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San Giovanni XXIII, il papa sconosciuto

Ultimo Aggiornamento: 27/07/2014 09:48
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13/05/2014 12:08
 
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SAN GIOVANNI XXIII IL PAPA SCONOSCIUTO E LA PACEM IN TERRIS - SECONDA PARTE


"Se la creatura umana è fatta a immagine di Dio, un Dio di giustizia che è «ricco di misericordia» (Ef 2, 4), allora queste qualità devono riflettersi nella conduzione degli affari umani. È la combinazione di giustizia e perdono, di giustizia e grazia, a essere al centro della risposta divina al peccato umano (cfr. Spe salvi n. 44), al centro, in altre parole, dell'«ordine stabilito da Dio» (Pacem in terris n. 1). Il perdono non è negazione del male, ma partecipazione all'amore salvifico e trasformatore di Dio, che riconcilia e guarisce". (1)

 

Nella prima parte abbiamo cercato di sviscerare i tanti luoghi comuni che nel tempo hanno offerto al mondo una immagine falsificata, adulterata, di ciò che era realmente Giovanni XXIII.

Ora ci vogliamo occupare della Pacem in terris, la famosa enciclica che paradossalmente è diventata, suo malgrado, l'icona del pacifismo cattolico-laicista, in evidente contrasto con la vera dottrina sociale della Chiesa e in netto contrasto con gli stessi contenuti del documento.

In un terzo articolo tenteremo, infine, di sviscerare anche le false interpretazioni attribuite a Giovanni XXIII nell'aprire il Concilio e, giustamente, anche le sue imprudenze che vennero usate a vantaggio del progressismo-modernismo cattolico che usò il Concilio come un "Cavallo di Troia" per farvi entrare le più aberranti nefandezze.

 

S.S. Benedetto XVIS.S. Benedetto XVI

Come introduzione usiamo di proposito le lungimiranti parole usate da Benedetto XVI che così presenta questa enciclica:

 

"«Infatti non si dà pace fra gli uomini se non vi è pace in ciascuno di essi, se cioè ognuno non instaura in se stesso l'ordine voluto da Dio» (Pacem in terris n. 88). Al centro della dottrina sociale della Chiesa c'è l'antropologia che riconosce nella creatura umana l'immagine del Creatore, dotata d'intelligenza e di libertà, capace di conoscere e di amare. Pace e giustizia sono frutto del giusto ordine, che è iscritto nella creazione stessa, scritto nel cuore umano (cfr. Rm 2, 15) e pertanto accessibile a tutte le persone di buona volontà, a tutti i «pellegrini di verità e di pace». L'enciclica di Papa Giovanni era ed è un forte invito a impegnarsi in quel dialogo creativo tra la Chiesa e il mondo, tra i credenti e i non credenti, che il concilio Vaticano II si è proposto di promuovere..." (2)

 

Il cuore di tutta l'enciclica giovannea è questo: "«... non si dà pace fra gli uomini se non vi è pace in ciascuno di essi, se cioè ognuno non instaura in se stesso l'ordine voluto da Dio»

 

L'ordine "voluto da Dio" non è una offerta magisteriale facoltativa o opinabile che il santo Padre fece al mondo, ma è proprio il cuore dell'enciclica, il suo motore, il punto di raccordo con il quale dare ad essa la corretta interpretazione.

Giustizia e perdono, infatti, sono sempre stati i capisaldi della Dottrina sociale della Chiesa che vide in Leone XIII non l'iniziatore di tale dottrina, ma precisamente colui che raccogliendo tutto l'insegnamento bimillenario della Chiesa, lo investì - possiamo dire - quale fondamento alla Rerum Novarum e da questo documento, questa dottrina si irradiò nel mondo dai veloci mutamenti trovando poi, nella Pacem in terris, le coordinate per la comprensione dei nostri tempi.

 

Vale la pena di riflettere anche su queste parole profetiche e provvidenziali dell'allora cardinale Ratzinger poche settimane prima di diventare Pontefice:

 

“È vero che oggi esiste un nuovo moralismo le cui parole-chiave sono giustizia, pace, conservazione del creato, parole che richiamano dei valori morali essenziali di cui abbiamo davvero bisogno.

Ma questo moralismo rimane vago e scivola così, quasi inevitabilmente, nella sfera politico-partitica. Esso è anzitutto una pretesa rivolta agli altri, e troppo poco un dovere personale della nostra vita quotidiana. Infatti, cosa significa giustizia? Chi lo definisce? Che cosa serve alla pace?

Negli ultimi decenni abbiamo visto ampiamente nelle nostre strade e sulle nostre piazze come il pacifismo possa deviare verso un anarchismo distruttivo e verso il terrorismo. Il moralismo politico degli anni Settanta, le cui radici non sono affatto morte, fu un moralismo che riuscì ad affascinare anche dei giovani pieni di ideali. Ma era un moralismo con indirizzo sbagliato in quanto privo di serena razionalità, e perché, in ultima analisi, metteva l’utopia politica al di sopra della dignità del singolo uomo, mostrando persino di poter arrivare, in nome di grandi obbiettivi, a disprezzare l’uomo.

Il moralismo politico, come l’abbiamo vissuto e come lo viviamo ancora, non solo non apre la strada a una rigenerazione, ma la blocca. Lo stesso vale, di conseguenza, anche per un cristianesimo e per una teologia che riducono il nocciolo del messaggio di Gesù, il Regno di Dio, ai valori del Regno, identificando questi valori con le grandi parole d’ordine del moralismo politico, e proclamandole, nello stesso tempo, come sintesi delle religioni. Dimenticandosi però, così, di Dio, nonostante sia proprio Lui il soggetto e la causa del Regno di Dio. Al suo posto rimangono grandi parole (e valori) che si prestano a qualsiasi tipo di abuso”. (3)

 

 

 

S.S. Paolo VIS.S. Paolo VI

 Leggiamo cosa disse Paolo VI nell'Omelia in san Giovanni in Laterano (4) per  la prima giornata della Pace, nella quale cita la Pacem in terris:

 

 "Ciascuno dei temi delle varie « Giornate per la Pace » completa i precedenti come una pietra si aggiunge alle altre per costruire una casa: questa casa della Pace, che - come diceva il nostro venerato predecessore Giovanni XXIII - si fonda su quattro pilastri : « la verità, la giustizia, la solidarietà operante e la libertà »...."

 

 I "pilastri" dell'enciclica stessa sono quattro:

 1. la verità;

 2. la giustizia;

3. la solidarietà operante;

4. la libertà.

 

se togliessimo un solo pilastro, tutta l'enciclica crollerebbe o, come è accaduto, diventa strumento per qualcosa di altro perdendo senza dubbio la sua impalcatura originale. Che cosa si è dunque tolta a questa enciclica? la Verità e di conseguenza si è tolto quell'ordine voluto da Dio!

E la giustizia, senza quella Verità che per noi e nelle intenzioni di Giovanni XXIII era ed è: "«... l'ordine voluto da Dio», non è diventata altro che moralismo ideologizzato - leggasi per esempio la questione della perversa bandiera della pace (5) - atto a frantumare l'autentica Pace portata dal Cristo e che, consegnata alla Sua Chiesa, è sorgente di conversioni al Cristo, a quella Verità, a quell'ordine voluto da Dio e non alla pace effimera del mondo (Gv.14,27). Gesù lo dice chiaramente: non come il mondo la da a voi, mettendo in chiaro che la pace del mondo è quella senza la legge di Dio, senza l'ordine voluto da Dio, e di conseguenza una pace falsa, il cosiddetto pacifismo.

 

Giovanni XXIII lo disse al suo segretario: "ci siamo fatti scippare la pace; dobbiamo riappropriarci  della Pace donata dal Cristo nel Vangelo e diffonderla in questo nostro tempo".

 

Il fatto è che la Pacem in terris è stata grandemente strumentalizzata. Si è voluto diabolicamente  esorcizzare il Regno di Dio, si è voluto perversamente esorcizzare la Croce, la sofferenza, la Pace vera che costa in quel “morire a se stessi”. Il pacifismo non è altro che un esorcizzare le proprie responsabilità verso un “Sì” incondizionato che dovremmo dire a Dio e all'ordine da Lui voluto.

“Sì” che diventa un “né” quando va bene e un “no” quando la stessa enciclica fu usata dai cortei pacifisti di quegli anni. Pacifisti ma in verità eternamente inquieti e insoddisfatti!

E’ tipico, per esempio, quello strumentalizzare anche la frase famosa di sant’Agostino: “Ama e fa ciò che vuoi”, giungendo di fatto all’anarchia, all'anarchia dei valori etici e morali, all'anarchia religiosa.

No! Non era questo l’amore che intendeva sant’Agostino, men che meno il contenuto della Pacem in terris! Sant'Agostino intendeva dire ciò che poi spiega bene nelle Confessioni: “Ama i comandamenti, ama la Legge di Dio, e allora con questo amare potrai fare ciò che vuoi e non sbaglierai”. Del resto lo dice Gesù stesso che il comandamento dell'amore parte da quell'amare il prossimo come amando prima noi stessi ma nel modo corretto, sempre in quell'ordine voluto da Dio dove, al primo posto, c'è Dio stesso in quanto Creatore e Padre con i suoi Comandamenti.

San Paolo lo rammenta: “Ho combattuto la buona battaglia”, ma contro cosa e contro chi? Contro le sue derive, i suoi difetti, contro il peccato sotto ogni forma per “conservare la fede”.

 

I pacifisti non combattono questa battaglia. Non hanno capito nulla del Vangelo e non hanno capito nulla delle Beatitudini, laddove viene detto “beati gli assetati di giustizia”. É come se Gesù ci dicesse: “Se, malgrado la povertà, la sofferenza, la persecuzione, sei felice, allora la tua felicità è posta altrove: sei un beato”. "Dov'è il tuo tesoro, lì è il tuo cuore" (Mt.6,21).

 

Sì, amici: Gesù svela che l’origine della felicità non è nel pacifismo ma è nel sentirsi amati da Dio e nel leggere la propria storia nella grande storia d’amore di Dio. La beatitudine è dentro, è in Dio. Beato se capisci questo: allora neppure la sofferenza, la povertà, la fame possono distaccarti da questo grande oceano di felicità che è il cuore di Dio. Qui, in questa battaglia con noi stessi, ci è chiesto allora di essere pacifici e non pacifisti e la differenza è enorme! Al contrario, si è diventati pacifici con il proprio peccato, giacendo con esso, e pacifisti con Dio: questa è una delle accuse di “prostituzione”, di cui parla la Bibbia, circa le infedeltà degli uomini verso Dio, ma questo è un altro argomento.

 

Dunque, secondo Paolo VI i pilastri della Pacem in Terris sono quattro e il primo è la verità!

 

Leggiamo allora alcuni passi di questa enciclica:

 

"La stessa legge morale, che regola i rapporti fra i singoli esseri umani, regola pure i rapporti tra le rispettive comunità politiche. (..)

Ciò non è difficile a capirsi quando si pensi che le persone che rappresentano le comunità politiche, mentre operano in nome e per l’interesse delle medesime, non possono venire meno alla propria dignità; e quindi non possono violare la legge della propria natura, che è la legge morale.

Sarebbe del resto assurdo anche solo il pensare che gli uomini, per il fatto che vengono preposti al governo della cosa pubblica, possano essere costretti a rinunciare alla propria umanità; quando invece sono scelti a quell’alto compito perché considerati membra più ricche di qualità umane e fra le migliori del corpo sociale.

Inoltre, l’autorità è un’esigenza dell’ordine morale nella società umana; non può quindi essere usata contro di esso, e se lo fosse, nello stesso istante cesserebbe di essere tale; perciò ammonisce il Signore: "udite pertanto voi, o re, e ponete mente, imparate voi che giudicate tutta la terra. Porgete le orecchie voi che avete il governo dei popoli, e vi gloriate di aver soggette molte nazioni: la potestà è stata data a voi dal Signore e la dominazione dall’Altissimo, il quale disaminerà le opere vostre, e sarà scrutatore dei pensieri" (Sap 6,2-4)...." (P. in T. n.47)

 

Senza dubbio che l'ottimismo di Giovanni XXIII doveva essere alle stelle mentre scriveva queste sue certezze se poi, come noi ben sappiamo, siamo davvero precipitati alle stalle!

 

Dice il Papa: " Sarebbe del resto assurdo anche solo il pensare...." per lui era davvero assurdo il solo immaginare la decadenza politica dell'Europa nei valori etici e morali.

E non manca il monito giovanneo ai politici che se soltanto per quell'assurdo ipotizzare avessero poi agito contro l'ordine voluto da Dio, dice infatti: "Porgete le orecchie voi che avete il governo dei popoli, e vi gloriate di aver soggette molte nazioni: la potestà è stata data a voi dal Signore e la dominazione dall’Altissimo, il quale disaminerà le opere vostre, e sarà scrutatore dei pensieri".

 

E ancora così leggiamo nell'Enciclica:

 

"Riaffermiamo noi pure quello che costantemente hanno insegnato i nostri predecessori: le comunità politiche, le une rispetto alle altre, sono soggetti di diritti e di doveri; per cui anche i loro rapporti vanno regolati nella verità, nella giustizia, nella solidarietà operante, nella libertà. ...."

Senza la verità sarà l'individualismo, invece, a fare da bilancia, da padrona, spostando l'attenzione su concetti di giustizia e solidarietà fondati esclusivamente sul relativismo. Senza la verità subentra il relativismo e l'opinionismo, impossibile uscire da quest'impasse senza la Verità.

Sul concetto della solidarietà è sempre la verità che le imprime la vera giustizia, così scrive infatti Giovanni XXIII:

 

" I rapporti tra le comunità politiche vanno regolati nella verità e secondo giustizia; ma quei rapporti vanno pure vivificati dall’operante solidarietà attraverso le mille forme di collaborazione economica, sociale, politica, culturale, sanitaria, sportiva: forme possibili e feconde nella presente epoca storica. In argomento occorre sempre considerare che la ragione d’essere dei poteri pubblici non è quella di chiudere e comprimere gli esseri umani nell’ambito delle rispettive comunità politiche; è invece quella di attuare il bene comune delle stesse comunità politiche; il quale bene comune però va concepito e promosso come una componente del bene comune dell’intera famiglia umana..." (P. inT. n.54)

 

e ancora: " Amiamo pure richiamare all’attenzione che la competenza scientifica, la capacità tecnica, l’esperienza professionale, se sono necessarie, non sono però sufficienti per ricomporre i rapporti della convivenza in un ordine genuinamente umano; e cioè in un ordine, il cui fondamento è la verità, misura e obiettivo la giustizia, forza propulsiva l’amore, metodo di attuazione la libertà.." (n.78)

 

e ancora: " A tutti gli uomini di buona volontà spetta un compito immenso: il compito di ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà: i rapporti della convivenza tra i singoli esseri umani; fra i cittadini e le rispettive comunità politiche; fra le stesse comunità politiche; fra individui, famiglie, corpi intermedi e comunità politiche da una parte e dall’altra la comunità mondiale. Compito nobilissimo quale è quello di attuare la vera pace nell’ordine stabilito da Dio..." (n.87)

 

Dunque, per ricomporre i rapporti della convivenza in un "ordine genuinamente umano", la verità è il fondamento di questo ordine; la misura e l'obiettivo è la giustizia avente come fondamento la verità; la forza propulsiva di tale fondamento si esprime con l'amore autentico-solidarietà; e di conseguenza metodo di attuazione di questo fondamento della verità è la libertà!

La vera Pace è quella che attua " l'ordine stabilito da Dio" a partire dalla verità sull'uomo, dalla verità sulla legge che regola la nostra natura e che da vita alle nostre società.

 

Se si toglie un solo elemento da questo ordine, se si toglie la verità, c'è il fallimento, si va verso l'illusione di una pace umana, mondana, praticata solo sul "quieto vivere" per continuare a fare ciò che voglio, intendendo la libertà nel modo peggiore, anarchia, indipendenza da Dio e la stessa Chiesa vista come una istituzione umana fondata sul pacifismo e non sul Cristo che ha detto: "Io sono la via, la verità e la vita.." (Gv.14,6).

Gesù stesso si identifica con queste tre qualità divine che fa proprie - io sono la... - ed anzi  le umanizza nel momento in cui "il Verbo si fece carne", elevando l'uomo stesso ad una trascendenza sublime per far ritornare l'uomo a quella "immagine e somiglianza" offuscata dal Peccato Originale,  e non solo, ma svela anche la chiave che apre uno spiraglio sulla comprensione del progetto di Dio sull'uomo in ogni tempo: l'ordine voluto da Dio, parole con le quali comincia e termina l'enciclica giovannea.

Parole che ci riportano al sublime motto del Pontificato di San Pio X: Instaurare omnia in Christo del quale, probabilmente, ne ricaveremo un articolo per ricordare questo Centenario del grande Papa Santo.

 

A conclusione di ciò rileggiamo e rimeditiamo sulle parole profetiche e sante del card. Ratzinger un giorno prima di essere eletto Successore di Giovanni XXIII e per comprendere come la Pacem in terris debba essere interpretata:

 

"Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie.

Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. “Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Ed è questa fede - solo la fede - che crea unità e si realizza nella carità. San Paolo ci offre a questo proposito – in contrasto con le continue peripezie di coloro che sono come fanciulli sballottati dalle onde – una bella parola: fare la verità nella carità, come formula fondamentale dell’esistenza cristiana. In Cristo, coincidono verità e carità. Nella misura in cui ci avviciniamo a Cristo, anche nella nostra vita, verità e carità si fondono. La carità senza verità sarebbe cieca; la verità senza carità sarebbe come “un cembalo che tintinna” (1 Cor 13, 1)" (6).

 

Per ora ci fermiamo qui in attesa di offrirvi riflessioni anche su San Giovanni XXIII e il Concilio nella terza parte che seguirà, qui trovate la prima parte.

 

Sia lodato Gesù Cristo.

Sempre sia lodato.

 

Note

 

1)  Benedetto XVI - Messaggio  al Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali - 27 aprile 2012

2) ibid come sopra

3) card. J. Ratzinger, Conferenza su l’Europa nella crisi delle culture, per la consegna del premio “ S. Benedetto” Subiaco 1-4-2005

4) Omelia di Paolo VI 1. gennaio 1978

5) sulla bandiera della pace e la sua perversione si legga qui.

6) Omelia card. Ratzinger Missa pro eligendo Pontifice - 18 aprile 2005






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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