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I DIVORZIATI RISPOSATI E I SACRAMENTI DELL’EUCARESTIA E DELLA PENITENZA

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2015 22:20
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05/05/2014 13:05
 
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 dal sito ufficiale della Diocesi Umbra, ringraziamo i due Cardinali e volentieri diffondiamo....


prima una premessa con le brillanti parole di Sandro Magister:

Dopo Carlo Caffarra su “Il Foglio” e Walter Brandmüller su “Die Tagespost” e “Avvenire”, un terzo porporato è intervenuto pubblicamente in forma ampia e approfondita sulla questione della comunione ai divorziati risposati, anche lui contro le tesi possibiliste sostenute dal cardinale relatore Walter Kasper nel concistoro del 20-21 febbraio.

depaolis

È il cardinale Velasio De Paolis, 79 anni, missionario scalabriniano, canonista illustre, presidente emerito della prefettura degli affari economici della Santa Sede nonché delegato pontificio con pieni poteri sulla congregazione dei Legionari di Cristo, uno di quei solidi “vecchi curiali” nei cui confronti papa Francesco ha manifestato più volte la sua stima.

De Paolis si è schierato contro Kasper nella prolusione con cui lo scorso 27 marzo ha inaugurato il nuovo anno giudiziario del tribunale ecclesiastico regionale dell’Umbria, intitolata: “I divorziati risposati e i sacramenti dell’eucaristia e della penitenza“.

Il discorso di De Paolis, di ben 40 cartelle, è riportato integralmente nel sito web di questo stesso tribunale, di cui è “moderatore” l’arcivescovo di Perugia Gualtiero Bassetti, vicepresidente della conferenza episcopale italiana, unico vescovo residenziale italiano fatto cardinale lo scorso febbraio da papa Jorge Mario Bergoglio.

È stato proprio Bassetti a invitare De Paolis e a dargli la parola, presentando fin da subito la sua esposizione come “preziosa e molto attuale, per tutti noi un vero arricchimento”.


Prolusione di S. Em. Rev.ma Sig. Card. Velasio DE PAOLIS,

Presidente emerito della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede

 

 

sul tema:

«I DIVORZIATI RISPOSATI E I SACRAMENTI

 

DELL’EUCARESTIA E DELLA PENITENZA»

 

Premessa

Parliamo dei divorziati risposati, ma il discorso sostanzialmente vale per tutti coloro che vivono in situazioni familiari irregolari.

La precisazione «risposati» sta a dire che il divorziato in quanto tale non è escluso dai sacramenti indicati nel titolo; lo è solo in quanto attenta un nuovo vincolo e comunque vive una situazione coniugale irregolare. Ed è precisamente questa situazione irregolare permanente che costituisce il motivo per la esclusione dai Sacramenti.

In questo caso infatti colui che convive con una persona che non è coniuge è in aperta violazione della legge di Dio come la Chiesa la presenta. Il diritto della Chiesa da una parte precisa le condizioni per accedere ai Sacramenti, la cui verifica è affidata allo stesso fedele, dall’altra si rivolge al ministro sacro indicandogli il caso nel quale egli deve rifiutare l’Eucaristia al fedele stesso, per ragioni di scandalo. Noi limitiamo il nostro discorso alle condizioni necessarie che il fedele deve rispettare per accedere lecitamente e fruttuosamente ai Sacramenti.

Pensiamo che il tema non può esaurirsi semplicemente nella presentazione della normativa della Chiesa, pur necessaria, ma deve essere oggetto di riflessione in un contesto più ampio che tenga conto della situazione attuale che la Chiesa sta vivendo.

Divideremo il nostro discorso in due parti. In una prima parte, che è come introduzione generale al tema, presenteremo il tema all’interno della visione dell’uomo e della cultura in generale, la seconda parte sarà dedicata direttamente al tema specifico dei divorziati risposati.

 

PARTE PRIMA

Introduzione generale al tema

 

1. Situazione di crisi della famiglia e della società

Il matrimonio e la famiglia sono il cuore della vita della società e della chiesa, per la quale la famiglia è chiesa domestica. Si tratta di istituzioni che sono in profonda crisi. La denuncia risale a tempi lontani, ma ormai è sotto gli occhi di tutti.

Preoccupa specialmente la Chiesa, che da tempo si muove e si agita per arginare la deriva sia del matrimonio che della famiglia. I documenti in proposito, particolarmente a partire dal Vaticano II sono numerosi. La Santa Sede ha creato anche istituzioni apposite come il Pontificio Consiglio per famiglia[1], e ha dato vita a tante istituzioni a protezione e promozione della famiglia. Non sembra che essa abbia raccolto frutti di rilievo. La situazione è andata sempre più degradandosi: i divorzi sono aumentati, le situazioni dei divorziati civilmente risposati danno l’affanno ai pastori per trovare e dare la risposta alle domande che le coppie interessate pongono; anzi, i matrimoni tendono a scomparire del tutto; aumentano le convivenze libere e senza impegno. Non parliamo poi delle unioni omosessuali.

Ma la crisi del matrimonio e della famiglia sono sintomo di una crisi ancora più profonda nella società. Quando crollano le colonne portanti della casa, significa che la casa stessa è al collasso. La crisi del matrimonio e della famiglia rinviano ad una crisi ancora più profonda, quella della società.

2. Tema di un sinodo dei vescovi: focalizzazione sulla situazione dei divorziati risposati e la loro ammissione ai sacramenti

Il problema è tanto preoccupante che si è creduto necessario progettare un nuovo sinodo sul matrimonio e sulla famiglia, facendolo precedere da un’amplissima inchiesta, nella quale tutto sembra posto sotto interrogativo e in discussione. Il tema è stato in qualche modo anticipato nel Concistoro dei Cardinali del 20 e 21 febbraio, dove, secondo i mezzi di comunicazione, è stato subito focalizzato sulla condizione dei divorziasti risposati, tanto che il Card. Barbarin di Lione, da quanto riferisce la stampa, sembra che abbia esclamato: eravamo chiamati a parlare del matrimonio e ci siamo trovati invece a discutere dei divorziati risposati.

3. Necessità di trovare la strada giusta, riflettendo sulla natura e sulla storia della Chiesa

Che cosa possiamo aspettarci da tutta questa attenzione? Se non si imbocca la strada giusta corriamo il rischio di perderci per strada e non raccogliere frutti.

Urge la necessità di individuare le cause che generano le situazioni dolorose. Il rischio sta nel fatto che la società odierna, e in parte ciò avviene anche nella Chiesa, si agita davanti ai problemi e ci si muove subito per eliminare gli effetti e le conseguenze più dolorose ed evidenti di queste situazioni senza prima avere esaminato le cause che le hanno prodotte. In tal modo non solo non si eliminano neppure le conseguenze, ma si corre il rischio di aggravarle. In realtà si tratta di fermarsi e riflettere. Questo vale particolarmente nel nostro caso. Si devono individuare prima le cause che stanno all’origine della situazione tanto difficile in cui il matrimonio e la famiglia versano.

Siamo una società malata. La guarigione può avvenire solo se ci rendiamo conto del tipo di malattia di cui essa soffre e se ne individuano esattamente le cause. A nulla vale occuparci soltanto degli effetti più grandi e preoccupanti. Il male lo si può eliminare solo con la corretta medicina e se si estirpano le radici perverse che la producono. Per questo si esigono riflessione e ponderazione.

Dovrebbe esserci già di ammonimento che noi parliamo dei mali della società e della Chiesa, particolarmente nel settore del matrimonio e della famiglia, senza apprezzabili risultati. Probabilmente non abbiamo ancora fatto quest’opera di discernimento. Lo stesso è avvenuto per la questione della fede, la cui crisi sta certamente all’origine della crisi del matrimonio e della famiglia.

Il Papa Benedetto XVI indicendo l’anno della fede indicava alcune cause, particolarmente due:

1) il fatto che in questo tempo si è parlato piuttosto delle conseguenze della fede a livello politico, culturale e sociale piuttosto che della stessa fede e dello stesso Autore di essa, Gesù Cristo;

2) una errata e deviante interpretazione ed applicazione del Concilio, per quanto riguarda la dottrina delle realtà terrestri, il dialogo ecumenico ed interreligioso, l’impegno per l’uomo integrale, il concetto della realizzazione dell’uomo, come aveva già denunciato la Relationi finalis del sinodo dei Vescovi nel trentesimo della celebrazione del Vaticano II.

Si tratta certamente di principi che hanno una loro validità, ma la cui interpretazione e applicazione non sempre hanno trovato la necessaria prudenza e saggezza. Così nonostante gli innegabili sforzi che la Chiesa sta compiendo generosamente per superare il momento difficile per la fede cristiana e le sue istituzioni fondamentali, come il matrimonio e la famiglia, i risultati sembrano piuttosto modesti.

4. Le cause si possono e si devono individuare nella natura e nella storia della Chiesa

La Chiesa deve trovare al suo interno, nella sua storia, nella sua natura e nella stessa sua fede le strade per rinnovare il suo messaggio di fede e di salvezza, e trasmetterlo, come il suo Fondatore Gesù Cristo glielo ha affidato. Purtroppo momenti di crisi la Chiesa ne ha vissuti nella sua storia. Non possiamo evidentemente in questo momento ripercorrere il cammino della storia. Possono bastare alcuni cenni che sembrano essere di immediata percezione.

4.1. Il mistero della Chiesa: le persecuzioni

Anzitutto non si può mai dimenticare che la Chiesa per la sua stessa natura è esposta alle persecuzioni, perché il mondo in quanto coagulo di una concezione della vita puramente secolarizzata è espressione di quel mysterium iniquitatis del quale parla san Paolo particolarmente nella lettera ai Tessalonicesi, che si oppone radicalmente al mysterium pietatis, cioè al mistero di Cristo e della redenzione da Lui operata e della quale la Chiesa è strumento. Questa certezza della fede proclamata dallo stesso Gesù dovrebbe liberarci da una visione ingenua che non vede il male nel mondo o che peggio ancora ne attribuisce la responsabilità quasi solamente alla Chiesa, che non saprebbe adattarsi alle circostanze attuali[2].

4.2. Il rischio di confondere aggiornamento e rinnovamento con adattamento e conformazione

Il rischio di confondere adattamento con conformità al mondo è un rischio non solo possibile, ma reale, se già l’apostolo Paolo lo denunciava ai suoi tempi, come egli scriveva nella lettera ai Romani[3], mentre nella lettera ai Filippesi indicava il criterio morale dell’agire del cristiano. Questo rischio sembra essere stato particolarmente forte nel tempo recente. E’ bene, anzi necessario, che ce ne rendiamo conto.

4.3. L’insegnamento delle crisi della storia

1) La crisi che ha portato alla frattura tra fede e ragione o cultura nell’epoca moderna

La Chiesa uscita dal medioevo si è trovata in conflitto sempre più frequente con la società moderna, che ha preteso costruirsi e progettare il suo futuro solo in una dimensione terrestre e temporale, in netta opposizione alla Chiesa e alla sua missione. La concezione illuminista che ha avuto il suo apice nella rivoluzione francese è la manifestazione più evidente. Il conflitto tra la modernità e la chiesa ha raggiunto il suo punto più alto nella pubblicazione del Sillabo, la silloge di tutti gli errori della società moderna, da parte del beato Pio IX. Tale conflitto è entrato anche nella Chiesa attraverso il modernismo, che è stato definito dal Papa san Pio la sintesi di tutti gli errori, proprio perché minava alla stessa radice la religione cristiana, perché nei suoi esponenti di spicco il modernismo era il tentativo di ridurre la stessa fede cristiana alla pura razionalità, spegnendo la luce della fede e facendo regola di fede il principio razionalistico, non quello della rivelazione.

Si è realizzata in modo evidente quella frattura tra fede e ragione, che, al dire di Paolo VI, è stato il dramma dell’epoca moderna particolarmente per la Chiesa che ha cercato le vie più idonee per ricucire questo strappo o frattura, sia nel Concilio sia, soprattutto, nel dopo Concilio.

Di fatto il Concilio, nella mente di Papa Giovanni XXIII ha avuto come modo quello della pastoralità e dell’aggiornamento; esso mentre doveva proporre il volto della Chiesa doveva anche presentare la natura e la missione della Chiesa come la sua dottrina e il suo messaggio non all’insegna della condanna del mondo moderno quanto piuttosto della riconciliazione. Di fatto, i documenti del Concilio nel proporre la dottrina della Chiesa hanno cercato di evitare per quanto possibili toni conflittuali; anzi il dialogo con il mondo moderno è stato la tonalità caratteristica. Ciò si rivela anche nella dottrina della visione positiva delle realtà temporali e l’invito alla lettura dei segni dei tempi che la Chiesa era chiamata a riconoscere. Questa visione e prospettiva del Concilio di fatto è stata non sempre correttamente interpretata. Le interpretazioni non corrette sono state denunciate nel Sinodo dei Vescovi del 1983. Di fatto il dialogo con il mondo si è trasformato in adattamento, e forse anche ha comportato una certa mondanizzazione e secolarizzazione della Chiesa, che ha finito per non avere una sufficiente presa nella cultura del tempo e di penetrazione per il proprio messaggio. Ciò ha portato a una crisi proprio all’interno della Chiesa.

2) La stessa radice razionalista è nelle altre crisi

In secondo luogo le crisi che toccano in profondità la Chiesa nella sua dottrina sia in credendo sia in agendo, dommatica e morale, non sono le difficoltà esterne che le persone e le istituzioni ad essa ostile le procurano ma quelle interne, che provengono da coloro che ad essa appartengono, in quanto si tratta di un appesantimento nella vita di fede e di una contro testimonianza nella prassi quotidiana. E’ quanto la Chiesa sta soffrendo oggi: una crisi di fede, che ha procurato da qualche tempo l’esigenza della nuova evangelizzazione, e che ha spinto a proclamare prima con Paolo VI e poi con Benedetto XVI, l’anno della fede e a erigere un dicastero corretto per la nuova evangelizzazione[4]. La crisi poi si riflette particolarmente nel matrimonio e nella famiglia, che spinge oggi il Sommo Pontefice Francesco a programmare un sinodo sul matrimonio e la famiglia nonostante i molti documenti che già esistono in proposito[5]. Ma il cammino si annuncia difficile.

Fa riflettere in modo particolare il fatto che l’ampia problematica che il tema racchiude, di fatto, viene quasi sintetizzata in una questione, per quanto importante, piuttosto marginale e comunque secondaria, cioè l’accesso all’Eucaristia da parte dei divorziati risposati, quando le questioni più rilevanti dovrebbero essere quelle che stanno a monte, ossia perché esiste una difficoltà per tali persone ad accedere alla Eucaristia; ossia il senso del matrimonio cristiano e le sue peculiarità, il significato della Eucaristia e le disposizioni che il suo ricevimento presuppongono. Si tratta pertanto di trovare, come al solito la strada giusta, per avvicinare i problemi. Questo ci porta ad altre riflessioni sul modo di affrontare le crisi nella vita della Chiesa, specialmente quando esse sono interne. Anche qui qualche riflessione sul passato può aiutarci.

3) L’arianesimo

La prima grande crisi interna della Chiesa ci fu proprio con il dono della pace costantiniana. Essa fu insieme dottrinale e morale. La crisi dottrinale investì le radici stesse della fede cristiana: il mistero trinitario, minacciato dalla gnosi. Si tratta del primo tentativo che tende a ridurre la fede entro le dimensioni della mente umana. Sarà un tentativo che si ripeterà sotto diverse forme in tutti i periodi storici e reso particolare agguerrito proprio nella modernità e nella secolarizzazione di oggi. La tentazione razionalista è stata forte particolarmente con la prima eresia, quella ariana. Tanto forte che essa era penetrata all’interno della stessa chiesa, se san Girolamo può dire che improvvisamente la chiesa si scoprì con orrore ariana[6]. Gesù Cristo veniva ricondotto all’interno di una dimensione umana; ma perdendo la sua identità divina non poteva essere più confessato come Dio, il Salvatore, il Figlio di Dio fatto uomo, l’unico nome dato gli uomini sotto il cielo per essere salvati. La gnosi minacciò anche la vita cristiana nella sua identità, riconducendo la morale a conoscenza e appannaggio degli uomini sapienti secondo la ragione umana. Con riflessi sulla vita dell’intero popolo cristiano.

La pace costantiniana fu certamente un dono di Dio, che però presto venne vissuto con uno stile di vita cristiana meno impegnato e meno missionario. La reazione a tale crisi si ebbe prima con la fioritura degli eremiti e quindi dei monaci e delle diverse forme di vita evangelica e particolarmente di povertà; e secondariamente con il nuovo impegno missionario che portò a compimento l’evangelizzazione nei paesi europei dei quali ci si era quasi dimenticati.

4) Il medioevo

Un’altra grave crisi interna fu certamente quella della fioritura medievale, particolarmente del commercio. I costumi cristiani lasciavano piuttosto a desiderare. La ricchezza portava benessere, ma anche disuguaglianze, pigrizia nel clero e povertà e ignoranza nel popolo. La reazione fu quella di san Francesco, che sposò madonna povertà e diede vita al grande movimento francescano. La tradizione ci ha tramesso il sogno del Papa Innocenzo III che sogna il Laterano che in fase di crollo viene sostenuto dalle fragili spalle del fraticello di Assisi.

5) La «riforma» di Lutero

Una nuova crisi fu certamente quella luterana, che staccò dalla comunione della Chiesa cattolica una grande parte dell’Europa. Essa fu chiamata riforma. In realtà essa si risolse in una legittimazione della situazione di corruzione, se non altro per una dottrina della giustificazione insufficiente. La Chiesa cattolica reagì con la controriforma, che trovò nella disciplina del Concilio di Trento il suo fulcro, con una schiera di Santi che attuò lo stesso Concilio di Trento e con un nuovo impegno missionario, attraverso l’evangelizzazione dei paesi del nuovo mondo appena scoperto. Il superamento della crisi avvenne attraverso l‘evangelizzazione e la rinascita della vita cristiana. Il filosofo luterano Kierkegaard ha fatto un confronto tra l’azione di Lutero e quella della Chiesa cattolica. Lutero non credette veramente alla grazia, e la sua denuncia in realtà non portò al rinnovamento dei costumi; mentre la Chiesa cattolica credette alla grazia e fiduciosa in essa operò per il rinnovamento della chiesa e della vita cristiana.

6) La crisi d’oggi

La crisi moderna è molto più complessa. La stiamo vivendo nel suo momento insieme più alto e di crisi. Essa ha radici lontane, eminentemente razionaliste. Essa si radica nell’illuminismo che fornisce la dottrina e nella rivoluzione francese che fornisce la potenza militare politica. Il Papa Benedetto XVI dirà nell’enciclica Spe salvi[7] che con la rivoluzione francese la speranza cristiana perde il suo carattere di trascendenza e diventa immanente: è ridotta alla dimensione umana, è frutto semplicemente della attività dell’uomo e si muove nella dimensione di essa. L’uomo proclama la sua autonomia e indipendenza da Dio. L’uomo non ha bisogno di Dio. L’uomo si pone al posto di Dio. E’ il punto più alto della modernità, se per modernità si intende esaltazione dell’uomo. Ma è anche la sua crisi, la crisi dell’uomo quale è il periodo che stiamo vivendo: il tempo della secolarizzazione, il tempo del relativismo etico e gnoseologico; il tempo dello smarrimento in cui l’uomo non sa dire più nulla su se stesso, da dove viene, dove vada e quale sia il senso della sua vita e del suo camminare, benché sappia dire molte cose sul cosmo. E non potrebbe essere diversamente, perché il moderno si fonda sulla più grande menzogna della storia: l’uomo facendosi Dio ha distrutto se stesso. La morte di Dio, dice il Papa Giovanni Paolo II, proclamata dall’uomo è in verità la morte dell’uomo. E’ il tempo che stiamo vivendo. E’ il tempo della nuova evangelizzazione. E’ il tempo in cui la famiglia e il matrimonio stanno perdendo il loro senso. Perché la fede rifiorisca e il matrimonio vengano rivalutati è necessario andare alle radici della fede; altrimenti si corre il rischio di lavorare invano e ritrovare il mistero di Dio uno e trino e del mistero di Dio Verbo incarnato salvatore e redentore del genere umano; nel mistero di Dio riscoprire il mistero dell’uomo e riaprirlo all’orizzonte dell’eternità, nel cuore di Dio e nel mistero dell’uomo, al mistero della grazia e del trascendente. E’ questo l’humus nel quale siamo chiamati a riscoprire il matrimonio e la famiglia e la problematica connessa che ne deriva.

  continua...........

 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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