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Omelie del Papa nella Messa delle 7 del mattino a Santa Marta (3)

Ultimo Aggiornamento: 19/12/2014 11:38
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03/11/2014 18:10
 
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Francesco: rivalità e vanagloria, due tarli che indeboliscono la Chiesa




Papa Francesco a Santa Marta - OSS_ROM





03/11/2014



Rivalità e vanagloria sono due tarli che rendono debole la Chiesa; occorre agire invece con spirito di umiltà e concordia, senza cercare il proprio interesse: lo ha detto Papa Francesco nell’omelia mattutina a Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti:


Prendendo lo spunto dalla Lettera di San Paolo ai Filippesi, il Papa osserva che la gioia di un vescovo è quella di vedere nella sua Chiesa amore, unità e concordia. “Quest’armonia – ha sottolineato - è una grazia, la fa lo Spirito Santo, ma noi dobbiamo fare, da parte nostra, di tutto per aiutare lo Spirito Santo a fare questa armonia nella Chiesa”. Per questo, San Paolo invita i Filippesi a non fare nulla “per rivalità o vanagloria”, né a “lottare l’uno contro l’altro, neppure per farsi vedere, per darsi l’aria di essere migliore degli altri”. “Si vede – ha rilevato - che questa non è soltanto cosa del nostro tempo”, ma “che viene da lontano”:


“E quante volte nelle nostre istituzioni, nella Chiesa, nelle parrocchie, per esempio, nei collegi, troviamo questo, no? La rivalità; il farsi vedere; la vanagloria. Si vede che sono due tarli che mangiano la consistenza della Chiesa, la rendono debole. La rivalità e la vanagloria vanno contro questa armonia, questa concordia. Invece di rivalità e vanagloria, cosa consiglia Paolo? ‘Ma ciascuno di voi, con tutta umiltà’- cosa deve fare con umiltà? – ‘consideri gli altri superiori a se stesso’. Lui sentiva questo, eh? Lui si qualifica ‘non degno di essere chiamato apostolo’, l’ultimo. Anche fortemente si umilia lì. Questo era un suo sentimento: pensare che gli altri erano superiori a lui”.


Il Papa cita San Martino de Porres, “umile frate domenicano”, di cui la Chiesa oggi fa memoria: “la sua spiritualità era nel servizio, perché sentiva che tutti gli altri, anche i più grandi peccatori, gli erano superiori. Lo sentiva davvero”. San Paolo, poi, esorta ciascuno a non cercare il proprio interesse:


“Cercare il bene dell’altro. Servire gli altri. Ma questa è la gioia di un vescovo, quando vede la sua Chiesa così: un medesimo sentire, la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Questa è l’aria che Gesù vuole nella Chiesa. Si possono avere opinioni diverse, va bene, ma sempre dentro quest’aria, quest’atmosfera: di umiltà, carità, senza disprezzare nessuno”.


Riferendosi poi al Vangelo del giorno, Papa Francesco aggiunge:


“E’ brutto, quando nelle istituzioni della Chiesa, di una diocesi, troviamo nelle parrocchie gente che cerca il suo interesse, non il servizio, non l’amore. E questo è quello che Gesù ci dice nel Vangelo: non cercare il proprio interesse, non andare sulla strada del contraccambio, eh? ‘Ma sì, io ti ho fatto questo favore, ma tu mi fai questo’. E, con questa parabola, di invitare a cena quelli che non possono contraccambiare niente. E’ la gratuità. Quando in una Chiesa c’è l’armonia, c’è l’unità, non si cerca il proprio interesse, c’è questo atteggiamento di gratuità. Io faccio il bene, non faccio un affare con il bene”.


Il Papa invita, infine, a fare un esame di coscienza: “com’è la mia parrocchia … com’è la mia comunità? Ha questo spirito? Com’è la mia istituzione? Questo spirito di sentimenti di amore, di unanimità, di concordia, senza rivalità o vanagloria, con l’umiltà e il pensare che gli altri sono superiori a noi, nella nostra parrocchia, nella nostra comunità … E forse troveremo che c’è qualcosa da migliorare. Io oggi come posso migliorare questo?”.




Il Papa: Dio dona con gratuità, no ai “cattolici ma non troppo”

Messa del Papa a Casa Santa Marta - OSS_ROM

04/11/2014

Nella legge del Regno di Dio il “contraccambio non serve”, perché Lui dona con gratuità. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha avvertito che, a volte, per egoismo o voglia di potere rifiutiamo la festa a cui il Signore ci invita gratuitamente. A volte, ha avvertito, ci fidiamo di Dio “ma non troppo”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Un uomo diede una grande festa, ma gli invitati trovarono delle scuse per non andare. Papa Francesco ha sviluppato la sua omelia partendo dalla parabola narrata da Gesù nel passo del Vangelo odierno. Una parabola, ha detto, che ci fa pensare perché “a tutti piace andare a una festa, piace essere invitati”. Ma in questo banchetto “c’era qualcosa” che a tre invitati, “che sono un esempio di tanti, non piaceva”. Uno dice che deve vedere il suo campo, ha voglia di vederlo per sentirsi “un po’ potente”, “la vanità, l’orgoglio, il potere e preferisce quello piuttosto che rimanere seduto come uno tra tanti”. Un altro ha comprato cinque buoi, quindi è concentrato sugli affari e non vuole “perdere tempo” con altra gente. L’ultimo infine si scusa dicendo di essere sposato e non vuole portare la sposa alla festa. “No – ha detto il Papa – voleva l’affetto per se stesso: l’egoismo”. “Alla fine – ha proseguito – tutti e tre hanno una preferenza per se stessi, non per condividere una festa: non sanno cosa sia una festa”. Sempre, ha ammonito, “c’è l’interesse, c’è quello che Gesù” ha spiegato come “il contraccambio”:

“Se l’invito fosse stato, per esempio: ‘Venite, che ho due o tre amici affaristi che vengono da un altro Paese, possiamo fare qualcosa insieme’, sicuramente nessuno si sarebbe scusato. Ma quello che spaventava loro, era la gratuità. Essere uno come gli altri, lì … Proprio l’egoismo, essere al centro di tutto … E’ tanto difficile ascoltare la voce di Gesù, la voce di Dio, quando uno gira intorno a se stesso: non ha orizzonte, perché l’orizzonte è lui stesso. E dietro a questo c’è un’altra cosa, più profonda: c’è la paura della gratuità. Abbiamo paura della gratuità di Dio. E’ tanto grande che ci fa paura”.

Questo, ha detto, avviene “perché le esperienze della vita, tante volte ci hanno fatto soffrire” come succede ai discepoli di Emmaus che si allontanano da Gerusalemme o a Tommaso che vuole toccare per credere. Quando “l’offerta è tanta – ha detto, riprendendo un proverbio popolare – persino il Santo sospetta”, perché “la gratuità è troppa”. “E quando Dio ci offre un banchetto così”, ha affermato, pensiamo sia “meglio non immischiarsi”:

“Siamo più sicuri nei nostri peccati, nei nostri limiti, ma siamo a casa nostra; uscire da casa nostra per andare all’invito di Dio, a casa di Dio, con gli altri? No. Ho paura. E tutti noi cristiani abbiamo questa paura: nascosta, dentro … ma non troppo. Cattolici, ma non troppo. Fiduciosi nel Signore, ma non troppo. Questo ‘ma non troppo’, segna la nostra vita, ci fa piccoli, no?, ci rimpiccolisce”.

“Una cosa che mi fa pensare – ha soggiunto – è che, quando il servo riferì tutto questo al suo padrone, il padrone” si adirò perché era stato disprezzato. E manda a chiamare tutti i poveri, gli storpi, per le piazze e le vie della città. Il Signore chiede al servo che costringa le persone ad entrare alla festa. “Tante volte – ha commentato – il Signore deve fare con noi lo stesso: con le prove, tante prove”:

“Costringili, ché qui sarà la festa. La gratuità. Costringe quel cuore, quell’anima a credere che c’è gratuità in Dio, che il dono di Dio è gratis, che la salvezza non si compra: è un grande regalo, che l’amore di Dio … è il regalo più grande! Questa è la gratuità. E noi abbiamo un po’ di paura e per questo pensiamo che la santità si faccia con le cose nostre e alla lunga diventiamo un po’ pelagiani eh! La santità, la salvezza è gratuità”.

Gesù, ha evidenziato, “ha pagato la festa, con la sua umiliazione fino alla morte, morte di Croce. E questa è la grande gratuità”. Quando noi guardiamo il Crocifisso, ha detto ancora, pensiamo che “questa è l’entrata alla festa”: “Sì, Signore, sono peccatore, ho tante cose, ma guardo Te e vado alla festa del Padre. Mi fido. Non rimarrò deluso, perché Tu hai pagato tutto”. Oggi, ha concluso, “la Chiesa ci chiede di non avere paura della gratuità di Dio”. Soltanto, “noi dobbiamo aprire il cuore, fare da parte nostra tutto quello che possiamo; ma la grande festa la farà Lui”.




Il Papa: il cristiano non ha paura di sporcarsi le mani con i lontani

Papa Francesco a Santa Marta - OSS_ROM

06/11/2014

Il vero cristiano non ha paura di sporcarsi le mani con i peccatori, di rischiare anche la sua fama, perché ha il cuore di Dio che vuole che nessuno si perda: è quanto ha detto il Papa nella Messa mattutina a Santa Marta. Il servizio diSergio Centofanti:

Al centro dell’omelia di Papa Francesco, le due parabole della pecora smarrita e della moneta perduta. I farisei e gli scribi si scandalizzano perché Gesù “accoglie i peccatori e mangia con loro”. “Era un vero scandalo a quel tempo, per questa gente” osserva il Papa, che esclama: “Immaginiamo se a quel tempo ci fossero stati i giornali!”. “Ma Gesù è venuto “per questo: per andare a cercare quelli che si erano allontanati dal Signore”. Queste due parabole – spiega – “ci fanno vedere come è il cuore di Dio. Dio non si ferma, Dio non va fino ad un certo punto, Dio va fino in fondo, al limite, sempre va al limite; non si ferma a metà cammino della salvezza, come se dicesse: ‘Ho fatto tutto, il problema è loro’ . Lui va sempre, esce, scende in campo”.

I farisei e gli scribi, invece, si fermano “a metà cammino. A loro importava che il bilancio dei profitti e delle perdite fosse più o meno favorevole e con questo andavano tranquilli. ‘Sì, è vero, ho perso tre monete, ho perso dieci pecore, ma ho guadagnato tanto’. Questo non entra nella mente di Dio, Dio non è un affarista, Dio è Padre e va a salvare fino alla fine, fino al limite”. E “l’amore di Dio è questo”. Ma “è triste – afferma - il pastore a metà cammino”:

“E’ triste il pastore che apre la porta della Chiesa e rimane lì ad aspettare. E’ triste il cristiano che non sente dentro, nel suo cuore, il bisogno, la necessità di andare a raccontare agli altri che il Signore è buono. Ma quanta perversione c’è nel cuore di quelli che si credono giusti, come questi scribi, questi farisei. Eh, loro non vogliono sporcarsi le mani con i peccatori. Ricordiamo quello, cosa pensavano: ‘Eh, se questo fosse profeta, saprebbe che questa è una peccatrice’. Il disprezzo. Usavano la gente, poi la disprezzavano”.

“Essere un pastore a metà cammino – afferma Papa Francesco - è una sconfitta”. “Un pastore deve avere il cuore di Dio, andare fino al limite” perché non vuole che nessuno si perda:

“Il vero pastore, il vero cristiano ha questo zelo dentro: nessuno si perda. E per questo non ha paura di sporcarsi le mani. Non ha paura. Va dove deve andare. Rischia la sua vita, rischia la sua fama, rischia di perdere la sua comodità, il suo status, anche perdere nella carriera ecclesiastica pure, ma è buon pastore. Anche i cristiani devono essere così. E’ tanto facile condannare gli altri, come facevano questi – i pubblicani, i peccatori – è tanto facile, ma non è cristiano, eh? Non è da figli di Dio. Il Figlio di Dio va al limite, dà la vita, come l’ha data Gesù, per gli altri. Non può essere tranquillo, custodendo se stesso: la sua comodità, la sua fama, la sua tranquillità. Ricordatevi questo: pastori a metà cammino no, mai! Cristiani a metà cammino, mai! E’ quello che ha fatto Gesù”.

“Il buon pastore, il buon cristiano – conclude il Papa - esce, sempre è in uscita: è in uscita da se stesso, è in uscita verso Dio, nella preghiera, nell’adorazione; è in uscita verso gli altri per portare il messaggio di salvezza”. E il buon pastore e il buon cristiano conoscono cosa sia la tenerezza:

“Questi scribi, farisei non ne sapevano, non sapevano cosa fosse caricare sulle spalle la pecora, con quella tenerezza, e riportarla con le altre al suo posto. Questa gente non sa cosa sia la gioia. Il cristiano e il pastore a metà cammino forse sa di divertimento, di tranquillità, di certa pace, ma gioia, quella gioia che c’è nel Paradiso, quella gioia che viene da Dio, quella gioia che viene proprio dal cuore di padre che va a salvare! ‘Ho sentito i lamenti degli israeliti e scendo in campo’. Questo è tanto bello, non avere paura che si sparli di noi per andare a trovare i fratelli e le sorelle che sono lontani dal Signore. Chiediamo questa grazia per ognuno di noi e per la nostra Madre, la Santa Chiesa”. 



Il Papa: attenti a non diventare “cristiani pagani” nemici della Croce

 

07/11/2014

Anche oggi ci sono “cristiani pagani” che si “comportano come nemici della Croce di Cristo”. E’ il monito di Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha ribadito che bisogna guardarsi dalle tentazioni della mondanità che ci portano alla rovina. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Cristiani che vanno avanti nella fede e cristiani che si “comportano da nemici della Croce di Cristo”. Papa Francesco ha preso spunto dalle parole di San Paolo ai Filippesi per soffermarsi su due gruppi di cristiani, presenti oggi come al tempo dell’Apostolo delle Genti. “Tutti e due i gruppi – ha detto – erano in Chiesa, tutti insieme, andavano a Messa le domeniche, lodavano il Signore, si chiamavano cristiani”. Qual era dunque la differenza? I secondi “si comportano come nemici della Croce di Cristo! Cristiani nemici della Croce di Cristo”. Sono, ha rimarcato Francesco, “cristiani mondani, cristiani di nome, con due o tre cose di cristiano, ma niente di più. Cristiani pagani!”. “Il nome cristiano, ma la vita pagana”. O, ha soggiunto, “per dirla in un’altra maniera”: “pagani con due pennellate di vernice di cristianesimo, così appaiono come cristiani, ma sono pagani”:

"Anche oggi ce ne sono tanti! Anche noi dobbiamo stare attenti a non scivolare verso quella strada di cristiani pagani, cristiani nell’apparenza. E la tentazione di abituarsi alla mediocrità, la mediocrità dei cristiani, di questi cristiani, è proprio la loro rovina, perché il cuore si intiepidisce, diventano tiepidi. E ai tiepidi il Signore dice una parola forte: ‘Perché sei tiepido, sto per vomitarti dalla mia bocca’. E’ molto forte! Sono nemici della Croce di Cristo. Prendono il nome, ma non seguono le esigenze della vita cristiana”.

Paolo, ha proseguito, parla dunque della “cittadinanza” dei cristiani. “La nostra cittadinanza”, ha osservato, “è nei cieli. Quella loro è terrena. Sono cittadini del mondo, non dei cieli”. “Cittadini del mondo. E il cognome è mondano! Guardatevi da questi”, ha avvertito. Francesco ha così osservato che tutti, anche lui, deve domandarsi: “Ma io avrò qualcosa di questi? Avrò qualcosa della mondanità dentro di me? Qualcosa del paganesimo?”:

“Mi piace vantarmi? Mi piacciono i soldi? Mi piace l’orgoglio, la superbia? Dove ho le mie radici, cioè di dove sono cittadino? Nel cielo o sulla terra? Nel mondo o nello spirito mondano? La nostra cittadinanza è nei cieli e di là aspettiamo, come Salvatore, il Signore Gesù Cristo. E la loro? La loro sorte finale sarà la perdizione! Questi cristiani verniciati finiranno male… Ma guardate alla fine: dove ti porta quella cittadinanza che tu hai nel tuo cuore? Quella mondana alla rovina, quella della Croce di Cristo all’incontro con Lui”.

Il Papa ha così indicato alcuni segni “nel cuore” che mostrano che si sta “scivolando verso la mondanità”. “Se tu ami e se tu sei attaccato ai soldi, alla vanità e all’orgoglio – ha ammonito – vai per quella strada cattiva”. Se, invece, ha proseguito “tu cerchi di amare Dio, di servire gli altri, se tu sei mite, se tu sei umile, se tu sei servitore degli altri, vai sulla buona strada. La tua carta di cittadinanza è buona: è del cielo!”. L’altra, al contrario, “è una cittadinanza che ti porterà male”. E Gesù, ha rammentato, chiedeva tanto al Padre di salvare i suoi discepoli “dallo spirito del mondo, da questa mondanità, che porta alla perdizione”. Il Papa ha quindi rivolto l’attenzione alla parabola dell’amministratore dei beni che truffa il suo signore, narrata nel Vangelo odierno:

“Come è arrivato questo amministratore del Vangelo a questo punto di truffare, di rubare al suo signore? Come è arrivato, da un giorno all’altro? No! Poco a poco. Un giorno una mancia qui, l’altro giorno una tangente là e così poco a poco si arriva alla corruzione. Il cammino della mondanità di questi nemici della Croce di Cristo è così, ti porta alla corruzione! E poi finisce come quest’uomo, no? Apertamente rubando…”

Il Papa riprende dunque le parole di Paolo che chiede di rimanere “saldi nel Signore” senza permettere che il cuore si indebolisca e “finisca nel niente, nella corruzione”. “E’ una grazia bella da chiedere questa – ha detto – rimanere saldi nel Signore. C’è tutta la salvezza, lì sarà la trasfigurazione in gloria”. “Saldi nel Signore – ha concluso – e nell’esempio della Croce di Cristo: umiltà, povertà, mitezza, servizio agli altri, adorazione, preghiera”.



[Modificato da Caterina63 07/11/2014 13:43]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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