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I DIVORZIATI RISPOSATI E I SACRAMENTI DELL’EUCARESTIA E DELLA PENITENZA

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2015 22:20
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05/05/2014 13:16
 
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[1] Creato dal Santo Papa Giovanni Paolo II, il 9 maggio 1981, col motu proprio Familia a Deo instituta.

[2] A questo si riferiva il Signore quando diceva agli Apostoli nell’ultima cena: «Se il mondo vi odia, sapete bene che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe quel ch'è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io v'ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia» (Gv 15,18-19). E già prima il Signore aveva detto ai discepoli nelle istruzioni missionarie: «sarete odiati da tutti a causa del mio nome» (Mt 10,22) E poi dirà parlando su di loro al Padre: «e il mondo li ha odiati» (Gv 17,14) Conforme a questo lo stesso Giovanni scriverà: «Non vi meravigliate, fratelli, se il mondo vi odia» (1Gv 3,13). Sappiamo il senso che in Giovanni ha il termine «mondo», esso racchiude tutto il male che si oppone a Cristo e cha ha come capo a Satana, a cui il Signore chiama per tre volte «il principe di questo mondo» (Gv 12,31; 14,30; 16,11). All’insieme dell’influsso di questo spirito del male San Paolo chiama «spirito di questo mondo» (1 Cor 2,12). E che San Giovanni concreta nelle tre grandi cupidigie mondane: «Poiché tutto quello che è nel mondo: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita non è dal Padre, ma è dal mondo» (1 Gv 2,16). Quando nell’ultima cena Gesù dice «voi non siete del mondo» (Gv 15,19), «del mondo» secondo l’espressione originale e colta dalla versione latina, non significa semplicemente appartenere al mondo o essere del mondo (mundi), ma piuttosto de mundo, o ex mundi, (quia vero de mundo non estis) e cioè ricevere il suo influsso e le sue inspirazioni, e in certo senso, procedere dal mondo, uscire o nascere dal mondo. In questo senso scriveva anche Giovanni: «Costoro sono del mondo; perciò parlano inspirati dal mondo, e il mondo li ascolta» (1 Gv 4,5). Cf. J.M. Bover, S.J.,Comentario al sermón de la Ultima Cena, Madrid 1955, p. 111.

[3] Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto (Rm 12,2) «Si conforma a questo secolo anche chi imita quanti vivono in modo mondano. Ef 4, 17 dice: “Attesto nel Signore che non dovete più comportarvi come si comportano i Gentili”». San Tommaso D’Aquino, In Rom. Cap. 12, lec. 1.

[4] Si tratta del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, Creato da Benedetto XVI, con Lettera Apostolica in forma di «Motu Proprio» Ubicumque et semper, del 21 settembre 2010.

[5] Senza andare troppo indietro nel tempo, possiamo far riferimento al: Il Codice di Diritto Canonico del 1917 e l’Enciclica Casti Connubi del 31.12.1930, sistemano e chiarificano ulteriormente l’essenza, la natura e i fini del matrimonio. Il Concilio Ecumenico Vaticano II dedica al matrimonio: Gaudium et Spes (nn. 47-52) ; Lumen Gentium (nn. 11, 34-35, 41); Apostolicam Actuositatem (n. 11);Gravissimum Educationis (nn. 3,6). Il Vaticano II, oltre a riconfermare tutta la Dottrina del Concilio Tridentino: Istituzione divina del matrimonio ed elevazione a sacramento da parte di Cristo; Le proprietà, i beni e i fini del matrimonio; mette in risalto: La grandezza dell’amore coniugale (GS 48-49-50); Il matrimonio cammino di santità (GS 49; LG 42 e 41). Dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II seguono, tra i più importanti documenti al riguardo: lettera Enciclica di Paolo VI Humanae vitae(25.7.1968); Esortazione apostolica di Giovanni Paolo II Familiaris Consortium (22.11.1981); Giovanni Paolo II Lettera alle Famiglie (2.2.1994).

Del Pontificio Consiglio per la Famiglia: Carta dei Diritti della Famiglia (22 ottobre 1983); Sessualità umana: verità e significato, Orientamenti educativi in famiglia (9 marzo 1996); Preparazione al sacramento del matrimonio (13 maggio 1996); Vademecum per i confessori su alcuni temi di morale attinenti alla vita coniugale (12 febbraio 1997); Famiglia e diritti umani ( 9 dicembre 1999);Famiglia, matrimonio e unioni di fatto (21 novembre 2000).

[6] Dialogus adversus Luciferianos, 19, in P.L., 23, col. 181: «Ingemuit totus orbis et Arianum se esse miratus est».

[7] Cf. nn. 16-23.

[8] 21 novembre 1981, in AAS 74 (1982); n. 84

[9] 14 settembre 1994, in AAS 86 (1994) 974-979, n.4.

[10] in L’Osservatore Romano, 7 luglio 2000, p. 1; Communicationes, 32 [2000], pp. 159-162.

[11] 22 de febbraio 2007, in AAS 99 (2007) 105-180.

[12] Anche per quello dell’Unzione degli infermi. Va ricordato la disposizione del can. 1007, che vieta ai ministri di conferire l’unzione degli inferi a coloro che perseverano ostinatemene in un peccato grave manifesto. Le parole del canone sono quasi le stesse del canone 915 che impone di rifiutare l’Eucaristia a coloro «ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto». I fedeli in un tale stato non possono ricevere fruttuosamente il sacramento con il quale la Chiesa raccomanda al Signore i fedeli gravemente infermi affinché li sollevi e li salvi (can. 998).

[13] Pontificio Consiglio per I Testi Legislativi, Dichiarazione circa L’ammissibilità alla Santa Comunione dei divorziati risposati, 24/06/2000, in Communicationes, 32 [2000], pp. 159-162.

[14] S. Tommaso D’Aquino, S. Th., III, q. 80, a 4: «In questo come negli altri sacramenti il rito sacramentale è segno della cosa prodotta dal sacramento. Ora, la cosa prodotta dal sacramento dell'Eucarestia è duplice, come sopra abbiamo detto: la prima, significata e contenuta nel sacramento, è Cristo stesso; la seconda, significata e non contenuta, è il corpo mistico di Cristo, ossia la società dei santi. Chi dunque si accosta all'Eucarestia, per ciò stesso dichiara di essere unito a Cristo e incorporato alle sue membra. Ma questo si attua per mezzo della fede formata, che nessuno ha quando è in peccato mortale. È chiaro dunque che chi riceve l'Eucarestia con il peccato mortale commette una falsità nei riguardi di questo sacramento. Perciò si macchia di sacrilegio come profanatore del sacramento. E quindi pecca mortalmente».

[15] «Il fatto di comunicare le perfezioni, considerato in modo assoluto, appartiene alla bontà, come sopra si è dimostrato. Ma se si vuole notare che Dio comunica alle cose delle perfezioni ad esse proporzionate, allora appartiene alla giustizia, come si è dimostrato. E se si vuole mettere in evidenza che egli concede delle perfezioni alle cose non per proprio vantaggio, ma unicamente spinto dalla sua bontà, abbiamo la liberalità. Se poi consideriamo che le perfezioni concesse da Dio eliminano delle deficienze, abbiamo la misericordia» S. Tommaso D’Aquino, S.Th., I, q. 21, a 3.

[16] Si vedano particolarmente i numeri 71-75 che trattano dell’atto morale rispetto alla legge, alla coscienza, alla libertà e all’atto morale ordinabile al fine.

[17] Del resto, l’essere misericordioso non è altro che rattristarsi davanti alla miseria altrui, ma in modo tale da voler liberare l’altro dal male. E in questo senso Dio è sommamente misericordioso: «misericordioso si dice chi ha un cuore pieno di commiserazione, perché alla vista delle altrui miserie è preso da tristezza, come se si trattasse della sua propria miseria. E da ciò proviene che egli si adoperi a rimuovere l'altrui miseria come la sua propria miseria. Rattristarsi, dunque, della miseria altrui non si addice a Dio, ma ben gli conviene, in grado sommo, di liberare dalla miseria, intendendo per miseria qualsiasi difetto» San Tommaso D’Aquino, S. Th. I. q. 21, a. 3.

[18] «Nam quae in philosophia Sancti Thomae sunt capita, non ea haberi debent in opinionum genere, de quibus in utramque partem disputare licet, sed velut fundamenta in quibus omnis naturalium divinarumque rerum scientia consistit: quibus submotis aut quoquo modo depravatis, illud etiam necessario consequitur, ut sacrarum disciplinarum alumni ne ipsam quidem percipiant significationem verborum, quibus revelata divinitus dogmata ab Ecclesiae magisterio proponuntur» Pio X, Motu proprio, Doctoris Angelici, 29 giugno 1914, in AAS 6 (1914) pp. 336-341.

[19] Comunione, comunità e disciplina ecclesiale. Documento pastorale dell'Episcopato italiano, 1 gennaio 1989, n. 3.



   altro materiale nel sito sullo stesso argomento è il seguente:



-  LA DOTTRINA ufficiale CATTOLICA SUL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO


-  LA CHIESA NON PUO' DARE LA COMUNIONE AI DIVORZIATI RISPOSATI PERCHE' LI AMA

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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