … ‘Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre del cielo!’”. Quindi – prosegue il Papa – “non solo l’amico che ci accompagna nel cammino della vita ci aiuta e ci dà quello che noi chiediamo: anche il Padre del cielo” che “ci ama tanto e del quale Gesù ha detto che si preoccupa di dare da mangiare agli uccellini del campo. Gesù vuole risvegliare la fiducia nella preghiera” e dice: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto”. “Questa – afferma Papa Francesco - è la preghiera: chiedere, cercare il come e bussare al cuore di Dio”. E il Padre “darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono”:

“Questo è il dono, questo è il di più di Dio. Dio mai ti dà un regalo, una cosa che gli chiedi così, senza incartarlo bene, senza qualcosa di più che lo faccia più bello. E quello che il Signore, il Padre ci dà di più è lo Spirito: il vero dono del Padre è quello che la preghiera non osa sperare. ‘Io chiedo questa grazia; chiedo questo, busso e prego tanto… Soltanto spero che mi dia questo’. E Lui che è Padre, mi dà quello e di più: il dono, lo Spirito Santo”.

“La preghiera – conclude il Papa - si fa con l’amico, che è il compagno di cammino della vita, si fa col Padre e si fa nello Spirito Santo. L’amico è Gesù”:

“E’ Lui che ci accompagna e ci insegna a pregare. E la nostra preghiera deve essere così, trinitaria. Tante volte: ‘Ma lei crede?’: ‘Sì! Si!’; ‘In che crede?’; ‘In Dio!’; ‘Ma cosa è Dio per lei?’; ‘Dio, Dio!’. Ma Dio non esiste: non scandalizzatevi! Dio così non esiste! Esiste il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: sono persone, non sono un’idea nell’aria… Questo Dio spray non esiste! Esistono persone! Gesù è il compagno di cammino che ci dà quello che chiediamo; il Padre che ha cura di noi e ci ama; e lo Spirito Santo che è il dono, è quel di più che dà il Padre, quello che la nostra coscienza non osa sperare”.

(Da Radio Vaticana)





Francesco: esame di coscienza, pratica antica ma tanto buona


Papa Francesco a Santa Marta

10/10/2014

Per non far entrare il male nel nostro cuore c’è una pratica antica, ma tanto buona, l’esame di coscienza: lo ha detto Papa Francesco nell’omelia mattutina a Santa Marta. Ce ne parla Sergio Centofanti:

Il Vangelo del giorno ci ricorda che il diavolo torna sempre da noi, non smette mai di tentare l’uomo: “Il diavolo ha pazienza” – afferma Papa Francesco – “non lascia quello che vuole per sé”, la nostra anima:

“Dopo le tentazioni, nel deserto, quando Gesù fu tentato dal diavolo, nella versione di Luca si dice che il demonio lo lasciò per un tempo ma durante la vita di Gesù tornava e tornava: quando lo mettevano alla prova, quando gli tendevano delle trappole, nella Passione, fino alla Croce. ‘Ma se Tu sei il Figlio di Dio, ma vieni, vieni da noi, così noi possiamo credere’. E tutti noi sappiamo che questa parola tocca il cuore: ‘Ma tu sei capace? Fammelo vedere! No, non sei capace’. Come il diavolo fino alla fine a Gesù. E così con noi”.

Occorre custodire il nostro cuore dove abita lo Spirito Santo – sottolinea il Papa -  “perché non entrino gli altri spiriti”. Custodire il cuore, come si custodisce una casa, a chiave”. E poi vigilare sul cuore, come una sentinella: “Quante volte – osserva - entrano i cattivi pensieri, le cattive intenzioni, le gelosie, le invidie. Tante cose, che entrano. Ma chi ha aperto quella porta? Da dove sono entrati? Se io non mi accorgo” di quanto “entra nel mio cuore, il mio cuore diviene una piazza, dove tutti vanno e vengono. Un cuore senza intimità, un cuore dove il Signore non può parlare e nemmeno essere ascoltato”.

“E Gesù dice un’altra cosa lì – no? - che sembra un po’ strana: ‘Chi non raccoglie con me, disperde’. Usa la parola ‘raccogliere’. Avere un cuore raccolto, un cuore sul quale noi sappiamo cosa succede, e qui e là si può fare la pratica tanto antica della Chiesa, ma buona: l’esame di coscienza. Chi di noi, la sera, prima di finire la giornata, rimane da solo, da sola, e si fa la domanda: cosa è accaduto oggi nel mio cuore? Cosa è successo? Che cose sono passate attraverso il mio cuore? Se non lo facciamo, davvero non sappiamo vigilare bene né custodire bene”.

L’esame di coscienza “è una grazia, perché custodire il nostro cuore è custodire lo Spirito Santo, che è dentro di noi”:

“Noi sappiamo, Gesù parla chiaramente, che i diavoli tornano, sempre. Anche alla fine della vita, Lui ci dà l’esempio – Gesù – di questo. E per custodire, per vigilare, perché non entrino i demoni, bisogna saper raccogliersi, cioè stare in silenzio davanti a se stessi e davanti a Dio, e alla fine della giornata domandarsi: ‘Cosa è accaduto oggi nel mio cuore? E’ entrato qualcuno che non conosco? La chiave è a posto?’. E questo ci aiuterà a difenderci da tante cattiverie, anche da quelle che noi possiamo fare, se entrano questi demoni, che sono furbissimi, e alla fine ci truffano tutti”.




Il Papa: non rimanere chiusi nei propri sistemi, aprirsi alle sorprese di Dio

Messa di Papa Francesco a Santa Marta

13/10/2014

Aprirsi alle sorprese di Dio, non chiudersi ai segni dei tempi. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Commentando le parole di Gesù ai dottori della legge , il Papa ha esortato i fedeli a non rimanere attaccati alle proprie idee, ma a camminare con il Signore trovando sempre cose nuove. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Gesù parla ai dottori della legge che gli chiedono un segno e li definisce “generazione malvagia”. Papa Francesco è partito da questo passo del Vangelo per soffermarsi sul tema delle “sorprese di Dio”. Tante volte, ha osservato, questi dottori chiedono dei segni a Gesù, e Lui gli risponde che non sono capaci di “vedere i segni dei tempi”:

“Perché questi dottori della legge non capivano i segni del tempo e chiedevano un segno straordinario (Gesù gliel’ha dato dopo), perché non capivano? Prima di tutto, perché erano chiusi. Erano chiusi nel loro sistema, avevano sistemato la legge benissimo, un capolavoro. Tutti gli ebrei sapevano che cosa si poteva fare, che cosa non si poteva fare, fino a dove si poteva andare. Era tutto sistemato. E loro erano sicuri lì”.

Per loro, ha soggiunto, erano “cose strane” quelle che faceva Gesù: “Andare con i peccatori, mangiare con i pubblicani”. A loro, ha detto, “non piaceva, era pericoloso; era in pericolo la dottrina, quella dottrina della legge, che loro”, i “teologi, avevano fatto nei secoli”. Il Papa ha riconosciuto che “l’avevano fatta per amore, per essere fedeli a Dio”. Però “erano chiusi lì”, “semplicemente avevano dimenticato la storia. Avevano dimenticato che Dio è il Dio della legge, ma è il Dio delle sorprese”. D’altro canto, ha detto Francesco, “anche al suo popolo, Dio ha riservato sorprese tante volte” come quando lo ha salvato “dalla schiavitù d’Egitto”:

“Loro non capivano che Dio è il Dio delle sorprese, che Dio è sempre nuovo; mai rinnega se stesso, mai dice che quello che aveva detto era sbagliato, mai, ma ci sorprende sempre. E loro non capivano e si chiudevano in quel sistema fatto con tanta buona volontà e chiedevano a Gesù: ‘Ma, fai un segno!’. E non capivano i tanti segni che faceva Gesù e che indicavano che il tempo era maturo. Chiusura! Secondo, avevano dimenticato che loro erano un popolo in cammino. In cammino! E quando ci si incammina, quando uno è in cammino, sempre trova cose nuove, cose che non conosceva”.

E, ha aggiunto, “un cammino non è assoluto in se stesso”, è il cammino verso “la manifestazione definitiva del Signore. La vita è un cammino verso la pienezza di Gesù Cristo, quando verrà la seconda volta”. Questa generazione, ha ripreso, “cerca un segno” ma, dice il Signore, “non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona”, cioè “il segno della Resurrezione, della Gloria, di quella escatologia verso la quale andiamo in cammino”. E questi dottori, ha ribadito, “erano chiusi in se stessi, non aperti al Dio delle sorprese, non conoscevano il cammino e nemmeno questa escatologia”. Così, quando nel Sinedrio Gesù afferma di essere il Figlio di Dio, “si stracciarono le vesti”, si scandalizzarono dicendo che aveva bestemmiato. “Il segno che Gesù dà a loro – ha affermato - era una bestemmia”. E per questo motivo “Gesù dice: generazione malvagia”.

Costoro, ha osservato ancora il Papa, “non hanno capito che la legge che loro custodivano e amavano” era una pedagogia verso Gesù Cristo. “Se la legge non porta a Gesù Cristo – ha ribadito – non ci avvicina a Gesù Cristo, è morta. E per questo Gesù li rimprovera di essere chiusi, di non essere capaci di conoscere i segni dei tempi, di non essere aperti al Dio delle sorprese”:

“E questo deve farci pensare: io sono attaccato alle mie cose, alle mie idee, chiuso? O sono aperto al Dio delle sorprese? Sono una persona ferma o una persona che cammina? Io credo in Gesù Cristo - in Gesù, quello che ha fatto: è morto, risorto e finita la storia – credo che il cammino vada avanti verso la maturità, verso la manifestazione di gloria del Signore? Io sono capace di capire i segni dei tempi ed essere fedele alla voce del Signore che si manifesta in essi? Possiamo farci oggi queste domande e chiedere al Signore un cuore che ami la legge, perché la legge è di Dio; che ami anche le sorprese di Dio e che sappia che questa legge santa non è fine a se stessa”.

E’ “in cammino”, ha riaffermato, è una pedagogia “che ci porta a Gesù Cristo, all’incontro definitivo, dove ci sarà questo grande segno del Figlio dell’uomo”.






Il Papa: no a una fede "cosmetica", conta la carità concreta

Papa Francesco alla Messa in Casa S. Marta

14/10/2014

La nostra è una “vita cristiana di cosmetica, di apparenza o è una vita cristiana con la fede operosa nella carità?”. La domanda è stata posta da Papa Francesco al termine dell’omelia della Messa del mattino, celebrata in Casa S. Marta. La fede, ha affermato il Papa, “non è soltanto recitare il Credo”, ma chiede di staccarsi da avidità e cupidigia per saper donare agli altri, specie se poveri. Il servizio di Alessandro De Carolis:

La fede non ha bisogno di apparire, ma di essere. Non ha bisogno di essere ammantata di cortesie, specie se ipocrite, quanto di un cuore capace di amare in modo genuino. Papa Francesco si rifà al Vangelo del giorno – quello del fariseo che si stupisce del Maestro che non compie le abluzioni prescritte prima di mangiare – per ripetere che Gesù “condanna” quel tipo di “sicurezza” tutta incentrata nel “compimento della legge”:

“Gesù condanna questa spiritualità della cosmetica, apparire buoni, belli, ma la verità di dentro è un’altra cosa! Gesù condanna le persone di buone maniere ma di cattive abitudini, quelle abitudini che non si vedono ma si fanno di nascosto. Ma l’apparenza è giusta: questa gente alla quale piaceva passeggiare nelle piazze, farsi vedere pregando, ‘truccarsi’ con un po’ di debolezza quando digiunava… Perché il Signore è così? Vedete che sono due gli aggettivi che usa qui, ma collegati: avidità e cattiveria”.

“Sepolcri imbiancati” dirà di loro Gesù nell’analogo passo del Vangelo di Matteo, calcando su certi atteggiamenti, da Lui definiti con durezza come “immondizia”, putredine”. “Date piuttosto in elemosina tutto quello che avete dentro”, è la sua controproposta. “L’elemosina – ricorda il Papa – è sempre stata, nella tradizione della Bibbia, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, una pietra di paragone della giustizia”. Anche Paolo, nella Lettura del giorno, discute con i Galati per lo stesso motivo, il loro attaccamento alla legge. E identico è anche l’esito perché, insiste Papa Francesco, “la legge da sola non salva”:

“Quello che vale è la fede. Quale fede? Quella che si ‘rende operosa per mezzo della carità’. Lo stesso discorso di Gesù al fariseo. Una fede che non è soltanto recitare il Credo: tutti noi crediamo nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, nella vita eterna…. Tutti crediamo! Ma questa è una fede immobile, non operosa. Quello che vale in Cristo Gesù è l'operosità che viene dalla fede o meglio la fede che si rende operosa nella carità, cioè torna all'elemosina. Elemosina nel senso più ampio della parola: staccarsi dalla dittatura del denaro, dall’idolatria dei soldi. Ogni cupidigia ci allontana da Gesù Cristo”.

Papa Francesco rievoca un episodio della vita di padre Arrupe, Preposito generale dei Gesuiti dagli anni Sessanta agli anni Ottanta. Un giorno, una ricca signora lo invita in un luogo per donargli del denaro per le missioni in Giappone, per le quali padre Arrupe stava impegnandosi. La consegna della busta avviene praticamente sulla porta e davanti a giornalisti e fotografi. Padre Arrupe raccontò di aver patito “una grande umiliazione”, ma di aver accettato il denaro “per i poveri del Giappone”. Quando l'aprì, c’erano dieci dollari”. Chiediamoci, conclude Papa Francesco, se la nostra è “una vita cristiana di cosmetica, di apparenza o è una vita cristiana con la fede operosa nella carità”:

“Gesù ci consiglia questo: ‘Non suonare la tromba’. Il secondo consiglio: ‘Non dare soltanto quello che avanza’. E ci parla di quella vecchietta che ha dato tutto quello che aveva per vivere. E loda quella donna per aver fatto questo. E lo ha fatto un po’ di nascosto, forse perché si vergognava di non poter dare di più”.





Il Santo Padre Francesco: la preghiera di lode è difficile ma dona la gioia

Il Papa durante la Messa nella Cappella di Santa Marta

16/10/2014

E' facile pregare per chiedere delle grazie, mentre è più difficile la preghiera di lode ma è questa la preghiera della vera gioia: è quanto ha detto Papa Francesco nella Messa mattutina a Santa Marta. Ce ne parla Sergio Centofanti:

Al centro dell’omelia del Papa, la Lettera agli Efesini, in cui San Paolo eleva con gioia la sua benedizione a Dio. Si tratta di una preghiera di lode – osserva - una preghiera “che noi non facciamo tanto abitualmente: lodare Dio – afferma - è gratuità pura” ed è entrare “in una grande gioia”:

“Noi sappiamo pregare benissimo quanto chiediamo cose, anche quando ringraziamo il Signore, ma la preghiera di lode è un po’ più difficile per noi: non è tanto abituale lodare il Signore. E questo lo possiamo sentire meglio quando noi facciamo memoria delle cose che il Signore ha fatto nella nostra vita: ‘In Lui - in Cristo - ci ha scelti prima della creazione del mondo’. Benedetto sei Signore, perché tu mi ha scelto! E’ la gioia di una vicinanza paterna e tenera”.

“La preghiera di lode” – ha proseguito - ci porta questa gioia, a essere felici davanti al Signore. Facciamo uno sforzo per ritrovarla!” – esclama Papa Francesco – ma “il punto di partenza” è proprio “fare memoria” di questa scelta: “il Signore mi ha scelto prima della creazione del mondo. Ma questo non si può capire!”:

“Non si può capire e anche non si può immaginare: che il Signore mi abbia conosciuto prima della creazione del mondo, che il mio nome era nel cuore del Signore. Questa è la verità! Questa è la rivelazione! Se noi non crediamo questo non siamo cristiani, eh! Forse saremo impregnati di una religiosità teista, ma non cristiani! Il cristiano è uno scelto, il cristiano è uno scelto nel cuore di Dio prima della creazione del mondo. Anche questo pensiero riempie di gioia il nostro cuore: io sono scelto! E ci dà sicurezza”.

“Il nostro nome – ha osservato il Papa - è nel cuore di Dio, proprio nelle viscere di Dio, come il bambino è dentro la sua mamma. Questa è la nostra gioia di essere eletti”. E’ qualcosa – sottolinea – che “non si può capire solo con la testa. Neppure solo col cuore. Per capire questo dobbiamo entrare nel Mistero di Gesù Cristo. Il Mistero del suo Figlio amato: ‘Egli ha riversato il suo sangue in abbondanza su di noi, con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà’. E questo è un terzo atteggiamento: entrare nel Mistero”:

“Quando noi celebriamo l’Eucaristia, entriamo in questo Mistero, che non si può capire totalmente: il Signore è vivo, è con noi, qui, nella sua gloria, nella sua pienezza e dona un’altra volta la sua vita per noi. Questo atteggiamento di entrare nel Mistero dobbiamo impararlo ogni giorno. Il cristiano è una donna, è un uomo, che si sforza di entrare nel Mistero. Il Mistero non si può controllare: è il Mistero! Io entro”. 

La preghiera di lode – conclude il Papa - è dunque innanzitutto “preghiera di gioia”, poi “preghiera di memoria: ‘Ma quanto ha fatto il Signore per me! Con quanta tenerezza mi ha accompagnato, come si è abbassato; si è inchinato come il papà si inchina col bambino per farlo camminare’”. E infine preghiera allo Spirito Santo che ci doni “la grazia di entrare nel Mistero, soprattutto quando celebriamo l’Eucaristia”.





[Modificato da Caterina63 16/10/2014 11:51]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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