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1994 - ANNO DELLA FAMIGLIA LETTERA ALLE FAMIGLIE GRATISSIMAM SANE

Ultimo Aggiornamento: 11/05/2014 19:03
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11/05/2014 19:03
 
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   La Madre del bell'amore

20. La storia del « bell'amore » prende inizio dall'Annunciazione, in quelle mirabili parole che l'angelo ha rivolto a Maria, chiamata a diventare la Madre del Figlio di Dio. Con il « sì » di Maria, Colui che è « Dio da Dio e Luce da Luce » diventa figlio dell'uomo; Maria è sua Madre, senza cessare di essere la Vergine che « non conosce uomo » (cfr Lc 1, 34). Come Madre-Vergine, Maria diventa Madre del bell'amore. Questa verità è rivelata già nelle parole dell'Arcangelo Gabriele, ma il suo pieno significato sarà confermato e approfondito man mano che Maria seguirà il Figlio nel pellegrinaggio della fede.

La « Madre del bell'amore » fu accolta da colui che, secondo la tradizione d'Israele, era già suo sposo terreno, Giuseppe, della stirpe di Davide. Egli avrebbe avuto diritto di pensare alla promessa sposa come alla moglie sua e alla madre dei suoi figli. Dio interviene, però, in questo patto sponsale con la propria iniziativa: « Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo » (Mt 1, 20). Giuseppe è consapevole, vede con i propri occhi che in Maria è concepita una nuova vita che da lui non proviene e pertanto, da uomo giusto, osservante della legge antica, che nel suo caso imponeva l'obbligo del divorzio, vuole sciogliere in forma caritatevole il suo matrimonio (cfr Mt 1, 19). L'angelo del Signore gli fa sapere che ciò non sarebbe secondo la sua vocazione, anzi sarebbe contrario all'amore sponsale che lo unisce a Maria. Questo reciproco amore sponsale, per essere pienamente il « bell'amore », esige che egli accolga Maria e il Figlio di lei sotto il tetto della sua casa, a Nazaret. Giuseppe ubbidisce al messaggio divino e agisce secondo quanto gli è stato comandato (cfr Mt 1, 24). È grazie anche a Giuseppe che il mistero dell'Incarnazione e, insieme ad esso, il mistero della Santa Famiglia, viene inscritto profondamente nell'amore sponsale dell'uomo e della donna e indirettamente nella genealogia di ogni famiglia umana. Ciò che Paolo chiamerà il « grande mistero » trova nella Santa Famiglia la sua espressione più alta. La famiglia si colloca così veramente al centro della Nuova Alleanza.

Si può dire anche che la storia del « bell'amore » è iniziata, in un certo senso, con la prima coppia umana, con Adamo ed Eva. La tentazione a cui essi cedettero ed il conseguente peccato originale non li privò completamente della capacità del « bell'amore ». Lo si comprende leggendo, ad esempio nel Libro di Tobia, che gli sposi Tobia e Sara, nel definire il senso della loro unione, si richiamano ai progenitori Adamo ed Eva (cfr Tb 8, 6). Nella Nuova Alleanza, lo testimonia anche san Paolo parlando di Cristo come nuovo Adamo (cfr 1 Cor 15, 45): Cristo non viene a condannare il primo Adamo e la prima Eva, ma a redimerli; viene a rinnovare ciò che nell'uomo è dono di Dio, quanto in lui è eternamente buono e bello e che costituisce il substrato del bell'amore. La storia del « bell'amore » è, in certo senso, la storia della salvezza dell'uomo.

Il « bell'amore » prende sempre inizio dalla autorivelazione della persona. Nella creazione Eva si rivela ad Adamo, come Adamo si rivela ad Eva. Nel corso della storia le nuove coppie umane si dicono reciprocamente: « Cammineremo insieme nella vita ». Così ha inizio la famiglia come unione dei due e, in forza del Sacramento, come nuova comunità in Cristo. L'amore, perché sia realmente bello, deve essere dono di Dio, innestato dallo Spirito Santo nei cuori umani ed in essi continuamente alimentato (cfr Rm 5, 5). Ben consapevole di ciò, la Chiesa nel sacramento del matrimonio domanda allo Spirito Santo di visitare i cuori umani. Perché sia veramente il « bell'amore », dono cioè della persona alla persona, deve provenire da Colui che è Dono Egli stesso e fonte di ogni dono.

Così avviene nel Vangelo per quanto concerne Maria e Giuseppe, che, alle soglie della Nuova Alleanza, rivivono l'esperienza del « bell' amore » descritto nel Cantico dei Cantici. Giuseppe pensa e dice di Maria: « Sorella mia, Sposa » (cfr Ct 4, 9). Maria, Madre di Dio, concepisce per opera dello Spirito Santo, dal quale proviene il « bell'amore », che il Vangelo delicatamente colloca nel contesto del « grande mistero ».

Quando parliamo del « bell'amore », parliamo per ciò stesso della bellezza: bellezza dell'amore e bellezza dell'essere umano che, in virtù dello Spirito Santo, è capace di tale amore. Parliamo della bellezza dell'uomo e della donna: della loro bellezza come fratelli o sorelle, come fidanzati, come coniugi. Il Vangelo chiarisce non soltanto il mistero del « bell'amore », ma anche quello non meno profondo della bellezza, che è da Dio come l'amore. Sono da Dio l'uomo e la donna, persone chiamate a diventare un dono reciproco. Dal dono originario dello Spirito « che dà la vita » scaturisce il dono vicendevole di essere marito o moglie, non meno del dono di essere fratello o sorella.

Tutto questo trova conferma nel mistero della Incarnazione, divenuto, nella storia degli uomini fonte di una bellezza nuova che ha ispirato innumerevoli capolavori artistici. Dopo il severo divieto di raffigurare il Dio invisibile con delle immagini (cfr Dt 4, 15-20), l'epoca cristiana ha, al contrario, offerto la rappresentazione artistica del Dio fatto uomo, di Maria sua Madre e di Giuseppe, dei Santi dell'Antica e Nuova Alleanza, e in genere dell'intera creazione redenta da Cristo, inaugurando in tal modo un nuovo rapporto col mondo della cultura e dell'arte. Si può dire che il nuovo canone dell'arte, attento alla dimensione profonda dell'uomo e al suo futuro, prende inizio dal mistero dell'Incarnazione di Cristo, ispirandosi ai misteri della sua vita: la nascita a Betlemme, il nascondimento a Nazaret, il ministero pubblico, il Golgota, la risurrezione, il ritorno finale nella gloria. La Chiesa è consapevole che la sua presenza nel mondo contemporaneo e, in particolare, che il suo contributo e sostegno alla valorizzazione della dignità del matrimonio e della famiglia, sono strettamente legati allo sviluppo della cultura; di ciò giustamente si preoccupa. Proprio per questo la Chiesa segue con sollecita attenzione gli orientamenti dei mezzi di comunicazione sociale, il cui compito è quello di formare oltre che di informare il grande pubblico. Ben conoscendo l'ampia e profonda incidenza di tali mezzi, essa non si stanca di mettere in guardia gli operatori della comunicazione dai pericoli della manipolazione della verità. Quale verità può esserci, infatti, nei films, negli spettacoli, nei programmi radio-televisivi nei quali dominano la pornografia e la violenza. È un buon servizio, questo, alla verità sull'uomo? Sono interrogativi ai quali non possono sottrarsi gli operatori di questi strumenti ed i vari responsabili della elaborazione e commercializzazione dei loro prodotti.

Grazie ad una simile riflessione critica la nostra civiltà, che pur registra tanti aspetti positivi sul piano sia materiale che culturale, dovrebbe rendersi conto di essere, da diversi punti di vista, una civiltà malata, che genera profonde alterazioni nell'uomo. Perché si verifica questo? La ragione sta nel fatto che la nostra società s'è distaccata dalla piena verità sull'uomo, dalla verità su ciò che l'uomo e la donna sono come persone. Di conseguenza, essa non sa comprendere in maniera adeguata che cosa veramente siano il dono delle persone nel matrimonio, l'amore responsabile al servizio della paternità e della maternità, l'autentica grandezza della generazione e dell'educazione. È allora esagerato affermare che i mass media, se non sono orientati secondo i sani principi etici, non servono la verità nella sua dimensione essenziale? Ecco, dunque, il dramma: i moderni strumenti della comunicazione sociale sono soggetti alla tentazione di manipolare il messaggio, rendendo falsa la verità sull'uomo.L'essere umano non è quello reclamizzato dalla pubblicità e presentato nei moderni mass media. È molto di più, come unità psico-fisica, come tutt'uno di anima e di corpo, come persona. È molto di più per la sua vocazione all'amore, che lo introduce come maschio e femmina nella dimensione del « grande mistero ».

Maria è entrata per prima in questa dimensione, e vi ha introdotto pure il suo sposo Giuseppe. Essi sono così diventati i primi esemplari di quel bell'amore che la Chiesa non cessa di invocare per la gioventù, per i coniugi e per le famiglie. E quanti fra questi si uniscono con fervore a tale preghiera! Come non pensare alle moltitudini di pellegrini, anziani e giovani, che accorrono nei santuari mariani e fissano lo sguardo sul volto della Madre di Dio, sul volto dei membri della Santa Famiglia, sui quali si riflette tutta la bellezza dell'amore donato da Dio all'uomo?

Nel Discorso della Montagna, ricollegandosi al sesto comandamento, Cristo proclama: « Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore » (Mt 5, 27-28). In rapporto al Decalogo, teso a difendere la tradizionale compattezza del matrimonio e della famiglia, queste parole segnano un grande balzo in avanti. Gesù va alla fonte del peccato di adulterio: essa risiede nell'intimo dell'uomo e si manifesta in un modo di guardare e di pensare che è dominato dalla concupiscenza.Mediante la concupiscenza l'uomo tende ad appropriarsi di un altro essere umano, che non è suo, ma che appartiene a Dio. Mentre si rivolge ai suoi contemporanei, Cristo parla agli uomini di tutti i tempi e di tutte le generazioni; parla, in particolare, alla nostra generazione, che vive nel segno di una civiltà consumistica ed edonistica.

Perché Cristo nel Discorso della Montagna si pronuncia in modo così forte ed esigente? La risposta è quanto mai chiara: Cristo vuole garantire la santità del matrimonio e della famiglia, vuole difendere la piena verità sulla persona umana e sulla sua dignità.

È solo alla luce di questa verità che la famiglia può essere fino in fondo la grande « rivelazione », laprima scoperta dell'altro: la vicendevole scoperta degli sposi e, poi, di ogni figlio o figlia che nasce da loro. Quanto i coniugi si giurano reciprocamente, di essere cioè « fedeli sempre nella gioia e nel dolore e di amarsi e onorarsi tutti i giorni della vita », è possibile solo nella dimensione del « bell'amore ». L'uomo d'oggi non può imparare questo dai contenuti della moderna cultura di massa. Il « bell'amore » s'impara soprattutto pregando. La preghiera, infatti, comporta sempre, per usare un'espressione di san Paolo, una sorta di interiore nascondimento con Cristo in Dio: « la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio » (Col 3, 3). Soltanto in un simile nascondimento opera lo Spirito Santo, sorgente del bell'amore. Egli riversa quest'amore non solo nel cuore di Maria e di Giuseppe, ma anche nei cuori degli sposi, disposti ad ascoltare la parola di Dio e a custodirla (cfr Lc 8, 15). Il futuro di ogni nucleo familiare dipende da questo « bell'amore »: amore reciproco dei coniugi, dei genitori e dei figli, amore di tutte le generazioni. L'amore è la vera fonte dell'unità e della forza della famiglia.

La nascita e il pericolo

21. Il breve racconto della infanzia di Gesù ci riferisce in maniera molto significativa, quasi contemporaneamente, la sua nascita e il pericolo che Egli deve subito affrontare. Luca riporta le parole profetiche pronunciate dal vecchio Simeone quando il Bambino viene presentato al Signore nel Tempio, quaranta giorni dopo la nascita. Egli parla di « luce » e di « segno di contraddizione »; a Maria, poi, predice: « Anche a te una spada trafiggerà l'anima » (cfr Lc 2, 32-35). Matteo, invece, si sofferma sulle insidie tramate nei confronti di Gesù da parte di Erode: informato dai Magi, giunti dall'Oriente per vedere il nuovo re che doveva nascere (cfr Mt 2, 2), egli si sente minacciato nel suo potere e, dopo la loro partenza, ordina di uccidere tutti i bambini di Betlemme e dei dintorni dai due anni in giù. Gesù sfugge alle mani di Erode grazie ad un particolare intervento divino e grazie alla sollecitudine paterna di Giuseppe, che lo porta insieme a sua Madre in Egitto, dove soggiornano fino alla morte di Erode. Tornano poi a Nazaret, loro città natale, dove la Santa Famiglia inizia il lungo periodo di un'esistenza nascosta, scandita dall'adempimento fedele e generoso dei doveri quotidiani (cfr Mt 2, 1-23; Lc 2, 39-52).

Appare di un'eloquenza profetica il fatto che Gesù, sin dalla nascita, sia stato posto di fronte a minacce e peri- coli. Già come Bambino Egli è « segno di contraddizione ». Un'eloquenza profetica riveste inoltre il dramma dei bambini innocenti di Betlemme, uccisi per ordine di Erode e diventati, secondo l'antica liturgia della Chiesa, partecipi della nascita e della passione redentrice di Cristo. Attraverso la loro « passione », essi completano « quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa » (Col 1, 24).

Nei Vangeli dell'infanzia, dunque, l'annuncio della vita, che si compie in modo mirabile nell'evento della nascita del Redentore, viene fortemente contrapposto alla minaccia alla vita, una vita che abbraccia nella sua interezza il mistero dell'Incarnazione e della realtà divino-umana di Cristo. Il Verbo si è fatto carne (cfr Gv 1, 14), Dio si è fatto uomo. A questo sublime mistero si richiamavano spesso i Padri della Chiesa: « Dio si è fatto uomo, affinché noi diventassimo dèi ». Questa verità della fede è contemporaneamente la verità sull'essere umano. Essa mette in luce la gravità di ogni attentato alla vita del bambino nel grembo della madre. Qui, proprio qui, ci troviamo agli antipodi del « bell'amore ». Puntando esclusivamente sul godimento, si può giungere fino ad uccidere l'amore, uccidendone il frutto. Per la cultura del godimento il « frutto benedetto del tuo grembo » (Lc 1, 42) diventa in certo senso un « frutto maledetto ».

Come non ricordare, a questo proposito, le deviazioni che il cosiddetto stato di diritto ha subito in numerosi paesi? Univoca e categorica è la legge di Dio nei riguardi della vita umana. Dio comanda: « Non uccidere » (Es 20, 13). Nessun legislatore umano può pertanto affermare: ti è lecito uccidere, hai diritto di uccidere, dovresti uccidere. Purtroppo, nella storia del nostro secolo, questo si è verificato, quando sono andate al potere, in modo anche democratico, forze politiche che hanno emanato leggi contrarie al diritto di ogni uomo alla vita, in nome di presunte quanto aberranti ragioni eugeniche, etniche e simili. Un fenomeno non meno grave, anche perché accompagnato da larga acquiescenza o consenso di opinione pubblica, è quello delle legislazioni non rispettose del diritto alla vita fin dal concepimento. Come si potrebbero moralmente accettare delle leggi che permettono di uccidere l'essere umano non ancora nato, ma che già vive nel grembo materno? Il diritto alla vita diventa in tal modo appannaggio esclusivo degli adulti, che si servono degli stessi parlamenti per attuare i propri progetti e per perseguire i propri interessi.

Ci troviamo di fronte ad un'enorme minaccia contro la vita: non solo di singoli individui, ma anche dell'intera civiltà. L'affermazione che questa civiltà è diventata, sotto alcuni aspetti, « civiltà della morte » riceve una preoccupante conferma. E non è forse evento profetico il fatto che la nascita di Cristo sia stata accompagnata dal pericolo per la sua esistenza? Sì, anche la vita di Colui che è al tempo stesso figlio dell'uomo e figlio di Dio è stata minacciata, è stata in pericolo sin dall'inizio, e solo per miracolo ha evitato la morte.

Negli ultimi decenni, tuttavia, si notano alcuni sintomi confortanti di un risveglio delle coscienze: esso riguarda sia il mondo del pensiero che la stessa opinione pubblica. Cresce, specialmente tra i giovani, una nuova coscienza di rispetto della vita fino dal concepimento; si diffondono i movimenti per la vita (« pro life »). È un lievito di speranza per il futuro della famiglia e dell'intera umanità.

«  . . . mi avete accolto »

22. Coniugi e famiglie di tutto il mondo: con voi è lo Sposo! Questo prima di tutto desidera dirvi il Papa, nell'anno che le Nazioni Unite e la Chiesa dedicano alla famiglia. « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui » (Gv 3, 16-17); « Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. ( . . .) Dovete rinascere dall'alto » (Gv 3, 6-7). Dovete nascere « da acqua e da Spirito » (Gv 3, 5). Proprio voi, cari padri e madri, siete i primi testimoni e ministri di questa nuova nascita dallo Spirito Santo. Voi, che generate i vostri figli per la patria terrena, non dimenticate che al tempo stesso li generate per Dio. Dio desidera la loro nascita dallo Spirito Santo; Egli li vuole come figli adottivi nell'unigenito Figlio, che ci dà « potere di diventare figli di Dio » (Gv 1, 12). L'opera della salvezza perdura nel mondo e si realizza mediante la Chiesa. Tutto ciò è opera del Figlio di Dio, dello Sposo divino, che ci ha trasmesso il Regno del Padre e ricorda a noi, suoi discepoli: « Il regno di Dio è in mezzo a voi » (Lc 17, 21).

La nostra fede ci dice che Gesù Cristo, il quale « siede alla destra del Padre », verrà a giudicare i vivi e i morti. D'altra parte, l'evangelista Giovanni ci assicura che Egli è stato mandato nel mondo non « per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui » (Gv 3,17). In che cosa, dunque, consiste il giudizio? Cristo stesso offre la risposta: « Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo ( . . .). Chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio » (Gv 3,19. 21). È quanto ha ricordato di recente anche l'Enciclica Veritatis splendor. Cristo è dunque giudice? I tuoi propri atti ti giudicheranno alla luce della verità che tu conosci. A giudicare i padri e le madri, i figli e le figlie saranno le loro opere. Ognuno di noi verrà giudicato sui comandamenti; anche su quelli che abbiamo ricordato in questa Lettera: il quarto, il quinto, il sesto, il nono. Ciascuno sarà giudicato, però, soprattutto sull'amore, che è il senso e la sintesi dei comandamenti. « Alla sera della vita saremo giudicati sull'amore » - ha scritto san Giovanni della Croce. Cristo, Redentore e Sposo dell'umanità, « per questo è nato e per questo è venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la sua voce » (cfr Gv18, 37). Sarà lui il giudice, ma in quel modo che lui stesso ha indicato parlando del giudizio finale (cfrMt 25, 31-46). Il suo sarà un giudizio sull'amore, un giudizio che confermerà definitivamente la verità che lo Sposo era con noi, senza che noi, forse, lo sapessimo.

Il giudice è lo Sposo della Chiesa e dell'umanità. Per questo giudica dicendo: « Venite, benedetti del Padre mio ( . . .). Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito . . . » (Mt 25, 34-36). Naturalmente quest'elenco potrebbe allungarsi e in esso potrebbe comparire un'infinità di problemi, che interessano anche la vita coniugale e familiare. Potremmo trovarci anche espressioni come queste: « Ero bambino non ancora nato e mi avete accolto permettendomi di nascere; ero bambino abbandonato e siete stati per me una famiglia; ero bambino orfano e mi avete adottato ed educato come un vostro figlio ». E ancora: « Avete aiutato le madri dubbiose, o soggette a fuorvianti pressioni, ad accettare il loro bambino non nato e a farlo nascere; avete aiutato famiglie numerose, famiglie in difficoltà a mantenere ed educare i figli che Dio aveva loro donato ». E potremmo continuare con un elenco lungo e diversificato, comprendente ogni specie di vero bene morale ed umano, nel quale si esprime l'amore. Ecco la grande messe che il Redentore del mondo, al quale il Padre ha affidato il giudizio, verrà a raccogliere: è la messe di grazie e di opere buone, maturata al soffio dello Sposo nello Spirito Santo, che non cessa mai di operare nel mondo e nella Chiesa. Rendiamo grazie per questo al Datore di ogni bene.

Sappiamo però che nella sentenza finale riportata dall'evangelista Matteo c'è un altro elenco, grave e terrificante: « Via, lontano da me ( . . .). Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito . . . » (Mt 25, 41-43). E anche in questo elenco si possono trovare altri comportamenti, nei quali Gesù si presenta ancora come l'uomo respinto. Così Egli si identifica con la moglie o il marito abbandonati, con il bambino concepito e rifiutato: « Non mi avete accolto »! Anche questo giudizio cammina attraverso la storia delle nostre famiglie, cammina attraverso la storia delle Nazioni e dell'umanità. Il « non mi avete accolto » di Cristo coinvolge anche istituzioni sociali, Governi e Organizzazioni internazionali.

Pascal ha scritto che « Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo ». L'agonia del Getsemani e l'agonia del Golgota sono il culmine della manifestazione dell'amore. Nell'una e nell'altra si manifesta lo Sposo che è con noi, che ama sempre nuovamente, che « ama sino alla fine » (cfr Gv13, 1). L'amore che è in lui, e che da lui va oltre i confini delle storie personali o familiari, oltrepassa i confini della storia dell'umanità.

Al termine di queste riflessioni, cari Fratelli e Sorelle, pensando a quanto nell'Anno della Famiglia verrà proclamato da varie tribune, vorrei rinnovare con voi la confessione rivolta da Pietro a Cristo: « Tu hai parole di vita eterna » (Gv 6, 68). Insieme diciamo: Le tue parole, o Signore, non passeranno! (cfr Mc 13, 31). Che cosa può augurarvi il Papa al termine di questa lunga meditazione sull'Anno della Famiglia? Vi augura di ritrovarvi tutti in queste parole, che sono « spirito e vita » (Gv 6, 63).

« Corroborati nell'uomo interiore »

23. Piego le mie ginocchia davanti al Padre dal quale ogni paternità e maternità prende nome, « perché vi conceda ( . . .) di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell'uomo interiore » (Ef 3, 16). Ritorno volentieri a queste parole dell'Apostolo, alle quali ho fatto riferimento nella prima parte della presente Lettera. Sono, in un certo senso, parole chiave. La famiglia, la paternità e la maternità vanno insieme, di pari passo. Allo stesso tempo, la famiglia è il primo ambiente umano nel quale si forma l'« uomo interiore » di cui parla l'Apostolo. Il consolidamento della sua forza è dono del Padre e del Figlio nello Spirito Santo.

L'Anno della Famiglia pone davanti a noi ed alla Chiesa un compito enorme, non diverso da quello che interessa la famiglia ogni anno e ogni giorno, ma che nel contesto di quest'Anno acquista particolare significato ed importanza. Abbiamo iniziato l'Anno della Famiglia a Nazaret, nellasolennità della Santa Famiglia; desideriamo, lungo questo Anno, pellegrinare verso questo luogo di grazia, diventato il Santuario della Santa Famiglia nella storia dell'umanità. Desideriamo fare questo pellegrinaggio ricuperando la consapevolezza del patrimonio di verità sulla famiglia che sin dall'inizio costituisce un tesoro della Chiesa. È il tesoro che s'accumula a partire dalla ricca tradizione dell'Antica Alleanza, si completa nella Nuova e trova la sua espressione piena ed emblematica nel mistero della Santa Famiglia, nella quale lo Sposo divino opera la redenzione di tutte le famiglie. Da lì Gesù proclama il « vangelo della famiglia ». A questo tesoro di verità attingono tutte le generazioni dei discepoli di Cristo, cominciando dagli Apostoli, del cui insegnamento abbiamo usufruito abbondantemente in questa Lettera.

Nella nostra epoca questo tesoro viene esplorato a fondo nei documenti del Concilio Vaticano II; interessanti analisi si trovano sviluppate anche nei numerosi Discorsi che Pio XII dedica agli sposi, nell'Enciclica Humanae vitae di Paolo VI, negli interventi al Sinodo dei Vescovi dedicato alla famiglia (1980) e nell'Esortazione apostolica Familiaris consortio. A tali pronunciamenti del Magistero ho fatto riferimento all'inizio. Se ora vi ritorno è per sottolineare quanto ampio e ricco sia iltesoro della verità cristiana sulla famiglia. Le sole testimonianze scritte, tuttavia, non bastano. Ben più importanti sono quelle vive. Paolo VI ha osservato che « l'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o, se ascolta i maestri, è perché sono dei testimoni ». È soprattutto ai testimoni che, nella Chiesa, è affidato il tesoro della famiglia: a quei padri e a quelle madri, figli e figlie, che attraverso la famiglia hanno trovato la strada della loro vocazione umana e cristiana, la dimensione dell'« uomo interiore » (Ef 3, 16), di cui parla l'Apostolo, ed hanno così raggiunto la santità. La Santa Famiglia è l'inizio di tante altre famiglie sante. Il Concilio ha ricordato che la santità è vocazione universale dei battezzati. Nella nostra epoca, come in passato, non mancano testimoni del « vangelo della famiglia », anche se non sono conosciuti o non sono stati proclamati santi dalla Chiesa. L'Anno della Famiglia costituisce l'occasione opportuna per far crescere la consapevolezza della loro esistenza e del loro grande numero.

Attraverso la famiglia fluisce la storia dell'uomo, la storia della salvezza dell'umanità. Ho cercato di mostrare in queste pagine come la famiglia si trovi al centro del grande combattimento tra il bene e il male, tra la vita e la morte, tra l'amore e quanto all'amore si oppone. Alla famiglia è affidato il compito di lottare prima di tutto per liberare le forze del bene, la cui fonte si trova in Cristo Redentore dell'uomo. Occorre far sì che tali forze siano fatte proprie da ogni nucleo familiare, affinché, come è stato detto in occasione del millennio polacco del cristianesimo, la famiglia sia « forte di Dio ». Ecco la ragione per la quale la presente Lettera ha voluto ispirarsi alle parenesi apostoliche che troviamo negli scritti di Paolo (cfr 1 Cor 7, 1-40; Ef 5, 21-6, 9; Col 3, 18-25) e nelle Lettere di Pietro e di Giovanni (cfr 1 Pt 3, 1-7; 1 Gv 2,12-17). Quanto simili, pur nella diversità del contesto storico e culturale, sono le situazioni dei cristiani e delle famiglie di allora e di oggi!

Il mio è, dunque, un invito: un invito rivolto specialmente a voi, carissimi sposi e spose, padri e madri, figli e figlie. È un invito a tutte le Chiese particolari, perché permangano unite nell'insegnamento della verità apostolica; ai Fratelli nell'episcopato, ai presbiteri, alle famiglie religiose e alle persone consacrate, ai movimenti e alle associazioni dei fedeli laici; ai fratelli e sorelle, ai quali ci unisce la comune fede in Gesù Cristo, anche se non sperimentiamo ancora la piena comunione voluta dal Salvatore; a tutti coloro che, partecipando alla fede di Abramo, appartengono come noi alla grande comunità dei credenti in un unico Dio; a coloro che sono eredi di altre tradizioni spirituali e religiose; ad ogni uomo e donna di buona volontà.

Cristo, che è lo stesso « ieri, oggi e sempre » (Eb 13,8), sia con noi mentre pieghiamo le ginocchia davanti al Padre, da cui provengono ogni paternità e maternità e ogni famiglia umana (cfrEf 3,14-15) e, con le medesime parole della preghiera al Padre che Egli stesso ci ha insegnato, offra ancora una volta la testimonianza dell'amore con cui Egli ci « amò sino alla fine » (Gv 13,1)!

Parlo con la potenza della sua verità all'uomo del nostro tempo, perché comprenda quali grandi beni siano il matrimonio, la famiglia e la vita; quale grande pericolo costituiscano il non rispetto di tali realtà e la minor considerazione per i supremi valori che fondano la famiglia e la dignità dell'essere umano.

Sia il Signore Gesù a ridirci queste cose con la potenza e la sapienza della Croce (cfr 1 Cor 1, 17-24), affinché l'umanità non ceda alla tentazione del « padre della menzogna » (Gv 8, 44), che la spinge costantemente su strade larghe e spaziose, all'apparenza facili e piacevoli, ma piene in realtà di insidie e pericoli. Ci sia dato di seguire sempre Colui che è « la via, la verità e la vita » (Gv 14, 6).

Questi, carissimi Fratelli e Sorelle, siano l'impegno delle famiglie cristiane e l'ansia missionaria della Chiesa lungo quest'Anno ricco di singolari grazie divine. La Santa Famiglia, icona e modello di ogni umana famiglia, aiuti ciascuno a camminare nello spirito di Nazaret; aiuti ogni nucleo familiare ad approfondire la propria missione civile ed ecclesiale mediante l'ascolto della Parola di Dio, la preghiera e la fraterna condivisione di vita. Maria, Madre del bell'amore, e Giuseppe, Custode del Redentore, ci accompagnino tutti con la loro incessante protezione!

Con questi sentimenti benedico ogni famiglia nel nome della Santissima Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 2 febbraio, Festa della Presentazione del Signore, dell'anno 1994, decimosesto di Pontificato.

GIOVANNI PAOLO II







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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